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Palazzo Borgazzi

Architetture neoclassiche di MilanoPagine con mappePalazzi di Milano
8468 Milano Giovanni Battista Chiappa, Palazzo Borgazzi (1829) Foto Giovanni Dall'Orto, 31 Aug 2007
8468 Milano Giovanni Battista Chiappa, Palazzo Borgazzi (1829) Foto Giovanni Dall'Orto, 31 Aug 2007

Palazzo Borgazzi (conosciuto anche come Palazzo Stampa di Soncino Borgazzi) è un palazzo ottocentesco di Milano, in stile neoclassico. Storicamente appartenuto al sestiere di Porta Orientale, si trova in corso di Porta Vittoria al civico 16. Il palazzo venne costruito per la famiglia Borgazzi di Monza nell'allora stradone di Santa Prassede, oggi corso di Porta Vittoria, dall'architetto Giovan Battista Chiappa fra il 1828 e il 1829. Si contraddistingue per la particolare facciata, caratterizzata dai quattro telamoni che affiancano il portone, analoghi a quelli della Casa degli Omenoni, e per l'elegante cortile che si apre al suo interno. Una lapide in pietra ricorda l'arresto del patriota milanese Gaspare Ordoño de Rosales, avvenuto qui nella casa degli Stampa di Soncino il 17 maggio 1832. Giacomo Carlo Bascapé, I palazzi della vecchia Milano, Hoepli, Milano, 1945 - p. 327 Paolo Mezzanotte, Giacomo Carlo Bascapé, Milano, nell'arte e nella storia, Bestetti, Milano, 1968 (1948) - pp. 538–539 Livia Negri, I palazzi di Milano, Newton & Compton, Milano, 1998 - pp. 56–57 Ville e palazzi di Milano Sestiere di Porta Orientale Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo Borgazzi Comune di Milano - Sestiere di Porta Orientale (palazzi) (PDF), su comune.milano.it. LombardiaBeniCulturali - Palazzo Borgazzi, Milano, su lombardiabeniculturali.it.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Palazzo Borgazzi (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Palazzo Borgazzi
Corso di Porta Vittoria, Milano Municipio 1

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8468 Milano Giovanni Battista Chiappa, Palazzo Borgazzi (1829) Foto Giovanni Dall'Orto, 31 Aug 2007
8468 Milano Giovanni Battista Chiappa, Palazzo Borgazzi (1829) Foto Giovanni Dall'Orto, 31 Aug 2007
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Luoghi vicini

Biblioteca comunale centrale di Milano
Biblioteca comunale centrale di Milano

La Biblioteca Comunale Centrale di Milano (conosciuta come Biblioteca Sormani) è la principale sede del sistema bibliotecario comunale del capoluogo meneghino, situata in corso Porta Vittoria 6. La biblioteca è ospitata all'interno di Palazzo Sormani, da cui uno dei nomi con cui è conosciuta la biblioteca. La Biblioteca Comunale Centrale di Milano fu fondata alla fine del XIX secolo all'interno di Palazzo Marino, dove rimase fino al 1909, quando venne trasferita nel Palazzo dei Giureconsulti. Dopo essere stata ospitata per un breve periodo all'interno del Museo civico di storia naturale di Milano, nel 1914 fu trasferita nel Castello Sforzesco. Rimase all'interno del Castello Sforzesco fino al 10 marzo 1956, quando venne inaugurata l'attuale sede di Palazzo Sormani. La biblioteca ha una vasta collezione di volumi, il catalogo ne conta più di 650.000; si occupa di tutti i campi del sapere ed è quindi una biblioteca di carattere generale, anche se mantiene una gran quantità di testi nell'ambito delle scienze umanistiche, giuridiche e artistiche. I giornali rilegati catalogati con segnatura Q PER e i periodici in cartaceo sono conservati presso il deposito staccato di via Quaranta 43, deposito ora accessibile solo su prenotazione. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Biblioteca centrale comunale di Milano Sito ufficiale, su milano.biblioteche.it. Sito ufficiale, su milano.biblioteche.it. Sito ufficiale, su milano.biblioteche.it. Biblioteca comunale centrale di Milano, su Anagrafe delle biblioteche italiane, Istituto centrale per il catalogo unico. Biblioteca comunale centrale di Milano, su Sistema archivistico nazionale, Istituto centrale per gli archivi.

Porta Tosa (medievale)
Porta Tosa (medievale)

Porta Tosa era una delle porte minori (chiamate anche "pusterle") poste sul tracciato medievale delle mura di Milano.. Demolita nel XVIII secolo, non deve essere confusa con l'omonima porta delle mura spagnole di Milano, che ha cambiato nome nel 1861 in Porta Vittoria. Nel Museo d'arte antica del Castello sforzesco è conservato un bassorilievo medioevale del XII secolo che fino al 1848 si trovava sopra l'arcata della distrutta Porta Tosa medievale raffigurante una donna che si "tosa" il pelo del pube. La leggenda vuole che rappresenti con scherno la moglie dell'imperatore Federico Barbarossa (che aveva raso al suolo Milano) da cui, per tradizione popolare, il nome della porta; un'altra leggenda racconta che una delegazione milanese si recò a Costantinopoli chiedendo aiuto per la ricostruzione della città distrutta dal Barbarossa, ma l'imperatrice Leobissa negò gli aiuti e i milanesi la raffigurarono come una prostituta nell'atto di radersi e la posero sulla porta più orientale. Una diversa interpretazione che spiega l'origine del nome di Porta Tosa è collegata alla presunta presenza nei suoi pressi di sculture apotropaiche dell'area celtica che mostrano donne che esibiscono la vulva. L'ipotesi sostenuta dagli storici vuole che Porta Tosa medievale prenda il nome da Porta Tosa romana (lat. Porta Tonsa): quest'ultima era situata lungo le mura romane di Milano nella moderna via Rastrelli, poco prima del suo incrocio con via Larga, nei pressi quindi del porto fluviale romano di Milano, da cui il nome della porta (tonsa in latino significa "remo"). . Porta Tosa medievale fu demolita intorno all'anno 1790. Anasyrma Porta Vittoria (Milano)

Casa del Mutilato (Milano)

La Casa del Mutilato di Milano è un edificio storico realizzato in stile razionalista fra il 1938 e il 1942 e sito in via Carlo Freguglia al civico 14, a fianco del Palazzo di Giustizia del Piacentini, terminato nel 1940. L'edificio venne progettato dall'ingegnere architetto Luigi Lorenzo Secchi (1899-1992). Il primo tentativo di erigere una Casa del Mutilato a Milano risale al 1921, quando, senza successo, se ne fecero promotori la poetessa Ada Negri e il presidente dell'Associazione nazionale tra mutilati e invalidi di guerra Carlo Delcroix; non ebbe miglior esito la seconda richiesta avanzata tra il 1929 e il 1930. Solo nell'ottobre del 1933, grazie a un contributo podestarile di 500 000 lire, si riuscì a costituire un comitato di finanziamento; Alessandro Gorini, presidente della sezione milanese dell'associazione, si rivolse per il progetto all'amico Luigi Lorenzo Secchi, che inizialmente ipotizzò di ristrutturare l'antico palazzo Sormani; tuttavia, l'associazione preferì erigere un nuovo edificio, nell'area che fu lasciata libera dalla demolizione nel 1935 dell'ex caserma di artiglieria a cavallo "principe Eugenio di Savoia", adiacente al cantiere del palazzo di Giustizia; i lavori di costruzione del palazzo, progettato dal Secchi, furono avviati il 14 giugno 1938 e completati il 31 dicembre 1942. All'interno e all'esterno dell'edificio opere di Antonio Giuseppe Santagata (1888-1985) Vittorio Franchetti Pardo, L'architettura nelle città italiane del XX secolo: dagli anni Venti agli anni Ottanta, Editoriale Jaca Book, 2003. Associazione Nazionale fra Mutilati ed Invalidi di Guerra, sito dell'Associazione

Sinagoga centrale di Milano
Sinagoga centrale di Milano

La sinagoga centrale di Milano, edificata nel 1892, ricostruita nel 1947 ed ancora ristrutturata nel 1997, è il principale luogo di culto della comunità ebraica di Milano. Dal 1993 ha preso il nome di Tempio centrale Hechal David u-Mordechai. È situata in via Guastalla 19. Il rapidissimo sviluppo demografico della comunità ebraica di Milano nell'Ottocento impose la costruzione di una grande sinagoga in luogo del piccolo oratorio di via Stampa 4, dove fino ad allora si era svolto il culto. Come locazione si scelse uno dei nuovi quartieri eleganti della città. Il progetto fu affidato all'architetto Luca Beltrami, notissimo a Milano per opere come la sistemazione di piazza della Scala e i restauri del Castello Sforzesco, che fu affiancato dall'ingegnere Luigi Tenenti. Alla costruzione contribuì anche il nuovo Stato italiano con un prestito a tassi agevolati. L'inaugurazione, cui la stampa locale diede ampia risonanza, avvenne il 28 settembre 1892 con grande concorso di folla, alla presenza delle principali autorità cittadine. Beltrami disegnò una sinagoga a pianta basilicale, a tre navate, secondo uno schema in voga ai tempi dell'emancipazione. L'alta facciata monumentale, impreziosita da mosaici azzurro e oro, è leggermente rientrata e separata dalla strada da una lunga cancellata. È corrispondentemente divisa in tre sezioni simmetriche. Le due ali laterali, più basse, presentano finestre ad arco decorate. Al centro è il grande portale affiancato da semicolonne e sormontato da un grande arco che giunge ad includere le tre finestre al piano superiore e termina in alto con l'immagine scolpita delle tavole della legge. Nell'agosto 1943 durante un bombardamento, il tetto della sinagoga fu colpito da spezzoni incendiari che causarono la distruzione pressoché completa dell'edificio. Si salvò soltanto la facciata. Gli architetti Manfredo D'Urbino e Eugenio Gentili Tedeschi, incaricati della ricostruzione collegarono la superstite facciata del Beltrami ad un edificio a prisma, sormontato da cupola. Sulle pareti furono aperti ventiquattro finestroni, alti e stretti, ad illuminare la sala. L'edificio è movimentato dai tre livelli diversi dati al suo interno; il piano leggermente rialzato della sala di preghiera, su cui si affaccia il matroneo soprelevato, e da cui scende al piano interrato nel quale sono collocati un moderno auditorium (intitolato a Giancarlo Jarach) e un piccolo oratorio (i cui arredi provengono dall'antica sinagoga di Sermide). Nei locali degli uffici rabbinici contigui alla Sinagoga centrale fu collocato un altro piccolo oratorio (la Schola Carlo e Gianna Shapira), i cui arredi provengono dall'antica sinagoga di Fiorenzuola d'Arda. La ristrutturazione del Tempio centrale nel 1997, pur conservando i volumi dell'edificio, ne ha profondamente trasformato l'interno, ridisegnato da Piero Pinto e Giancarlo Alhadeff. Sono stati aperti nuovi finestroni sui due lati principali e il soffitto è stato rialzato nella parte centrale del matroneo. Il contrasto tra colori vivaci, rosso ed oro, e colori chiari, bianco e nocciolo, contribuisce ad un effetto di grande luminosità. Ma l'elemento forse più caratterizzante della ristrutturazione è dato dalle vetrate multicolori delle ventitré finestre, opera dell'artista newyorkese Roger Selden, le quali offrono un fantasioso collage di simboli ebraici (tra cui la stella di David, lo shofar, la menorah, il lulav) e di lettere dell'alfabeto ebraico. Annie Sacerdoti, Guida all'Italia ebraica, Genova, Marietti, 1986. Michela Beatrice Ferri, E dopo la sinagoga l'architetto fu assunto dal Papa, in L'Osservatore Romano, 28 settembre 2012, p. 5. Michela Beatrice Ferri, Pregare con lo sguardo rivolto verso Gerusalemme. Le sinagoghe in Lombardia, in Stefania Tatiana Salvi (a cura di), Tra cultura, diritto e religione. Sinagoghe e cimiteri ebraici in Lombardia, Milano, Corberi Sapori, 2013, ISBN 978-88-906013-3-0. Milano Comunità ebraica di Milano Lista delle sinagoghe d'Italia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla tempio Centrale Hechal David u-Mordechai Sinagoga di Milano, su rabbinato-milano.it. URL consultato il 14 gennaio 2016.

Sede direzionale AEM
Sede direzionale AEM

La sede direzionale AEM è un edificio storico di Milano che ospita gli uffici dell'ex Azienda Elettrica Municipale (AEM, ora A2A), sito nel centro della città in corso di Porta Vittoria al civico 4. L'edificio venne progettato nell'immediato dopoguerra dall'architetto Antonio Cassi Ramelli, come sede dell'Azienda Elettrica Municipale (AEM). Il nuovo edificio inglobò alcune parti dell'antico Luogo Pio Trivulzio, semidistrutto dai bombardamenti del 1943, che già dal 1910 ospitava gli uffici dell'AEM. La costruzione iniziò nel 1947 e si concluse l'anno successivo. Il complesso occupa un intero isolato, delimitato da corso di Porta Vittoria e dalle vie Francesco Sforza, San Giovanni in Conca e della Signora. L'ingresso principale prospetta sul corso di Porta Vittoria, sull'ala dell'edificio costruita ex novo; le parti restanti, al contrario, inglobano alcuni frammenti della costruzione preesistente, sopravvissuti agli eventi bellici. L'ala di nuova costruzione ha pianta in forma di “L”, che delimita un piccolo spazio verde, struttura portante in calcestruzzo armato, e conta cinque piani fuori terra. Le facciate sono bipartite fra un basamento rivestito in marmo e il volume superiore, in intonaco tinteggiato in colore giallo-ocra, analogamente all'adiacente palazzo Sormani. Le finestre dei piani superiori sono inquadrate in una griglia rivestita in pietra, secondo un disegno che denuncia influenze perretiane. I corpi laterali presentano facciate di disegno più semplice, per la necessità di integrare i frammenti sopravvissuti della costruzione preesistente, ma anche perché la sezione ristretta delle strade su cui prospettano obbliga ad una visione di scorcio. Gli interni vennero progettati con spazi ampi, suddivisibili a piacere mediante pareti mobili; sul tetto fu prevista una terrazza panoramica con vista sulle guglie del Duomo, che tuttavia venne chiusa al pubblico dopo pochi anni. Elisabetta Susani (a cura di), Cassi Ramelli. L’eclettismo della ragione, Milano, Jaca Book, 2005, ISBN 88-16-60339-9. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla sede direzionale AEM Palazzo direzionale sede dell’AEM, su lombardiabeniculturali.it.

Palazzo di Giustizia (Milano)
Palazzo di Giustizia (Milano)

Il palazzo di Giustizia è un edificio storico di Milano situato in via Carlo Freguglia al civico 1. È sede del Tribunale Ordinario e relativa Procura della Repubblica, della Corte d'appello di Milano e relativa Procura Generale della Repubblica e del Tribunale di Sorveglianza. Fu costruito tra il 1932 e il 1940 sotto la direzione dell'architetto Marcello Piacentini in stile Novecento. Per la sua costruzione furono abbattute la chiesa di San Filippo Neri in Bovisasca e il convento delle Schiave di Maria, ma l'edificio occupa all'incirca l'area dove sorgeva la caserma Principe Eugenio di Savoia. Occupa un'area quadrilatera di circa 30.000 m², un enorme volume che si eleva su una pianta a forma di trapezio, aperta da otto cortili di differente ampiezza. Elevato su quattro piani e due piani ammezzati, l'accesso ai vari settori è garantito da sei scaloni e nove ascensori, cui si aggiungono numerose scale secondarie. Preceduta da una monumentale gradinata, la facciata principale si apre su un triplice portale di accesso al grande vestibolo di smistamento, alto venticinque metri. Imponenti frasi latine riguardanti i principi della giurisprudenza dominano l'ingresso principale e i due avancorpi sulla facciata principale: Al sommo dell'avancorpo di sinistra: Iurisprudentia est divinarum atque humanarum / rerum notitia iusti atque iniusti scientia ("La giurisprudenza è la scienza degli affari divini e umani, dei fatti giusti e ingiusti") Al sommo dell'ingresso principale: Iustitia / Iuris praecepta sunt haec: honeste vivere / alterum non laedere, suum cuique tribuere ("Giustizia / I precetti del diritto sono questi: vivere onestamente / non ledere l'Altro, attribuire a ciascuno il suo") Al sommo dell'avancorpo di destra: Sumus ad iustitiam nati neque opinione / sed natura constitutum est ius ("Siamo chiamati alla giustizia fin da quando siamo nati e sulla natura si fonda il diritto, non sull'opinione") Lo stile in cui è realizzato è chiamato "stile Novecento", teorizzato da Margherita Sarfatti intorno al 1920. Il palazzo ispirò anche altre costruzioni: ad esempio, fu preso a modello da Francesco Leoni, nel 1937, per il progetto del nuovo Palazzo di Giustizia di Forlì, città che allora, in quanto "Città del Duce", costituiva una vetrina delle realizzazioni del regime fascista. Il palazzo milanese internamente fu decorato con diversi mosaici, altorilievi, affreschi e sculture che, ispirate alla tradizione artistica romana, dovevano illustrare la storia della giustizia, inoltre raccoglie importanti opere d'arte tra cui: Carlo Carrà, Giustiniano che ammira la giustizia, affresco, 1938. Giovanni Colacicchi, Zaleuco, giudice di Locri, olio su faesite. Achille Funi, Mosè con le tavole della legge, affresco, 1936-39. Leone Lodi, cinque bassorilievi sovrapporte in marmo: Sant'Ambrogio, I Visconti, La fondazione dei Fasci (andato distrutto dopo il 25 aprile). Arturo Martini, La Giustizia fascista, marmo, 1936-37. Piero Marussig, La Giustizia, mosaico. Enzo Morelli, Giustizia divina e umana trionfante, aula della cancelleria generale, affresco, 1938-39 Siro Penagini, Mosè che detta le leggi, affresco, 1937. Romano Romanelli, La Giustizia di Traiano, altorilievo, 1939. Antonio Giuseppe Santagata, mosaici Giustiniano, La Giustizia, Il canonico Graziano, Napoleone legislatore; Le leggi fasciste è stato rimosso dopo la caduta del Fascismo. Attilio Selva, La Giustizia, marmo e porfido. Gino Severini, I dieci comandamenti, mosaico. Mario Sironi, La Giustizia armata con la legge, mosaico, 1936. Mario Tozzi, Il Paradiso Perduto, affresco, 1938. Sede principale: via Freguglia n. 1 Sezione lavoro, sezione IX civile - famiglia, sezione VIII civile - minori e soggetti deboli: via San Barnaba 50 Corte d'appello di Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo di Giustizia Tribunale di Milano, su tribunale.milano.it. URL consultato il 26 giugno 2013 (archiviato dall'url originale il 22 maggio 2013). Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, su procura.milano.giustizia.it.

Chiesa di San Barnaba (Milano)
Chiesa di San Barnaba (Milano)

La chiesa dei Santi Paolo e Barnaba, più conosciuta come San Barnaba, è un edificio di culto situato nel centro storico di Milano, il primo edificio dell'Ordine dei Barnabiti. La chiesa si trova in via della Commenda 1, a Milano. La chiesa di San Barnaba fu costruita su disegno dell'architetto perugino Galeazzo Alessi nel 1561 come chiesa madre dei Chierici Regolari di San Paolo, anche detti Barnabiti al posto di una chiesa preesistente realizzata certamente prima del 1486. Nel 1625 a Camillo Procaccini viene affidata la realizzazione degli affreschi che tuttora ornano la volta della navata e il coro. Alla fine del 2010 è stato completato, a cinquant'anni dal precedente, il restauro dell'intera facciata e della porta di ingresso al tempio, realizzata nel 1965 dallo scultore milanese Giovanni Maria Stoppani. La facciata della chiesa, puro esempio di architettura manierista, è bipartita in due ordini sovrapposti da un cornicione ed è sormontata da un timpano rettangolare decorato con ghirlande scolpite. Al centro dell'ordine inferiore, fra due coppie di lesene ioniche, si trova il portale mentre, in quello superiore, fra due coppie di semicolonne corinzie, vi è il grande finestrone a serliana. Nella facciata si aprono quattro nicchie semicircolari contenenti le statue di San Barnaba e di Sant'Ambrogio nell'ordine inferiore, di San Pietro e San Paolo in quello superiore. L'interno della chiesa di San Barnaba è a navata unica con tre cappelle per lato. In prossimità del presbiterio, rialzato di quattro gradini rispetto al resto della chiesa, si allarga, per restringersi nell'area del coro quadrangolare, coperto con volta a crociera affrescata, e dell'abside semicircolare. Le pareti di tutta la chiesa sono riccamente decorate con elementi architettonici in stucco dorato. San Barnaba vanta al suo interno un'interessante raccolta di dipinti del manierismo milanese: in una delle cappelle laterali è conservata un olio su tavola con le Stigmate di san Francesco d'Assisi di Giovanni Paolo Lomazzo, in un'altra una Pietà di Aurelio Luini mentre ai lati dell'altare maggiore si segnalano le due grandi tele con Storie dei santi Paolo e Barnaba, prima opera di Simone Peterzano a Milano (1572-1573). Sotto l'altar maggiore post-conciliare, entro un'urna di vetro, è conservato il corpo del fondatore dei Barnabiti, sant'Antonio Maria Zaccaria. Sulla cantoria in controfacciata, entro una cassa lignea neoclassica con mostra composta da tre cuspidi di canne di principale ciascuna entro un campo, si trova l'organo a canne, costruito da Pacifico Inzoli nel 1896. Serviliano Latuada, Chiesa e Collegio di San Barnaba, in Descrizione di Milano, Tomo primo, Milano, Giuseppe Cairoli, 1737, pp. 284-293. Chierici Regolari di San Paolo San Barnaba Storia e leggenda di San Barnaba, su to.chiesadimilano.it (archiviato dall'url originale il 25 marzo 2014). Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Barnaba a Milano

Colonna del Verziere
Colonna del Verziere

La Colonna del Verziere (indicata anche come croce di San Martiniano) è un monumento manieristico-barocco di Milano, situato in Largo Augusto, costituito da un'elaborata colonna in granito di Baveno sovrastata da una statua di Cristo. Prende il nome dal Verziere (o Verzée), l'antico mercato ortofrutticolo che aveva sede attorno al luogo in cui sorge. La confraternita della Croce di Porta Tosa, dedicata a san Martiniano, esistente già nel 1579 nella parrocchia di Santo Stefano in Brolo, stabilì di realizzare nello spiazzo prima del ponte di Porta Tosa una colonna votiva secondo i voleri dell'arcivescovo Carlo Borromeo. Nel 1580 si iniziò la raccolta di offerte per la realizzazione e si richiese un preventivo per la colonna. Vennero intanto poste le fondamenta del monumento, inserendo una tavoletta in marmo con la data 1581. A causa di disaccordi con i fornitori della colonna (forse dovuti a un guasto ellittico presente nel fusto, tuttora presente) ci fu un primo ritardo; alla ripresa dei lavori, forse per una controversia con l'autorità civile, ci fu la distruzione di parte delle opere realizzate per volere di Danese Figliodoni († 1591), senatore e all'epoca Grancancelliere di Milano. La confraternita seppellì le parti superstiti in attesa di potere procedere con i lavori. A seguito di una richiesta della confraternita il Senato di Milano concesse di poter completare la colonna; di fronte a nuove opposizioni, si ottenne un privilegio reale del 22 novembre 1607, osteggiato però dal governatore Pedro Enríquez de Acevedo. Nel marzo 1611 il nuovo governatore Juan Fernández de Velasco concesse subito quanto richiesto e la confraternita si attivò per far completare il monumento, incaricando l'ingegnere Aurelio Trezzi. Venne completata la base e si passò all'innalzamento della colonna il 9 luglio 1611. A ottobre dello stesso anno fu aggiunto sulla sommità anche il capitello. La statua del Redentore con croce, opera di Giovanni Battista Vismara, fu collocata solo nel 1673, sotto la direzione dell'architetto Giovanni Domenico Richini. Nel 1727 ci fu un restauro del basamento e nello stesso periodo furono tolti i cancelli in ferro che circondavano la colonna. Nel 1784 vennero soppresse le diverse confraternite, comprese le compagnie della Santa Croce a Milano. Nel 1786 la maggior parte delle colonne votive, considerate di intralcio alla circolazione, fu eliminata; nella relazione redatta dall'architetto Leopoldo Pollack era indicato il mantenimento della colonna del Verziere, con alcune modifiche alla base. Il 6 aprile 1848, dopo le Cinque giornate si fece voto di erigere un monumento a Porta Tosa, luogo dove era stata maggiore la lotta contro gli austriaci. Le vicende belliche resero però impossibile la realizzazione. Tra agosto e settembre 1858 la colonna del Verziere si inclinò sensibilmente, forse in seguito a problemi al piedistallo in conseguenza di un incidente nell'innalzamento della colonna nel 1611. Dopo alcuni studi, il monumento venne smontato, rinvenendo la tavoletta del 1581. Il Consiglio comunale il 14 ottobre 1859 decise il suo restauro che venne completato nel marzo 1860. Il 18 dello stesso mese, anniversario delle Cinque giornate, la colonna fu solonnemente consacrata come Colonna della Vittoria. In occasione dell'anniversario successivo, 18 marzo 1861, vennero inaugurate le targhe in bronzo con i nomi di 352 caduti del 1848. Una lapide in bronzo ricorda inoltre la dedicazione del 1860. Le celebrazioni in ricordo del 18 marzo 1848 si tennero presso la colonna fino al 1894. Il 18 marzo 1895 fu inaugurato il monumento alle Cinque Giornate. Nel 1927 la statua del Redentore in ceppo fu sostituita da una copia in bronzo ottenuta da un calco dell'originale. Nel 2017 la colonna è stata temporaneamente smantellata e rimossa per permettere la costruzione del Manufatto Augusto, importante cantiere per la costruzione della nuova Linea M4 della Metropolitana di Milano. Durante i lavori di smantellamento, è stato scoperto che il basamento nascondeva all'interno una colonna più antica di quella visibile. Un'ipotesi è che si tratta della "Ruvida Colonna" ricordata dallo storico Serviliano Latuada. P. Ghinzoni, La colonna di Porta Vittoria a Milano, Milano, 1887. S. Latuada, Descrizione di Milano, II, Milano, 1737, pp. 23-25. C. Romussi, La Colonna di Porta Vittoria, in Le Cinque Giornate. 1848, Milano, 1894, pp. 223-226. Colonne votive di Milano Monumento alle Cinque Giornate Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su colonna del Verziere