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PalaTrento

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Pallavolo a Trento

Il PalaTrento (già PalaGhiaie), conosciuto anche con il nome sponsorizzato di Il T quotidiano Arena, è il principale impianto sportivo di Trento, concepito principalmente per la pratica della pallavolo, della pallacanestro e del calcio a 5. L'impianto viene anche utilizzato per l'organizzazione di concerti ed altre manifestazioni pubbliche. L'impianto, progettato dall'architetto roveretano Renato Rizzi, è stato inaugurato nel 2000 in occasione della prima partita casalinga della Trentino Volley, disputata il 22 ottobre. Il primo nome dell'impianto fu PalaGhiaie (dal nome della località del capoluogo trentino in cui sorge), per poi essere trasformato, nel 2005, in PalaTrento. Dal 2018, in seguito a gara indetta dal comune per trovare uno sponsor e vinta dall'azienda Adige S.p.A. di Levico, del Gruppo BLM, ebbe la denominazione di BLM Group Arena. Finito l'accordo (non rinnovato) tra il comune e l'azienda, è stato quindi annunciato che a partire dal 1 settembre 2023 (cioè a partire dalla stagione 2023/24 di Aquila Trento e Trentino Volley) l'impianto si sarebbe chiamato "Il T Quotidiano Arena". Fin dalla sua inaugurazione è servito principalmente come impianto per la pratica della pallavolo, ospitando allenamenti e partite casalinghe della Trentino Volley e, durante il periodo estivo, anche gli allenamenti della Nazionale italiana maschile di pallavolo. Nell'estate del 2011 vennero effettuati dei lavori di manutenzione e di ampliamento della capienza; tale obiettivo è stato raggiunto tramite la chiusura dei due spazi aperti presenti lungo i lati lunghi delle tribune. I nuovi settori sono stati rinominati con le lettere V e K. Entro settembre 2020, dovrebbero essere realizzati dei lavori che porteranno il numero dei posti a sedere, dagli attuali 4000 a 5000. L'impianto ospita anche le partite casalinghe della principale formazione locale di pallacanestro, l'Aquila Basket Trento. Dal 2012 al 2017, inoltre, è stata anche la sede degli incontri del torneo internazionale Trentino Basket Cup, tra le cui squadre partecipanti vi era la Nazionale italiana. La struttura si trova all'interno della zona sportiva Ghiaie, la quale comprende anche lo stadio del ghiaccio (PalaGhiaccio), un campo da rugby e un campo da baseball. L'impianto ha una dimensione di 56,00 × 28,80 metri ed un'altezza di 12,50 metri. La superficie di gioco ha orientamento est-ovest, con i lati lunghi e le tribune relative sui lati nord e sud. La capienza totale dell'impianto è di circa 4.000 posti. I servizi all'interno della struttura possono contare su: 6 spogliatoi atleti e 6 spogliatoi arbitri tabellone segnapunti infermeria locale doping impianto audio servizio bar ascensore Trentino Volley Aquila Basket Trento Trentino Basket Cup Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su BLM Group Arena (IT) PalaTrento, su asis.trento.it. URL consultato il 14 marzo 2018. (IT) La struttura, su trentinovolley.it. URL consultato il 14 marzo 2018. (EN) The Arena, su aquilabasket.it. URL consultato il 14 marzo 2018.

Estratto dall'articolo di Wikipedia PalaTrento (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori).

PalaTrento
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Il T Quotidiano Arena (PalaTrento)

Via Fersina
38123 Trento, Clarina
Trentino-Alto Adige, Italia
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Luoghi vicini

Fersina
Fersina

Il torrente Fèrsina (Bersn in mocheno) è uno dei principali affluenti di sinistra dell'Adige. Storicamente, nei documenti a partire dalla seconda metà del Seicento, il nome del torrente è declinato al femminile ("la Fersina"); dal Novecento è attestato l'uso al maschile ("il Fersina"). L'origine del nome è sostanzialmente ignota; il toponimo, certamente pre-romano e, forse, addirittura pre-retico, è probabilmente imparentato con quello della cittadina di Pergine. Numerose sono state le ipotesi etimologiche formulate nel corso degli anni, tra cui quella di Giuseppe Andrea Montebello (1793), poi suffragata da altri studiosi, che riconduce il nome a termini latini come ferrugo e ferri sinus, in ragione del fatto che vi erano miniere di ferro lungo il suo corso. Nel periodo preglaciale, le acque dell'alta valle del Fersina confluivano verso la sella di Vigolo Vattaro e, aggirata la Marzola, si dirigevano verso le zone ora occupate da Mattarello e Aldeno. Con il susseguirsi delle fasi glaciali, il torrente dapprima deviò verso ovest, seguendo circa il percorso attuale e buttandosi nella nascente valle dell'Adige; poco prima dell'ultima grande glaciazione si formò la Valsugana; il torrente cambiò quindi nuovamente corso, prima gettandosi nella fossa del lago di Levico passando dietro al dosso di castel Pergine e poi, durante la deglaciazione, nel lago di Caldonazzo e infine di nuovo riprendendo il corso attuale. Nella piana perginese, le acque del torrente Fersina erano usate già dall'antichità per l'irrigazione delle campagne, e all'altezza del Croz del Cius (dopo Canezza) esisteva una presa che alimentava una roggia che attraversava Zivignago e Pergine, ad uso di varie attività commerciali. Viene praticata la pesca (vi si trovano la trota fario, iridea e marmorata) e, nei punti più accessibili, anche la balneazione. Il corso d'acqua è sfruttato anche per la produzione di energia idroelettrica; già dal 1890 è in funzione la centrale del Ponte Cornicchio, alle porte di Trento; alla fine del Novecento sono nate altre tre piccole centrali in val dei Mocheni: quelle di Canezza (1984), Sant'Orsola Terme (1988) e Palù del Fersina (1991). Il Fersina ha una portata media di 250-300 litri al secondo, ma ha la fama di torrente imprevedibile, giustificata da un'altissima variabilità, con minimi da 0,2 m³/sec nelle annate più secche, ai 180 m³/sec dell'alluvione del 1882. A partire dal 1239 e fino al 2010, sono state registrate almeno venticinque piene o alluvioni (molte documentate dai conventi trentini di Santa Chiara, San Bernardino e Santa Croce), alcune delle quali particolarmente importanti: specialmente gravi per il perginese furono quelle del 1575 e del 1748, mentre la peggiore in assoluto fu quella del 1882, che devastò anche la Val dei Mocheni e che rischiò di distruggere completamente il paese di Canezza. Numerosi sono stati i tentativi di irreggimentare e arginare il corso del torrente. Significative sono le serre costruite nella forra di Ponte Alto, volute dal principe vescovo di Trento Bernardo Clesio (1537); altre ve ne sono a Cantanghel (Civezzano), Ponte Lodovico (tra San Donà e Mesiano) e Ponte Cornicchio (a Trento, in viale Trieste). Il corso del torrente Fersina si estende per una lunghezza di quasi 30 km. Le sue acque sono utilizzate a scopi idroelettrici e irrigui. Nasce dal lago di Erdemolo a 2036 m al margine occidentale della catena del Lagorai, scorre nella Valle dei Mocheni (in mocheno "Bersntol", cioè appunto "valle del Fersina"), lambisce la Valsugana (dalla quale è separato dalla sella di Pergine) e qui riceve da destra il torrente Silla proveniente dall'altopiano di Piné, quindi, dopo aver percorso la profonda forra dell'orrido di Ponte Alto, attraversa la città di Trento dove sfocia nell'Adige. Lungo il suo tragitto il torrente convoglia le acque di trentotto affluenti, molti dei quali piccoli rivi perenni, ma dalla portata consistente in caso di pioggia. I principali affluenti sono a destra il rio Negro, che sfocia presso Serso, e il torrente Silla, mentre a sinistra il rio Balkof che scende dalla Val Cava, il rio Molini che scende tra Fierozzo e Frassilongo, e il Rigolor che sfocia presso Canezza. Di seguito la lista completa degli affluenti: Sponda destra: Sponda sinistra: Lino Beber, Mario Cerato, Claudio Morelli, La Fersina: antica signora della valle, Publistampa Editore, 2018, ISBN 978-8885726-01-7. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul torrente Fersina

Madonna Bianca (Trento)
Madonna Bianca (Trento)

Madonna Bianca è un quartiere che si trova nella zona sud della città di Trento. Assieme a Bolghera, Casteller, Clarina, Man, San Bartolomeo e Villazzano Tre forma la circoscrizione amministrativa numero 10 di Oltrefersina del comune di Trento. Progettato nel 1968 e costruito in pochissimo tempo, agli inizi degli anni settanta, su una zona prima occupata da qualche maso con campagna e vigneti, il quartiere ha da subito suscitato polemiche per la sua struttura avveniristica. Dalla concezione urbanistica estremamente moderna il quartiere offre sin dalle origini ampie zone di verde, con vialetti che separano nettamente i movimenti pedonali dal traffico automobilistico. Al centro del rione vennero costruite la scuola per l'infanzia ed elementare, la chiesa di Madonna Bianca, a forma di tenda, oltre alla piscina, oggi dedicata al costruttore Ito Del Favero, un centro sociale per negozi e servizi, che dal 1977 ospita anche una biblioteca comunale. Lo sviluppo verticale delle Torri, e quello orizzontale delle case a schiera, con elemento dominante il cemento, permise di soddisfare una esigenza dell'inurbamento di quell'epoca. Il quartiere è caratterizzato dalla presenza di diversi palazzi, noti ai più come le "Torri di Trento", ben distinguibili da tutte le zone della città poiché alte 13 piani, costruiti negli anni Settanta e Ottanta. Due dei progettisti, l'architetto Marcello Armani e l'ingegner Luciano Perini, hanno partecipato alle festa dei 40 anni delle Torri nel 2015. Il terzo progettista è l'architetto Efrem Ferrari. Il comune di Trento negli anni propone un intervento di restauro anche economicamente sostenibile. Nel 2012 un progetto di riqualificazione delle Torri di Madonna Bianca è stato selezionato ed esposto alla Biennale di Architettura di Venezia. Nel 2013 al tema è stato dedicato il convegno "Riqualificazione del quartiere Torri di Madonna Bianca in una città in continua trasformazione". Nel 2014, nuovamente a Venezia, è organizzata la mostra-seminario "Progetto Torri di Trento". Infine, grazie al fondo europeo Horizon 2020 l'Europa ha dato il via al progetto Stardust per la riqualificazione di 3 delle 14 torri del quartiere. Il progetto dello studio di architettura Campomarzio è stato presentato nel 2018. Le opere di riqualificazione energetica ed efficientamento sismico, mantenendo il concept originale, prendono il via nel 2022. Nel 1976 nel quartiere fu costruito un centro sportivo con due piscine coperte, bar e un'area solarium. Nel 2010 il centro, rimodernato, fu dedicato all'ing. Ito del Favero (23.11.1911 - 13.02.2000), costruttore edile del quartiere e presidente in carica dal 1952 della società polisportiva "Rari Nantes Trento", fondata il 15 maggio 1930, che negli anni si è concentrata nella pratica del solo nuoto. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Madonna Bianca

Chiesa del Sacro Cuore di Gesù (Trento, capoluogo)
Chiesa del Sacro Cuore di Gesù (Trento, capoluogo)

La chiesa del Sacro Cuore di Gesù è un luogo di culto cattolico situato a Trento. La chiesa parrocchiale del rione di San Bartolomeo fu eretta su progetto dell'architetto trentino Efrem Ferrari ed ultimata nel 1963. È dedicata al Sacro Cuore di Gesù. L'edificio a pianta centrale risulta essere la elegante composizione di forme semplici, ma ricche di significati simbolici. La base rotonda, rivestita accuratamente in pietra calcarea regolare, ha come riferimento diretto la perfezione divina ed il cerchio ne è la evidente rappresentazione; emerge poi un corpo di forma ottagonale, sapiente citazione del numero "8" dedicato alla Madonna, con una copertura movimentata a falde che si chiudono nella lanterna sommitale. In direzione est è ben visibile il presbiterio che fuoriesce dalla forma centrale come uno spicchio dell'ottagono. I materiali impiegati, calcestruzzo a vista, cotto, granito e vetro, sono accostati in modo sapiente ed evidenziano gli elementi strutturali e di decoro della costruzione. Nell'anno 2000 è stata ristrutturata la facciata della chiesa con pregevoli mosaici e il portale in bronzo progettati dallo scultore don Luciano Carnessali che ha espresso, attraverso le sue doti artistiche, una vera catechesi, alla maniera delle chiese di un tempo. Le formelle dell'anta sinistra rappresentano scene tratte dall'Antico Testamento, mentre quella di destra sono relative ad episodi tratti dal Nuovo Testamento. La parte in alto, non apribile, rappresenta l'Annunciazione alla Vergine Maria. Nel mosaico ai lati del portale troviamo raffigurato l'incontro di Gesù al pozzo con la donna samaritana e l'episodio in cui Gesù risorto spezza il pane con i discepoli di Emmaus. La parte di mosaico collocata nel timpano rappresenta il Sacro Cuore che dona il suo amore alla comunità. La semplicità delle forme contraddistingue anche l'interno. Qui sono riconoscibili sia il cerchio perimetrale che l'ottagono centrale descritto dai pilastri portanti. Lo sviluppo verticale del volume centrale contribuisce a creare un'atmosfera spirituale preziosamente arricchita dalle vetrate dell'artista vicentino Giorgio Scalco; sono qui rappresentate con marcati contrasti cromatici la Via Crucis, lungo tutto il nastro circolare della parte bassa, ed alcune immagini astratte ispirate a titoli del Sacro Cuore, nella parte alta dell'ottagono. Nel 1987 lo spazio presbiteriale viene rivisto per la necessità funzionale di avere un luogo di culto più raccolto per la preghiera. Si procede così all'erezione della Cappella del Santissimo, aperta al culto nel 1987. Le dimensioni della cappella e l'impiego discreto dei materiali (metallo e vetri a specchio) non turbano l'equilibrio della struttura originaria. Il 30 marzo 1987 viene iniziato l'affresco dell'altare ad opera del pittore Marco Bertoldi, parrocchiano, così da arricchire la chiesa di una nuova opera d'arte. L'affresco è ricco di elementi figurativi desunti dalla Bibbia che aiutano l'uomo a vivere con intensità l'esperienza di Dio. Dello stesso artista sono i due quadri della Vergine (1978) e di San Giuseppe (1979) sugli altari laterali, in seguito spostati sulle pareti. Sull'altare sinistro trova così spazio il tabernacolo, la cui formella, ad opera dello scultore don Marco Morelli, rappresenta l'incontro stupefatto dei discepoli di Emmaus con Cristo risorto. Dello stesso autore il Cristo della Fede opera scultorea lignea che viene collocata nel presbiterio nel marzo 2016. Nel 2018 la mensa in granito rosso dell'altare principale viene ridotta di un metro per renderla consona alle dimensioni dell'aula. All'interno della chiesa è custodita una scultura in legno di cirmolo scolpito intagliato e dipinto, raffigurante una Madonna con Bambino (cm 70×25×14 circa) proveniente dalla vicina chiesa cimiteriale di San Bartolomeo in Trento, dove fu ritrovata nel 1995 nascosta nella nicchia di un altare laterale. La statua presentava una colorazione uniforme grigio-biancastra dovuta a depositi di sporco a ad una spessa ridipintura che a sua volta occultava strati di colore stesi nel corso del tempo. Aristocratica ed elegante come una giovane dama la Madonna, a figura intera ed eretta, indossa una lunga vesta di colore rosso ed un ampio mantello blu. Con il braccio sinistro regge con naturalezza il Bambino benedicente, vestito di una semplice tunica verde, che con la mano sinistra sostiene un libro, il Vangelo. Le due figure si impongono per la loro esplicita arcaicità, che rimanda a stilemi romanici addolciti da panneggi e posture di marca gotica. La preziosa scultura è da attribuirsi ad ignoto artista di formazione alpina attivo sul principio del trecento. Il modello figurativo di riferimento è la Madonna con Bambino del Santuario di Oropa (Biella), opera in legno policromo di scuola aostana concordemente datato attorno al 1295. Nel periodo natalizio la chiesa ospita un presepe artistico ideato negli anni 1988 - 89 con poche casupole di sassi e legno. Negli anni successivi è stato integrato con altre case, un'officina, il caseificio e una segheria, funzionanti, ispirate a fabbricati esistenti all'epoca nelle Valli di Sole e di Rabbi dove i ragazzi trascorrevano i campeggi estivi. Arcidiocesi di Trento Chiesa di San Bartolomeo Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa del Sacro Cuore di Gesù Parrocchia Sacro Cuore, su parrocchiasacrocuoretn.it. URL consultato l'8 novembre 2015. Foto di Dino Danieli 16-03-2013 (JPG), su static.panoramio.com. URL consultato l'8 novembre 2015.

Stazione di Trento San Bartolameo
Stazione di Trento San Bartolameo

La stazione di Trento San Bartolameo (prima del 14 dicembre 2008, stazione di San Bartolameo) è una fermata ferroviaria della ferrovia della Valsugana, posta tra la fermata di Trento Santa Chiara e la stazione di Villazzano. È una delle undici stazioni situate all'interno del territorio comunale di Trento. La fermata fu istituita il 9 dicembre 2007 con l'introduzione del cambio d'orario per il 2008. La denominazione originaria dell'impianto, San Bartolameo, riprende quella del quartiere San Bartolomeo. È collocata nei pressi dell'omonimo studentato universitario: un villaggio adibito all'alloggio degli studenti dell'Università degli Studi di Trento. Il 14 dicembre 2008, Rete Ferroviaria Italiana (RFI) cambiò il nome dell'impianto in Trento San Bartolameo. La fermata si trova in posizione sopraelevata rispetto agli appartamenti universitari, lungo il versante est di quello che è conosciuto come "colle di Villazzano". L'architettura ricalca lo stile impiegato per la vicina stazione di Santa Chiara. Il marciapiede è lungo 150 m. L'accesso al binario passante è permesso tramite rampe di scale. L'impianto ferroviario è servito dai treni regionali che hanno come destinazioni Trento, Borgo Valsugana Est, Bassano del Grappa, Venezia e Padova. Trovandosi all'interno del comune di Trento, è raggiungibile dal centro cittadino utilizzando i biglietti e le tariffazioni del trasporto urbano. Trento Valsugana Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stazione di Trento San Bartolameo

San Bartolomeo (Trento)
San Bartolomeo (Trento)

San Bartolomeo è un quartiere che si trova nella zona sud della città di Trento. Assieme ai quartieri Bolghera, Madonna Bianca, Clarina, con cui confina, e con i quartieri Casteller, Man e Villazzano Tre forma la circoscrizione amministrativa numero 10 di Oltrefersina del Comune di Trento. Il quartiere di San Bartolomeo è sorto alla periferia sud di Trento negli anni 50 del XX secolo come esigenza della città di fornire alloggi a famiglie numerose di operai ed artigiani. Curiosa la toponomastica comunale con la dicitura "San Bartolameo", con la "a" rispetto al vero nome "San Bartolomeo", con la "o". Il quartiere fu inizialmente caratterizzato dalla presenza di diverse palazzine, 13 in tutto, note come "palafitte" per le colonne portanti a vista, case popolari costruite nell'immediato dopoguerra con gli aiuti del piano Marshall per far fronte alle numerose richieste di abitazioni. Assieme alle cosiddette "americane", quattro casette edificate nel 1954, furono affittate a canone agevolato a giovani famiglie numerose. Le palafitte ospitavano a piano terra attività commerciali, quali macelleria, parrucchiere, pane e latte, tabaccaio, fruttivendolo, mercerie, bar. Dopo anni di degrado le palafitte furono via via liberate ed abbattute, a più riprese, nel 2006 e nel 2014. Il quartiere oltre ad abitazioni civili ospita la scuola secondaria di primo grado "Othmar Winkler", una scuola per l'infanzia, un asilo nido, l'istituto di formazione professionale “Sandro Pertini”, il Centro Teatro "Olmi 24", la questura di Trento, lo studentato universitario di San Bartolameo, noto come "Sanbapolis", con palazzetto dello sport, la chiesa del Sacro Cuore, la chiesetta cimiteriale di San Bartolomeo, la RSA San Bartolomeo, una stazione ferroviaria della linea (Trento – Venezia), e un piccolo parco cittadino titolato a Enrico Pruner. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su San Bartolomeo Studentato San Bartolameo, su operauni.tn.it. URL consultato il 20-12-2021.

Villa O' Santissima
Villa O' Santissima

Villa O' Santissima (già Villa Garbari, villa Zelgher e villa Taxis) è un complesso di edifici situato a Man Sant'Antonio, sobborgo di Trento nella circoscrizione di Oltrefersina. Appena ad est si elevano i condomini detti "torri di Madonna Bianca", mentre a nord si trova la moderna chiesa parrocchiale di San Rocco. Accanto alla villa si trova anche una sequoia piantata nel 1870, alta oltre trenta metri. Le origini dell'edificio si collocano nel XVII secolo, quando è documentata una struttura in quel luogo, chiamata "Maso Magor" (o "Malgor"), di proprietà di un tal Ottaviano Rovereti; nella seconda metà del secolo venne costruita la chiesetta dedicata alla Visitazione di Maria, attestata con certezza dal 1676. Il maso, ingranditosi nel corso degli anni e trasformato in una residenza nobiliare dalla famiglia Rovereti (o Roveretti), venne ipotecato nel 1855 per costituire la "fondazione pia Rovereti", voluta per disposizione testamentaria da Giacomo Rovereti de Freiberg (sommo scolastico del Capitolo della cattedrale di Trento morto nel 1698); gli obblighi posti dal fondatore prevedevano anche il mantenimento in buono stato della cappella, che venne in effetti restaurata nel 1857. Nel 1859 l'edificio fu acquistato da Giuseppe Rossi; nel 1894 alcune particelle di terreno vennero espropriate per la costruzione della ferrovia della Valsugana, e l'anno seguente la villa passò a Giuseppe Garbari, commerciante appassionato di botanica, che allestì nel terreno adiacente un grande parco romantico con oltre novanta specie di piante esotiche. Nel 1913 la proprietà passò ai conti Gustavo ed Elena Sizzo de Noris, quindi nel 1920 a Giovanni Zelgher o Zelger, poi dal 1939 a Teresa Cristina di Sassonia-Coburgo-Koháry e a suo marito Lamoral dei conti Taxis di Bordogna e Valnigra, il cui stemma appare sulla chiave di volta del portale di accesso. Nel 1954 (o 1958) entrarono nella villa le suore Figlie della Chiesa, che la ribattezzarono "villa O' Santissima" e la fecero ampliare, aggiungendo due grandi fabbricati ai lati con ambienti di varia natura, inclusa una nuova chiesa intitolata a Maria Regina Ecclesiae. Dal 1980 alcuni locali della villa ospitarono le funzioni della neo-istituita parrocchia di San Rocco, fino alla costruzione della vicina chiesa parrocchiale, terminata nel 2001: l'ex serra e l'ex aula mensa per le messe festive, e la cappella seicentesca per quelle feriali. Le suore lasciarono la struttura nel 1982; la maggior parte del parco adiacente venne ceduta al comune di Trento, permettendone l'apertura al pubblico (come "Giardino storico Garbari"), e nel 1984 la villa divenne proprietà della "Fondazione Diocesana o'Santissima" che, dopo alcuni interventi, avrebbe dovuto adibirla a centro di attività pastorali e spirituali, cosa che però non avvenne. Dal 2000 al 2006 la villa ospitò i pazienti dell'erigenda RSA di Povo, dopodiché venne sigillata, portando ad un periodo di abbandono e degrado. Nel 2015 la "cooperativa SAD" acquistò la villa dall'arcidiocesi di Trento, con lo scopo di trasformarla in un centro di servizi sociali, culturali e assistenziali di varia natura; il cantiere è partito nel 2021 e i lavori prevedono, oltre al restauro della villa storica e di alcune delle sue pertinenze, l'abbattimento di due fabbricati di metà Novecento e la loro sostituzione con una struttura più moderna. Armando Costa (a cura di), La Chiesa di Dio che vive in Trento, Edizioni diocesane, 1986. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa O' Santissima