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Tempio Valdese (Torino)

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EgliseVaudoiseTurin 2005
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Il tempio Valdese di Torino è un luogo di culto valdese della città di Torino sito in corso Vittorio Emanuele II, 23. Fino al 1848 i valdesi non avevano diritto di risiedere a Torino o celebrarvi il culto. I pochi presenti in città seguivano le funzioni presso la cappella dell'ambasciata di Prussia. L'ambasciatore prussiano Friedrich Truchsess zu Waldburg, giunto a Torino nel 1816, ottenne nel 1825 il permesso di costruire la Cappella delle Legazioni (ambasciate) protestanti prussiana e inglese. Prima in via dell’Ospedale, dal 1848 fu spostata a Palazzo Bellora (tra via Carlo Alberto e corso Vittorio Emanuele II). La cappella era ad uso esclusivo del personale diplomatico, agli stranieri e ai valdesi in città ed erano esclusi i cattolici. I ministri delle ambasciate chiesero alla Tavola valdese l’invio di un cappellano: furono mandati Jean Pierre Bonjour (dal 1827 al 1832) e poi Amedeo Bert (dal 1832 al 1849). Nel 1849 la congregazione evangelica di Torino è ufficialmente aggregata alla Chiesa delle Valli. La mutata situazione giuridica realizzata dalle lettere patenti e la decisa iniziativa del colonnello inglese Charles John Beckwith, sostenuto dal banchiere Giuseppe Malan nell'acquisto del terreno, rese possibile la costruzione dell'attuale edificio tra il 1851 ed il 1853, su progetto di Luigi Formento. It tempio fu inaugurato nel dicembre 1853 alla presenza degli ambasciatori di Prussia, Inghilterra, Paesi Bassi e Svizzera. Nell'Ottocento il culto era lingua italiana e francese, e vi era un asilo e scuola Valdese, ed una cappella Anglicana. Il 22 giugno 2015 papa Francesco compì una visita pastorale al Tempio Valdese, prima volta per un pontefice nella storia. Il tempio Valdese di Torino si presenta in uno stile eclettico, con un'ossatura di torri e guglie di stile neogotico, il portale e le finestre in stile neoromanico, e con influssi neorinascimentali particolarmente nell'interno. La facciata è divisa in due fasce sovrapposte da un cornicione scolpito a bassorilievo ed è affiancata da due esili campanili a pianta ottagonale, ciascuno terminante con una cuspide. Nella fascia inferiore della facciata, si trova il portale strombato con lunetta a tutto sesto recante l'iscrizione: Nella fascia superiore, invece, vi è una polifora composta da sette monofore intervallate da semicolonne con capitelli scolpiti e sormontata da un rosone circolare. L'interno del tempio è suddiviso in tre navate da due file di archi a tutto sesto poggianti su colonne corinzie. Sia la navata centrale che quelle laterali sono coperte con volta a crociera ed illuminate da monofore a tutto sesto. La navata maggiore termina con l'abside semicircolare, al centro della quale si trova il pregevole pulpito ligneo neogotico. Sotto l'ultima arcata tra la navata centrale e quella laterale di sinistra, si trova l'organo a canne Pinchi opus 412, costruito nel 1996. Lo strumento, ispirato agli organi barocchi tedeschi, è a trasmissione integralmente meccanica ed ha due tastiere di 54 note ciascuna e pedaliera dritta di 30 note. L'organo ha temperamento non equabile (Werckmeister III) con La a 415 Hz, ma tre registri hanno temperamento equabile con La a 440 Hz e in pratica costituiscono un nucleo a sé stante che viene utilizzato per suonare con strumenti moderni, per esempio quando si accompagna il canto con organo e chitarra. AA.VV., Il Nuovo Organo Pinchi in Stile Barocco Tedesco del Tempio Valdese di Torino, Torino, Claudina, 1998, ISBN 887016277X. Valdismo Edifici di culto in Torino Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo del tempio Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul Tempio Valdese di Torino Comunità valdese di Torino, su torinovaldese.org. Il tempio Valdese di Torino (PDF), su fondazionevaldese.org. URL consultato il 2 aprile 2013 (archiviato dall'url originale il 2 dicembre 2008). Storia e immagini, su museotorino.it. L'organo a canne, su pinchi.com. URL consultato il 2 aprile 2013 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016).

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Tempio Valdese (Torino)
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Corso Vittorio Emanuele II (Torino)
Corso Vittorio Emanuele II (Torino)

Corso Vittorio Emanuele II è una delle principali arterie della città sabauda, ed è lungo 4,2 km. Attraversa il centro storico e gran parte del capoluogo piemontese da est ad ovest, essendo nella stessa direzione del cardo maximo dell'insediamento edificato in epoca romana. Inizia dall'incrocio con corso Fratelli Cairoli e termina in piazza Rivoli. Nel 1882 fu intitolato a Vittorio Emanuele II ed era denominato viale del Re. La parte più antica del corso è costeggiata da due file dei tipici portici torinesi con molti negozi ed attività commerciali. Il primitivo viale nacque per esigenze di collegamento viario dalla Stazione di Porta Nuova, porta realizzata durante il primo ampliamento del Centro storico della capitale sabauda del 1620 fino al Lungo Po. Il collegamento viario avrebbe costeggiato la parte settentrionale del parco (oggi Parco del Valentino) della già esistente residenza estiva di Casa Savoia presso il Castello del Valentino (1660). Tuttavia, all'epoca, le carrozze utilizzavano il percorso di Via Nizza e Viale del Valentino (l'odierno Corso Guglielmo Marconi), mentre per una modesta via carrabile si dovrà attendere ancora qualche decennio. Nel 1840 poi, sul fiume Po fu costruito il Ponte Maria Teresa (poi diventato Ponte Umberto I nel 1908), connettendo così l'altra sponda (Borgo del Rubatto, oggi Borgo Crimea). Il tratto di questo corso, chiamato "Vittorio Emanuele oltre Po", negli anni 1920 venne intitolato alla città di Fiume. Per un vero e proprio "viale" bisogna arrivare al XIX secolo, quando la città superò l'antico perimetro delle mura. La parte più antica dell'arteria, dalla stazione ferroviaria al fiume, fu aperta nel 1814 con il nome di Viale del Re, poi rinominata in Corso del Re. Con la reggenza di Carlo Felice di Savoia quindi, la nuova arteria prese forma, ampliata in occasione dello sviluppo urbano del 1835-1845, col contributo dall'architetto Carlo Promis. Verso occidente, invece, il corso portava fino al Largo del Re (attuale Piazza Carlo Felice) per poi giungere nei pressi della Piazza d'Armi di quell'epoca, situata nel rione San Secondo (zona corso Galileo Ferraris-Matteotti-via Volta-via Camerana-via Assietta). Con il passare degli anni, il corso proseguì ancóra il suo tracciato verso occidente fino ad arrivare, intorno al 1920, ad incrociare Corso Francia in Piazza Rivoli. Partendo da oriente, il Corso inizia dal ponte Umberto I sul fiume Po, rinominazione del 1907 di Ponte Maria Teresa del 1840, il quale connette l'altra sponda del fiume dove era situato il cosiddetto Borgo del Rubatto (poi chiamato Borgo Crimea). Il ponte fu temporaneamente arricchito di ulteriori opere di decorazione in occasione dell'Esposizione internazionale di Torino (1911). Più a occidente, il Corso costeggia il Parco del Valentino, sorto con nel 1630-1660 come giardino reale della residenza del Castello del Valentino di Casa Savoia, opera di Carlo di Castellamonte ed Amedeo di Castellamonte, ma abbellito significativamente nel XIX secolo, secondo il progetto romantico del paesaggista francese Barrillet-Dechamps. Spicca vicino al ponte l'Arco monumentale all'Arma di Artiglieria, opera di Pietro Canonica del 1930, sotto il quale si trova la statua dedicata a Santa Barbara. All'angolo di corso Massimo d'Azeglio invece, nel 1936 fu posizionata la statua dedicata a D'Azeglio, opera del 1873 di Alfonso Balzico e precedentemente posizionata in piazza Carlo Felice. Proseguendo il tratto sino alla stazione di Porta Nuova, il Corso lascia sulla sua sinistra il quartiere San Salvario e sulla destra lo storico Borgo Nuovo. In particolare, quest'ultimo quartiere sorse dopo la Restaurazione (dopo il 1814) e destinato alla nobiltà torinese, delle cui tracce storiche rimangono: al n. 6-8, quasi all'angolo con corso Fratelli Cairoli, sorgeva l'antica Villa Gallenga, demolita nel 1828 per costruire gli uffici dell’industriale Riccardo Gualino, quindi chiamato Palazzo Gualino, fu eretto nel 1928 da Gino Levi-Montalcini (fratello maggiore di Rita Levi-Montalcini) e dotato di inferriate alle finestre del piano terra, pertanto soprannominato dai torinesi "le Nove d'l Valentin", per analogia con il carcere torinese chiamato "Le Nuove" e la vicinanza al Parco del Valentino. al n. 44 il Palazzo Rossi di Montelera, opera di Camillo Riccio del 1887, e destinato alla sede torinese della famiglia Rossi, industriali dei liquori Martini & Rossi che, nel 1911, furono insigniti da Re Vittorio Emanuele III di Savoia con il titolo di Conti di Montelera. Qui visse e morì anche il senatore ed avvocato Teofilo Rossi di Montelera, sindaco di Torino tra il 1909 e il 1917. al n. 50 l'edificio con architettura eclettica dello storico Cinema Corso, dedicato all'antico nome "Corso del Re", già Cinema Palazzo, costruito dalla FIAT nel 1926 (dall'ing. Vittorio Bonadè Bottino), sui resti della villa del conte Vittorio Seyssel d’Aix (1825), della quale rimane ancora la parte orientale e quella verso Piazza Giambattista Bodoni. Il Cinema subì un incendio il 9 marzo 1980 e fu poi ristrutturato da Pier Paolo Maggiora, con cambio di destinazione d`uso. lì accanto, oltre via Carlo Alberto, al n. 52, il palazzo di grande pregio voluto dalla nobile famiglia Priotti, realizzato da Carlo Ceppi nel 1900 (inizialmente Camillo Riccio che però morì nel 1899), che sperimentò uno stile misto architettura eclettica e primo liberty torinese. Successivamente, gli interni furono modificati dall'ing. Vittorio Eugenio Ballatore di Rosana per costruirvi il cinema Ambrosio. Nel tratto orientale del Corso, sul lato del quartiere San Salvario, sono da citare invece: al n. 1-3, ovvero angolo Corso Massimo d'Azeglio, dove ora c'è un edificio moderno residenziale, sorgeva un tempo il sontuoso Palazzo di Celestino Tornielli di Crestvolant, nobile originario di Molare (Alessandria). Fu l'unico edificio torinese in perfetto stile Tudor inglese, progettato dall'architetto G. B. Ferrante nel 1867-1870 e visibile ancora in qualche foto d'epoca. I Tornielli successivamente lo cedettero alle suore Dame del Cenacolo, dove fu annesso un convento e la chiesetta, tra il 1910 e il 1950. Fu completamente demolito nel 1957. al n. 13 la chiesa cattolica San Giovanni Evangelista, voluta da don Bosco, eretta nel 1882 da Edoardo Mella, in stile neoromanico lombardo. al n. 23 il Tempio Valdese, edificio di culto religioso valdese, edificato nel periodo 1851-1853 a seguito dell'emancipazione dei valdesi, dall'architetto Luigi Formento. zona della Sinagoga di Torino, posta sul retro, su Piazzetta Primo Levi, già via Pio V. Con il centro storico sulla destra, si arriva alla storica stazione di Torino Porta Nuova, dove si incontra piazza Carlo Felice, antico Largo del Re, con l'inizio dell'asse di via Roma. La piazza fu progettata nel 1861, ad opera dell'architetto francese Jean-Pierre Barillet-Deschamps, e coinvolse la nascente Stazione ferroviaria di Torino Porta Nuova (opera di Alessandro Mazzucchetti e Carlo Ceppi, periodo 1853-1864). La continuità dei portici della piazza e del Corso stesso furono già progetto di Carlo Promis, con la successiva collaborazione di Giuseppe Leoni e Giuseppe Frizzi, più Barnaba Panizza per la parte verso via Lagrange. Particolare attenzione merita l'elegante ingresso porticato della via XX Settembre, dove appare una curiosa statua con un mitologico Toro a tre teste. I portici verso occidente furono quindi progettati, a seconda dei palazzi costruiti, sempre sullo stile del eclettico tipico dell'Ottocento, misto al liberty torinese degli anni 1910, andando a costituire un anello pedonale che si chiude con Corso Vinzaglio, nei pressi della Stazione di Torino Porta Susa, del 1856. In questo tratto si può ammirare: sulla sinistra, ville e palazzi in liberty torinese dello storico quartiere Crocetta all'angolo di corso Galileo Ferraris, l'imponente Monumento a Vittorio Emanuele II, in largo Vittorio Emanuele, opera di Pietro Costa del 1899. Vicino, al n. 82, l'edificio della Galleria d'arte Pirra sul lato opposto al Largo sopracitato, l'edificio della Galleria civica d'arte moderna e contemporanea (GAM) di Torino oltre il Largo, si giunge in corso Vinzaglio, dove fu eretto il Santuario di Sant'Antonio di Padova (con facciata nella stretta via omonima), opera di Alberto Porta del 1885 Lo storico carcere torinese denominato "Le Nuove", oggi sede museale, eretto nel 1870 da Giuseppe Polani, quindi dismesso nei primi anni ottanta e sostituito con quello costruito nel quartiere Vallette, ai confini occidentali della città al n. 131, adiacente al Palazzo di Giustizia, l'area verde fu divisa in Giardini Vittime della Caserma La Marmora (che si trova in quartiere Borgo Po), e Giardini Artiglieri da Montagna, quindi adibita ad autostazione dei bus Dietro all'ex-carcere, è situato lo storico complesso ferroviario Officine Grandi Riparazioni di Torino: si entra di fatto nel quartiere Cenisia Nel 1952, sulle rovine dei capannoni del Birrificio Boringhieri, fu eretta l'attuale Piazza Adriano, e il Corso fu prolungato ancora verso occidente fino all'attuale Piazza Rivoli, uno slargo costruito sempre negli anni cinquanta (oggi rotonda) alla confluenza con un'altra importante arteria di Torino, Corso Francia. Rimanendo sempre nei pressi dell'ex edificio carcerario, nel 1995 fu eretto l'imponente Palazzo di giustizia torinese, opera dell'architetto Pierluigi Spadolini sul sito della demolita caserma "Pugnani e Sani" e dedicato a Bruno Caccia. L'area all'incrocio con corso Bolzano è stata interessata dall'imponente scavo sotterraneo per l'interramento della Ferrovia Torino-Milano e della stazione di Porta Susa, terminata nel 2008. Nel 2007 si diede inizio a nuovi cantieri per la costruzione del futuro Grattacielo Intesa Sanpaolo, opera di Renzo Piano, alto 167,25 metri, pochi centimetri in meno della Mole Antonelliana. Fu terminato nel 2015, poco dopo la costruzione degli adiacenti giardini pubblici dedicati a Nicola Grosa. Nel 2017 fu allargato il Corso Inghilterra a due corsie, terminando così il lungo progetto della viabilità e facendo circolare le auto nello spazio lasciato vuoto dopo l'interramento dei binari per i treni. Il corso è percorso per la maggior parte da molte linee di tram e autobus del trasporto pubblico cittadino; inoltre dal 2007 è attraversato dalla metropolitana con le tre stazioni: Porta Nuova FS, Re Umberto e Vinzaglio. Renzo Rossotti, Le Strade di Torino, pp.657-664, 1995, Newton Compton. Dove, Come, Quando - Guida di Torino '98-99, Torino, Gruppi di Volontariato Vincenziano, 1997 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su corso Vittorio Emanuele II

Sinagoga di Torino
Sinagoga di Torino

La Sinagoga di Torino è il principale luogo di culto della comunità ebraica di Torino. È situato in Piazzetta Primo Levi (già Via San Pio V) nel quartiere multietnico San Salvario, poco distante dalla stazione ferroviaria di Torino Porta Nuova. Nel 1848 gli ebrei ottennero l'emancipazione. Nel 1861, per festeggiare questo nuovo status di vita (prima erano, così come nel resto d'Italia, confinati nel ghetto) decisero di far erigere una nuova sinagoga di grandi proporzioni, che fosse degna del ruolo di Torino, allora capitale del Regno d'Italia. Come progettista venne scelto Alessandro Antonelli, che ideò l'attuale Mole Antonelliana. Ben presto però le dimensioni e i costi del futuro Tempio divennero troppo elevati, così la comunità decise di vendere la struttura al comune di Torino e di costruire un'altra sinagoga di dimensioni più piccole, affidando il progetto all'architetto Enrico Petiti. Il 16 febbraio 1884, dopo quattro anni di lavoro, la nuova sinagoga venne inaugurata. Enrico Petiti progettò una struttura di dimensioni massicce a pianta rettangolare. Ai quattro angoli si ergono quattro grandi torrioni alti 27 metri sormontati da cupole a cipolla. Come nel caso di molte altre sinagoghe dell'epoca, lo stile neo-moresco fu scelto per distinguere il tempio dagli altri edifici religiosi della città. Al suo interno la sinagoga presenta un'ampia sala lunga 35 metri, alta 16 e larga 22. Il matroneo posto al primo piano percorre il tempio su tre lati. La spaziosa sala, capace di contenere 1.400 persone, era ricca di decorazioni, con un soffitto a cassettoni. Il 20 novembre 1942, durante un bombardamento, il tempio fu colpito da uno spezzone incendiario. I danni agli arredi e alle decorazioni furono ingentissimi; si salvarono solo le strutture murarie. Dopo i primi interventi di consolidamento nel settembre 1945, l'interno fu ricostruito e ridecorato nel 1949. Il Tempio, oggi sproporzionato rispetto alle dimensioni della comunità, viene usato solo in occasione delle festività più importanti. Nei sotterranei del Tempio si trovano due piccole sinagoghe, che sono usate per le funzioni giornaliere. Furono realizzate nel 1972, su progetto degli architetti Giorgio Olivetti e Giuseppe Rosenthal. Il primo tempietto, di rito italiano, è a forma di anfiteatro. Fu ricavato in locali prima adibiti alla cottura delle azzime. Le pareti furono lasciate grezze, con mattoni a vista. Gli arredi sacri (Aron e Tevàh), in stile barocco, provengono dalla sinagoga di Chieri e sono di notevole fattura. Il secondo tempietto, più piccolo, è diviso con un muretto di mattoni da una sala di preghiera. In questa sala davanti ad un pregevole aron in legno sono presenti sei file di banchi. L'aron settecentesco proviene da una sinagoga di rito tedesco, che si trovava nell'allora ghetto nuovo. Nel 1849 fu dipinto di nero in segno di lutto in seguito alla morte di Carlo Alberto di Savoia, colui che firmò il decreto in cui si liberalizzava la religione ebraica. Fu successivamente trasferito nella vecchia casa di riposo di piazza Santa Giulia, dove rimase fino al 1963. Sulle piccole due ante sono riprodotte immagini dorate che ricordano Gerusalemme. Annie Sacerdoti, Guida all'Italia ebraica, Genova, Marietti, 1922, ISBN 88-211-8955-4. Lista delle sinagoghe d'Italia Edifici di culto in Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla sinagoga di Torino Sito ufficiale della comunità ebraica di torino, su torinoebraica.it.

Chiesa di San Giovanni Evangelista (Torino)
Chiesa di San Giovanni Evangelista (Torino)

La chiesa di San Giovanni Evangelista è una delle chiese che san Giovanni Bosco (conosciuto comunemente come Don Bosco) fece edificare nella Torino del XIX secolo; è sita in corso Vittorio Emanuele II al n. 13, nell'isolato fra via Madama Cristina e via Ormea, in voluta prossimità del Tempio valdese. La chiesa è chiamata "San Giovannino" per distinguerla dalla cattedrale dedicata a San Giovanni Battista, patrono della città. Don Bosco la pensò a lungo, unitamente all'istituto annesso, perché riteneva che per incidere profondamente nella zona non bastasse l'oratorio San Luigi, che aveva fondato nel 1847. Una volta superati gli ostacoli, soprattutto per l'acquisto del terreno, diviso in tanti piccoli appezzamenti, decise di non badare a spese, per ottenere che la chiesa figurasse degnamente fra gli edifici che si venivano allineando lungo il corso dedicato al re Vittorio Emanuele II. L'architetto, conte Edoardo Arborio Mella, disegnò una chiesa ispirandosi allo stile romanico lombardo del XIII secolo. La pietra angolare fu collocata il 14 agosto 1878, con la benedizione dell'arcivescovo Gastaldi. Nel 1882 la chiesa era terminata e il 28 ottobre fu solennemente consacrata. La prima messa fu celebrata da Don Bosco verso mezzogiorno. La chiesa occupa un'area rettangolare di circa 60 m in lunghezza per 22 m in larghezza. Sulla facciata s'innalza il campanile a 45 m di altezza. L'interno della chiesa è diviso in tre navate, quella centrale doppia in dimensioni rispetto alle laterali. La navata centrale termina in un'abside semicircolare, conclusa da una volta a bacino, in cui campeggia un dipinto ad uso mosaico alla bizantina del pittore torinese Enrico Reffo, che raffigura il Calvario e il momento in cui Gesù crocefisso pronuncia le parole del suo testamento: "Donna, ecco tuo figlio", e al discepolo prediletto, san Giovanni: "Ecco la Madre tua". Le navate laterali si prolungano attorno all'abside formando un ambulacro ad anello che circonda la navata centrale. L'arcata di mezzo, che misura 19 m di altezza, e quelle laterali di 8 m, sono sorrette da una serie di pilastri alternativamente dell'altezza di 6 m e di 12 m, dando luogo a 6 arcate per parte: i pilastri sono adorni di colonnette per metà sporgenti, con capitelli cubiformi, ornati con la croce. Nelle cinque finestre circolari sottostanti il dipinto sono rappresentati, su vetro (in ordine da sinistra), san Pietro, san Giacomo, San Giovanni, sant'Andrea e san Paolo: opera del pittore Pompeo Bertini di Milano. I sette medaglioni sulle pareti laterali e sopra la porta centrale (3+3+1) raffigurano i sette vescovi dell'Asia minore nominati nell'Apocalisse, cioè i vescovi delle chiese di Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia e Laodicea. I medaglioni sono opera di Enrico Reffo. Sono pure del Reffo i due grandi quadri sulle pareti laterali del presbiterio, manifestanti l'apostolato e la carità di San Giovanni Evangelista. Nella volta sopra il presbiterio sono dipinti l'Agnello e due gruppi di angeli. Il concetto dell'artista Giuseppe Rollini è tolto dall'Apocalisse: l'Agnello di Dio, Gesù Cristo, rompe i sigilli che chiudevano il libro contenente i futuri destini della Chiesa, mentre i cori angelici sciolgono all'Agnello un inno di lode e di vittoria. Infine, accanto al portale principale, appena entrati sulla destra, campeggia una sontuosa statua dedicata a papa Pio IX, opera dello scultore Francesco Confalonieri, che don Bosco volle come monumento di riconoscenza per gli insigni benefici da lui ricevuti. L'organo, desiderato da Don Bosco, fu commissionato e affidato nel 1882 al Cav. Giuseppe Bernasconi di Varese per la realizzazione. Fu inaugurato nella prima settimana di luglio di quell'anno con concerti mattutini e serali, eseguiti, tra gli altri, da Carlo Galli, Roberto Remondi e dal maggiore organista dell'epoca Vincenzo Petrali di Bergamo. Vi parteciparono almeno cinquantamila persone, paganti il biglietto, come riportano gli annuali. L'organo, a trasmissione meccanica, era già dotato di tre tastiere, una pedaliera di 22 pedali e varie <> quali timpano, rullo e grancassa, tam-tam, un grande meccanismo per unire all'organo le campane del campanile della chiesa, il distacco dei piatti dalla grancassa e il campanello per avvisare il tiramantici. Il giornale L'Unità Cattolica scriveva che il Cav. G. Bernasconi «seppe fabbricare un organo giudicato dagli esperti non solo per migliore di Torino, ma per uno dei migliori d'Italia». Furono rilevati difetti nella funzionalità dello strumento, e intorno alla metà degli anni trenta, si fece restaurare. Lo strumento, costruito secondo i canoni vigenti alla fine dell'Ottocento, e perciò adeguato alle interpretazioni delle musiche di carattere melodrammatico, subì una rivoluzione tecnica (leva Barker) in consonanza alla trasformazione del gusto musicale. Con l'introduzione dell'organo sinfonico-orchestrale la ditta Baldi di Torino, incaricata dell'opera di restauro, nel 1920 trasforma la trasmissione da meccanica in pneumatica, essendo quella meccanica giudicata complicata e facilmente deteriorabile, apportando significativi cambiamenti all'assetto fonico dell'organo. In seguito, venne nuovamente modificata nel 1935 la trasmissione, che divenne elettrica. Dopo l'intervento della ditta Baldi, l'organo non ha subito interventi per cinquant'anni, perciò i danni causati allo strumento sono attribuibili al trascorrere del tempo. L'organo Bernasconi non fu più riportato alla sua originalità a causa della trasformazione operata dalla ditta Baldi. Un semplice restauro sarebbe stato riduttivo per lo strumento, sia per l'impostazione dei registri, sia per il sistema di trasmissione pneumatico complesso e lento: attualmente si richiedono omogeneità, ricchezza fonica ed equilibrio tra i corpi sonori. Fu decisa per il nuovo organo la trasmissione elettrica aggiornata, e, per l'impianto fonico la possibilità di suonare l'intera letteratura organistica. Soprattutto, secondo le nuove disposizioni liturgiche del Concilio Vaticano II, contenute nella Sacrosantum Concilium e nei documenti pastorali ispirati a quella costituzione, l'ubicazione del coro è preferibile tra l'assemblea orante, che può, aiutata dalla musica liturgica, cantare le parti proprie. e così essere agevolmente il soggetto della celebrazione liturgica: perciò l'organo è stato collocato a diretto contatto con l'assemblea. Ottenuto, dunque, il parere positivo della Commissione Organi e della Sovrintendenza ai Monumenti, fu deciso il trasferimento dalla cantoria all'abside a cura della Fabbrica Artigiana d'Organi Francesco Michelotto di Albignasego (Padova), nel 1983. L'organo fu inaugurato il 4 maggio 1985 con quattro concerti tenuti da Giovanni Borra, Guido Donati, Massimo Nosetti e Arturo Sacchetti. In concomitanza col Bicentenario della nascita di Don Bosco (1815-2015), l'organo è stato rimesso a nuovo con un primo intervento di pulitura, e con la successiva installazione del centralino elettronico ed ampliamento fonico affidato alla Bottega Organara di Roberto Curletto di Vinovo (To). Il nuovo organo, su progetto fonico del M° Stefano Marino (organista titolare della chiesa di San Giovanni Evangelista) è stato inaugurato il 27 maggio 2016 con un concerto del giovane organista M° Gabriele Agrimonti. Roberto Dinucci, Guida di Torino, Torino, Edizioni D'Aponte, p. 191 Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Giovanni Evangelista

Palazzo Priotti
Palazzo Priotti

Il Palazzo Priotti è un edificio storico della città di Torino. Rappresenta una delle prime sperimentazioni che, da un'impostazione ancora evidentemente eclettica, lascia trasparire primi stilemi liberty. L'edificio è compreso nel quartiere Centro e sorge a pochi metri di distanza dalla stazione di Porta Nuova, anch'essa progettata da Carlo Ceppi. La progettazione di questo edificio risale a un periodo particolarmente felice per il capoluogo sabaudo. Nella seconda metà dell'Ottocento, infatti, la città visse un inatteso periodo di rinnovamento ed una nuova espansione in conseguenza della sua nuova vocazione industriale. La progettazione dell'edificio venne inizialmente affidata dalla famiglia Priotti all'architetto Camillo Riccio, rimaneggiando una costruzione preesistente risalente al 1861 e progettata dall'architetto Blachier. Il vecchio edificio era noto in città per ospitare sin dal 1865, sull'angolo dell'attuale via Urbano Rattazzi, il celebre Caffè Burello, abituale ritrovo di viaggiatori e dell'aristocrazia, ma anche dell'emergente borghesia torinese. In seguito all'improvvisa morte dell'architetto Riccio nel 1899 il progetto venne affidato a Carlo Ceppi, già noto per aver realizzato numerose residenze, alcune chiese e la recentissima stazione di Porta Nuova. La costruzione dell'edificio terminò nel 1901 e apparve da subito un elegante esempio di eclettismo già molto influenzato dal nascente stile liberty che caratterizzò il panorama architettonico torinese del successivo decennio. Nel 1913 l'edificio divenne proprietà della famiglia Frisetti che, al posto della patinoire ubicata nella corte interna, fece realizzare su progetto dell'architetto Eugenio Ballatore di Rosana una sala cinematografica che, dopo ulteriori riadattamenti, esiste ancora ai giorni nostri come Cinema Ambrosio. Risparmiata dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale, l'edificio attualmente è sede di alcuni studi professionali e residenze private. Realizzato su progetto di Carlo Ceppi l'edificio sorge al confine del centro storico con il quartiere San Salvario e si sviluppa su cinque piani fuori terra, più il piano mansardato. Il piano stradale ospita locali commerciali e il noto Cinema Ambrosio sormontati dal tipico mezzanino e gode di una privilegiata collocazione lungo l'asse di corso Vittorio Emanuele II, mentre è percorso lateralmente da via Urbano Rattazzi e via Carlo Alberto. L'edificio presenta un largo uso di decorazioni in litocemento e si inserisce armonicamente nel contesto urbano del corso che, in quegli anni, fu rinominato intitolandolo alla memoria di Vittorio Emanuele II. L'architettura si distingue per un ricco apparato decorativo che manifesta una commistione di primi elementi liberty, allo stile barocco tanto caro al Ceppi. La facciata principale di corso Vittorio Emanuele II determina la fine del percorso porticato progettato dall’architetto Carlo Promis che coinvolge tutti gli edifici intorno alla stazione di Porta Nuova e all'adiacente piazza Carlo Felice. Essa è caratterizzata da grandi conchiglie che accolgono i bovindi, alternate da analoghe conchiglie fanno da sostegno ai balconcini riccamente decorati con ringhiere in ferro battuto. Il susseguirsi di decorazioni, stucchi, sculture, rendono i prospetti particolarmente ricchi e la cimasa centrale della facciata principale rappresenta la cifra stilistica tipica del Ceppi, quest'ultimo elemento decorativo già riscontrato in palazzo Ceirana-Mayneri, sormonta un ampio lucernario tripartito da colonne a torciglione, fregi, pinnacoli e abbondanti decori in litocemento. M1 Metropolitana Fermi - Lingotto (fermata Porta Nuova). AA.VV., Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, Torino, Politecnico di Torino Dipartimento Casa-Città, Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, 1984, ISBN non esistente. Vera Comoli Mandracci, Le città nella storia d'Italia(collana), Roma-Bari, Laterza, 1983, ISBN non esistente. Paolo Scarzella (a cura di),, Torino nell'Ottocento e nel Novecento. Ampliamenti e trasformazioni entro la cerchia dei corsi napoleonici, Torino, Celid, 1995, ISBN non esistente. Mila Leva Pistoi, Mezzo secolo di architettura 1865-1915. Dalle suggestioni post-risorgimentali ai fermenti del nuovo secolo, Torino, Tipografia torinese, 1969, ISBN non esistente. Rossana Bossaglia, Il Liberty in Italia, Charta, 1997, ISBN 88-8158-146-9. Carlo Ceppi Eclettismo (arte) Liberty a Torino Ville e palazzi di Torino Caffè Burello Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo Priotti

Chiesa di San Massimo (Torino)
Chiesa di San Massimo (Torino)

La chiesa di San Massimo è un edificio di culto cattolico che si trova nella zona centrale di Torino, in via San Massimo angolo via Mazzini, non lontano da corso Vittorio Emanuele II. Fu costruita tra il 1845 e il 1853 e progettata dagli architetti Carlo Sada e Giuseppe Leoni, ed è dedicata a San Massimo, primo vescovo di Torino. Assieme alla chiesa di San Francesco di Sales, è un esempio di architettura neoclassica dell'Ottocento nel Borgo Nuovo. La chiesa, a ridosso dei giardini Cavour e dall'aiuola Balbo, venne realizzata su sollecitazione nel 1843 degli abitanti del nuovo quartiere, il cosiddetto Borgo Nuovo (l’area compresa tra le attuali via della Rocca, dei Mille, e Mazzini). La commissione giudicatrice del bando di concorso scelse Giuseppe Leoni e Carlo Sada, che la progettarono in gusto tardo-neoclassico. Il lotto di terra venne fornito dal Comune, con 60.000 lire assieme ad altre 90.000 fornite da Carlo Alberto. La prima pietra fu posta nel 1849 e la chiesa venne dedicata il 14 giugno 1853. La chiesa fu danneggiata dai bombardamenti dell'aeronautica militare britannica l'8 dicembre del 1942 e il 13 luglio del 1943. Nell'inverno 1943-1944, il parroco Pompeo Borghezio vi accolse riunioni del Comitato di liberazione nazionale. Durante la guerra egli aiutò ebrei e partigiani e, nel marzo del 1945, ospitò un apparecchio radiotrasmittente per fornire informazioni agli alleati. La chiesa di San Massimo è a croce latina con navata unica. Fu definita da Cavallari-Murat "un palazzo tra i palazzi", per via dell'allineamento perfetto con il reticolo viario del nuovo borgo circostante, dato dalla forma allungata della croce latina e dalla posizione centrale del transetto, che rende il presbiterio lungo quanto l'ingresso. Questo collocamento della cupola e del transetto a metà dell'edificio aiuta a evitare il controsenso strutturale di una cupola montate al di sopra di un frontone, posizionamento criticato Francesco Milizia poiché un tetto a falde (evocato dal frontone classico) non potrebbe sopportare una cupola. Il pronao di San Massimo dunque appare leggero e privo di tale struttura pesante, inserendosi elegantemente nel contesto della piazzatta antistante. L'imponente cupola di 45 metri di altezza è stata affrescata da Paolo Emilio Morgari e ornata all'esterno con statue di profeti di Giovanni Albertoni, Silvestro Simonetta, Giuseppe Raimondi e Giuseppe Dini. La cupola si innesta sulla volta a botte di copertura con un alto tamburo circondata con una serie di colonne di altezza uguale alla calotta semisferica. La facciata neoclassica espone un pronao tetrastilo corinzio con quattro nicchie adornate da statue in marmo raffiguranti i quattro evangelisti opere degli scultori Antonio Bisetti (San Giovanni), Giuseppe Bogliani (Santi Marco e Luca), Santo Varni (San Matteo) donate da Vittorio Emanuele II nel 1853 e realizzate negli anni successivi. Lo spazio interno si presenta a navata unica ipostile con copertura a botte, su modello di provenienza dal neoclassicismo francese (tale la Chiesa di Saint-Philippe-du-Roule) elaborato in Piemonte precedentemente anche da Giuseppe Talucchi. All'interno, nel battistero realizzato da Cesare Reduzzi, la pala della Natività della Vergine del Legnanino (1707). Nell'abside affresco di Francesco Gonin (1853) che raffigura San Massimo che predica ai Torinesi incitandoli a difendersi da Attila . La Pietà, nella cappella di San Giuda Taddeo, appena entrati sulla destra, è opera dello scultore ligure Salvatore Revelli (1816 - 1859) e fu donata dal duca di Genova Ferdinando di Savoia-Genova. Altri affreschi sono opera di Gonin, Gastaldi, Paolo Emilio Morgari, e Quarenghi. L'organo a tre manuali - uno fra i più pregevoli di Torino e completamente ripristinato nel 2015 - è la prima opera considerevole del giovane Carlo Vegezzi-Bossi: lo strumento, presentato all'Esposizione generale italiana di Torino del 1884, è stato riallestito l'anno successivo nella chiesa. Edifici di culto in Torino Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Massimo Chiesa di San Massimo, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.