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Cimitero monumentale di Trento

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Trento
Trento cimitero monumentale visto da Sardagna
Trento cimitero monumentale visto da Sardagna

Il cimitero monumentale di Trento è il principale cimitero del comune di Trento.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Cimitero monumentale di Trento (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Cimitero monumentale di Trento
Via cardinale Cristoforo Madruzzo, Trento Bolghera

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Il chiosco dei fiori

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38122 Trento, Bolghera
Trentino-Alto Adige, Italia
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Trento cimitero monumentale visto da Sardagna
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Luoghi vicini

MUSE (museo)
MUSE (museo)

Il MUSE è il museo delle scienze di Trento. Si trova a sud dello storico palazzo delle Albere, in un palazzo all'interno del quartiere residenziale Le Albere, entrambi progettati da Renzo Piano. È stato inaugurato il 27 luglio 2013 e ha sostituito, proseguendone le attività, il Museo tridentino di scienze naturali. Nel 1846 fu fondato il Museo Civico, subito denominato Museo Trentino, con sede in Palazzo Salvadori, via Manci. Nel 1964 venne istituito il Museo tridentino di scienze naturali, amministrativamente legato alla provincia autonoma di Trento. Dal 1982 trasferì la propria sede in palazzo Sardagna, dove rimase sino al 2013. Già a partire dagli anni novanta il museo si modernizzò, organizzando mostre interattive ed allargando la sua offerta anche didattica; inoltre si legò ad altre strutture sul territorio della provincia di Trento, come il Giardino botanico alpino Viote e la Terrazza delle stelle sul monte Bondone, il museo delle palafitte del lago di Ledro, il museo dell'aeronautica Gianni Caproni, il museo geologico delle Dolomiti a Predazzo e la stazione limnologica del lago di Tovel. Nel 2006 il museo istituì in Tanzania il centro di monitoraggio ecologico ed educazione ambientale dei monti Udzungwa, situato all'interno del parco nazionale dei monti Udzungwa. Il crescente affollamento di allestimenti e di pubblico nel museo tridentino di scienze naturali e la lenta ma progressiva mutazione della struttura in via Calepina resero evidente che ormai tale sistemazione non rispondeva ai moderni parametri museali. Questo portò all'approvazione nel 2006 da parte della Provincia autonoma di Trento del progetto di una nuova sede che venne costruita nell'ambito di un più ampio disegno di riqualificazione urbana dell'area industriale dismessa dove sorgevano gli stabilimenti Michelin di Trento. Il 27 e il 28 luglio 2013 la nuova sede fu inaugurata di fronte a un folto pubblico e il museo assume il nome di MUSE - Museo delle Scienze. Il 26 giugno 2014, a meno di undici mesi dalla data di apertura, ha raggiunto la soglia dei 500 000 visitatori paganti, divenendo una delle istituzioni museali più visitate d'Italia. Il 5 maggio 2015, a soli 21 mesi dall'apertura, Il MUSE ha varcato la soglia di milione di visitatori. Al 30 giugno 2017 erano oltre 2,5 milioni, e al 30 giugno 2018 le persone che hanno visitato le strutture che fanno parte della rete MUSE sono stati 3,2 milioni. Il 27 luglio 2018 ha festeggiato i 5 anni di attività con un programma fitto di laboratori e visite presentando il progetto di un nuovo planetario digitale. Il 25 ottobre 2022 il MUSE ha superato quota 4 milioni di visitatori. Dopo due anni di flessione a causa della pandemia le presenze sono tornate a crescere: da gennaio a ottobre 2022 si sono registrati oltre 240 mila. L'edificio, progettato da Renzo Piano, si sviluppa su una lunghezza massima di 130 metri (est/ovest), una larghezza massima di 35 metri (nord/sud) e sei livelli di altezza: due interrati e quattro fuori terra. Tutti i piani, ad eccezione del secondo livello interrato, sono aperti al pubblico e ospitano sia esposizioni (mostre permanenti e temporanee) sia attività amministrative e di ricerca. Il totale delle superfici è di 12 600 metri quadrati, 3 700 dei quali dedicati alle mostre permanenti, 500 a quelle temporanee, altri 500 ad aule e laboratori didattici, 800 a laboratori di ricerca e 600 alla serra tropicale all'estremità ovest del museo. Il caratteristico profilo della struttura ricorda l'andamento frastagliato delle montagne trentine e in particolare delle Dolomiti. L'edificio è stato costruito seguendo tecniche volte ad assicurare il risparmio energetico e la sostenibilità ambientale, cosa che gli ha valso il riconoscimento della certificazione LEED Gold. L'interno è caratterizzato da un "grande vuoto" (Big Void) che collega tutti i piani del museo, nel quale sono sospesi animali tassidermizzati e lo scheletro originale e completo di una balenottera comune (Balaenoptera physalus) spiaggiata nel 1995 sulle coste di Livorno. L'entrata del MUSE è una grande sala (detta lobby) dai muri di vetro, da cui si può accedere alla biglietteria e all'entrata del museo; all'altro lato della sala è possibile recarsi al bar del museo o al negozio di souvenir. Durante la mostra temporanea Estinzioni (16 luglio 2016 - 26 giugno 2017) vi era possibile ammirare lo scheletro di un esemplare di Kaatedocus. Secondo le guide, il modo migliore di visitare il MUSE è dai piani superiori a quelli inferiori. All'ultimo piano si trova la terrazza panoramica che non fa parte del percorso espositivo ed offre una vista sulla città di Trento e sulla valle dell'Adige. In questa sezione i visitatori possono comprendere la formazione dei ghiacciai e fenomeni naturali quali l'erosione delle rocce e dissestamento del suolo. È presente la perfetta riproduzione in ghiaccio di un tipico ghiacciaio del Trentino. Si possono osservare gli effetti del clima sugli animali e l'adattamento di essi alla vita ad alta quota con mutazioni come il melanismo e l'albinismo. Una breve sezione dedicata ai grandi esploratori che hanno scalato le vette del mondo e a tutto ciò che si deve sapere sull'esplorazione montana. Questa sezione si compone di un'intrigante labirinto di immagini e fotografie in vetro e di tipici animali alpini tassidermizzati. Non ci sono vetri tra i visitatori e gli animali. Un tavolo tematico illustra al visitatore che la biodiversità degli ambienti d’alta quota è caratterizzata da organismi adattati a vivere in condizioni estreme. Grazie alla presenza di alcune specie modello di insetti ingrandite venti volte il visitatore può osservare quali sono gli adattamenti che esse possiedono per poter sopravvivere in ambienti molto ventosi, freddi e con intense radiazioni ultraviolette. A fianco di ciascuna riproduzione è presente anche l’insetto reale. Si tratta dell'area didattica dove i bambini possono imparare a riconoscere i vari animali e divertirsi con i giochi forniti dal museo. Sezione dedicata alla geologia delle Dolomiti e ai vari eventi geologici che hanno portato alla loro formazione. Sono descritti e presentati vari minerali (in particolare elementi metallici) del mondo, il loro sfruttamento industriale e la trasformazione in oggetti di uso quotidiano. Sezione dedicata ai disastri ambientali, alle innovazioni atte a prevenirli e al lavoro della Protezione Civile. La sezione spiega come l'uomo primitivo sia arrivato nelle Alpi e di come sia riuscito a sopravviverci, oltre alla sua evoluzione comportamentale, compreso l'uomo di Neanderthal che visse sulle Alpi per un certo periodo. Vi sono 5 modelli realistici di uomini primitivi (1 Neanderthal, 4 Sapiens) ed alcuni utensili e sepolture rinvenuti sul territorio. Sezione che dimostra che la maggior parte delle attrezzature sperimentali di maggior successo sono state ispirate dall'ambiente naturale, come lo stesso museo, ispirato dalla bellezza delle Alpi. Sezione molto simile alla precedente, ma che mette in evidenza anche i danni provocati dall'uomo quando viola le leggi della natura, nonché alcune ricerche di sostenibilità in atto nel mondo. Piccolo spazio in cui viene mostrato il lavoro della stampante 3D e i suoi innumerevoli utilizzi. Gli open labs permettono di entrare in contatto con i ricercatori del museo e con una parte dell'ampia collezione, esposta in vetrina. Sono presenti inoltre un fab lab e una sfera NOAA. L'intero piano terra è quello della lobby, l'ingresso del museo, spesso utilizzato anche per eventi. Un'area è inoltre dedicata alla scienza interattiva e un'altra, il Maxi Ooh!, ai bambini più piccoli (0-5 anni). In questa sezione del museo, che si sviluppa per gran parte del piano inferiore, è possibile ripercorrere tutto il viaggio della vita sul nostro pianeta grazie a grafici, fossili e ricostruzioni. Il percorso si articola inizialmente attraverso alcuni exhibit "a quadrifoglio" riguardanti l'origine del sistema solare e della vita sulla Terra (con riproduzione interattiva dell'esperimento di Miller e Urey) e lo sviluppo delle prime forme viventi unicellulari. Sono presenti alcune stromatoliti, le più antiche strutture sedimentarie biocostruite. Si possono ammirare le ricostruzioni di alcuni tra i più antichi organismi pluricellulari, ovvero la fauna di Ediacara (tra cui Dickinsonia, Spriggina, Charnia, Kimberella, Thectardis, Parvancorina e Bradgatia), e quelle di alcuni rappresentanti della fauna di Burgess Shales (Anomalocaris, Hallucigenia, Wiwaxia, Pikaia e Marrella), della quale sono esposti anche alcuni fossili. Si passa poi a teche in cui sono conservate riproduzioni e fossili dei più antichi pesci senza mascelle (Anaspidiformes, Cephalaspis, Cyathaspididae, Athenaegis, Sphenonectris e Rhinopteraspis) e alcuni pesci corazzati dotati di mascelle, o placodermi (Dunkleosteus e Bothriolepis). Un settore è dedicato alla conquista delle terre emerse da parte delle piante (la piccola Cooksonia e le grandi Archaeopteris e Sigillaria) e degli artropodi (Pneumodesmus, Palaeocharinus, Meganeura, Arthropleura), fino a giungere ai primi tetrapodi (Ichthyostega) e ai primi rettili (Hylonomus). La sezione termina con alcuni fossili locali risalenti al Permiano, l'ultimo periodo dell'era Paleozoica, e con un calco di uno scheletro di Inostrancevia, il più grande dei gorgonopsidi, un gruppo di predatori estintisi alla fine del periodo. La zona centrale del piano è dedicata all'era Mesozoica e ai rettili che vissero in quest'epoca. In semicerchio si trovano i calchi di un aetosauro (Desmatosuchus) e di quattro dinosauri (Plateosaurus, "Dilophosaurus" sinensis, Talarurus e Triceratops) oltre a un rettile volante (Pteranodon) e ad alcune ricostruzioni di un piccolo mammifero arcaico (Alphadon), mentre dall'altro lato si trovano i rettili marini (Nothosaurus, Plesiosaurus, Ophthalmosaurus e Halisaurus). Oltre ai grandi scheletri sono presenti numerose teche con fossili locali di notevole importanza, come alcune impronte di dinosauri rinvenute a Dro e ai Lavini di Marco (Grallator, Lavinipes), alcune ossa di rettili marini del Triassico (Placodus, Pistosaurus, Nothosaurus, Shonisaurus), fossili cretacei (Tselfatia, Ptychodus, Inoceramus) e un modello a grandezza reale del piccolo dinosauro Ciro (Scipionyx samniticus). Sono esposte anche alcune ricostruzioni a grandezza naturale di piante mesozoiche (Bjuvia, Tempskya, Williamsonia). Al termine della zona dedicata ai dinosauri, un video del paleontologo Cristiano Dal Sasso fa il punto sull'estinzione di fine Cretaceo. Sormonta la zona centrale un imponente scheletro di balenottera (Balaenoptera physalus), che introduce la zona dedicata all'era Cenozoica, l'età dei mammiferi, dove si ripercorre il cammino evolutivo dei mammiferi e i loro adattamenti evolutivi. Particolare rilevanza hanno le strategie riproduttive (monotremi, marsupiali, placentali), rappresentate da numerose tassidermie (ornitorinco, wallaby, opossum, petauro dello zucchero, leone) e ricostruzioni (Zaglossus bartoni), oltre a uno scheletro fossile di orso delle caverne (Ursus spelaeus) e riproduzioni di mammiferi predatori estinti (Thylacinus, Sinonyx). Sopra questi, il calco di un gigantesco uccello estinto (un pelagornitide). Il percorso nell'area mammiferi prosegue illustrando i vari adattamenti dei mammiferi al nuoto (otaria, tricheco, lontra americana, tursiope, Kutchicetus) e al volo (pipistrelli, tra cui Epomophorus). Rilevanti i grandi mammiferi ungulati del passato (Cervalces) e del presente (crani di giraffa, rinoceronte bianco, cavallo, babirussa), con un focus sull'evoluzione delle zampe del cavallo (Mesohippus, Merychippus, Dinohippus, Equus). Seguono approfondimenti sui roditori (tra cui uno scheletro del castoro estinto Castoroides) e su alcuni gruppi di mammiferi tipici del Sudamerica (xenartri) e dell'Africa (afroteri). Tra gli xenartri si possono ammirare tassidermie di armadillo dalle nove fasce, formichiere gigante e bradipo didattilo, nonché repliche di un artiglio del bradipo gigante Eremotherium e di un cranio dell'affine Catonyx. Tra gli afroteri, sono esposti i crani di elefante africano, di elefante nano (Palaeoloxodon falconeri) e di ritina di Steller (Hydrodamalis gigas), una zanna di mammut (Mammuthus primigenius) e alcune tassidermie (oritteropo, irace). La parte finale del percorso è dedicata all'evoluzione dei primati, dall'antico Plesiadapis fino all'origine dell'uomo, attraverso l'esposizione di alcune tassidermie di lemuri e scimmie; una replica di uomo odierno è posta di fronte a un pannello in cui sono esposti numerosi crani delle principali specie di ominini, dai più antichi ai più recenti (tra cui Sahelanthropus, Kenyanthropus, Australopithecus afarensis, A. anamensis, A. africanus, Paranthropus aethiopicus, P. robustus, P. boisei, Homo rudolfensis, H. habilis, H. ergaster, H. antecessor, H. erectus, H. heidelbergensis, H. floresiensis, H. sapiens, H. neanderthalensis). Per finire, oltre a uno schermo interattivo dal quale alcuni esperti (tra cui Telmo Pievani e Giorgio Manzi) parlano delle ultime scoperte di paleoantropologia (come Homo naledi), è presente una ricostruzione a grandezza naturale di una coppia di Australopithecus afarensis nei pressi di un calco delle famose impronte di Laetoli. Questa sezione corridoio illustra la biodiversità del nostro pianeta e ciò che unisce tutti noi esseri viventi: il DNA; Adiacente alla sezione del DNA, è presente una sala con svariati grandi acquari, che rappresentano la biodiversità dei laghi africani. Proseguendo per il percorso, si uscirà dal MUSE vero e proprio e si entrerà nella serra del museo. La serra ricostruisce l'ambiente dei Monti Udzungwa, in Tanzania, dove il MUSE ha un Centro di monitoraggio ecologico che rappresenta una delle sue sedi territoriali. Nella serra sono inoltre presenti alcune specie di uccelli (Turaco di Livingstone, anatra dal dorso bianco, Cossypha niveicapilla, Lamprotornis chalybaeus, Euplectes hordeaceus), due specie di anfibi (Phlyctimantis maculatus, Afrixalus fornasini), insieme ad una copia di Rhynchocyon udzungwensis, scoperto da Galen Rathbun e da Francesco Rovero, conservatore della Sezione di biodiversità tropicale del MUSE. Il MUSE svolge attività di ricerca, organizzata in sette sezioni: Botanica La sezione botanica studia la flora spontanea e coltivata del Trentino, privilegiando ricerche applicate volte alla sua tutela e conservazione, con particolare attenzione alle specie a rischio di estinzione. Può giovarsi della banca del germoplasma del Trentino, dell'erbario tridentino, di un laboratorio di germinazione, una serra di propagazione e quattro giardini botanici (la serra tropicale afromontana, gli Orti del MUSE, le Viote del Bondone e l'Arboreto di Arco). Limnologia e Algologia La sezione si occupa della biologia delle acque interne, in particolare di habitat oligotrofi di elevato valore naturalistico come sorgenti di varia tipologia ecomorfologica e idrochimica, ruscelli sorgivi, torbiere, laghi d'alta quota, di montagna e corsi d'acqua. Negli ultimi anni sono stati studiati anche altri ambienti come il lago di Garda e torrenti mediterranei. Zoologia degli invertebrati e idrobiologia La sezione di zoologia degli invertebrati e idrobiologia studia l'ecologia degli ambienti acquatici e terrestri montani, con particolare riferimento all'alta quota, in relazione a cambiamenti ambientali e climatici. Zoologia dei vertebrati La sezione svolge ricerca scientifica in ambito alpino, conduce studi sulla biodiversità e biologia di conservazione e sui cambiamenti ambientali nelle Alpi. Cura le banche dati, gli archivi e le collezioni scientifiche. In ambito alpino e nazionale coordina e partecipa a progetti di censimento, monitoraggio per atlanti faunistici e specie minacciate. Biodiversità tropicale La sezione di biodiversità contribuisce, tramite attività di ricerca, documentazione e monitoraggio della biodiversità, alla conoscenza delle foreste pluviali montane afrotropicali, promuovendone la conservazione anche tramite progetti di cooperazione allo sviluppo ambientale delle comunità locali. Geologia La sezione di geologia si occupa di definire le componenti principali del paesaggio alpino, la sua strutturazione geologica nel passato (paleoambienti ed ecosistemi), trasformazioni (passate e presenti) e i processi più rilevanti che le hanno indotte. Preistoria La sezione di preistoria studia il popolamento dei territori montani da parte dei gruppi di cacciatori-raccoglitori della fine del Paleolitico superiore e del Mesolitico. Vengono evidenziate le relazioni che intercorrono tra i modelli di sfruttamento del territorio, l'organizzazione sociale dei gruppi umani e la ricostruzione degli antichi paesaggi. All'interno degli spazi espositivi del livello +1 è presente il "MUSE FabLab", un laboratorio di fabbricazione digitale aperto alla condivisione e collaborazione con utenti, artigiani digitali, aziende, famiglie e scuole che contribuiscono alla ricerca e prototipazione. Oltre alle strumentazioni necessarie per la fabbricazione digitale e la lavorazione elettronica (componenti elettronici di base e un assortimento di utensili tradizionali analogici), il laboratorio dispone di diversi macchinari a controllo numerico, tra cui: sette stampanti 3D a PLA/ABS una stampante 3D a cioccolato una stampante 3D a resina una macchina taglio laser una macchina taglio vinile tre frese a controllo numerico una cucitrice una ricamatrice Inoltre sono disponibili per chi desidera lavorare: un 3D scanner un oscilloscopio e generatore di segnale una stazione saldante Arduino Kit Una funzione rilevante del MUSE FabLab è la proposta di laboratori didattici per le scuole, corsi di formazione per utenti e attività di tinkering aperti ai visitatori del museo. Un unico dirigente ha la responsabilità complessiva ed amministrativa dell'organizzazione e del bilancio. Gli organi istituzionali sono costituiti da presidente, direttore, consiglio di amministrazione, comitato scientifico e collegio dei revisori dei conti. La provincia autonoma di Trento, proprietaria della struttura, gestisce anche i servizi ed il personale, attraverso la sua agenzia per appalti e contratti. A partire dal 2017 sono emerse alcuni problemi che riguardano diversi dipendenti del museo. La Mano – Arto, arte, fatti (24 settembre 2013 - 20 gennaio 2014) Digital way of living. La città del futuro di Telecom Italia (24 settembre 2013 - 31 marzo 2014) La storia del Vajont. La conoscenza della frana attraverso le foto di Edoardo Semenza (14 febbraio 2014 - 21 febbraio 2014) Freedom Fighters. I Kennedy e la battaglia per i diritti civili (28 febbraio 2014 - 18 marzo 2014) Tutti in sella! (1 maggio 2014 - 8 giugno 2014) Wood. Legno, edilizia e tecnologia (16 maggio 2014 - 2 novembre 2014) Orchidee - un mondo di colori e profumi tropicali (24 maggio 2014 - 2 giugno 2014) Concerto per natura morta (29 maggio 2014 - 28 settembre 2014) Maurizio Boscheri - BioDiversitArt (14 giugno 2014 - 8 settembre 2014) Foreste di vita (9 settembre 2014 - 5 ottobre 2014) Meet your neighbours (26 settembre 2014 - 23 novembre 2014) Oltre il limite (8 novembre 2014 - 2 giugno 2015) Tempo di lupi (20 dicembre 2014 - 1 marzo 2015) Dalle Dolomiti all'Atlante. Viaggio studio tra montagne e culture (28 febbraio 2015 - 30 marzo 2015) A scuola di brand. 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Storie di natura urbana (31 marzo 2023 - 5 novembre 2023) MUSE 100 - Un secolo di museo (22 luglio 2023 - 22 ottobre 2023) Quanto - La rivoluzione in un salto" (7 dicembre 2023 - 15 giugno 2024) Mauro Marcantoni e Maria Liana Dinacci, Le Albere: il quartiere green di Renzo Piano: Trento, area ex Michelin, Trento, IASA, 2014, OCLC 920374022. Renzo Piano building workshop, Muse: Museo delle scienze: l'architettura del Museo spiegata ai visitatori da Renzo Piano Building Workshop: una guida originale, Trento, LISt, 2013, OCLC 898691972. Maria Liana Dinacci e Mauro Marcantoni, Dalla natura alpina al futuro globale: il Museo delle scienze di Trento e il progetto del Renzo Piano Building Workshop, Trento, IDESIA : MUSE, Museo delle scienze, 2013, OCLC 928636316. Maria Liana Dinacci e Osvaldo Negra, Il Muse tra scienza e architettura: guida al percorso espositivo e al progetto del Renzo Piano building workshop, Trento, MUSE-Museo delle scienze Trento e Idesia, 2017, OCLC 1020107622. Museo tridentino di scienze naturali Gino Tomasi Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su MUSE (IT, EN, DE) Sito ufficiale, su muse.it. Sito ufficiale, su muse.it. MUSE Museo delle Scienze (canale), su YouTube. MUSE - Museo delle Scienze di Trento, su beniculturali.it, Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo. URL consultato il 25 luglio 2020 (archiviato dall'url originale il 27 giugno 2018).

Stadio Briamasco
Stadio Briamasco

Lo stadio Briamasco è la principale arena scoperta della città italiana di Trento. Inaugurato nel settembre 1922 con la denominazione di Stadium, ha presto mutuato il nome della località cittadina ove sorge. Ospita le gare interne delle maggiori società calcistiche cittadine maschile e femminile, ossia Trento e ACF Trento. Ha inoltre accolto transitoriamente altre squadre trentine (Mezzocorona e Dro) laddove i rispettivi impianti non erano adeguati alle categorie di militanza. La struttura è di proprietà dell'amministrazione comunale di Trento, che lo conduce tramite l'Azienda Speciale per la gestione degli Impianti Sportivi (ASIS). Nei primi anni 1920 un gruppo di facoltosi trentini (Antonio Cembran, Riccardo Mayer, Mario Pilati e Giuseppe Suster), giudicando indecoroso il fatto che la squadra calcistica cittadina dovesse giocare sul campo non permanente di piazza Venezia, caratterizzato da un fondo sconnesso e disagevole (i suddetti lo definirono “orrenda pietraia”), decisero di riunirsi in società per dotare la città di un vero campo sportivo regolamentare. Il barone Tito Ciani Bassetti mise a disposizione dei contraenti un terreno in zona Briamasco, tra il letto dell'Adige e il cimitero cittadino, affittandolo per 25 anni allo scopo di edificare l'arena; i lavori (su progetto stilato dal socio Pilati, che era ingegnere) partirono nel 1921 e il 3 settembre 1922, in concomitanza con l’adunata nazionale degli alpini, lo Stadium venne inaugurato con la disputa di un festival atletico. La struttura ebbe infatti fin da subito vocazione polisportiva: attorno al campo si sviluppava la pista di atletica leggera (all'epoca la seconda per dimensioni in Italia), mentre per ospitare il calcio si dovette praticare un ulteriore consolidamento del terreno erboso, che inizialmente ospitò manifestazioni ippiche. La prima partita di pallone si giocò il 24 settembre, con la Pro Trento che si impose per 4-1 sullo Schio. Per il pubblico venne edificata un'elegante tribuna lignea in stile liberty sul lato sud, mentre attorno al resto del perimetro venne elevato un terrapieno. La gestione privata dello stadio (che era frattanto divenuto comunemente noto come "Briamasco", in assenza di altre intitolazioni ufficiali) si trovò presto a corto di fondi: il contratto d'affitto stipulato nel 1925 con l'Unione Ginnastica Trento non risolse il problema, sicché nel settembre 1931 l'amministrazione comunale rilevò la proprietà per circa 240.000 lire. In questo frangente venne aggiunta anche una seconda tribuna sul lato nord. Nel 1951-1952 le tribune originarie vennero demolite e riedificate in cemento armato; frattanto lo stadio, eretto in una zona al tempo periferica, finì per essere inglobato dallo sviluppo urbano di Trento. Ciò, unito allo scarso livello della pratica calcistica cittadina dal secondo dopoguerra in poi, rese la struttura difficilmente ampliabile, nonché cronicamente carente ed obsoleta: la manutenzione si fece episodica e l'unico intervento di potenziamento consistette nella costruzione di un "curvino" sul lato est (cosiddetta "curva funivia", smantellata dopo pochi anni) e del prolungamento alla tribuna sud, ambedue in tubolari metallici. Si procedette altresì alla recinzione di un settore della tribuna nord (circa 400 posti) per le tifoserie ospiti. Al contempo la pista di atletica, ormai logora, venne rimossa e asfaltata, senza che però se ne trovasse una nuova destinazione d'uso. Ai primi del terzo millennio, complice la concomitante riqualificazione della zona circostante (includente l'apertura del MuSe all'interno del palazzo delle Albere), si ventilò la possibilità di demolire il Briamasco e costruire un nuovo stadio in zona Mattarello oppure accanto al PalaTrento, ma il tutto rimase a livello teorico. Nell'estate del 2014, a seguito del quarto fallimento del Trento Calcio, lo stadio venne rinvenuto in condizioni di grave degrado: le utenze elettriche erano state interrotte per morosità, i locali erano pieni di rifiuti e articoli d'ufficio inservibili, i muri scalcinati e invasi dalla muffa, gli arredi asportati o gravemente danneggiati; in aggiunta il manto erboso era stato invaso dai conigli, che avevano scavato buche, divorato l'erba e lasciato escrementi. L'infestazione venne combattuta con gabbie e reti fornite dal comune di Trento, mentre il rifondato club si occupò di rinnovare le panchine, sostituire l'impianto di diffusione sonora e ristrutturare i locali interni. Nel 2018 le due tribune principali dello stadio sono state intitolate rispettivamente a Giorgio Grigolli (presidente della provincia di Trento negli anni 1970) e Ito Del Favero (imprenditore e longevo presidente del Trento). Nel 2021, a seguito del ritorno del Trento in Serie C, il Briamasco è stato oggetto di un intervento finalizzato a farlo collimare nuovamente coi canoni strutturali del calcio professionistico. Le tribune sono state ripulite, migliorate nei servizi e dotate in buona parte di sedute individuali numerati, è stato potenziato l'impianto di illuminazione, si è proceduto a demolire la tribuna sud "provvisoria" in tubolari (riadattando la sezione "stabile" a settore ospiti), ad aggiungere due "curve" sempre in prefabbricato metallico sul lato ovest (per la tifoseria organizzata casalinga) e sul lato est, a riasfaltare l'ex pista di atletica per trasformarla in ciclodromo, a posare schermi led per le inserzioni pubblicitarie, a riallestire e risanare i locali tecnici. Durante i lavori (condotti con criteri d'urgenza dall'ASIS e dalla Protezione Civile trentina, per un costo netto superiore al milione di euro, coperti in massima parte dal municipio e integrati dall'amministrazione provinciale) si è altresì reso necessario trasferire momentaneamente il Trento su un campo neutro (lo stadio Lino Turina di Salò); la prima gara ufficiale professionistica giocata al Briamasco è stata quella contro la Giana Erminio del 19 settembre, vinta dai gialloblù per 1-0. Il campo da gioco è in erba e misura 105×65 metri; intorno ad esso fino al 2021 si sviluppava la pista di atletica a sei corsie, poi rimossa, asfaltata e trasformata in ciclodromo per una lunghezza di 400 m. Gli spalti (capaci, dopo i lavori del 2021, di circa 3000 posti) si dividono in quattro settori: tribuna sud "Ito Del Favero" (settore ospiti), tribuna nord "Giorgio Grigolli", curva est "Gunther Mair" (alla memoria dell'ex portiere del Trento tra gli anni 1980 e 1990, già "curva Funivia") e curva ovest. Il Briamasco ha accolto in due occasioni la nazionale italiana under 21: il 27 aprile 2004 si è giocata l'amichevole tra Italia e Svezia, finita col risultato di 4-0, con due reti di Gilardino ed una per Caracciolo e Sculli. il 7 settembre 2007 vi si è disputato l'incontro Italia-Isole Fær Øer, valevole per la qualificazione all'europeo Under 21 del 2009 e vinto per 2-1 dall'Italia, con reti di Russotto e di Cigarini. Fintanto che è stato provvisto di pista, il Briamasco ha accolto con regolarità competizioni locali, nazionali e internazionali di atletica leggera, quale il meeting femminile Donna Sprint. In speciali occasioni lo stadio ha ospitato concerti musicali, tra i più importanti quelli di Ray Charles nel 1981, Zucchero Fornaciari nel 1993, Carlos Santana nel 1996, B.B. King nel 2004 e Deep Purple nel 2006. AC Trento ACF Trento Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stadio Briamasco Stadio Briamasco - comune.trento.it Stadio Briamasco - actrento.com

Trentino-Alto Adige
Trentino-Alto Adige

Il Trentino-Alto Adige (AFI: /trenˈtino ˈalto ˈadiʤe/; Trentino-Südtirol in tedesco, Trentin-Südtirol in ladino) è una regione italiana a statuto speciale dell'Italia Nord-orientale di 1 082 635 abitanti, con capoluogo Trento. Il territorio della regione fu assegnato all'Italia nel 1919 in seguito al trattato di Saint Germain per la vittoria del Regno d'Italia (al fianco dell'Intesa) sull'Austria-Ungheria al termine della Prima guerra mondiale, compiendo così, secondo l'ideologia risorgimentale, l'unificazione d'Italia. A seguito all'entrata in vigore del nuovo statuto di autonomia nel 1972, la regione è stata ampiamente esautorata e gran parte delle competenze trasferite direttamente alla Provincia autonoma di Trento e alla Provincia autonoma di Bolzano. Questo assetto istituzionale è riconducibile alla diversa composizione linguistica della popolazione, quasi completamente di lingua italiana in Trentino e in maggioranza di lingua tedesca in Alto Adige con l'eccezione di cinque comuni (Bolzano, Bronzolo, Laives, Salorno e Vadena) dove la maggioranza linguistica è quella italiana, e otto comuni (La Valle, Badia, Corvara in Badia, Marebbe, San Martino in Badia, Santa Cristina Valgardena, Selva di Val Gardena, Ortisei) dove la maggioranza linguistica è quella ladina. Insieme al Veneto e al Friuli-Venezia Giulia appartiene alla macroarea geografica del Triveneto, mentre insieme allo stato federato del Tirolo, fa parte di un'associazione di cooperazione transfrontaliera istituita nell'ambito dell'Unione europea, l'euroregione Tirolo-Alto Adige-Trentino, che accorpa i territori dell'antica contea del Tirolo.

Provincia autonoma di Trento
Provincia autonoma di Trento

La provincia autonoma di Trento (in dialetto trentino Provincia de Trent, in cimbro Sèlbstendig Provintz vo Tria, in mocheno Autonome Provinz va Trea't, in ladino Provinzia Autonoma de Trent, in tedesco Autonome Provinz Trient), comunemente nota come Trentino (in tedesco Welschtirol) è una provincia italiana del Trentino-Alto Adige di 545 183 abitanti, con capoluogo Trento, essa confina a nord con la provincia autonoma di Bolzano (Alto Adige), a est e a sud con le province venete di Belluno, Vicenza e Verona, e a ovest con le province lombarde di Brescia e Sondrio. Insieme allo stato federato austriaco del Tirolo e all'Alto Adige/Südtirol costituisce l'Euregio Tirolo-Alto Adige-Trentino: un progetto di collaborazione transfrontaliera ed Ente di diritto comunitario che interessa il territorio della regione storica del Tirolo. Come parte del Trentino-Alto Adige, insieme al Veneto e al Friuli-Venezia Giulia, viene incluso nelle cosiddette Tre Venezie (o Triveneto), la cui denominazione, caldeggiata in particolare nel periodo successivo all'annessione del territorio all'Italia, traeva ispirazione dalla Regio X Venetia et Histria di età imperiale romana. La regione storico-geografica trentina fu già municipium romano, ducato longobardo e contea carolingia, quindi parte del principato vescovile di Trento in seno al Sacro Romano Impero (secoli XI-XIX), infine per circa un secolo (1815-1918) parte meridionale, linguisticamente romanza, del Tirolo, prima austriaco, poi austro-ungarico. Il territorio annesso al Regno d'Italia nel 1919, secondo quanto stabilito dal trattato di Saint-Germain-en-Laye stipulato in seguito al primo conflitto mondiale, andò a formare la regione denominata Venezia Tridentina. In Trentino si parla soprattutto l'italiano, ma è diffuso il dialetto trentino, parlato nei centri principali e nelle valli (dove si possono riscontrare varianti dalle differenze anche piuttosto marcate). Nel territorio sono presenti minoranze linguistiche germanofone (lingua mochena nella valle dei Mocheni e lingua cimbra nel comune di Luserna negli altipiani cimbri) e ladine (Val di Fassa) ufficialmente riconosciute. Al censimento linguistico del 2011 più di settemila abitanti della Val di Non e della Val di Sole si sono anch'essi dichiarati di lingua ladina, ma senza alcun riconoscimento giuridico.

Le Albere
Le Albere

Le Albere è un quartiere di Trento progettato da Renzo Piano. È così chiamato in riferimento a populus alba, nome scientifico del pioppo bianco ripreso dal dialetto locale, che dava già il nome al vicino palazzo delle Albere. Costituisce un ambizioso progetto di riqualificazione ambientale a seguito della dismissione della fabbrica trentina Michelin, formato da 300 unità abitative, 18.000 metri quadrati di uffici, 9.000 di negozi, 28.000 di spazi aperti – viali, piazze e canali – e cinque ettari di parco. Il complesso, inaugurato l'8 luglio 2013, è costituito da diciotto palazzine per un totale di 350 fra appartamenti, esercizi commerciali e uffici. Affiancato al MUSE, si snoda in direzione sud. Un asse pedonale lungo 300 metri, che lo attraversa unendo in linea retta la struttura museale e il centro culturale polifunzionale, è costeggiato da entrambi i lati da edifici che variano in altezza dai quattro ai cinque piani, con facciate di color verde caratterizzate da griglie di legno nelle quali si inseriscono le finestre e i poggioli. Oltre al legno, nel rispetto della tradizione trentina viene utilizzata per i marciapiedi una pietra nelle due diverse tipologie Rosso Trento e Verdello, così come impiegata nel centro storico del capoluogo. Un altro asse, anch'esso fiancheggiato da edifici, converge diagonalmente verso il centro congressi (divenuto poi sede della Biblioteca Universitaria Centrale), percorso da un canale che assieme ad altri condotti trasversali e agli specchi d'acqua adiacenti al MuSe forma una scorta utile per l'irrigazione e in caso di incendio. Gli interni sono provvisti di grandi vetrate che rendono gli ambienti luminosi, e sono stati abbelliti da marmi, ceramiche e legni pregiati. Le auto non possono circolare e vanno posteggiate in un parcheggio sotterraneo su due livelli capace di 2.000 posti per i veicoli dei residenti e degli ospiti, dotato di avanzati sistemi di sicurezza e di videosorveglianza. Un parco che si estende dal complesso residenziale fino alla sponda sinistra del fiume Adige occupa una superficie di cinque ettari. Il progettista è partito dall’idea di creare un complesso urbano riqualificando l’area dell’ex stabilimento trentino che produceva pneumatici Michelin, e nel massimo rispetto possibile delle esigenze di sostenibilità ecologica. Ha dichiarato fra l’altro Renzo Piano che «Le Albere è un classico esempio di trasformazione dei brownfields, i terreni industriali dismessi, in greenfields, un terreno cementato che diventa in gran parte verde, l’opposto di quello che si è fatto per tanti anni nelle città»; aggiungendo che «Usare il legno è già di per sé un’attività intelligente perché è un materiale che viene dalle foreste, e le foreste si rinnovano, per cui di fatto è energia rinnovabile oltre che perfettamente riciclabile.» Nel quadro del risparmio energetico, i tetti degli edifici sono dotati di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica, i serramenti sono realizzati per contenere la dispersione termica, così come le tecniche di tamponamento e la tipologia di materiali isolanti. Una centrale produce il caldo e il freddo per il fabbisogno del complesso e alimenta diverse sottocentrali poste nei piani interrati, rendendo ottimale la gestione dell'energia generata. Secondo le valutazioni ipotizzate da Piano, questi accorgimenti dovrebbero ridurre il consumo energetico di due terzi rispetto a un normale edificio. Non sono mancate voci critiche rispetto al progetto, visto che un "parco fluviale" aperto alla cittadinanza inizialmente promesso non fu invece mai realizzato. Anche l'adattamento di un edificio del complesso a sede della Biblioteca universitaria di Trento, poco funzionale perché originariamente destinato ad altro uso, ha suscitato perplessità. MUSE Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Le Albere Le Albere a Trento: il nuovo quartiere green e multifunzionale, su leresidenzetrento.it. Scheda “Le Albere”, su lealbere.it. URL consultato il 26 luglio 2014 (archiviato dall'url originale il 26 luglio 2014). Alessandro Franceschini, Il quartiere Le Albere a Trento. Architettura e spazi urbani. Immagini di Luca Chisté, Trento, BQE editrice, 2016, p. 64, ISBN 978-88-99034-05-4.

Villa romana di Orfeo
Villa romana di Orfeo

La villa romana di Orfeo è un sito archeologico di Trento risalente al I secolo d.C. e facente parte della Tridentum romana. Si tratta di una ricca residenza romana originariamente situata al di fuori delle mura cittadine. Il sito è stato rinvenuto nel 1954 a seguito di scavi per la costruzione di un nuovo liceo e un museo che includeva la villa, che venne inizialmente inaugurato nel 1966. La conseguente alluvione del 4 novembre 1966 causò gravi danni che portarono alla chiusura fino al 1982. Acquisita dalla provincia nel 1998, la villa è stata quindi sottoposta ad ulteriori interventi di restauro ed è tornata visitabile a partire dal 21 giugno 2023. La villa è composta da diverse strutture, tra cui una parte residenziale e un'ampia area agricola. La zona residenziale è composta da numerosi vani, era dotata di un impianto termale e disponeva di un giardino. Di particolare interesse è la sala di rappresentanza, la quale conserva un mosaico di pregio raffigurante il dio Orfeo, da cui la villa prende il nome. L'area agricola è caratterizzata da ampi appezzamenti di terreno dedicati all'agricoltura e alla produzione di cibo. Sono state rinvenute anche diverse vasche e canali, che probabilmente venivano utilizzati per la coltivazione di pesci o come fonte d'acqua per l'irrigazione. All'interno della villa sono state scoperte anche numerose opere d'arte, come mosaici e affreschi, che mostrano scene mitologiche e scene di vita quotidiana. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa romana di Orfeo Sito ufficiale, su cultura.trentino.it.