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Colazza

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Colazza panorama
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Colazza (Colassa in piemontese, Colazza in lombardo, pronuncia locale [ku'latsa]) è un comune italiano di 529 abitanti della provincia di Novara in Piemonte. Il territorio di questo piccolo paese piemontese del Vergante a cavallo tra il Lago Maggiore e il Lago D'Orta è situato ad un'altitudine compresa tra i 545 e gli 850 m s.l.m. su un piano circondato a nord da colline ricche di boschi ed affacciato alla vista panoramica di parte del Lago Maggiore, del lago di Varese di quello di Comabbio e di Monate. Lo circondano alcuni piccoli rilievi, il Motto Tessera (758 m s.l.m.), il Cassinario (712 m s.l.m.), il Motto La Guardia (830 m s.l.m.) e il Motto dell'Arbujera (683 m s.l.m.) circondati da declivi ricoperti di boschi e pascoli e traversati dalle acqua del rio Tiaschella che verso il territorio del confinante comune di Invorio si immette nel torrente Terzago. All'interno del nome del paese è presente una radice di tipo romano: "col", infatti, dovrebbe far riferimento alle numerose colline oppure, anche, al "colare" delle molteplici sorgenti d'acqua presenti nell'area. Un'altra interpretazione vuole che il nome origini da collis acquae, sempre con riferimento all'abbondanza di acqua presente nella zona. L'etimo più suggestivo, ritrovabile anche nello stemma comunale, fa risalire il nome a "coll'azza" arma con la quale nel 960 un giovane guerriero difese la sua giovane sposa da un signorotto al soldo di Berengario II che esigeva lo jus primae noctis. La coppia fuggì sull'altopiano di Colazza, ben presto si unirono altre persone dando vita al primo nucleo abitato. Come quella del resto del Vergante la storia di Colazza è strettamente connessa a quella di Arona, situata sulla cosiddetta "Via delle Genti" che collegava il basso Verbano con l'attuale Svizzera. La presenza romana è attestata dal ritrovamento, soprattutto sul territorio della vicina Nebbiuno di numerosi manufatti alcuni dei quali custoditi presso il Museo Archeologico di Arona. Le vicende storiche del territorio iniziano alla fine del primo millennio quando il neo-incoronato Imperatore del Sacro Romano Impero Ottone I decide di porre fine alla tracotanza di Berengario d'Ivrea e dirige le sue truppe verso il Novarese. Nell'estate del 962 transitarono da Colazza le milizie imperiali che si dirigevano ad Orta per assediare il castello di Orta e sconfiggere la regina Willa III d'Arles, moglie di Berengario. Nei secoli seguenti, anche i momenti storici di Colazza, come quelli di tutti i paesi del Vergante, seguirono dapprima le vicende degli arcivescovi di Milano, Conti dell'Impero, ai quali i territori erano stato assoggettati, nei secoli successivi il territorio fu conteso fra vari feudatari fino a quando prevalse la signoria dei Visconti che vi edificò un piccolo castello del quale rimangono tracce in alcuni edifici e nella toponomastica. La signoria dei Visconti durò fino al 1441 quando il territorio venne ceduto a Vitaliano Borromeo. Colazza venne assegnata alla podesteria di Lesa e del Vergante. In questi anni e nei secoli successivi, i colazzesi basarono la loro economia sulla pastorizia e sul commercio di animali e merci con i paesi limitrofi. Fino alla metà del novecento l'attività principale era lo sfruttamento dei boschi per la produzione di carbone di legna. In passato Colazza era nota per la lavorazione del legno ed in particolare per la produzione di ceppi da macellaio prodotti in frassino e robinia destinati anche all'esportazione. Nel 1814, dopo le vicende napoleoniche, Colazza divenne possedimento dei Savoia. Il 7 maggio del 1861 il paese venne devastato da un incendio. Dal 1928 al 1954 fu parte del comune di Pisano. Con lo scoppiare della seconda guerra mondiale anche Colazza, come altre realtà del Vergante, fu teatro di imprese partigiane e venne attraversata da truppe militari. Lo stemma è stato concesso con decreto del presidente della Repubblica del 23 maggio 1956. Questa chiesa si trova in una piazzetta nel centro di Colazza ed è intitolata a San Bernardo d'Aosta, patrono dei montanari e presumibilmente risale al 1314. Il santo è raffigurato in cammino sulle Alpi su una lunetta nel portico esterno ed in quadro all'interno insieme alla Madonna con bambino. Nel corso del XVII secolo subì notevoli cambiamenti e agli inizi del novecento, ormai in stato di abbandono, fu restaurata e riaperta. Attualmente è possibile visitarla anche all'interno. Caratteristico il campanile a guglia ricoperto da "piode" (tegole di pietre). La chiesa parrocchiale venne costruita in due fasi, la prima verso la fine del XVII secolo, la seconda nel XIX secolo, al suo interno è presente un affresco di rilievo storico riconducibile alla scuola di Gaudenzio Ferrari di cui riprende il modello morbido e la preziosità cromatica. Questo affresco fu probabilmente trasferito da un'antica edicola votiva che si trova sul bivio tra Armeno e Ameno. All'interno della chiesa è presente un organo che è stato restaurato per organizzare periodicamente dei concerti. Il territorio di Colazza, come quello degli altri comuni del Vergante è caratterizzato dalla presenza di numerose cappelle devozionali, a Colazza se ne trovano circa una dozzina, alcune restaurate e recuperate. Cappella di San Bernardo: un mosaico sostituisce l'affresco originario rovinato dall'umidità della sottostante fontana, rappresenta San Bernardo ed è situata nella piazza omonima Cappella della Madonna della Guardia, risale alla fine del XVIII secolo, in origine dotata di tetto in beola sostituito durante un risanamento da un tetto in legno Cappella di Via Umberto 1º verso via per Tapigliano: collocabile al XVI secolo è probabilmente la più antica del territorio comunale, dall'architettura semplice sono rappresentati Cristo crocifisso con ai piedi la Madonna e Maria Maddalena Affresco Sacra Famiglia in via per Tapigliano: risalente alla fine del Settecento e in buono stato di conservazione Cappella del Cristo sulla Croce in via Zanetta: risale alla metà dell'Ottocento Cappella della Crocifissione in via Regina Margherita: edificata nella metà del XVII secolo e collocata in un'elegante architettura di granito rosa di Baveno Cappella della Madonna del Carmine in via Umberto 1º: il cornicione del timpano ne attesta la costruzione nel giugno del 1884 Cappella della Madonna: accanto a Casa Mazzola, protetta da una grata e risalente al 1849 Cappella di via del Cimitero: oltre ad una raffigurazione di Cristo da giovane che abbraccia la croce sono raffigurati Santa Lucia e San Rocco. Come per altre paesi del Vergante, i manufatti più antichi di Colazza sono riferibili al periodo romano; tra questi una moneta con il volto di Julia Mammea (235 d.C.). A Colazza è presente un palazzetto dello sport, prima chiamato "Il Palazzetto e Poi..." e ora, con la nuova gestione, "Green Village", dove si può trovare nella stagione invernale il pattinaggio su ghiaccio mentre nelle stagioni più calde il pattinaggio a rotelle, arrampicata indoor, pesca sportiva e beach volley. Abitanti censiti Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune. Il comune faceva parte della Comunità montana Due Laghi, Cusio Mottarone e Val Strona. Gino Rotondi, Ville e paesi tra le terre del Verbano, Cusio e Ossola, Torino, Pietro Gribaudi Editore, 1975. Comuni della provincia di Novara, Consiglio Regionale del Piemonte, p. 71. Lucia Ubertalle e Luisa Marchesi, Colazza perla del Vergante, Torino, 1996. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Colazza Wikivoyage contiene informazioni turistiche su Colazza Sito ufficiale, su comune.colazza.no.it.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Colazza (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

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Chiesa dell'Immacolata (Colazza)
Chiesa dell'Immacolata (Colazza)

La chiesa parrocchiale dell'Immacolata è il più importante luogo di culto a Colazza. La chiesa sorge in posizione panoramica e sopraelevata rispetto al centro storico. La chiesa venne costruita in due fasi, la prima verso la fine del XVII secolo, la seconda nel XIX secolo. La parrocchia fu dedicata fin dal suo sorgere alla Beata Vergine Immacolata, ma solamente parecchi anni dopo l'inaugurazione, la statua che ora è tanto venerata e festeggiata l'8 dicembre, vi fece la sua solenne entrata. Il contratto per la realizzazione dell'organo risale al 1835, poco dopo la fine dei lavori di ampliamento della chiesa. Il progetto prevedeva un'altezza di otto piedi reali e 58 tasti, 19 pedali. Previsti 12 registri di ripieno, 5 registri di lingua e 10 registri di altre tipologie per un costo totale di L. 3.500. Nel 1974 il sacerdote Don Pier Luigi Ragazzoni incaricò la Ditta Marzi di San Maurizio d'Opaglio di effettuare lavori di rimodernamento. Dal 1833 al 1836 dopo due ampliamenti della chiesa, si costruì un altare centrale in marmo nero e due laterali in marmo intarsiato di diversi colori e solamente nel 1973 furono sistemate tre campane di bronzo all'interno del campanile. La chiesa ha uno stile barocco ed è divisa in tre navate sono presenti dipinti del maestro Gadda. Nel coro un bell'affresco raffigurate la Beata Vergine Maria, San Grato e il Bambino, attribuito alla scuola di Gaudenzio Ferrari, di cui riprende il morbido modellato e le preziostà cromatiche. Il campanile termina con una cupola ricoperta prima di rame, poi di zinco. Nel 1973 vi furono sistemate tre campane di bronzo: il campanone porta la scritta "Regina sine labe originali concepta, ora pro nobis". Sulla campanella: "A fulgure et tempestate, libera nos Domine". Sul campanino: "S. Bernardo, ora pro nobis". Presenta due nicchie con affreschi. Dal sagrato si può godere di una delle viste più ampie di tutto il Vergante sul lago Maggiore e sulla pianura. Sono presenti due ossari con degli affreschi raffiguranti Gesù in croce. Gino Rotondi, Ville e paesi tra le terre del Verbano, Cusio e Ossola, Torino, Pietro Gribaudi Editore, 1975. Comuni della provincia di Novara, Consiglio Regionale del Piemonte, p. 71. Lucia Ubertalle e Luisa Marchesi, Colazza perla del Vergante, Torino, 1996. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa dell'Immacolata Chiesa Parrocchiale della Beata Vergine Immacolata (Sec. XVII), su comune.colazza.no.it.

Chiesa di Sant'Eusebio (Pisano)
Chiesa di Sant'Eusebio (Pisano)

La chiesa di sant'Eusebio è la parrocchiale di Pisano, in provincia e diocesi di Novara; fa parte del unità pastorale del Vergante. L'originaria chiesetta pisanese era di piccole dimensioni; fu ampliata nel 1567, anno in cui venne eretta a parrocchiale da Carlo Borromeo, che la rese autonoma dalla matrice di San Giorgio Martire di Nebbiuno. L'edificio fu interessato da un intervento di rifacimento nel XVII secolo, allorché si provvide a trasformarlo in stile barocco; il protiro venne invece aggiunto nel 1767. La facciata a capanna della chiesa, rivolta a nordovest e preceduta dal protiro caratterizzato da due colonne tuscaniche sorreggenti archi a tutto sesto, è tripartita da quattro lesene, anch'esse di ordine tuscanico, ed è coronata dal timpano di forma triangolare. Annesso alla parrocchiale è il campanile a base quadrata, suddiviso in più registri da cornici marcapiano; la cella presenta una monofora su ogni lato ed è coronata dalla guglia piramidale. L'interno dell'edificio si compone di un'unica navata, sulla quale si affacciano le cappelle laterali e le cui pareti sono scandite da lesene sorreggenti la trabeazione; al termine dell'aula si sviluppa il presbiterio, a sua volta chiuso dall'abside quadrata. Qui sono conservate diverse opere di pregio, tra le quali l'affresco ritraente le Virtù Teologali, risalente al XVII secolo, l'altare di Sant'Eusebio, costruito nel 1839, l'affresco con soggetto Sant'Eusebio, dipinto nel 1762, i due affreschi raffiguranti l'Immacolata Concezione e il Sacro Cuore di Gesù, eseguiti da Luigi Morgari, l'altare della Madonna del Rosario e le decorazioni della volta, realizzati tra il 1856 e il 1859 da Luigi Mazzucchelli. Pisano (Italia) Diocesi di Novara Regione ecclesiastica Piemonte Parrocchie della diocesi di Novara Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Sant'Eusebio Parrocchia di SANT'EUSEBIO, su parrocchiemap.it. URL consultato il 22 ottobre 2021. Brochure sulla chiesa di Sant'Eusebio (PDF), su upmvergante.it. URL consultato il 22 ottobre 2021 (archiviato dall'url originale il 22 ottobre 2021).

Montrigiasco
Montrigiasco

Montrigiasco è una frazione di Arona, un tempo comune autonomo. Nel paese si trovano la Chiesa di San Giusto di epoca romanica, ripetutamente rimaneggiata, con un portico risalente al 1770 e l'oratorio di San Rocco, affrescato con dipinti del Cinquecento. Il piccolo centro abitato si trova all’altitudine di 424m s.l.m. a 4,20 km dal nucleo abitato di Arona, a 0,98 km dalla frazione di Mercurago e a 2,30 km dalla frazione di Dagnente. La frazione è servita dalla strada provinciale che la collega con Dagnente e Arona, e da un servizio autobus gestito da Autoguidovie. In passato si chiamava Monte Olegiasco o Monte Oleggiasco. Oleggiasco è un toponimo di origine longobarda, mentre la parola Monte si riferisce al fatto che è situato sopra un monte sovrastante Oleggio Castello, del cui territorio faceva parte durante la dominazione dei Visconti. Fino al 1928 Montrigiasco fu un comune autonomo; in quell'anno fu integrato al comune di Paruzzaro, situazione che rimase immutata fino al 1960, anno in cui divenne frazione di Arona, in provincia di Novara. Il 16 marzo 1945 fu teatro della cosiddetta Strage di Montrigiasco. Nella parte più esterna a nord ovest della frazione sorge una piccola chiesetta costruita nel 1650 e ristrutturata negli anni 1950 a causa dei danneggiamenti riportati dalla seconda guerra mondiale. Gli edifici storici di Montrigiasco sono: La chiesetta in via Madonna delle crocette di epoca secentesca. La chiesa di San Giusto che si sviluppa a sud della città, costruita in epoca romanica; è il principale punto di riferimento dì Montrigiasco. Il cimitero, che si trova in prossimità della chiesa di San Giusto. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Montrigiasco Scheda sul sito ufficiale del comune , su comune.arona.no.it. Informazioni varie , su click-arona.com.

Fosseno
Fosseno

Fosseno è una frazione di Nebbiuno. Fino al 1928 fu un comune autonomo. Il centro abitato sorge a 596 metri sul livello del mare. È collocato nella zona montana del Vergante e viene bagnato dal Rio Strolo. Le origini del centro abitato sono molto antiche e vengono fatte risalire all'XI secolo. Presumibilmente i suoi primi abitanti furono di origine Walser, provenienti dall'alta Valsesia e specializzati nella produzione e nella tintura di tessuti in lana. Il territorio comunale era collocato in una zona montana che, nell'Ottocento, era nota per la sua ricchezza di boschi cedui e per le notevoli dimensioni dei castagni da frutto. Le principali produzioni del comune erano fieno, legname noci e latri prodotti ortofrutticoli. Con regio decreto del 18 marzo 1928 il comune di Fosseno, fino ad allora autonomo, venne soppresso ed il suo territorio fu aggregato al comune di Nebbiuno. Nel mese di giugno a Fosseno si svolge la Sagra della fragola. Parrocchiale di Sant'Agata, di antica origine. La prima descrizione dell'edificio risale però al 1618. Si presenta a navata unica, con un vestibolo a volta antistante alla facciata, ornato da un dipinto di inizio settecentesco e sorretto da due colonne in granito. All'interno ospita quattro cappelle laterali dedicate a San Giusto, alla Madonna del Rosario, al Santo Crocifisso e a Santa Lucia (in precedenza dedicata a San Giuseppe). Inoltre sono presenti affreschi di inizio Novecento realizzati da Giuseppe De Giorgi. Vecchio lavatoio, poco a monte del centro abitato, con annessa una area pic-nic. Sasso del Pizzo, un punto panoramico che domina da nord il paese e offre una vista completa sul Lago Maggiore. Cartografia Cartografia ufficiale italiana in scala 1:25.000 e 1:100.000, Istituto Geografico Militare. URL consultato il 24 febbraio 2018. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Fosseno

Castello di Invorio
Castello di Invorio

Il castello di Invorio domina da un'altura il borgo di Invorio Inferiore, nel comune omonimo della provincia di Novara, in Piemonte. La Torre viscontea è ciò che resta del castello medievale. Il complesso si trova in una proprietà privata recintata immersa in un vasto parco, visitabile solo con autorizzazione. Un tempo il complesso fortificato occupava un'area sopraelevata di circa 460 m2. Era caratterizzato da due torri ed era dotato di una doppia cinta muraria, a cui si addossavano vari corpi di fabbrica. Come riporta Carlo Nigra, che indagò il sito nella prima metà del Novecento, del castello primitivo si conserva la torre quadrata, alta oltre 16 metri e divisa internamente in tre piani oltre a quello della merlatura, quest'ultima più recente del resto della struttura e a merli ghibellini. La porta originale della torre, architravata con arco di scarico cieco, si apre a circa 5 metri d'altezza, e nel timpano presenta una targa di marmo, incastrata nel XIV secolo, sulla quale è scolpito lo stemma dei Visconti con il biscione che ingoia l'infante, contornato dai caratteristici trilobi. Attorno alla torre restano tracce delle mura che probabilmente costituivano il suo recinto primitivo. Intorno al secolo XIV, alle mura fu addossato a levante un fabbricato che fu in seguito coronato di merli (allo stesso modo della torre). Probabilmente intorno allo stesso periodo venne costruita una seconda cinta muraria molto più ampia della prima a protezione di tutta l'altura su cui sorgeva il castello. Di questa cinta esiste ancora un buon tratto di muro verso nord, assieme a qualche resto delle costruzioni che vi erano addossate, una delle quali doveva probabilmente costituire la cisterna del castello. All'angolo di sud ovest di questo secondo recinto si trovava la porta d'ingresso, modificata in tempi più recenti nella sua parte superiore: tale porta dava accesso ad una strada che saliva al castello costeggiando le mura. Parte delle mura di cinta del XIV secolo vennero sostituiti da muri moderni, a sostegno delle terrazze del giardino. Il primo proprietario noto fu Gotefredo di Invorio Inferiore, vassallo del vescovo di Novara Aupaldo alla fine del X secolo, appartenente alla schiera di boni homines (magistrati, amministratori pubblici) che costituivano l'entourage del presule novarese. La proprietà fu in seguito venduta al religioso Giovanni, figlio di Ildeprando, di Invorio Superiore, assieme ad altre possessioni sul monte Barro e nel territorio di Invorio. I possedimenti di Giovanni furono ereditati da sei homines suoi consanguinei e concittadini, i quali il 29 giugno 1039 a loro volta li donarono alla canonica di San Giulio di Orta. La pergamena della donazione è il primo documento in cui viene esplicitamente menzionato il castrum di Invorio. Prima del 1140 la fortificazione passò sotto il controllo dei conti di Biandrate, nello specifico di Guido III di Biandrate, confermato da diplomi imperiali fino al 1209, compresi i suoi eredi. L'11 agosto 1211 i quattro nipoti di Guido (Gozio e Ottone III, figli di Uberto IV, Corrado e Guido V, figli di Ranieri) giurarono reciprocamente che non avrebbero ceduto alcuna loro fortezza, inclusa quella di Invorio Inferiore. Da tale giuramento si deduce l'enorme rilevanza strategica del castello: posto a metà strada tra Arona e Gozzano, sul limite inferiore del Vergante, era un'ottimo baluardo contro la penetrazione dei Novaresi nelle terre del medio lago Maggiore. Entrato poi in possesso del Libero comune novarese, quando la città venne annessa dai Visconti, divenne di loro proprietà. Nel castello nacque Matteo I Visconti. Caduto in rovina, già a inizio Novecento del complesso non rimaneva che la torre in cui, secondo la tradizione, venne imprigionata Margherita Pusterla, e pochi altri resti. Nel 2020 si conserva ancora la torre restaurata. Tra le rovine del castello spiccava la decorazione dell'ampia loggia posta al piano superiore. La decorazione consisteva di un fregio, disposto lungo la parete interna e alto circa un metro, in cui figure di sirene, centauri e mostri favolosi incorniciavano sei ritratti a medaglione dei più noti duchi Visconti e Sforza. I medaglioni, eseguiti con la tecnica dell'affresco, riprendevano lo stile potente della pittura lombarda del Quattrocento. Nei secoli furono eseguite molte modifiche al fabbricato e gli ultimi proprietari lo adibirono ad uso agricolo, con la loggia deputata a fienile. Come conseguenza, parte della decorazione del fregio fu distrutta o guastata, tuttavia i medaglioni non subirono né manomissioni né danni di rilievo. Nel 1909 lo studioso Antonio Massara vi dedicò un articolo sulla rivista Rassegna d'arte. Nel 1914 lo stesso Massara, divenuto nel frattempo direttore del Museo del paesaggio di Pallanza, prese a cuore la sorte degli affreschi e avvertì il Ministero della Pubblica Istruzione della precaria situazione, affinché l'opera fosse salvata dalla sicura rovina. La segnalazione giunse all'orecchio del mecenate locale Marco De Marchi, il quale, col concorso del Ministero, acquistò il fregio e lo donò al museo di Pallanza. Mediante il Soprintendente ai Monumenti del Piemonte giunse l'autorizzazione al trasporto dell'opera, poterono dunque iniziare le difficili operazioni di distacco dalle pareti. Gli affreschi furono trasferiti su tela, sostenuti da appositi telai predisposti dal rinomato restauratore Francesco Annoni, trovando la definitiva collocazione nel salone d'onore del Museo del paesaggio nella primavera del 1919. I medaglioni del fregio Il fregio nella collocazione originale Carlo Nigra, Il castello di Invorio Inferiore (PDF), in Torri, castelli e case forti del Piemonte dal 1000 al secolo XVI, vol. 1: Il Novarese, Novara, E. Cattaneo, 1937, pp. 55-57. Ospitato su Deposito digitale Biblioteche di ateneo Politecnico di Torino. Giancarlo Andenna, Castelli di Invorio Inferiore, di Invorio Superiore, di Oleggio Castello e di Paruzzaro, in Da Novara tutto intorno, Andar per castelli, Novara, Milvia, 1982, pp. 389-391. Ospitato su Calameo. Antonio Massara, Il fregio dei duchi nel castello Visconti d'Invorio Inferiore, in Rassegna d'arte, n. 3, Milano, Alfieri & Lacroix, marzo 1909, pp. 51-54. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Torre viscontea Sito ufficiale, su comune.invorio.no.it.

Chiesa dei Santi Pietro e Paolo (Invorio)
Chiesa dei Santi Pietro e Paolo (Invorio)

La chiesa dei Santi Pietro e Paolo è la parrocchiale di Invorio, in provincia e diocesi di Novara; fa parte dell'unità pastorale del Vergante. L'originaria cappella invoriese sorse nel XIII secolo ed aveva l'abside rivolta a levante, come stabilito dalla regola approvata dal concilio di Nicea. Nel Seicento la chiesa venne ricostruita; nel 1675 fu aggiunta la cappella del Crocifisso e nel 1712 quella di Sant'Anna, in cui successivamente venne collocato il fronte battesimale. La parrocchiale fu interessata da un intervento di rifacimento condotto tra il 1870 e il 1872 su progetto di Giovanni Curioni, allorché si provvide a edificare le navate laterali. La facciata a della chiesa, rivolta a sudovest, è suddivisa da una cornice marcapiano in due registri; quello inferiore, caratterizzato da una portico e scandito da quattro paraste doriche, di cui le centrali sorreggenti un arco a tutto sesto, presenta il portale d'ingresso al centro e gli ingressi secondari nelle ali laterali, mentre quello superiore è tripartito da quattro lesene d'ordine ionico e coronato dal timpano triangolare, la cui cornice inferiore è dentellata. Annesso alla parrocchiale è il campanile in pietra a base quadrata, la cui cella presenta una monofora per lato ed è coronata dal tamburo sorreggente la bassa copertura. L'interno dell'edificio è composto da tre navate, separate da pilastri, abbelliti da lesene e sorreggenti archi a tutto sesto, sopra i quali corre la trabeazione su cui si imposta la volta; al termine dell'aula si sviluppa il presbiterio, rialzato di quattro scalini e chiuso dall'abside a tre lati. Qui sono conservate diverse opere di pregio, tra le quali l'altare laterale di San Vincenzo, costruito nel 1806, la raffigurazione del Sacro Cuore di Gesù, risalente al 1893, l'organo, costruito dagli Scolari nel 1875, e le quindici tavole in rame dei Misteri del Rosario. Diocesi di Novara Parrocchie della diocesi di Novara Invorio Regione ecclesiastica Piemonte Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa dei santi Pietro e Paolo Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo, su parrocchiemap.it. URL consultato il 21 ottobre 2021. Chiesa dei SS. Pietro e Paolo, su lagomaggiore.net. URL consultato il 21 ottobre 2021.