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San Vito (Emilia-Romagna)

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San Vito (Romagna) 2013
San Vito (Romagna) 2013

San Vito è una frazione di 4.000 abitanti dei comuni di Rimini, Santarcangelo di Romagna e San Mauro Pascoli, posta al confine tra la Provincia di Forlì-Cesena e la Provincia di Rimini. Il confine tra i comuni di Rimini e Santarcangelo, e tra i comuni di Santarcangelo e San Mauro Pascoli, è segnato dalle vie Vecchia Emilia e Antica Emilia, corrispondenti al tracciato originario della Via Emilia. A San Vito è collocato il casello di Rimini nord dell'Autostrada A14. Detto "e puntaz" ovvero "il pontaccio", nei pressi della chiesa di S. Vito e S. Modesto sono visibili i ruderi di un ponte, un'arcata intera ed la parte di una seconda, con cui la via Aemilia, nell'antico tracciato, superava il torrente Uso. Le strutture in muratura attualmente visibili risalgono all’epoca malatestiana, ma le strutture portanti sono realizzate in blocchi in pietra d’Istria. A seguito dei dissesti idrografici avvenuti in epoca post-medievale il fiume Uso si è spostato più a ovest, lasciando i ruderi del ponte isolati in mezzo ai terreni coltivati. Nel '700 già si sapeva che questo ponte era romano: in un documento del 1735 la Comunità di Rimini richiedeva al papa il permesso di poter asportare "quei marmi che sono rimasti dall'antiche rovine del Ponte al fiume Rubicone volgarmente chiamato Uso" per poter restaurare il Ponte di Tiberio. Nel 2004 gli scavi condotti dalla Soprintendenza per i Beni archeologici hanno confermato quanto scritto nel documento del 1735: il ponte è romano, con la parte alta medievale, probabilmente di epoca malatestiana, e una parte bassa, a livello di fondazioni, di epoca romana, e che doveva essere di grandi dimensioni, ad almeno cinque arcate come il Ponte di Tiberio a Rimini. La principale squadra di calcio del paese è stata la Sanvitese, che tuttavia il 5 luglio 2011 ha ratificato la propria fusione con il Sant'Ermete formando di fatto una nuova società. Nel 2012 il Real Rimini è emigrato a San Vito per disputare il campionato di Eccellenza, prima di ritirarsi nel novembre dello stesso anno. Dal 2010 si è costituita la ASD San Vito, che opera esclusivamente con il settore giovanile. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su San Vito

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San Vito (Romagna) 2013
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Ponte di San Vito
Ponte di San Vito

Il ponte romano di San Vito, conosciuto localmente anche come il Pontaccio (e Puntaz in romagnolo), era un ponte romano a San Vito, una frazione ai confini di Rimini, Santarcangelo di Romagna e San Mauro Pascoli, nella regione dell'Emilia-Romagna, nel Italia settentrionale. Risalente al regno dell'imperatore Augusto, il ponte si trovava su un tracciato della Via Emilia, l'antica strada romana che collegava Ariminum (la moderna Rimini) e Placentia (Piacenza). Il ponte attraversava il fiume Uso, che ora scorre a pochi metri a est. Nel XIV secolo, Galeotto I Malatesta, signore di Rimini, sostituì il ponte; un arco del ponte medievale rimane ancora esistente sopra le pietre augustee. Le pietre dei ponti, apprezzate per la loro eccellente qualità, furono estratte nei secoli successivi, contribuendo anche ai restauri del Ponte di Tiberio di Rimini. Nel ottobre 2022, il governo municipale di Rimini ha incorporato l'arco esistente in un parco pubblico. Il ponte augusteo era probabilmente monumentale, con una lunghezza totale di circa 90 metri (300 piedi), e con otto o più archi. Nei secoli recenti, gli storici riminesi hanno rivendicato il ponte come il luogo in cui Giulio Cesare attraversò il Rubicone. Il ponte di San Vito fu quasi certamente costruito durante il regno dell'imperatore romano Augusto, dato sia dalle pietre che da una pietra miliare ritrovato a pochi metri dal ponte nel 1949, che attribuisce il restauro della strada alla commissione di Augusto nel 2 a.C.. Fu costruito sulla Via Emilia, un'antica strada romana tra Ariminum (la moderna Rimini) e Placentia (Piacenza) che risale a Marco Emilio Lepido nel 187 a.C.. La sezione della Via Emilia tra Savignano sul Rubicone e Santa Giustina, ora conosciuta come Via Emilia Vecchia, sostituì un precedente percorso della strada attraverso Santarcangelo di Romagna. Il ponte augusteo probabilmente sostituì un ponte precedente. Attraversava il fiume Uso, che scorre da Perticara, una frazione di Novafeltria, fino al mare Adriatico a Bellaria-Igea Marina. Il fiume ora scorre a pochi metri a est del ponte. Nel XIV secolo, Galeotto I Malatesta, signore di Rimini, sostituì il ponte augusteo nel tentativo di ridurre l'importanza di Santarcangelo, che era diventata un vicariato sotto i papi di Avignone. Un arco del ponte medievale rimane ancora esistente sopra le pietre augustee. Nei secoli successivi, a seguito del crollo del ponte medievale, San Vito divenne rinomata come cava, utilizzando le pietre del ponte augusteo, note per la loro eccellente qualità. Le pietre furono utilizzate per ripavimentare il pavimento della cattedrale di Santa Colomba di Rimini e potrebbero essere state utilizzate anche per la costruzione del Tempio Malatestiano. Nel 1550, Leandro Alberti scrisse nella sua Descrittione di tutta Italia che "era anticamente quivi sulla via Emilia un ponte di pietra... di cui insino ad oggi appaiono i vestigi". Nel 1680, Agostino Martinelli, un architetto di Ferrara incaricato di restaurare un arco del Ponte d'Augusto di Rimini, recuperò blocchi di calcare bianco di Aurisina dal fiume a San Vito; i blocchi erano identici a quelli del ponte riminese. Nel 1735, Giulio Alberoni permise ulteriori "marmi che sono rimasti delle antiche ruine ... quali stanno inutilmente nell’acqua" di essere rimossi per il restauro del Ponte d'Augusto. Fino alla seconda guerra mondiale, durante le stagioni secche, i resti di un blocco di calcare, noto come le Genghe, emergevano dal letto del fiume Uso; il blocco era utilizzato dalle donne di San Vito per lavare i panni. Era situato a poche decine di metri dall'arco esistente. Nel 1959, uno scavo condotto da Riccardo Gizdulich identificò il ponte come medievale. Nel 1988, lo storico locale Giovanni Rimondini pubblicò una raccolta di testimonianze sul ponte augusteo. La raccolta fu seguita da uno scavo archeologico nel 2004, commissionato dal comune di Rimini e guidato dall'archeologo locale Marcello Cartoceti, su sollecitazione del parroco locale. Lo scavo ha portato alla luce i resti del ponte augusteo sotto l'arco medievale sopravvissuto. La prima trincea dello scavo procedeva da una struttura esistente verso il fiume, scoprendo solo terra e ghiaia. Una seconda trincea verso la chiesa del villaggio ha scoperto uno sperone di frangiflutti che suggeriva che il punto di partenza fosse un pilone. Esponendo la parte a monte dello sperone, lo scavo ha scoperto pietre regolarmente sagomate del ponte romano e un pilastro medievale a pochi centimetri sotto la trincea originale. A partire dagli anni 2000, il comune di Rimini ha acquistato l'area attorno all'arco in due fasi. Nel 2021, ha annunciato che avrebbe riqualificato l'area, fornendole accesso pubblico e abilitando iniziative ricreative estive. I residenti locali avevano richiesto che il ponte diventasse uno spazio culturale per oltre vent'anni. L'anno seguente, gli scavi associati alla riqualificazione hanno recuperato la pavimentazione della via Emilia. Il 16 ottobre 2022, la riqualificazione è stata inaugurata da Jamil Sadegholvaad, sindaco di Rimini. L'arco esistente è circondato da un percorso circolare, ed è accessibile dalla chiesa del villaggio. I percorsi sono illuminati di notte. Il ponte è fatto di blocchi di calcare bianco di Aurisina, noto come pietra d'Istria. È stato utilizzato anche calcare rosso ammonitico di Verona, simile a quello usato come lastra di fondazione nel ponte augusteo a Savignano sul Rubicone. La lunghezza totale del ponte era probabilmente di circa 90 metri (300 piedi), più lunga del Ponte di Tiberio di Rimini, come suggerito anche dal numero di pietre recuperate. Nel 2019, per spiegare la lunghezza del ponte, Rimondini ipotizzò che potessero esserci stati due ponti, che attraversavano l'Uso in diversi meandri, a cui Cartoceti rispose che, localmente, i Romani costruivano più comunemente un grande ponte su fiumi larghi piuttosto che due separati. Un disegno del 1825 dell'ingegnere locale Maurizio Brighenti indicava l'area dove le fondazioni dei piloni del ponte emergerebbero dal letto del fiume durante le stagioni secche. Il disegno suggeriva che il ponte avesse otto o più archi, terminando sulla riva destra dell'Uso attuale. Dopo essere stati pubblicati da Rimondini, i disegni di Brighenti andarono perduti negli archivi statali di Forlì. Lo scavo del 2004 suggerì che due archi avevano un diametro di almeno 5,6 metri (18 piedi), mentre il pilone aveva uno spessore di 2,9 metri (9,5 piedi). Per gli storici che identificano l'Uso con lo storico attraversamento del Rubicone da parte di Giulio Cesare nel 49 a.C., che aprì la guerra civile di Cesare, il Ponte di San Vito sarebbe stato il punto di attraversamento di Cesare. Con l'eccezione di Luigi Tonini, la maggior parte degli storici locali riminesi favoriva la rivendicazione dell'Uso rispetto a quella del Fiumicino di Savignano di Romagna e del Pisciatello, un affluente del Fiumicino che scorre più vicino a Cesena. Gli storici locali e gli archeologi hanno sostenuto ulteriori scavi archeologici del Ponte di San Vito per comprendere queste incertezze. Altri sostenitori della rivendicazione dell'Uso sostengono che il punto di attraversamento di Cesare non fosse San Vito, ma vicino a una pineta presso la foce dell'Uso a Bellaria, lungo la via Popilia. Scrivendo su San Vito nel 1681, Martinelli, che restaurò il Ponte di Tiberio, si meravigliava che un ponte così grandioso fosse stato costruito per "un picciol torrente da superarsi con li salti". Egli opinava: Nel permesso di Alberoni del 1735 per rimuovere più pietre dalla cava, il ponte a San Vito viene chiamato le "antiche ruine del Ponte del Fiume Rubicone volgarmente chiamato Uso quali stanno inutilmente nell’acqua". Il 4 agosto 1933, il governo del dittatore fascista italiano Benito Mussolini, con decreto di Vittorio Emanuele III, rinominò Savignano come Savignano del Rubicone, dando sostegno alla rivendicazione del Fiumicino. Nonostante il sostegno ufficiale al Fiumincino, che fu rinominato Rubicone, gli storici locali continuarono a dibattere sul sito dell'antico fiume, credendo che la decisione fosse arbitraria e politicamente motivata. Negli anni del dopoguerra, Augusto Campana, uno storico locale che scrisse sulla via Emilia, espresse interesse per la rivendicazione di San Vito. Nel ventunesimo secolo, l'interesse per il Ponte di San Vito ha rivitalizzato il sostegno per la rivendicazione dell'Uso. Nel marzo-aprile 2013, un articolo di Rimondini in Ariminum, la pubblicazione di storia e cultura locale del Rotary Club di Rimini, ha riesaminato la rivendicazione di San Vito. Coincidentally, Per coincidenza, Daisuke Konishi, un giornalista della Kyodo News, stava terminando un report sulle rivendicazioni storiche del Rubicone. La rivendicazione di San Vito è stata quindi presentata in diversi report sui media nazionali e internazionali, inclusi Avvenire, Il Resto del Carlino, La Voce, e diversi giornali giapponesi. Nel agosto 2013, le diverse rivendicazioni del fiume sono state presentate in un processo simulato a San Mauro Pascoli, portando a ulteriori coperture stampa. Nel luglio 2018, uno spettacolo sul processo a Cesare è stato reinterpretato al ponte. Nel novembre 2019, il Rotary Club di Rimini ha ospitato una conferenza sulla rivendicazione di San Vito nel Museo della Città di Rimini. L'archeogeografo francese Gérard Chouquer ha identificato l'Uso come la sponda occidentale del conoide alluvionale della Marecchia, e sospettava che questo fosse probabilmente l'estremità della centuriazione di Rimini, e quindi i confini della colonia romana tra i suoi anni fondativi del 286 a.C. e il 171 a.C.. Il Rubicone era il limes (limite) della Gallia Cisalpina. La pietra miliare recuperata nel 1949 registra 7 miglia romane da Ariminum. Nella Tabula Peutingeriana, il Rubicone è segnato tra Ad confluentes (identificato con San Giovanni in Compito) sulla sua sponda sinistra e 12 miglia romane sulla sua sponda destra. Supponendo che entrambi i marcatori si riferiscano ad Ad confluentes, se l'etichetta per Ad confluentes è intesa a riferirsi a un insediamento sulla sponda occidentale del Rubicone, allora il Fiumicino tra San Giovanni in Compito e Savignano è un candidato principale per il Rubicone. Se invece l'etichetta è intesa a riferirsi a un insediamento a un salto nella strada più a ovest del Rubicone piuttosto che a un insediamento vicino al Rubicone, allora il Rubicone si troverebbe a metà strada tra Ariminum and Ad confluentes, per cui l'Uso a San Vito sarebbe un candidato coincidente. La pietra miliare suggerisce che la strada attraverso San Vito fu restaurata nel 2 a.C., molto tempo dopo l'attraversamento di Cesare. Tuttavia, non è chiaro perché Augusto abbia deviato la via Emilia attraverso San Vito, che escludeva Santarcangelo di Romagna sulla precedente rotta della via Emilia, con un risparmio di tempo di viaggio poco discernibile. Infatti, il fiume era più largo a San Vito di quanto non fosse vicino a Santarcangelo, dove era attraversato da un ponte di pietra. Commemorare l'attraversamento di Cesare a San Vito potrebbe essere una ragione per la deviazione della strada, particolarmente data la natura monumentale del ponte. La chiesa parrocchiale di San Vito è registrata per la prima volta tra l'889 e l'898. La sua vicinanza al fiume, che è soggetto a forti inondazioni, suggerisce che potrebbe aver custodito un'area considerata storicamente importante o sacra.

Santarcangelo di Romagna
Santarcangelo di Romagna

Santarcangelo di Romagna (Santarcànzal o Santarchènzli in romagnolo) è un comune italiano di 22 281 abitanti della provincia di Rimini in Emilia-Romagna, posto sulla SS 9 Emilia, al confine con la provincia di Forlì-Cesena. Santarcangelo è bagnata dai fiumi Uso e Marecchia; si sviluppa attorno al colle Giove alto circa 90 metri s.l.m. e a ridosso delle prime colline dell'Appennino tosco-romagnolo. A 10 km si trovano Rimini e il mare Adriatico. Il centro abitato più antico dell'attuale territorio di Santarcangelo è San Vito (3 km a nord), posto sul tracciato dell'antica via Emilia, la strada consolare che collegava Ariminum (Rimini) con Placentia (Piacenza). Santarcangelo fu edificata attorno a una fortificazione, attestata per la prima volta nel Codice Bavaro (IX secolo), costruita alle pendici di Monte Giove. La seconda più antica citazione del centro abitato risale all'anno 1164: in quell'anno l'imperatore Federico Barbarossa sostò a Santarcangelo per concedere due diplomi ai monasteri ravennati di Sant'Apollinare e di San Severo. A partire dal XIII secolo Santarcangelo fu dominata dai conti Balacchi, una famiglia antiquitate generis et gloria maiorum originaria forse di Santarcangelo stesso oppure, secondo altre fonti meno accreditate, di Rimini, poi spodestata agli inizi del XV secolo dai Malatesta, nemici di vecchia data. Il dominio dei Balacchi ebbe una conclusione con le pesanti sconfitte politiche e la scomunica del suo ultimo esponente, Paolo, rimosso dal controllo della città da papa Bonifacio IX (1389-1404). I Malatesta tennero Santarcangelo fino al 1462 eccetto nel periodo dal 1353 al 1376 quando, conquistata dal cardinale Albornoz, la città fu sede di un vicariato governato direttamente dalla Santa Sede. Tolta da papa Pio II a Sigismondo Malatesta, fu data in feudo agli Zampeschi e successivamente ai Pallavicino. L'attuale stemma e il gonfalone di Santarcangelo di Romagna sono stati concessi con il decreto del presidente della Repubblica del 9 gennaio 2004 che modifica leggermente il precedente decreto di riconoscimento del capo del Governo dell'8 dicembre 1942. L'attuale gonfalone, concesso del 2004, è un drappo trinciato di giallo e di azzurro, in precedenza era un drappo di azzurro concesso con DPR del 14 giugno 1956. Arco di Papa Clemente XIV: l'accesso monumentale a Piazza Ganganelli. Fu voluto dai santarcangiolesi nel 1769, anno in cui il concittadino cardinale Lorenzo Ganganelli venne eletto papa con il nome di Clemente XIV. Fu progettato dall'architetto imolese Cosimo Morelli, ma fu terminato solo nel 1777, tre anni dopo la morte del pontefice. Pescheria: realizzata nel 1829 su progetto del santarcangiolese Eustacchio Maggioli, è caratterizzata da una semplice struttura in mattoni con quattro ampie porte di accesso, sulle quali sono ancora visibili i cancelli originali in ferro battuto e i banchi di pietra della vicina Repubblica di San Marino. Campanone: situato nel cuore del borgo medievale di Santarcangelo di Romagna è, insieme all'Arco di Papa Clemente XIV, il monumento più identificativo della città. Costruito nel 1893, alto 25 metri, in stile neogotico con merlatura in alto e coronato dall'immagine di San Michele Arcangelo in ferro battuto a mano indicante la direzione del vento. Porta del Campanone Vecchio: risalente al XII-XIII secolo, costituisce il più antico accesso della prima fortificazione costruita sul Colle Giove. Un tempo era sormontata da una torre campanaria, ma nel 1880 circa la popolazione, dato che considerava la torre fatiscente, decise di abbatterla. Oggi sono ancora visibili i resti della prima cinta muraria in prossimità della porta. Porta Cervese: risalente al XV - XVI sec., conosciuta anche come la Porta del Sale (dato che si immette sulla via che in passato collegava Santarcangelo con la città salinara di Cervia), unico accesso rimasto intatto della seconda cinta muraria. Sferisterio: campo rettangolare adiacente alla cinta muraria cittadina, realizzato per ospitare l’antico gioco del pallone col bracciale, molto popolare in città nella prima metà del Novecento, quando la squadra di Santarcangelo si distinse a livello nazionale col proprio campione Francesco Darolt. Stamperia Marchi: una delle botteghe più antiche d'Italia, conserva l'intero patrimonio decorativo del territorio romagnolo, tuttora visibile nelle classiche tele stampate a mano romagnole. Fin dal 1633 vi è custodito un antico mangano, unico al mondo ancora utilizzato per la stiratura degli antichi tessuti di canapa e cotone. Il mangano è un argano a forza umana, già documentato dall'Encyclopédie di Diderot e D'Alambert: due operai camminano dentro la sua ruota lignea di cinque metri di diametro; l'argano muove una grande pietra posta su due rulli di legno ("subbi"); la tela avvolta sul subbio viene così stirata. La tela manganata viene poi decorata utilizzando tutt'oggi i metodi di una volta, con stampi in legno di pero intagliati a mano e antichi impasti di colore, come quello ottenuto dalla ruggine del ferro. La tela, una volta asciutta, viene infine immersa in un bagno acido, che fissa definitivamente il colore delle decorazioni, rendendole indelebili. Fontana di Tonino Guerra: ideata da uno dei cittadini più illustri di Santarcangelo di Romagna, Tonino Guerra, la fontana si trova all'ingresso del parco cittadino Campo della Fiera. La fontana è a sua volta costituita da due fontane (quella del prato sommerso e quella dei fiori di pietra). Al centro è situata una composizione dell'artista Fausto Baldessarini costituita da quattro sculture in vetro. In tutto il paese sono presenti poi altre fontane ideate sempre da Tonino Guerra. Rocca Malatestiana: La Rocca Malatestiana di Santarcangelo è stata voluta e costruita, come molte altre rocche presenti in Romagna, dalla famiglia Malatesta, in particolare da Carlo Malatesta nel 1386. La struttura è caratterizzata da un'alta torre del XIV secolo. La Rocca assunse però solo nel 1447 la struttura che ancora oggi conserva grazie agli ultimi interventi voluti da Sigismondo Pandolfo Malatesta. Chiesa collegiata di San Michele Arcangelo: è l'edificio di culto più importante di Santarcangelo e risale al XVIII secolo. Al suo interno, fra le altre cose, è conservato un quadro di Guido Cagnacci, un Crocifisso di Pietro da Rimini e un organo di Gaetano Callido. Pieve di San Michele Arcangelo: edificio religioso più importante della città e del territorio fino alla metà del XVIII secolo, è il luogo di culto più antico della città. La chiesa risale al VI secolo e fu costruita in stile bizantino su modello delle chiese ravennati di età giustinianea. Presenta particolarissime deformazioni strutturali atte a correggere gli errori di visione prospettica (ad esempio le pareti sono leggermente inclinate rispetto agli assi ortometrici). Il campanile è posto proprio sulla facciata e risale al XII-XIII secolo. Per entrare all'interno del luogo di culto bisogna quindi attraversare il campanile. Cappella Zampeschi: situata lungo via della Cella, la facciata di questa piccola chiesetta, ora sconsacrata, è l'unica struttura della via rimasta illesa durante la seconda guerra mondiale Chiesa di Sant'Agata Vergine e Martire nella frazione di Montalbano. Grotte: Nella parte orientale del colle Giove di Santarcangelo di Romagna sono scavati nell'arenaria e nell'argilla circa 150 ipogei che formano un percorso sotterraneo di circa 5–6 km. La maggior parte risalgono al periodo medievale, in tale periodo vennero utilizzati come depositi e cantine per la conservazione del Sangiovese (dato che la temperatura è costantemente di circa 12 °C e l'umidità dell'80-90%) e altri, secondo gli studiosi, hanno avuto origini più antiche, utilizzate in particolare come grotte paleocristiane e luoghi di culto romano o bizantino. Durante la Seconda guerra mondiale sono stati ottimi rifugi per gli abitanti della città e, per questo motivo, furono messi tutti in comunicazione. Piazza Ganganelli: piazza principale della cittadina, vi spiccano l'arco dedicato a Lorenzo Ganganelli (Papa Clemente XIV, nato a Santarcangelo nel 1705) eretto nel 1777 e il monumento ai caduti di Bernardino Boifava del 1925. È circondata da portici che testimoniano la vita commerciale della città. Abitanti censiti Al 31 dicembre 2022 la popolazione straniera è di 1.892 persone, pari al'8,6% della popolazione. Museo Etnografico degli Usi e Costumi della Gente di Romagna (MET): Inaugurato nel 1981, raccoglie e conserva le testimonianze del territorio e delle sue tradizioni popolari soprattutto legate al lavoro contadino. Museo Storico Archeologico (MUSAS): Situato all'interno del seicentesco Palazzo Cenci, il museo custodisce il patrimonio archeologico e artistico della città. Museo del Bottone: Il museo ospita una collezione di 8 500 bottoni divisa in tre sezioni (la storia del 1900 - i bottoni del 1700-1800 - le curiosità dal mondo). Il Museo, fondato da Giorgio Gallavotti nel 2008, è il primo e l'unico del suo genere in Italia: la sua caratteristica è il racconto della storia sociale, politica, culturale e di costume proprio tramite i bottoni. Quando accadono degli avvenimenti storici spesso qualche stilista mette questi avvenimenti su un bottone, che diventa testimone di quell'avvenimento. All'apertura del Museo i bottoni in mostra erano 8 500, ora sono 15 000 arrivati da tutto il mondo, dall'estremo nord: Lituania, all'estremo sud: Sudafrica. Biblioteca Comunale Antonio Baldini: Aperta al pubblico nel 1974, la biblioteca comunale possiede più di novantamila libri, con speciale attenzione alle sezioni di teatro, in particolare teatro contemporaneo, e poesia dialettale, con focus su quella romagnola. L'artigianato principale del borgo, attivo fin da un passato remoto, è la stampa su tela. Il laboratorio di stampa, ancora attivo, utilizza una particolare pressa (mangano) per imprimere sulla tela indelebili motivi ornamentali a base di pigmenti di ruggine e di altre tinte, utilizzando stampi tradizionali scolpiti a mano con decorazioni tipiche romagnole che si ispirano alla civiltà contadina. Nello scorso secolo la nobildonna Eugenia Rasponi, pronipote di Gioacchino Murat, appassionata da questa forma di artigianato, abitò la Rocca Malatestiana del borgo e creo un'impresa di diffusione attraverso progettazione e costruzione di arredo, mobilio e tessuti. A Santarcangelo, dagli anni novanta, si è stabilita la più consistente e artisticamente attiva comunità mutoide d'Europa. Essi nel 1991 hanno fondato Mutonia, villaggio costruito in un ex cava abbandonata nei pressi del fiume Marecchia. I Mutoid sono diventati famosi per le gigantesche sculture anche semoventi, dette mutoidi, saldate utilizzando esclusivamente materiale di recupero e per i bizzarri e avanguardisti riadattamenti degli edifici in disuso Santarcangelo dei Teatri - Festival Internazionale del Teatro in Piazza, una delle più importanti manifestazioni teatrali d'Italia, si tiene dal 1971. Evento artistico dedicato al teatro contemporaneo e sperimentale, alla danza e alle arti performative. Fondato nel 1971, la prima edizione si svolse sotto la guida artistica di Piero Patino, che rimase poi in carica fino al 1977. Il festival, che ha luogo solitamente nel mese di luglio, è dal 2022 sotto la guida artistica del drammaturgo polacco Tomasz Kireńczuk. San Martino (11 novembre), in cui ha luogo l'antica fiera del bestiame, conosciuta come la Fiera dei Becchi o dei Cornuti, una delle fiere più importanti della Romagna. Come evento collaterale alla fiera vi è la tradizionale "corsa dei becchi". Oltre a eventi culturali e sportivi, alla Fiera di San Martino ha luogo anche il Palio della Piada, giunto alla sua 24ª edizione nel 2023, dove si compete per produrre la migliore piadina. Fiera di San Michele, la fiera più antica della città, dedicata agli animali e al mondo agricolo, con mostre e iniziative a essi dedicate. Chiamata anche la Fiera degli uccelli, poiché si svolge la gara canora per uccelli alla quale partecipano allevatori di richiami vivi, oggi sostituita in parte dalle esibizioni delle Unità Cinofile delle Aquile di Rimini della Protezione Civile. Famoso per la citazione nel film “Fantozzi subisce ancora” (1983) fatta da Loris Batacchi (Capufficio del Reparto Pacchi) interpretato da Andrea Roncato. La Giola Sita lungo la strada provinciale che conduce a Bellaria e in prossimità del fiume Uso, è costituita da un agglomerato di abitazioni, tipico delle zone rurali (detto anche "ghetto", secondo la denominazione locale) oggetto di una significativa espansione edilizia negli ultimi anni del XX Secolo. Faceva parte, assieme a San Bartolo, della più ampia frazione di Sant'Agata. Fino agli anni ottanta era nota per un lungo filare di grandi ciliegi che fiancheggiava la strada provinciale. È presente una piccolissima chiesa eretta nell'anno 1700 e restaurata nel 2007, dedicata a San Giacomo il Maggiore. Santa Giustina Condivisa con il comune di Rimini. San Vito Frazione condivisa con i comuni di Rimini e di San Mauro Pascoli, il confine tra la parte santarcangiolese e quella riminese e sammaurese è la via Antica e Vecchia Emilia, corrispondente al tracciato dell'antica strada consolare romana. Ha quale simbolo distintivo, quello che i sanvitesi chiamano e puntaz, un vecchio ponte romano, del quale resta una sola arcata. Non essendovi certezza nell'individuazione del fiume coincidente col Rubicone di epoca romana, è possibile che sia questo (e non quello sul fiume Rubicone sito a Savignano sul Rubicone) il ponte attraversato da Giulio Cesare sul quale pronunciò la frase "Alea Iacta Est (il dado è tratto)". Casale San Vito Compreso tra San Vito e Santa Giustina celebre per il monastero dei frati. San Martino dei Molini o dei Mulini Costeggia il fiume Marecchia dal lato sud fino a Sant'Ermete. Canonica Al confine con Camerano di Poggio Berni. Ciola-Stradone Condiviso con il comune di Borghi. Montalbano A circa 6km da Santarcangelo, la frazione di Montalbano sorge a 154m sul livello del mare. San Michele È la più grande delle frazioni, in quanto il suo effettivo territorio copre tutto la parte del comune tra Sant'Andrea di Poggio Berni, il fiume Uso e il fiume Marecchia circondando per due terzi il centro cittadino fino a Santa Giustina. Sant'Ermete Attraversata dalla ex-strada statale Marecchiese che occupa tutta la parte sud-orientale al di là del fiume Marecchia da San Martino dei Mulini fino al crinale delle colline percorso dalla via Santa Cristina di Rimini. Sant'Agata Oggi comunemente chiamata San Bartolo, dal nome della strada che l'attraversa, comprendeva anche La Giola. Santarcangelo di Romagna è connessa all'autostrada A14 tramite il casello di Rimini Nord. Altre vie di comunicazione sono la strada statale 9 Via Emilia, la Strada Provinciale 136, che la collega alla Strada statale 16 Adriatica e la Strada Provinciale 14, che la collega alla Valmarecchia. Nel comune si trova la stazione di Santarcangelo di Romagna, posta sulla linea Bologna-Ancona e servita da treni regionali. La stazione cittadina sarebbe dovuta essere il capolinea settentrionale della ferrovia Subappennina, progetto mai concluso. I trasporti interurbani di Santarcangelo vengono svolti con autoservizi di linea gestiti da START Romagna e TPER. Santarcangelo Calcio è una squadra di calcio di Santarcangelo di Romagna, fondata nel 2019. Milita attualmente nel campionato di seconda categoria Girone O Rimini e dispone di un settore giovanile. A.S.D. Santarcangiolese Basket fondata nel 2011, milita nel campionato di promozione regionale. Abc Santarcangelo A.S.D. milita nel campionato di C Silver Emilia-Romagna di Basket. Angels Santarcangelo, fondata nel 1978, dispone di un settore giovanile. A.S.D. CNO Santarcangelo Basket, fondata nel 2011. Milita attualmente nel campionato UISP della provincia di Rimini. Detentore del Titolo Italiano UISP 2022-2023. A.S.D. DREAM CITY Santarcangelo Basket, fondata da Andrea Renzi nel 2019. Milita attualmente nel campionato UISP della provincia di Rimini. Associazione sportiva Atletica Rimini Nord Santarcangelo c/o stadio comunale via della Repubblica. Divisa in due settori, settore atletica con circa 110 tesserati tra giovani e master e settore podismo con circa 80 tesserati. 2008 le allieve conquistano il 2º posto nei campionati nazionali A3 a Bastia Umbra, nel 2010 1º posto regionale nel gran prix di marcia femminile, nel 2011 1º posto nei campionati di società ragazze a Sasso Marconi. La società vanta tra le proprie file atleti campioni italiani master. Nel 2014 l'atleta master Max Salvi porta l'Italia alla conquista dei campionati europei di icosathlon e conquista l'Argento individuale. Colori sociali giallo con bande blu. A.S.D. Santa Giustina San Vito, fondata nel 2009. Milita attualmente nel campionato di Promozione girone D dell'Emilia-Romagna e dispone di un settore giovanile. A.C.D. Sanvitese, fondata nel 1975. Milita attualmente nel campionato di Promozione girone D dell'Emilia-Romagna e dispone di un settore giovanile. A.S.D. S. Ermete, fondata nel 1972. Milita attualmente nel campionato di Prima Categoria girone H dell'Emilia-Romagna e dispone di un settore giovanile. Pol. Dil. Canonica, fondata nel 1980. Milita attualmente nel campionato di Terza Categoria girone A della Provincia di Rimini. Motoclub Acerboli, associazione sportiva affiliata alla Federazione Motociclistica italiana, fondata nel 1988. Organizzatrice di gare di campionato italiano di Motorally. Gli associati si dedicano in prevalenza ad attività di enduro e fuoristrada. Alcuni piloti tesserati della società partecipano al campionato italiano motorally con risultati lusinghieri. Negli ultimi anni si dedica a organizzare manifestazioni motoristiche a scopo di beneficenza. Shotokan Karate Club Santarcangelo, fondata nel 1973 Santuario della Madonna di Casale Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Santarcangelo di Romagna Wikivoyage contiene informazioni turistiche su Santarcangelo di Romagna Sito ufficiale, su comune.santarcangelo.rn.it. Santarcàngelo di Romagna, su sapere.it, De Agostini. Informazioni storiche, culturali e turistiche, su santarcangelodiromagna.info, Ufficio Informazione ed Accoglienza Turistica (IAT) di Sant'Arcangelo di Romagna.

Santuario della Madonna di Casale

Il santuario della Madonna di Casale è un edificio di culto cattolico situato nel comune di Santarcangelo di Romagna (Rimini). L'edificio originale seicentesco è stata distrutto nel 1944 dall'esercito tedesco in ritirata. L'attuale santuario è una costruzione moderna inaugurata nel 1964. La chiesa custodisce l'urna con le reliquie del passionista Pio Campidelli (1868-1889), beatificato da papa Giovanni Paolo II il 17 novembre 1985. Il santuario sorge lungo la via Emilia vecchia, tra le due frazioni di Santa Giustina e San Vito di Romagna. Lungo questa arteria, che un tempo era la principale Emilia, fu eretta agli inizi del 1500 un'edicola dedicata alla Madonna. Al suo interno, un affresco raffigurante la Vergine con il Bambino accoglieva i viandanti che si fermavano per una sosta sul loro percorso e per fare una preghiera. Alcuni particolari eventi miracolosi, avvenuti a partire dal 1596, suscitarono l'entusiasmo e la devozione di numerose persone. Tanto che, per accogliere i pellegrini in numero sempre crescente, nel 1602 si costruì una nuova grande chiesa. In stile basilicale a croce latina e con sei cappelle laterali, fu insignita del titolo di Santuario ed Abbazia. Dal 1609 al 1877 il santuario fu officiato da rettori diocesani, nominati dal vescovo di Rimini. La grande affluenza di devoti rendeva necessario però un servizio religioso più efficiente, così il vescovo Luigi Raffaele Zampetti vi chiamò una comunità di sacerdoti passionisti che giunsero a Casale nel 1878. Il santuario seicentesco fu distrutto nel 1944 dagli eventi bellici. L'attuale edificio, in stile moderno, è stato costruito nel 1964. Nel 1593 i fedeli di Casale restaurarono l'edicola dedicata alla Madonna che era lungo la via principale del borgo, e commissionarono a un pittore locale, Baldassarre Pasolini di Longiano, di dipingere una nuova immagine di Maria. Le vaste dimensioni dell'affresco originario - 130 cm per 110 - fanno pensare ad una cella capace di accogliere almeno alcune persone. L'affresco, insieme a quasi tutta la chiesa, andò quasi totalmente distrutto nel 1944, durante la seconda guerra mondiale; ne è rimasta solo la parte centrale con il volto della Vergine e del Bambino. Si salvò anche la tomba di Pio Campidelli che vi era stata trasferita nel 1923. Tre anni dopo il restauro, nel giugno del 1596, la Madonna di Casale cominciò ad operare miracoli. Il primo fu quello a favore di una signora Caterina, moglie di Sebastiano del Duro. Ella era in casa afflitta per il marito imprigionato ingiustamente. Le fece visita una pellegrina che, saputa la vicenda, le consigliò di recarsi ad accendere una candela davanti all'immagine della Madonna e di pregare con fede affinché il suo consorte fosse liberato. Caterina seguì il buon consiglio. La sera stessa il coniuge ritornò a casa. Grande fu la meraviglia e la festa. Caterina cercò la donna che l'aveva visitata e consigliata, chiese a tutti se l'avessero vista, ma nessuno la conosceva o l'aveva mai incontrata. La misteriosa visitatrice fu subito associata alla Madonna stessa. A seguito di questo primo evento miracoloso ve ne furono molti altri e ancora oggi l'immagine della Vergine Maria reca conforto e grazie a chi si rivolge a Lei. Il santuario edificato sul luogo fu dedicato alla Madonna della Visitazione, proprio in memoria della miracolosa visita ricevuta dalla signora Caterina. La festa patronale è fissata l'8 settembre. I festeggiamenti iniziano la domenica precedente con una partecipata gara podistica a cui partecipano atleti di varie fasce di età denominata "Sagra delle Mandorle". La memoria di Pio Campidelli ricorre il 2 novembre. Gabriele Cingolani, Pio Campidelli, edizioni paoline, Alba 1989. Pio di San Luigi Sito ufficiale, su madonnadicasale.it.

Rocca Malatestiana (Santarcangelo di Romagna)
Rocca Malatestiana (Santarcangelo di Romagna)

La rocca Malatestiana, nota anche come castello di Santarcangelo, è una fortificazione sulla sommità di una collina nel comune di Santarcangelo di Romagna. La rocca risale almeno alla fine del IX secolo in quanto viene citata nel "Codice Bavaro" dove si parla di un “chastrum sancti arcangeli” sul Mons Iovis. Fu parte dei domini dei Malatesta dal 1295 al 1500. Nei secoli la struttura subì profonde modifiche tanto che della struttura originaria rimangono solo alcune tracce nelle mura. Carlo Malatesta nel 1386 fece edificare un nuovo torrione sulle rovine del precedente castello; Sigismondo Pandolfo Malatesta nel 1447 decise di capitozzare quel torrione e, con il materiale avanzato, fece assumere alla rocca l'aspetto che mantenne nei secoli successivi e che meglio si adattava alle nuove tecniche militari. Federico da Montefeltro prese il castello nel 1462 ma fu poi riconquistato da Roberto Malatesta, figlio di Sigismondo Pandolfo; nel 1498 fu devastati da Cesare Borgia; venne di nuovo ripreso dai Malatesta che poi lo abbandonarono e venne preso dalla repubblica di Venezia che lo cedette allo Stato della Chiesa nel 1505; da questo momento fu concesso in enfiteusi a vari signori fino all'Unità d’Italia. Venne acquistato dai conti Baldini e poi venduto nel 1880 alla famiglia Massani che rese il castello il centro di un'azienda agricola; nel 1903 fu acquistato dalla contessa Eugenia Rasponi Murat, nipote della principessa Luisa Giulia Murat, figlia di Carolina Bonaparte, sorella di Napoleone, e di Gioacchino Murat; alla sua morte, in assenza di eredi diretti, venne ereditato dal cugino, conte Giovanni Battista Spalletti Trivelli, nonno della principessa Marina Colonna di Paliano, che lo erediterà definitivamente nel 1992. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Rocca Malatestiana

Stadio Valentino Mazzola (Santarcangelo di Romagna)
Stadio Valentino Mazzola (Santarcangelo di Romagna)

Lo stadio comunale Valentino Mazzola di Santarcangelo di Romagna è uno stadio multiuso oggi utilizzato prevalentemente per le partite casalinghe del Santarcangelo Calcio. La Santarcangiolese, questo il nome della squadra all'epoca, vi iniziò a giocare a partire dai primi anni '70. Prima di approdare al Mazzola, la formazione gialloblu disputava le proprie partite interne presso il Campo della Fiera e presso l'area Francolini. Nell'ottobre 2002, dopo alcuni mesi, l'impianto è stato riaperto una volta terminati i lavori di rifacimento del campo e della pista d'atletica. Con la promozione in Lega Pro Seconda Divisione ottenuta dal Santarcangelo al termine del campionato 2010-2011, ulteriori lavori (tra cui un settore ospiti da 948 posti) si sono resi necessari per adeguare lo stadio agli standard imposti dalla Lega. La capienza ufficiale dello stadio è di 2 064 posti: 1 116 compongono la tribuna centrale, interamente coperta e i restanti 948 il settore ospiti scoperto. Intorno allo stadio sono presenti altri campi, in erba naturale o sintetica, presso cui si svolgono gli allenamenti della prima squadra e delle giovanili. Nei pressi del "Mazzola" sorgono anche il palasport cittadino e un circolo tennis. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stadio Valentino Mazzola Lo stadio Mazzola sul sito ufficiale del club, su santarcangelocalcio.net. URL consultato l'11 febbraio 2014 (archiviato dall'url originale il 15 febbraio 2014).

Chiesa di Santa Giustina (Rimini)
Chiesa di Santa Giustina (Rimini)

L'antica chiesa di Santa Giustina era una chiesa cattolica, situata a Santa Giustina, frazione di Rimini, e risalente al XIV o XIII secolo. Danneggiata dagli eventi bellici nel 1944, al suo posto nel dopoguerra fu costruita una nuova chiesa. L'antica chiesa sorgeva lungo la via Emilia, all'altezza dell'attuale abitato di Santa Giustina. La prima citazione di una chiesa di Santa Giustina appare in una bolla di Papa Lucio II al vescovo di Rimini Rainerio, datata 21 maggio 1144. Si trattata però di un edificio ancor più antico, forse posto vicino al Marecchia e spostato lungo la vicina via Emilia a causa delle frequenti piene del fiume. L'edificio storico viene citato già in una visita del 4 ottobre 1541, e in diverse visite di poco successive (1563, 1570, 1572 e 1577) che seguirono il Concilio di Trento. In particolare, nella relazione della visita del 15 giugno 1577 condotta dall'allora vescovo di Rimini Giovanni Battista Castelli, si trova un'accurata descrizione della chiesa. Proprio da questi documenti emerge una possibile datazione della chiesa. Gli affreschi interni vengono infatti descritti come in pessime condizioni e necessari di restauro, suggerendo come possibile datazione il XIV o XIII secolo. Dalle poche immagini d'epoca il campanile appare di costruzione moderna, probabilmente risalente anni venti o trenta. A seguito del terremoto del 1916 che colpì il riminese molti edifici antichi subirono danni e furono restaurati o ricostruiti nel periodo interbellico. Durante la seconda guerra mondiale, con lo spostamento del fronte lungo la Linea Gotica, passante per il riminese, il campanile della chiesa di Santa Giustina fu usato dall'esercito tedesco come osservatorio per indirizzare il tiro dell'artiglieria. L'edificio fu quindi obiettivo di numerosi bombardamenti alleati. A seguito dello sfondamento del fronte, l'esercito tedesco in ritirata minò il campanile, sopravvissuto alle bombe, e l'esplosione lo fece collassare sulla vicina chiesa. Dalla foto dei resti allegata alle pratiche per la demolizione e successiva edificazione di una nuova chiesa, l'edificio appare privo del tetto, ma le pareti risultano parzialmente integre, così come l'apparato decorativo interno. La chiesa fu comunque demolita in quanto pericolante, seguendo il destino di molte altre architetture religiose e non demolite nel dopoguerra nel riminese, alcune solo sfiorate dagli eventi bellici. Il finanziamento per la costruzione del nuovo edificio fu approvato il 9 luglio del 1949, mentre l'approvazione del progetto Pontificia commissione per i beni culturali della Chiesa è datata 1963. L'edificio ha l'asse spostato in direzione normale alla via Emilia e segue uno stile sobrio, dopo che un iniziale progetto di ricostruzione in stile rinascimentale era stato respinto. L'edificio ha subito profondi lavori di restauro e rinnovamento nel 1983. Santa Giustina (Rimini) Diocesi di Rimini Parrocchie della diocesi di Rimini Chiesa di Santa Giustina, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Pieve di San Michele Arcangelo (Santarcangelo di Romagna)
Pieve di San Michele Arcangelo (Santarcangelo di Romagna)

La pieve di San Michele Arcangelo è una pieve bizantina risalente al VI secolo, situata a Santarcangelo di Romagna e dedicata a Maria Assunta; è considerata la chiesa più antica del riminese ancora esistente. Da recenti scavi sembra la pieve stata edificata su un edificio absidato più antico, probabilmente un tempio pagano. L'edificio è stato costruito nel VI secolo da maestranze bizantine, su modello delle chiese ravennati bizantine di età giustinianea. Questo fatto non è strano, in quanto all'epoca Rimini era parte della pentapoli bizantina, e la chiesa di Ravenna godeva di ampi possedimenti tra Emilia-Romagna e Marche. Nel IX-XX secolo era attestata con l'agiotoponimo di: basilica Sancti Archangeli fundata in loco qui dicitur Acervulis (basilica di Sant'Arcangelo fondata nel luogo detto Acervoli o Acerboli). Acervulis deriva dal latino Acervus, ossia mucchio di mattoni, e richiamava la presenza in zona di fornaci per la fabbricazione di mattoni. Il campanile è del XII-XIII secolo. Cadde in declino a partire dal XVIII secolo, ossia dalla costruzione della chiesa collegiata di San Michele Arcangelo che assorbì tutti i beni della pieve. L'edificio è stato restaurato nel 1912. L'esterno è in mattoni sottili, caratteristica comune alle chiese ravennati. La facciata è caratterizzata dalla presenza, al centro, del campanile di epoca successiva. Nel campanile vi è l'entrata principale, unica rimasta delle originali sette. L'abside, esternamente poligonale, è sovradimensionato rispetto all'edificio, probabilmente perché ingloba i resti del precedente edificio pagano. L'interno, a navata unica, è stato spogliato del pavimento musivo e delle decorazioni marmoree, di cui sopravvivono solo alcuni frammenti. L'uso continuato nel tempo è testimoniato da reperti di varie epoche. L'altare poggia su un cippo altomedievale, scolpito con decorazioni fitomorfe, tralci di foglie, e zoomorfe, un uccello rapace che artiglia e solleva un piccolo quadrupede. L'originale Crocifisso trecentesco è stato spostato nella collegiata, mentre è ancora visibile un affresco staccato del XV secolo, raffigurante san Sebastiano. Paola Giovetti, Le vie dell'arcangelo. Tradizioni, culto, presenza dell'arcangelo Michele, Edizioni Mediterranee, 2005, ISBN 9788827217696. Karin Bull Simonsen, La Pieve di S. Michele in Acervulis, in Santarcangelo di Romagna, Roma, "L'Erma" di Bretschneide, 1967. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su pieve di San Michele Arcangelo Carlo Valdameri, San Michele in Acerboli (Acervulis) a Sant'Arcangelo di Romagna (RN), su imperobizantino.it. URL consultato il 7 settembre 2016 (archiviato dall'url originale l'11 settembre 2016).

San Mauro Pascoli
San Mauro Pascoli

San Mauro Pascoli (fino al 1932 San Mauro di Romagna) è un comune italiano di 12 366 abitanti della provincia di Forlì-Cesena. Il centro si trova a 21 m s.l.m. Il territorio è interamente pianeggiante, ed è delimitato per la maggior parte dai confini del comune di Savignano sul Rubicone, al quale lascia libera una sottile striscia di terreno in direzione est-nord-est (Savignano a Mare), fino alla piccola frazione di San Mauro Mare, risultando compreso fra i fiumi Rubicone (lato nord-ovest) e Uso (lato sud-est). Su quest'ultimo si trova il piccolo lago Pascoli. È attraversato dal Rio Salto, torrente che raccoglie le acque meteoriche dei comuni di Savignano sul Rubicone e di San Mauro Pascoli immettendosi poi nel fiume Uso. Il clima è lievemente mitigato dal mare con temperature che in estate raramente superano i 35°: gli inverni sono miti. L'abitato è nominato per la prima volta in un documento del 1191 come Fundum Sancti Mauri. Nel XII secolo vi si trovava una chiesa dedicata a San Mauro, vescovo di Cesena. Appartenne al territorio di Savignano sul Rubicone. Nel 1247 la riminese Concordia De' Particitadi va in sposa a Novello Malatesta da Verucchio portando in dote numerosi castelli, fra cui quelli di San Mauro e di Giovedìa. Nei documenti successivi le due località sono citate sia come residenze fortificate che come villaggi rurali. Nel 1398 Galeotto di Giovanni Malatesta governa su San Mauro "con tutti i suoi abitanti e il fortilizio fatto erigere da suo padre nel 1361". La signoria dei Malatesta dura fino a quando Sigismondo Pandolfo, nel 1443, stabilisce che "il fortilizio di San Mauro e di Giovedìa", contesi tra i diversi parenti, siano assegnati a Gottifredo d'Iseo, suo fidato uomo d'arme. Nel XV secolo San Mauro ottenne dai Malatesta gli statuti comunali. Papa Paolo II lo concesse in feudo agli Zampeschi. Fu in seguito in possesso di altre famiglie e passò nel 1590 tra i domini pontifici della Camera apostolica. Alla fine del XVII secolo fu nuovamente aggregato a Savignano e nel XVIII secolo vi venne fondata una tenuta agricola dei principi Torlonia. Divenne comune autonomo nel 1827 e nel 1932 assunse il nome attuale in onore di Giovanni Pascoli, che vi era nato nel 1855. Fu quasi completamente distrutto durante la seconda guerra mondiale. Stemma Gonfalone Bandiera Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 25 agosto 1953. L'immagine del santo compare in un sigillo del comune del 1521. Il secondo campo riprende probabilmente lo stemma del podestà Zaccaria Zaccari (1611-1613). Abitanti censiti Il comune, a partire dal 2000, è in crescita demografica; infatti le nascite, fino al 2017, hanno sempre superato costantemente il centinaio. Non accadeva dal 1977, quando i nati furono 101. Secondo dati aggiornati al 2019, il comune conta un totale di 1555 residenti stranieri in particolare: 177 abitanti provenienti dall'Unione europea 760 abitanti provenienti dall'Extra Unione Europea 213 abitanti provenienti dall'Asia 383 abitanti provenienti dall'Africa 22 abitanti provenienti dall'America A poca distanza dalla centrale piazza Mazzini si trova la casa del poeta Giovanni Pascoli, dove egli nacque il 31 dicembre 1855 e dove trascorse l'infanzia. Monumento nazionale dal 1924, fu danneggiata durante la seconda guerra mondiale e solo l'originaria cucina restò intatta. Una lapide riporta alcuni versi tratti dalla poesia di Pascoli Casa mia (M'era la casa avanti / tacita al vespro puro / tutta fiorita al muro / di rose rampicanti). La casa ospita il "Museo Casa Pascoli", che custodisce oggetti appartenuti alla madre del poeta, la sua culla, i mobili dello studio di Bologna e documenti come quasi tutte le prime edizioni delle opere pascoliane, dediche, fotografie e i carteggi del Fondo Murari (lettere autografe conservate dalla sorella Ida e la corrispondenza con l'amico sammaurese Paolo Guidi. Il giardino della casa è stato allestito con un percorso botanico-poetico, con versi pascoliani che ricordano le piante presenti anche durante la sua fanciullezza. Il museo è gestito dal comune e dalla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Ravenna, in collaborazione con l'Accademia Pascoliana e con la fondazione "Domus Pascoli", e svolge attività di promozione culturale, ricerca, recupero e conservazione del patrimonio pascoliano. Dal 28 febbraio 2023 è inserita nel novero delle «Case e studi delle persone illustri dell'Emilia-Romagna». Il mausoleo della famiglia Pascoli si trova nel cimitero del paese. Nel mausoleo sono sepolti i componenti della famiglia Pascoli, ma non il poeta, né le sorelle Ida e Mariù, che riposano a Castelvecchio Pascoli, frazione del comune di Barga. La tenuta dei principi Torlonia comprende una villa del 1780, chiamata "Torre di Giovedìa" o più semplicemente "La Torre". Il complesso comprende oltre ad un edificio principale, una cappella, l'edificio destinato ad abitazione del fattore della tenuta, oggi trasformato in ristorante e, ad alcune centinaia di metri dalla residenza signorile, alcune case coloniche tuttora abitate. Il cortile interno dell'edificio principale, recentemente ristrutturato, viene utilizzato per ospitare rappresentazioni teatrali ed eventi culturali. Nei pressi della Villa Torlonia sono state rinvenute durante gli scavi per la costruzione del Canale Emiliano Romagnolo alcune fornaci romane, utilizzate per la fabbricazione di laterizi. Gli impianti sono di notevoli dimensioni e presentano una parte inferiore dove bruciava il combustibile e una parte superiore dove si disponevano i mattoni da cuocere. La piccola chiesa della Madonna dell'Acqua fu costruita nel 1616 per conto del vicario vescovo di Rimini e successivamente ricostruita a seguito dei danneggiamenti causati dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale. Si trova nel centro del paese all'incrocio di tre strade (via G. Pascoli, via Rio Salto e via G. Tognacci) e confina con il giardino di Casa Pascoli. Oggi ospita due lapidi dedicati ai caduti di San Mauro Pascoli. I due fronti della chiesetta sulla strada presentano una partitura simile, ricca di elementi architettonici e decorativi. All'interno la chiesa è ad unica navata con l'abside coperta da volta a botte. Giovanni Pascoli amò molto questo piccolo edificio, che consolò il dolore di sua madre. Così scrisse agli amici sammauresi nel maggio 1897: «…e l'ospite saluterà commosso il mio mondo ideale che ha per confini il Luso e il Rio Salto e per centro la chiesuola della Madonna dell'Acqua e il camposanto fosco di cipressi...» L'oratorio risale alla seconda metà del XVIII secolo e si trova nel centro del paese di fronte al palazzo municipale. In origine svolgeva funzioni di chiesetta-oratorio per il vicino convento delle orsoline (oggi parte della residenza municipale), mentre oggi viene utilizzato come sede espositiva. La casa natale di Agostino Antonio Giorgi sita nella piazza omonima a lui dedicata non è visitabile, perché abbattuta e riconvertita ad esercizi commerciali ed abitativi. La biblioteca è nata all'inizio degli anni Settanta del Novecento come centro di lettura, dispone di circa 14 000 volumi a scaffale aperto, di cui 3 000 nella sezione ragazzi e 1 700 nella sezione grandi opere, e di una sezione di riviste e quotidiani. È dotata anche di un piccolo archivio fotografico di immagini del paese e della sua frazione balneare. Scuola elementare statale, situata nel centro del paese. Scuola media statale Giovanni Pascoli, situata nel centro del paese. Fiera di San Crispino, protettore dei calzolai e per questo motivo scelto come santo patrono. Si svolge il 25 ottobre. Iniziativa religiosa in ricordo di san Cono da Teggiano importato dalla comunità salernitana residente da tempo a San Mauro Pascoli. Si svolge la prima domenica di giugno. Ripristinata nel 2006 con bancarelle, stand gastronomici e attrazioni varie. Si svolgeva la settimana prima di Pasqua di ogni anno. Soppressa nel 2010, per lasciar spazio nel 2011 ad un nuovo evento Produmo DI..VINO. I "Faroqual", nel dialetto locale, stanno ad indicare le pannocchie non ancora mature della pianta del mais. Il termine è riferito ai giovani che si incontravano per ballare e socializzare in tale ricorrenza. Organizzata dalla parrocchia di San Mauro Vescovo, con sfilate di carri e di gruppi in maschera e una lotteria, il cui ricavato andrà in beneficenza (due domeniche prima del Mercoledì delle Ceneri, in caso di maltempo, la domenica prima delle Ceneri) giunge nel 2014 alla 28ª edizione. Festa all'insegna della tradizione romagnola con prodotti e piatti tipici a base di carne di maiale. Si svolge nel fine settimana della seconda o terza settimana di gennaio presso la Torre. Il primo fine settimana di luglio presso la frazione di San Mauro Mare. Si svolge nella borgata Alberazzo la domenica successiva alla Pasqua (domenica in albis). In occasione della festa della Beata Vergine Addolorata, nel terzo sabato e domenica di settembre, con gare sportive e giochi. San Mauro Pascoli, dal 1984, è suddivisa in 12 rioni, che ogni anno partecipano al palio: Centro, San Cono, Castello, Casetti, Alberazzo, Cupa, Bastia, Rio Salto, Villagrappa, Cagnona, Campo Sportivo, Torre o Villa Torlonia. Dal 2016 tale avvenimento non viene più festeggiato dato che dal 2012 negli anni a venire è stata sempre più scarsa la partecipazione dei cittadini. Presso la Torre la domenica più vicina al 29 giugno. In tale occasione la trebbiatura viene eseguita con una trebbiatrice e trattori d'epoca, rievocando il suono della sirena, che ogni tenuta faceva suonare appoggiando il rullo di una sirena meccanica al volano di uno dei trattori in funzione, al raggiungimento di una prefissata quantità di tonnellate di grano. Dal 2001, ogni anno, nella corte interna si svolge un "processo" con tanto di giuria, ascoltando prima le arringhe di accusa e difesa, a vari esponenti dell'Italia. San Mauro Mare, centro balneare equidistante da Cervia e Rimini, attraversata dalla linea ferroviaria che collega Rimini e Ravenna. Il comune fa parte del distretto industriale della calzatura nell'area del Rubicone, con la presenza dei centri direzionali e delle strutture produttive di diverse marche importanti. Le fabbriche occupano una posizione fondamentale dal punto di vista occupazionale e culturale nel raggio di svariati chilometri. Inoltre l'intero paese ospita numerosi piccoli laboratori artigianali a gestione familiare, ognuno specializzato nella lavorazione di una delle varie parti che compongono una calzatura. Un'altra attività artigianale diffusa e rinomata è la lavorazione del ferro battuto. Particolarmente sviluppato è il comparto agricoltura: la fertilità del terreno e la collocazione pianeggiante ha attratto molte famiglie dalle vicine Marche e dalla Provincia di Salerno. A queste attività si aggiunge l'attività turistica estiva sul piccolo tratto di costa che rientra nel territorio comunale. San Mauro Pascoli è attraversata dall'autostrada A14 ed è raggiungibile dai caselli di Rimini Nord (6,5 km), dal casello di Valle del Rubicone a Gatteo che dista circa 3 km e da quello di Cesena (20 km). È inoltre collegata alla strada statale 9 Via Emilia, alla strada statale 16 Adriatica (a San Mauro Mare) e alla strada provinciale 10. La stazione ferroviaria più vicina a San Mauro Pascoli è quella di Savignano sul Rubicone (2 km) sulla linea ferroviaria che collega Bologna e Rimini. La frazione di San Mauro Mare, invece, è attraversata dalla linea ferroviaria che collega Rimini a Ravenna. Le stazioni più vicine a San Mauro Mare sono quelle di Bellaria-Igea Marina (2 km) e Gatteo a Mare (2,5 km). San Mauro Pascoli è servita dal trasporto pubblico delle autolinee Start Romagna. Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune. Teggiano Naumburg Gracanica Sousel Castelvecchio Pascoli A.C. Sammaurese, è la principale squadra di calcio di San Mauro Pascoli, fondata nel 1935. Milita nel campionato di serie D e dispone di un settore giovanile. A.S.D. Virtus San Mauro Mare, fondata nel 1973. Militava nel campionato di Promozione Girone D dell'Emilia-Romagna. Ora fallita, non partecipa a nessun campionato A.S.D. Atletico San Mauro, fondata nel 1999. Milita nel campionato di Seconda Categoria Girone S dell'Emilia-Romagna. A.S.D. Città del Rubicone, è un'associazione che insegna e promuove il basket anche attraverso tornei e campionati provinciali e regionali. A.S.D. Budokan Karate San Mauro Pascoli, fondata nel 2005, insegna e promuove il karate tradizionale shotokan. Partecipa dal 2007 a tornei soprattutto di gare locali e al "Trofeo Regionale Emilia-Romagna"; dal 2013 ha una squadra di artisti marziali che sono saliti sul podio del Campionato italiano assoluto di FIKTA e nel 2024 partecipato a diverse competizioni europee. A.S.D. Kodokan San Mauro Pascoli, fondata nel 2017 come distaccamento dell'associazione omonima di Cesena, è una realtà dilettantistica di insegnamento e promozione dell'arte marziale Judo. "Storia di San Mauro Pascoli" - 2000 edito da (Il ponte vecchio) a cura di Susanna Calandrini. "Civiltà romagnola. Usi e costumi della Romagna popolare a San Mauro Pascoli" - 2003 edito da (Il Ponte Vecchio) cura di Giulia Alterini e Paolina Candelari. "Tè pajos ad Pascoli" - poesia in dialetto sammaurese - Gi.Rochi Editore - 1993 a cura di Nello Canducci Civiltà romagnola: usi e costumi della Romagna popolare a San Mauro Pascoli 2002. "Samaevar ir e oz" - Quaderno di cultura dialettale sammaurese - 2003 di Pietro Maioli. E *zapatìn dal chèsi: poesie nel dialetto romagnolo di San Mauro Pascoli - 2003 di Guglielmo Giovagnoli. "In memoria di Don Luigi Reggiani" a cura di Stefano Bellavista e Stefano Baldazzi - 2008. Scarpe d'amare: arte e poesia del quotidiano - 2008 di Enza Acciaro - 2008. Anziani a San Mauro Pascoli / a cura di Cinzia Mariani, Gabriele Morigi. - Cesena: Il ponte vecchio, [2000] Giovannino "Il bambino Giovanni Pascoli" in andante semiserio - San Mauro Pascoli 2007. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su San Mauro Pascoli Sito ufficiale, su comune.sanmauropascoli.fc.it. San Màuro Pàscoli, su sapere.it, De Agostini.

Palazzo Marcosanti
Palazzo Marcosanti

Palazzo Marcosanti, noto anche come Tomba di Poggio Berni, è un complesso fortilizio di fine XIII secolo a Poggio Berni, appartenuto ai Malatesta e successivamente allo Stato Pontificio. Storicamente è noto come Tomba di Poggio Berni poiché nel Medioevo il termine Tomba indicava una costruzione fortificata eretta in genere su un'altura o comunque in luogo idoneo alla difesa. La sua origine malatestiana è attestata nel trecento da alcuni documenti con attribuzione ai beni malatestiani e da un fregio, in cotto, rappresentante la tipica scacchiera malatestiana a ornamento di un arco a sesto acuto che dà sul cortile interno. La struttura è stata protagonista di una serie di passaggi di proprietà che hanno interessato molte storiche famiglie. A partire dai Malatesta, la fortezza svolse un ruolo importante nella politica delle alleanze familiari assumendo, spesso, il carattere di bene personale andato in dote alle figlie dei Signori che lo hanno posseduto. Nel 1418 la Tomba di Poggio Berni è tra i beni elencati come dote di Laura, detta Parisina, figlia di Andrea Malatesta signore di Cesena, andata in sposa a Nicolò III Marchese d'Este; Parisina venne uccisa nel 1425, sospetta di corrispondenza amorosa con Ugo suo coetaneo e figlio naturale del marito. Due anni più tardi il bene torna ai Malatesta come appannaggio dotale di Margherita d´Este figlia di Nicolò III e sposa di Roberto Galeotto Malatesta. Dopo un possesso temporaneo di Violante da Montefeltro, vedova del signore di Cesena Novello Malatesta, la Tumba Podii Ibernorum fu acquistata dal cardinale Stefano Nardini che nel 1473 la donò al nipote il Conte Cristoforo Nardini da Forlì che aveva sposato Contessina Malatesta, figlia naturale di Sigismondo. Nei successivi tre secoli, il Papato entrò più volte in possesso del Castello succedendo ai Nardini e alla casata dei Montefeltro. A Cristoforo Nardini, morto nella battaglia di Colle Val d´Elsa del 1479, succedette il figlio naturale Pietro che si macchiò di varie scelleratezze e neanche la sua morte bastò a placare l'ira di Papa Innocenzo VIII che con Bolla Papale del 12 dicembre 1489 fece imprigionare a vita tutti i membri della famiglia. Dopo tre anni, il 23 maggio 1492, la segregazione dei Nardini venne commutata con la donazione alla Camera Apostolica di quasi tutti i loro beni fra i quali spiccano il Fortilitium e la vasta tenuta di Poggio Berni con tutti i diritti di giurisdizione già concessi a questo possedimento da privilegi papali ed imperiali. Il 16 luglio 1492 Innocenzo VIII cede il fortilizio di Poggio Berni a Giovanni della Rovere d´Aragona, padre di Francesco Maria, il futuro Duca di Urbino. Nel settembre 1493 il bene passa a Doria che sei mesi più tardi lo cede a Guidubaldo I, ultimo duca d'Urbino di casa Montefeltro, marito di Elisabetta Gonzaga. Nel 1557 Guidubaldo II Duca d'Urbino cede Castello e tenuta al Conte Orazio I di Carpegna. Nemmeno un anno dopo, il 28 settembre 1558, questi lo cede al cardinale di Urbino, Giulio della Rovere, che temporaneamente riesce a ottenerne il ritorno ai beni della sua famiglia. Il Castello di Poggio Berni, con la sua tenuta, mantiene la connotazione di bene personale legato all'appannaggio della dote anche in un solenne atto pubblico, messo a punto dopo lunghe trattative, fra la Curia romana, Francesco Maria II della Rovere Duca d'Urbino ed il Granducato di Toscana. Nell'importante convenzione, stipulata il 30 aprile 1624, i beni allodiali e l'eredità dell'ultimo Duca d'Urbino sono attribuiti alla nipote Vittoria della Rovere, sposata ancora bambina a Ferdinando II de Medici, figlio del Granduca di Toscana; Castello e tenuta sono ricordati con particolare considerazione fra i beni dotali di Vittoria e proprio in virtù del loro prestigio restano ai De Medici nonostante la lontananza dagli altri domini del Granducato in Romagna. Nel 1738, con l'estinzione della casa Medicea, l'intera proprietà passa ai Lorena i quali però la cedono nel momento in cui assurgono all'Impero d'Austria; nel 1763 Francesco di Lorena, marito dell'Imperatrice Maria Teresa d'Austria, cede infatti la proprietà alla Camera Apostolica. Nel 1778, a distanza di 15 anni, il bene passa alla famiglia dei Principi Albani che vi restano per oltre un secolo; a seguito di questo passaggio l'edificio prende il nome di Palazzo Albani. Il 3 ottobre 1889 il Principe Cesare Albani di Milano cede il palazzo e relativa tenuta all'Avv. Paolo Marcosanti. L'antica tenuta man mano si smembra. Durante la seconda guerra mondiale l'edificio subisce ingenti danni e nell'immediato dopoguerra i Marcosanti alienano il palazzo e la tenuta smembrando la proprietà. Nel 1974 l'attuale proprietà inizia e completa, per quanto ancora possibile, il recupero ed il restauro scientifico del palazzo. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo Marcosanti http://www.palazzomarcosanti.it, su palazzomarcosanti.it. URL consultato il 14 luglio 2007 (archiviato dall'url originale il 6 settembre 2007).