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Chiesa di Santa Maria in Vanzo

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Chiesa di Santa Maria in Vanzo, Padova, 2019
Chiesa di Santa Maria in Vanzo, Padova, 2019

La chiesa di Santa Maria in Vanzo è un edificio religioso che trae il nome dall'antica contrà del Vanzo (l'attuale via del Seminario) strada su cui si affaccia, a Padova. La chiesa, di origine medievale, venne ricostruita nel 1436 con il vicino convento dall'ordine dei Canonici Regolari di San Giorgio in Alga. Nel 1664 venne acquistata con il vicino complesso cenobitico, dal Cardinale Gregorio Barbarigo che e vi insediò il Seminario Maggiore. Tuttora è officiata come cappella vescovile dal clero del seminario. L'edificio è ricco di opere d'arte, tra cui spicca il Trasporto di Gesù al sepolcro di Jacopo da Bassano. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Santa Maria in Vanzo Chiesa di Santa Maria in Vanzo, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

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Chiesa di Santa Maria in Vanzo
Via del Seminario, Padova San Giuseppe

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Chiesa di Santa Maria in Vanzo

Via del Seminario
35122 Padova, San Giuseppe
Veneto, Italia
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Chiesa di Santa Maria in Vanzo, Padova, 2019
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Luoghi vicini

Chiesa di Santa Maria del Torresino
Chiesa di Santa Maria del Torresino

La chiesa di Santa Maria del Pianto, conosciuta più come chiesa di Santa Maria del Torresino o chiesa del Torresino è un edificio religioso che chiude solennemente la strà del Vanzo ora via Seminario a Padova. La chiesa attuale, principiata nel 1718 secondo progetto di Gerolamo Frigimelica, sostituisce un più antico oratorio sorto accanto ad un "torresino", una torre della vecchia fortificazione intermedia poi demolita, che recava la raffigurazione della Vergine che intorno al 1450 compì alcuni miracoli. L'edificio è una delle più alte espressioni del tardobarocco veneto settecentesco. La chiesa è parrocchiale, appartenente al vicariato della Cattedrale. L'attuale edificio risale al secondo decennio del XVIII secolo e fu concepito come santuario mariano, grazie a Daniele Tebaldi, membro della confraternita di Santa Maria della Pietà e stampatore nella vicina tipografia del Seminario, istituita nel 1670 dal vescovo Gregorio Barbarigo. Tebaldi propose l'ampliamento della struttura quattrocentesca, risalente al 1479 e che conteneva la venerata immagine della Pietà, su disegno del conte Girolamo Frigimelica, architetto padovano impegnato in quegli anni nel cantiere della Cattedrale. Il progetto nasce tra il 1718-1719, ma i lavori iniziarono nel 1720 e terminarono nel 1726, anno dell'officiatura della Chiesa.Nel 1808 avvenne la trasformazione da Santuario a Chiesa Parrocchiale, in sostituzione della vicina Chiesa di san Michele Arcangelo, che venne parzialmente demolita e con ciò venne a perdere progressivamente il suo ruolo di centro devozionale; nel 1925 la demolizione dell'antica canonica, per far proso alla via Marin, comportò gravi problemi strutturali, risolti con il restauro effettuato tra il 2003 e il 2004. il nome "Torresino" deve il suo nome all' immagine della Pietà inserita in una delle torri di vedetta delle mura medievali che qui passavano, in prossimità del canale delle Acquette. Il progetto fu condizionato dalla volontà di mantenere la collocazione originaria dell'immagine sacra da sempre oggetto di venerazione. I vincoli in particolare erano due: il primo era l'individuazione di un'area che doveva scostarsi di poco dal luogo del miracolo; il secondo l'ubicazione dell'immagine della Pietà che doveva godere di una posizione privilegiata all'interno del nuovo edificio. Di qui la scelta della pianta centrale, secondo un modello che risale agli edifici tardoantichi costruiti intorno ad un sepolcro monumentale (i martyria) poi ripreso nel Rinascimento. I lavori di abbellimento proseguirono nel corso del Settecento e solo nel 1753 il Cardinale Carlo Rezzonico , vescovo di Padova e futuro Clemente XIII, presiedette all' ufficiale consacrazione della Chiesa. Nel 2012 la piazzetta antistante la chiesa è stata intitolata a Francesco Canova, medico e docente universitario, fondatore della nota organizzazione non governativa Medici con l'Africa Cuamm. Il gusto scenografico e ricco di simbologia del Torresino è debitore dell'attività del genovese Filippo Parodi, ideatore della Cappella delle Reliquie nella Basilica del Santo. Frigimelica mitiga l'esuberanza barocca recuperando in parte anche la tradizione rinascimentale di Andrea Palladio con una facciata a fronte di tempio con semicolonne corinzie intervallate da tre portali sormontati da finestroni; alcuni elementi ricordano l'idea della "torre" e rimandano all' originaria collocazione dell'immagine venerata: il tiburio merlato che corona la cupola, nascosta, e il campanile a torretta. La facciata è coronata da un timpano decorato con altorilievo attribuito a Francesco Bonazza "Gesù in pietà tra angeli". Dello stesso artista le statue sopra lo spiovente del timpano: da sinistra Maria, San Giovanni evangelista, la Croce di Cristo sostenuta da angeli, Santa Maria Maddalena e san Longino. L'interno è caratterizzato dalla solennità delle strutture con l'alternanza dell'uso della pietra tenera di Costozza e l'intonaco bianco. L'atrio rettangolare si inserisce nel volume centrale attraverso un grandioso arco a tutto sesto al cui centro si erge il presbiterio sopraelevato delimitato da otto colonne corinzie binate che sorreggono l'alto tamburo sopra il quale si innesta la cupola racchiusa nella torretta. Nell'atrio tele di Giulio Cirello e Guy Louis Vernansal a sinistra, a destra fonte battesimale e un Crocifisso processionale del XVIII secolo. Nelle nicchie dell'atrio due statue in pietra di Costozza di Tommaso Bonazza: a sinistra la Fede e a destra la Religione. Lungo tutto l'emiciclo della chiesa sono collocate entro nicchie le Virtù mariane scolpite in pietra di Costozza negli anni quaranta del settecento dal maggior esponente della famiglia Bonazza, Antonio: da sinistra la Pazienza, la Prudenza, la Verginità, la Purezza, l' Umiltà, la Carità, la Castità, l' Innocenza; alle nicchie si alternano le quattordici tele della Via Crucis dipinte da ignoto artista parigino; l'opera risale al 1722, come riportò l'erudito Pietro Brandolese alla fine del settecento. Nell'aula circolare si innestano tre cappelle: nella cappella di destra si trova l'altare dedicato alla Natività di Maria che ospita una pala di Guy Louis Vernansal; nella cappella sinistra altare della Natività di Gesù con pala di Guy Louis Vernansal; nella cappella centrale è collocato l'altare maggiore con il lacerto d'affresco della Pietà; ai lati due sculture in pietra di Costozza: a sinistra San Giovanni evangelista e a destra Santa Maria Maddalena di Giovanni Bonazza. L'altare maggiore è allineato con l'area presbiteriale, ripensata completamente dall'arch. Carlo Scarpa a partire dal 1975 fino al 1979, dopo la sua morte, con il rifacimento della pavimentazione con tessere ad "elle" che si uniscono formando riquadri diversi e il nuovo altare rettangolare in acciaio e bronzo ricoperto da una lastra di marmo proveniente dall'Algeria meridionale con inserti fossili. Le formelle del pavimento sono racchiuse in cornici di marmo bianco di Carrara. Il tamburo sopra il presbiterio è decorato a monocromo da ignoto con scene della vita di Gesù nei pennacchi; nell'ordine superiore si scorgono quattro profeti: Mosè, Isaia, Daniele e Davide. Dall' atrio si accede alla cappella invernale, già sacrestia, con tela dell' Eterno Padre, mentre sulla parete sinistra è posto un bassorilievo ligneo del 1940 di Amleto Sartori, riproducente la Pietà. Si trova inoltre una statua lignea settecentesca di san Francesco di Paola e un San Cristoforo in legno dipinto del XV secolo; sulla parete una serie di interessanti tavolette in legno dipinto del XVI e XVII secolo, probabili elementi decorativi di un soffitto a cassettoni. Chiese di Padova Diocesi di Padova Monumenti di Padova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Santa Maria del Torresino Sito ufficiale, su parrocchiadeltorresino.it.

Chiesa di San Luca Evangelista (Padova)
Chiesa di San Luca Evangelista (Padova)

La chiesa di San Luca Evangelista è un edificio religioso di origine medievale che sorge in via XX Settembre, nel centro storico di Padova. Originariamente era dedicata ai dodici apostoli. Una chiesa dedicata ai dodici apostoli fu costruita nel 1174 per volere del beato Cresenzio da Camposampiero a sostituzione di una costruzione più antica, demolita per lasciar spazio alla cinta muraria cittadina. In occasione dell'inventio (ritrovamento) presso la basilica di Santa Giustina del corpo di san Luca (19 marzo 1177), la chiesa fu titolata all'Evangelista. Questo edificio fu abbattuto per ordine del principe Jacopo I da Carrara nell'anno 1320 e si iniziò poi la costruzione dell'attuale chiesa che venne consacrata il 18 ottobre 1381. In questo periodo probabilmente fu elevata a parrocchia. La costruzione tra i secoli XVII e XVIII subi svariati interventi di adeguamento che ne alterarono l'originale orientamento ponente-levante. Come riporta il Rossetti, nel 1778 fece scalpore il ritrovamento di un antico affresco "di mano giottesca" sulla quale era stato posto uno scanno. Nel 1807 a causa delle leggi napoleoniche la parrocchia fu soppressa e l'edificio fu chiuso al culto. Il 2 luglio 1815 la chiesa fu riaperta come sussidiaria della nuova parrocchia di Santa Maria dei Servi. Attualmente è rettoria affidata alla comunità greco-cattolica che vi celebra la divina liturgia per la quale la chiesa è stata liturgicamente adeguata. La chiesa era sede della Confraternita dei Pittori. Il 6 maggio 1655 vi fu battezzato Bartolomeo Cristofori, celebre cembalaro e inventore del fortepiano. L'edificio è ora orientato nord-sud, ma è ancora possibile leggerne l'originario orientamento levante-ponente dal paramento murario esterno, da cui sporge la facciata seicentesca di ordine ionico che si affaccia su uno spazio recintato, già area cimiteriale. La facciata è adornata dalle statue della Vergine (al vertice) Sant'Antonio e San Francesco. Sulla parete sono poste due lapidi: una ricorda la riapertura la culto della chiesa nel 1815, l'altra, il battesimo di Bartolomeo Cristofori. Lo spazio è misurato, a croce greca. I vani con altari contigui al presbiterio furono aperti nel 1834. In controfacciata, la cantoria ospita un organo Pugina. A sinistra, si trovava un dipinto raffigurante sant'Espedito Martire, trafugato nel 1997 ed ora sostituito da una riproduzione fotografica. Nel braccio sinistro del transetto tela cinque-seicentesca raffigurante San Benedetto consegna la Regola a Sant'Agostino. Seguono poi due tele attribuibili a Costantino Pasqualotto (Gesù asciugato dalla Veronica, Maddalena bacia i piedi di Cristo). Sull'altare settecentesco è posto l'affresco del secolo XIV ritrovato nel 1778 e restaurato da Francesco Zanoni ed ora attribuito a Giusto de' Menabuoi. Le figure sono coronate da diademi d'argento donati nel 1995 dall'orafo Paolo Bonato. Lungo la parete segue La pietà accostabile all'opera di Bartolomeo Montagna. Vi è poi una teca rococò in legno dorato che racchiude una stampa devozionale antoniana. L'altare di San Giuseppe mostra una tela raffigurante il transito del Santo di Cosroe Dusi celebre autore eclettico ottocentesco che lavorò tra Veneto, Germania e Russia. Sul presbiterio pregevoli tele: L'infanzia della Vergine di Francesco Apollodoro il Porcia celebre ritrattista del suo tempo (iscritto alla confraternita dei pittori che aveva sede nella chiesa), di rimpetto, La Nascita di Gesù di Pietro Liberi. L'altar maggiore è pregevole opera a scaglia di Francesco Corbarelli, lavoro del 1667-68. Sul fronte del tabernacolo è raffigurata L'ultima Cena. Gli angeli ai lati della mensa sono attribuiti a Michele Fabbri l'Ongaro. Sopra, alla parete, di Pietro Damini San Luca con Vergine e santi protettori di Padova pregevolissima opera in cui è pure raffigurata la Torlonga. Copre la mensa un baldacchino barocco con raffigurazione del Padre Eterno del secolo XVII. Le pareti sono decorate da affreschi settecenteschi. L'altare di destra, titolato a santa Teresa del Gesù è adornato dall'opera di Silvio Travaglia, eseguita nel 1925. Sull'arcata della cappella è incastonata l'iscrizione gotica che ricorda la consacrazione dell'edificio. Sul transetto destro si trovano opere di recente fattura, tra cui spicca la pala del Beato Crescenzio, sull'omonimo altare, opera di Dionisio Gardini eseguita nel 1997. Vi è pure una Crosifissione secentesca. Sotto la tela raffigurante santa Filomena di Eugenio Guglielmi, vi è una lapide su cui sono riportati i rettori della chiesa. Sulla cantoria in controfacciata, si trova l'organo a canne della chiesa, costruito dalla ditta Pugina nel 1912. Originariamente a trasmissione pneumatica, nel restauro del 1996 effettuato dalla ditta Leorin, è stato elettrificato ed ampliato, la console, precedentemente posta in cantoria, è stata portata nel braccio destro del transetto. L'organo, attualmente (2012) a trasmissione elettrica, ha un'unica tastiera di 61 note ed una pedaliera concavo-radiale di 32 note. Le canne che compongono la mostra sono disposte in tre cuspide con bocche a mitria allineate. La visita pastorale a San Luca di Mons. Antonio Mattiazzo, Vescovo di Padova. bru-italia.eu, http://www.bru-italia.eu/photos_s50_it.php. Chiese di Padova Diocesi di Padova Monumenti di Padova Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Luca Evangelista salvalarte.legambientepadova.it, https://web.archive.org/web/20151230231012/http://salvalarte.legambientepadova.it/luca.htm. URL consultato il 17 agosto 2012 (archiviato dall'url originale il 30 dicembre 2015).

Museo del precinema
Museo del precinema

Il Museo del Precinema si trova in Prato della Valle a Padova. Il museo fu creato nel 1998 ed espone la Collezione Minici Zotti, in collaborazione con il Comune di Padova. Propone anche mostre itineranti interattive e dà in prestito oggetti a mostre prestigiose, come per la mostra 'Lanterne magique et film peint' alla Cinémathèque française di Parigi e al Museo del Cinema a Torino. La Collezione Minici Zotti è una collezione privata riguardante la storia del precinema, raccolta di Laura Minici Zotti fondatrice, esperta "lanternista" che ha viaggiato dagli anni settanta fino a qualche anno fa, portando con sé il suo spettacolo in giro per il mondo, proprio come facevano i lanternisti dell'800. Le sue rappresentazioni con la lanterna magica sono degli autentici spettacoli ispirati a quelli di epoca vittoriana. Quest'antico proiettore è il tema principale della collezione; era usato per l'intrattenimento e l'educazione del pubblico prima dell'invenzione del proiettore cinematografico. La collezione include i vetri da proiezione per la lanterna magica, originali e dipinti a mano, e tante lanterne magiche di diversi tipi e provenienze: la fantasmagorica lanterna magica, la lanterna doppia di W. Tyler, la lanterna tripla in mogano (1880 ca.), inventata da James Henry Steward, un fabbricante di ottica inglese, considerato uno dei migliori costruttori di lanterne magiche. La collezione include anche altre antiche lanterne appaiate, molte lanterne con una lente singola, la lanterna scientifica della P. Harris & Co., la lanterna americana "The Pettibone", ed infine la lanterna-cinema di Walter Gibbons. Un'acquisizione particolarmente rara da parte del Museo è una lanterna magica risalente alla fine del Settecento che proviene dalla Villa medicea di Poggio a Caiano, una residenza dove soggiornavano i Lorena, granduchi di Toscana. La lanterna magica è completa con la sua scatola originale e 108 vetri panoramici originali che raccontano le storie della mitologia della Grecia Antica e la storia di Roma. Sono anche esposte nel museo vedute ottiche per Il Mondo nuovo che risalgono al Settecento; un megaletoscopio datato 1864 ideato da Carlo Ponti, un fotografo di Venezia; una sezione dedicata alla stereoscopia e alla tecnica dell'anaglifo, e antiche macchine fotografiche, una camera oscura; giochi ottici come lo zootropio, il praxinoscopio, il taumatropio e il fenachistoscopio che si riferiscono alla storia dell'animazione. Il 7 aprile 2018 il Museo ha compiuto i suoi primi 20 anni dalla fondazione e durante i festeggiamenti la fondatrice Laura Minici Zotti ha deciso di passare il testimone al figlio, nonché professore di Storia e Tecnica della Fotografia all'Università degli Studi di Padova, Carlo Alberto Minici Zotti, incaricandolo ufficialmente del ruolo di Direttore del museo. Nei suoi due decenni di vita il Museo ha subito diversi cambiamenti anche per l'espansione delle collezioni, tanto che per mostrare interamente il teatro d'ombre del cabaret Chat Noir, le silhouette e le stereoscopie è stato necessario organizzare mostre temporanee in altri luoghi. Animazione Lanterna magica Precinema Stereoscopia Storia del Cinema Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Museo del precinema Museo del Precinema, La Collezione Minici Zotti, su minicizotti.it.

Chiesa di Santa Maria delle Grazie (Padova)

La chiesa di Santa Maria delle Grazie è un edificio di culto cinquecentesco situato a Padova in via Luigi Configliachi, vicino all'incrocio con via Cavalletto, tra la zona di Vanzo e l'antico borgo di Santa Croce. Nel 1512 papa Leone X concesse ai frati Domenicani Osservanti della Congregazione Lombarda il permesso di costruire un complesso conventuale dotato di chiesa, chiostri e dormitori in Vanzo, in prossimità di Prato della Valle, in sostituzione del loro insediamento precedente situato nel Bassanello e distrutto a seguito della guerra di Cambrai (1509) e delle demolizioni necessarie per erigere una nuova cerchia muraria a difesa della città. La chiesa fu costruita tra il 1531 e il 1585 su progetto di Lorenzo da Bologna. Venne ampliata in lunghezza di circa 9 metri a partire dalla facciata nel 1710. I lavori, alla cui progettazione partecipò molto probabilmente l'architetto Giovanni Maria Falconetto, procedettero a rilento a causa della costante carenza di risorse economiche. L'opera fu ridimensionata rispetto al disegno originario, in proporzione alla modesta comunità ivi insediata. La congregazione dei Domenicani Osservanti venne soppressa nel 1771; nell'anno seguente il convento passò alle Zitelle povere, in seguito all'Ospedale dei Mendicanti. Venne poi annesso agli Orfanotrofi Riuniti. Del complesso conventuale rimane integra solo la chiesa. Attualmente, la chiesa è di proprietà dell'IPAB S.P.E.S. (Servizi alla Persona Educativi e Sociali). Tra il 2010 e il 2020 ha ospitato i laboratori di restauro dell'Istituto Veneto per i Beni Culturali. A marzo 2021 è stata siglata tra S.P.E.S. e la Fondazione Orchestra di Padova e del Veneto una convenzione che prevedeva la ristrutturazione dell'edificio e la sua trasformazione in una sala prove; tuttavia, il progetto è stato accantonato con la risoluzione consensuale della convenzione nel settembre 2022. La facciata è ripartita da lesene di ordine corinzio; nella zona centrale, sopra il portale di accesso, vi è una finestra ovale decorata con quattro cherubini, più in altro (sull'attico), sostenuta da una mensola una statua in pietra tenera della Madonna con Bimbo. Ai lati della porta di ingresso si trovano due statue pensili in pietra tenera, raffiguranti San Bonaventura e probabilmente papa Clemente XIII. Tutte le sculture provengono dalla bottega dei Bonazza. Affiancato sul lato sinistro della chiesa, un campanile con una cella formata da quattro monofore dotate di timpano arcuato. L'interno, a unica navata, presenta pareti scandita da paraste ioniche e ornate da altari settecenteschi in marmi policromi. In fondo il presbiterio accoglie un coro ligneo e un organo. Una volta a botte ribassata copre la navata. I dipinti posti sugli altari appartengono a mani diverse: la Natività della Vergine attribuita a Dario Varotari (1590), come pure gli altri dipinti realizzati da Pietro Damini, Girolamo Brusaferro e Antonio Marini, tra i secolo XVII e XVIII. Ai lati dell'altare maggiore sono collocate due notevoli statue marmoree di San Domenico e di San Vincenzo Ferreri, scolpite da Giovanni Bonazza. Bresciani Alvarez, Chiesa di S.Maria delle Grazie in Architettura a Padova, a cura di G. Lorenzoni, G. Mazzi, G. Vivianetti, introduzione di L. Puppi, Padova, Il poligrafo, 1999, pp.309-325; C.Gasparotto, Il Convento e la Chiesa di S. Agostino dei Domenicani in Padova, Firenze, Memorie domenicane, 1967, pp.132-133. A. De Marchi, Nuova guida di Padova e i suoi dintorni, Padova, Felice Rossi, 1855, p.101. G. Toffanin, Cento chiese padovane scomparse, Padova, Programma, [1988], pp.102-103. Padova. Basiliche e chiese, a cura di C. Bellinati e L. Puppi Guida di Padova, arte e storia tra via e piazze, a cura di L. Puppi, G. Toffanin, Trieste, 1983. Giovanni Maria Falconetto Monastero di S. Maria delle Grazie, su movio.beniculturali.it. Spes - Servizi alla Persona Educativi e Sociali. Porte aperte all’Oratorio di S. Maria delle Grazie: il restauro come memoria storica, su ecopolis.legambientepadova.it.

Chiesa delle Dimesse
Chiesa delle Dimesse

La chiesa di Santa Maria Assunta delle Dimesse più conosciuta come chiesa delle Dimesse è un edificio religioso sei-settecentesco che si erge in contrà delle Dimesse a Padova. La chiesa fa parte del Collegio delle Nobili Dimesse fondato nel 1615. Una prima piccola Chiesa fu costruita nel 1617 per volontà della fondatrice del Collegio (che ebbe il suo inizio ufficiale l'11 maggio 1615), Madre Maria Alborghetti. Il 17 gennaio 1617 il vescovo di Padova Marco Cornaro visita la chiesetta e constata "... la decenza e l'eleganza di quanto era necessario per celebrare il Divin Sacrificio". Nel 1732 le Dimesse ottengono il permesso di tenere il Santissimo Sacramento nella chiesetta; fanno erigere l'altare in marmo; il tabernacolo è quello che si trova nella chiesa attuale. Nel 1740 un'inondazione allaga il coro e la Chiesa del Collegio; il 18 febbraio 1756 le Dimesse ottengono la licenza di costruire una nuova chiesa rialzata rispetto alla precedente; il 19 febbraio lo stesso cardinale Carlo della Torre Rezzonico, che diverrà papa con il nome di Clemente XIII, pone la prima pietra del nuovo edificio. Per l'inizio dei lavori mancava la disponibilità di denaro; ma un segreto benefattore offrì duemila ducati. In sei anni l'opera venne compiuta: il direttore dei lavori fu Lorenzo Corrubolo; la nuova chiesa fu consacrata il 5 agosto 1762 dal vicario generale della diocesi di Padova, Alessandro Papafava, vescovo titolare di Famagosta, ed è dedicata a Santa Maria Assunta. Il papa Clemente XIII volendo essere presente alla cerimonia, invia la sua apostolica benedizione dalla Basilica di Santa Maria Maggiore di Roma il 7 agosto dello stesso anno. Le Dimesse ottengono inoltre di poter traslare, dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie dove erano sepolti da 99 anni, i resti mortali di Madre Maria Alborghetti, che vengono posti nella nuova chiesa accanto a quelli di Madre Lucrezia Grimani, che aveva arricchito la Casa delle Dimesse di notevoli ampliamenti dal 1705 al 1756. La costruzione, di architettura neoclassica, comprendeva due ambienti: il coro a sud di forma quadrata e la chiesa a nord, semipubblica, a una navata rettangolare. La facciata sull'attuale via Dimesse, fu eseguita dal lapicida Giambattista Danieletti, su disegno di Daniele Danieletti; semplice, con un armonioso rapporto tra l'ordine corinzio delle paraste e l'alto stilobate, era messa in risalto dalla piccola porta d'ingresso; sul timpano si ergono tre statue: San Giuseppe di Pietro Danieletti, la Madonna col Bambino e sant'Anna dello scultore vicentino Orazio Marinali. Il progetto della Chiesa è di Giuseppe Nicoletti, come attestano i disegni conservati in archivio. L'8 febbraio 1944 alle ore 5 del mattino la Chiesa venne colpita da un bombardamento angloamericano; con il consenso della Pontificia Commissione di Arte Sacra vennero iniziati i lavori di ricostruzione affidati alla ditta Ferraro. Fu lo stesso Patriarca di Venezia Cardinale Carlo Agostini, già Vescovo di Padova, a porre la prima pietra il 12 aprile 1949. La Chiesa venne ricostruita tra il 1949 e il 1952, ripetendo gli stessi stilemi architettonici della precedente; fu consacrata dal Vescovo di Padova Girolamo Bortignon il 4 maggio 1957. La Chiesa esistente è quindi la terza in ordine di tempo, dopo quella fatta costruire da Madre Alborghetti all'inizio del Seicento e la seconda del Settecento. L'interno, a una sola navata, era separato dal presbiterio da un arco, sorretto da colonne di stile ionico di marmo d'Istria. L'altare, di cui si conservano i disegni preparatori, fu ideato da G.B. Novelli, ma venne eseguito da Giambattista Danieletti. Sopra l'altare si trovava un dipinto a olio di Giovanni Antonio Pellegrini, pittore veneziano del Settecento, La fuga in Egitto, in seguito spostato sopra la porta di ingresso esterno. Francesco Maggiotto è l'autore delle due tele delle pareti Le nozze di Cana a sinistra e L'adorazione dei Magi a destra, inserite in due cornici di marmo di Carrara. L'Ascensione dello stesso autore si trovava sul soffitto del coro, ma fu distrutto dal bombardamento del 1944, insieme al coro stesso. L'altare era ornato di rilievi e di incrostature di marmo rosa africano su marmo di Carrara; il tabernacolo, proveniente dalla prima chiesetta, era ornato di colonnine con capitelli corinzi, basi dorate, nicchiette con angeli e piccole statue. Dopo il bombardamento del 1944, l'interno riprende lo stile precedente ad un'unica navata; il presbiterio viene alzato di tre scalini e termina con un'abside semicircolare, nella quale è inserito l'altare con il Santissimo, 1972, in armonia con quanto indicato dal Concilio Vaticano II. La mensa per l'Eucaristia è in legno; si è riutilizzato un paliotto pregiato, lavorato con argento e oro da Angelo Scarabello nel 1792, con la rappresentazione al centro de La cena dei discepoli di Emmaus e arabeschi all'intorno. Nella navata, più ampia, hanno preso posto altre due tele, sempre inserite in cornici di marmo di Carrara: a destra Annunciazione di Bartolomeo Tessari, 1706, a sinistra una copia recente della Discesa dello Spirito Santo, tratta da un quadro del Bassano; nel presbiterio a destra pala della Vergine Immacolata con angeli, a sinistra Gesù flagellato e schernito della scuola del Bassano. Dove sorgeva il coro, vi è ora la Cappella dedicata alla Madonna dell'umiltà; l'altare è settecentesco, in marmo rosso chiaro e pietra tenera, e la pala con l'icona della Madonna dell'Umiltà è opera della padovana Rina Maluta del 1931. Il crocifisso antico si trova sulla parete destra della Cappella. Papa Clemente XIII Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa delle Dimesse Dimesse a Padova. 400 anni di presenza a Padova delle Suore Dimesse Figlie di Maria Immacolata, su collegiodimesse.it. URL consultato il 15 maggio 2020.

Castelvecchio (Padova)
Castelvecchio (Padova)

Il Castelvecchio, anticamente definito Castello della Torlonga ma oggi conosciuto anche come Castello di Ezzelino, o Castello Carrarese o ancora Castello di Padova, è una fortificazione di origine altomedievale posta sulla biforcazione del Bacchiglione dove si divide in Tronco Maestro e Naviglio interno. Deve le attuali caratteristiche alla signoria dei Da Carrara. Durante il XIX secolo e il XX secolo venne in gran parte utilizzato come prigione statale mentre il mastio, la Torlonga, è dal XVIII secolo la Specola cittadina. La fortezza un tempo era chiamata Castello della Torlonga. Assunse il nome di Castelvecchio quando si iniziò a costruire il Castelnuovo dopo il 1513. In età romantica fu chiamato Castello di Ezzelino per il fascino sinistro evocato dal tiranno. Oggi, con la riscoperta culturale della signoria dei Da Carrara, è frequentemente definito Castello Carrarese. L'area antistante l'edificio è Piazza Castello: in età veneziana fu luogo di esercitazioni militari e di esecuzioni capitali. La struttura del castello attuale è l'evoluzione di un sistema difensivo di origine altomedievale che aveva nella Torlonga (la torre-longa) il suo fulcro: costruita nel IX secolo nella strategica area in cui il Bacchiglione andava dividendosi (punto già occupato da fortificazioni di età romana) fu citata per la prima volta nel 1062. La torre, tra il X secolo ed il XI secolo, fu circondata da una breve muraglia che la proteggeva verso la città. Questo mastio fu poi inglobato alla cinta muraria di età comunale; lì vicino, verso ponente, si aprì una porta urbica. Rimangono invece tracce del castello fatto costruire da Ezzelino III da Romano, tiranno della città dal 1237 al 1256: la più notevole è la Torlonga, la maggiore delle due torri del castello. Il Castello fungeva da perno difensivo della cinta muraria duecentesca. Il 1237 è l’anno in cui iniziano i lavori di costruzione del Castello. Per edificare la grande fortezza nei pressi di San Tomaso, occorrevano decine di migliaia di mattoni, ma la produttività delle fornaci del tempo era assai limitata. Di conseguenza furono utilizzati materiali provenienti dalla demolizione di imponenti e belle case patrizie delle famiglie che si inimicarono Ezzelino III. Privata di ben dieci edifici per questo scopo, Padova rimase deturpata. Ma ben presto si capì che il Castello non era destinato solo allo scopo difensivo. A partire dal 1241, Ezzelino pianificò la repressione dell’opposizione guelfa e così iniziò a segregare i prigionieri nei sotterranei del nuovo Castello. Più che prigioni queste furono “tombe per i vivi”. Anche le due torri del castello vennero progettate come orribili prigioni dove i padovani erano destinati a morire di fame. Vennero chiamate Zilie perché il loro architetto fu Zilio Milanese, anch’esso poi prigioniero lì dentro. Una torre guardava la città e l’altra la campagna. Quest’ultima esiste tuttora ed è l’attuale Specola. Nel 1256 i crociati entrarono a Padova per volere di Papa Alessandro IV e occuparono la città. Il Castello resistette per tre giorni, dopodiché fu dichiarata la fine del breve periodo di tirannia di Ezzelino III da Romano. Caduto il tiranno, le fortificazioni furono abbandonate fino alla signoria dei Carraresi. Nel 1374, questi fecero ricostruire il castello includendo le due torri che dipinsero a scacchi bianchi e rossi. Il Castello venne collegato alla Reggia Carrarese dal “traghetto”, un passaggio sopraelevato che aveva la funzione di collegare i centri del potere politico e militare. Questa via di fuga poteva essere utilizzata solo dai provisionati e dal Principe e venne fatta costruire da Umbertino da Carrara negli anni compresi fra il 1343 e il 1345 (anno della sua morte). Francesco I da Carrara detto Il Vecchio fu signore di Padova quando venne ricostruito il castello e, infatti, governò dal 1350 al 1388, promuovendo una politica di espansione. Con la costruzione delle mura rinascimentali ad opera di Bartolomeo d'Alviano il valore strategico del castello fu ridotto a zero. La Repubblica di Venezia vagheggiò anche la costruzione di un Castelnovo sul versante est delle mura, ma di questo progetto rimangono solo alcuni bastioni. Nel 1777 fu ultimata la trasformazione della Torlonga in Specola per le osservazioni astronomiche. I resti del castello ebbero successivamente usi diversi (osservatorio astronomico, prigione, ecc.). In particolare il castello ha avuto funzione di prigione fino al secondo dopoguerra. L'Amministrazione carceraria padovana ha tuttora alcuni uffici in Piazza Castello. Mura di Padova Specola di Padova Storia di Padova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Castelvecchio Sito sul restauro del Castello Carrarese, su castellocarrarese.it. URL consultato il 10 settembre 2007 (archiviato dall'url originale il 9 novembre 2007). Il castello di Padova, su muradipadova.it, Comitato Mura di Padova (archiviato dall'url originale il 13 novembre 2017).