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Chiesa di Santa Maria del Carmine (Milano)

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Milano chiesa del Carmine facciata
Milano chiesa del Carmine facciata

La chiesa di Santa Maria del Carmine è un luogo di culto cattolico della città di Milano, situato in Piazza del Carmine, nel quartiere di Brera. È sede della parrocchia territoriale di Santa Maria del Carmine dell'arcidiocesi di Milano, della parrocchia personale di lingua inglese di San Carlo (in inglese: San Carlo Parish) e della cappellania della comunità dei fedeli filippini milanesi. Nel 1268, i Padri Carmelitani si stabilirono nei pressi del Castello Sforzesco, ove, a partire dal XIV secolo, iniziarono a costruire il loro convento e l'annessa chiesa, che fu distrutta da un incendio nel 1330. La nuova chiesa, però, non ebbe maggior fortuna: cadde in un rovinoso abbandono quando, verso la fine del secolo, i frati si trasferirono in un altro convento. L'attuale chiesa, invece, fu costruita a partire dal 1339-1400; il nuovo progetto fu affidato a fra Bernardo da Venezia (che nell'impianto e nelle misure riprese esattamente il modello della chiesa di Santa Maria del Carmine di Pavia, progettata da Bernardo nel 1370) ed i lavori, terminati nel 1446, furono guidati da Pietro Antonio Solari. Appena terminata, la volta della chiesa crollò e solo tre anni dopo cominciò l'opera di risanamento. Il fatto che, a partire dalla metà del secolo, la chiesa fosse diventata da "conventuale" ad "aristocratica", è testimoniato dalle molte sepolture nobili nelle navate e nelle cappelle. Nel Seicento, il presbiterio fu restaurato radicalmente in stile barocco ed assunse l'attuale conformazione. L'attuale facciata, invece, è opera di Carlo Maciachini e fu realizzata nel 1880. La facciata della chiesa di Santa Maria del Carmine si affaccia sull'omonima piazza. Realizzata nel 1880 in un ricco stile neogotico, è opera di Carlo Maciachini, famoso per aver progettato il Cimitero Monumentale di Milano. La facciata è a salienti, suddivisa da larghe lesene sormontate ognuna da un baldacchino gotico cuspidato. Al di sopra del portale centrale, decorato da una lunetta a mosaico con la Madonna in trono fra San Simone Stock e un angelo, vi è il grande rosone decorato da una raggiera riccamente scolpita. Un tema ricorrente nei bassorilievi della facciata è il monogramma mariano, presente soprattutto nella strombatura del portale centrale. Su via del Carmine, che corre alla destra della chiesa, si trova la facciata del braccio destro del transetto, caratterizzata dalla presenza di due ampie monofore ogivali nella parte inferiore e di un rosone circolare in quella superiore, al centro. Più in alto, due bifore. Lungo la strada si apre anche una porta laterale d'ingresso alla chiesa, con lunetta al centro della quale vi è una Madonna col Bambino in terracotta. Alla sinistra dell'abside, si trova la torre campanaria con un unico ordine di bifore con le quali la cella campanaria si apre sull'esterno. Sulla piazza antistante la chiesa è collocato il Grande Toscano, bronzo dello scultore polacco Igor Mitoraj (1986). L'interno della chiesa di Santa Maria del Carmine presenta una pianta a croce latina, con il piedicroce suddiviso in tre navate coperte con volta a crociera, di cui la centrale di sezione e altezza maggiori, da possenti pilastri circolari alternati in cotto e in pietra. Fra le tre navate e l'abside, si trova il transetto, avente un altare a ridosso della parete terminale di sinistra. Lungo le due navate laterali e il transetto, vi sono varie cappelle di epoche e caratteristiche diverse. Fra queste: il Battistero (prima cappella di sinistra), con un particolare fonte battesimale del 1846, opera di Felice Pizzagalli, coperto da un ciborio esagonale neogotico sorretto da colonnine; altare della seconda cappella sinistra una pala di Gaetano Dardanone databile all'inizio del Settecento e rappresentante la Gloria delle Sante Lucia, Agata ed Apollonia. la Cappella degli Spagnoli (terza cappella di sinistra) con una pala dei Camillo Procaccini raffigurante San Carlo in preghiera (1585); la Cappella della Madonna del Carmine (in fondo alla navata di destra), in stile barocco, di Gerolamo Quadrio con dipinti del Procaccini; sull'altare una statua della Madonna col Bambino. L'abside maggiore è costituita da due sezioni: la prima, quadrangolare, coperta da volta a crociera e la seconda poligonale, in cui si aprono quattro alte bifore; su tutta l'area interna del presbiterio si sviluppano stuccature di gusto barocco. Opera molto interessante è il grande altar maggiore neoclassico, opera di Giovanni Levati, che lo realizzò in marmi policromi nel 1808 in sostituzione di quello barocco ligneo. Al disopra della mensa, su cui poggia il vecchio tabernacolo ligneo, oltre le due file dei reliquiari argentei (in primo piano) e degli alti candelabri (in secondo piano), vi è il tempietto circolare sorretto da colonne corinzie, ispirato a quello dell'antico altar maggiore del Duomo. Giovanni Casati, La chiesa nobile del castello di Milano: S. Maria del Carmine nel 500º anniversario di sua erezione. Documenti di vita milanese dai Visconti in poi, Milano, Ceschina, 1952. Ernesto Brivio, La Chiesa di S. Maria del Carmine, Milano, Arti grafiche Reina, 1979. Mario De Biasi, Chiese di Milano, Milano, Edizioni Celip, 1991, ISBN 88-87152-06-3. Maria Teresa Fiorio (a cura di), Le chiese di Milano, Milano, Electa, 2006, ISBN 88-370-3763-5. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di Santa Maria del Carmine a Milano Sito ufficiale, su chiesadelcarmine.net. Chiesa di Santa Maria del Carmine, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana. Chiesa di Santa Maria del Carmine, su LombardiaBeniCulturali, Regione Lombardia. Chiesa di Santa Maria del Carmine, su LombardiaBeniCulturali, Regione Lombardia. Diocesi di Milano, Chiesa di Santa Maria del Carmine, su to.chiesadimilano.it. URL consultato l'8 maggio 2013 (archiviato dall'url originale il 6 marzo 2016).

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Chiesa di Santa Maria del Carmine (Milano)
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Chiesa di Santa Maria del Carmine

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Milano chiesa del Carmine facciata
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Luoghi vicini

Chiesa di San Carpoforo (Milano)
Chiesa di San Carpoforo (Milano)

La chiesa di San Carpoforo (gesa de San Carpofen in lombardo) è una chiesa sconsacrata situata nel centro storico di Milano, in via Formentini 10. La struttura originaria della chiesa di san Carpoforo apparteneva a un tempio pagano romano. Questa prima destinazione d’uso è testimoniata dal ritrovamento di diversi manufatti risalenti all'epoca romana: quattro colonne di porfido (spostate nel 1809 presso il Museo archeologico), diversi marmi preziosi, i resti di un edificio sotterraneo, un mosaico scoperto nell’ottobre del 1811 durante le operazioni di pavimentazione della piazza e un altare votivo dedicato ad una divinità portatrice di frutti (“carpofora”), poi identificata in Vesta. Vesta era la dea del focolare. In ambito pubblico il suo culto consisteva principalmente nel mantenere acceso il fuoco sacro nel tempio cittadino: le sacerdotesse legate al suo ordine, quello delle celebri vestali, avevano il compito di custodire la fiamma all'interno del tempio a lei dedicato, facendo sì che non si spegnesse mai. A livello privato Vesta era la protettrice dei panettieri, dei fornai e del focolare domestico: per questo motivo le erano sacri tutti i cibi cotti su di esso. La tradizione racconta che l'antico edificio milanese a lei sacro fu consacrato a San Carpoforo per mediazione di santa Marcellina, sorella del vescovo di Milano sant'Ambrogio, la quale visse nelle vicinanze insieme alla famiglia anche dopo la scomparsa dell'illustre parente fino al 404, anno della sua morte. La figura della donna ha lasciato traccia nella tradizione popolare sino a metà del XIX secolo: ancora in quegli anni, infatti, si riteneva che l'acqua (detta appunto "di santa Marcellina") fornita dal pozzo di una casa che dava sulla piazza possedesse proprietà miracolose. La prima testimonianza storicamente provata dell'esistenza della chiesa risale all'anno 813. La si ritrova già ampliata verso l'XI secolo, mentre dal secolo successivo risulta essere amministrata da due parroci, uno che si occupava della cura d'anime esternamente alle mura della città e l'altro internamente. L'edificio subì notevoli modifiche strutturali anche durante il XVI secolo. All’epoca Gian Giacomo Medici ottenne infatti una dispensa pontificia attraverso l’intercessione del fratello cardinale Giovanni Angelo (il futuro Papa Pio IV) e gli fu permesso di occupare il sagrato della chiesa per costruirvi un palazzo; dovette però mettere mano alla struttura e far spostare la facciata e l’ingresso dal lato orientale a quello occidentale, al posto della preesistente abside, secondo un’organizzazione degli spazi tramandata fino ad oggi. La chiesa, gravemente danneggiata dalla risistemazione e dall'incuria, fu poi completamente ricostruita per volere dell'arcivescovo Federico Borromeo, che vi compì una visita pastorale il 30 gennaio 1610. A partire dagli anni seguenti il 1624, l’architetto Angelo Puttini progettò e curò la realizzazione di una struttura con pianta a croce latina impreziosita anche da alcuni affreschi, oggi non più presenti, posti su parte dell’interno e della facciata. Malgrado questi interventi, la parrocchia era in piena decadenza e già nel 1760 essa appariva amministrata da un solo sacerdote; nell’ottica della risistemazione delle parrocchie milanesi e dei Corpi Santi essa fu infine soppressa il 24 dicembre 1787 e San Carpoforo divenne sussidiaria della vicina chiesa di Santa Maria del Carmine. Con decreto vicereale del 10 settembre 1809 il Regno d’Italia decretò poi la soppressione del luogo di culto. Entro la fine di ottobre esso fu riconvertita in archivio: si stabilì, infatti, che vi dovessero essere depositate le carte del Ministero della Guerra, per un totale di circa millecinquecento metri lineari di documentazione, mentre gli spazi rimasti liberi furono adattati ad uso d’ufficio e ad abitazione dei custodi.Nel settembre del 1854 i documenti militari vennero trasferiti altrove e San Carpoforo accolse quelli del Regio archivio governativo di deposito provinciale-civico. Già durante l’anno successivo, tuttavia, il rapido accrescimento dei fondi obbligò le autorità ad aumentarne la capienza mediante l’aggiunta di ulteriori scaffalature; sempre nel 1855, poi, il governo fece costruire sul lato meridionale dell’edificio una sala lunga sedici metri, larga sei e alta nove adibita ad archivio finanziario. Il 29 settembre 1864 il comune di Milano acquistò la proprietà dell’ex chiesa e subito dispose lo spostamento in altre sedi della documentazione di competenza statale; al termine della movimentazione, nel 1872, l’amministrazione del capoluogo sistemò nel corpo dell’edificio il proprio archivio di deposito e nella sala meridionale quello storico. Proprio in questa parte del complesso ebbe sede la Società storica lombarda a partire dai primi mesi del 1874 fino al 1897, quando si spostò presso il Castello Sforzesco. Nel castello di Porta Giovia furono trasferiti durante il 1902 anche i faldoni della sezione antica; rimase a San Carpoforo solo quella di deposito, poi distrutta dai bombardamenti alleati nell’agosto 1943. Negli anni successivi l'edificio passò sotto il controllo della Soprintendenza e nel 1993 fu concesso in uso gratuito all'Accademia di belle arti di Brera, che ancora oggi la utilizza come sede per i corsi di decorazione, restauro ed arte sacra contemporanea. Anna Salvini Cavazzana, San Carpoforo, in Maria Teresa Fiorio (a cura di), Le chiese di Milano, nuova edizione, Milano, Electa, 2006, ISBN 978-88-370-3763-5. Stefano Labus e Gentile Pagani, L'archivio civico di Milano. Estratto da "Cenni intorno agli istituti scientifici, letterari ed artistici di Milano pubblicati in occasione del II congresso delle società storiche italiane (Milano, 2 settembre 1880)", Milano, Tipografia Luigi di Giovanni Pirola, 1880, pp. 3-54, SBN IT\ICCU\LO1\1324341. Comune di Milano, Norme per l'archivio del Municipio di Milano, Milano, Tipografia Pietro Agnelli, 1874, SBN IT\ICCU\LO1\0154668. Gentile Pagani, L'archivio storico del municipio di Milano, Como, Tipografia Cooperativa Comense, 1899, SBN IT\ICCU\LO1\0114305. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Carpoforo Chiesa di S. Carpoforo (ex), su lombardiabeniculturali.it. San Carpoforo, su chiesadimilano.it. di Mirko Guardamiglio (2018).

Palazzo Cusani (Milano)
Palazzo Cusani (Milano)

Palazzo Cusani è un palazzo seicentesco di Milano, rimaneggiato una prima volta fra il 1712 ed il 1719 ed una seconda fra il 1775 ed il 1779. Storicamente appartenuto al sestiere di Porta Nuova, si trova in via Brera 13-15. La famiglia Cusani aveva acquisito nel corso del XVII secolo una proprietà presso la Chiesa di Sant'Eusebio, oggi scomparsa: lì Agostino Cusani (1592-1640), feudatario e poi marchese di Chignolo Po avrebbe fatto erigere un palazzo nel corso dei primi decenni del XVII secolo. Successivamente il palazzo venne rimaneggiato una prima volta (1694-1719) per volere di Gerolamo Cusani, che commissionò a Giovanni Ruggeri la nuova facciata esterna; un secondo rimaneggiamento (1775-1779) venne invece affidato al Piermarini da Ferdinando Cusani (1737-1815) e interessò la facciata interna, che venne realizzata in forme neoclassiche. Il palazzo venne venduto nel 1808 da suo figlio Luigi (1769-1836), rovinato dai debiti di gioco, al demanio del Regno d'Italia, che vi insediò il Ministero della Guerra. Insieme a questa proprietà vennero vendute anche quelle adiacenti. Malgrado i molteplici interventi di adattamento protrattisi sia sotto il periodo austriaco che nei primi decenni del Novecento (culminati con la realizzazione di una nuova ala affacciata sulla via del Carmine nel 1935) e i successivi bombardamenti a cui fu sottoposto l'edificio, gli interni conservano ancora oggi integre al piano nobile la maggior parte delle decorazioni settecentesche presenti in origine, riscontrabili nell'atto di vendita del palazzo (1808). Andarono quasi totalmente perduti invece gli arredi originali e gran parte del giardino, notoriamente luogo di feste e balli particolarmente cari a Ferdinando Cusani. Sede del Comando del III Corpo d'Armata fino al 2004, è attualmente sede del Comando Militare Esercito Lombardia e della rappresentanza della NATO a Milano. Dal punto di vista architettonico bisogna osservare la particolarità delle forme per così dire esuberanti della facciata esterna, un'anomalia se confrontata con gli edifici milanesi del tempo, che tradisce l'influenza romana dell'architetto Giovanni Ruggeri. Non a caso infatti la facciata ricorda il tardo-barocco romano, in cui risaltano le finestre dalle cornici mistilinee e i balconi rigonfi. Sulla facciata sono inoltre presenti due portali gemelli, che si dice voluti da due fratelli della famiglia per il reciproco desiderio di non incontrarsi. Una particolarità del palazzo è che nella facciata posteriore del palazzo sono incastonate tre palle di cannone scagliate dalle artiglierie di Radetzky durante le Cinque giornate di Milano. Nel maggio del 2021 ha ospitato la mostra d'arte contemporanea Tramestio, curata e organizzata dai giovani curatori Michael Camisa (1996) e Sophia Radici (1993) che hanno presentato sulla scena milanese tre artisti contemporanei under 30. Giacomo Carlo Bascapé, I palazzi della vecchia Milano, Hoepli, Milano, 1945 - pp. 215–217 Paolo Mezzanotte, Giacomo Carlo Bascapé, Milano, nell'arte e nella storia, Bestetti, Milano, 1968 (1948) - p. 419 Attilia Lanza, Milano e i suoi palazzi: Porta Vercellina, Comasina e Nuova, Libreria Meravigli Editrice, Vimercate, 1993 - p. 124 Livia Negri, I palazzi di Milano, Newton & Compton, Milano, 1998 - pp. 110–115 Leonida Villani, Gino Bramieri, Una Milano mai vista, Edizioni CELIP, Milano 1985 - p. 120 Giuseppe Stolfi, Aggiunte su Palazzo Cusani a Milano (e su Giovanni Ruggeri), in "Libri e documenti", 25, 1999/1-3, pp. 29–36 Marica Forni, Committenza e cantiere. Note d'archivio per palazzo Cusani a Milano, in "Arte lombarda", 160, 2010/3, pp. 20–34 Ville e palazzi di Milano Sestiere di Porta Nuova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo Cusani Comune di Milano - Sestiere di Porta Nuova (palazzi) (PDF), su comune.milano.it. LombardiaBeniCulturali - Palazzo Cusani, Milano, su lombardiabeniculturali.it.

Contrada dei Fiori
Contrada dei Fiori

La Contrada dei Fiori è stata una contrada di Milano appartenente al sestiere di Porta Comasina. I confini della contrada andavano dall'angolo di via Pontaccio e via del Mercato all'intersezione tra piazza del Carmine e via Brera, dove confinava con il sestiere di Porta Nuova. Il confine proseguiva poi fino alla Cerchia dei Navigli, che costeggiava fino a via Pontaccio. Entro i confini della contrada era situata la chiesa di San Carpoforo, ora sconsacrata, originariamente tempio pagano romano dedicato alla dea Vesta poi convertito in luogo di culto cristiano. Il nome della contrada richiama una nobile famiglia milanese, i de Flore. Nella Milano moderna esistono tre toponimi distinti che si riferiscono all'antico nome della contrada, associati a due tronconi consecutivi della stessa strada, "via dei Fiori Chiari e "via dei Fiori Oscuri", ed a una piccola strada laterale di via dei Fiori Chiari chiamata "vicolo Fiori". Nei suoi pressi era un tempo situata la via delle Vacche, forse richiamante l'omonimo mercato, che sorgeva poco lontano (ancora oggi, leggermente più a ovest di via dei Fiori Chiari è presente "via Mercato"). In precedenza via delle Vacche era denominata "via dei Fiori", visto che rappresentava la continuazione del moderno vicolo Fiori. Della contrada dei Fiori facevano però parte solo una parte dei toponimi menzionati, ovvero il tratto ovest di via dei Fiori Chiari fino al suo incrocio con vicolo dei Fiori e via della Madonnina. La restante parte di via dei Fiori Chiari e l'intera via dei Fiori Oscuri facevano parte del sestiere di Porta Nuova. L'etimologia di "Fiori Chiari e "Fiori Oscuri" è legata alla vicinanza di due porte cittadine che erano contraddistinte, come si è diffusamente parlato, da uno stemma, legato a sua volta al sestiere di riferimento: Porta Nuova, non lontana da via dei Fiori Oscuri, aveva nel suo stemma, il colore nero, da cui il nome della strada, mentre via dei Fiori Chiari era nei pressi di Porta Comasina, che aveva come tra i colori dominanti il rosso, che ha una tonalità più chiara del nero. Alessandro Colombo, I trentasei stendardi di Milano comunale (PDF), Milano, Famiglia Meneghina, 1935, ISBN non esistente. Milano Sestiere di Porta Comasina Contrade di Milano Nobile Contrada del Cordusio Contrada del Rovello Contrada dell'Orso (Milano) Contrada del Campo I sestieri e le contrade di Milano - Con le mappe delle antiche suddivisioni di Milano, su filcasaimmobili.it. URL consultato il 22 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 26 ottobre 2017).

Porta Comasina (romana)
Porta Comasina (romana)

Porta Comasina (lat. Porta Comacina, Porta Cumana o Porta Cumensis) era una delle aperture stradali ricavate nella cinta muraria romana della città di Mediolanum, l'odierna Milano. Fu demolita durante l'assedio di Milano del 1162. In epoca alto medievale era conosciuta anche con il nome di Porta del Cordusio. Costruita durante il periodo repubblicano dell'epoca romana, era ricavata nella cinta delle mura romane di Milano. Venne fatta presumibilmente erigere, insieme alle mura, da Cesare dopo l'assunzione di Mediolanum al rango di municipium nell'anno 49 a.C., oppure in seguito da Augusto. In epoca alto medievale era conosciuta anche con il nome di Porta del Cordusio, con un richiamo al vicino e omonimo quartiere, dove presente il palazzo del duca longobardo), che sorgeva nell'odierna piazza Cordusio, da cui l'origine di questo toponimo: da "De curte ducis" (o "Curia ducis", ossia la "corte dei duchi lombardi"), a "Cortedoxi", quindi "Corduce" e infine "Corduso" o "Cordusio". Fu demolita, insieme alle relative mura e alle altre porte romane, durante l'assedio di Milano del 1162, che fu opera di Federico Barbarossa. Altre battaglie che videro protagonista la porta furono l'assedio di Milano del 268, l'assedio di Milano del 402, l'assedio di Milano del 452 e l'assedio di Milano del 538-539. Da Porta Comasina dipartivano la via Regina, ovvero l'arteria stradale che collegava Cremona (Cremona) a Comum (Como: da cui il nome della porta), e la via Mediolanum-Bellasium, che metteva in comunicazione Mediolanum con Bellagio. Porta Comasina si trovava lungo una strada secondaria interna che dipartiva verso nord dal cardo. Nei pressi di Porta Comasina sorgevano due magazzini annonari romani di Milano. Porta Comasina era situata, considerando l'urbanistica della Milano odierna, sul moderno incrocio tra via Broletto e via Dell'Orso. Mediolanum, su romanoimpero.com. Mediolanum augustea, su storiadimilano.it.

Chiesa di San Protaso al Castello

La chiesa di San Protaso al Castello, anche chiamata San Protaso in Campo intus, era una chiesa di Milano. Situata all'incirca sull'attuale incrocio tra via Landolfo e via Giuseppe Sacchi, è stata demolita nel 1786. Una prima chiesa con questo nome esisteva dal XII secolo sull'area attuale del Castello Sforzesco, demolita da Galeazzo II Visconti per far costruire il Castello di Porta Giovia: il suo nome "in Campo intus" derivava dal fatto che l'edificio si trovava dentro alle mura dell'epoca, per distinguerla dalla vicina Chiesa di San Protaso alle Tenaglie detta al contrario "in Campo foris" in quanto fuori dalle mura. La chiesa fu dunque ricostruita nel 1388 in una nuova posizione dove rimase fino al XVIII secolo: la chiesa si trovava all'epoca all'incrocio tra la contrada di San Protaso al Foro e il vicolo di San Protaso al Foro. Della nuova chiesa si hanno testimonianza da documenti relativi agli anni 1402, oltre che nelle visite del cardinale Federico Borromeo del 1610. La chiesa fu a capo all'omonima parrocchia fino alla soppressione di quest'ultima, avvenuta nell'anno della demolizione dell'edificio. L'aspetto delle chiesa del XIV secolo può venire parzialmente dedotto dai documenti delle visite pastorali del 1610: la chiesa si presentava di forma rettangolare "con qualche cappella laterale". Serviliano Latuada, Descrizione di Milano, vol. 5, Milano, 1738. Lorenzo Sonzogno, Vicende di Milano rammentate dai nomi delle sue contrade, Milano, 1835. Paolo Rotta, Passeggiate storiche, ossia Le chiese di Milano dalla loro origine fino al presente, Milano, 1891. Chiese di Milano Chiese scomparse di Milano Chiesa di San Protaso alle Tenaglie

Contrada del Campo
Contrada del Campo

La Contrada del Campo è stata una contrada di Milano appartenente al sestiere di Porta Comasina. Il confine della contrada andava dall'angolo tra le vie Camperio e Cavenaghi a via Ponte Vetero, piazza del Carmine, via del Mercato fino alla Cerchia dei Navigli, e poi fino al moderno quartiere del Portello, dove confinava con il sestiere di Porta Vercellina: da cui il confine tornava all'angolo tra le vie Camperio e Cavenaghi. Tra le moderne vie Giuseppe Sacchi (all'epoca via del Foro, che richiama, nei suoi pressi, la presenza del Forum Romanum, ovvero del foro romano di Milano) e via Landolfo (all'epoca via del Castello, per la vicinanza del Castello Sforzesco) si trovava la chiesa di San Protaso al Castello. Per "campo", nel nome della contrada, si intendeva "Campo Marzio", ovvero l'area consacrata a Marte, dio della guerra, che era utilizzata per le esercitazioni militari. Qui sorgeva la Castra Praetoria, conosciuta anche con il nome di Castrum Portae Iovis, ovvero la caserma dei pretoriani, reparto militare che svolgeva compiti di guardia del corpo dell'imperatore e che sorgeva vicino a Porta Giovia romana, da cui il nome, nei pressi del moderno Castello Sforzesco. La zona più densamente popolata della contrada era quella nord-orientale, ovvero l'area compresa tra il torrente Nirone (che entrava in città dalla pusterla delle Azze), la strada per Como e la Cerchia dei Navigli: tutta questa zona era situata esternamente alle mura romane di Milano. I nomi delle vie del Mercato e delle Erbe, tuttora utilizzati a mai cambiati, testimoniano invece la presenza, in questa zona, in epoca romana, del Foro Holitorium, ovvero del mercato degli erbaggi dell'antica Mediolanum. Di questa contrada faceva parte il quartiere del Baggio (da non confondere con l'omonimo e moderno quartiere milanese, un tempo comune autonomo), di origini romane, che si sviluppava dal Rovello al Ponte Vetero e che derivava il suo nome dal latino volgare badaclum (e non, come si potrebbe credere, dall'omonima famiglia nobiliare di cui fece parte, tra gli altri, papa Alessandro II), che a sua volta aveva origine dal latino bada, vigiliae o excubie, ovvero "posto di guardia", a testimoniare la presenza, in epoca romana, di una postazione situata a difesa delle mura cittadine nei pressi di Porta Comasina romana, che sorgeva poco lontano. L'antico quartiere del Baggio è oggi attraversato da via Cusani, fino al 1865 limitata tra Foro Buonaparte e via Rovello e quindi non passante nel rione citato. Alessandro Colombo, I trentasei stendardi di Milano comunale (PDF), Milano, Famiglia Meneghina, 1935, ISBN non esistente. Milano Sestiere di Porta Comasina Contrade di Milano Nobile Contrada del Cordusio Contrada del Rovello Contrada dell'Orso (Milano) Contrada dei Fiori I sestieri e le contrade di Milano - Con le mappe delle antiche suddivisioni di Milano, su filcasaimmobili.it. URL consultato il 22 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 26 ottobre 2017).

Palazzo Silva di Biandrate
Palazzo Silva di Biandrate

Palazzo Silva di Biandrate (conosciuto anche come Palazzo Silva) è un palazzo seicentesco di Milano, totalmente stravolto nei suoi interni nel corso degli anni sessanta del Novecento. Storicamente appartenuto al sestiere di Porta Comasina, si trova in via del Lauro 9. Palazzo Silva di Biandrate - fra i più eleganti del Seicento milanese - sorgeva imponente all'imbocco dell'antica contrada del Lauro. Si contraddistingue per la facciata seicentesca, particolarmente robusta, con un portale di ceppo gentile ed archivolto a linea spezzata, sorretto nei risalti da mensole; due mensole sostengono inoltre un balcone a balaustri barocchi fra pilastrini. Particolarmente di rilievo la balconata d'angolo con parapetto in ferro battuto a disegno, sostenuta da mensole di granito. Il palazzo appartenne alla nobile famiglia dei Silva ed ebbe modo di ospitare la ricca biblioteca personale di Donato II Silva (ereditata poi dal nipote Ercole), le ricche collezioni d'arte (fra cui erano segnalate anche le tempere dell'Appiani raffiguranti Il mito di Europa) e la raccolta numismatica (che sarebbe poi finita nel Palazzo Visconti Aimi in via Filodrammatici 10). Una lapide, fatta apporre da Carlo Ghirlanda Silva (pronipote di Ercole Silva) in segno di omaggio e devozione verso i propri predecessori ricorda Donato II Silva (1690-1779), illustre letterato, e suo nipote Ercole Silva (1756-1840), anch'egli letterato, autore Dell'arte dei giardini inglesi (1801) e promotore in Italia del giardino all'inglese, assurgendo a modello il parco della propria Villa a Cinisello, primo esempio di questo tipo in Italia. Il palazzo, pur presentandosi sostanzialmente intatto esteriormente ha subito nel corso degli anni sessanta profondi interventi di riconfigurazione degli interni, che ne hanno distrutto l'originale sistemazione. Nel corso di alcuni scavi condotti nei sotterranei invece sono stati rinvenuti i resti di un'aula absidata di epoca imperiale, detta domus lauri, riconducibile a un edificio del I secolo con muri perimetrali in ciottoli e corsi di mattoni, forse dedicato al culto imperiale (così come lascerebbero intendere le statue di patrizi rinvenute non lontano). Vi sono inoltre tracce anche di un successivo edificio, risalente alla seconda metà del III secolo, facente probabilmente parte delle fortificazioni straordinarie della città allestite dall'imperatore Gallieno prima e da Aureliano poi per far fronte all'invasione degli Alamanni e dei Marcomanni. Qui, all'incrocio fra la via Broletto e la via Ponte Vetero sorgeva infatti l'antica Porta Comasina delle Mura romane di Milano. Cesare Cantù, Cesare Rovida, Donato ed Ercole Silva, Conti di Biandrate, Tipografia F.lli Borroni, Milano, 1876 Giacomo Carlo Bascapé, I palazzi della vecchia Milano, Hoepli, Milano, 1945 - pp. 183–184 Paolo Mezzanotte, Giacomo Carlo Bascapé, Milano, nell'arte e nella storia, Bestetti, Milano, 1968 (1948) - p. 152 Livia Negri, I palazzi di Milano, Newton & Compton, Milano, 1998 - pp. 298–300 Ville e palazzi di Milano Sestiere di Porta Comasina Donato II Silva Ercole Silva Comune di Milano - Sestiere di Porta Comasina (palazzi) (PDF), su comune.milano.it.