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Parco del Poggio

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Il parco del Poggio è un recente parco urbano di Napoli. Sorge nell'area residenziale dei Colli Aminei. Voluto dalla Giunta comunale guidata da Antonio Bassolino e progettato dall'allora Servizio Progetti del Comune di Napoli, diretto dall'ingegner Bartolomeo Sciannimanica; i lavori di costruzione iniziarono nel 1998 e terminarono fra il 2000 e il 2001. È situato in una cava di tufo utilizzata negli anni sessanta per l'edificazione di parte del vicino Rione Sapio; terminata l'estrazione del tufo, e in stato di abbandono per molti anni, si è pervenuti infine a progettare nella sua area questo parco urbano. Il Comune di Napoli ha commentato la costruzione del parco con queste parole: Nel parco vi è un'area giochi per bambini, delle gradinate per spettatori che si affacciano su di un laghetto semicircolare con cascate al centro del quale figura una pedana per spettacoli, ed infine vi è un belvedere dal quale si ammira un ampio panorama sul centro storico di Napoli e sul golfo in direzione del Vesuvio. Nell'area del parco era un monumento sepolcrale romano chiamato "la Conocchia", distrutto negli anni sessanta. Di seguito vengono riportate alcune immagini ritraenti il parco del Poggio: Linea 1 (stazione Colli Aminei) Autobus linea 604 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul parco del Poggio Scheda del parco sul sito del Comune di Napoli

Estratto dall'articolo di Wikipedia Parco del Poggio (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Parco del Poggio
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Luoghi vicini

Villa Gallo
Villa Gallo

Villa Gallo è una delle ville storiche di Napoli, sita nella zona dei Colli Aminei. È conosciuta come villa Gallo dal nome del ministro che la possedette durante il Decennio Francese, e anche come villa della Regina Isabella, in quanto in seguito appartenne alla regina madre Isabella di Borbone, vedova di Francesco I. Profondamente alterata dal punto di vista architettonico, la villa ospita attualmente una casa religiosa dei padri rogazionisti. Vi si accede dal viale dei Pini attraverso un vialetto ed è fronteggiata da uno slargo alberato, unico residuo del vasto antico parco che la circondava. Come evidenziato in un saggio dedicato alla storia della villa da Gaetano Barbarulo, le prime notizie del suo nucleo primitivo risalgono al XV secolo. Nicola Pomarino, agiato funzionario regio, acquistò nel giro di pochi anni, tra il 1465 e il 1473, numerose particelle confinanti, costituendo una vasta tenuta comprendente più o meno l'attuale rione La Pineta ai Colli Aminei (area un tempo denominata "alla Conocchia") e una parte delle aree declivi in direzione della Sanità. Il di lui figlio Paolo, a cui era poi toccata in eredità la tenuta, morì senza discendenti nel 1512 e la proprietà, a seguito delle disposizioni testamentarie del Pomarino e di alcuni acquisti, passò ai frati del convento domenicano napoletano di Santa Caterina a Formiello. Dieci anni dopo la tenuta del convento viene ampliata ulteriormente con l'acquisto dai conti Diomede e Roberta Carafa di Maddaloni di un'altra masseria confinante. La tenuta domenicana andava dal fondo settentrionale del vallone della Sanità al pianoro dei Colli Aminei, disegnando un approssimativo triangolo, che aveva come vertici l'area immediatamente a settentrione dell'ospedale San Gennaro, l'attuale incrocio tra il viale Colli Aminei e la salita Scudillo e quello tra lo stesso viale Colli Aminei, il viale dei Pini e la via Cardinale Prisco. Comprendeva, quindi, oltre che una buona parte delle aree declivi sul fianco della collina, tutto il territorio degli ex parchi privati La Pineta e Sapio. Sin dai tempi della sua formazione, vi sorsero, in punti diversi, vari edifici. La pluralità nasceva dalle modalità di costituzione del fondo, nato con l'accorpamento di masserie confinanti, ciascuna originariamente dotata di proprie costruzioni ad uso di abitazione e di servizio. L'edificio principale, autentico centro direzionale della tenuta, sorgeva in posizione panoramica sulla sommità della collina. Corrisponde all'attuale istituto dei padri rogazionisti nel rione La Pineta. Agli inizi del Cinquecento, esso appare come un complesso masseriale a corte chiusa di un certo rilievo atto sia a funzioni produttive che di diporto. Nella seconda metà del Seicento il complesso è dotato anche di una cappella e di una torre. Accanto alla casa era il giardino e un robusto muraglione in tufo, ancora esistente, che faceva da contrafforte a sud dove l'edificio centrale si affaccia a picco su di un vallone di erosione scavato dalle acque pluviali che confluivano verso la Sanità. Una visione completa ci è offerta dalla Mappa del Duca di Noja, da cui appare che nel XVIII secolo il complesso ha conservato nella sostanza la sua struttura originaria, "con un cortile porticato racchiuso da tre corpi di fabbrica di cui il maggiore, verso il panorama, presenta un lungo colonnato collegato da una scala ad una terrazza belvedere sostenuta, sul declivio, da una struttura a contrafforti", come scrive Vanna Fraticelli. Il convento di Santa Caterina a Formello fu tra i primi ad essere soppresso durante il Decennio Francese. Nel 1806 la tenuta in questione veniva acquistato dal marchese (poi duca) di Gallo Marzio Mastrilli, nominato il precedente 3 giugno da Giuseppe Napoleone ministro degli affari esteri e consigliere di stato. Il marchese affidò la ristrutturazione dell'edificio principale all'architetto Antonio Niccolini, che, come scrive la Fraticelli, «aggiunse un quarto braccio al cortile e, nell'angolo Sud-Est, realizzò una torretta dotata di logge inquadrate da archi gotici (lo stile gotico era stato utilizzato dal Niccolini anche nella realizzazione della casina di Villa Ruffo, tuttora esistente di fronte alla Basilica dell'Incoronata Madre del Buon Consiglio a Capodimonte). Il fronte Nord fu arricchito “di un pronao a sei colonne doriche, sormontato dalla terrazza del piano nobile e coronato da un timpano, secondo una soluzione divenuta ricorrente in molte ville napoletane della prima metà dell'Ottocento”». Al piano terra fu realizzato un elegante appartamento di una decina di camere, che furono affrescate dagli artisti Gentile, Bisogni e Ciccarelli. In alcuni ambienti vennero realizzati dal Beccari stucchi rappresentanti fiorami e figurine. Alle pareti furono affisse stampe inglesi e ino un degli ambienti vi era il biliardo. Scrive Barbarulo: «tutta la fuga delle stanze esterne era dotata di balconi che si aprivano su di una “gran loggia con balaustra di marmo, che gode l'aspetto imponente del mare, di Napoli, e delle prossime colline”. Al piano superiore era l'appartamento nobile, decorato e ammobiliato in maniera altrettanto ricercata. Attorno alla palazzina venne realizzato un giardino “delle quattro stagioni”, racchiuso da mura. Nel giardino di primavera erano coltivati fiori di diverse varietà, in modo tale che fosse fiorito tutto l'anno; negli altri, squisite varietà di frutta e ortaggi. Una particolare vigna produceva vino di gusto simile a quello di Bordeaux. Nei pressi di un boschetto sorgeva la vaccheria, dove venivano prodotti formaggi e burro. La rivisitazione operata dal Mastrilli fu radicale. Oltre alla ristrutturazione dell'edificio principale, egli volle che l'intera tenuta si trasformasse in parco “di delizie”. Statue, ruderi archeologici veri (come lo scomparso colombario della Conocchia) e finti, belvederi, la resero una sorta di Parco di Capodimonte in piccolo». Ecco quindi che in quel periodo villa Gallo viene considerata dalle guide turistiche una delle più belle di Napoli, degna rivale di Villa Belvedere e Villa Patrizi. Più volte ebbe ad ospitare i sovrani Gioacchino Murat e Carolina Bonaparte. Divenne anche uno dei punti di vista preferiti dai paesaggisti dell'epoca, che spesso ritrassero il golfo visto dalla rotonda prospiciente la villa, su cui sorgeva una famosa palma. Morto il duca di Gallo, nel 1831 la villa fu venduta dai suoi eredi al Conte del Balzo, marito morganatico della regina madre Isabella di Borbone, che, dedicandogliela, la chiamò "Villa Regina Isabella". A compimento di un voto, la regina fece costruire la cappellina che ancora oggi sorge nel parco, come ricorda una lapide affissa sulla sua parete. Morta la regina e poi il conte, gli eredi di questo vendettero la tenuta che fu comprata da un gruppo di capitalisti che intendevano lottizzarne il territorio per costruire villini di lusso. Quando il progetto non andò in porto, uno dei contitolari, il marchese Medici, rilevò l'intera proprietà. Dalla famiglia Medici la tenuta fu poi ceduta al fondatore della Banca Sorrentina, Astarita, i cui eredi, dopo la seconda guerra mondiale, vendettero ai padri rogazionisti la casa, gravemente danneggiata dalle incursioni aeree, unitamente ad una parte del parco. La maggior parte della tenuta fu invece venduta a società di costruzione che realizzarono un progetto di edilizia residenziale che alterò del tutto l'originario assetto del territorio. G. Barbarulo, La Conocchia ai Colli Aminei. Una masseria domenicana in area napoletana, in "Campania Sacra", 31, 2000. V. Fraticelli, Il giardino napoletano. Settecento e Ottocento, Napoli 1993. Gino Doria, Villa Gallo, in I palazzi di Napoli, Napoli, Guida, 1992, pp. 155-156, ISBN 88-7835-165-2. Napoli Ville di Napoli Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Gallo

Colli Aminei
Colli Aminei

I Colli Aminei sono una zona del comune di Napoli facente parte della municipalità Stella-San Carlo all'Arena, segnatamente del quartiere Stella. È delimitata a ovest e a nord dal Vallone di San Rocco, a est dalla salita di Capodimonte, a sud dai valloni dello Scudillo e delle Fontanelle. Il nome "Colli Aminei" è stato coniato in epoca antica: la bellezza dei luoghi, adibiti ad orto cittadino, colpì gli abitanti partenopei, che li definirono colli ameni, da cui per deformazione ne derivò il nome attuale. Un'altra interpretazione fa risalire il nome "Aminei" ad una popolazione della Tessaglia, ricordata anche da Aristotele, che colonizzò la zona nel periodo dorico, impiantando sulla collina oggi chiamata di Capodimonte numerosi vigneti che producevano il famoso vino amineo, citato da Macrobio, che i Romani chiamarono Falerno. Fin dall'epoca romana, i Colli, insieme a Capodimonte, erano considerati un rinomato luogo di villeggiatura e di aria salubre, grazie alla presenza di folti boschi. La presenza romana è testimoniata dai ruderi del Mausoleo della Conocchia, un monumento sepolcrale romano, che ebbe molta fama anche in età romantica, contribuendo ad attirare nell'area viaggiatori stranieri e turisti. A seguito delle limitazioni estrattive decretate nei confini cittadini, nel XVIII secolo la zona (allora esterna alla città, come le altre zone collinari del Vomero, Posillipo e dell'Arenella) vide iniziare l'estrazione del tufo, in particolare nei pressi del vallone di San Rocco, sia a cielo aperto, sia tramite cave sotterranee con accesso dall'alto (latomie) o laterale dal vallone stesso (grotte). Durante la Seconda guerra mondiale le grotte sono state utilizzate per garantire la continuità produttiva delle industrie aeronautiche napoletane (per esempio l'IMAM - Industrie Meccaniche Aeronautiche Meridionali) anche sotto i bombardamenti alleati. L'estrazione a cielo aperto, seppur in forma ridotta, prosegue ancora oggi. Le grotte e le latomie sono invece abbandonate, pur presentando un rilevante potenziale turistico come reperti di archeologia industriale e per il contesto naturalistico in cui sono inserite. L'urbanizzazione delle colline napoletane ha raggiunto il quartiere negli anni sessanta; fortunatamente le latomie e la topografia impervia hanno limitato il deturpamento edilizio. Oggi il quartiere presenta una zona densamente abitata, con una popolazione di circa 30 000 abitanti, circondata da una zona verde, adibita a parco pubblico o a coltivazioni agricole. Il quartiere è prevalentemente residenziale. Sono presenti numerosi piccoli esercizi commerciali, oltre ad un piccolo indotto derivante dai numerosi ospedali presenti nella Zona Ospedaliera, nonché del Tribunale per i minorenni di Napoli e del relativo Centro di prima accoglienza. Ospita la sede del Seminario Arcivescovile di Napoli, e della Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale. I Colli Aminei costituiscono una cerniera dei collegamenti cittadini sull'asse nord-sud, anche per la presenza della stazione Colli Aminei della Linea 1 (metropolitana di Napoli) con annesso parcheggio di scambio multipiano. Gli assi viari sono il viale Colli Aminei e la via Nicolardi; da entrambi si dipartono numerose traverse, denominate con nomi di piante e fiori, a ricordo della storica bellezza naturalistica dei luoghi. In origine le traverse di viale Colli Aminei erano stradine private che facevano parte di grossi condomini (Parco La Pineta, Rione Sapio). Le traverse in seguito sono state acquisite dal Comune. Diversi parchi urbani sono presenti nel quartiere o nelle sue immediate vicinanze. Di rara bellezza è il Parco del Poggio, aperto nel 2001, che si snoda sul versante della collina che affaccia verso il mare. Dà un panorama di Napoli da un punto abbastanza elevato che abbraccia il Vesuvio, quasi di fronte, e la zona di piazza Municipio con la collina del Vomero che la sovrasta. Al suo interno il Parco ha un percorso pergolato che discende verso il suo punto più basso (giusto sopra la Tangenziale di Napoli), un'area attrezzata per bambini, un mini orto botanico con esposizione di piante esotiche, e soprattutto un lago artificiale, circondato da sedili in muratura a mo' di arena. Al centro del lago è situato un palco per dar modo, nel periodo estivo, di rappresentare spettacoli canori e vari o proiezioni di film. Il 5 aprile 2008 è stato aperto il Parco di Via Nicolardi, più piccolo del Parco del Poggio, dotato di pista di pattinaggio e percorso natura. Il contiguo Vallone di San Rocco, benché non facilmente accessibile al pubblico, è tutelato come polmone verde ed inserito nella riserva urbana delle colline napoletane. A poca distanza dal quartiere sono presenti il Parco di Capodimonte, con la storica reggia borbonica e il Museo di Capodimonte, nonché il grande e selvaggio Parco dei Camaldoli. Zone di Napoli

Villa Castagneto-Caracciolo
Villa Castagneto-Caracciolo

Villa Castagneto-Caracciolo (in passato villa Regina Madre) è una struttura di interesse storico di Napoli; locata sulla sommità del poggio dello Scudillo, tra le colline dei Colli Aminei, Capodimonte e del Vomero. Realizzata interamente in tufo, fu costruita probabilmente nel XVIII secolo dal duca Francesco Caracciolo, celebre ammiraglio appartenente alla famiglia di San Francesco Caracciolo, che durante la sua carriera militare fiancheggiò anche il celebre ammiraglio Horatio Nelson. Poi passata al principe di Castagneto Nicola Caracciolo. Appare nella settecentesca mappa del duca di Noja, dove è rappresentata come un "casino di villa" a corte aperta. La salita che dalla Sanità portava al poggio dello Scudillo (l'odierna via del serbatoio) termina direttamente nell'androne, che dà sulla corte meridionale della villa aperta verso sud-est. Alle spalle dell'edificio, è rappresentato un giardino suddiviso in quadranti regolari. L'apertura di una nuova strada verso gli attuali Colli Aminei hanno trasformato l'assetto della villa: la corte diviene un belvedere dalla vista eccezionale, aperto su Capodimonte, la Certosa di San Martino, il centro storico, l'intero Golfo di Napoli ed il Vesuvio, mentre l'ingresso principale viene trasferito nella parte rivolta verso il giardino. Nella Pianta di Napoli del 1872-80, il giardino era stato espanso fino a circondare tutti i lati della villa, fino al belvedere, adattato al gusto romantico dell'epoca. Grazie alla sua ottima posizione dalla quale si vedono magnificamente famosi luoghi d'interesse del capoluogo campano come è considerato uno dei punti più panoramici di Napoli. Subì numerosi bombardamenti durante la seconda guerra mondiale e i segni di questi sono tuttora visibili. Era inizialmente dotata di due torri e un piano superiore, oggi crollati, di un vasto giardino reale attraversato da numerose carrozze, una cantina con un antico torchio, numerose camere da letto e cucine; vi era anche una cappella personale del principe, oggi sconsacrata, ma ancora riconoscibile dall'architettura arcoidale e da un crocifisso sul suolo. All'inizio del XXI secolo, la villa è quasi allo stato di rudere. Presenta al proprio interno un altissimo numero di varietà di piante, tra cui un secolare albero di Magnolia grandiflora e un considerevole numero di Aptenia cordifolia e Castanea sativa, da cui il toponimo. Il panorama goduto dalla villa è stato oggetto di importanti rappresentazioni tra le quali il quadro "Napoli dalla Conocchia" di Giacinto Gigante ubicato presso il Museo Capodimonte e il quadro di Salvatore Fergola "Napoli dalla Conocchia di Capodimonte" custodito a Palazzo Reale. Yvonne Carbonaro, Le ville di Napoli, Tascabili Economici Newton, Newton e Compton Ed. 1999 Roma, ISBN 88-8289-179-8 Napoli Ville di Napoli Monumenti di Napoli Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla Villa Castagneto-Caracciolo