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Stadio comunale (Teramo)

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Comunale di Teramo
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Lo stadio comunale di Teramo detto anche Vecchio comunale è un campo da calcio di Teramo, situato sulla circonvallazione Spalato. Ha ospitato gli incontri casalinghi del Teramo Calcio fino all'inaugurazione dello stadio Gaetano Bonolis, già nuovo stadio di Piano d'Accio, avvenuta nel 2008. Inaugurato il 29 agosto 1929 dall'allora sindaco Nanni, vide la sua prima partita ufficiale il 27 ottobre con l'incontro di calcio Teramo-Osimana vinta dalla squadra di casa per 2-1. L'esordio in campionato invece fu contro l'Emilio Bianchi Ancona, prima partita ufficiale nella storia del Teramo Calcio, e finì 1-1. In questo stadio, nel 1978, ha giocato anche Carlo Ancelotti quando militava nel Parma firmando due reti; sulla panchina del Teramo c'era Eugenio Fantini. La gara terminò 2-2. Negli anni immediatamente successivi all'abbandono da parte della squadra di calcio del Teramo, la struttura è stata utilizzata dal C.U.S. Teramo Rugby, ancora oggi attivamente impegnata con prima squadra, giovanili e femminile. Dal 2013, il calcio è tornato essere praticato sul campo del Vecchio Comunale grazie all'A.S.D. Specola, squadra dilettantistica teramana che milita nel Campionato UISP. Lo stadio è diviso in 4 settori: una tribuna coperta, una scoperta (Distinti) e due tribune scoperte laterali (Curva Est per i locali ed Ovest per gli ospiti). Le dimensioni del terreno di gioco sono relativamente piccole, 62 m per 102 m, mentre l'altitudine è di 214m sul livello del mare. Questi i dettagli dello stadio: Capienza spettatori: 4000 totali Tribuna Sud Tribuna d'Onore: (80 posti) Tribuna Sud numerata: (195 posti) Tribuna Sud non numerata: (902 posti) Distinti: (621 posti) Curva Est: (1102 posti) Curva Ovest ospiti: (1100 posti) Società Sportiva Teramo Calcio Teramo Stadio Gaetano Bonolis Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stadio comunale di Teramo

Estratto dall'articolo di Wikipedia Stadio comunale (Teramo) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Stadio comunale (Teramo)
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Comunale di Teramo
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Luoghi vicini

Chiesa di San Domenico (Teramo)
Chiesa di San Domenico (Teramo)

La chiesa di San Domenico si trova nella città di Teramo ed apre la sua facciata lungo il corso di Porta Romana. Fu elevata al rango di Vicaria della Cattedrale negli anni trenta, in occasione della chiusura del Duomo per i necessari lavori di restauro. Fu edificata, con l'annesso convento, agli inizi del Trecento seguendo la disposizione di fondazione, redatta nell'anno 1287, dal Capitolo Provinciale dei Domenicani di Roma, da cui Teramo dipendeva. La struttura interna della chiesa si mostra nell'allungamento di un'unica navata, coperta dal soffitto a due spioventi, e si conclude nel coro, a base quadrata, ricoperto da una volta. Le pareti sono riccamente affrescate e recentemente sono stati riportati alla luce dipinti del 1400 che rappresentano scene della vita di San Domenico. Sono presenti anche opere d'arte ed un pregevole organo. Ai lati dell'altare maggiore, all'interno di due edicole risalenti al periodo rinascimentale, sono collocate a sinistra una Madonna adorante con Bambino, terracotta dipinta e dorata databile nella prima metà del XVI secolo, considerata un'opera attribuibile a Giovanni Antonio da Lucoli e a destra un gruppo in stucco policromo del XVIII secolo, eseguito da Michele Clerici, che rappresenta la famiglia di sant'Anna e san Gioacchino. La chiesa fu restaurata e riaperta al culto per volere dello storico teramano Francesco Savini, del quale nella navata di destra esiste la tomba-mausoleo. Vi è, inoltre, adiacente alla chiesa, la settecentesca Cappella del Santissimo Rosario affrescata da Gilberto Todini con stucchi del Clerici. Negli anni trenta, quando fu necessario chiudere al pubblico il Duomo in occasione dei lavori di restauro ad pristinum della Cattedrale (lavori che eliminarono le superfetazioni barocche fatte realizzare dal Vescovo De Rossi), la chiesa di San Domenico, date le sue vaste dimensioni, fu elevata al rango di Vicaria della Cattedrale e, quindi, di chiesa principale della Diocesi. Dell'attiguo convento trecentesco rimangono gli archi del chiostro con alcune lunette dipinte da Sebastiano Majewski che riportano scene legate alla vita di san Domenico. La restante porzione dell'edificio è parzialmente abitata dai Domenicani, mentre una gran parte è diventata sede dell'Archivio di Stato. Il complesso, terminato nel 1407, fu chiuso agli inizi dell'Ottocento a seguito dell'editto napoleonico, ma restituito ai Domenicani nel 1931. Luigi D'Antonio, La guida di Teramo e provincia, Multiedit Editrice, 2005 AA. VV. - Documenti dell'Abruzzo Teramano, VII, 2, “Teramo e la valle del Tordino”, Poligrafica Mancini, Sambuceto (Chieti), novembre 2006, pp. 743, 748. Teramo Chiese di Teramo Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Domenico Chiesa e convento di San Domenico, su teramoculturale.it.

Teatro romano di Teramo
Teatro romano di Teramo

Il Teatro romano di Teramo è situato nel centro storico della città abruzzese, tra via Teatro Antico e via Luigi Paris, nelle vicinanze del Duomo e a pochi metri dall'Anfiteatro romano di Teramo. Il complesso architettonico trovò la sua ubicazione nella porzione del tessuto urbano occidentale dell'antica Interamnia. L'impianto cittadino dell'epoca era, probabilmente, diviso in due settori che si distinguevano tra la parte orientale, di maggiore vetustà, corrispondente alla zona dell'attuale piazza Ercole Vincenzo Orsini, e la parte occidentale dove giungeva il diverticolo d'ingresso della via Caecilia e dove furono costruiti gli edifici pubblici del Teatro e dell'Anfiteatro a cui si ritiene fossero affiancati anche un odeon e un tempio di Priapo. Il sito si mostra nelle migliori condizioni di conservazione delle strutture di epoca romana coeve, sia esistenti nella città, sia se paragonato agli altri impianti presenti del territorio della Regio IV Samnium e della Regio V Picenum, sebbene, nel periodo medioevale, fu utilizzato come cava di materiale lapideo per la costruzione di edifici vicini, in particolare della cattedrale. L'epoca di costruzione del Teatro teramano fu contemporanea a quella di altri edifici simili eretti in città limitrofe come: Amiternum, Peltuinum, Hatria ed Asculum. Edificato in età augustea, presentava nell'alzato del palcoscenico ricche decorazioni realizzate nel 30 a.C., disposte in nicchie alternate di forma rettangolare e semicircolare. Il monumento fu innalzato nel settore occidentale della città, molto probabilmente all’interno delle mura, e fu collocato nel punto d’ingresso alla città a livello del diverticulum (estroflessione) della via Caecilia che collegava Interamnia Praetuttiorum a Roma. Nel Museo Archeologico di Teramo è esposta una statua femminile acefala in marmo greco, rinvenuta nel 1942, facente probabilmente parte di un ciclo statuario dinastico concepito sotto il governo di Augusto il quale fu poi ampliato e implementato probabilmente sotto il governo dell’imperatore Claudio e di cui oltre ad essa sono giunte a noi due iscrizioni che menzionano i figli adottivi di Augusto morti prematuramente Lucio Cesare e Gaio Cesare. Nel medioevo il Teatro subì la stessa sorte di numerose altre opere monumentali romane tra cui anche il vicino Anfiteatro, ovvero fu utilizzato come cava di materiale per la costruzione di vari edifici limitrofi, in particolare per quella del Duomo di Teramo edificato nel XII secolo nell'area nord-occidentale adiacente al sito archeologico del Teatro. Nella parete nord-orientale esterna del Duomo e in alcune parti interne si possono pertanto tuttora osservare alcune pietre scolpite che furono asportate dalle costruzioni romane. Gli scavi nel centro storico di Teramo per il recupero del Teatro romano sono stati oggetto di lunghe vicissitudini. Per molto tempo il palcoscenico rimase nascosto dalla zona urbana sovrastante, comprendente tra gli altri i palazzi Adamoli e Salvoni edificati alla fine dell'Ottocento. Fu lo storico e archeologo teramano Francesco Savini a scoprire, nel corso del XX secolo, che sotto quell'area urbana c’era il Teatro nella sua interezza. Inizialmente l’archeologo pensava di indagare i resti dell’Anfiteatro ma successivamente la scoperta di elementi della scena e dell’orchestra costituirono per lui la prova che l’edificio in corso di esplorazione era un Teatro romano. Egli condusse quattro campagne di scavo partendo inizialmente da progetti a proprie spese. In seguito presentò un progetto presso l'Accademia dei Lincei e nel 1915 ricevette finanziamenti dalla Soprintendenza per le antichità di Marche, Abruzzo e Dalmazia, ma la prima guerra mondiale interruppe bruscamente i lavori che furono eseguiti solo in minor parte dopo il termine di essa. Nel 1934 il podestà Giovanni Lucangeli avviò la demolizione di alcuni degli edifici sorti su parte del Teatro romano, il cui isolamento e recupero era stato progettato dagli ingegneri Sigismondo Montani e Andrea Cardellini. Nel corso dei lavori si arrivò a distinguere il Teatro romano dal limitrofo Anfiteatro che nel Cinquecento, prima della demolizione delle strutture interne avvenuta nel XVIII secolo per fare posto al seminario vescovile aprutino, fu descritto dal vescovo di Teramo Giulio Ricci. Il ministro dell'Educazione Nazionale Giuseppe Bottai si recò a Teramo nel 1937 per un sopralluogo al Teatro e alle prime emergenze dell'Anfiteatro, prendendo la decisione di finanziare il recupero di entrambi i reperti romani. La demolizione fu interrotta nuovamente a causa della guerra e i finanziamenti andarono perduti. Da questo momento in avanti, all’incuria si aggiunsero anche controversie giudiziarie. Nel 1999, l’allora ministro dei beni culturali Giovanna Melandri stanziò 900 milioni di lire per l’acquisto, in vista dell’abbattimento, di palazzo Adamoli. La Soprintendenza tuttavia non esercitò il diritto di prelazione e, in seguito a numerosi atti di vendita tra società private, il palazzo fu infine acquistato dalla Regione Abruzzo per un milione e duecentocinquantamila euro, circa tre volte il prezzo fissato inizialmente dal ministero. Dal 2007 sono in corso i lavori per la demolizione che porteranno alla luce un'ulteriore porzione del monumento. Il cantiere tuttavia rimane inconcluso e palazzo Adamoli, a seguito del terremoto dell'Aquila del 2009, è oggetto di un ulteriore consolidamento delle strutture. Numerose furono inoltre le controversie riguardanti ulteriori atti di speculazione sui due palazzi da abbattere. Fino al 2021 era stato pertanto riportato alla luce solo il tratto orientale del palcoscenico mentre una larga parte dell’orchestra e della cavea rimanevano obliterate dalle costruzioni sovrastanti. Nel dicembre 2021 è stato avviato il cantiere per la realizzare infine la demolizione dei due palazzi, per la "rifunzionalizzazione" del Teatro e per la riqualificazione dell’area circostante. I due palazzi sono quindi oggetto di smontaggio piano per piano per evitare danni alle strutture sottostanti. I resti del complesso architettonico si trovano fra i 2,50 -3,00 metri al di sotto dell'attuale livello stradale e mostrano che la struttura originale poteva ospitare circa tremila spettatori sulle gradinate di forma semicircolare, la cavea, del diametro di 78 metri. La struttura interna si articolava in 21 settori radiali a cuneo dei quali si intuiscono le forme. Il perimetro della facciata esterna era, probabilmente, costituito da due ordini sovrapposti di arcate, poggianti su pilastri in opera quadrata, disposte in successione. Ne rimangono visibili solo due del piano inferiore. Le volte che sorreggevano la cavea erano realizzate in opera cementizia. Rimangono anche quattordici gradini in travertino che facevano parte di una delle gradinate che, attraverso i vomitoria permettevano l'uscita degli spettatori. Andrea Cardellini e Sigismondo Matteo Montani, Alcune considerazioni sul teatro romano di Teramo, Teramo, La Fiorita, 1934; Giammario Sgattoni, Sul teatro d'Interamnia: Discorso pronunciato il 18 giugno 1958 nel quadro delle manifestazioni del Giugno Teramano, Eco, Isola del Gran Sasso, 1960; Giammario Sgattoni, I monumenti scompaiono, in "Il Messaggero", edizione Abruzzo, 10 settembre 1969 (Sgattoni, ispettore onorario ai monumenti e le antichità, invia una lettera che viene pubblicata dal giornale, con la quale intende protestare contro le "ragioni superiori" che hanno sacrificato le bellezze del Teramano alle esigenze della "società dei consumi", impedito di riordinare il museo civico, di aprire un museo d'arte sacra e rovinato il Teatro romano); la lettera è stata ripubblicata in Fare cultura in Provincia. Testimonianza di Pasquale Limoncelli, Teramo, Casa della Cultura Carlo Levi, 1980, p. 47; Gianpiero Castellucci, Sul teatro d'Interamnia lettere aperte. Appunti sulla architettura tecnica. Un contributo per la ricostruzione dell'antico paesaggio urbano, in "Quaderni dell'Archeoclub di Teramo", Teramo, Quaderno n. 3, febbraio 2005; Paola Di Felice, Il Teatro romano di Teramo, in Teramo e la valle del Tordino, Teramo, Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo, 2006, (Documenti Abruzzo teramano, 7), pp. 137–148; Il recupero del Teatro Romano, in "Teramo Nostra", Teramo, a. I, n. 1, p. 7 (si ripercorre brevemente la storia del recupero del monumento, fino ai giorni nostri); Riccardo Di Cesare, INTERAMNA PRAETUTTIANORUM. Sculture romane e contesto urbano, Edipuglia 2010 Videografia Sandro Melarangelo, Storia del teatro romano di Teramo, Teramo, Pacotvideo, maggio 2007; Anfiteatro romano di Teramo Teatro romano (architettura) Chiesa di San Bartolomeo Duomo di Teramo Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su teatro romano di Teramo Foto del Teatro romano di Teramo, su foto.inabruzzo.it. URL consultato il 22 aprile 2016 (archiviato dall'url originale il 6 maggio 2016). Interamnia Praetutiorum, su cultura.regione.abruzzo.it. URL consultato il 22 aprile 2016.

Polittico del duomo di Teramo
Polittico del duomo di Teramo

Il polittico del Duomo di Teramo, firmato da Jacobello del Fiore, è una delle opere d'arte più pregevoli della cattedrale di Teramo. Il polittico è un capolavoro dell'artista veneziano, di stile Tardo gotico, ed è la sua ultima opera: infatti il pittore, che intorno al 1425-30 si era recato dalle Marche in Abruzzo dove aveva realizzato alcune opere per lo Stato di Atri (attuale Provincia di Teramo), prima di tornare a Venezia ove poi sarebbe morto, si fermò a Teramo perché gli Agostiniani che abitavano nel convento di Sant'Agostino gli commissionarono un grande polittico composto da sedici tavole da collocare sull'altare maggiore della loro chiesa. Nel Settecento il Vescovo della diocesi di Teramo decise di modificare l'interno del duomo in stile barocco e vi collocò alcune opere provenienti da chiese abbandonate o quasi sempre chiuse. Tra queste anche il polittico di Jacobello del Fiore, dal momento che la chiesa di Sant'Agostino non era più abitata dai monaci a seguito della soppressione innocenziana del 1652. Il polittico, da allora, venne conosciuto come Polittico del Duomo e fu collocato nella cappella laterale dedicata a san Berardo, patrono della città. Durante gli imponenti lavori di restauro ad pristinum condotti nel secolo scorso, le decorazioni barocche vennero interamente rimosse e gran parte delle opere decorative fu riportata nelle sedi originarie. Solamente la cappella di San Berardo venne mantenuta in stile barocco. Sull'altare di questa cappella fu quindi posto il polittico di Jacobello del Fiore, che non fu conseguentemente riportato nella chiesa di Sant'Agostino. Il polittico è costituito da sedici tavole a fondo oro disposte su due file, il tutto incorniciato da una ricca carpenteria lignea dipinta in oro, di chiaro stampo gotico, con decorazioni vegetali, profeti ed Evangelisti nei pinnacoli. La carpenteria fu realizzata nello stesso periodo del polittico da uno scultore abruzzese con influenze tedesche. La parte bassa presenta le tavole (cuspidate) più importanti, con i santi a figura intera. Da sinistra si distinguono: Santo vescovo San Girolamo dottore della Chiesa Sant'Agostino d'Ippona Incoronazione di Maria: questa è la tavola centrale, che è la parte principale del polittico. La particolarità di questa tavola sta nel fatto che sotto il gradino dove avviene l'Incoronazione, oltre ad esserci la committenza e la firma del pittore, si può vedere, tra due gruppi di oranti (a sinistra gli Agostiniani e a destra alcuni nobili) una raffigurazione della città di Teramo, la più antica che abbiamo, diventata anche il simbolo dell'Università degli Studi di Teramo: la città è rappresentata cinta da mura e torri tra le quali è possibile vedere anche il duomo, posta tra i fiumi Vezzola e Tordino (il nome Teramo, infatti, deriva dal latino interamnia, ovvero "città tra i fiumi"). San Berardo, vescovo e patrono di Teramo e della diocesi San Celestino V (?), papa San Nicola da Tolentino. Nella parte alta, invece, le tavole sono sempre cuspidate e a fondo oro, ma i santi sono a mezzo busto. Si distinguono: Santa Reparata di Cesarea di Palestina, patrona di Atri e poi compatrona della diocesi Evangelista San Pietro Il centro della parte alta è costituita da tre tavole separate da archetti pensili. Si distinguono: Madonna Addolorata (a sinistra) Cristo in Pietà (al centro) San Giovanni Evangelista (a destra) San Paolo Santo con libro Santa Monica.