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San Martino Alfieri

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S.Martino Alfieri Chiesa Parrocchiale
S.Martino Alfieri Chiesa Parrocchiale

San Martino Alfieri (San Martin d'Ast in piemontese) è un comune italiano di 675 abitanti della provincia di Asti in Piemonte. Esso sorge in Astesana, nell'area di fruizione turistica denominata "Le Colline dei Fiumi", sullo spartiacque del Tanaro e del Borbore, a controllo dell'importante direttrice di dorsale che univa Asti al Roero. Uscendo dall'abitato, in direzione di Govone, si gode di uno straordinario paesaggio dato dai 257 metri di altitudine del crinale della collina che corre parallela al Tanaro. Essa dolcemente affonda verso valle, densa di vegetazione e di ampi spazi coltivati. La strada di dorsale verso Antignano, dalle forti valenze panoramiche e paesaggistiche, presenta placidi panorami ove la presenza del lavoro nei campi e nei vigneti è sempre attuale, creando uno dei patrimoni culturali dell'area. Dal Trecento il paese era appartenuto alla famiglia Solaro, ma nel 1615, per ordine dei Savoia, passò agli Alfieri di Magliano. Nel 1863 prese il nome di San Martino al Tanaro, modificato a fine secolo in San Martino Alfieri, in omaggio alla famiglia omonima. In borgata Saracchi nacque la terza moglie di Giuseppe Garibaldi, Francesca Armosino, e nel 1880 ospitò l'eroe nella casa ancora oggi visibile. In borgata Marelli sorge la casa in cui crebbe monsignor Giuseppe Marello, fondatore degli Oblati di San Giuseppe, proclamato Santo da papa Giovanni Paolo II nel 2001. Il castello settecentesco, di proprietà privata, è ottimamente conservato: il parco fu ampliato nell'800 da Xavier Kurten, architetto paesaggista tedesco, e da Ernesto Melano, al quale si deve anche la sistemazione urbanistica del borgo e il progetto della chiesa parrocchiale di San Carlo e Santa Maria, costruita (1829-1833) in stile neo-classico, che conserva il polittico cinquecentesco di Defendente Ferrari, con episodi della vita della Vergine. Il centro abitato si sviluppa su di un lungo crinale seguendo la sponda sinistra del Tanaro sopra due nuclei contrapposti: da una parte il Castello e dall'altra il nucleo originario, in forma di ricetto, separati da una sella con strada di attraversamento. Il nucleo originario si articola in un insieme di piazze e piazzette, tra loro collegate da brevi vicoli. In esso si svolgono tutte le principali funzioni per la comunità: civica, sociale, religiosa e turistica. L'attività e la storia personale di Benedetto Alfieri legano San Martino Alfieri a Piovà Massaia. In un luogo l'architetto dimorò e progettò gli ampliamenti settecenteschi del Castello di famiglia, mentre nell'altro fu l'artefice di uno dei capolavori architettonici del Monferrato Astigiano, la Parrocchiale. Il paese dista 14 km da Asti in direzione sud-ovest e 16 km da Alba (CN). L'agricoltura, in particolare la viticoltura, ha qui la sua rivincita sull'industria, infatti troviamo pregiati vitigni di barbera, grignolino, bonarda e bianco. La "Bottega del vino", in Piazza Caduti, con sala per degustazione-esposizione, promuove i vini e i prodotti del territorio. Tra le specialità gastronomiche agnolotti, bagna cauda, salumi, arrosto e bollito misto. La dicitura San Martino compare nel 1020 come Castro qui dicitur Sancti Martini. Il determinante "Alfieri" deriva dalla famiglia Alfieri, feudatari tra il 1665 e il 1671. II paese, a cui più che ad ogni altro è pertinente la definizione di "Colline Alfieri", appartenne anticamente con un suo primitivo castello, ai Signori di Govone e passò poi alla famiglia dei Solaro, che tennero il feudo di San Martino fino al secolo XVII, allorché incominciarono a cederne alcune parti. Il primo degli "Alfieri" che ebbe quasi completamente il feudo di San Martino fu Cesare, considerato il capostipite del ramo detto appunto di San Martino. Già nel 1615, però, Carlo Emanuele I di Savoia aveva donato ad Urbano Alfieri, suo colonnello di cavalleria, la giurisdizione e i beni feudali di San Martino che sarebbero stati di spettanza di Pandolfo Solaro e dei suoi fratelli, caduti però in disgrazia. Cesare Alfieri dedicò tutta la sua vita alla famiglia e all'acquisto di beni. Il figlio Carlo Antonio Massimiliano, nel 1696, diede inizio all'edificazione del castello che sostituì il ben più antico maniero. Il figlio di Carlo Antonio, Cesare Giustiniano divenne, per acquisto, marchese di Sostegno, titolo che ereditarono i suoi successori. Sposò Paola Gabriella Solaro di Govone ed ebbe diciannove figli. Durante il feudo di Roberto Carlo Alfieri, nel 1783, San Martino ebbe l'onore di ricevere il re Vittorio Amedeo III di Savoia con la moglie Antonietta Ferdinanda, che da Govone, dov'erano in villeggiatura, vennero a fargli visita con gran seguito di dame e di cavalieri. Per volontà del marchese Carlo Emanuele Alfieri venne edificata la chiesa parrocchiale di San Martino, su disegno del cav. Ernesto Melano, architetto di Sua Maestà, durante gli anni 1828-1832, sotto il titolo di San Carlo Borromeo. Di stile neoclassico, la parrocchiale di San Martino conserva un pregevole trittico della scuola di Defendente Ferrari e una delle sue cappelle fu proprio degli Alfieri. Una gentildonna della famiglia Alfieri, Costanza, andò sposa a Roberto d'Azeglio, fratello di Massimo, ed entrambi furono veri benefattori del popolo. Lo stemma di San Martino Alfieri è stato concesso con regio decreto del 25 settembre 1886, quando il Comune aveva ancora la vecchia denominazione di San Martino al Tanaro. Piccola borgata che inizia dopo il campo sportivo dove ogni anno si svolge La sagra del barbera. Questa frazione comprende la piccola chiesetta di San Giuseppe dove ogni sera i borghigiani si ritrovano per chiacchierare al chiaro di luna. Inoltre ogni anno si svolge un rosario accompagnato da un rinfresco e il mattino seguente una messa. Se si continua per una strada sterrata alla fine della frazione si giunge al fiume Tanaro. Otto cappelle situate nelle frazioni Marelli, Firano, Pero, Quaglia e Saracchi formano un ideale percorso campestre che si snoda tra il fiume Tanaro e il torrente Borbore, attraversando colline coltivate a vite, boschi e piccoli avvallamenti a prato. Lungo la direttrice di Govone si trova la frazione Marelli che prende il nome dalla famiglia omonima Marello. Questa porzione di territorio era l'antico collegamento delle terre dei feudi dei Solaro di San Martino e di Govone. Il luogo è ricordato perché diede i natali a San Giuseppe Marello (1844-1895), che qui visse la fanciullezza sino al trasferimento della famiglia a Torino. L'abitazione è ancora oggi esistente, anche se venne trasformata da cascinale a casa signorile. Uscendo dal paese, in direzione di Antignano, si scorge la frazione Saracchi, in passato appartenente al comune di Antignano, in cui si trova il Palazzo Garibaldi. L'edificio fu fatto costruire da Giuseppe Garibaldi, il quale ci visse per qualche tempo, dopo aver sposato Francesca Armosino, sua ultima moglie, nativa di questa frazione. Il castello, costruito dal 1696 al 1721 su disegno dell'ingegner Antonio Bertola, conserva l'arredo originario delle sale. L'attuale costruzione sorge sull'altura contrapposta a quella ove si formò il ricetto. Edificio del XVIII secolo circondato da grandi alberi secolari propone una pregevole Orangérie e, oggi, si può ammirare il risultato di un intervento richiesto nel 1815 dal marchese Carlo Emanuele Alfieri di Sostegno ad opera di Xavier Kurten, architetto paesaggista tedesco che ebbe il compito di trasformare il giardino formale in un parco secondo il nuovo gusto romantico all'inglese, permettendo al Piemonte di avvicinare la cultura locale ai gusti europei nei quali il romanticismo è fenomeno dominante e il gusto per l'arte dei giardini sua diretta manifestazione. Egli ampliò il parco avvalendosi della collaborazione dell'architetto Ernesto Melano già noto in paese. A questi si deve anche la sistemazione urbanistica e il progetto di una nuova chiesa parrocchiale e della casa comunale. Chi ha la fortuna di poter visitare il castello di San Martino non può fare a meno di sostare davanti ai molteplici ricordi degli illustri suoi proprietari e delle eminenti persone con le quali essi ebbero rapporti di parentela, di amicizia, di affari; sono busti, ritratti, stampe, manoscritti che permettono di ricostruire tutto un mondo che non va dimenticato, perché in esso affonda le radici quello attuale. L'edificio fu costruito dal 1829 al 1833, in sostituzione del precedente, non più adeguato alle esigenze della popolazione e ormai fatiscente, che si trovava vicino al lato meridionale del castello degli Alfieri. Per interessamento del marchese Carlo Emanuele Alfieri, la progettazione venne affidata all'architetto Ernesto Melano. Raggiunto l'accordo fra le parti, si poté procedere alla demolizione della vecchia chiesa parrocchiale, che fu sconsacrata il 9 giugno 1829 col trasferimento del SS. Sacramento nella Confraternita. La Gazzetta Piemontese del 24 dicembre 1829 dava notizia dell'iniziativa riportando come «...la chiesa parrocchiale di San Martino di Govone, posta sopra una vetta distante dal grosso dell'abitato, facea desiderare a quella popolazione de vederla trasportata al piano, per la maggior felicità di recarvisi, massime nella cruda stagione. Il signor Marchese Carlo Emanuele Alfieri di Sostegno, proprietario del Castello di quel luogo, la cui religiosa pietà va unita ad un cuore generoso e benefico, assecondando i voti di quegli abitanti, determinò di far costruire a sue spese una nuova Chiesa Parrocchiale nel sito il più acconcio. S.M. ponendo mente alla manifesta utilità che ridonda a pro del Comune a mandare ed effetto il benefico divisamento del Marchese, ha applaudito alla magnanima risoluzione del nobile Personaggio e vi ha posto il suggello colla sua Sovrana approvazione». La nuova chiesa fu consacrata il 23 giugno 1833 dal vescovo Lobetti sotto il titolo di San Carlo Borromeo, in ricordo dell'antica parentela fra la famiglia del Santo e il casato degli Alfieri. Memorabili furono i festeggiamenti e grande il concorso della popolazione. L'edificio, in stile neoclassico, è caratterizzato in facciata da un grandioso pronao dalle colonne doriche, che ricordano quelle del Pantheon di Roma. All'interno è presente un pregevole trittico della scuola di Defendente Ferrari. La severa architettura dell'ingegnere Cavaliere Ernesto Melano aveva previsto la costruzione di tre altari, il maggiore dei quali di marmo fino, e una struttura armoniosa come la volta a cassettoni e il ricco fregio sottostante. Il sagrato della Parrocchiale è un esempio di sagrato su strada e si articola in uno spazio che funge da ingresso al ricetto e in un altro su cui si affaccia il Municipio. Il sagrato su strada è importante per la sua posizione sul passo tra la Valle del Borbore e la Valle del Tanaro. Nel 1572 un decreto vescovile approvava la costruzione di un oratorio con altare dedicato a San Martino come sede della Compagnia di disciplinanti laici. I lavori di edificazione durarono dal 1696 al 1721, ad opera dell'architetto Antonio Bertola. La Chiesa della Santissima Annunziata, collocata nei pressi del Castello, diventò quindi sede della Confraternita dei Battuti. Essa disponeva di risorse economiche proprie con le quali effettuò importanti lavori di restauro come il coro ligneo e l'organo nella seconda metà del Settecento e la campana nel 1885. Dall'inizio del XX secolo la chiesa rimase chiusa per alcuni decenni e fu officiata solo in occasione delle festività. Successivamente ebbe una nuova destinazione come salone parrocchiale e richiese numerosi interventi di restauro e di adattamento. La facciata si caratterizza da un semplice rosone affrescato con l'immagine di San Martino. L'edificio, ora sconsacrato, è stato adibito a sala polivalente e utilizzato per le manifestazioni da parte dell'amministrazione comunale e della Pro Loco. Degna di nota è la semplice dimora fatta costruire da Giuseppe Garibaldi nella frazione Saracchi, luogo natale della moglie Francesca Armosino. Una lapide commemora tutt'oggi quel gesto di gratitudine e riconoscenza verso colei che, prima di essere sua legittima consorte, gli era stata al fianco dandogli i tre figli, Clelia, Teresita e Manlio. La parte bassa del ricetto, che si affaccia sulla strada principale tramite il muraglione che cinge il ricetto stesso, ospita una bella esedra ottocentesca con fontana coeva, mentre sulla piazzetta posteriore alla chiesa parrocchiale, accanto al Municipio, un'altra bella fontana, dal gusto più moderno, contribuisce ad abbellire un angolo del paese. La "Bottega del vino" è dedicata ai vini piemontesi e alla promozione del territorio. Ha il compito di valorizzare e promuovere questo importante patrimonio agricolo e culturale, legato alle tradizioni più profonde di queste colline, ma anche aperto all'innovazione tecnico-scientifica. Ha sede presso i locali di proprietà comunale, siti al piano terra del Palazzo Comunale; i locali sono stati completamente ristrutturati e sono costituiti da una sala per degustazione-esposizione, un locale destinato a magazzino e un bagno attrezzato per disabili. Nella sua nuova sede offre il meglio della cultura enogastronomica. La Pro Loco di San Martino Alfieri è una splendida realtà che si concretizza nel 1996; per la verità è la riedizione di un gruppo, molto attivo nei primi anni ottanta, che ha partecipato alle maggiori manifestazioni a livello provinciale. Lo scopo principale è lo sviluppo culturale e turistico mirato principalmente alla valorizzazione delle produzioni locali a favore di quelle aziende, e non sono più molte, che della nostra terra hanno fatto la loro ragione di vita. La principale attività della Pro Loco è l'organizzazione, specie in periodo estivo, delle manifestazioni principali del paese. Ma è a tavola che la Pro Loco riesce meglio a esaltare le proprie doti di ospitalità, mettendo a disposizione dei visitatori i propri prodotti e soprattutto i vini di qualità dei produttori locali. Tra le varie specialità, i piatti proposti più frequentemente sono gli agnolotti al sugo di carne e il gran bollito misto con bagnet. La "Sagra del Barbera" è la festa principale del paese, in svolgimento ogni anno tra la seconda e la terza decade del mese di luglio. Uno spettacolo teatrale in apertura, un grandioso stand gastronomico, con specialità tradizionali piemontesi e vini locali, le serate di musica e balli su palchetto per tutte le età e uno spettacolo pirotecnico conclusivo sono gli elementi caratteristici ormai ben consolidati della manifestazione. Ogni anno, indicativamente tra i mesi di maggio e giugno, è sempre molto gradita la manifestazione denominata "Nel mezzo del cammin... di nostre vigne", passeggiata enogastronomica fra le dolci colline astigiane che sovrastano il Tanaro, con tappe in punti panoramici di assoluta bellezza e originalità. La passeggiata prevede soste presso punti ristoro, in cui verranno offerte animazioni con riproposta di quadri viventi di vita contadina, con degustazione di prodotti gastronomici locali (agnolotti, bollito, salumi, formaggi e antipasti monferrini) abbinati ai prestigiosi vini locali. La manifestazione attira la curiosità di molti turisti italiani e stranieri. Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune. San Martino Alfieri, dopo aver fatto parte per anni dell'Unione di comuni Comunità collinare "Colline Alfieri", dal 1º gennaio 2016 entra a far parte dell'Unione di comuni Comunità collinare "Castelli tra Roero e Monferrato". Negli ultimi cento anni, a partire dal 1921, la popolazione residente si è dimezzata. Abitanti censiti Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su San Martino Alfieri Sito ufficiale, su comune.sanmartinoalfieri.at.it.

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Castello di Govone
Castello di Govone

Il castello di Govone si trova in provincia di Cuneo nel comune di Govone. Fu una delle residenze della casa reale dei Savoia dal 1792 al 1870, dal 1997 è uno degli edifici parte del sito residenze sabaude iscritto alla lista del patrimonio dell'umanità UNESCO, è ora adibito a palazzo comunale. Nella posizione in cui sorge il castello, in cima alla collina, già in epoca medioevale si ergeva una fortezza. Alla fine del XVII secolo i conti Solaro/Solari affidarono all'architetto Guarino Guarini i lavori di ampliamento e di abbellimento del castello. L'architetto preparò dei disegni ma non portò a termine il progetto. I lavori ripresero un secolo dopo da parte dell'architetto Benedetto Alfieri che li ultimò partendo proprio dai disegni del Guarini. Il castello divenne proprietà di casa Savoia nel 1792 e dopo il periodo napoleonico fu scelto come residenza estiva insieme al castello ducale di Agliè. Re Carlo Felice, assieme alla moglie Maria Cristina, fece completamente restaurare il castello agli inizi dell'Ottocento, sulla base di propri disegni. Analogamente si operò sull'adiacente parco dotato di giardino all'italiana. Dalla fine dell'Ottocento il castello - che ha avuto una particolare notorietà per il soggiorno, avvenuto nel 1730, di Jean-Jacques Rousseau, al tempo appena entrato al servizio del conte Ottavio Solaro - è di proprietà del comune di Govone. Dal 2007 fa parte del circuito degli 8 castelli, meglio noto come Castelli Doc. La rete dei castelli include i manieri di Grinzane Cavour, Barolo, Serralunga d'Alba, Govone, Magliano Alfieri, Roddi, Mango e Benevello. È inoltre inserito nel circuito dei "Castelli Aperti" del Basso Piemonte. Come molte altre dimore storiche sabaude del Piemonte, è meta di visitatori richiamati specialmente dal monumentale e scenografico scalone d'onore a due rampe ricco di rilievi e telamoni che provengono dai giardini di Venaria Reale. Alcune sale sono decorate da preziose carte cinesi; il salone da ballo è affrescato con scene riproducenti l'episodio mitologico di Niobe ad opera di Luigi Vacca e Fabrizio Sevesi. Degli stessi pittori sono gli affreschi del grande salone centrale che, con la tecnica trompe-l'œil, simulano la presenza di statue. Moro Laura, 1997, Il castello di Govone - L'architettura, Celid, Torino, ISBN 88-7661-289-0 Moro Laura, 2000, Il castello di Govone - Gli appartamenti, Celid, Torino, ISBN 88-7661-400-1 Residenze sabaude in Piemonte Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su castello di Govone Sito ufficiale, su castellorealedigovone.it. Castello di Govone delle Residenze Reali Sabaude, su residenzerealisabaude.com. Comune di Govone - Scheda del castello, su comune.govone.cn.it. Associazione città e siti Unesco Italiani - Residenze Sabaude, su sitiunesco.it.

Govone
Govone

Govone (Gon [gʊŋ] o Govon [gʊ'ʊŋ] in piemontese) è un comune italiano di 2 228 abitanti della provincia di Cuneo in Piemonte. Fa parte della regione storica del Monferrato e della regione geografica del Roero ed è posto al confine con la provincia di Asti, circa a metà strada fra le città di Alba ed Asti. Il sito è abitato sin dall'epoca romana, col nome di Castrum Solarium come dimostrano numerosi ritrovamenti che si trovano presso il museo "Eusebio" di Alba, ed è citato in documenti altomedievali. Già feudo vescovile astigiano, passato poi alla proprietà dei Solaro. Fu in seguito sede di villeggiatura della casa Savoia nei primi decenni dell'Ottocento. È ora conosciuto soprattutto per il suo castello, presso il quale soggiornò appena diciottenne (anno 1730), il filosofo Jean-Jacques Rousseau, appena entrato al servizio del conte Francesco Ottavio Solaro. Durante la seconda guerra mondiale, nel periodo dell'occupazione tedesca e della Repubblica Sociale Italiana, Michelina Saracco, proprietaria di un servizio di autobus, nascose e protesse nella zona alcuni ebrei, familiari di Vittorio Dan Segre, suoi vicini di casa, salvandoli dalla deportazione. Per questo impegno di solidarietà, il 13 giugno 1988, l'Istituto Yad Vashem di Gerusalemme ha conferito a Michelina Saracco l'alta onorificenza dei giusti tra le nazioni. Già fortezza medioevale, l'antico maniero è oggi adibito a palazzo del comune. Appartenne a casa Savoia dal 1792 al 1870 e, come molte altre dimore storiche sabaude del Piemonte, è meta di visitatori richiamati specialmente dal monumentale scalone d'onore a due rampe ricco di rilievi e telamoni che provengono dai giardini di Venaria Reale. Alcune sale sono decorate da preziose carte cinesi. Il salone da ballo fu fatto affrescare con scene riproducenti l'episodio mitologico di Niobe — ad opera di Luigi Vacca e Fabrizio Sevesi — dal re Carlo Felice che, assieme alla moglie Maria Cristina, agli inizi dell'Ottocento fece completamente restaurare, sulla base di propri disegni, il castello e l'adiacente parco con giardino all'italiana, adibendoli a sede delle sue villeggiature estive. Gli stessi Vacca e Sevesi curarono gli affreschi del grande salone centrale che, giocando sui chiaroscuro della tecnica trompe-l'œil, simulano con realismo l'illusione della presenza di statue. Abitanti censiti Secondo i dati Istat al 31 dicembre 2017, i cittadini stranieri residenti a Govone sono 134, così suddivisi per nazionalità, elencando per le presenze più significative: Dal 2010 Govone è stato scelto come sede degli "Stage Teatro al Castello", evento di formazione teatrale (fra gli insegnanti: Michael Margotta, Danny Lemmo, Giovanna Mulas) L'economia della zona — rivalutata sotto l'aspetto del turismo solo in tempi recenti — è prevalentemente agricola e industriale, con una particolare vocazione alla coltivazione della vite: nella parte collinare del comune vengono infatti prodotti vini rossi: barbera, bonarda, dolcetto, nebbiolo (sia Nebbiolo d'Alba che Roero) e vino bianco arneis mentre nella fertile pianura periferica si producono ortaggi e cereali. Fra marzo ed aprile vi si tiene una manifestazione floreale denominata "Tulipani a corte", abbinata ad una sfilata in costume di truppe militari con vestimenti d'epoca sette-ottocentesca. A Govone sorge una moderna area industriale. Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune. Non esistono attualmente organizzazioni sportive. Boano Cecilia, Govone il mio paese, Boves, Araba Fenice Edizioni, 2011. Borra Edoardo, Govone e il Castello, Borgo San Dalmazzo, Bertello, 1986. Cuniberti Paolo Ferruccio, Orsi, spose e carnevali. Saggi di etnologia del Piemonte 1996-2012, Boves, Araba Fenice, 2013, ISBN 9788866171409. Lissone Sebastiano, Il Comune e il Castello di Govone, Torino, Casanova, 1921. Moro Laura, Il castello di Govone - L'architettura, Torino, Celid, 1997, ISBN 88-7661-289-0. Moro Laura, Il castello di Govone - Gli appartamenti, Torino, Celid, 2000, ISBN 88-7661-400-1. Saracco Antonella, Complice il Castello, Torino, Daniela Piazza Editore, ISBN 88-7889-188-6. Ponchione Ornella, Sedotti e Liberati. Carlo Felice di Savoia a Govone…, in Roero Terra Ritrovata, 2010. Ponchione Ornella, Garibaldi a Govone, in Roero Terra Ritrovata, 2011. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Govone Sito ufficiale, su comune.govone.cn.it. Govóne, su sapere.it, De Agostini.

Antignano
Antignano

Antignano (Antignan in piemontese) è un comune italiano di 956 abitanti della provincia di Asti, nel territorio storico dell'Astesana in Piemonte. Si trova a circa 13 km da Asti, sulla strada che porta da Variglie ad Alba. È un paese piccolo, affacciantesi sulle colline dell'Astesana. Sul suo toponimo la documentazione medioevale propone diverse varianti: si va da Anteljanus, che compare alla fine del X secolo insieme ad Anterjanus, ad Antessianus e ancora Antonianus. Più tardi si è assestato nel nome ufficiale italiano: Antegnanus, Antignanus. Non è ben chiaro a quale nome gentilizio si possa accostare: probabilmente Antenius o Antelius, comunque entrambi di origine latina. Da notare che Antignano è anche un noto quartiere di Livorno. Pare ragionevole ritenere che il nome attuale, anziché da incerta fonte medievale, derivi piuttosto, in modo trasparente e convincente, da quello dei legionari "antesignani" — truppe leggere d'élite, costituenti l'avanguardia di una legione — ai quali l'avamposto di Antignano era stato, fin dal tempo della sua costituzione, affidato dal "municipio" romano — allora una sorta di colonia — nel significato attuale e non romano del termine — con funzioni anche militari) di Hasta Pompeia; e infine, diviso in appezzamenti, ai medesimi legionari veterani trasferito in proprietà, anche in premio del servizio da essI reso in tale rischiosa posizione, confinante con i Celti e i Liguri, ostili e mai del tutto domi; i veterani legionari vi avevano introdotto, con un successo che dura tuttora, la vite, come tutti i veterani romani facevano in mezza Europa. Attraverso i secoli Antignano ha sempre adempiuto a tale vocazione difensiva che ancor oggi si manifesta con i resti del castello sulla sommità del suo colle. Le prime notizie certe si hanno a partire dall'anno 870, quando compare tra i possedimenti di Ludovico II, imperatore del Sacro Romano Impero. Sulla base di recenti studi (prof. Renato Bordone) si pensa che il paese fosse sede di una pieve fino alla fine del X secolo circa, probabilmente la pieve di San Giovanni, chiesa tuttora esistente e vicina al centro del paese, menzionata già in un documento del 964. Partendo dal presupposto che in tutti i paesi la chiesa fosse nel centro abitato, si può ipotizzare che il primo nucleo di Antignano sorgesse attorno alla chiesa di San Giovanni. Nell'anno 1000 venne edificata la nuova chiesa parrocchiale dedicata a santo Stefano, attuale cappella cimiteriale, ed il centro abitato si spostò attorno ad essa. Durante la realizzazione del nuovo centro abitato fu costruito anche il castello, di cui si ha traccia solo in un documento del 1165. Tra il X e XI secolo vennero infeudati come signori del paese i De Antignano, molto legati al vescovo di Asti; si pensa infatti che fino ad allora il paese abbia goduto di una certa libertà d'azione e che, in seguito all'arrivo dei nuovi signori, il suo destino venne legato alle sorti della città di Asti. In un documento del 1159 l'imperatore Federico I Barbarossa annovera tra i luoghi sottomessi al vescovo di Asti anche il paese di Antignano. Nonostante quest'ultimo cercasse di limitare molto le signorie locali, i De Antignano riuscirono comunque a mantenere una certa autonomia: nel 1165 il castello era ancora sotto il loro diretto controllo (a differenza dei vicini paesi di Celle, Revigliasco e Variglie) e come si evince da un documento del 1237 erano signori di quattro vassalli. Quando nel XIV secolo Asti passa sotto gli Orléans, Antignano segue il destino della città e il 18 maggio 1387 giura fedeltà ai nuovi signori. Nel 1419 Giovanni Turco, comandante dell'esercito del signore del Monferrato, dopo aver inutilmente tentato di occupare la cittadella di Asti, assediò Antignano. Sconfitto fu costretto alla fuga e all'abbandono delle macchine d'assedio, che i cittadini Antignanesi portarono in parata per le vie di Asti. Tra la fine del 1400 e l'inizio del 1500 il paese si sposta nell'attuale sito dove viene ricostruito il paese e un nuovo castello; in un documento del 1585 risulta che la chiesa parrocchiale di Santo Stefano fosse ormai all'esterno del paese e in stato di abbandono e che gli abitanti utilizzassero per le funzioni religiose l'oratorio della Beata Vergine Maria, probabilmente la cappella del Castello, demolita nel 1908 ormai pericolante per realizzare l'attuale chiesa parrocchiale. Di questo secondo castello è possibile ancora vedere parte del muro di cinta di fronte alla barocca chiesa di San Rocco. Non si hanno notizie dei signori di Antignano dal XIV secolo fino al 1618. Durante la dominazione Orleanese si pensa che fossero dei podestà ad amministrare il comune, tra i quali venne nominato nel 1386 Francesco Ponte. Nel 1618 Antignano è ormai sotto il controllo dei Savoia che nominano come feudatario Gaspare Berlinghieri. I Berlinghieri terranno il paese fino al 1646 quando passò ai Malabayla o Malabaila. Nel 1700 signori dal paese sono i Roero di San Severino, che dalla metà del XVIII secolo ripassano la signoria ai Malabaila. Nel 1797 Durante i moti rivoluzionari che portarono alla fondazione Repubblica Astese (1797) fu un attivo partecipante un antignanese tale Giuseppe Merlone, poi fucilato assieme agli organizzatori della rivolta il 22 agosto. Il paese tenne un comportamento ambiguo nei confronti della repubblica: infatti i cittadini, nonostante nutrissero un parere favorevole nei confronti dei repubblicani, preferirono non schierarsi dalla parte di questi ultimi per timore delle rappresaglie che ne sarebbero scaturite dai Savoia. Il 18 maggio 1846 Antignano diede i natali a Francesca Armosino. Nata nella frazione Saracchi, al tempo sotto il comune di Antignano e ceduta in seguito a quello di San Martino alla fine del 1880, discendente da una nobile famiglia armena emigrata in Italia per sfuggire alle persecuzioni dei turchi contro i cristiani, Francesca fu l'ultima moglie di Giuseppe Garibaldi, da cui ebbe tre figli: Manlio, Clelia e Rosita (morta a diciotto mesi). Nell'archivio storico del comune sono presenti due lettere riguardanti il Generale. La prima è la missiva inviatagli dalla comunità antignanese per felicitarsi delle nozze con l'Armosino, la seconda è la risposta di Garibaldi alla comunità. Nel 1880 lo stesso Garibaldi venne ad Antignano per visitare le proprietà della moglie. Nei primi anni della seconda guerra mondiale, tra il 1941 e il 1943, Antignano fu uno dei comuni designati come luogo di internamento libero per ebrei stranieri. Vi soggiornarono due nuclei familiari (4 persone in tutto), poi trasferite agli inizi del 1943 al campo di Ferramonti. Lo stemma e il gonfalone del comune di Antignano sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 7 marzo 2001. Abitanti censiti Un evento importante è la Via Crucis che si svolge il venerdì Santo e alla quale partecipano 130 figuranti in costume d'epoca e una cinquantina di tecnici. Ogni anno ad aprile si svolge per le vie del paese una suggestiva rappresentazione: decine di persone in costume ripercorrono i vari momenti della passione di Cristo, dalla preghiera nell'orto di Getsemani fino alla Crocefissione. Tutte le fasi storiche vengono commentate e seguite da una voce narratrice e da tre voci per i dialoghi dei personaggi. Oltre al centro, il comune di Antignano comprende le frazioni di: Perosini, Nicola, Gonella, Morgnano, Montefiglie, Lanci, Genovesi, Marelli e Premes. Antignano è noto, oltre che per la produzione di ottima Barbera e Grignolino, anche per la produzione di un'antica varietà di mais "Mais otto file di Antignano". Nel comune è presente la Riserva naturale delle Rocche di Antignano, facente parte del Parco Paleontologico Astigiano. La riserva si trova presso la frazione Perosini e fiancheggia il corso del fiume Tanaro. Tra il 1882 e il 1935 il comune fu servito dalla tranvia Asti-Canale. Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune. Renato Bordone, Città e territorio nell'alto medioevo. La società astigiana dal dominio dei Franchi all'affermazione comunale. Renato Bordone, Araldica Astigina. Gaspare Bosio, Storia della chiesa di Asti. G. Assandria, Il libro verde della Chiesa di Asti. Gian Secondo De Canis, Corografia astigiana. Antichi cronisti Astesi, edizione Cassa di Risparmio Ai asti. Ada Peyrot, Asti e l'astigiano. Anna Maria Cotto Meluccio, Cartulari notarili dell'Archivio capitolare di Asti. Cartulari notarili dell'Archivio Capitolare di Asti: i registri di Iacobus Sarrachus, notaio del vicario vescovile (1309-1316). Carlo Vassalo e Gabotto F., La chiesa dei Ss. Apostoli in Asti. Stefano incisa e Gabiani Nicola, Rivoluzione repubblica e controrivoluzione de Asti nel 1797: diario sincrono di Stefano Incisa, con documenti inediti Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Antignano Sito ufficiale, su comune.antignano.at.it. Antignano, su sapere.it, De Agostini.

Chiesa dei Santi Cosma e Damiano (San Damiano d'Asti)
Chiesa dei Santi Cosma e Damiano (San Damiano d'Asti)

La chiesa dei Santi Cosma e Damiano è un luogo di culto cattolico di San Damiano d'Asti, situata all'ingresso nord del paese, dove un tempo sorgeva la fortezza edificata dagli astigiani che fondarono il borgo nel XIII secolo. È dedicata ai fratelli martiri Cosma e Damiano. La chiesa che si vede oggi è posizionata trasversalmente, quasi a chiudere l'imboccatura della via principale; il motivo di questa posizione nasce dal fatto che l'entrata delle antiche fortezze non era frontale, ma su un tratto obliquo, cioè un raccordo, il quale si può notare tra il viale di mezzanotte e l'inizio di via Roma. Non si può stabilire con certezza l'anno in cui fu edificata. La prima data più certa è intorno al 1484, quella delle visite pastorali dei vescovi di Asti. Negli anni inoltrati del XV secolo, la chiesa è stata probabilmente elevata a parrocchia. Nel 1584 i parrocchiani chiesero al Prelato che fosse loro concesso il battesimo, in quanto, solitamente, i neonati venivano battezzati nella chiesa di San Vincenzo e nella chiesa di Santa Maria Nuova, e la suddetta richiesta fu accolta; infatti nel 1589 iniziarono i libri dei nati e dei morti. In origine la facciata della chiesa doveva rivolgersi a ponente. In seguito è stata edificata la confraternita dell'Annunziata, bloccando così il lato ovest. Successivamente, anche in seguito all'ampliamento della precedente planimetria, si poterono costruire due lati, dove, su quello meridionale, si realizzò la facciata . Essa non è un'opera di architettura ma un'imitazione caratterizzata da una sovrapposizione di ordini. Il frontespizio è in laterizio intonacato, scandito da lesene, con due nicchie dove sono collocate le due statue dei santi Cosma e Damiano, ai quali è dedicata la chiesa; il portale ligneo centrale e sormontato da un rosone quadrilobato, sopra il quale vi è un affresco raffigurante l'Immacolata Concezione. È importante ricordare che monsignor Ercole Armosio, parroco dal 1927 al 1950, fu colui che volle ripristinare, per primo, la facciata della chiesa. In capo alla chiesa si trova il campanile, interamente in laterizio, che pare esser stato una torre delle antiche fortificazioni, trasformato poi in torre campanaria, dotata di 7 campane in scala Do#3 suonabili elettricamente o manualmente con la tastiera su in cella, qui sotto i dati delle campane: # 0: Achille Mazzola fu Luigi - 1926 - Do#3 # 1: Barigozzi e Marchioni Asti - 1852 - Fa#3 # 2: Barigozzi e Marchioni Asti - 1852 - Lab.3 # 3: Barigozzi e Marchioni Asti - 1852 - Sib.3 # 4: Barigozzi e Fratelli - 1862 - Si3 - AGGIUNTA NEL 2013 # 5: Barigozzi e Marchioni Asti - 1852 - Do#4 # 6: fonditore ignoto - 1937 - Mib.4 - AGGIUNTA EL 2013. Nel 1815, grazie alle offerte dei fedeli e alla cura del prevosto Bussolino, il campanile fu portato a maggior altezza; questa informazione è giunta fino a noi tramite una tavoletta posta sulla scala del medesimo. A destra di esso si trova il coro caratterizzato da una pianta circolare, il cui stile quattrocentesco, fa pensare che, insieme al campanile e a parte del presbiterio, siano la parte più antica della chiesa, essi, infatti costituiscono la pianta primitiva. L'interno è suddiviso in tre navate: quelle laterali più strette, quella centrale più ampia. La navata sinistra è caratterizzata dalla presenza di cinque cappelle. La prima è intitolata a sant'Elisabetta di Portogallo; la seconda intitolata al sacro Cuore di Gesù (l'altare presente in questa cappella anticamente era dedicato a sant'Antonio Abate, il cui possedimento fu determinato da famiglie come i Balsamo, i Ramello, i conti Saluzzo di Monesiglio ed infine dai Berroni). La terza cappella, dedicata all'Immacolata Concezione, venne costruita nel 1732 ampliando quella preesistente più piccola e costruendo la cupola di copertura sulla quale è rappresentata una scena dell'Apocalisse, inoltre nel 1887 fu aumentata la decorazione dorata a cura di Prevosto Teologo Giovan Battista Sardi. La quarta, dedicata al Crocifisso, è caratterizzata da una massiccia presenza di marmo. La quinta cappella, dedicata alla Madonna del Carmine e a sant'Orsola, fu ritrovo spirituale delle figlie di Maria dette orsoline. Nella navata a destra, invece, vi è una sola cappella, dedicata a santa Rita da Cascia. Sempre nella stessa navata sono situati i due portali d'ingresso, tra i quali un tempo si trovava l'altare dello Spirito Santo, ma quando il vescovo Giuseppe Filippo Felissano nel 1743, giunse nella chiesa ordinò la distruzione dell'altare in quanto in cattive condizioni, inoltre l'ultimo altare intitolato al sacro cuore di Gesù è collocato nel presbiterio. La maggior parte delle colonne hanno basi attiche, fusto liscio in marmo e capitello composito; le lesene hanno anche loro capitelli compositi e sono caratterizzate da lastre marmoree policrome. Il coro, posto dietro all'altare, è in legno scolpito; a sinistra di esso vi è la vecchia sacrestia, la quale è stata costruita o rifinita nel 1715, questa informazione è scritta su una rozza tavoletta in terracotta incastonata sul muro esterno della sacrestia. L'organo a canne attuale fu costruito da Francesco Vegezzi Bossi nel 1918 con i materiali dello strumento precedente, datato 1868 e costruito dai fratelli Collino. L'organo è situato all'ingresso di una tribuna lignea realizzata nel 1868 dai falegnami sandamianesi Giovanni, Lorenzo e Vincenzo Calosso, che dimostrarono grande bravura e ottimo gusto artistico. Lo strumento, restaurato nel 2004 dalla casa organaria Brondino Vegezzi Bossi di Centallo, è dotato di due manuali a trasmissione elettropneumatica e pedaliera da 30 pedali. Le canne di facciata sono disposte a cuspide in tre campate. Il pavimento in mosaico è contraddistinto dalla presenza, oltre che ai fregi dorati, di due clipei i quali racchiudono lo stemma vescovile di Giacinto Arcangeli (vescovo di Asti) e lo stemma papale di Leone XIII. Inoltre la decorazione del pavimento fu realizzata per celebrare il giubileo del 1900. Un maestoso pulpito in legno, posto sulla seconda colonna a destra partendo dall'altare, domina la navata e contrasta i colori dominanti dell'intera chiesa (oro, e marmo policromo): esso è stato realizzato da un artista sandamianese. All'interno della prima cappella della navata sinistra è collocato un altare ligneo, sopra il quale una tela di Michelangelo Pittatore, realizzata nel XIX secolo, rappresenta Sant'Elisabetta; l'altare, inoltre, è stato arricchito da un paliotto settecentesco realizzato con scagliola lavorata ad intarsio. È utile dire che questo altare è stato dedicato alla Compagnia delle Umiliate. Nella seconda cappella, sopra un altare marmoreo, vi è una statua di Gesù, sopra il quale vi è una tela che delinea la Madonna attorniata dagli angeli e da altri Santi quali: Sant'Antonio, San Francesco e Santa Margherita da Cortona. La terza cappella ospita una statua della Madonna Immacolata, in legno dorato e dipinto, racchiusa all'interno di una nicchia in vetro; tutto ciò è del periodo ottocentesco. A destra e a sinistra vi sono due affreschi realizzati da Luigi Morgari nel 1895, essi rappresentano Sant'Anna e San Gioacchino (sinistra) e Pio IX che proclama il dogma dell'Immacolata Concezione di Maria. Il resto delle decorazioni, risalenti al Seicento, è dei fratelli Pozzo. Dietro l'altare, intitolato a le compagnie dell'Immacolata Concezione e degli Agonizzanti, vi è una sacrestia. Nella quarta cappella è disposto un dipinto di Cristo Crocifisso, realizzato nel XVII secolo da uno scultore piemontese. Accanto ad esso, probabilmente, erano un tempo collocate due statue in legno dorato, le quali delineavano Giovanni Evangelista e la Madonna. L'altare presente nella cappella è stato commissionato dalla famiglia Migliasso. La quinta è caratterizzata dalla presenza di due affreschi, ai lati dell'altare centrale, che rappresentano alcuni frammenti della vita di Sant'Orsola, essi sono stati realizzati dai fratelli Pozzo e, molto probabilmente, dalla loro scuola. L'intera cappella è dominata dalla statua in legno dipinto della Madonna del Carmine, attribuita a Giuseppe Maria Clemente, datata circa seicento. Anche la sesta cappella è caratterizzata dalla presenza di un altare, sul quale si erge la statua della santa (Santa Rita) alla quale è dedicata la cappella. Il patronato apparteneva alla famiglia Benotto: infatti, all'interno di questa cappella, si trova una tela XVII secolo raffigurante la Madonna col Bambino tra le Santa Caterina da Siena, Santa Lucia, Santa Caterina d'Alessandria e Sant'Agata; in basso, a destra, possiamo quindi notare il committente Don Pietro Benotto in atteggiamento orante. Sulle pareti ai lati dell'altare, all'interno di due clipei, sono raffigurate Sant'Apollonia e Sant'Agnese. Lungo la navata destra si può scorgere una pregevole ed importante Via Crucis, realizzata su lamelle di rame stampato e dipinto da Luigi Morgari nel 1912, mentre, sul fondo della chiesa, è possibile ammirare un quadro che ritrae le anime del purgatorio. La volta della navata centrale fu interamente affrescata, nel XX secolo, da Luigi Morgari; questi affreschi rappresentano i Santi Cosma e Damiano che guariscono miracolosamente i malati, mentre, sull'arco trionfale, vi è il Santissimo Sacramento con intorno san Tommaso d'Aquino, san Silvestro, sant'Agostino, san Leone Magno e san Girolamo. Vittorio Croce (a cura di), Tra Gotico e Neogotico. Le chiese parrocchiali astigiane, Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, Banca C.R.Asti Asti 2012 pp. 314–315. Anna Maria Cirio (a cura di), Conoscere San Damiano, un po' come conoscere una persona cara, San Damiano d'Asti 1996 pp 73–77. Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo della chiesa Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa dei Santi Cosma e Damiano

Chiesa di San Giuseppe (San Damiano d'Asti)
Chiesa di San Giuseppe (San Damiano d'Asti)

La chiesa di San Giuseppe è situata sulla piazza principale del comune di San Damiano d'Asti, in provincia di Asti. È in stile barocco e risale al XVIII secolo; da sempre ospitante la confraternita di San Giuseppe, oggi, dopo la soppressione della confraternita, l'edificio è utilizzato dalla parrocchia di Santi Cosma e Damiano. La chiesa di San Giuseppe, situata sulla piazza centrale del comune di San Damiano d'Asti, è una delle maggiori costruzioni barocche piemontesi risalente al XVIII secolo. Questo edificio ha sempre ospitato la Confraternita di San Giuseppe, conosciuta come Compagnia degli Angeli, precedentemente istituita nel 1563. Le scarse informazioni storiche riguardanti le sedi originarie sono dovute alla perdita degli antichi libri, appartenenti alla confraternita, durante il governo francese. Originariamente la sede della confraternita era situata in una cappella già esistente, ma nel 1565 venne trasferita accanto alla torre dell'orologio pubblico in piazza Libertà. I lavori di ricostruzione in stile barocco iniziarono nel 1700 e si protrassero fino al 1715. Da poco la confraternita è stata soppressa e l'edificio è utilizzato dalla Parrocchia di Santissimi Cosma e Damiano. L'ultimo restauro risale al 2012 per opera dell'architetto Giuseppe Ramello Si tratta di una costruzione edificata su due livelli che presenta lesene verticali e orizzontali che arricchiscono se pur sobriamente il fronte. Al piano terra è presente un porticato, mentre ai livelli superiori si trovano camere adibite a locali tecnici. La facciata della chiesa, slanciata verso l'alto per ragioni di spazio è stata ideata per far risaltare il portale ligneo del frontespizio e la finestra centrale a quattro lobi. Sopra si erge un tiburio ottagonale, dove ogni lato è dotato di un'apertura a tutto sesto contenente parti visibili di cupola, decorate con 3000 squame di cotto a tre colori (rosso giallo e verde) e finestre mistilinee. La sormonta una lanterna a sei aperture, coronata a sua volta da un cupolino. A destra della facciata si innalza il campanile comunale risalente al 1700, che sovrasta l'antica torre dell'orologio; il progetto fu ideato dall'architetto Filippo Castelli. Il campanile di forma quadrangolare presenta la medesima altezza della cupola ovvero all'incirca 28 metri ed è diviso tramite fascette in diverse sezioni. La pianta della chiesa è costituita da due figure ellissoidali, di cui la più grande rappresenta il corpo della chiesa, mentre la più piccola il coro; tra queste vi è un rettangolo nel quale sorge l'altare maggiore. Al di sopra dell'ellisse maggiore sorge, a 20 metri d'altezza, una cupola decorata con Storie della vita di San Giuseppe rappresentanti da sinistra Il matrimonio del santo, Sogno con apparizione dell'angelo, La fuga in Egitto e La morte di San Giuseppe. La base della cupola presenta un ballatoio praticabile, costituito da un cornicione con un parapetto in ferro. Al di sopra del ballatoio si trova un tamburo con 8 finestroni, di cui 4 reali e 4 a trompe-l'œil. Successivamente si presentano le 8 vele a cassettoni fioriti, che contengono gli affreschi sopra citati. Tutte le decorazioni ad affresco sono da attribuire ai fratelli Pietro e Antonio Pozzi di Bergamo, che vi lavorarono per 4 anni, dal 1741 al 1744. L'ordine architettonico ricorrente è il corinzio, caratterizzato dall'utilizzo di foglie di acanto nei capitelli. I pennacchi sovrastanti presentano raffigurazioni dei 4 continenti allora conosciuti, personificati da figure femminili adagiate su nuvole. La donna rappresentante l'Europa reca in mano la Croce, le Chiavi, una Cornucopia e ai suoi piedi vi sono libri e carte musicali. L'Asia porta piume, profumi, coralli e pietre preziose. L'Africa è l'unica figura con carnagione scura, ai cui piedi vi sono incatenati uno schiavo e un leone. L'America è invece una cacciatrice parzialmente nuda con una freccia nella mano. Il tema delle 4 parti del mondo conosciute ha valenza di dimostrare l'espandersi del messaggio religioso, ciò nonostante non è un tema completamente innovativo, in quanto già affrontato nell'antichità classica e presente in altri edifici quali Palazzo Reale e Chiesa della Missione di Mondovì. Ulteriormente al di sopra della cupola, si presenta un cupolino raffigurate un trionfo. Il medaglione al di sopra dell'altare maggiore presenta un affresco raffigurante il trionfo della Religione con l'Esaltazione della Croce. I fratelli Pozzi scelsero di adottare il cielo come sfondo, da cui si irradia la luce e sul quale angeli e putti trasportano una grande croce lignea. Il coro sul fondo della Chiesa è caratterizzato da una serie di banchi posti a semi-ellisse su tre file di cui solo quella affiancante il muro presenta un alto schienale con decorazione a rombi. Al centro è posto il sedile destinato al priore presentante lo schienale più alto diviso in tre parti da colonnine tortili. L'inginocchiatoio del sedile del priore presenta la firma del probabile autore, Pavarino Carlo, e data di realizzazione 1816. Alle pareti del coro sono affrescate le 4 virtù cardinali e al di sopra si può ammirare il quadro della Presentazione di Gesù bambino al Tempio. Alle spalle del quadro è situata una nicchia contenente un teschio identificabile nel priore o in un nobile sandamianese. Nella volta del coro è dipinta l'Apoteosi di San Giuseppe il quale, ormai vecchio, viene trasportato verso il Paradiso da una nuvola sospinta da angeli alati. Tra le due figure ad ellisse che compongono la pianta della chiesa, si trova un raccordo rettangolare con soffitto a baldacchino, dov'è collocato l'altare maggiore, posto su due scalini di marmo e una pedana in legno. L'altare è formato di piani digradanti terminanti in volute a ricciolo. I piani verticali sono formati da tarsie di marmi a più colori. Al centro il tabernacolo al di sopra del quale vi è una croce lignea dorata circondata da candelabri dorati. Sotto il piano d'appoggio vi è un angelo alato in marmo. L'altare risale probabilmente al 1700, ma altri abbellimenti sono stati inseriti nel 1785. Nella parte principale della chiesa, a destra e a sinistra delle pareti leggermente incurvate, si trovano due cappelle. Quella di sinistra dedicato al patrocinio di San Giuseppe, mentre quella di destra dedicata a Sant'Avertino, protettore del mal di testa, con corrispondente quadro a lui dedicato. Felice Daneo, Il Comune di San Damiano d'Asti, notizie storico statistiche, Torino, Tipografia G. Derossi, 1888 Anna Maria Cirio, Conoscere San Damiano, San Damiano d'Asti, Litografia Gielle, 1996 Cesare Romanello, La SS. Annunziata di San Damiano d'Asti, San Damiano d'Asti, Litografia Gielle, 1995 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Giuseppe

San Damiano d'Asti
San Damiano d'Asti

San Damiano d'Asti (San Damian d'Ast in piemontese) è un comune italiano di 10 426 abitanti della provincia di Asti in Piemonte. Situato a 15 km dal capoluogo provinciale (Asti), a 45 da quello regionale (Torino) e 50 km da Cuneo, il comune di San Damiano d'Asti è un paese dell'alto Monferrato, quasi al centro delle Colline Alfieri, territorio costituito dai lembi estremi delle Langhe e del Monferrato. L'abitato si distende su una bassa collina (il punto più alto raggiunge i 339 metri) sul lato sinistro del torrente Borbore ed è costituito da tre grossi borghi sviluppatisi intorno al centro storico: Borgo Rondò a nord-est verso Asti, Borgo Piano a ovest e Borgo San Rocco a sud. Tra i vigneti delle colline circostanti sono disseminati i numerosi casali e frazioni del paese. Corsi d'acqua: torrente Borbore, rio Valmaggiore, rio Maggiore, rio Coasso, rio Blesio, rio Cravina, rio di Priocca, rio Sghiarotta. Classificazione sismica: zona 4 (sismicità irrilevante), Ordinanza PCM n. 3274 del 20 marzo 2003, aggiornata al 16 gennaio 2006. Classificazione climatica: E (i Gradi giorno della città sono 2.632 e il limite massimo consentito per l'accensione dei riscaldamenti è di 14 ore giornaliere, dal 15 ottobre al 15 aprile), DPR n. 412 del 26 agosto 1993. Nel 1275, durante il conflitto tra la Repubblica di Genova e Carlo d'Angiò, gli astesani conquistarono e rasero al suolo i castelli di Gorzano, Castelnuovo, Lavezzole e Marcellengo nella valle del Borbore; nei dintorni fondarono un nuovo borgo in cui furono costretti ad abitare i paesani dei villaggi distrutti. L'insediamento prese il nome di San Damiano da una preesistente chiesetta dedicata a quel santo e da allora rimase sempre fedele al comune di Asti. Dalla metà del XIV secolo San Damiano fu annessa agli stati monferrini di cui seguì le alterne vicende nelle guerre con i Visconti di Milano, i principi di Savoia-Acaia e nelle cosiddette "guerre di preponderanza" fra Spagna e Francia. Il trattato di Cherasco del 7 aprile 1631 e il successivo trattato di Mirafiori (1632) assegnarono San Damiano d'Asti a Casa Savoia che vi infeudò i marchesi di San Martino d'Agliè, cui seguirono gli aleramici conti Carlevaris (la loro residenza è l'attuale Palazzo Comunale). Da allora la storia di San Damiano d'Asti coincise con quella del regno di Sardegna prima e del regno d'Italia poi. San Damiano d'Asti è inoltre città di origine della famiglia nobile Roberti di Castelvero. Lo stemma, il gonfalone e la bandiera del comune di San Damiano d'Asti sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 7 marzo 2001.. Il gonfalone è un drappo partito di rosso e di azzurro. Il 14 febbraio 2018 le è stato conferito il titolo di città dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il centro storico rispecchia l'originario Sancti Damiani Oppidum, la villa nova realizzata nel 1275-1276 dal genovese Oberto Spinola, allora Capitano del Popolo di Asti, come un accampamento militare romano. Ha la tipica maglia ortogonale incentrata sulla Contrada Maestra (attuale via Roma), intersecata a distanza regolare da dieci contrade minori, e chiusa sui quattro lati dalle mura (che si conservano quasi intatte sul lato orientale) con altrettanti argini difensivi (gli attuali baluardi Magenta, Solferino, Montebello e Palestro, divenuti viali alberati a tigli e platani), torri e un castello. La villa nova aveva due sole porte d'accesso: Porta Sottéra, verso Asti, e Porta Sovéra al capo opposto, verso Alba. Nel Quattrocento il castello e le fortificazioni di Porta Sottéra vennero riutilizzate trasformandole nella chiesa parrocchiale dei Santi Cosma e Damiano e nel suo campanile (all'interno è conservato un coro ligneo circolare quattrocentesco). Chiesa dei Santi Cosma e Damiano Chiesa di San Giuseppe Castello di Lavezzole Abitanti censiti Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2018 la popolazione straniera residente era di 1.292 persone, pari al 15,6 % della popolazione residente. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione straniera erano: Romania 830 (64,24%) Albania 168 (13%) Marocco 104 (8,05%) San Damiano è uno dei 7 comuni che partecipano al Palio di Asti. È una festa che culmina la prima domenica di settembre con la corsa dei cavalli montati "a pelo", cioè senza sella, in piazza Alfieri ad Asti. I partecipanti (o confratelli) sono in totale 21, di cui 7 comuni e 14 rioni e borghi cittadini. Nell'antichità la confraternita di S.Giuseppe di San Damiano d'Asti vinse il Palio il 27 aprile 1749 con il fantino Antonio Ranco. In epoca moderna il comune di San Damiano d'Asti ha vinto il Palio nel 2011 con il fantino Massimo Coghe. Le colline della zona, coltivate a frutteti, prati e vigneti, sono il principale fattore economico del paese, dedito soprattutto all'agricoltura e rinomato per la produzione di uva (barbera, bonarda e freisa), frutta (pere, mele e pesche), ortaggi (cardo, sedano e peperone), miele, tartufi, per l'allevamento del bestiame (cappone di San Damiano d'Asti, bovino piemontese) e, un tempo, per la sericoltura. Vi operano anche piccole e medie industrie tessili, metalmeccaniche e alimentari. Tra il 1882 e il 1935 San Damiano d'Asti fu servito dalla tranvia Asti-Canale. L'attuale stazione ferroviaria, situata lungo la linea Torino-Genova, si trova ad alcuni chilometri dal centro, nella frazione astigiana di Vaglierano Basso. Fu costruita a servizio dell'ex comune di Vaglierano ma, dopo la sua soppressione, assunse l'attuale denominazione. Strade Provinciali San Damiano d'Asti è collegata al comune di Asti attraverso la Strada Provinciale 58. Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune. San Damiano d'Asti è gemellato con: Kriens, dal 1998 Septèmes-les-Vallons San Damiano d'Asti ha fatto parte della comunità collinare "Colline Alfieri", e in seguito della comunità collinare "Terre di vini e di tartufi", insieme ai comuni di Celle Enomondo, Tigliole e Revigliasco d'Asti. Ha sede nel comune la società di calcio A.S.D. Spartak San Damiano, che milita nel campionato di calcio di Prima Categoria 2021-2022. La società venne fondata nel 1992 dall'unione di due squadre rivali di due frazioni di San Damiano d'Asti. Stadio Comunale Norino Fausone: è l'impianto sportivo più grande della città, sede delle partite interne dello Spartak San Damiano. La tribuna può ospitare fino a 500 spettatori. Campo sportivo Vittorio Alfieri: è il campo di allenamento dello Spartak San Damiano e del settore giovanile della società. Bocciodromo Comunale di San Damiano d'Asti: in questo bocciodromo si svolgono le partite dell'Unione Bocciofila Sandamianese, squadra di bocce principale della città. U.S.D. Nova Colligiana (calcio) A.S.D. Sandambasket (pallacanestro) A.S.D. Tennis Club San Damiano (tennis) A.S.D. Cobra Kombat(boxe) Unione Bocciofila Sandamianese (bocce) A.S.D. Sandamiano Rally il Grappolo (Rally) Monica Agnoletti, I festeggiamenti sandamianesi: il Palio dei borghi, tesi di laurea, Università degli studi di Torino, facoltà di lingue e letterature straniere, scienze del turismo, anno accademico 2006-2007. Consultabile on line. Felice Daneo, Il comune di San Damiano d'Asti: notizie storico-statistiche, Torino, Derossi, 1888. Natale Ferro (a cura di), Gli antichi cronisti astesi Ogerio Alfieri, Guglielmo Ventura e Secondino Ventura. Secondo il testo dei "Monumenta historiae patriae" volume 5, Scriptores tomo 3, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 1990. Provincia di Asti Asti Palio di Asti Stazione di San Damiano d'Asti Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su San Damiano d'Asti Sito ufficiale, su comune.sandamiano.at.it. San Damiano d'Asti, su sapere.it, De Agostini. Comitato Palio San Damiano, su nuke.sbandieratorisandamiano.it. URL consultato il 22 giugno 2008 (archiviato dall'url originale il 5 aprile 2009). ProLoco di San Damiano d'Asti, su prolocosandamiano.it. URL consultato il 18 agosto 2009 (archiviato dall'url originale il 5 agosto 2009).