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Castel d'Azzano

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Castel d'Azzano (Asàn, Sàn o Castel d'Assàn in veneto) è un comune italiano di 12 075 abitanti della provincia di Verona in Veneto.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Castel d'Azzano (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Castel d'Azzano
Via San Martino,

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37060
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Luoghi vicini

Chiesa della Madonna di Lourdes (Vigasio)

La chiesa della Madonna di Lourdes è la chiesa parrocchiale di Forette, frazione del Comune di Vigasio, in provincia e diocesi di Verona; fa parte del vicariato di Villafranca-Valeggio, precisamente dell'Unità Pastorale Castel d'Azzano-Vigasio. La chiesa, sede della parrocchia di San Martino di Forette, fu edificata tra il 1957 e il 1958 su progetto dell'architetto Gelindo Giacomello. L'edificio sacro sostituì la vecchia chiesa del paese, divenuta parrocchiale il 24 marzo 1930, chiusa al culto e divenuta teatro parrocchiale nel 1961. Nel 1960 fu posato il pavimento del presbiterio, mentre nel 1961 fu terminata la pavimentazione dell'aula. Martedì 11 febbraio 1964 la chiesa fu consacrata dal vescovo di Verona (in seguito Venerabile) Giuseppe Carraro. Nel pomeriggio dello stesso giorno, il presidente della Commissione diocesana per la musica sacra, mons. Perobelli, benedì e inaugurò l'organo della ditta Fratelli Marchiori di Padova La facciata a capanna, rivolta a nord e anticipata da un'ampia scalinata, presenta una grande parabola rovesciata, al cui interno, retto da sei pilastrini, vi è un porticato che protegge il portale rettangolare. Sopra il porticato sei monofore a parabola rovesciata introducono la luce naturale all'interno dell'edificio, mentre sul vertice della facciata è presente una croce metallica. Sopra le monofore, di recente, è stata dipinta su muro un'immagine della Madonna di Lourdes. La pianta della chiesa è a croce latina, con un'unica navata e ampio transetto. Sulla navata si aprono, quattro per lato, le cappelle laterale, caratterizzate dai loro archi a parabola rovesciata. A introdurre la luce naturale vi è una serie di monofore con arco a tutto sesto nella zona superiore delle pareti laterali e del transetto. La copertura della navata, come quella del presbiterio, è composta da due falde in latero-cemento, con travetti in cemento armato a vista che la reggono. La pavimentazione è lievemente inclinata verso il presbiterio ed è composta da lastre rettangolari di marmo biancone della Lessinia, con due ampi settori, coincidenti con le zone occupate dai banchi, pavimentate con lastre di marmo rosso Verona e bordate in marmo giallo. Anche le cappelle laterali sono pavimentate in rosso Verona con soglia in marmo giallo. Ai fianchi del presbiterio altre due cappelle laterali: a sinistra quella del Sacro Cuore di Gesù, a destra quella della Madonna di Lourdes. Il presbiterio è a pianta quadrangolare, di sei gradini, in marmo rosso Verona, più alto rispetto alla navata, ed è chiuso, pur separato da essa da un'arcata, da un'abside a sviluppo poligonale a cinque lati su cui è affrescata la Madonna di Lourdes. Il primo gradino si prolunga verso la navata ed è esteso per l'intera larghezza del transetto. Il presbiterio subì ben presto un intervento di adeguamento liturgico post Concilio Vaticano II. Fu collocato un altare maggiore fisso in marmo rosso Verona e realizzati due avancorpi ai lati della scalinata, con parapetto in ferro, dove furono collocati un pulpito a destra e l'ambone a sinistra, mentre l'altare maggiore preconciliare e il tabernacolo furono conservati. Nel 2013 fu eliminato l'avancorpo destro e ridotto quello sinistro, sul quale è stato collocato un nuovo ambone in marmo rosso Verona con due parapetti laterali in marmo bianco. Inoltre, in tale occasione, è stata riposizionata la sede del presidente a lato dell'altare e spostato il fonte battesimale, in marmo rosso Verona, sul prolungamento del primo gradino del presbiterio, in posizione laterale. In precedenza si trovava nella prima cappellina a sinistra dell'ingresso. La pavimentazione del presbiterio è in marmi compositi, dalle lastre di marmo biancone a quelle di breccia rosata con profili in marmo bianco. Sul lato est del presbiterio vi è la sacrestia, mentre sul lato ovest la cappella feriale, realizzata nel 2008. Il campanile, costruito nel 1984, fu collocato sul fianco orientale della chiesa, in linea con la facciata, presenta una pianta quadrangolare ed un fusto rastremato verso l'alto, richiamando la parabola rovesciata più volte visibile nell'edificio e in facciata. La struttura è interamente in cemento armato salvo la porzione centrale del fusto rivolta verso settentrione, rivestita in mattoni a vista. Sui lati est e ovest vi sono alcuni piccoli oculi a dar luce ai piani. La cella campanaria è a tre piani e la torre risulta coronata da una croce metallica. Il concerto campanario è composto da 8 campane in LAb3 montate alla veronese ed elettrificate. Questi i dati del concerto: 1 – LAb3 – diametro 906 mm - Fusa nel 1985 da Mazzola di Valduggia (VC) 2 – SIb3 – diametro 808 mm - Fusa nel 1985 da Mazzola di Valduggia (VC) 3 – DO4 – diametro 713 mm – Fusa nel 1985 da Mazzola di Valduggia (VC) 4 – REb4 – diametro 672 mm - Fusa nel 1985 da Mazzola di Valduggia (VC) 5 – MIb4 – diametro 605 mm - Fusa nel 1985 da Mazzola di Valduggia (VC) 6 – FA4 - diametro 535 mm - Fusa nel 1985 da Mazzola di Valduggia (VC) 7 – SOL4 – diametro 470 mm - Fusa nel 1985 da Mazzola di Valduggia (VC) 8 – LAb4 – diametro 440 mm - Fusa nel 1985 da Mazzola di Valduggia (VC). Pag. 6, Forette di Vigasio. Consacrazione della nuova chiesa e inaugurazione del nuovo organo, in Verona Fedele, 9 febbraio 1964. Chiesa della Madonna di Lourdes, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Alpo (Villafranca di Verona)
Alpo (Villafranca di Verona)

Alpo è una frazione del comune di Villafranca di Verona, in provincia di Verona. Alpo è a 10 chilometri a sud-ovest da Verona. È in posizione intermedia fra il suo capoluogo di provincia e Villafranca di Verona. È attraversato dall'autostrada A22 del Brennero. La stazione ferroviaria più vicina è a Dossobuono (che si trova sulla linea ferroviaria Verona - Mantova). Alpo si trova a circa 4 chilometri dall'aeroporto di Verona-Villafranca "Valerio Catullo". Il paese in principio si chiamava San Zuane in Campagna. Prese il nome di Alpo nel 1362, quando un Signore di nome Niccolò Dell'Alpo donò alla chiesetta di allora le sue terre (44 campi veronesi) a condizione che la borgata fosse chiamata con il suo nome. In quel tempo a Verona e nelle terre vicine comandavano gli Scaligeri. Divenne feudo sotto la giurisdizione dei Dal Verme che fu poi smantellato in epoca veneta. Nel 1405, con Verona, anche Alpo passò alla Repubblica di Venezia che dominò 400 anni. Al dominio di Venezia seguì quello di Napoleone, poi quello austriaco finché nel 1866, con la terza guerra d'indipendenza si unì al Regno d'Italia. La Chiesa di Alpo, dedicata a San Giovanni Battista è l'edificio più antico e importante di Alpo. La costruzione, in stile neoclassico, fu iniziata nel 1750 e terminata nel 1772. Fu consacrata nel 1774 dal vescovo veronese G. Battista Morosini. Sorge a fianco della chiesetta che esisteva prima, che fu costruita nel 1400 e che ora viene utilizzata come chiesetta invernale. A destra della chiesetta invernale c'è la canonica. La chiesa è lunga 28 m, larga 15 m e alta circa 10 m; la porta principale è in rame e ferro battuto ed è stata realizzata da due artigiani della zona nel 1971. In fianco alla chiesa si erge il campanile, costruito circa 100 anni più tardi; ha base quadrata (circa 4 m per lato) ed è alto 42 metri. Nell'estate del 2006, la Croce posta in cima al Campanile viene colpita da un fulmine che la fa crollare a terra, danneggiando anche parte del Campanile stesso; seguono l'inizio dei lavori per il ripristino della Croce e la ristrutturazione del Campanile, terminati marzo 2009. Il 13 giugno 1848, durante la battaglia di Custoza, Carlo Alberto pernottò nel palazzo Magalini. A ricordo di questo fatto esiste ancora una targa, posta sul muro, verso la via che gli è stata dedicata. Oltre a Casa Magalini ci sono altre dimore storiche ad Alpo: casa Bortolani a Cadellora, casa Dal Santo ad Alpo Sud, casa Dal Bosco e corte Dall'Oca ad Alpo nord, Casa Nicolis al Comotto e casa Scaravonati al Chiodo. Il 31 luglio è festa votiva a ricordo del voto fatto dai paesani alla Madonna che fece cessare il colera (1831). Ogni anno vengono organizzate varie manifestazioni popolari: Sagra dell'Alpo, organizzata dal Comitato Sagra, nel terzo fine settimana di giugno, presso il piazzale della Chiesa e il Circolo Noi (negli ultimi anni viene svolta sull'area comunale fronte scuola primaria) Festa Country, organizzata dal Circolo Noi, nel secondo fine settimana di settembre, presso il piazzale e il prato del Circolo Noi. Festa dello sport, organizzata dalla Polisportiva Alpo, nel terzo fine settimana di maggio, presso gli impianti sportivi. Festa de la "Vecia", manifestazione enogastronomica in occasione del 6 gennaio, presso il piazzale e il prato del Circolo Noi. Festa del Salame, organizzata dall'Eletta Confraternita del Salame, il 1º maggio. Carnevale, sfitata di carri e gruppi maschere. Ad Alpo è attivo un comitato Carnevalesco denominato I Signori dell'Alpo che realizza un carro allegorico ogni anno. Il gruppo partecipa alle numerosissime sfilate della Provincia di Verona. La maschera dell'Alpo Muso da du Musi, è per la prima volta rappresentata al Carnevale di Verona degli anni trenta. Il muso da du Musi sta a rappresentare che non sempre ciò che si vede è quello che noi siamo, i due volti sono infatti l'esternazione del bello e del brutto, del buono e cattivo, legati agli stati individuali di gioia, dolore, piacere ed amore. Carri allegorigi realizzati: 1999 Le Api! " Anno di fondazione del gruppo e prima partecipazione alle sfilate con un carro ereditato dal "Palio delle Contrade" che si svolgeva in occasione della Sagra a giugno 2000 La Balena Di Pinocchio 2001 Gli Indiani 2002 Cristoforo Colombo (prima comparsa al Carnevale di Verona) 2003 La Storia Del Mondo 2004 I Pirati della Parmalat alla ricerca dei tesori perduti 2005 PETER PAN; 2006 STAR TREK, l'alternativa alla Zona Traffico Limitato; 2007 L'ERA GLACIALE (vincitore del premio Bogon D'oro); 2008 SHREK; 2009 KUNG FU PANDA (vincitore del premio Bogon D'oro); 2010 PINOCCHIO Zero in condotta!; 2011 THE SIMPSON Il nucleare in Italy (vincitore del premio Bogon D'oro); 2012 ADESSO BASTA!...ALTRIMENTI CI ARRABBIAMO! 2013 ITALIANI MESSI DA CANI 2014 STIAMO AFFONDANDO TUTTI SULLA STESSA BARCA 2015 80° DI BRACCIO DI FERRO - CERCASI PENISOLA FELICE Ogni estate, durante tutto il mese di luglio ad Alpo si tiene il Gr.Est. Ogni anno vi sono moltissime adesioni ed è un evento molto sentito. Associazione Nazionale Alpini sez. di Alpo, con sede in Via L. Bassani, 69. Fidas sez. Alpo, con sede in Via Principe Federico di Saluzzo, 49. Polisportiva Alpo con sede in Via E. Piazzola, 1. Circolo Noi, con sede presso il Circolo San Gaspare Bertoni, Via Carlo Alberto, 19 Associazione Culturale Musicale "MUSIC ACADEMY", con sede in via Principe Federico di Saluzzo, 22 Ad Alpo è presente la Polisportiva Alpo che raggruppa le associazioni sportive di vari discipline: Calcio, Alpo Lepanto (1ª categoria) Pallacanestro, Alpo Basket 99 (serie A1 femminile) Pallavolo, DualVolley Altre associazioni sportive: Tennis - A.T. Alpo Calcio, Alpo Club 98 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Alpo

Dossobuono
Dossobuono

Dossobuono (Dossobon in veneto, AFI: doso'bon) è la più popolosa frazione del comune di Villafranca di Verona, in provincia di Verona, con oltre 7 000 abitanti. Posto a circa metà strada fra Verona e Villafranca, dal secondo decennio del XXI secolo ha conosciuto un notevole incremento della popolazione. La prima documentazione storica che riguarda questa località si trova in una pergamena, conservata all'Archivio di Stato di Verona, e risale all'anno 1037, quando tre cittadini di Verona, rispettivamente di legge salica, di diritto romano e di legge longobarda, fecero dono all'abbazia di Nonantola di una pezza di terra aratoria e prativa nel fondo detto Puviliano, nella località chiamata Dossobono. Altri documenti successivi confermano per il medioevo la presenza di una domus dei Templari, e di proprietà fondiarie appartenenti alla famiglia Dal Verme, al monastero di S. Domenico, all'ospedale di S. Giacomo alla Tomba. Nel 1311 vi è notizia della costruzione di una chiesa, dedicata a S. Maria Maddalena, su un terreno appartenente alla chiesa cittadina di S. Nicolò, terreno che sarà acquistato nel secolo XV dalla famiglia Vertua. È però a partire dal 1500 che le notizie sul territorio divengono più copiose e continuative. Una fonte importante sono infatti i verbali delle visite pastorali che i vescovi di Verona facevano periodicamente a tutte le chiese del territorio. La prima visita documentata, a cura del vescovo Gian Matteo Giberti, alla chiesa di S. Maria Maddalena risale al 1526 quando dipendeva ancora dalla pieve di S. Pietro di Villafranca, dipendenza durata fino al 1585 quando venne eretta in parrocchia con circa 150 abitanti. Facevano infatti riferimento a questa chiesa le contrade della Maddalena, della Torre, di Dossobuono, di Calzoni e di Caselle. Un avvenimento importante fu nel 1517 l'attuazione a Dossobuono del trattato di Noyon firmato il 6 dicembre 1516 dall'imperatore Massimiliano I, dal re Francesco I di Francia e da Carlo V re di Spagna. Secondo questo accordo Verona, che era stata conquistata dagli imperiali, sarebbe stata restituita ai Veneziani dietro pagamento, in due rate, di 20 000 scudi d'oro. Le Trattative, come racconta Francesco Guicciardini nel capitolo XXII del libro XII della sua Storia d'Italia, iniziarono il 5 gennaio 1517 e si svolsero a Dossobuono ed ebbero per protagonisti il vescovo di Trento Bernardo Clesio, il comandante francese Odet de Foix visconte di Lautrec, Gian Giacomo Trivulzio comandante delle truppe veneziane e i due provveditori veneti Andrea Gritti e Giovanni Gradenigo. L'accordo fu firmato il 13 gennaio a Dossobuono. Proprio per compensare l'ospitalità offerta sulla propria terra dalla famiglia Vertua in occasione di questa trattativa, la repubblica di Venezia concesse uno degli ultimi benefici feudali. I successivi secoli XVII e XVIII vedono l'affermazione di alcuni grandi proprietari terrieri. Tra questi: la famiglia Pantini con oltre 500 campi di terra soprattutto a Calzoni, la famiglia Vertua con circa 400 campi di terra, la famiglia Zignoli - Alessandri con oltre 500 campi. Altri proprietari erano la Commenda dei Santi Vitale e Sepolcro, la famiglia Maffei con circa 200 campi, la famiglia Pindemonte con 100 campi e il monastero di Santa Maria degli Angeli con circa 200 campi. Il territorio di Dossobuono era quindi costituito da più nuclei che avevano diverse appartenenze amministrative. Vi era infatti la contrada della Maddalena, nella zona attorno al campanile, che era feudo della famiglia Vertua ed era sede della chiesa parrocchiale, luogo d'incontro della comunità. Vi era poi la contrada di Dossobuono, tra le attuali via Cavour, viale Europa e via Vertua, che faceva parte del territorio del comune di Villafranca assieme alla contrada di Calzoni. Vi era infine la contrada della Torre di Dossobuono, con autonomia amministrativa, facente parte delle Ca' di Campagna nel territorio del comune di Verona. Una lotta secolare fu quella che contrappose la popolazione di Dossobuono alla famiglia Vertua per il diritto di nomina e mantenimento del parroco. Dopo aver adito le vie legali, finalmente nel 1681 una sentenza del patriarcato di Aquileia stabilì che la famiglia Vertua, in quanto proprietaria della chiesa aveva il diritto di scegliere e presentare al vescovo il parroco, mentre gli abitanti di Dossobuono potevano convenzionarsi con il parroco scelto dal Vertua o scegliersi un loro sacerdote che officiasse e amministrasse i sacramenti per loro. Questa decisione non risolse la questione che si trascinò fino alla fine del secolo XIX quando, estintasi la famiglia Vertua, subentrò la famiglia Alessandri che cedette al vescovo di Verona il diritto di giuspatronato sulla chiesa di Dossobuono. Dal punto di vista amministrativo, dopo le riforme napoleoniche, con il ritorno degli austriaci e la sistemazione del territorio del regno Lombardo-Veneto, Dossobuono, nel 1818 fu definitivamente aggregato al comune di Villafranca di Verona. Un'epidemia di colera scoppiò nel 1836 provocando la morte di 40 persone e accelerando i lavori di costruzione del nuovo cimitero che fu inaugurato il 6 maggio 1839. Nel 1848 la prima guerra di indipendenza si fece sentire con le sue violenze. Il parroco infatti lamenta da parte dei soldati “il rubamento continuo di polli, de' maiali, delle pecore, de' cavalli e de' bovi; a tacere del denaro che colla spada al collo e col fucile al petto... pretendono violentemente per forza”. I soldati austriaci infatti “sotto il pretesto di cercar piemontesi, fanno esame entro alle più piccole casse, entro ai calti delle tavole ed armadj e comò, per rubare quello che a loro piace meglio”. Altre tristi vicende colpirono il paese nel 1854 e 1855: furono rispettivamente una carestia e una nuova epidemia di colera con 80 morti. Accanto agli avvenimenti tristi vi furono anche occasioni di festa. Nel 1834 l'inaugurazione di un concerto di Campane alla veronese, ancora oggi suonabili manualmente, sul nuovo campanile e nel 1838 il passaggio dell'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe I d'Asburgo che si recava a Verona. Il 7 aprile 1851 fu inaugurata la ferrovia Verona-Mantova-Modena alla presenza di molte onorevoli persone. Nel 1862 fu iniziata la costruzione del forte Dossobuono, il cui nome tedesco era Werk Erzherzogin Gisela dal nome della principessa Gisella d'Asburgo-Lorena, che offrì occasione di lavoro a molti sterratori e scarriolanti del luogo. Nel 1871, il 10 dicembre fu inaugurato il nuovo campanile, dopo il crollo del precedente, con la fusione di cinque nuove campane. Nel 1880 fu fondata una Società Operaia di Mutuo Soccorso che contava 141 soci e qualche anno più tardi, nel 1896, prese vita anche una [Cassa Rurale][1] Archiviato il 29 marzo 2010 in Internet Archive.. Nel 1895 morì l'ultimo discendente della famiglia Alessandri lasciando tutti i beni di Dossobuono, villa e campi, per la realizzazione di un [ospedale dei bambini][2] da fondarsi a Verona. Verso la fine del secolo, nel 1897, si tenne un'esercitazione generale dell'esercito italiano, conosciuta come “grandi manovre” cui partecipò lo stesso re d'Italia Umberto I. A Dossobuono era stato allestito un ospedale militare proprio nei locali di villa Alessandri e il 18 settembre, alle ore 10 il re vi si recò inaspettato trattenendosi per tre quarti d'ora. Si chiude così questo secolo che ha visto la popolazione passare dai 500 abitanti del 1802 ai 1200 del 1895. Negli ultimi decenni, Dossobuono, è stata protagonista di una espansione urbanistica edilizia nelle zone di periferia e di uno sviluppo della propria zona industriale, con l'aumento dei grandi esercizi commerciali e col potenziamento ed adeguamento della viabilità. Infatti nel 1962 fu aperta l'autostrada Serenissima, nel 1963 iniziarono i primi voli Verona-Roma presso le nuove strutture dell'aeroporto militare. Infine nei primi anni '70 fu aperta al traffico l'autostrada Modena-Brennero facendo di Dossobuono un centro nevralgico tra importanti vie di comunicazione. Dossobuono è servito dalla propria stazione ferroviaria che si trova sulla linea ferroviaria Verona-Mantova-Modena. A Dossobuono si trova anche l'aeroporto di Verona: l'aeroporto Valerio Catullo. La principale squadra di calcio è l'A.C.D. Olimpica Dossobuono che milita in Prima Categoria, è inoltre presente una squadra di calcio a 5, militante in serie C2. È presente anche la squadra di pallavolo Dual Volley e la Pallamano Olimpica Dossobuono sia maschile che femminile (entrambe militano in Serie A2 dei rispettivi campionati di pallamano). Lorenzo Antonini, Aspetti di vita a Dossobuono dal sec. XI al XIX, Verona 1985. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Dossobuono

Forte Tomba
Forte Tomba

Forte Tomba, chiamato originariamente Werk Stadion, è una fortificazione posta a sud di Verona, parte del complesso sistema difensivo cittadino e più in particolare del secondo campo trincerato di pianura, messo in opera tra 1859 e 1866. La struttura fortificata fu realizzata tra 1860 e 1861 e i lavori furono diretti dall’Imperiale Regio Ufficio delle Fortificazioni di Verona. Nei primi anni cinquanta del Novecento, per dare lavoro ai disoccupati, vennero completamente spianate le opere di terra del forte, colmando il fosso, mentre negli anni seguente venne sventrato il ridotto per rettificare la strada proveniente da Ostiglia; infine lo stato di conservazione del forte è ulteriormente peggiorata negli anni novanta, quando fu costruito lo svincolo della tangenziale Sud. Il forte venne intitolato al feldmaresciallo Philipp von Stadion. Il forte, a tracciato poligonale (un sistema poligonale misto tipico della scuola fortificatoria neotedesca) con ridotto centrale, era collocato in aperta campagna, circa 700 metri oltre il borgo di Tomba. Era situato a cavaliere della strada postale per Ostiglia, che obbligava ad aggirarlo, prendendola con tiri d'infilata e di fianco. Faceva sistema con il forte Azzano, sull'ala destra, mentre sull'ala sinistra, assente il quinto forte di prima linea presso la riva dell'Adige, incrociava i tiri delle nuove artiglierie da fortezza con il forte San Michele, sulla riva sinistra. L'intervallo tra il forte e l'Adige era presidiato, in seconda linea, dalla torre Tombetta e dal forte Santa Caterina. Si trattava del forte maggiormente armato della prima linea, e le sue artiglierie da fortezza battevano di fronte e di fianco le strade provenienti da Ostiglia e da Legnago e il corso discendente dell'Adige, esercitando una potente azione di combattimento contro le operazioni nemiche di passaggio dell'Adige o di investimento della piazzaforte da sud. Il forte Tomba è simile, per impianto architettonico e caratteristiche tecnico-logistiche, ai forti Lugagnano e Dossobuono ma se ne distingue, tuttavia, per le maggiori dimensioni d'insieme: il fronte di gola misura infatti 232 metri, rispetto ai 200/204 metri degli altri due forti. L'ingresso al forte fu risolto dal progettista con una disposizione complessa, coordinata al doppio recinto di sicurezza interno. Nel terrapieno del fronte di gola rettilineo era inserita un'opera casamattata, alla quale era innestata la caponiera di gola, per artiglieria e fucileria, che difendeva l'accesso. La strada di accesso si sdoppiava quindi davanti alla caponiera arrotondata, in direzione dei due portali laterali, simmetrici, preceduti dal ponte levatoio. Dai due portali ad arco si accedeva al piazzale interno, sotto il tiro dei fucilieri. Al centro del forte si elevava, su due piani e con copertura casamattata, il ridotto a corpo lineare, piegato sul tracciato a lunetta, con raccordi d'angolo arrotondati. Lungo il cortile interno del ridotto, al centro della facciata, sporgeva un corpo su pianta trapezoidale contenente la scala e i servizi igienici. Sui due piani, nei locali a volta, erano disposti i ricoveri per la numerosa guarnigione e le varie funzioni logistiche, che rendevano l'opera autosufficiente. Il fronte principale del ridotto era ordinato per la difesa, su ogni piano, con galleria perimetrale a feritoie per fucilieri. Sul fronte secondario, concavo, il cortile era chiuso da un muro rettilineo di sicurezza. Nel mezzo, ai lati del passaggio per l'accesso al cortile, altri due muri paralleli si collegavano alle casematte del fronte di gola, delimitando un ulteriore compartimento di sicurezza. Il tutto formava un doppio recinto a feritoie che, assieme alle gallerie per fucilieri del fronte principale, assicurava la difesa progressiva dell'opera. Inoltre tre pozzi per le riserve d'acqua erano collocati agli angoli del piazzale interno, in nicchie casamattate. Attorno al ridotto, il grande terrapieno si elevava sull'impianto a lunetta pentagonale, e copriva in aderenza anche l'intero fronte di gola. Le postazioni di combattimento per l'artiglieria da fortezza, a cielo aperto, erano protette da numerose traverse, in parte casamattate. All'esterno, completavano l'opera la scarpa a pendenza naturale, rivestita dal muro aderente solo in corrispondenza delle tre caponiere. Dall'esterno, verso il fronte principale, si percepiva l'architettura di terra, con masse dai profili ben modellati dalla geometria del defilamento, mentre le opere murarie erano completamente sottratte alla vista. Nel fronte di gola, secondo un modello classico, spiccavano i portali monumentali, inseriti nelle severe membrature murarie. Nel nucleo del forte il ridotto assumeva duplice fisionomia: fortificatoria, nel prospetto esterno, convesso, con la serrata sequenza di feritoie su due ordini; quasi civile, nel prospetto concavo interno, che affacciava sulla corte, con la successione di bifore a sesto ribassato. Una rarità costruttiva la si incontrava nelle poterne principali, coperte da volte di laterizio a gradoni discendenti e con il tratto terminale a volta gotica. Ciottoli e listati di laterizio (come nella tradizione costruttiva del medioevo veronese) rivestivano i muri di controscarpa, mentre il tufo di Verona rivestiva gli altri edifici del forte, conferendogli un aspetto di straordinaria saldezza. L'armamento della fortificazione consisteva in: 6 cannoni ad anima rigata da 9 cm a retrocarica 6 cannoni ad anima liscia da 9,5 cm ad avancarica 20 cannoni di diverso calibro ad anima liscia 2 mortai Riserve di munizioni: 52 500 kg di polveri. Il presidio in caso di guerra della fortificazione consisteva in: 375 fanti 72 artiglieri Era inoltre possibile disporre un presidio di emergenza di 616 uomini. Verona Monumenti di Verona Sistema difensivo di Verona