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Stazione di Milano Porta Nuova (1850)

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Milano stazione Porta Nuova seconda
Milano stazione Porta Nuova seconda

La stazione di Milano Porta Nuova era la stazione ferroviaria di testa da cui partiva la linea ferroviaria per Como. La stazione, inaugurata nel 1850, sostituì la precedente eretta nel 1840 da cui si irradiava la linea Milano-Monza. Il fabbricato viaggiatori, dismesso dal 1864, sorge tuttora sulla via Melchiorre Gioia, lungo quella che era l'alzaia del Naviglio della Martesana, poi coperto. Oggi è sede della Guardia di Finanza. La stazione fu inaugurata nel 1850 durante l'amministrazione del Lombardo-Veneto in sostituzione della omonima e adiacente stazione originaria del 1840 della linea Milano-Monza, divenuta insufficiente a smistare l'aumentato traffico creatosi dopo il prolungamento della linea fino a Como. Progettista del complesso fu inizialmente il francese Alfredo Lecointe, ingegnere capo della linea Milano-Como, che nel 1846 disegnò uno scalo a 5 binari sormontati da un'ampia tettoia in legno lunga 120 metri e larga 27. L'area scelta per il nuovo scalo era una vasta striscia di terreno fra la già esistente strada ferrata e il naviglio della Martesana. Verso la fine del 1847 venivano terminate le fondazioni del fabbricato viaggiatori. Sempre nel 1847 un secondo architetto, il milanese Stabili, abbozzava il disegno della facciata verso la Martesana. Nel 1848 l'ingegnere in capo Lacointe si ritirò e al suo posto fu nominato l'ingegner Canzio Canzi che affidò all'ingegner Achille Jodani il progetto definitivo, che si sviluppava sul lavoro di Stabili con alcune modifiche nelle decorazioni e la sostituzione delle capriate progettate da Lacointe. Le opere di costruzione ripresero dopo i fatti del '48 nella primavera del 1849 e il 24 giugno 1850 la nuova stazione venne inaugurata. Scriveva il milanese Ignazio Cantù nel 1853 che «[la stazione] arresta soprattutto per la straordinaria vastità del suo portico murato ai fianchi, e sopraccoperto da arditissimo tetto». Nel 1858 divenne capolinea anche della linea per Magenta. La stazione restò in servizio pochi anni: infatti nel 1864 il nodo ferroviario milanese fu concentrato per tutte le linee ferroviarie in un'unica grande stazione centrale, rendendo superflui i due vecchi capilinea passeggeri. La stazione di Porta Nuova venne utilizzata per il traffico merci fino al 1º gennaio 1873, quindi fu dismessa e l'edificio adibito a sede della dogana ferroviaria. Attualmente ospita un comando della Guardia di Finanza. Ferdinando Cassina (a cura di), Stazione della Priviliegiata Stazione Strada Ferrata fra Milano e Como, in Le fabbriche più cospicue di Milano, Milano, Ferdinando Cassina, 1840 (1859). Giovanna D'Amia, Il collegamento ferroviario tra Milano e Como nell'età della restaurazione e le prime stazioni milanesi, in Enzo Godoli, Mauro Cozzi (a cura di), Architettura ferroviaria in Italia. Ottocento. Dario Flaccovio editore, 2004, pp. 83-102. ISBN 8877585994. Ferrovia Milano-Monza Stazione di Milano Porta Nuova (1840) Stazione di Milano Porta Nuova (1931) Stazione di Milano Porta Garibaldi Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stazione di Milano Porta Nuova

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Stazione di Milano Porta Nuova (1850)
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Milano stazione Porta Nuova seconda
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Torre Unipol (Milano)
Torre Unipol (Milano)

La Torre Unipol, quartier generale milanese del gruppo, è un grattacielo in costruzione nel quartiere di Porta Nuova all'incrocio tra via Melchiorre Gioia e via Fratelli Castiglioni, dove un tempo doveva nascere l’Hotel Gilli. I lavori sono iniziati nel 2017 con le palificazioni delle fondamenta. La posa della prima pietra è avvenuta a primavera 2019. Il completamento della torre è previsto entro il primo semestre del 2023. La torre comprenderà 23 piani fuori terra e 3 piani interrati, una superficie totale di 33.000 m² e una altezza complessiva di 125 metri. Il grattacielo avrà un rivestimento a struttura a X, che ricorda un nido; i materiali utilizzati per la costruzione saranno vetro e acciaio. Completano l'opera un auditorium da oltre 270 posti e sul tetto una serra-giardino panoramica dedicata a eventi pubblici e culturali. Il rivestimento della struttura in acciaio è realizzato dall'azienda trevigiana Maeg costruzioni. L'edificio è stato progettato per massimizzare l'efficienza energetica grazie alla presenza, lungo le pareti esterne, di una doppia intercapedine che mitiga il caldo estivo e isola dal freddo invernale. Sono anche presenti pannelli solari per la produzione di energia elettrica. Sulle terrazze lungo i perimetrali esterni e sulla terrazza posta sulla sommità dell'edificio sono presenti giardini d'inverno che aiutano a regolare la temperatura interna dell'edificio riducendo l'ausilio di impianti di aerazione artificiali in prossimità dell'atrio. La terrazza panoramica situata in cima all'edificio sarà destinata anche a ospitare eventi culturali, come mostre. Progetto Porta Nuova Centro Direzionale di Milano Grattacieli in Italia Grattacieli di Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Torre Unipol Sito ufficiale, su urbanupunipol.com.

Stazione di Milano Porta Nuova (1840)
Stazione di Milano Porta Nuova (1840)

La stazione di Milano Porta Nuova, capolinea della linea Milano-Monza, fu la prima stazione ferroviaria milanese, entrata in servizio nel 1840. La stazione fu edificata lungo il viale di circonvallazione (attuale viale Monte Grappa, parte della circonvallazione interna a quel tempo confine comunale di Milano), all'angolo con il Naviglio della Martesana (oggi coperto e sostituito dalla via Melchiorre Gioia). Progettista dell'edificio, realizzato in stile neoclassico, fu l'ingegnere Giulio Sarti (1798-1866). Nel novembre del 1839 l'imperatore Ferdinando I d'Austria concesse a Giovanni Putzer, rappresentante della ditta "Holzhammer" di Bolzano, il privilegio di realizzare la strada ferrata da Milano a Monza. Il 17 agosto 1840 la stazione fu inaugurata. La locomotiva "Lombardia" e il suo convoglio di tre vagoni su cui viaggiavano le autorità percorse i 12,8 km in soli 19 minuti. La costruzione della linea ferroviaria fu un vero avvenimento e nei primi mesi i passeggeri giornalieri furono in media 1750, diventando meta per le gite domenicali. Il 20 dicembre 1840 entrava in attività il primo omnibus a cavalli che collegava piazza Duomo con la stazione. La stazione milanese e quella monzese erano molto simili. Entrambe realizzate in stile neoclassico, differenziavano essenzialmente nella dimensione. La stazione milanese, ancora esistente, fu realizzata su tre piani con un pronao a capitelli ionici, sormontato da un frontone triangolare, mentre quella monzese era a un solo piano. In seguito al prolungamento della linea ferroviaria fino a Camerlata, presso Como, la stazione divenne insufficiente a smistare l'aumentato traffico. Pertanto fu sostituita da una nuova stazione, posta poche centinaia di metri più a nord. L'edificio fu adibito a sede di uffici della società ferroviaria. Dal 2010 la stazione è stata sottoposta a un restauro conservativo ed è diventata un albergo. Giovanna D'Amia, Il collegamento ferroviario tra Milano e Como nell'età della restaurazione e le prime stazioni milanesi, in Enzo Godoli e Mauro Cozzi (a cura di), Architettura ferroviaria in Italia. Ottocento, Dario Flaccovio, 2004, pp. 83-102, ISBN 88-7758-599-4. Mario Moretti, Da Milano a Monza nel 1840, in I Treni Oggi, n. 109, Salò, Editrice Trasporti su Rotaie, novembre 1990, pp. 26-29, ISSN 0392-4602. Ferrovia Milano-Monza Stazione di Monza Wikisource contiene il testo completo di Inaugurazione della strada ferrata da Milano a Monza Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stazione di Milano Porta Nuova di Anonimo

Ponte delle Gabelle
Ponte delle Gabelle

Il ponte delle Gabelle era la prima opera muraria che incontrava il Naviglio della Martesana all'entrata di Milano, dopo la costruzione delle mura spagnole (1546-1560) e prima dell'interramento della parte finale del percorso cittadino del Naviglio, che è avvenuta tra il 1929 e il 1930 contestualmente all'interramento della Cerchia dei Navigli. Nel passato il Naviglio della Martesana proseguiva il suo percorso cittadino, ora interrato, verso sud-ovest superando Porta Nuova (oggi, giunto a Porta Nuova, cambia bruscamente direzione verso sud-est mutando nome in Cavo Redefossi), sottopassando prima le mura spagnole, poi il ponte delle Gabelle e infine incontrando la Conca dell'Incoronata, dopo la quale cambiava nome in Naviglio di San Marco. Poco dopo dava origine al laghetto di San Marco, che si immetteva nella Cerchia dei Navigli attraverso la conca di San Marco. Posto sulla strada di circonvallazione che costeggiava i Bastioni di Milano, era il punto dove veniva esatto il dazio, su barche e merci trasportate (gabelle), per proseguire lungo il naviglio. Subito dopo, il Naviglio della Martesana sottopassava le mura (tombon de San Marc), tristemente noto come ponte dei suicidi, e uscendone incontrava la leonardesca Conca dell'Incoronata (ora in secca per il mancato arrivo dell'acqua del Naviglio). Proseguendo per via San Marco, giunto all'altezza dell'odierna via Montebello, il naviglio (non più della Martesana, ma di San Marco) era attraversato dal ponte dei Medici, dal nome del palazzo contiguo, dove si trova ancor oggi il Corriere della Sera, e si apriva nel laghetto di San Marco, dove si scaricavano le merci che non dovevano percorrere la Cerchia dei Navigli con destinazione la Darsena di Porta Ticinese Nel laghetto di San Marco arrivavano anche, provenienti da Corsico, i barconi con i rotoli di carta per il Corriere della Sera e da qui partivano le barche-corriera (el barchett de Vaver) che raggiungevano Vaprio d'Adda. Uscendo dal laghetto e dopo altre due conche, quella di San Marco e quella del Marcellino, il naviglio si immetteva nella fossa all'inizio di via Fatebenefratelli. Il passaggio in corrispondenza del ponte del Marcellino era il più stretto dell'intera fossa navigabile. Esisteva un secondo tombone (el tombon de Viarenna) dove dalla Darsena si passava sotto i bastioni (l'odierno viale Gabriele D'Annunzio) per raggiungere il Naviglio del Vallone attraverso la Conca di Viarenna. Giuseppe Banfi, Vocabolario Milanese-Italiano: ad uso della gioventù, presso la Libreria di educazione di Andrea Ubicini, Milano, 1857 (da Google Libri) Francesco Cherubini, Vocabolario milanese-italiano, Stamperia Reale, Milano, 1814 Toti Celona e Gianni Beltrame, I navigli milanesi, Provincia di Milano, Milano, 1982 Naviglio della Martesana Porta Nuova (Milano) Idrografia di Milano Conca dell'Incoronata Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul Ponte delle Gabelle Il ponte del XVI secolo rivede la luce, su blog.urbanfile.org.

Porta Nuova (Milano)
Porta Nuova (Milano)

Porta Nuova (Porta Noeuva in dialetto milanese, AFI: [ˈpɔrta ˈnøːa]) è una delle sei porte principali di Milano, ricavata lungo i bastioni spagnoli, oggi demoliti. Posta a nord della città in piazzale Principessa Clotilde, si apre lungo la strada per Monza. Caratterizzata oggi dalla presenza dell'arco neoclassico dello Zanoia (1810-1813) e degli annessi caselli daziari, sorge al centro di piazzale Principessa Clotilde, allo sbocco di corso di Porta Nuova. In passato Porta Nuova identificava inoltre uno dei sei sestieri storici in cui era divisa la città, il Sestiere di Porta Nuova. La Porta Nuova attuale che si apre nei Bastioni di Milano sorse decentrata a occidente rispetto all'asse viario (oggi via Manzoni) su cui erano sorte in precedenza le omonime porte di epoca romana (sul tracciato delle Mura romane) e di epoca medievale (sul tracciato delle mura medievali di Milano). Il medesimo sestiere era servito, in epoca romana, dalla porta Aurea, collocata lungo le mura Massimianee del tracciato romano, sull'odierna via Manzoni all'incrocio con via Monte Napoleone. Nella cinta medievale si collocava allo sbocco in piazza Cavour dove ancora oggi è presente, perfettamente integra. Se, come era avvenuto per le altre porte, con la costruzione delle mura spagnole essa fosse stata semplicemente spostata più all'esterno lungo la medesima direttrice, sarebbe collocata al termine dell'attuale via Daniele Manin. Tale porta, invece, fu ricavata parecchio più a occidente, tra il Seveso e la Martesana. La porta spagnola venne demolita in epoca napoleonica, quando si avviò un progetto per convertire le principali porte dei bastioni ad una funzione daziaria e ornamentale, visto il superamento della loro funzione militare: l'edificazione di una porta monumentale contribuiva al nuovo riassetto urbanistico anulare attorno all'area dei bastioni, favorendo lo sviluppo urbano a nord della città. L'attuale porta, presente ancora oggi in piazzale Principessa Clotilde (stessa collocazione della precedente porta spagnola demolita), venne costruita su progetto dell'architetto Giuseppe Zanoia e si apriva sul tracciato dell'antica via romana che collegava la città con la Brianza. La costruzione avvenne tra il 1810 e il 1813. Il suo valore commerciale derivava dalla prossimità al naviglio della Martesana, allora navigabile. Per entrare in città, il naviglio dapprima sottopassava il ponte delle Gabelle e i bastioni, quindi superava la leonardesca conca dell'Incoronata per aprirsi nel laghetto di San Marco, da cui proseguiva lungo una seconda conca omonima e si immetteva nella fossa navigabile all'inizio di via Fatebenefratelli. Lungo i bastioni, dal Ponte delle Gabelle, scorreva il Redefossi che riceveva prima le acque in eccessi della Martesana e, appena oltre Porta Nuova, il Seveso. Seppure interrato, il Redefossi segue ancora oggi il medesimo percorso. Al momento della costruzione di questa nuova porta si prevedeva che la città si espandesse verso l’esterno, secondo la direttiva della strada che ne usciva (oggi dedicata ad Amerigo Vespucci - delibera comunale del 7 giugno 1878). Tale sviluppo non avvenne perché nel periodo successivo la via venne sbarrata dalla costruzione della stazione ferroviaria di Porta Nuova. Oggi la via Vespucci termina, in pratica, con una ripida scalinata pedonale da cui si accede all’attuale Piazza Alvar Aalto, costruita, ad un livello più alto, sull’ex terrapieno delle ferrovie Varesine. Quindi Porta Nuova ha perso quasi subito la sua originaria funzione. Infatti nel 1840 venne inaugurata, appena al di là della Martesana, la stazione di Porta Nuova, prima stazione ferroviaria della città, al servizio della Milano-Monza. L'edificio principale si è conservato ed è stato trasformato nell'albergo di lusso Maison Moschino nel 2010. La porta dello Zanoja presenta un doppio ordine, che definisce un'importanza gerarchica sia funzionale sia estetica: corinzio nella parte centrale e dorico nei caselli laterali. Presenta un unico fornice costruito in blocchi di arenaria giallastra ed ornato da bassorilievi, alla quale sono collegati due caselli daziari porticati, anch'essi in arenaria, collocati simmetricamente ai due lati. L'arenaria utilizzata è molto friabile, per cui le decorazioni di cui il monumento è ornato esteriormente sono soggette ad erosione nel tempo, aggravata dall'inquinamento, e parte delle sue ornamentazioni originarie oggi sono scomparse o scarsamente visibili. Nel 2002 l'associazione "Castelli e Ville Aperte in Lombardia" ha ricevuto dal comune di Milano l'assegnazione dell'opera per il suo uso e restauro conservativo. Giuseppe Banfi, Vocabolario Milanese-Italiano: ad uso della gioventù, presso la Libreria di educazione di Andrea Ubicini, Milano, 1857 (da Google Libri) Ferdinando Cassina (a cura di), Descrizione del dazio di Porta Nuova, in Le fabbriche più cospicue di Milano, Milano, Fernando Cassina e Domenico Pedrinelli, 1840, pp. non numerate. Bonvesin da La Riva, De magnalibus Mediolani, testo critico, traduzione e note a cura di Paolo Chiesa, Libri Scheiwiller, Milano, 1998 Francesco Cherubini, Vocabolario milanese-italiano, Stamperia Reale, Milano, 1814 Bruno Pellegrino, Così era Milano – Porta Nuova, Edizioni Meneghine, Milano, 2011 Piazzale Principessa Clotilde Naviglio della Martesana Mura di Milano Progetto Porta Nuova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su porta Nuova Scheda su Agenda Milano, su agendamilano.com. URL consultato il 29 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 14 febbraio 2005).

Naviglio della Martesana
Naviglio della Martesana

Il Naviglio della Martesana, anche noto come Naviglio Piccolo (in lombardo Navili de la Martesana o Naviliett), è uno dei navigli milanesi che collega Milano con il fiume Adda dal quale riceve le acque a Concesa poco a valle di Trezzo sull'Adda. Ebbe il nome Martesana, per il contado che avrebbe attraversato, da Francesco Sforza nel 1457, ancor prima che incominciassero nel 1460 i lavori per costruirlo. Giunto a Milano, dalla Cassina de' Pomm prosegue sotto l'attuale Via Melchiorre Gioia dove riceve il torrente Seveso e poi raggiunge i bastioni di Porta Nuova, dove presso il Partitore della Martesana, un tempo a cielo aperto, genera il Cavo Redefossi che, prima dell'interramento della Cerchia dei Navigli, rappresentava solamente un canale scolmatore del Naviglio della Martesana. Infatti, in origine, il Naviglio della Martesana proseguiva il suo percorso cittadino, ora interrato, cambiando nome in Naviglio di San Marco e dando poi origine al laghetto di San Marco, che scaricava le sue acque nella Cerchia dei Navigli. Situato a sud del Canale Villoresi, il Naviglio della Martesana è un canale ora non più navigabile largo dai 9 ai 18 metri, profondo da 0,5 a 1 metro e lungo 38,7 km (di cui alcuni coperti). Il dislivello tra l'incile e il Naviglio di San Marco, superata la Conca dell'Incoronata, era di 19 metri. L'assetto della Martesana variò periodicamente alla ricerca dell'equilibrio tra la funzione irrigatoria e di navigazione; la descrizione che segue si riferisce ai dati riportati da Carlo Cattaneo nel 1844, che rispecchiano la situazione di stabilità raggiunta dopo i lavori ordinati dal duca di Albuquerque, governatore di Milano (1574), fino alla chiusura della fossa interna nel 1929. La presa d'acqua a Concesa avveniva a fianco di uno sfioratore a sperone lungo 268 metri, con cinque scaricatori e 29 porte per evitare, in caso di piene dell'Adda, una portata eccessiva; altri scaricatori (che potevano però funzionare anche come "affluenti") erano sistemati agli incroci coi fiumi, Molgora, Lambro e Seveso in particolare; l'eventuale ulteriore surplus d'acqua veniva sversato nel Redefossi con uno scaricatore a dodici porte. Tutto il sistema era concepito per raccogliere le piene smaltendole a valle. Le acque per l'irrigazione erano estratte da 75 bocche a sinistra e dieci in sponda destra. Nel suo percorso attraversa i territori dei comuni di Trezzo sull'Adda, Vaprio d'Adda, Cassano d'Adda, Inzago, Bellinzago Lombardo, Gessate, Gorgonzola, Cassina de' Pecchi, Bussero, Cernusco sul Naviglio, Vimodrone e Cologno Monzese; entra nel territorio di Milano in via Idro, alla periferia nordorientale della città, e scorre a cielo aperto fino alla Cassina de' Pomm, all'angolo con via Melchiorre Gioia a Greco sotto il cui manto stradale si infossa, dal 1968, con una brusca curva a sinistra. Seguendo la via, riceve il torrente Seveso all'altezza di via Giacomo Carissimi e raggiunge i bastioni di Porta Nuova dove cambia bruscamente direzione verso sud-est cambiando nome in Cavo Redefossi. Prima dell'interramento della Cerchia dei Navigli, il Cavo Redefossi rappresentava solamente un canale scolmatore del Naviglio della Martesana. Nel passato il Naviglio della Martesana proseguiva infatti il suo percorso cittadino, ora interrato, verso sud-ovest superando Porta Nuova, sottopassando prima le mura spagnole, poi il ponte delle Gabelle e infine incontrando la conca dell'Incoronata, dopo la quale cambiava nome in Naviglio di San Marco. Poco dopo dava origine al laghetto di San Marco, che si immetteva nella Cerchia dei Navigli attraverso la conca di San Marco. La storia documentale del Naviglio della Martesana ebbe inizio il 3 giugno 1443 quando Filippo Maria Visconti (1412-1447) approvò, con una disposizione intitolata Ordo rugie extrahendi ex flumine Abdua, il progetto, che gli era stato presentato da un gruppo di illustri cittadini milanesi guidati da Catellano Cotta, amministratore ducale del Monopolio del sale e fratello del feudatario di Melzo. Essi chiedevano di derivare le acque dell'Adda per realizzare un canale utilizzabile sia per l'irrigazione, sia per azionare sedici mulini (il duca ne autorizzò dieci). Il corso individuato prevedeva che il canale venisse alimentato da una presa d'acqua (incile) situata poco a valle del castello di Trezzo sull'Adda, in un punto in cui il fiume ha una strettoia e la corrente sarebbe stata sufficiente per garantire un flusso costante. Il canale avrebbe poi costeggiato l'Adda per dirigersi a occidente dopo Cassano d'Adda, raggiungere Inzago, seguirne per un tratto il fossato di cerchia e puntare verso Trecella e Melzo per confluire nel torrente Molgora. Filippo Maria Visconti morì nel 1447 e, dopo la parentesi della Repubblica Ambrosiana, gli successe Francesco Sforza che nel 1457 promanò un editto, sottoscritto da Cicco Simonetta, che diede il via alla progettazione del Navilio nostro de Martexana, dove l'utilizzo dell'aggettivo nostro non è casuale, ma è atto a sancire l'aspetto di pubblica utilità dell'opera. In seguito agli eventi che videro Milano in guerra con Venezia e che portarono alla pace di Lodi, lo Sforza aveva compreso il valore militare ed economico di un canale utilizzabile per la navigazione, in quella che era considerata un'area di frontiera strategica per il ducato, e ne modificò il percorso, portandolo a raggiungere Milano, per inserirlo in un più vasto disegno di collegamento della città con l'Adda e il Ticino. Un decreto del 1º luglio dello stesso anno segnò l'inizio dei lavori guidati da un folto gruppo di ingegneri ducali, cui spettava il compito di reclutare le maestranze, procurare i materiali e dirigere i lavori. Fra questi il più noto era Bertola da Novate, che già ai tempi dei Visconti si era occupato del canale, e a lui il duca affidò la direzione dei lavori; citato in un appunto leonardesco fu erroneamente ritenuto per lungo tempo l'unico progettista ed esecutore dei lavori. Il primo tratto della Martesana fino al Seveso (Cassina de' Pomm) fu completato in otto anni e reso navigabile nel 1471, quand'era duca Galeazzo Maria; la fossa interna fu raggiunta nel 1496, durante il ducato di Lodovico il Moro. Il cambiamento del percorso rispetto al progetto del 1443 pose un problema: signori e notabili della zona, consci dei vantaggi che ne sarebbero derivati, esercitarono pressioni perché il canale lambisse le loro terre e i borghi in modo da offrire comodi approdi. Questa è la ragione per cui la Martesana ha un tracciato così tortuoso: fu una scelta politica e non tecnica, come invece era avvenuto sul primo tratto del Naviglio Grande, dove c'era l'esigenza di addolcire le pendenze. L'attraversamento dei borghi di Inzago, Gorgonzola e Cernusco, il collegamento con i loro fossati di cerchia, la costruzione di ponti in corrispondenza delle strade furono le sfide che si trovarono ad affrontare Cristoforo da Inzago e Filippo Guascone, gli ingegneri ducali incaricati di seguire questo aspetto dei lavori. La costruzione del naviglio ebbe un forte impatto sull'economia locale: furono ingaggiati centinaia di scavatori e di carpentieri per la realizzazione dell'alveo e delle sponde; nelle zone di Vaprio e di Trezzo furono attivate cave di ceppo dell'Adda, la pietra utilizzata per gli argini; fra Gessate e Bellinzago Lombardo furono aperte cave di argilla e costruite almeno tre fornaci per la cottura dei mattoni. I circostanti boschi di querce e carpini fornirono sia la legna per le fornaci, sia i pali per il rinforzo delle sponde. Queste attività talvolta entravano in conflitto con gli interessi dei proprietari terrieri, che spesso erano enti ecclesiastici come la Veneranda Fabbrica del Duomo o l'Ospedale Maggiore (Ca' Granda) o monasteri cittadini. Fu perciò necessario creare un organismo apposito che si occupasse di queste e delle molte altre questioni e diatribe che sorgevano a causa del canale: il Generalis Commissarius super ordinariis Navigi Martexane. Per gran parte del suo percorso il Naviglio della Martesana scorre, contrariamente agli altri navigli, perpendicolarmente alla linea di displuvio incrociando quindi le acque in discesa dalle colline della Brianza e in particolare i torrenti Trobbia e Molgora e il fiume Lambro. Le campagne della Bassa milanese erano caratterizzate da una mescolanza di terra e acqua non sempre proficua da un punto di vista agronomico; i grandi volumi d'acqua scendevano dall'Alta pianura andandosi a mescolare nelle risorgive, rendendo spesso i terreni paludosi e sortumosi. Uno degli effetti della costruzione del Naviglio fu quella di raccogliere e incanalare le acque pluviali e permetterne una distribuzione più razionale, regolata tramite un sistema di rogge alimentate da bocche di portata controllata. Si calcola che l'area valorizzata in questo modo fu di circa 25.560 ettari, mentre 460 erano quelli a prato permanente. Dal punto di vista della navigazione, Molgora e Lambro erano superati da ponti-canali. Originariamente, il ponte sul Molgora era più stretto rispetto a quello attuale: l'allargamento fu eseguito solamente nel momento in cui si decise di rendere il canale navigabile. Inizialmente, come abbiamo visto, il Naviglio non confluiva nella fossa interna dei navigli, ma scaricava le acque nel Lambro e nel Seveso arrestandosi alla Cassina de' Pomm; fu con la reformazione del naviglio nostro de Martexana, voluta da Lodovico il Moro, che il canale nel 1496 venne prolungato fino in città e congiunto ai navigli interni, la cui fossa, contemporaneamente, fu resa interamente navigabile realizzando così il collegamento del Ticino all'Adda. Il superamento del dislivello esistente fra il canale e la fossa interna, assieme al fatto che questa avrebbe dovuto ricevere un maggiore carico idrico, aveva presentato notevoli difficoltà tecniche e impegnato a lungo i progettisti nella ricerca di una soluzione ottimale. È certo e documentato che progettista e sovrintendente delle opere necessarie al congiungimento del naviglio con la fossa interna fosse Bartolomeo della Valle, allora ingegnere ducale. L'opera fu completata con un sistema di conche di navigazione successive: la prima a Gorla, a monte della cassina de' Pomm, per regolarizzare il flusso delle acque, le altre due, quelle dell'Incoronata e quella di San Marco, per superare il restante dislivello. Tre altre conche, a Groppello, Inzago e Bellinzago, completavano il sistema. Le conche non erano una novità: la prima, quella di Viarenna che univa il Naviglio Grande con la fossa interna, è del 1437. Là si trattava di portare i natanti a un livello più alto, qui di farli scendere a uno più basso, ma ora il sistema era completo e agibile. Tra il 1484 e il 1500, Leonardo da Vinci era ospite della corte sforzesca e sono stati molti, specialmente nell'Ottocento, ad accreditargli addirittura l'invenzione delle conche e una sua diretta partecipazione al compimento della Martesana, quasi a nobilitare ulteriormente, con la presenza del genio, un'opera già di per sé straordinaria; anche oggi non è raro leggere di tale partecipazione. Di certo vi è soltanto che nello schizzo Immagine schematica di Milano in pianta e in profilo orizzontale, il (o la) Martesana viene riportato da Leonardo come opera già compiuta, mentre in un successivo foglio si vedono dettagliati disegni e appunti relativi alla conca di San Marco, che determineranno le modalità costruttive del dispositivo idraulico per il futuro. È invece sicuro che nel 1516 Francesco I commissionò a Leonardo, in occasione del suo secondo soggiorno ambrosiano, un progetto per un collegamento diretto di Milano con l'Adda a monte del suo tratto non navigabile, tra Paderno e Trezzo. Leonardo fornì due possibili soluzioni: l'apertura di un nuovo canale che da Paderno si dirigesse a ovest attraversando la pianura prima di rivolgersi a sud all'altezza di Milano o, in alternativa, un ardito progetto con canali, pozzi e chiuse a contrappeso in gallerie scavate nella viva roccia che sovrasta la destra del fiume, dove poi fu costruito il naviglio di Paderno. Idee troppo ardite per essere realizzate, soprattutto da altri, con i mezzi allora a disposizione. Entrambi i progetti sono riportati in dettaglio, con addirittura il calcolo dei costi, nel citato Codice Atlantico. Il sogno sforzesco di collegare Milano direttamente con il lago di Como dovette attendere quasi altri tre secoli per realizzarsi: il dislivello dell'Adda fra Brivio e Trezzo dopo molti tentativi fu superato dal Naviglio di Paderno solo nell'ottobre 1777, regnante Maria Teresa d'Austria. Il Naviglio della Martesana ricalca in parte la moderna strada statale 11 Padana Superiore. Quest'ultima, a sua volta, ha circa lo stesso percorso della via Gallica, strada romana che collegava Gradum (Grado) ad Augusta Taurinorum (Torino) passando da Patavium (Padova), Vicetia (Vicenza), Verona (Verona), Brixia (Brescia), Bergomum (Bergamo) e Mediolanum (Milano) . Nel 1497 alcuni proprietari di diritti d'acqua del Milanese, fra i quali la potente Abbazia di Chiaravalle, intentarono una causa contro il ducato per dare precedenza all'uso irriguo delle acque. Nella sentenza finale Ludovico il Moro (figlio di Francesco Sforza) ribadì che lo scopo prioritario del Naviglio della Martesana era la navigazione. Non resterà un episodio isolato, ma solo il primo atto di una contesa infinita tra la città interessata ai traffici e quindi alla navigabilità e la campagna, che vedeva il canale come una fonte d'acqua per l'irrigazione. Fin dalla conclusione dei lavori, infatti, l'aspetto più problematico della gestione del naviglio fu quello di conciliare il suo doppio ruolo di canale navigabile e di dispensatore d'acqua. La costruzione di numerosi canali secondari alimentati da bocche che attingevano dal naviglio era stata incoraggiata e trovava fondamento nel diritto consuetudinario, in seguito recepito dagli statuti cittadini, cioè il cosiddetto "diritto di acquedotto", che conferiva la facoltà a chiunque ne facesse richiesta di condurre acqua dal naviglio nei canali secondari, con il solo obbligo di provvedere alla manutenzione degli stessi e degli eventuali ponti necessari. Fu solo dall'ultimo decennio del Quattrocento che le concessioni incominciano a essere rilasciate dietro pagamento di una somma di denaro alla Camera ducale. Il titolare della concessione poteva poi rivenderla o affittarla ad altri (la "ragione d'acqua"). Dopo la caduta di Lodovico il Moro nel 1499, il ducato cambierà più volte il sovrano e a francesi e spagnoli si alterneranno eredi degli Sforza, prima del lungo dominio spagnolo (1535-1706). Ogni nuovo signore, re, imperatore o duca che fosse, trovava nell'imposizione di nuove tasse e gabelle sui traffici e nella vendita dei diritti d'acqua un facile mezzo per finanziare le casse dell'erario, dissanguate dalla guerra. Nel 1515, Ercole Massimiliano Sforza cede ai milanesi i diritti d'acqua dei navigli per "soli" 50.000 ducati, diritti che in realtà aveva già in gran parte venduto ai proprietari di terre che ne approfittavano abbondantemente. Tornano i francesi e Francesco I decide che i canali erano e restavano patrimonio dello Stato! Nel 1522 Francesco II Sforza è duca di Milano, ma nel 1524 la città, stremata dalla peste, si riconsegna ai francesi; cinque anni dopo Carlo V gli riconcede il ducato, che terrà fino alla sua morte nel 1535. La situazione è drammatica: nel 1529 la gente moriva di fame per le strade e l'anno successivo le campagne abbandonate attorno alla città erano invase da branchi di lupi e molte furono le vittime; la Martesana non è praticamente più navigabile per le troppe sottrazioni d'acqua. Francesco II Sforza fa demolire la conca di Gorla, rimpiazzandola con una nuova alla Cassina de' Pomm, e abbattere il ponte-canale sul Lambro per riportare acqua nel naviglio. Navigabilità e disponibilità idrica per l'irrigazione migliorarono, ma la distruzione del ponte-canale Martesana sul Lambro (attuale Cologno), che era un ponte in pietra a tre capate, portò a molti disagi anche di natura molto grave: il confluimento delle acque del Lambro direttamente sul Naviglio crearono disastrose inondazioni durante i periodi di forte pioggia. Non potendo ricostruire un nuovo ponte-canale causa carenza di fondi (poiché il Lambro si era allargato così tanto che il ponte avrebbe richiesto ben cinque campate) la situazione rimase praticamente non gestita fino alla morte di Francesco II. Il successore dello Sforza, tentò di risolvere le piene del Lambro costruendo 19 bocche nell'area dove si incrociavano i due corsi d'acqua ma la situazione non migliorò in modo soddisfacente: le inondazioni ora interessavano un'area inferiore rispetto a prima ma ad ogni piena le zone comprese fra Crescenzago, Cascina Olgetta e Cascina Gobba finivano sott'acqua. In periodi di scarsa pioggia, invece, la navigazione era migliorata nel tratto terminale, ma non a monte, tanto che le autorità spagnole intervennero proibendo, per due giorni alla settimana, l'estrazione dell'acqua perché le barche potessero galleggiare e successivamente (1571) facendo derivare un nuovo corpo d'acqua dall'Adda a Groppello, costruendo un nuovo piccolo ponte-canale sul Molgora e aumentando l'ampiezza del canale. Finalmente, nel 1574, la Martesana tornava a essere navigabile per merito del governatore, il duca di Albuquerque che aveva disposto i lavori, ma non con poche difficoltà: la corrente rendeva impegnativa la navigazione in risalita e la quantità di fango, tronchi e detriti che il Lambro riversava nel Naviglio, creava quasi delle dighe che compromettevano la navigazione in entrambi i sensi. Bisognò attendere fino al 1900 prima che il ponte-canale venne ricostruito, rifatto il letto e consolidate le sponde: fino ad allora, per più di due secoli, si cercò di limitare i danni con sistemi empirici, con risultati solo modesti, e di fatto la Martesana non ricevette alcuna opera di manutenzione dal 1471 al 1931. Dalla fine del 1500, comunque, incominciò per il Naviglio della Martesana un periodo di grande attività che durò fino a tutta la seconda metà dell'Ottocento e che ebbe il suo culmine dopo l'apertura del Naviglio di Paderno nel 1777. A Milano giungevano derrate alimentari fresche (frutta, verdure, bestiame da macello, formaggi), foraggi e paglia, vino, granaglie (frumento, orzo, miglio e mais, la cui coltivazione era stata introdotta nel ducato nel 1519), materiali da costruzione e laterizi, calce, sabbia, manufatti, utensili vari, sedie e mobili. Dalla città partivano filati e stoffe e i manufatti delle numerosissime botteghe artigiane di ogni genere. C'è sempre però il problema delle piene del Lambro a creare difficoltà: essendo giudicata troppo costosa la ricostruzione del ponte-canale, si rimedia con un ponte di legno su cui possono passare barcaioli e cavalli quando il fiume ingrossa troppo per essere guadato. Le tasse, i pedaggi e le gabelle sono pesanti e non si distingue tra barche piene o semicariche. Tra Trezzo e Brivio prosperano i mulattieri addetti ai trasbordi. Dopo il 1777, il traffico è più pesante: ferro, marmo, sempre più legname, carbone. Nell'occasione, il governo austriaco sospende i "dazi di catena" e garantisce alle barche il carico di ritorno con il trasporto del sale a Lecco. Nel 1782 si apre una regolare linea per i passeggeri dal tombon de San Marc alla città lariana e nel 1800 incomincia il servizio el barchett de Vaver (Vaprio), la barca corriera resa celebre dal film di Ermanno Olmi, L'albero degli zoccoli. Il bacino della Cassina de' Pomm, grazie anche alla conca che tratteneva le acque, era diventato il porto per sabbia e ghiaie, merci che raramente arrivavano a San Marco. La strada alzaia risaliva con la Martesana a sinistra e un canale sulla destra. Derivato dal naviglio poco a monte, azionava tre grossi mulini ("bianco" per il frumento, "giallo" per il grano turco e "terzo mulino" perché costruito per ultimo) e si ricongiungeva al Martesana, con una rumorosa cascata, subito dopo la conca. Oggi la stessa roggia è quella che alimenta il ruscello e i giochi d'acqua del piccolo Parco della Cassina de' Pomm. Le "navi" impiegate (così le chiamavano i cronisti del tempo) erano uguali a quelle usate sul Naviglio Grande. Cagnone, mezzane e borcelli erano però costruiti in cantieri sul Lario invece che sul Ticino o sul Lago Maggiore. Erano governate con lunghi timoni mobili a barra e con l'ausilio di pertiche; l'equipaggio era costituito da tre uomini, un parone e due aiutanti. Per formare i nuovi equipaggi divenuti indispensabili dopo il congiungimento con il lago di Como, furono fatti venire da Sesto Calende e dal Ticino paroni esperti col compito di istruttori. La risalita da Milano, controcorrente, avveniva necessariamente al traino di cavalli che rimontavano la strada alzaia in cobbia (convoglio) di cinque barche con cinque cavalli; nel percorso da Trezzo a Brivio, i cavalli diventavano 12. La discesa avveniva di norma sul filo della corrente, ma spesso si impiegavano anche i cavalli, sia per velocizzare il viaggio, sia per la necessità di riportarli a valle. Considerando l'intero percorso, da Lecco a Milano erano necessarie quindici ore, mentre per risalire potevano volercene fino a settanta. Partenza rigorosamente all'alba, perché, come su tutti i navigli, era tassativamente vietato viaggiare di notte (disposizione che resterà sempre in vigore) ed era indispensabile sfruttare al massimo le ore di luce; ma come si può facilmente calcolare il viaggio poteva durare parecchi giorni. Più "rapidi" i collegamenti passeggeri: si poteva scendere da Trezzo a Milano in sette ore e ritornarvi in dodici. In città, per trasferirsi dal laghetto di San Marco alla Darsena, una barca carica impiegava quattro ore. Pur mancando documentazione diretta sul fatto, dagli appunti leonardeschi si deduce che Leonardo navigò sul naviglio diretto alla Villa Melzi d'Eril di Vaprio d'Adda, nella quale soggiornò e probabilmente incominciò un grande affresco terminato in seguito da un suo allievo. A partire da Carlo Borromeo praticamente tutti gli arcivescovi milanesi navigarono sulle acque del Naviglio per recarsi a Groppello presso la Villa Arcivescovile. Gabrio Serbelloni dopo la sua lunga movimentata vita militare si ritirò nella sua villa di Gorgonzola, dalla quale nel 1579 dettò dettagliate disposizioni sulla navigazione dei barconi ospedale durante la peste, basate su una profonda e personale conoscenza del Naviglio. Nel 1649 vi navigò la giovane Maria Anna d'Asburgo, proveniente da Vienna e diretta a Finale Ligure, dove l'attendevano le navi dello sposo, Filippo IV di Spagna. Evento analogo si ebbe il 30 maggio 1708 quando un corteo accompagnò a Milano Elisabetta Cristina, duchessa di Braunschweig-Wolfenbüttel, futura moglie dell'imperatore Carlo VI e madre di Maria Teresa d'Austria. Il corteo si imbarcò a Trezzo alle 10 del mattino e giunse a Milano alle 8 di sera sotto un acquazzone torrenziale. Nei quindici giorni precedenti vi fu un tale traffico di merci pregiate e vettovaglie che il naviglio dovette essere chiuso alla navigazione ordinaria. Anche l'arciduca Ferdinando, fratello dell'imperatore Giuseppe II, navigò sul Naviglio da Trezzo a Vaprio di ritorno dall'inaugurazione del Naviglio di Paderno mentre compì il resto del rientro a Milano a cavallo accompagnato da cani e battitori: la stagione di caccia era appena incominciata e i boschi dell'Adda erano una meta allettante. In epoca più recente fra i "navigatori" del Naviglio vi sono stati Alessandro Manzoni, Cesare Beccaria, Cesare Cantù, il Parini e Luigi Marchesi, il celebre sopranista, ritiratosi a fine carriera, dopo avere calcato tutte le scene d'Europa, nella sua villa di Inzago. Il Naviglio della Martesana, essendo un canale artificiale, ha caratteristiche idrobiologiche diverse da quelle del fiume di origine. La consistenza del fondale è influenzata sia dalla corrente, che non è regolare lungo tutto il corso ma è pari a 25 m³/s a Trezzo e 1 m³/s a Milano, sia dalle periodiche operazioni di messa in asciutta e pulizia del fondale che avvengono due volte all'anno, in marzo e in settembre. Il fondale è di tipo ciottoloso all'inizio del corso, ma la granulometria diminuisce con il decrescere della corrente e il conseguente maggior deposito di detrito. Il naviglio condivide naturalmente tutte le peculiarità florofaunistiche del territorio che attraversa; qui segnaliamo solo alcune specie che ne caratterizzano direttamente le acque e le sponde. La vegetazione è rappresentata da piante sommerse che ricoprono il fondale durante i mesi estivi formando densi tappeti dove la corrente è più moderata: le piante sono la peste d'acqua, l'erba coltellina e il ceratophyllum demersum; talvolta sugli argini si trovano anche delle cannucce palustri. Per quanto riguarda la fauna, il tratto dall'incile a Groppello è assimilabile a quello parallelo dell'Adda, mentre a valle sono scarsissimi i mammiferi, rappresentati quasi esclusivamente da ratti e arvicole; nel territorio di Milano, sono presenti famiglie di nutrie (Myocastor coypus). Più ricca l'avifauna, non sempre "naturale": gallinelle d'acqua e folaghe, germani reali, martin pescatore, gabbiani all'incrocio con il Lambro (segnale di non buone condizioni di pulizia ambientale), gazze; anitre e oche comuni introdotte dall'uomo. Tra gli anfibi è ben presente la rana verde. La popolazione ittica del Naviglio è abbondante, naturalmente simile a quella dell'Adda e tenuta sotto stretto controllo; durante le operazioni di messa in asciutta la pesca è proibita e il pesce, che si affolla nelle concavità, viene recuperato dal personale dell'Ufficio Pesca della Provincia di Milano che provvede a liberarlo nel corso d'acqua più vicino e idoneo alla sua sopravvivenza. Vengono compilati verbali sulle specie e il peso del pesce recuperato e nei due mesi successivi alla messa in asciutta il personale procede a ripopolare il naviglio con lo stesso quantitativo di pesce. Abbondanti sono anche gli esemplari di tartaruga d'acqua dolce del genere Trachemys non originaria dell'habitat, a causa continuo rilascio di esemplari allevati domesticamente. Nel 1958 il Naviglio della Martesana fu declassato da via di trasporto a canale irriguo; scomparvero così anche gli ultimi barconi che portavano sabbia da Vimodrone a Milano e il naviglio fu abbandonato a se stesso, fatta eccezione per la pulizia delle prese d'acqua. Fu negli anni ottanta che si affermò il concetto del bene ambientale da salvaguardare e da rivalutare. Incominciò il comune di Milano, con la radicale ripulitura delle sponde e l'apertura di una pista ciclo-pedonale da Cassina de' Pomm fino a Crescenzago, passando per Parco della Martesana a Gorla, mentre da parte di privati incominciò il restauro-recupero di edifici ormai fatiscenti e gli abitanti ricavavano minuscoli orti e giardini tra i nuovi condomini. Da allora si è visto un continuo fiorire di iniziative: i comuni rivieraschi hanno provveduto a sistemare le sponde e ad asfaltare il loro tratto di alzaia chiudendolo al traffico motorizzato e hanno creato spazi per il tempo libero e l'incontro. Dal 2009 si va in bicicletta da Milano a Groppello sull'asfalto e, con sottopassi, sono stati eliminati gli incroci più pericolosi con la viabilità ordinaria (Gorgonzola e Vaprio d'Adda). Si può proseguire fino a Trezzo e lungo il naviglio di Paderno su pista sterrata e proseguire sino a Lecco. A Cassano ha inizio l'area protetta del parco Adda Nord, istituito nel 1981 e che ha svolto azioni di grande efficacia. Dal 2009 si può navigare in battello elettrico da Canonica a Concesa: è un tratto di soli quattro chilometri ma di grande impatto paesaggistico e storico; tra l'altro alla navigazione sono collegate visite, in carrozza a cavalli, ai luoghi più significativi e soste enogastronomiche all'insegna della tradizione locale. Il Comitato per il restauro delle chiuse dell'Adda con la Provincia di Milano con il sostegno della Regione Lombardia, hanno chiesto e ottenuto (2010) l'inclusione dei navigli milanesi nel progetto Canaux Historiques: Voies d'Eau Vivantes, un programma di recupero e riqualifica dei canali navigabili storici della Commissione europea, finanziato con 3,5 milioni di euro. A beneficiare della quota italiana saranno probabilmente le conche da Trezzo a Paderno. Spera invece di trovare sponsor e finanziamenti per essere ultimato prima dell'Expo 2015 il "Progetto per la valorizzazione della conca delle Gabelle e realizzazione di una fontana canale": ciò che resta della conca (è la conca dell'Incoronata dopo l'ex ponte delle Gabelle) è il più antico manufatto esistente della Milano dei navigli ed è di ideazione leonardesca; è situato in un piccolo soffocante giardino in fondo a via San Marco, sotto il livello stradale e il progetto vuole ricrearle attorno l'ambiente acqueo originario. L'incile del Naviglio si trova in località Concesa in corrispondenza di una conca idraulica alimentata con la tecnica del sifone, mentre l'incile originario era situato poco più a monte: la sua posizione è attualmente contrassegnata da un grosso masso affiorante. Per il primo tratto, tra Concesa e Vaprio, il Naviglio corre in posizione parallela ma soprelevata rispetto al fiume, dal quale è separato con arginature. Lo costeggia l'alzaia, un tempo usata per il traino dei barconi e ora comoda pista ciclopedonale sterrata. Seguendo la sua corrente, alla destra i primi edifici storici che si scorgono sono, ancora in località Concesa, Villa Gina, costruzione neorinascimentale e attuale sede del Parco Adda Nord, e il Santuario della Divina Maternità, appartenente all'ordine dei Carmelitani Scalzi. Proseguendo sull'alzaia, dall'altra parte del fiume Adda si scorge il villaggio operaio di Crespi d'Adda, entrato nel 1995 a far parte del patrimonio dell'umanità dell'UNESCO. Poco più avanti, sulla sponda destra del Naviglio si trova un ruotone di ferro a 8 pale dal diametro di 7 m che era utilizzato per irrigare il pregevole parco della Villa Castelbarco Albani, sita sull'altura detta Monasterolo. Poco prima del ponte sull'Adda percorso dalla strada statale n. 11 si incontra la cartiera Binda ex "ditta Maglia e Pigna" con le bocche di alimentazione delle turbine (ora smantellate) per la produzione di energia elettrica. Nello stesso luogo operava fino a tutto il XVII secolo un maglio per la frantumazione delle pietre del Brembo usate poi nelle fornaci di Villa Fornaci; nel 1868 la cartiera entrò a far parte del gruppo "Cartiere Ambrogio Binda", già proprietario delle cartiere della Conca Fallata e di quella di Crusinallo (Omegna). Oltrepassando il ponte della statale sulla destra si scorge, in cima a dei giardini a terrazze, Villa Melzi d'Eril, costruita nel 1482 sui resti di un precedente castello e rimaneggiata nei secoli successivi fino all'attuale aspetto neoclassico. Vi soggiornò diverse volte Leonardo da Vinci, su invito di Francesco Melzi. È controversa fra gli storici l'ipotesi sulla collaborazione di Leonardo alla creazione dell'affresco raffigurante la Madonna col Bambino (detta "Il Madonnone") che si trova nella villa; recenti studi ritengono più verosimile che l'autore fosse un suo allievo. Prima di arrivare a Groppello, un altro bell'esempio di archeologia industriale, il cotonificio Archinto, poi Velvis (Velluti Visconti), edificato in stile neogotico. Presso il ponte di Groppello si trova un altro grande ruotone, il rudun, con un diametro di 11 metri, costituito da 12 pale e voluto da Carlo Borromeo nel 1618 per portare l'acqua a livello della strada e permettere così l'irrigazione degli orti e dei giardini della villa arcivescovile. L'acqua vi giungeva attraverso un canaletto posto a valle del ponte. Il ruotone attuale fu ricostruito fedelmente all'originale nel 1989, e successivamente nel 2009 (dopo che anni di incuria lo avevano ridotto a un rudere). Il ponte ha la particolarità di essere neogotico con bugnati in ceppo nella parte a monte e a tutto sesto sul lato a valle. Vicino al ponte sono ancora visibili gli antichi lavatoi e, poche decine di metri più a valle, l'antica conca di navigazione. La villa arcivescovile, separata dal naviglio da un ampio giardino, è situata in posizione sopraelevata tra Adda e naviglio; la costruzione attuale risale al XVI secolo anche se già dall'XI secolo vi si trovava la residenza permanente del procuratore dell'arcivescovo di Milano. L'edificio è a tre piani con pianta a U, le ali esterne sono rivolte all'entrata, alla quale si accede con una scala esterna a due rampe unite in un balcone centrale. Avvicinandosi a Cassano d'Adda, poco dopo l'abitato di Fara Gera d'Adda situato dall'altra parte del fiume, si incontra il cosiddetto "Salto del Gatto": è il punto in cui il canale Villoresi sfocia nell'Adda. La Martesana non entra nel centro cittadino, lasciandolo sulla sinistra, e descrive un'ampia curva ("la volta") a destra puntando a occidente. Una piccola deviazione consente di ammirare la splendida Villa Borromeo, neoclassica con spunti baroccheggianti, e i suoi giardini e arrivando all'Adda il Castello Borromeo, fortificato nelle attuali forme da Bartolomeo Gadio tra il 1451 e il 1474, che ospitò Carlo Magno. Pochi chilometri e si giunge a quello che Cesare Cantù descrive come "uno dei più ameni luoghi di villeggiatura attorno a Milano". Costruite tra il 1500 e il 1800, nel borgo esistono ancora diciotto tra ville nobiliari e dimore patrizie, quasi tutte residenze estive di famiglie milanesi. La più caratteristica, sulla sponda destra del Martesana, è villa Aitelli: vista da lontano, col suo grande corpo di fabbrica rettangolare e l'alta torre ottagonale, sembra una chiesa col suo campanile. In realtà lo era e apparteneva alla congregazione degli Umiliati. Dopo lo scioglimento dell'ordine (7 febbraio 1571), san Carlo Borromeo la donò, assieme a una copia della Sindone, al suo segretario Ludovico Moneta. Sempre nel territorio di Inzago, prima di lambire Bellinzago Lombardo e la sua frazione Villa Fornaci, si incontra una conca dalle strutture metalliche molto ben conservate; risale all'ultimo periodo di utilizzo della Martesana come canale navigabile (prima metà del Novecento), quando ancora scendevano a Milano i manufatti delle industrie e le pietre delle cave situate a monte. Entrando a Gorgonzola la Martesana descrive un semicerchio a sud assecondando il tracciato dell'antica fossa difensiva che abbraccia l'antico borgo dov'erano numerosi gli approdi e, ancora oggi, i lavatoi; la scavalca un curioso ponte coperto, da Ca' Busca alla stretta alzaia in pietra, che ha l'aspetto di una piccola casa in legno, sospesa a mezz'aria. Lasciata la città natale del caratteristico stracchino erborinato, la Martesana incrocia il Molgora la cui sifonatura è stata recentemente rifatta, sfiora il territorio di Cassina de' Pecchi e varca il limite di Cernusco sul Naviglio; lambisce la città a sud, ma è accompagnata su tutto il territorio comunale dai tre chilometri di lunghezza del Parco azzurro dei germani, che comprende sulla sponda destra anche gli storici giardini pubblici e sulla sinistra vaste aree già destinate a parchi privati.. Nei pressi del centro cittadino, sulla sponda destra è possibile vedere una ruota idraulica (ricostruzione del 2007). Passa per Vimodrone, qui il naviglio fu deviato, poco più a nord negli anni 60 per permettere il passaggio delle metropolitana, prima linea celere dell'Adda e poi M2; anche qui come a Cernusco tra la metropolitana e il naviglio si sono creati dei piccoli parchi in successione. Più due terreni agricoli. Inoltre è possibile ancora vedere una villa signorile del 1700 con affaccio sul Naviglio. Superato il Lambro col ponte canale a Cologno Monzese, il Martesana entra a Milano. Lungo il suo percorso attraverso le vie della metropoli, spiccano alcune dimore signorili del XVIII-XIX secolo lungo via Padova. Decretum super flumine Abduae reddendo navigabili - Carlo Pagnano, 1520, conservato presso la Biblioteca Trivulziana, Milano Istoria dei progetti e delle opere per la navigazione interna del Milanese, Giuseppe Bruschetti, 1824 Scritti di Carlo Cattaneo, Sansoni Editore, Firenze, 1957 Da Milano lungo i navigli, Enzo Pifferi, Editrice E.P.I., Como, 1984 Enzo Pifferi, Laura Tettamanzi e Emilio Magni, da milano lungo i navigli, Como, Editrice E.P.I., 1987. Il patrimonio dell'Adda di Leonardo, per una civiltà delle acque, Edo Bricchetti (edito dal Comitato per il restauro delle chiuse dell'Adda), Milano, 1996 Cinquecento anni di Naviglio Martesana (1497 - 1997), a cura di Chiara Tangari (edito dalla Provincia di Milano), 1997 Il Navilio della Martesana. Dall'Adda a Milano, di C. Cassinotti, F. Gilli, E. Proni, a cura del Parco Adda Nord, 1997 Enciclopedia di Milano, Franco Maria Ricci Editore, Milano 1998 Guida al Naviglio Piccolo della Martesana, di Edo Bricchetti a cura dell'Associazione Gorla Domani, Milano, 1998 I Navigli, da Milano lungo i canali, a cura di Roberta Cordani, Edizioni Celip, Milano, 2002 Le vie di Milano, di Vittore e Claudio Buzzi, Ulrico Hoepli editore, Milano, 2005 Martesana Navigli (Milano) Parco della Martesana Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul Naviglio della Martesana Eventi Culturali Navigli - P.A.N l'Associazione dei Navigli Belli da Vivere, su naviglilive.it. URL consultato il 18 maggio 2010 (archiviato dall'url originale il 12 settembre 2007). Consorzio navigli lombardi, su consorzionavigli.it. L'Associazione Amici dei Navigli/Istituto per i Navigli, su amicideinavigli.org. Navigli lombardi, su naviglilombardi.it. URL consultato il 27 novembre 2010 (archiviato dall'url originale il 18 dicembre 2010). Storia del Naviglio della Martesana (PDF), su vivicassano.it. Fotografie del Naviglio della Martesana e della sua flora e fauna da Milano a Crescenzago, su glcglc.net. Davide Casaroli, I Nuovi Navigli. Cammino tra storia, presente, ed un ipotetico futuro di Milano città d'acqua (PDF), su politesi.polimi.it, Politecnico di Milano. http://metromilano.biblio.arc.usi.ch/projects/lotto-2-viale-monza-2/ Archiviato il 28 ottobre 2021 in Internet Archive. Lavori del 1960 per Metropolitana di Milano

Parco Biblioteca degli Alberi
Parco Biblioteca degli Alberi

Il Parco Biblioteca degli Alberi (noto più semplicemente come la Biblioteca degli Alberi) è un parco pubblico situato a Milano tra via M. Gioia, via De Castillia e via Sassetti, nella zona tra Piazza Gae Aulenti e il quartiere Isola. Inaugurato il 27 ottobre 2018 e realizzato dalla designer paesaggistica olandese Petra Blaisse e da Piet Oudolf, insieme allo Studio Inside-Outside. Il progetto del parco è stato approvato il 20 luglio 2004, attraverso un concorso noto come "Concorso internazionale di progettazione Giardini di Porta Nuova - area Garibaldi Repubblica", vinto dallo studio di progettazione Inside-Outside con il progetto “La biblioteca degli alberi”. Il costo del parco si aggira sui 14 milioni di euro. Esso si estende su 9 ettari e rappresenta la terza area verde del centro milanese per estensione, dopo il Parco Sempione e i Giardini pubblici Indro Montanelli. È paragonato ad una biblioteca per la vegetazione che ospita, tra più di 100 specie diverse, 500 alberi disposti in 22 anelli e 135.000 piante. Il parco è poi arricchito da delle frasi poetiche disposte lungo i sentieri, area giochi per bambini, area fitness, un’area relax con chaise longue in legno e luci soffuse, aree per pic-nic attrezzate con panchine, labirinto di cespugli, un laghetto e una fontana scenografica attiva da maggio a settembre. Porta Nuova (Milano) Progetto Porta Nuova Giardini di Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Parco Biblioteca degli Alberi Sito della Biblioteca degli Alberi, su bam.milano.it. Parco Biblioteca degli Alberi, su comune.milano.it. Milano, la Biblioteca degli alberi vista dall'alto: lavori in corso a Porta Nuova, su milano.repubblica.it.

Torre UniCredit
Torre UniCredit

La Torre UniCredit è un grattacielo del Centro direzionale di Milano. Con i suoi 231 m di altezza alla guglia, è il grattacielo più alto d'Italia. Realizzata nell'ambito progetto Porta Nuova, la torre si trova a ridosso di corso Como e della stazione ferroviaria di Porta Garibaldi, sovrasta la piazza Gae Aulenti, pedonale e rialzata di circa sei metri sul piano stradale. Quartier generale di UniCredit, ospita circa 4.000 dipendenti. Divenuto ben presto uno dei simboli di Milano grazie soprattutto alla sua imponente guglia, presenta una facciata a nord completamente vetrata e una a sud modulata dalle linee orizzontali dei frangisole studiati per un'irradiazione solare ideale. La Torre UniCredit fu inaugurata l'11 febbraio 2014 dai vertici del gruppo bancario omonimo alla presenza di importanti personalità politiche fra cui l'allora presidente del Consiglio Enrico Letta. Nel 2015 la proprietà fu acquisita dal fondo sovrano del Qatar. La caratteristica e iconica guglia ha un'altezza di circa 80,5 m. È stata assemblata pezzo per pezzo grazie a un potente elicottero e a un gruppo di operai specializzati il 15 ottobre 2011, sotto gli occhi dei molti cittadini riunitisi in vari punti della metropoli per assistere all'operazione. Dal punto di vista strutturale la guglia ha forma di spirale la cui sezione va riducendosi verso l'alto. La sua collocazione in posizione eccentrica rispetto all'edificio ha comportato notevoli studi di staticità anche in relazione alla spinta dei venti predominanti. Lo studio dell'effetto degli agenti atmosferici ha portato a scegliere di realizzarla in acciaio traforato, così da evitare la formazione di ghiaccio. Interamente rivestita di led, oltre che avere una costante illuminazione notturna, la guglia può combinare diverse colorazioni: una delle combinazioni possibili è dedicata al Tricolore italiano, utilizzata in occasione delle festività nazionali. Per leggere correttamente l'ordine dei colori bisogna partire dal basso, la torre infatti è considerata l'asta della bandiera. In altre occasioni le colorazioni sono state: durante il periodo natalizio del 2013 era illuminata di verde a rappresentare un albero di natale, il 1º marzo 2014 era illuminata di lilla in occasione dell'apertura delle fermate Isola e Porta Garibaldi FS della linea M5 e nella notte tra il 14 ed il 15 giugno 2014 era illuminata di rosso per celebrare i 150 anni di Croce Rossa Italiana. La sera del 14 novembre 2015 la guglia era illuminata con i colori della bandiera francese in omaggio alle vittime degli attentati allo Stade de France e al Teatro Bataclan di Parigi, avvenuti la sera prima. Il 13 giugno 2016 è stata illuminata con i colori della bandiera arcobaleno per ricordare le 49 vittime della strage di Orlando in Florida. Le luci arcobaleno vengono sempre accese durante le celebrazioni per la pride week, e spesso UniCredit e COIMA fanno illuminare la guglia coi colori delle bandiere dei Paesi in cui il gruppo UniCredit è presente. Dal 2 marzo 2020 la guglia fu illuminata con i colori della bandiera italiana in solidarietà della popolazione italiana colpita dal COVID-19. La torre è parte di un complesso di tre edifici di diversa altezza disposti a semicerchio intorno alla piazza Gae Aulenti, progettato dall'architetto argentino César Pelli e calcolato dalla società di Ingegneria MSC Associati di Milano. Il complesso ha la caratteristica di essere ecosostenibile ed è composto da: Torre UniCredit: 31 piani per 129,2 m all'ultimo piano occupato e 35.300 m². Torre B: 21 piani per 110 m di altezza e 23.200 m². Torre C: 11 piani per 50 m di altezza e 16.600 m². L'operatore a capo della realizzazione del progetto è la società immobiliare Hines Italia. L'area terziaria del complesso misura circa 50,500 m²; quella commerciale, sviluppata sui due livelli sottostanti, circa 6,370 m². Garibaldi FS Stazione di Milano Porta Garibaldi Milano Centro direzionale di Milano Piazza Gae Aulenti Progetto Porta Nuova Grattacieli di Milano Grattacieli più alti d'Italia Grattacieli più alti d'Europa UniCredit Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla Torre UniCredit Scheda di Pelli Clarke Pelli architects, su pcparch.com. URL consultato il 10 giugno 2012 (archiviato dall'url originale il 3 dicembre 2013). Installazione del pennone, su youtube.com. Visita alla Unicredit tower durante la giornata di primavera del FAI marzo 2013, su youtube.com.

Torre Solaria
Torre Solaria

La Torre Solaria è un edificio situato nel quartiere Centro Direzionale di Milano, realizzata nell'ambito del Progetto Porta Nuova. Con i suoi 143 metri è l'edificio residenziale più alto d'Italia e in generale uno dei grattacieli più elevati del Paese. Si innalza all'incrocio tra via Melchiorre Gioia e viale della Liberazione, sopra la piazza Alvar Aalto, affiancandosi alla Torre Aria e alla Torre Solea. Questo complesso di tre torri residenziali sorge sull'area una volta occupata dalla Stazione di Milano Porta Nuova. L'ideazione della Torre Solaria è stata sviluppata dallo Studio Arquitectonica di Miami fondato dall'architetto peruviano Bernardo Fort-Brescia. Lo studio Dolce Vita Homes, insieme ai partner Antonio Citterio, Patricia Viel and Partners e COIMA Image, ha invece curato la realizzazione delle aree comuni e degli interni. L'edificio è composto da tre ali ben distinte, ognuna con un'altezza differente, che convergono in un nucleo centrale da dove arriva la luce naturale. La torre ospita 102 appartamenti tra cui anche duplex e triplex (appartamenti su due o tre piani). Ogni appartamento è studiato per avere la massima esposizione alla luce naturale, affacciandosi su ampie vetrate. Le terrazze sono state progettate per essere una continuazione dell'interno e sono disposte in modo irregolare. Inoltre, i parapetti sono in vetro acidato con trasparenza progressiva. Gli effetti del vento sono stati studiati in galleria, dopo aver riprodotto un modello in scala dell'edificio, in modo da verificare preliminarmente il comfort sulle terrazze e individuare la migliore conformazione dei parapetti tale da evitare turbolenze. Gli ascensori sono stati progettati in modo da minimizzare i tempi di attesa e accogliere fino a 13 persone. La Torre Solaria è dotata di un sistema pneumatico di raccolta dei rifiuti Envac. La costruzione della Torre Solaria è cominciata a gennaio 2010 con lo scavo per le fondazioni. Durante l'autunno e l'inverno 2010 sono stati completati i piani interrati. A marzo 2011 la torre ha superato il livello della strada. A settembre 2011 il nucleo ha raggiunto il 9º piano e le tre ali sono diventate visibili dalla strada. A luglio 2012 il nucleo in cemento ha raggiunto il 29º piano (su 34 sopra il podio) e le ali il 25°. Infine, il 22 ottobre 2012 la torre ha raggiunto la cima, diventando con i suoi 143 metri l'edificio residenziale più alto d'Italia. Per la costruzione della torre sono stati utilizzati calcestruzzi ad altissima resistenza (Rck 85) con formula studiata ad hoc per mantenere l’omogeneità e la lavorabilità ad alta quota. I solai sono realizzati con un sistema di post-tensionamento che ha consentito di ridurre le sezioni e realizzare balconi in aggetto per circa 3 metri. Quest'opera architettonica è collocata in una zona centrale di Milano, affacciata su una vasta area pedonale, situata vicino a Piazza Alvar Aalto, intorno alla quale si ergono, oltre alla Torre Solaria, altri due palazzi residenziali del medesimo progettista aventi caratteristiche simili: Torre Aria: alta circa 80 metri per 17 piani, avente due ali distinte che convergono in un solo corpo centrale. È stata inaugurata nel maggio 2014. Torre Solea (identificata come Torre K nel primo masterplan): alta 69 metri per 15 piani. Lo studio Land ha curato la progettazione paesaggistico-ambientale. Nel 2015 la proprietà è stata acquisita dal fondo sovrano del Qatar. Repubblica e Garibaldi Gioia e Garibaldi Repubblica Garibaldi Milano Progetto Porta Nuova Centro Direzionale di Milano Grattacieli in Italia Grattacieli di Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Torre Solaria http://www.porta-nuova.com/pdf/SOLARIA.pdf&ved Torre Solaria, su residenzeportanuova.com. URL consultato il 23 ottobre 2019 (archiviato dall'url originale il 4 maggio 2018).

Piazza Gae Aulenti
Piazza Gae Aulenti

Piazza Gae Aulenti è una piazza pedonale della città di Milano. Sopraelevata e di forma circolare, ha un diametro di 100 metri ed è situata nel quartiere Isola, davanti all’ingresso della stazione ferroviaria di Porta Garibaldi e appena fuori dal margine est del Centro direzionale. Rialzata di 6 metri rispetto al livello della via Vincenzo Capelli, l'accesso da sud, e di circa 15 metri rispetto a viale Luigi Sturzo, l'accesso da ovest, è stata progettata dall'architetto argentino César Pelli a completamento dei grattacieli che si trovano immediatamente accanto, attualmente di proprietà del fondo Immobiliare Porta Nuova Garibaldi e concessi in locazione a diverse multinazionali, tra cui la principale è la banca UniCredit. L'inaugurazione è avvenuta il giorno 8 dicembre 2012, con la conseguente intitolazione alla nota designer e architetta italiana Gae Aulenti, scomparsa poco meno di due mesi prima. Come dalla vicina piazza Alvar Aalto, anche da Gae Aulenti si può godere ottimamente dello skyline di Milano. Sono visibili le Torri Garibaldi e gli adiacenti grattacieli del complesso residenziale del Bosco Verticale, il Palazzo Lombardia (sede della giunta regionale), la Torre Galfa, la Torre Servizi Tecnici Comunali, il Grattacielo Pirelli, le torri residenziali Solaria, Solea e Aria e una porzione della Torre Diamante. Oltre a ciò, dal livello della piazza è possibile avere una visione d'insieme imponente dell'UniCredit Tower, sede della banca omonima, che con i suoi 231 metri è il grattacielo più alto d'Italia. Simbolo della Milano contemporanea, piazza Gae Aulenti è ambientazione di diversi spot e servizi fotografici, nonché di eventi musicali e sociali, anche grazie alla presenza dell'IBM Studios, spazio polifunzionale in legno e cemento al confine tra la piazza e la Biblioteca degli Alberi. La piazza, situata nel Municipio 9 di Milano, è il centro nevralgico non solo del Progetto Porta Nuova e del Centro direzionale, ma anche di una delle aree più ricettive della città, grazie alle presenza delle linee metropolitane M2 e M5, della stazione di Milano Porta Garibaldi, servita da numerose linee ferroviarie regionali ed a lunga percorrenza e dal passante ferroviario, e di importanti strade come via Melchiorre Gioia. Trattandosi di una piazza pedonale, è facilmente raggiungibile a piedi da cinque diverse direzioni: da nord mediante un viale pedonale che la collega a via Gaetano de Castillia, dove ha sede il Bosco Verticale; da ovest grazie a un'ampia scalinata provvista di ascensori che comunica con viale Luigi Sturzo e un sottopasso che conduce alla Stazione di Milano Porta Garibaldi; da est attraverso una passerella che, sorpassando via Melchiorre Gioia, la collega a piazza Alvar Aalto e il business district a cui fa capo la Torre Diamante; da sud per mezzo di un ponte pedonale che sorpassa via Gaspare Rosales conducendo in via Vincenzo Capelli e fino a Corso Como, oppure di una scalinata che si conclude in via Francesco Viganò; attraverso la Biblioteca degli Alberi, un ampio parco cuore simbolico della riqualificazione dell'area, un tempo degradata. La vocazione prevalentemente lavorativa della piazza, data dalla presenza degli uffici UniCredit in una delle torri che la sovrastano e degli uffici AXA dal lato opposto della strada adiacente, non le ha impedito di diventare una meta apprezzata da vari tipi di visitatori, sia cittadini che turisti. La vicinanza con Corso Como e l'appartenenza al quartiere Isola la pongono in una posizione strategica per la movida serale, mentre la presenza di tre ampie fontane provviste di giochi d'acqua, di luce e musica costituisce un'attrattiva molto apprezzata. Non è raro, nel periodo estivo, che diverse persone giochino e si rinfreschino negli specchi d'acqua. Molto spesso la piazza viene allestita con stand e decorazioni in occasione di ricorrenze, come durante le festività natalizie, ed eventi particolari, come la Settimana della moda. Il primo fine settimana di marzo 2014, Gae Aulenti ha ospitato gli eventi di inaugurazione delle fermate Isola e Garibaldi FS della linea M5. Sul piano commerciale sono presenti, tra gli altri, una gelateria Grom, un negozio di abbigliamento e arredamento Muji, alcuni negozi di proprietà di brand come Nike, Dyson e Moleskine, un concessionario della casa produttrice di automobili elettriche Tesla, un negozio della catena di profumi e cosmetici Sephora e un ristorante-libreria RED Feltrinelli. Nel piano inferiore è presente un supermercato Esselunga. Nel dicembre 2023 è stato annunciato l'apertura di una filiale Uniqlo a Porta Nuova in Piazza Gae Aulenti nella primavera del 2024. Garibaldi FS Stazione di Milano Porta Garibaldi Stazione di Milano Porta Garibaldi sotterranea Progetto Porta Nuova Porta Nuova (Milano) Torre Unicredit Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su piazza Gae Aulenti