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Museo dell'aeronautica Gianni Caproni

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Exterior of the Gianni Caproni Museum of Aeronautics
Exterior of the Gianni Caproni Museum of Aeronautics

Il Museo dell'aeronautica Gianni Caproni, fondato nel 1927 come Museo Caproni dall'ingegnere aeronautico e pioniere dell'aviazione italiano Gianni Caproni e dalla sua consorte Timina Guasti Caproni, è il più antico museo italiano interamente dedicato al tema dell'aviazione e il più antico museo aziendale a livello nazionale. La prima sede del museo fu Taliedo, in provincia di Milano; gli aeromobili della collezione vennero trasferiti a Venegono Superiore alla fine della seconda guerra mondiale e l'esposizione riaprì a Vizzola Ticino negli anni sessanta. Il museo ha assunto la sua collocazione definitiva alla fine degli anni ottanta: la sede attuale, collocata circa 5 chilometri a sud di Trento, accanto all'aeroporto di Trento-Mattarello (anch'esso intitolato a Caproni), è stata inaugurata il 3 ottobre 1992. Il museo fa parte della Rete Trentino Grande Guerra.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Museo dell'aeronautica Gianni Caproni (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Museo dell'aeronautica Gianni Caproni
Via Lidorno, Trento Mattarello

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38123 Trento, Mattarello
Trentino-Alto Adige, Italia
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Exterior of the Gianni Caproni Museum of Aeronautics
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Luoghi vicini

Forte San Rocco
Forte San Rocco

Il forte San Rocco è uno dei forti austro-ungarici facenti parte della Fortezza di Trento (Festung Trient). Il forte appartiene al grande sistema di fortificazioni austriache al confine italiano. I forte si trova a una quota di circa 460 nella periferia sud della città di Trento in frazione San Rocco e sulla cima dell'omonimo dosso, Dosso di San Rocco da cui il nome del forte, sul versante sinistro del fiume Adige. Nello stesso luogo, nel Medioevo sorgeva Castel Cedra demolito nel XIII secolo. Oggi, il forte si trova all'interno del parco comunale Bosco della città e non è visitabile in quanto di proprietà privata. Questo forte fu uno dei primi della fortezza di Trento ad essere costruito e l'unico della cinta di difesa interna; fu infatti realizzato tra il 1881 e il 1883, durante la seconda fase di fortificazione dell'area di Trento (1876-1895) e fu concepito per proteggere l'accesso a Trento dalla valle dell'Adige e dalla Valsorda. La tecnica di costruzione è quella tipica dei forti di quel periodo, ovvero con un paramento in conci di pietra e calcestruzzo. Il forte era armato con due pezzi di artiglieria da fortezza 12cm/M80 collocati in una cupola corazzata girevole in acciaio, fabbricata dalla tedesca Gruson, quattro pezzi di artiglieria da fortezza 15cm/M61 in barbetta e 17 affusti da fucile. La guarnigione era composta da 9 ufficiali e 122 uomini. Il forte è costruito sulla sommità del Dosso di San Rocco, è circondato da un fossato protetto da diverse posizioni in caponiera ed è diviso in due parti, l'opera alta e l'opera bassa, collegate da un camminamento esterno a gradinata. L'opera alta, a pianta esagonale, rappresenta la struttura principale del forte, in quanto ospitava la cupola corazzata. L'opera bassa ospitava le postazioni di artiglieria in barbetta e parte degli alloggi delle truppe. Come avvenne per la maggior parte delle fortificazioni permanenti della Fortezza di Trento, il forte San Rocco era già obsoleto nel 1915. Infatti la sua struttura non sarebbe stata in grado di resistere ai colpi della moderna artiglieria d'assedio. Per questo fu disarmato e i suoi pezzi d'artiglieria furono trasferiti in altre località: i quattro cannoni 15cm/M61 in postazioni campali sul Monte Rosta, mentre i due pezzi 12cm/M80 furono montati su affusti da batteria e spostati sul Monte Cornetto prima di essere montati su affusti da fortezza e trovare una collocazioni definitiva in posizioni cementate sul versante settentrionale del Monte Rosta. Dopo la guerra il forte fu acquisito dal Regio Esercito e fino agli anni '80 del XX secolo servì come deposito di munizioni dell'Esercito Italiano e denominato "Polveriera di San Rocco". La cupola corazzata fu sostituita da un normale tetto in muratura. Testimonianza di questa destinazione d'uso è l'altana di guardia in cemento armato ancora visibile nella piazza d'armi. Dopo la dismissione del deposito da parte dell'Esercito Italiano, il forte è stato lasciato in sinecura ad un privato, erede di uno dei manovali che contribuì alla costruzione del forte. Costui contribuisce alla conservazione della struttura facendo in modo che non cada in abbandono e facendo sì che eventuali infiltrazioni d'acqua non danneggino l'opera, in attesa di un intervento della Provincia e del Comune per recuperarlo e farne un sito di interesse storico. Questo particolare stato di cose ha fatto sì che il forte conservasse molti dettagli originali, tra cui il portone di accesso in acciaio, i corrimano delle scale e i tondini di ferro con il filo spinato del fossato. Al forte di accede dall'opera alta tramite due portali in acciaio protetto da un traditore. Il portale alla destra conduce direttamente sotto la cupola, quello alla sinistra agli alloggi della truppa. La struttura esterna è a pianta esagonale e una struttura interna è a pianta circolare per agevolare l'operazione dei due cannoni nella cupola corazzata. Una poterna sotterranea collega l'opera alta ad una caponiera che protegge la parte sinistra del fossato. Alla destra dell'opera alta, un camminamento esterno a gradinata conduce all'opera bassa dove erano collocati i cannoni in barbetta. Qui, un cofano e altre due caponiere, accessibili tramite passaggi sotterranei, coprivano il resto del fossato. 2 x 12 cm Kanone M. 80 in cupola corazzata Gruson; 4 x 15 cm Kanone M. 61 in barbetta. V. Jeschkeit, La Fortezza di Trento, Curcu & Genovese, 2008. V. Jeschkeit, Trento 1915 - 1918, la città militarizzata, Curcu & Genovese, 2016. G. M. Tabarelli, I forti austriaci nel Trentino e in Alto Adige, TEMI Editrice, 1990. Fortezza di Trento Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Forte San Rocco Fortezze in Trentino, su magicoveneto.it. Il forte di San Rocco, su fortificazioni.net. Forte San Rocco a Trento, su italianostra.org. URL consultato il 23 febbraio 2019 (archiviato dall'url originale il 24 febbraio 2019). Forte San Rocco, su trentinograndeguerra.it.

Dosso di San Rocco
Dosso di San Rocco

Il Dosso di San Rocco è una delle tre colline che attorniano la città di Trento, alto i 460 metri circa. Gli altri due dossi che contorniano la città sono il Doss Trento e il Dosso di Sant'Agata, noti, secondo la tradizione, fin dai tempi dei Romani, che avevano affibbiato a Trento il nome Tridentum, ovvero città dei tre denti. Il dosso si colloca tra due grandi arterie stradali, la SS 349 della Val d'Assa e la SS 12 del Brennero. Il dosso in sé è attraversato da molteplici sentieri e strade sterrate, che raggiungono anche alcuni punti panoramici, dove si può ammirare la città di Trento da sud. In cima al dosso si trovano le rovine del forte San Rocco, un vecchio forte austro-ungarico, oggi di proprietà privata. L'area del dosso comprende circa 102 ettari, suddivisi in due macro aree: 34 ettari adibiti a: centro recupero aviofauna 17 ettari al parco botanico ("bosco di Trento") 68 ettari sono invece ulteriormente divisi in: 41 ettari in vivaio forestale 27 sotto gestione per attività venatoria (caccia) Questo dosso è anche conosciuto come il "bosco della città". Questo luogo contiene diverse specie vegetali, di cui molte anche importate dal resto del mondo. Il parco oltre ad offrire molte possibili passeggiate, offre molte panchine e punti d'acqua per ristorarsi nelle giornate più afose. Sempre attorno al dosso, si trova una delle sedi della Lega Italiana Protezione Uccelli (LIPU), ovvero un centro aviofauna della provincia di Trento. Doss Trento Dosso Sant'Agata Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Dosso di San Rocco Pagina sul Dosso di San Rocco, Trento, su girovagandointrentino.it. URL consultato il 24 gennaio 2011 (archiviato dall'url originale il 23 novembre 2010).

PalaTrento

Il PalaTrento (già PalaGhiaie), conosciuto anche con il nome sponsorizzato di Il T quotidiano Arena, è il principale impianto sportivo di Trento, concepito principalmente per la pratica della pallavolo, della pallacanestro e del calcio a 5. L'impianto viene anche utilizzato per l'organizzazione di concerti ed altre manifestazioni pubbliche. L'impianto, progettato dall'architetto roveretano Renato Rizzi, è stato inaugurato nel 2000 in occasione della prima partita casalinga della Trentino Volley, disputata il 22 ottobre. Il primo nome dell'impianto fu PalaGhiaie (dal nome della località del capoluogo trentino in cui sorge), per poi essere trasformato, nel 2005, in PalaTrento. Dal 2018, in seguito a gara indetta dal comune per trovare uno sponsor e vinta dall'azienda Adige S.p.A. di Levico, del Gruppo BLM, ebbe la denominazione di BLM Group Arena. Finito l'accordo (non rinnovato) tra il comune e l'azienda, è stato quindi annunciato che a partire dal 1 settembre 2023 (cioè a partire dalla stagione 2023/24 di Aquila Trento e Trentino Volley) l'impianto si sarebbe chiamato "Il T Quotidiano Arena". Fin dalla sua inaugurazione è servito principalmente come impianto per la pratica della pallavolo, ospitando allenamenti e partite casalinghe della Trentino Volley e, durante il periodo estivo, anche gli allenamenti della Nazionale italiana maschile di pallavolo. Nell'estate del 2011 vennero effettuati dei lavori di manutenzione e di ampliamento della capienza; tale obiettivo è stato raggiunto tramite la chiusura dei due spazi aperti presenti lungo i lati lunghi delle tribune. I nuovi settori sono stati rinominati con le lettere V e K. Entro settembre 2020, dovrebbero essere realizzati dei lavori che porteranno il numero dei posti a sedere, dagli attuali 4000 a 5000. L'impianto ospita anche le partite casalinghe della principale formazione locale di pallacanestro, l'Aquila Basket Trento. Dal 2012 al 2017, inoltre, è stata anche la sede degli incontri del torneo internazionale Trentino Basket Cup, tra le cui squadre partecipanti vi era la Nazionale italiana. La struttura si trova all'interno della zona sportiva Ghiaie, la quale comprende anche lo stadio del ghiaccio (PalaGhiaccio), un campo da rugby e un campo da baseball. L'impianto ha una dimensione di 56,00 × 28,80 metri ed un'altezza di 12,50 metri. La superficie di gioco ha orientamento est-ovest, con i lati lunghi e le tribune relative sui lati nord e sud. La capienza totale dell'impianto è di circa 4.000 posti. I servizi all'interno della struttura possono contare su: 6 spogliatoi atleti e 6 spogliatoi arbitri tabellone segnapunti infermeria locale doping impianto audio servizio bar ascensore Trentino Volley Aquila Basket Trento Trentino Basket Cup Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su BLM Group Arena (IT) PalaTrento, su asis.trento.it. URL consultato il 14 marzo 2018. (IT) La struttura, su trentinovolley.it. URL consultato il 14 marzo 2018. (EN) The Arena, su aquilabasket.it. URL consultato il 14 marzo 2018.

Madonna Bianca (Trento)
Madonna Bianca (Trento)

Madonna Bianca è un quartiere che si trova nella zona sud della città di Trento. Assieme a Bolghera, Casteller, Clarina, Man, San Bartolomeo e Villazzano Tre forma la circoscrizione amministrativa numero 10 di Oltrefersina del comune di Trento. Progettato nel 1968 e costruito in pochissimo tempo, agli inizi degli anni settanta, su una zona prima occupata da qualche maso con campagna e vigneti, il quartiere ha da subito suscitato polemiche per la sua struttura avveniristica. Dalla concezione urbanistica estremamente moderna il quartiere offre sin dalle origini ampie zone di verde, con vialetti che separano nettamente i movimenti pedonali dal traffico automobilistico. Al centro del rione vennero costruite la scuola per l'infanzia ed elementare, la chiesa di Madonna Bianca, a forma di tenda, oltre alla piscina, oggi dedicata al costruttore Ito Del Favero, un centro sociale per negozi e servizi, che dal 1977 ospita anche una biblioteca comunale. Lo sviluppo verticale delle Torri, e quello orizzontale delle case a schiera, con elemento dominante il cemento, permise di soddisfare una esigenza dell'inurbamento di quell'epoca. Il quartiere è caratterizzato dalla presenza di diversi palazzi, noti ai più come le "Torri di Trento", ben distinguibili da tutte le zone della città poiché alte 13 piani, costruiti negli anni Settanta e Ottanta. Due dei progettisti, l'architetto Marcello Armani e l'ingegner Luciano Perini, hanno partecipato alle festa dei 40 anni delle Torri nel 2015. Il terzo progettista è l'architetto Efrem Ferrari. Il comune di Trento negli anni propone un intervento di restauro anche economicamente sostenibile. Nel 2012 un progetto di riqualificazione delle Torri di Madonna Bianca è stato selezionato ed esposto alla Biennale di Architettura di Venezia. Nel 2013 al tema è stato dedicato il convegno "Riqualificazione del quartiere Torri di Madonna Bianca in una città in continua trasformazione". Nel 2014, nuovamente a Venezia, è organizzata la mostra-seminario "Progetto Torri di Trento". Infine, grazie al fondo europeo Horizon 2020 l'Europa ha dato il via al progetto Stardust per la riqualificazione di 3 delle 14 torri del quartiere. Il progetto dello studio di architettura Campomarzio è stato presentato nel 2018. Le opere di riqualificazione energetica ed efficientamento sismico, mantenendo il concept originale, prendono il via nel 2022. Nel 1976 nel quartiere fu costruito un centro sportivo con due piscine coperte, bar e un'area solarium. Nel 2010 il centro, rimodernato, fu dedicato all'ing. Ito del Favero (23.11.1911 - 13.02.2000), costruttore edile del quartiere e presidente in carica dal 1952 della società polisportiva "Rari Nantes Trento", fondata il 15 maggio 1930, che negli anni si è concentrata nella pratica del solo nuoto. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Madonna Bianca

Villazzano Tre
Villazzano Tre

Villazzano Tre è un quartiere che si trova nella zona sud della città di Trento. Assieme a Bolghera, Casteller, Clarina, Man, San Bartolomeo e Madonna Bianca forma la circoscrizione amministrativa numero 10 di Oltrefersina del comune di Trento. Il quartiere, nato nel 1976, è un'estensione urbanistica del quartiere di Madonna Bianca, poco più a valle, di cui riprende pari pari l'architettura delle torri e delle case a schiera. Questa caratterizzazione rende il quartiere studiato dal punto di vista dell'architettura urbanistica, in quanto interessante esempio di addizione urbana . Villazzano 3 è disgiunto dal quartiere di Madonna Bianca dalla cesura dovuta alla Ferrovia della Valsugana, dalla quale, considerando il tracciato tortuoso di questo tratto, è praticamente racchiuso. Il quartiere è stato oggetto di studio per l'adeguamento ai cambi generazionali in alcune tesi di laurea e in studi di settore. Del quartiere fa parte anche la zona denominata Man-Sant'Antonio composta principalmente da abitazioni di tipo mono o bi-familiare, alcune delle quali organizzate a schiera. Nel quartiere si trovano, oltre alle abitazioni civili, la moderna chiesa di San Rocco sita accanto alla storica residenza nobiliare Villa O' Santissima, ristrutturata nel 2023, un asilo nido, una scuola materna, la scuola paritaria di primo grado Rudolf Steiner e la scuola di formazione professionale ENAIP Trentino. Nel quartiere è cresciuta l'attrice Paola Calliari. All'altezza del sottopasso della ferrovia che collega i due quartieri si diparte un piccolo parco cittadino intitolato al giornalista Ottone Cestari, con fontanelle e giochi per bambini, con un percorso pedonale che conduce all'ingresso del Giardino Garbari, un parco giardino storico, di tipo romantico, ricco di rare specie arboree ed arbustive, alcune delle quali esotiche, portate dall'imprenditore Giuseppe Garbari tra il 1895 ed il 1913, e contenente esemplari riconducibili all'impianto de'Roveretti (XVI-XVII sec.). Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villazzano Tre

Villa O' Santissima
Villa O' Santissima

Villa O' Santissima (già Villa Garbari, villa Zelgher e villa Taxis) è un complesso di edifici situato a Man Sant'Antonio, sobborgo di Trento nella circoscrizione di Oltrefersina. Appena ad est si elevano i condomini detti "torri di Madonna Bianca", mentre a nord si trova la moderna chiesa parrocchiale di San Rocco. Accanto alla villa si trova anche una sequoia piantata nel 1870, alta oltre trenta metri. Le origini dell'edificio si collocano nel XVII secolo, quando è documentata una struttura in quel luogo, chiamata "Maso Magor" (o "Malgor"), di proprietà di un tal Ottaviano Rovereti; nella seconda metà del secolo venne costruita la chiesetta dedicata alla Visitazione di Maria, attestata con certezza dal 1676. Il maso, ingranditosi nel corso degli anni e trasformato in una residenza nobiliare dalla famiglia Rovereti (o Roveretti), venne ipotecato nel 1855 per costituire la "fondazione pia Rovereti", voluta per disposizione testamentaria da Giacomo Rovereti de Freiberg (sommo scolastico del Capitolo della cattedrale di Trento morto nel 1698); gli obblighi posti dal fondatore prevedevano anche il mantenimento in buono stato della cappella, che venne in effetti restaurata nel 1857. Nel 1859 l'edificio fu acquistato da Giuseppe Rossi; nel 1894 alcune particelle di terreno vennero espropriate per la costruzione della ferrovia della Valsugana, e l'anno seguente la villa passò a Giuseppe Garbari, commerciante appassionato di botanica, che allestì nel terreno adiacente un grande parco romantico con oltre novanta specie di piante esotiche. Nel 1913 la proprietà passò ai conti Gustavo ed Elena Sizzo de Noris, quindi nel 1920 a Giovanni Zelgher o Zelger, poi dal 1939 a Teresa Cristina di Sassonia-Coburgo-Koháry e a suo marito Lamoral dei conti Taxis di Bordogna e Valnigra, il cui stemma appare sulla chiave di volta del portale di accesso. Nel 1954 (o 1958) entrarono nella villa le suore Figlie della Chiesa, che la ribattezzarono "villa O' Santissima" e la fecero ampliare, aggiungendo due grandi fabbricati ai lati con ambienti di varia natura, inclusa una nuova chiesa intitolata a Maria Regina Ecclesiae. Dal 1980 alcuni locali della villa ospitarono le funzioni della neo-istituita parrocchia di San Rocco, fino alla costruzione della vicina chiesa parrocchiale, terminata nel 2001: l'ex serra e l'ex aula mensa per le messe festive, e la cappella seicentesca per quelle feriali. Le suore lasciarono la struttura nel 1982; la maggior parte del parco adiacente venne ceduta al comune di Trento, permettendone l'apertura al pubblico (come "Giardino storico Garbari"), e nel 1984 la villa divenne proprietà della "Fondazione Diocesana o'Santissima" che, dopo alcuni interventi, avrebbe dovuto adibirla a centro di attività pastorali e spirituali, cosa che però non avvenne. Dal 2000 al 2006 la villa ospitò i pazienti dell'erigenda RSA di Povo, dopodiché venne sigillata, portando ad un periodo di abbandono e degrado. Nel 2015 la "cooperativa SAD" acquistò la villa dall'arcidiocesi di Trento, con lo scopo di trasformarla in un centro di servizi sociali, culturali e assistenziali di varia natura; il cantiere è partito nel 2021 e i lavori prevedono, oltre al restauro della villa storica e di alcune delle sue pertinenze, l'abbattimento di due fabbricati di metà Novecento e la loro sostituzione con una struttura più moderna. Armando Costa (a cura di), La Chiesa di Dio che vive in Trento, Edizioni diocesane, 1986. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa O' Santissima

Fersina
Fersina

Il torrente Fèrsina (Bersn in mocheno) è uno dei principali affluenti di sinistra dell'Adige. Storicamente, nei documenti a partire dalla seconda metà del Seicento, il nome del torrente è declinato al femminile ("la Fersina"); dal Novecento è attestato l'uso al maschile ("il Fersina"). L'origine del nome è sostanzialmente ignota; il toponimo, certamente pre-romano e, forse, addirittura pre-retico, è probabilmente imparentato con quello della cittadina di Pergine. Numerose sono state le ipotesi etimologiche formulate nel corso degli anni, tra cui quella di Giuseppe Andrea Montebello (1793), poi suffragata da altri studiosi, che riconduce il nome a termini latini come ferrugo e ferri sinus, in ragione del fatto che vi erano miniere di ferro lungo il suo corso. Nel periodo preglaciale, le acque dell'alta valle del Fersina confluivano verso la sella di Vigolo Vattaro e, aggirata la Marzola, si dirigevano verso le zone ora occupate da Mattarello e Aldeno. Con il susseguirsi delle fasi glaciali, il torrente dapprima deviò verso ovest, seguendo circa il percorso attuale e buttandosi nella nascente valle dell'Adige; poco prima dell'ultima grande glaciazione si formò la Valsugana; il torrente cambiò quindi nuovamente corso, prima gettandosi nella fossa del lago di Levico passando dietro al dosso di castel Pergine e poi, durante la deglaciazione, nel lago di Caldonazzo e infine di nuovo riprendendo il corso attuale. Nella piana perginese, le acque del torrente Fersina erano usate già dall'antichità per l'irrigazione delle campagne, e all'altezza del Croz del Cius (dopo Canezza) esisteva una presa che alimentava una roggia che attraversava Zivignago e Pergine, ad uso di varie attività commerciali. Viene praticata la pesca (vi si trovano la trota fario, iridea e marmorata) e, nei punti più accessibili, anche la balneazione. Il corso d'acqua è sfruttato anche per la produzione di energia idroelettrica; già dal 1890 è in funzione la centrale del Ponte Cornicchio, alle porte di Trento; alla fine del Novecento sono nate altre tre piccole centrali in val dei Mocheni: quelle di Canezza (1984), Sant'Orsola Terme (1988) e Palù del Fersina (1991). Il Fersina ha una portata media di 250-300 litri al secondo, ma ha la fama di torrente imprevedibile, giustificata da un'altissima variabilità, con minimi da 0,2 m³/sec nelle annate più secche, ai 180 m³/sec dell'alluvione del 1882. A partire dal 1239 e fino al 2010, sono state registrate almeno venticinque piene o alluvioni (molte documentate dai conventi trentini di Santa Chiara, San Bernardino e Santa Croce), alcune delle quali particolarmente importanti: specialmente gravi per il perginese furono quelle del 1575 e del 1748, mentre la peggiore in assoluto fu quella del 1882, che devastò anche la Val dei Mocheni e che rischiò di distruggere completamente il paese di Canezza. Numerosi sono stati i tentativi di irreggimentare e arginare il corso del torrente. Significative sono le serre costruite nella forra di Ponte Alto, volute dal principe vescovo di Trento Bernardo Clesio (1537); altre ve ne sono a Cantanghel (Civezzano), Ponte Lodovico (tra San Donà e Mesiano) e Ponte Cornicchio (a Trento, in viale Trieste). Il corso del torrente Fersina si estende per una lunghezza di quasi 30 km. Le sue acque sono utilizzate a scopi idroelettrici e irrigui. Nasce dal lago di Erdemolo a 2036 m al margine occidentale della catena del Lagorai, scorre nella Valle dei Mocheni (in mocheno "Bersntol", cioè appunto "valle del Fersina"), lambisce la Valsugana (dalla quale è separato dalla sella di Pergine) e qui riceve da destra il torrente Silla proveniente dall'altopiano di Piné, quindi, dopo aver percorso la profonda forra dell'orrido di Ponte Alto, attraversa la città di Trento dove sfocia nell'Adige. Lungo il suo tragitto il torrente convoglia le acque di trentotto affluenti, molti dei quali piccoli rivi perenni, ma dalla portata consistente in caso di pioggia. I principali affluenti sono a destra il rio Negro, che sfocia presso Serso, e il torrente Silla, mentre a sinistra il rio Balkof che scende dalla Val Cava, il rio Molini che scende tra Fierozzo e Frassilongo, e il Rigolor che sfocia presso Canezza. Di seguito la lista completa degli affluenti: Sponda destra: Sponda sinistra: Lino Beber, Mario Cerato, Claudio Morelli, La Fersina: antica signora della valle, Publistampa Editore, 2018, ISBN 978-8885726-01-7. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul torrente Fersina

Stazione di Trento San Bartolameo
Stazione di Trento San Bartolameo

La stazione di Trento San Bartolameo (prima del 14 dicembre 2008, stazione di San Bartolameo) è una fermata ferroviaria della ferrovia della Valsugana, posta tra la fermata di Trento Santa Chiara e la stazione di Villazzano. È una delle undici stazioni situate all'interno del territorio comunale di Trento. La fermata fu istituita il 9 dicembre 2007 con l'introduzione del cambio d'orario per il 2008. La denominazione originaria dell'impianto, San Bartolameo, riprende quella del quartiere San Bartolomeo. È collocata nei pressi dell'omonimo studentato universitario: un villaggio adibito all'alloggio degli studenti dell'Università degli Studi di Trento. Il 14 dicembre 2008, Rete Ferroviaria Italiana (RFI) cambiò il nome dell'impianto in Trento San Bartolameo. La fermata si trova in posizione sopraelevata rispetto agli appartamenti universitari, lungo il versante est di quello che è conosciuto come "colle di Villazzano". L'architettura ricalca lo stile impiegato per la vicina stazione di Santa Chiara. Il marciapiede è lungo 150 m. L'accesso al binario passante è permesso tramite rampe di scale. L'impianto ferroviario è servito dai treni regionali che hanno come destinazioni Trento, Borgo Valsugana Est, Bassano del Grappa, Venezia e Padova. Trovandosi all'interno del comune di Trento, è raggiungibile dal centro cittadino utilizzando i biglietti e le tariffazioni del trasporto urbano. Trento Valsugana Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stazione di Trento San Bartolameo