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Stazione di Brescia Borgo San Giovanni

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Brescia stazione Borgo San Giovanni binari
Brescia stazione Borgo San Giovanni binari

La stazione di Brescia Borgo San Giovanni (fino al 13 dicembre 2020, Borgo San Giovanni) è una stazione ferroviaria della Brescia-Iseo-Edolo. È ubicata nel territorio comunale di Brescia, nel quartiere Fiumicello. È classificata da Ferrovienord come stazione secondaria. Fu inaugurata il 21 giugno 1885, assieme alla ferrovia Brescia-Monterotondo-Iseo, e aperta al servizio pubblico il giorno seguente. Dal punto di vista dell'esercizio, la stazione seguì le sorti della ferrovia: costruita dalla Società italiana per le strade ferrate meridionali, fu gestita dalle Ferrovie dello Stato tra il 1905 e il 1907, per poi passare alla Società Nazionale Ferrovie e Tramvie (SNFT) e, dal 1993, al gruppo delle Ferrovie Nord Milano. La stazione nacque con lo scopo di servire gli abitati di Borgo San Giovanni, storica frazione di Fiumicello, comune extramurario di Brescia che nel 1880 fu assorbito dall'amministrazione cittadina. Tra il 1915 e gli inizi degli anni novanta presso la stazione funzionò un raccordo a servizio di alcune fabbriche della zona, come la Franchi-Gregorini, poi INNSE, la Caffaro e l'Iveco. Per il servizio di manovra ebbe in dotazione dalla SNFT prima un esemplare delle locomotiva a vapore del Gruppo 40 e, in seguito, una locomotiva diesel: il Cn 531. Nel 1997 fu dotata dell'Apparato statico con calcolatore vitale (ASCV). Tra agosto 2019 e dicembre 2020 gli impianti della stazione furono oggetto di lavori per migliorarne la sicurezza e la fruibilità in vista di un possibile potenziamento del servizio regionale fra la stazione di Brescia e quelle di Castegnato e Iseo. Si costruì un nuovo piano binari con banchine rialzate e pensiline a protezione dei viaggiatori. Fu aperto un nuovo ingresso da via Emilio Morosini, in affiancamento a quello originario situato presso una traversa di via Villa Glori, e fu costruito un nuovo sottopasso per garantire l'accesso ai binari da parte dei viaggiatori, eliminando il precedente attraversamento a raso. Il 13 dicembre 2020, con l'attivazione dell'orario invernale 2020-21, il nome della stazione è stato modificato in Brescia Borgo San Giovanni. Il fabbricato viaggiatori presenta le caratteristiche tipiche della fermate della vecchia Brescia–Iseo. Negli anni successivi alla sua apertura, la crescita industriale della zona rese necessaria la costruzione di uno scalo merci. Il piazzale della stazione è dotato di due binari passanti e uno tronco, serviti da due banchine a loro volta dotate di pensilina. Un sottopassaggio garantisce l'accesso a entrambi i marciapiedi. Precedentemente ai lavori di ammodernamento del 2019 era presente un terzo binario passante e l'accesso alle banchine avveniva mediante attraversamento a raso dei binari. La stazione è servita dai treni regionali (R) in servizio sulle relazioni Brescia-Iseo e Brescia-Breno, eserciti da Trenord nell'ambito del contratto di servizio stipulato con la Regione Lombardia. Biglietteria a sportello Sala d'attesa Mario Bicchierai, Quel treno in Valcamonica - La Brescia-Iseo-Edolo e le sue diramazioni, in Mondo ferroviario, vol. 67, gennaio 1992, pp. 6-73. Mario Bicchierai, Da Brescia a Edolo da SNFT a FNME, in I quaderni di Mondo Ferroviario Viaggi, vol. 1, ottobre 2004. Claudio Pedrazzini, La favola della prigioniera del Falco d'Italia: storia delle locomotive del Gruppo 1 (n. 1-7) della SNFT, CFB, Trenidicarta, 2018. Antonio Burlotti. Stazioni e fermate della linea ferroviaria Brescia/Iseo/Edolo, in Mauro Pennacchio. La meccanica viabilità - La ferrovia nella storia del lago d'Iseo e della Vallecamonica. Marone, Fdp Editore, 2006. ISBN 88-902714-0-X. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stazione di Brescia Borgo San Giovanni

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Stazione di Brescia Borgo San Giovanni
Via Villa Glori, Brescia Fiumicello (Zona Ovest)

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Luoghi vicini

Fondazione Berardelli

La Fondazione Berardelli è una raccolta privata d'arte contemporanea fondata nel 2007 a Brescia per volontà del collezionista Pietro Berardelli. Ha un archivio e propri spazi espositivi, destinati alla realizzazione di progetti di arte contemporanea, cinema, fotografia, filosofia. È inoltre presente una biblioteca con volumi, monografie e una collezione di libri d’artista, dedicata alle molteplici forme di sperimentazione verbo-visiva internazionale. La Fondazione Berardelli cura, inoltre, l’archivio di Ugo Carrega e il Mail Art archive. Ugo Carrega, La mente in mano, a cura di Achille Bonito Oliva (2007) Pierre Garnier, L'isola (2008) Bernard Aubertin, A ferro e fuoco (2008) Julien Blaine, Favole e altre storie (2008) Sarenco, Sono un poeta di montagna e me ne vanto (2008) Jean-François Bory, L'apocalisse di Gutenberg (2008) Giovanni Fontana, Testi e pre-testi (2009) Lamberto Pignotti, La poesia ve lo dice prima, la poesia ve lo dice meglio (2010) Lucia Marcucci, Sprintpoem (2012) Poesia visiva Vs Fluxus, opere di Vincenzo Accame, Nanni Balestrini, Gianni Bertini, Joseph Beuys, Luciano Caruso, Giuseppe Chiari, Emilio Isgrò, George Maciunas, Stelio Maria Martini, Eugenio Miccini, Gianni-Emilio Simonetti, Daniel Spoerri, Ben Vautier, William Xerra (2013) 6 Stanze, opere di Franco Angeli, Arman, Cesar, Christo, Marcel Duchamp, Filippo Tommaso Marinetti, Elio Marchegiani, Joan Mirò, Aldo Mondino, Gualtiero Nativi, Hermann Nitsch, Man Ray, Mario Schifano, Shozo Shimamoto, Jean Tinguely e Andy Warhol. Arturo Vermi, Figure in un tempo-spazio, a cura di Flaminio Gualdoni (2017) Arrigo Lora Totino, in fluenti traslati (2018) Pratiche sinestetiche, un progetto di Lamberto Pignotti: La poesia visiva come arte plurisensoriale, opere di Hans Clavin, Herman Damen, Giovanni Fontana, Claudio Francia, Arrigo Lora Totino, Eugenio Miccini, Michele Perfetti, Karel Trinkewitz, Ben Vautier (2020) Pratiche sinestetiche, un progetto di Lamberto Pignotti: La poesia visiva come arte plurisensoriale - L'olfatto, opere di Demosthenes Agrafiotis, Bernard Aubertin, Antonino Bove, Ugo Carrega, Lucia Marcucci, Serge Pey, Lamberto Pignotti, Arrigo Lora Totino (2021) Fernanda Fedi, Gino Gini, Segni, scritture e immagini (2023) Anna Villari, Melania Gazzotti (a cura di), Futurismo e dada - da Marinetti a Tzara : Mantova e l'Europa nel segno dell'avanguardia, (pp. 8, 102, 103), Milano, Silvana Editoriale, 2009, ISBN 9788836615667 Maddalena Carnaghi, Melania Gazzotti (a cura di), La visione molteplice: l'opera audiovisiva di Hermes Intermedia, Brescia, Fondazione Berardelli, 2019, ISBN 9788894347814 Marco Maria Gazzano, Punti di vista e di partenza, (p. 139), Roma, Armando Editore, 2019, ISBN 9788869923562 Pino Viscusi, Un fantasioso viaggio nell'intricato labirinto del colore, 2023, ISBN 9791221468625 Poesia visiva Fluxus Mail art Scrittura asemica Arte concettuale Fondazione Berardelli, su exibart.com. Fondazione Berardelli, su artribune.com.

Primo Maggio (Brescia)
Primo Maggio (Brescia)

Primo Maggio è un quartiere di Brescia. Il territorio è pianeggiante. I suoi confini amministrativi sono delimitati a nord dalla ferrovia Brescia-Iseo-Edolo e da via Cassala, a ovest dal fiume Mella, a sud dalla ferrovia Milano-Venezia e a est da viale Italia. Fino al 30 giugno 1880, l'area occupata dal quartiere era suddivisa amministrativamente fra i comuni di Fiumicello Urago e di San Nazzaro Mella: il confine tra i due enti era delimitato dall'attuale via Rose. Rimase rurale fino alla seconda metà degli anni Venti del Novecento, quando nei pressi della ferrovia Brescia-Edolo fu realizzato il quartiere XXI aprile, per offrire un'abitazione a buon mercato agli operai delle industrie Togni. La dedica fu assegnata dall'amministrazione fascista in onore del Natale di Roma. Dopo la caduta del fascismo, nell'agosto 1943 il quartiere fu ribattezzato Sardegna, ma la denominazione originaria fu ripristinata sotto la Repubblica Sociale Italiana. Nell'agosto 1946 assunse il nome attuale. Nel dopoguerra il quartiere si espanse più a sud fino a raggiungere la ferrovia Milano-Venezia. Nel 1953 fu inaugurata la chiesa di san Benedetto. Nella seconda metà degli anni Cinquanta arrivò l'autolinea dei Servizi Municipalizzati diretta al quartiere Don Bosco e la stazione ferroviaria. Nel luglio 1972, il consiglio comunale istituì i consigli di quartiere, identificando il Primo Maggio come una delle trenta suddivisioni di prossimità. Le elezioni per il consiglio di quartiere si tennero il 17 novembre 1974. Nel 1977, la Giunta Trebeschi recepì la legge 278/1976 e suddivise il territorio comunale in nove circoscrizioni. Il Primo Maggio fece parte della Quarta circoscrizione assieme ai quartieri di Fiumicello e Porta Milano. Vent'anni dopo, la Giunta Corsini ridusse il numero delle circoscrizioni portandole da nove a cinque. La Quarta circoscrizione fu spaccata: Primo Maggio e Fiumicello furono assegnate alla Ovest, mentre Porta Milano alla Centro Nel 2014, a seguito dell'abolizione delle circoscrizioni per i nuovi limiti imposti dalla legge 191/2009, la Giunta Del Bono decise di ricostituire gli organi consultivi di rappresentanza dei quartieri. Le prime elezioni del consiglio di quartiere si tennero in tutta la città il 14 ottobre. Chiesa di San Benedetto Abate: è la parrocchiale del quartiere. Edificata tra il 1951 e il 1953. Il quartiere è attraversato dall'autolinea 12 (Fiumicello-San Polo Cimabue) della rete di trasporti urbani. Nel territorio del vicino quartiere di Fiumicello, a poca distanza dal confine con il quartiere di Primo Maggio, si trova la stazione di Borgo San Giovanni della ferrovia Brescia-Iseo-Edolo. In via Morosini è presente il centro sportivo Alessandro Calvesi. Lisa Cesco, Diego Serino, 30 anni di partecipazione: l'esperienza delle circoscrizioni a Brescia. Circoscrizione Ovest, Brescia, Comune di Brescia, 2010. Maurillio Lovatti, Marco Fenaroli, Governare la città. Movimento dei quartieri e forze politiche a Brescia 1967-77, Brescia, Nuova ricerca editrice, 1978. Le elezioni dei Consigli di Quartiere a Brescia nel 2014 (PDF), su comune.brescia.it. URL consultato il 7 aprile 2023 (archiviato dall'url originale il 13 giugno 2022). Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Primo Maggio

Chiesa di San Giacomo al Mella
Chiesa di San Giacomo al Mella

La chiesa di San Giacomo al Mella è una chiesa di Brescia, situata lungo l'antico decumano massimo della città in direzione di Milano, oggi appunto via Milano. Di origine molto antica, era la chiesa di un ospizio gestito da una comunità di frati, a noi non pervenuto poiché demolito dopo la sua soppressione, nel corso dell'Ottocento. La chiesa è di solito nota ai più grazie alla sua bella abside romanica, ben visibile lungo la trafficata via Milano, in corrispondenza del collegamento fra questa e la tangenziale ovest. La presenza di un ospizio nella zona è documentata a partire dall'XI secolo, per l'esattezza dal 1080, anno a cui risale il documento più antico in assoluto che nomini il complesso: si tratta di una trascrizione di una bolla di papa Gregorio VII, nella quale il pontefice accoglie la domanda della mensa canonicale di unire ad essa il priorato del convento di San Giacomo della Mella, allo scopo di sostentare trentasei persone officianti quotidianamente nella basilica di San Pietro de Dom. È comunque probabile che l'edificio, così come la chiesa, siano stati costruiti precedentemente, forse sui resti di una stazione romana, vista anche la posizione strategica lungo la via per Milano, vicino al ponte sul fiume Mella, dal quale trae l'appellativo "al Mella". Seguono altre testimonianze, dalle quali si legge che, all'inizio del Duecento, il vescovo o i canonici della basilica di San Pietro de Dom affidano la struttura di assistenza agli umiliati, un ordine religioso che, nel medioevo, si occupava del ricovero e della cura di malati e infermi, i quali la gestiscono per circa un secolo. In quegli anni, l'ospizio è definito nei documenti con il nome "dei Romei" o "di San Giacomo di Galizia". Nel 1274, secondo le testimonianze, il complesso è gestito da cinque converse e cinque confratelli, diretti da Padre Giovanni da Cobiado. Inoltre, possiede numerosi fondi nella zona, sui quali lavorano numerose persone di sua diretta dipendenza. Nel Trecento l'ordine degli Umiliati declina rapidamente e nel 1334 il vescovo Bernardo Tricarico assegna l'ospedale ai canonici regolari di Sant'Antonio di Vienne i quali, fra l'altro, avrebbero fondato pochi anni dopo, nel 1367, l'ospedale di Sant'Antonio in contrada San Nazaro a Brescia, oggi corso Matteotti. La nuova gestione dell'ospedale di San Giacomo dei Romei è quindi composta da un precettore aiutato dai canonici dell'ordine: siccome questi, però, raramente erano numerosi, venivano spesso affiancati anche da famiglie che offrivano il loro aiuto e i loro beni per servire l'opera dei frati. Nel corso del Quattrocento viene aggiunta una cappella alla chiesa sul lato nord, oggi sacrestia. Più tardi, nei pressi della chiesa, nasce anche una delle più antiche fiere locali, la festa di san Giacomo, tenuta tradizionalmente il 25 luglio, che verrà poi progressivamente spostata verso la città. Da qui, inoltre, aveva inizio il 15 agosto la corsa dei cavalli che si concludeva in piazza della Loggia. Dal Cinquecento in poi l'ospizio vede una sempre maggiore decadenza: nel 1577 viene assorbito dalle proprietà fondiarie del seminario vescovile di Brescia, mentre nel 1810 la struttura viene definitivamente soppressa. La chiesa, però, resta aperta al pubblico grazie all'impegno di pochi religiosi e sacerdoti, che si preoccupano di amministrarla. Alla fine dell'Ottocento, la famiglia Rovetta, imparentata con l'ultimo religioso che aveva il compito di custodirla, acquisisce la proprietà dell'edificio, che viene completamente rinnovato all'interno dal pittore Francesco Rovetta con l'applicazione di affreschi e decorazioni neogotiche. Oggi, dell'antico ospizio rimane solamente la chiesa di San Giacomo, mentre le strutture adiacenti, persa ogni funzione di ricovero, sono state nel tempo riadattate e oggi convertite in edifici residenziali. La facciata è a capanna, con oculo al centro e portale d'ingresso originale. Quest'ultimo è decorato da una lunetta, affrescata durante la reggenza dei Canonici di Sant'Antonio, contenente riferimenti ai Templari. L'abside è l'elemento di spicco della chiesa, semicircolare e costruita con blocchi regolari di marmo botticino e medolo. La parete esterna è scandita da piatte e leggere lesene, che la dividono in cinque scomparti nei quali si aprono, nei tre centrali, tre monofore strombate, caratteristiche dell'epoca. La fascia di sottogronda è invece decorata da archetti pensili e da una cordonatura a dente di sega in cotto, altro elemento distintivo dell'architettura romanica. Il muro perimetrale dell'aula, invece, è composto in prevalenza da corsi regolari di sassi di fiume, con pochi inserti di mattoni sul fianco nord. Tale differenza nella composizione delle murature dell'abside e dell'aula permettono di retrodatare quest'ultima rispetto all'abside, fissando l'epoca di costruzione dell'aula all'XI secolo e quella dell'abside a cavallo fra il XII e il XIII secolo. Sul fianco nord sporge invece la cappella di epoca quattrocentesca, precedentemente accennata. L'interno, completamente rifatto nell'Ottocento, è impostato su una pianta a navata unica, spartita in tre campate. La copertura a capriate lignee originale copre solamente la prima campata d'ingresso, mentre le altre due sono coperte da due volte a crociera, quella centrale ottocentesca e la seconda, cioè l'ultima campata prima dell'abside, della fine del Quattrocento. La chiesa, oltre all'affresco del Trecento posto nella lunetta del portale d'ingresso, all'esterno, ospita poche ma notevoli opere d'arte, fra le quali spicca la grande Crocifissione del 1465 di Paolo Caylina il Vecchio. Dello stesso autore è anche l'affresco dell'Annunciazione, strappato all'inizio del Novecento dall'arco santo. Nella zona della copertura a capriate originale, sopra l'ingresso, sono inoltre presenti tracce di affreschi del Quattrocento e ampie aree dove si è mantenuto intatto fino ai giorni nostri l'antico intonaco bianco del Trecento. Della stessa epoca è anche il frammento di affresco raffigurante racemi vegetali nell'abside, dietro l'altare. Francesco de Leonardis, Guida di Brescia, Grafo Edizioni, Brescia 2008 Autori vari, Storia di Brescia, diretta da Giovanni Treccani, Morcelliana Brescia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Giacomo al Mella Sito ufficiale, su parrsangiacomo.it. Chiesa di San Giacomo al Mella, su LombardiaBeniCulturali, Regione Lombardia.

Chiesa di Santa Maria Nascente (Brescia)
Chiesa di Santa Maria Nascente (Brescia)

La chiesa di Santa Maria Nascente è la parrocchiale di Fiumicello, frazione di Brescia, in provincia e diocesi di Brescia; fa parte della zona pastorale di Brescia Ovest. Nell'VIII secolo la zona di Fiumicello venne concessa dal re Desiderio ai monaci di San Salvatore perché vi realizzassero un convento e provvedessero alla bonifica dei terreni. L'esistenza di un monastero femminile è attestata nel 1153, mentre nel 1596 la chiesa fu restaurata e sistemata. Nel 1705 venne costituita la deputazione che doveva seguire i lavori di costruzione della nuova parrocchiale, che, dopo il suo completamento, fu aperta al culto il 20 settembre 1763. L'organo venne restaurato nel 1873, mentre ventiquattro anni dopo si provvide a posare il nuovo pavimento della navata. Durante la seconda guerra mondiale l'edificio subì dei danni causati dai bombardamenti anglo-americani e, pertanto, dovette essere ristrutturato e ripristinato nel 1949. La chiesa venne nuovamente restaurata nel 1965, mentre negli anni settanta si procedette ad adeguare il presbiterio alle norme postconciliari; la consacrazione fu impartita dal vescovo Bruno Foresti il 12 ottobre 1991. La facciata a salienti della chiesa, rivolta a nordovest e scandita da una cornice marcapiano in due registri, entrambi scanditi da paraste, presenta in quello inferiore il portale d'ingresso, sormontato dal timpano semicircolare, mentre in quello superiore, che è affiancato da due volute e coronato dal frontone dentellato, un finestrone. Annesso alla parrocchiale è il campanile a base quadrata, scandito da lesene angolari; la cella presenta su ogni lato una monofora ed è coperta dalla cupola poggiante sul tamburo. L'interno dell'edificio si compone di un'unica navata, sulla quale si affacciano le cappelle laterali, ospitanti gli altari laterali e introdotte da archi a tutto sesto, e le cui pareti sono scandite da paraste sorreggenti la trabeazione modanata, sopra cui si imposta la volta a botte; al termine dell'aula si sviluppa il presbiterio, caratterizzato dall'altare maggiore e chiuso dall'abside piatta. Diocesi di Brescia Parrocchie della diocesi di Brescia Brescia Fiumicello (Brescia) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di Santa Maria Nascente Parrocchia di S. MARIA NASCENTE, su pmap.it. URL consultato il 27 dicembre 2021.

Chiusure (Brescia)
Chiusure (Brescia)

Chiusure è un quartiere di Brescia. Il quartiere è delimitato a ovest, dal confine con il comune di Cellatica; a sud, da via Santellone, via Badia, via Vallecamonica e dalla ferrovia Brescia-Iseo-Edolo; a est, dal fiume Mella; a nord, da via Crotte e via Torricella di Sopra. Il territorio è caratterizzato dal rilievo collinare di Sant'Anna, appartenente al Parco delle colline. Il toponimo deriva dalla via principale del quartiere via Chiusure. La denominazione ricorda i territori esterni alle mura della città che, a partire dall’epoca medievale furono entità amministrative a sé stanti, con propri statuti e apposite magistrature dette "giudici dei chiosi". Fino al 1936, la stessa strada si intitolava "Sei Ore" probabilmente per un'errata interpretazione del dialettale "Sesüre". L'area occupata dal quartiere rimase profondamente rurale fino agli anni Trenta del Novecento, quando l'amministrazione comunale fascista procedette alla costruzione del primo quartiere di case popolari detto "dei francesi" perché pensato ad ospitare gli italiani provenienti dalla Francia. Negli anni Cinquanta nacquero altre aree residenziali, presso la località Ponte Crotte, lungo le nuove strade, come via Colombo e via Caduti del Lavoro, e il quartiere Sant'Anna, ai piedi dell'omonima collina. Nel 1955 arrivò il filobus. Alla fine degli anni Sessanta, sulla falsariga di quanto avvenuto a San Polo e Mompiano, in diversi rioni delle Chiusure sorsero dei comitati di quartiere. Rispetto a quanto avvenuto nelle altre assemblee, le elezioni dei comitati delle Chiusure furono a suffragio universale e si tennero tra febbraio e maggio del 1971. In seguito, i comitati sorti in buona parte della città chiesero un riconoscimento ufficiale e l'impiego di mezzi e strumenti per poter partecipare alla discussione dei bilanci, per cui il consiglio comunale votò l'istituzione dei consigli di quartiere, a carattere sperimentale, nel luglio 1972. Le elezioni del consiglio delle Chiusure, che sostituì i precedenti comitati rionali, si tennero il 24 giugno 1973. Nel 1977, con l'intenzione di recepire quanto disposto dalla legge 278/1976, la Giunta Trebeschi istituì nove circoscrizioni che accorparono i trenta quartieri. Le Chiusure formarono la Terza circoscrizione, assieme a Urago Mella, Villaggio Badia e Villaggio Violino, che fu subito ribattezzata "dell'Oltremella" perché raggruppava i quattro quartieri che erano separati dal resto della città dal fiume. Nel 2007, la giunta Corsini ridusse il numero delle circoscrizioni portandole da nove a cinque: Chiusure, come tutto il resto della Terza Circoscrizione, fu assegnata alla nuova Circoscrizione Ovest. Sette anni dopo, a seguito dell'abolizione delle circoscrizioni per i nuovi limiti imposti dalla legge 191/2009, la Giunta Del Bono decise di ricostituire gli organi consultivi di rappresentanza dei quartieri. Le prime elezioni del consiglio di quartiere si tennero in tutta la città il 14 ottobre. chiesa di sant'Antonio alla Badia, pur dominando il villaggio Badia dall'alto del rilievo collinare, si trova nel territorio del quartiere Chiusure. chiesa di sant'Antonio da Padova, edificata negli anni Quaranta del Novecento. centro sportivo "San Filippo" Presso il quartiere operano tre parrocchie della diocesi cattolica di Brescia: sant'Anna, sant'Antonio da Padova, e san Giacomo. Nel quartiere è presente l'istituto clinico Sant'Anna del Gruppo ospedaliero San Donato. Alle Chiusure hanno sede il liceo delle scienze umane Fabrizio De André, e le scuole primarie Gianni Rodari e Cristoforo Colombo. Il quartiere è servito da diverse linee di trasporto urbano: la 2 (Pendolina-Chiesanuova), la 3 (Mandolossa-Virle), la 9 (Violino-Buffalora), la 13 (Gussago-Poliambulanza) e la 16 (Castelmella-Poliambulanza). Lisa Cesco, Diego Serino, 30 anni di partecipazione: l'esperienza delle circoscrizioni a Brescia. Circoscrizione Ovest, Brescia, Comune di Brescia, 2010. Maurillio Lovatti, Marco Fenaroli, Governare la città. Movimento dei quartieri e forze politiche a Brescia 1967-77, Brescia, Nuova ricerca editrice, 1978. Le elezioni dei Consigli di Quartiere a Brescia nel 2014 (PDF), su comune.brescia.it. URL consultato il 17 aprile 2022 (archiviato dall'url originale il 13 giugno 2022). Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Chiusure

Fiumicello (Brescia)
Fiumicello (Brescia)

Fiumicello è un quartiere della città di Brescia. Il territorio del quartiere è pianeggiante. Al 2018, i confini amministrativi sono delimitati: a nord, dallo stabilimento industriale dell'Iveco; a ovest, dal fiume Mella; a sud, dalla ferrovia Brescia-Iseo-Edolo e da via Emilio Morosini; a est, da via Francesco Nullo, via Giovanni Pascoli e via Giosuè Carducci. Il toponimo deriva dalla roggia Fiumicella. Il nucleo storico del quartiere è sorto attorno alla chiesa di Santa Maria Nascente, realizzata nel Settecento. Tra il 1816 e il 1868, diede il nome al comune dei corpisanti di Brescia che occupava l'attuale zona ovest del comune cittadino. Dal 1880 fu una frazione rurale di Brescia che negli anni seguenti fu coinvolta nel processo di industrializzazione della città con l'installazione di fabbriche tra cui: la fonderia «Sant'Eustacchio», la «Brixia-Züst» (poi «OM», quindi «Iveco»), la «Elettrochimica Caffaro», la «Breda» ed altre. Nel corso del Novecento si costruirono nuove zone residenziali tra il Mella e la città. Nel 1885 la frazione ebbe il tram, cinquant'anni dopo il filobus. Nel 1972, come avvenne in altri quartieri di Brescia, per iniziativa degli abitanti sorse il comitato di quartiere. A luglio, il consiglio comunale votò a favore della costituzione dei consigli di quartiere in tutta la città e furono delineati i confini di quello di Fiumicello, delimitandolo a nord da via Volturno, a sud da via Rose, a ovest dal fiume Mella e a est dal raccordo ferroviario fra la stazione di Borgo San Giovanni e la Innocenti Sant'Eustacchio. La prima elezione del consiglio di quartiere si tenne il 10 novembre 1974. Nel 1977, la Giunta Trebeschi recepì la legge 278/1976, suddividendo il territorio comunale in nove circoscrizioni. Fiumicello fu inserito nella Quarta circoscrizione assieme ai quartieri di Primo Maggio e Porta Milano. Vent'anni dopo, la Giunta Corsini ridusse il numero delle circoscrizioni portandole da nove a cinque. La Quarta circoscrizione fu spaccata: Primo Maggio e Fiumicello furono assegnate alla nuova circoscrizione Ovest, mentre Porta Milano alla Centro. Nel 2014, a seguito dell'abolizione delle circoscrizioni per i nuovi limiti imposti dalla legge 191/2009, la Giunta Del Bono riattivò i consigli di quartiere come organo di decentramento comunale. Le prime elezioni del nuovo organismo si tennero il 14 ottobre di quell'anno. Tra il 2020 e il 2021, il settore di via Milano di competenza di Fiumicello è stata oggetto di una riqualificazione urbanistica. Chiesa di Santa Maria Nascente Il quartiere appartiene alla parrocchia dedicata a Santa Maria Nascente della diocesi cattolica di Brescia. In via Milano è presente la cappella della Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni Nel quartiere sono presenti la scuola secondaria di primo grado "Romanino", in via Carducci, e l'Istituto professionale "Fortuny", in via Berchet. Al confine con il quartiere Primo Maggio, sulla ferrovia Brescia-Iseo-Edolo, sorge la stazione di Brescia Borgo San Giovanni. Il quartiere è capolinea dell'autolinea 12, diretta a San Polo Cimabue, della rete di trasporti urbani, ed è servito altresì dalle autolinee 2 (Pendolina-Chiesanuova), 3 (Mandolossa-Virle) e 9 (Villaggio Violino-Buffalora). Gianpiero Belotti, Mario Baldoli, Una corsa lunga cent'anni - Storia dei trasporti pubblici di Brescia dal tram a cavalli al progetto Metrobus, Brescia, Fondazione Civiltà Bresciana, 1999. Lisa Cesco, Diego Serino, 30 anni di partecipazione: l'esperienza delle circoscrizioni a Brescia. Circoscrizione ovest, Brescia, Comune di Brescia, 2010. Maurillio Lovatti, Marco Fenaroli, Governare la città. Movimento dei quartieri e forze politiche a Brescia 1967-77, Brescia, Nuova ricerca editrice, 1978. Le elezioni dei Consigli di Quartiere a Brescia nel 2014 (PDF), su comune.brescia.it. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Fiumicello

Porta Milano (Brescia)
Porta Milano (Brescia)

Porta Milano è un quartiere di Brescia. I confini del quartiere sono delimitati a nord da via Volturno, a ovest da via Industriale e da via Stoppani, a sud da via Cassala e via Giovanni Tempini, a est da via Fratelli Ugoni e da via Tartaglia. Il territorio è pianeggiante ed è attraversato dal fiume Grande, che scorre perlopiù tombinato, e dal Garzetta, derivazione del torrente Garza. Il toponimo è di origine moderna e fa riferimento a una delle denominazioni della porta d'accesso occidentale delle mura venete di Brescia: già Porta San Giovanni, quindi Porta Milano. L'area occupata dal quartiere in epoca cinquecentesca era disabitata in quanto facente parte della spianata che l'amministrazione della Repubblica di Venezia aveva adottato, dopo il 1517, a difesa della città. Il limite occidentale della spianata era posto nei pressi dell'attuale incrocio fra via Milano, via Luciano Manara e via Villa Glori, a est del quale sorse il Borgo San Giovanni, che dal 1972 fa parte del quartiere di Fiumicello. A partire dal 1610, l'area della spianata fu riservata alla Fiera, che tradizionalmente si teneva ogni agosto, per cui fu identificata come "Campo Fiera". In seguito fu avviato anche il mercato del bestiame. All'inizio del Novecento, l'area di Campo Fiera fu coinvolta in un processo di progressiva urbanizzazione, che cominciò con la costruzione di case operaie e si concluse con l'apertura della caserma della Guardia di Finanza durante gli anni dell'amministrazione fascista. Nel 1815 ebbero inizio i lavori di costruzione del Cimitero monumentale di Brescia, che assecondava la normativa del regno napoleonico del 1806. L'ingresso del cimitero era posto sull'attuale via Vantini, che proseguiva verso l'attuale via Morosini, ma negli anni Venti fu portato verso via Milano, comportando di conseguenza l'abbattimento della chiesa di Santa Maria della Fiera. A fine Ottocento, l'area meridionale di Campo Fiera fu coinvolta in un processo di urbanizzazione, favorita dalla presenza delle ferrovie Milano-Venezia e Brescia-Iseo a sud e dalle forze idrauliche del fiume Grande e del Garzetta. Dismessa negli anni Ottanta, da allora è oggetto da interventi di riqualificazione, non ancora completati, appartenenti al progetto del "Comparto Milano". Il quartiere fu istituito a seguito della delibera del consiglio comunale di Brescia del 28 luglio 1972 che suddivideva il territorio comunale in 30 aree, dopo che negli anni precedenti si era assistito alla nascita di forme spontanee di rappresentanza, i cosiddetti "comitati di quartiere", presso alcune aree della città. Il consiglio di quartiere di Porta Milano fu eletto per la prima volta il 12 giugno 1974. Tre anni dopo, il consiglio comunale approvò il regolamento predisposto dalla Giunta Trebeschi per l'attuazione delle circoscrizioni secondo quanto stabilito dalla legge 278/1976. Porta Milano fu assegnato alla Quarta circoscrizione, assieme ai quartieri di Fiumicello e Urago Mella. Con la riforma voluta dalla Giunta Corsini, il quartiere fu invece assegnato alla Circoscrizione Centro. Nel 2014, a seguito dell'abolizione delle circoscrizioni per i nuovi limiti imposti dalla legge 191/2009, la Giunta Del Bono decise di riattivare i consigli di quartiere: le prime elezioni del nuovo organismo si tennero il 14 ottobre. Cimitero monumentale di Brescia, sorto su progetto di Rodolfo Vantini. All'interno dell'area comunale sorge la parrocchia del Sacro Cuore di Gesù, appartenente alla diocesi cattolica di Brescia. Il quartiere è servito dalla linea 3 (Mandolossa - Rezzato) e dalla linea 9 (Villaggio Violino - Buffalora) della rete di trasporti urbani. Presso piazzale Beccaria, già parcheggio dell'Iveco, si trova il capolinea della linea 18, diretta alla Bornata. Lisa Cesco, Diego Serino, 30 anni di partecipazione: l'esperienza delle circoscrizioni a Brescia. Circoscrizione Centro, Brescia, Comune di Brescia, 2010. Maurillio Lovatti, Marco Fenaroli, Governare la città. Movimento dei quartieri e forze politiche a Brescia 1967-77, Brescia, Nuova ricerca editrice, 1978. Le elezioni dei Consigli di Quartiere a Brescia nel 2014 (PDF), su comune.brescia.it. URL consultato il 19 dicembre 2020 (archiviato dall'url originale il 13 giugno 2022). Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Porta Milano

Centro sportivo San Filippo
Centro sportivo San Filippo

Il centro sportivo San Filippo è un impianto sportivo polifunzionale sito a Brescia, che comprende un palazzetto dello sport, tre campi da calcio a 11, due campi da calcio a 7, un campo da calcio a 6, un campo da calcio a 5, tre campi da tennis in sintetico, un campo da tennis in terra rossa, una piscina coperta, una piscina estiva all'aperto e altre strutture minori Il centro ospita le sedi del Brescia Basket Leonessa, del C.O.N.I., e di 17 Federazioni Sportive. Ha inoltre ospitato la sede del Brescia Calcio fino all'estate del 2018. Il palazzetto è la struttura predominante per dimensione, e costituisce il corpo centrale del centro sportivo. È sovrastato da una struttura in volta di legno lamellare, con pavimentazione in parquet. Ha una superficie di 2.400 m2. La planimetria è composta da 4 tribune, due fisse e due estendibili, ed è omologata per una capienza di 2.400 unità. È prevista una futura realizzazione dell'aumento della capienza fino a 3.500 posti. Ospita le gare interne della Pallamano Brescia, società che partecipa alla Serie A2 di Pallamano e della Icaro Basket Brescia, società che partecipa alla Serie B di Pallacanestro in carrozzina. In passato ha ospitato le gare del Basket Brescia, e della Pallavolo Brescia, e più recentemente del Basket Brescia Leonessa. Quest'ultima vi ha giocato fino ai Gara 2 dei quarti di finale play-off di Serie A2 2015/2016, mentre ha disputato Gara 5 dei quarti di finale al PalaRadi di Cremona, e le semifinali e le finali al PalaGeorge di Montichiari. Questa struttura è sede anche di concerti nazionali ed internazionali. In passato, tra quelli nazionali si possono ricordare quelli di Laura Pausini, Max Pezzali, Pino Daniele; tra quelli internazionali si ricorda quello del gruppo metal dei Manowar. Il centro sportivo permette lo svolgimento di molte attività tra cui calcio, tennis e nuoto. Nei campi da calcio a 11 hanno luogo le partite casalinghe della squadra primavera del Brescia Calcio, oltre alle partite casalinghe dell'Urago Mella, Società dell'omonimo quartiere cittadino che partecipa alla L.N.D. di Calcio a 11. Sito ufficiale, su sanfilippo.it.

Omicidio dei coniugi Donegani

L'omicidio dei coniugi Donegani è un caso di duplice omicidio in cui furono vittime i coniugi Aldo Donegani, 77 anni, e Luisa De Leo, 61 anni. I due scomparvero dalla città natale, Brescia, il 1º agosto 2005 e se ne persero le tracce per oltre due settimane, fino a quando i loro cadaveri vennero rinvenuti fatti a pezzi e chiusi in sacchi della spazzatura in una zona boschiva impervia in Val Paisco, al confine tra le province di Bergamo e Brescia, il 17 agosto 2005. Dalle salme mancavano le teste, che furono ritrovate circa un anno dopo, quella del marito il 4 febbraio 2006 e quella della moglie il successivo 16 novembre, in entrambi i casi nei boschi attorno al comune di Provaglio d'Iseo. Le indagini si appuntarono su uno dei nipoti della coppia, Guglielmo Gatti, che viveva nella stessa casa degli zii; arrestato il giorno stesso del ritrovamento dei corpi, si professò innocente. Rinviato a giudizio sulla base di vari indizi e testimonianze, fu condannato all'ergastolo; l'iter processuale si concluse nel 2009. Non è mai stato effettivamente chiarito il movente. Il 1º agosto 2005 l'appuntato Luciano De Leo, 35enne carabiniere in servizio presso la stazione di Castelfidardo, in provincia di Ancona, si recò a casa degli zii, Aldo Donegani e Luisa De Leo, che l'avevano invitato a trascorrere qualche giorno di ferie in loro compagnia. A mezzogiorno il carabiniere suonò al campanello della casa di famiglia, una villetta a due piani degli anni '60 ubicata al civico 15 di via Ugolino Ugolini a Brescia, nell’Oltremella, senza ottenere risposta. Preoccupato, De Leo suonò al piano superiore, ove viveva per conto proprio un altro nipote della coppia, Guglielmo Gatti, 41enne disoccupato, personaggio schivo, solitario e riservato, da tempo studente fuori corso di ingegneria al Politecnico di Milano; Gatti era però fuori casa e aveva lasciato sul citofono un biglietto con scritto "torno dopo le 17". Raggiunto telefonicamente, disse di non sapere cosa potesse essere successo e di non vedere gli zii da qualche giorno. Di lì a poco tornò alla villa e, insieme a De Leo, provò ad aprire la porta di casa Donegani, che era però chiusa a chiave. Dopo aver tentato vanamente un contatto tramite il cellulare, che risultò staccato, i due allertarono i vigili del fuoco, i quali fecero irruzione nell'appartamento del pianterreno: al suo interno non c'era nessuno e tutto sembrava perfettamente in ordine, senza alcun oggetto mancante. Ugualmente nel garage si trovavano l'autovettura Renault Clio e le biciclette usate dai due coniugi. Gatti e De Leo si recarono quindi alla stazione dei Carabinieri di Brescia-San Faustino, dove sporsero denuncia di scomparsa, dando inizio alle indagini. Gli inquirenti, sotto la guida del sostituto procuratore Claudia Moregola, determinarono che la scomparsa dei coniugi dovesse risalire almeno a domenica 31 luglio, data alla quale risalivano le ultime testimonianze oculari (già discordanti) della loro presenza in città, segnatamente per seguire la messa presso la parrocchia di Sant'Antonio in via degli Antegnati; i vicini di casa e i negozianti presso i quali erano soliti far compere li avevano invece visti l'ultima volta il giorno prima, sabato 30 luglio, e lo stesso valeva per il nipote Luciano, che li aveva sentiti al telefono alle 11:39. A chi aveva parlato con loro, i coniugi avevano detto di attendere visite e di avere alcuni appuntamenti programmati per la settimana entrante. La pista di un allontanamento volontario, pur avvalorata da alcuni dettagli (l'assenza in casa del mazzo di chiavi principale - era rimasto quello di scorta - e la testimonianza di un amico di famiglia che asseriva di aver raccolto una loro confidenza di tale tenore), era in contrasto con la presenza nella dimora sia dell'auto e delle bici, sia di alimenti deperibili (avanzi di sugo e pasta nel forno, vari vasetti di yogurt in frigorifero), sia anche alla luce del fatto che i coniugi fossero da poco rientrati dalla loro consueta villeggiatura a San Benedetto del Tronto, dove si recavano ogni anno. Inoltre, nessun messaggio era stato lasciato dentro l'appartamento e, a differenza delle altre volte in cui mancavano da casa, i Donegani non avevano dato alcuna disposizione ai vicini riguardo la cura del giardino di casa e il ritiro della posta. Luisa De Leo, nondimeno, era impegnata quasi tutti i giorni come volontaria alla già citata parrocchia di Sant'Antonio, per la quale si occupava, a turno con altri, di gestire il bar; non aveva dato nessuna indicazione ai "colleghi" riguardo eventuali salti di turno. Infine il cellulare che i due utilizzavano risultava del tutto irrintracciabile, come se fosse spento. Si ipotizzò pertanto che i due potessero essere incorsi in un qualche incidente mentre compivano una breve escursione: via Ugolini non è infatti distante da vari percorsi ciclopedonali che portano verso le campagne e le colline dell'hinterland bresciano, e i Donegani ne erano assidui frequentatori. Al nipote Guglielmo Gatti era inoltre intestata una seconda casa all'Aprica, nella quale ugualmente si recavano e dove probabilmente sarebbero andati ai primi di agosto insieme all'altro nipote carabiniere, che però definì impossibile l'ipotesi che potessero essere partiti prima del suo arrivo a Brescia senza dirgli nulla. Le ricerche in tal senso (anche nei fiumi e dragando lo stagno della Fantasina) non diedero esito. L'altra pista conduceva allo scenario di un'azione delittuosa, ipotesi per la quale era però difficile individuare un movente plausibile, a cominciare da quello venale, poiché da casa non mancava alcun articolo di valore e i coniugi non erano particolarmente benestanti: Donegani era un ex operaio metalmeccanico e De Leo una casalinga; dall'esame del loro conto corrente non emerse alcun movimento sospetto. I due inoltre avevano molte amicizie ed erano generalmente molto benvoluti nella loro zona. Un particolare interessante in tale ottica era che Donegani, all'insaputa dei più, collezionasse armi da fuoco: i "pezzi" rinvenuti nella villa erano tutti regolarmente dichiarati e le analisi non evidenziarono un loro utilizzo da parte del padrone di casa. Dalle indagini emerse però che dalla collezione mancavano tre pistole, denunciate alle autorità nel 1975, ma probabilmente esse erano solo state cedute a terzi, omettendo di darne comunicazione a chi di dovere. Fin da subito gli inquirenti ascoltarono ripetutamente e lungamente Guglielmo Gatti, che ostentava un atteggiamento calmo e misurato, ribadendo sia a loro che ai cronisti che seguivano la vicenda di non sapersi spiegare la sparizione degli zii. Iniziarono anche i rilievi nella villetta di via Ugolini, durante i quali fu da un lato riscontrata l'assenza di alcuni vestiti, delle carte d'identità e della macchina fotografica utilizzata dai coniugi, ma d'altronde fu rinvenuto (spento e scarico) il cellulare che era stato vanamente cercato con i sistemi di tracciamento; apparentemente però non si manifestò alcun elemento dirimente per la risoluzione della vicenda. Attorno a Ferragosto 2005 un residente a Corteno Golgi, comune della Val Camonica, informò i Carabinieri che il 1º agosto, attorno alle 15:30, mentre era in macchina col figlio 14enne sulla strada del passo del Vivione, una vettura Fiat Punto blu (modello di macchina detenuto da Guglielmo Gatti) proveniente in direzione opposta alla loro li aveva sfiorati ad alta velocità, rischiando di causare un incidente. Il ragazzino, in particolare, riconobbe nell'autista il nipote dei Donegani, affermando di averlo visto pallido, sudato e trafelato. Le ricerche vennero quindi potenziate nella zona e il 17 agosto, durante un giro di perlustrazione, alcuni uomini del Corpo Forestale dello Stato e del Soccorso Alpino rinvennero lungo la scarpata di un vallone profondo circa 400 metri in Val Paisco (laterale della Val Camonica, tra la bergamasca e il bresciano), poco lontano dal Vivione, una decina di sacchetti della spazzatura, dentro cui erano chiusi i resti smembrati di due cadaveri in avanzato stato di decomposizione. Poco discoste, furono trovate delle cesoie imbrattate di sangue e alcune buste della spesa compatibili con gli acquisti fatti dai due coniugi prima di sparire. Appena le salme, da cui mancavano le teste (trovate poi altrove diversi mesi dopo da dei cercatori di funghi), furono identificate come appartenenti a Aldo e Luisa Donegani, la Procura della Repubblica di Brescia mise sotto indagine Guglielmo Gatti per duplice omicidio premeditato, vilipendio e occultamento di cadavere, disponendone l'immediata custodia cautelare in carcere. Ad incastrare il nipote intervennero alcuni elementi: oltre alla testimonianza dell'automobilista e del figlio lungo il passo del Vivione, una vicina di casa dei Donegani disse di aver sentito dei rumori sospetti la notte del 30-31 luglio, di essersi affacciata e di aver visto Guglielmo Gatti in giardino, che l'aveva tranquillizzata. Un'albergatrice di Breno, sempre in Val Camonica, affermò di avergli dato una camera la notte seguente, ma di non averlo registrato dal momento che era arrivato molto tardi per poi ripartire molto presto. Nondimeno, nell'appartamento di Gatti, al piano superiore di via Ugolini, fu altresì ritrovato lo scontrino della spesa fatta dagli zii al sabato e una nuova ispezione alla villa, eseguita con l'ausilio del luminol, evidenziò nel garage in uso al nipote la presenza di amplissime tracce di sangue ripulite, fino a un'altezza di un metro da terra, tali da far ritenere che quella stanza fosse stata l'effettiva scena del crimine; residui ematici furono anche repertati nell’autovettura e su una scarpa di Gatti. I cugini del ramo materno dissero altresì che da quel vano, il giorno della denuncia della scomparsa, proveniva un forte odore di candeggina. Gli inquirenti ricostruirono così la dinamica dei fatti: attorno a mezzogiorno di sabato 30 luglio Gatti avrebbe avvelenato gli zii, o quantomeno somministrato loro un narcotico, per poi trasportarli nel box e lì dissezionarli (forse prima ancora che fossero clinicamente morti) con le cesoie. Completata l’operazione e ripulito l’ambiente dal sangue, l’indomani avrebbe caricato i resti in macchina e si sarebbe diretto verso il passo del Vivione per sbarazzarsene, fermandosi poi a dormire a Breno. Il 1º agosto avrebbe quindi fatto rientro a Brescia, venendo frattanto raggiunto dalla telefonata di Luciano De Leo, non prima però di essersi fermato in un autolavaggio a pulire la macchina. Dal canto proprio, Gatti si dichiarò innocente e vittima di un tentativo di "incastrarlo", negando di essere mai stato in Val Camonica in quei giorni, sostenuto in ciò da parte della sua stessa famiglia e da alcuni giornali che misero in evidenza la presenza di incongruenze e lacune nel sistema accusatorio. La difesa, nella persona dell'avvocato Luca Broli, chiese il rito immediato: il processo si aprì a metà 2006 dinnanzi alla Corte d'assise di Brescia e il 16 maggio 2007 Guglielmo Gatti fu riconosciuto colpevole e condannato all'ergastolo con tre anni d'isolamento diurno. La sentenza fu confermata in Appello il 20 giugno 2008 e infine dalla Cassazione il 12 febbraio 2009. Nelle motivazioni, pur non essendo possibile individuare un sicuro movente, i giudici ipotizzano che Gatti potesse aver sfogato nel crimine il rancore e l'invidia accumulati nei confronti dell'esistenza varia e attiva degli zii e coinquilini, specie a riscontro della sua vita monotona e solitaria. Pur non avendo mai smesso di professare la propria innocenza, Guglielmo Gatti (che sconta l'ergastolo presso il carcere di Opera, dedicandosi perlopiù allo studio e alla gestione della biblioteca interna al penitenziario) ha rifiutato negli anni le proposte dei suoi legali di chiedere una revisione del processo; nel 2019 bensì chiese di poter accedere all'indulto, ma l'istanza fu respinta. Nel 2021 ha usufruito per la prima volta di alcuni benefici al regime detentivo. Dal momento che la condanna escluse Gatti dalla possibilità di ereditare dagli zii, la villetta di via Ugolini a Brescia entrò in un "limbo", poiché per diversi anni non fu chiaro se fosse passata alla famiglia De Leo o al Demanio. Essa rimase così sostanzialmente disabitata per oltre 11 anni, nonostante alcuni tentativi di venderla, anche solo parzialmente, all'asta per racimolare almeno parte del risarcimento che il nipote era stato condannato a corrispondere al resto della famiglia; l'incuria fece crescere una rigogliosa vegetazione infestante in giardino. Nel 2016 lo stabile fu altresì soggetto a un'occupazione abusiva perpetrata da alcune associazioni e centri sociali, che fecero sistemare al piano rialzato una famiglia sfrattata dalle case popolari; l'intrusione si concluse dopo pochi giorni allorché vennero staccate le utenze di metano, elettricità e acqua alla casa. Otto persone furono rinviate a giudizio con le accuse di occupazione abusiva aggravata, danneggiamento e riunione senza preavviso al Questore; il processo si concluse nel 2023 con l'assoluzione di 6 imputati per non aver commesso il fatto, mentre per gli altri 2 intervenne la prescrizione. La completa cessione dell'immobile a terzi è stata infine perfezionata nel 2017 e nel 2023 la dimora è stata sottoposta a una consistente ristrutturazione. Rita Di Giovacchino, Delitti privati. Trent'anni di omicidi in famiglia: da Maso a Erika e Omar, dai Carretta a Tullio Brigida, dal piccolo Tommy alla strage di Erba, Roma, Fazi Editore, 2007, ISBN 978-88-8112-762-7. Enzo Biagi, Quello che non si doveva dire, Milano, Rizzoli, 2006, ISBN 88-486-0364-5. Giorgio Dell'Arti, Aldo Donegani, 77 anni e la moglie Luisa De Leo, 61, mancano da casa da sabato, su Cinquantamila.it, Bcd Srl, 11 nov 2016. URL consultato il 21 nov 2023.