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Chiesa di San Lorenzo a Pizzidimonte

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Pizzidimonte 6
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La chiesa di San Lorenzo a Pizzidimonte si trova a Prato. Sorge sulla vecchia via di Travalle o Mugellese ed ha tracce dell'originaria struttura duecentesca, portico e campanile a torre (1810). L'interno, di piacevole aspetto sei-settecentesco, ha cantoria su pilastri in controfacciata; nel coro è posta una notevole tavola con la Madonna, il Bambino e santi (1600 circa), attribuita al Passignano, mentre su un altare laterale è la tela col Martirio di san Lorenzo (1800) di Domenico del Potestà. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Lorenzo Fonte: scheda nel sito della Diocesi di Prato, su diocesiprato.it (archiviato dall'url originale il 21 dicembre 2012). Fonte: scheda nel sito della Diocesi di Prato, su diocesiprato.it (archiviato dall'url originale il 21 dicembre 2012). http://www.parrocchie.it/prato/sanlorenzo/ https://www.loquis.com/it/loquis/419673/Chiesa+di+San+Lorenzo+a+Pizzidimonte

Estratto dall'articolo di Wikipedia Chiesa di San Lorenzo a Pizzidimonte (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Chiesa di San Lorenzo a Pizzidimonte
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Chiesa di San Lorenzo a Pizzidimonte

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Pizzidimonte 6
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Luoghi vicini

Chiesa di Santa Maria delle Grazie (Calenzano)
Chiesa di Santa Maria delle Grazie (Calenzano)

La chiesa di Santa Maria delle Grazie è un luogo di culto cattolico di Calenzano, situato nella frazione Nome di Gesù. Il particolare "incarico" di costruire una chiesa nella frazione Nome di Gesù di Calenzano fu dato nel 1953 da San Pio da Pietrelcina a Giovanni Bardazzi (Prato, 25 ottobre 1908 – Prato, 7 dicembre 1997), militante del PCI convertitosi nel 1949. Nel 1957 fu edificata una cappella che poteva contenere circa cinquanta persone, dal costo di circa venti milioni di lire; essendo la struttura insufficiente in quanto a capienza – e sempre dietro suggerimento del santo – a partire dall'11 luglio 1960 iniziarono i lavori di ampliamento, che diedero vita a un'ampia chiesa a navata unica, in stile neorazionalista, consacrata dall'arcivescovo di Firenze Ermenegildo Florit il pomeriggio del 7 dicembre dello stesso anno. Nel 1968 la parete posteriore all'altare è stata abbellita da un mosaico che riproduce, seppur in dimensioni minori, quello presente nella chiesa omonima di San Giovanni Rotondo. Divenuta sede parrocchiale nel 1986, negli anni seguenti la struttura ha ricevuto ulteriori ampliamenti; tra i principali: il rifacimento dell'area antistante la chiesa – con l'aggiunta di una statua dedicata a Padre Pio – nel 1989; la creazione di un nuovo sagrato in stile neorinascimentale, in occasione del Giubileo del 2000; il rosone, aperto sulla fronte della chiesa, realizzato nel 2000 su disegno di Ermella Cintelli Molteni, la stessa artista che ha scolpito le quattordici formelle della Via Crucis (inaugurata il 7 dicembre 2005); l'inaugurazione, nel 2010, di un'ampia cappella dedicata a San Pio, posta a destra dell'altare. La cappella contiene alcune reliquie del santo, tra cui un quadro raffigurante la Vergine da lui benedetto appositamente per la chiesa, e una preziosa icona di provenienza russa. Alla parrocchia è annessa anche la gestione della chiesa di Santa Maria a Travalle. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Santa Maria delle Grazie Sito ufficiale della parrocchia, su santamariacalenzano.it. URL consultato l'8 giugno 2022. Scheda della parrocchia, su diocesifirenze.it. URL consultato l'8 giugno 2022.

Villa Peragallo
Villa Peragallo

Villa Peragallo, è una dimora signorile situata in via del Castello 48 a Calenzano. Nei primissimi anni del Novecento, Giuseppe Targioni incarica il giovane architetto fiorentino Enrico Dante Fantappiè della costruzione della nuova grande villa, contornata da un consistente e pregiato parco, ma la cui realizzazione, che si svolge tra il 1905 e il 1907, resta però interrotta, tanto che il complesso si presenta a tutt'oggi incompleto. Già all'inizio dell'800 al posto dell'edificio attuale sorgeva la residenza chiamata "villa Matilde", di proprietà dei Frittelli, una famiglia che all'epoca possedeva diverse case e terreni nella zona. Da loro la comprarono i Targioni alla fine del secolo. All'intervento prendono parte, in stretta collaborazione con l'architetto, anche gli artisti Annibale Brugnoli, Giulio Bargellini e Ezio Giovannozzi, tra i migliori che operano a Firenze in quegli anni. Si provvide anche a installare un impianto autonomo per la produzione di elettricità che serviva a illuminare la villa e il parco, almeno dieci anni prima che a Calenzano arrivasse la luce elettrica. Verso il 1915, quando le fortune economiche dei Targioni declinarono, il complesso di edifici fu venduto al Commendatore e Grande Ufficiale del Regno Cornelio Peragallo. Di origine genovese, da anni risiedeva a Roma, per curare i suoi interessi come azionista della Banca d'Italia in via Nazionale, strada dove viveva accanto ai parenti conti Ginanni Fantuzzi, e già Presidente dell'Istituto Nazionale di Credito Edilizio (rif. Annuario banche e banchieri: https://www.google.it/books/edition/Annuario_delle_banche_e_banchieri_d_Ital/WNNdDElGgDUC?hl=it&gbpv=1&dq=cornelio+peragallo+banca+nazionale+del+lavoro&pg=PA906&printsec=frontcover Negli anni tra le due guerre Villa Peragallo visse il suo periodo di massimo splendore. Con il suo parco scenografico faceva da cornice a feste paesane in costume, come la Festa dell'Uva o a processioni religiose come quella delle Quarantore. Nei mesi del passaggio del fronte venne occupata dalle truppe tedesche che la usarono come comando militare. Passata al figlio di Cornelio, il musicista Mario Peragallo e alla moglie contessa Fiora Ginanni Fantuzzi prematuramente scomparsa nel 1979 e da allora nessun familiare ha avuto più piacere di soggiornarvi. A partire dalla metà del secolo scorso iniziò per la villa un lento ma inesorabile declino. Abitata sporadicamente, solo in estate, è disabitata dagli anni '80, periodo in cui si verificarono alcuni furti nelle stanze interne. Questi fatti indussero i proprietari a trasferire in altre residenze le argenterie e parte del mobilio, soprattutto nella villa di famiglia a Roma, in via Vipiteno traversa di Via Cortina D'Ampezzo accanto al conduttore Rai Piero Angela. Dalla morte di Mario Peragallo, nel 1996, la mancanza di manutenzione fa sentire tutto il suo peso e i segni del passaggio del tempo sono evidenti, in particolare nel teatrino privato e sui muri perimetrali esterni. Tanto che si è dovuto provvedere a puntellarne dei tratti che erano a rischio di crollo. La natura sta lentamente prendendo il sopravvento sulle strutture del parco, conferendo a tutto l'insieme un particolare ma triste fascino di decadenza. Attualmente tutto il complesso architettonico è in vendita per una cifra che si aggira intorno ai dieci milioni di Euro. La villa nell'Aprile 2020 è stata venduta ad un medico statunitense per la cifra indicata (fonte: https://primafirenze.it/cronaca/dopo-anni-di-abbandono-e-stata-acquistata-villa-peragallo/ Situato in posizione panoramica, nella zona più alta del centro storico di Calenzano, l'edificio è corredato da una serie di annessi, una grotta artificiale, casini, scuderie, e torrini, che si dispongono su terrazzamenti a verde lungo i pendii del vastissimo parco, con arredi in stile manierista. In stile decisamente floreale invece sono gli elementi più minuti come le ringhiere o i grandi cancelli in ferro. L'elemento più caratteristico sotto l'aspetto ambientale è costituito senz'altro dalla galleria che passa sotto a via del Castello. Collocata nel punto più alto, la villa -affiancata dalla cappella, da un lato, e, dall'altro, dal teatrino- si affaccia sul piazzale con la grande vasca e sulla piana in direzione della città. Il complesso è costituito da un insieme di edifici caratterizzati da diversi stili architettonici: dalla villa padronale - che denuncia in facciata richiami manieristici non disgiunti da contenuti influssi liberty - alla cappella - che si riallaccia ai partiti architettonici della vicina villa. Il teatro si ispira invece alla tradizione classicista nell'impianto planimetrico e di facciata, che mostra diversi dettagli ornamentali di gusto floreale.Infine le serre, costituite da due corpi di fabbrica distinti ma collegati da un imponente arco trionfale, e i due villini, situati rispettivamente in corrispondenza dell'ingresso da sud (via del Castello) e dell'uscita del sottopasso che collega le due parti del parco (via Mascagni). Il primo dei due rappresenta un interessante esempio di architettura neo-medievalista, con torretta non priva di dettagli ornamentali di gusto liberty; il secondo è caratterizzato dallo stesso stile medievalista, con un vasto repertorio trecentista (bifore, trifore, colonnine, merlature). La villa padronale presenta un impianto planimetrico a blocco compatto e simmetrico, con ingresso e scalone centrale e, ai due lati, gli ambienti disposti in serie. Sulla scenografica facciata principale, la zona centrale, a tre assi, è avanzata e coronata da una torre orologio, mentre le membrature architettoniche si richiamano al lessico manierista. La sistemazione architettonica degli interni è prevalentemente improntata al gusto floreale e liberty ed è caratterizzata dalla perfetta integrazione tra arredo fisso e decorazione pittorica e a stucco che copre pareti e soffitti. Ogni stanza costituisce un organico ambiente in cui l'arredo fisso, l'apparato decorativo e il mobilio sono progettati ad hoc secondo un tema diverso, un episodio del racconto mitologico o un'allegoria, che fa da filo conduttore unificante l'intero allestimento. Così in ogni stanza si svolge un completo ciclo tematico attraverso un apparato costituito dal soffitto decorato da affreschi o da soffitti, zoccolature, pannellature e pavimentazioni in legno, fino ai lampadari, tutti coordinati figurativamente, cromaticamente e matericamente. Al piano terreno si trovano le sale di soggiorno e rappresentanza: la sala da pranzo - con soffitto ligneo dipinto da Annibale Brugnoli - la biblioteca, la sala da musica - con soffitto dipinto da Giulio Bargellini - la sala da fumo - di gusto orientaleggiante - il biliardo e i locali accessori - office, cucina, dispense. In cima alle scale, dal ballatoio si dipartono due corridoi, che corrono parallelamente alla facciata, di distribuzione alle camere da letto, per la maggior parte singole, tranne un paio più grandi. Tra questi ambienti si segnala la sala da bagno con raffinatissimi affreschi floreali dipinti da Ezio Giovannozzi, del 1906. Oggi, dopo ripetuti episodi di furti verificatisi negli ultimi anni, parecchi degli arredi sono stati dai proprietari spostati altrove e non sono pertanto più visibili nella loro originaria collocazione. La cappella, con pianta a croce greca è coperta da una cupola a otto spicchi con intradosso affrescato. La facciata è preceduta da un piccolo pronao coronato da un timpano, con una lunetta soprastante l'ingresso decorata da un bassorilievo. Un restauro avvenuto nella prima metà degli anni '80 ne ha recuperato le pavimentazioni e le finiture parietali originali. Il teatrino si presenta, invece, oggi in completo in degrado a causa dei danni di guerra e del prolungato disuso. Pesanti sono soprattutto i danni alle strutture di copertura che hanno provocato danneggiamenti alle murature. Il volume complessivo è piuttosto regolare e qualificato soprattutto dal trattamento decorativo. Il fronte principale è scandito da quattro colonne binate con statue di figure femminili, attribuite al Burchi, mentre l'interno presenta pregevoli motivi ornamentali in stucco, con ghirlande, tralci e palmette. A Giulio Bargellini risultano attribuiti i cartoni per le vetrate. Del soffitto ligneo che originariamente copriva la sala resta la parte inferiore con tracce di affreschi. Il complesso si segnala come uno tra i più consistenti esempi, in Toscana, di architettura eclettica e, limitatamente agli interni, più propriamente liberty. La recente revisione critica, effettuata con sistematicità di scala e di metodo, ne riconosce il ruolo non secondario all'interno della discontinua produzione liberty toscana. Carlo Cresti, Firenze 1896-1915. La stagione del Liberty, Firenze 1978; Carlo Cresti, 1987, Toscana R. Bossaglia (a cura di), Archivi del Liberty italiano, Milano 1987, pp. 287–314; Cozzi, M., Carapelli, G., 1993, Edilizia in Toscana nel primo Novecento, Firenze. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Peragallo Architetture del '900 in Toscana, su web.rete.toscana.it.

Gonfienti
Gonfienti

Gonfienti è un sito archeologico nell'omonima frazione di Prato, con i resti di un'antica città etrusca estesa per circa 17 ettari fra il fiume Bisenzio, il torrente Marinella e i monti della Calvana, ai margini del bacino lacustre-fluviale Firenze-Prato-Pistoia. Gli scavi sono stati avviati tra il 1996 e il 1997. Risalente alla fine del VII secolo a.C., la città etrusca presso Gonfienti costituiva il baricentro dell'importante via di comunicazione tra l'Etruria centrale e l'Etruria padana ed aveva pianificato l'intera piana tra Firenze e Agliana. Abbandonata intorno alla fine del V secolo a.C. per ragioni ancora ignote, viene riconosciuta come una delle principali città etrusche dell'epoca arcaica, testimoniata dall'importanza dei reperti finora riemersi da scavi ancora nella sua fase iniziale, come le ceramiche attiche di grande pregio recuperate, fra le quali la kylix attribuita a Douris, artista greco attivo ad Atene, tra il 500 e il 475 a.C. La città, anche se intuibile solo parzialmente per la rapida urbanizzazione nella sua area, era quasi certamente collegata commercialmente a Kainua-Marzabotto al fine di favorire gli scambi attraverso l'Appennino, lungo la direttrice che collegava le città di Spina e Pisa nel corso del VI-V secolo a.C. fino a decadere quasi improvvisamente al termine del V secolo a.C., per circostanze ancora non chiare. A seguito della sua scomparsa non si hanno tracce documentarie ma possiamo ipotizzare con buona probabilità che gli stessi abitanti abbiano provveduto a spostarsi in aree più protette, dove la difesa da attacchi esterni (i celti dal nord) sarebbe stata maggiormente garantita. In effetti la città, che non disponeva di mura, si sviluppò partendo da un progetto di pianificazione che sembrerebbe anticipare la struttura delle città ippodamee, fattore reso possibile per la stabilità che si era venuta a creare nell'Etruria Settentrionale nell'arco temporale che separa la battaglia contro i greci focesi (540 a.C.) e la conquista di Veio (396 a.C.) da parte di Roma, ed il conseguente spostamento verso nord del tradizionale baricentro etrusco dell'area meridionale della Toscana. Le aree in questione potevano essere state Artimino, Fiesole e, anche se parzialmente perché più lontana, ma sulla stessa direttrice geografica, Volterra, che nel secolo successivo ampliarono o costruirono la loro cerchia muraria a seguito di un imponente sviluppo demografico. Infine la piana fu abitata dai Romani (vi passava la via Cassia, nel tratto che collegava Firenze con Pistoia, sulla via per Luni). Gli storici hanno collocato nei pressi dell'antica città etrusca la mansione "Ad Solaria" della antica Via Cassia, e riportata nella celebre Tavola Peutingeriana. Recentemente è stata avanzata l'ipotesi (basandosi su alcuni toponimi della zona) che questa possa essere la mitica Camars , che spesso invece è identificata con la latina Clusium, patria del re Porsenna, ovvero Chiusi. In effetti la città aveva assi viari ben pianificati (indicanti quindi una presenza costante nel territorio di genti etrusche), con una strada di oltre dieci metri di larghezza e un'estensione notevole (sono circa 30 gli ettari sottoposti a vincolo dalla soprintendenza). All'interno di essa è stata rinvenuta una "domus" di circa 1440 m² (la più grande dell'Italia antica, prima della Roma Imperiale), sviluppata sul modello delle ville pompeiane (ma di alcuni secoli precedente) con una rete di canali idrici ancora in parte funzionanti e un'eccezionale quantità di ceramiche greche a figure rosse e nere, su cui spicca una kylix attribuita a uno dei più importanti artisti greci del V secolo, Douris e delle pregevoli antefisse a figure femminili. Indizi sull'esistenza in loco di una città etrusca erano già stati ipotizzati nel corso del XVIII secolo, quando vennero raccolti svariati reperti di quell'epoca (tra cui il cosiddetto "offerente" esposto al "British Museum"), suggerendo per essa il nome di Bisenzia, una mitica città etrusca scomparsa secoli fa e citata da locali letterati rinascimentali. Una forte presenza etrusca nel territorio della piana pratese è testimoniata dai tanti reperti trovati in aree limitrofe di Prato: Carmignano, Comeana e nei territori comunali di Sesto Fiorentino e di Calenzano sui monti della Calvana. Già nel 1735, a pochi chilometri da Gonfienti, fu rinvenuto l'offerente bronzeo di Pizzidimonte, oggi conservato presso il British Museum di Londra. Inoltre, non molto distanti da Gonfienti sorgevano le città etrusche di Artimino, Fiesole, nota dal IV secolo a.C. come Vipsul e, sulla via per Felsina, quella di Kainua, nel comune di Marzabotto, probabilmente fondata da coloni provenienti da Gonfienti. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Gonfienti

Teatro Manzoni (Calenzano)
Teatro Manzoni (Calenzano)

Il Teatro Manzoni è un teatro di Calenzano. Per iniziativa della locale Società Civile Filarmonica, nel 1895, con La favorita di Donizetti, venne inaugurato il teatro intitolato al Principe di Napoli. L'edificio è un piccolo gioiello in stile eclettico e conserva al suo interno pregevoli affreschi del pittore Annibale Brugnoli. Dopo alcuni decenni di attività incentrata soprattutto su spettacoli di prosa allestiti da compagnie operanti nell'area pratese, la struttura nel primo dopoguerra si aprì anche alle prime proiezioni cinematografiche. Verso la fine degli anni trenta il teatro iniziò un progressivo processo di decadenza causato anche dai numerosi e gravi problemi di ammodernamento e messa in sicurezza delle sue strutture. Nel secondo dopoguerra, dopo essere stato sede di partiti politici e dopo aver assunto la nuova denominazione di Teatro Manzoni, non riuscì a risollevarsi da un lento ma progressivo degrado e negli anni sessanta cessò la sua attività e venne adibito a vari usi. Solo di recente e grazie a un coraggioso intervento dell'Amministrazione Comunale il teatro è stato oggetto di un progetto di recupero (architetto David Palterer) che ha riportato alla sua riapertura nel novembre del 2002. Oltre al recupero della sala con le sue decorazioni pittoriche e degli ambienti antistanti, l'intervento ha riprogettato su basi moderne la torre scenica del teatro che nel corso degli anni era andata completamente distrutta e ha ricavato dei nuovi camerini nelle zone di risulta poste dietro e ai lati del palcoscenico, senza togliere spazio utile a quest'ultimo. Grazie a questo accorto recupero, che dimostra come si possa intervenire su strutture preesistenti e adattarle alle esigenze attuali senza stravolgerle nella loro consistenza originaria, il Teatro Manzoni è ritornato all'attività con strutture sceniche e di servizio estremamente funzionali e aggiornate. La sua ripresa di attività è stata affidata alla gestione del Teatro delle Donne con una rassegna interamente dedicata a tematiche e novità interessanti il mondo femminile. Fino al 2021 è stato gestito dall'Associazione "Il Teatro delle Donne" Centro Nazionale di Drammaturgia. Vi hanno sede la Scuola Nazionale di Scrittura Teatrale, fondata nel 2004 da Dacia Maraini e la CalenzanoTeatroFormazione, fondata da Stefano Massini. Dal 2021 è gestito dall'Associazione la Macchina del Suono, che si occupa di produzioni teatrali e musicali, organizzazione di eventi culturali e didattica teatrale e musicale dal 2012. Nel 2021, nonostante le difficoltà dovute alla pandemia di Covid 19 che hanno influenzato tutte le attività culturali, il Teatro Manzoni ha ospitato più di 40 eventi teatrali e musicali, con particolare attenzione alla nuova drammaturgia. Accanto alla prosa figurano in cartellone anche interessanti serate jazz realizzate con la collaborazione di Toscana Music Pool. http://www.teatromanzonicalenzano.it Calenzano Teatri della Toscana Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Teatro Manzoni Scheda della Regione Toscana, su cultura.toscana.it. URL consultato l'8 ottobre 2008 (archiviato dall'url originale il 9 settembre 2010).

Castello di Calenzano
Castello di Calenzano

Il castello di Calenzano è un'antica struttura fortificata nonché nucleo originario dell'insediamento di Calenzano, posto sulla via che, da Firenze, porta ad uno dei passi appenninici per l'Emilia-Romagna. Il borgo conserva ancora oggi l'aspetto caratteristico del villaggio fortificato, con schema a pianta ovale, tipico dei centri di collina. Posto su una collinetta isolata, situata nel punto dove la valle del torrente Marina si apre verso la piana fiorentina, è visibile dai quattro punti cardinali e sorvegliava in passato le vie di comunicazione che portavano in Mugello. Il primo incastellamento della collina di Calenzano si deve molto probabilmente alla potente famiglia comitale dei Guidi. Il nucleo originario del castello assunse nel XII secolo una notevole importanza strategica, situato com'era al confine tra due diocesi, quella di Firenze e Pistoia (Prato lo diventerà solo nel 1653) e i domini feudali dei già citati Guidi, dei conti Alberti, che controllavano la Val di Bisenzio, e degli Ubaldini, signori ghibellini del Mugello. Risalgono al XIII secolo le prime menzioni di Calenzano inteso come “castello”. Ne troviamo traccia nel Libro di Montaperti del 1260 e nel Libro degli Estimi del 1269. In questa seconda fonte in particolare si descrivono i danni subiti dai guelfi di Firenze dopo la sconfitta nella battaglia di Montaperti ad opera dei ghibellini, i quali provocarono ingenti distruzioni anche al castello di Calenzano. Dai Guidi il castello passò sotto la giurisdizione del vescovo di Firenze e infine agli inizi del '300 divenne possesso della Repubblica di Firenze. È interessante notare che altri tre castelli erano dislocati lungo la Val di Marina: quello di Combiate, presso il Passo delle Croci, di cui non resta traccia, difendeva l'accesso alla piana da nord; quello di Legri, già possesso dei conti Guidi poi dei Figiovanni e dei Cattani-Cavalcanti, restaurato in anni recenti in stile neogotico è oggi residenza privata; e il castello di Travalle, anch'esso antico feudo dei Guidi. La proprietà di quest'ultimo, divisa tra i Tosinghi e i Lamberti, fu acquistata dal Comune di Firenze nel 1225. Passato quindi all'antica famiglia dei Corbinelli, a loro rimase per tutto il '600. Da allora il “castellaccio” di Travalle, come viene chiamato, costituisce uno dei poderi della grande villa fattoria prima degli Strozzi Alamanni, poi dei Ganucci Cancellieri. Ai castelli si affiancavano nel controllo del territorio numerose torri d'avvistamento, come la torre di Collina e la “Torraccia” o la torre di Baroncoli. Il fatto storico più rilevante che riguarda il castello avvenne la notte tra il 4 e il 5 ottobre 1325, quando le milizie ghibelline del condottiero lucchese Castruccio Castracani, reduci dalla vittoriosa battaglia di Altopascio, attaccarono e incendiarono le fortificazioni senza incontrare resistenza durante la loro avanzata su Firenze. In quel secolo di guerre continue che fu il '300, Calenzano subì nuovamente gravi devastazioni. Nel 1351 fu assediato e danneggiato dalle truppe dei Visconti di Milano guidate da Giovanni di Oleggio. A quel punto la Repubblica fiorentina, consapevole di non poter rinunciare a una roccaforte che era la vera porta d'accesso alla piana fiorentina da ovest, decise di prendere provvedimenti. Le strutture difensive furono consolidate e ampliate, facendo assumere alla cerchia muraria la conformazione che conserverà per i secoli a venire. Questi dispendiosi lavori si dimostrarono efficaci quando nel 1363 i pisani, fiancheggiati dai mercenari inglesi di Giovanni Acuto, imperversarono per il contado di Firenze, depredando e saccheggiando. Le mura del castello resistettero e fornirono riparo anche agli abitanti della vicina Sesto. In quello stesso anno il Comune di Firenze deliberò un ulteriore rafforzamento delle opere di difesa e decretò il divieto assoluto per gli abitanti, pena una multa di 1000 libbre di fiorini piccoli, di costruire o abitare case o capanne addossate alle mura del castello o in un perimetro di 200 braccia intorno ad esse. Tra gli ultimi decenni del '300 e i primi del'400 il castello di Calenzano raggiunse l'apice del suo splendore, sia a livello economico che militare. Ma come spesso accade, dopo il massimo momento di gloria arriva, seppur lentamente, il declino. Dopo che la Repubblica fiorentina ebbe esteso e consolidato i suoi domini in Toscana il castello di Calenzano perse l'importanza strategica che aveva acquisito nei secoli precedenti e da avamposto militare si trasformò progressivamente in centro abitativo a carattere agricolo. Già nel 1452 la magistratura dei Dieci di Balia dovette prendere provvedimenti per far riparare nuovamente le strutture difensive. "Rimaste così ferme per i secoli a venire, nella loro configurazione tipicamente medievale, le mura di Calenzano ebbero da respingere solo gli assalti del tempo, che portava la rovina delle pietre, e quelli abbastanza modesti per la verità, degli uomini che costruivano sopra le mura". Nel 1512 Calenzano non fu toccato per sua fortuna dalle truppe papaline e dai mercenari spagnoli autori del famoso Sacco di Prato, che misero a ferro e fuoco anche Campi Bisenzio. In quel tragico frangente che fu l'assedio di Firenze del 1529-1530 sappiamo che il castello venne usato come piazzaforte militare nel contado senza tuttavia subire danni: "si tenne per fortezza et ne fu commissario Agnolo Anselmi, cittadino fiorentino". Se, come abbiamo visto, l'importanza militare del borgo fortificato era già diminuita nel secolo precedente, il castello di Calenzano dopo la proclamazione del Granducato sotto Cosimo I, perse definitivamente ogni rilevanza strategica. Le torri vennero affittate a privati che ne fecero abitazioni, mentre i terreni furono usati a scopi agricoli. L'Amministrazione Comunale di Calenzano ha recentemente acquisito e ristrutturato una parte dell'edificio usato fino a pochi anni fa come fattoria e costruito intorno alla porta di accesso da nord, detta "porta al Serraglio". Si è provveduto a recuperare anche un giardino interno racchiuso nel circuito murario di un bastione trecentesco. Oggigiorno il borgo medievale è frequentato dalla popolazione in occasione di feste paesane, rievocazioni, per il tradizionale Carnevale Medievale e per il festival delle arti di strada "Maraviglia". In corrispondenza della torre posta al di sopra della porta al Serraglio (sulla quale si può salire e godere di un panorama) è stata recuperata la cosiddetta "altana", un suggestivo locale usato per convegni e cerimonie. In questi locali ha sede il Museo Comunale del Figurino Storico. Si tratta di un museo molto particolare, dove attraverso soldatini, diorami e modellini si promuove la conoscenza della storia europea e del territorio.