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Oratorio di San Marco (Prato)

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San marco (prato) 01
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L'oratorio di San Marco di Prato sorge in piazza San Marco. L'edificio risale al XII secolo. Questo conserva la facciata in pietra alberese, con trasformazioni secentesche che interessarono anche gli interni (in particolare l'altare). All'esterno si trova un portale con timpano ad arco, tre finestre centinate e un rosoncino centrale, sotto la forma a capanna del tetto con spioventi. Oggi la chiesa non è più officiata. L'edificio attualmente ospita la sede di Prato dell'Unitalsi. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su oratorio di San Marco Fonte: scheda nel sito della diocesi di Prato, su diocesiprato.it (archiviato dall'url originale il 21 dicembre 2012).

Estratto dall'articolo di Wikipedia Oratorio di San Marco (Prato) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Oratorio di San Marco (Prato)
Piazza San Marco, Prato I lecci

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59100 Prato, I lecci
Toscana, Italia
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San marco (prato) 01
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Luoghi vicini

Forma squadrata con taglio
Forma squadrata con taglio

Forma squadrata con taglio (Square Form with Cut) è una scultura monumentale in marmo bianco realizzata dell'artista inglese Henry Moore, che fu acquistata dalla città di Prato con l'aiuto di industriali locali, al termine di una sua mostra monografica del 1972 e rappresenta uno dei massimi esempi di scultura contemporanea presenti in Italia. È composta da 30 blocchi di marmo bianco provenienti dal monte Altissimo delle Alpi Apuane, precisamente dalla cava Mossa, fu realizzata presso il laboratorio Henraux a Querceta. Contraddistinta da linee fluide e morbide che definiscono volumetrie maestose ed essenziali, è caratterizzata da una spiccata pulizia visiva che colpisce fin dal primo colpo d’occhio. Gli spazi definiti, che giocano continuamente su un equilibrio di pieni e vuoti, rivelano un universo disadorno, privato di orpelli e quindi ridotto al suo prototipo primario ed essenziale. Moore asseconda e lavora la materia come fa la natura, capace di smussare angoli ed escrescenze con dolcezza e delicatezza, attraverso un dialogo muto e paziente. I vuoti creano un senso di continuità tra interno ed esterno, le sculture non vivono semplicemente nello spazio ma lo creano, come se spazio e materia plastica fossero fusi in un’unica entità. Esposta per la prima volta alla celebre mostre retrospettiva sull'artista a Forte Belvedere a Firenze nel 1972. La memorabile mostra fiorentina, con le opere monumentali esposte all'aperto, fu inaugurata ufficialmente dalla principessa Margaret il 20 maggio 1972. Trecentoquarantacinquemila visitatori accorsero negli oltre quattro mesi di apertura e la mostra decretò la consacrazione di Moore, riconoscendo la sua opera come tassello imprescindibile della tradizione artistica del Novecento. Fu posta nel 1974, al centro di Piazza San Marco, dove un tempo sorgeva Porta Fiorentina (demolita verso la fine dell'Ottocento per far passare la linea tranviaria che collegava Prato a Firenze e Poggio a Caiano, oggi non più esistente). La scultura è la più monumentale tra quelle create in quegli anni da Henry Moore, con aspirazione sempre più evidente a una forma architettonica. Tra le varie interpretazioni, la scultura potrebbe rappresentare la vertebra gigantesca di un animale preistorico, forata al centro. Una volta trasferita da Firenze a Prato, la scultura venne appositamente collocata nel centro cittadino in direzione del capoluogo toscano, a simboleggiare Prato "come città della modernità", in contrasto con Firenze "culla del Rinascimento". Fin dai primi anni della sua posa in opera, la scultura divenne un simbolo della città ed in particolare della sua aspirazione alla modernità ed al progresso industriale. Henry Moore realizzò altre versioni della scultura con materiali diversi ed in scala ridotta. Il bozzetto originale è conservato a Toronto presso la Art Gallery of Ontario. Le più importanti sono: Maquette for the Square form with cut, 1969, gesso, 1969, cm 16.1, Art Gallery of Ontario, Toronto (Canada) Square form with cut, 1969, black marble, cm 140, Fundacion Bartolome March, Palma de Mallorca (Spain) Square form with cut, 1969, edizione in bronzo, 1di 9 esemplari, cm 16.5, The Metropolitan Museum of Art, New York (USA) Square form with cut, 1969, calcestruzzo, cm 139.7, The Henry Moore Foundation, Perry Green, Much Hadham (Regno Unito) Square form with cut, 1969, fiberglass, cm 134, The Henry Moore Foundation, (Regno Unito) Due piccole versioni in bronzo (16,5 cm), della serie di 9, sono passate in asta in Germania (Grisebach, 31 maggio 2013, lotto 767) ed in Sud Africa (Strauss & Co, 13 novembre 2017, lotto 301), e sono state vendute per una cifra superiore ai 50.000 Euro ciascuna. Dopo Francis Bacon, Moore è il più costoso artista moderno britannico dopo che la sua opera intitolata Reclining Figure: Festival, lunga 230 cm, realizzata una edizione di 5, è stata venduta in asta da Christie's a Londra il 30 giugno 2016 per 24.722.500 di sterline, è facile ipotizzare che la scultura di Prato possa valere una cifra ampiamente superiore ai 70 milioni di euro, rendendola probabilmente la scultura d'arte moderna monumentale più importante d'Italia. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Forma squadrata con taglio Forma squadrata con taglio - Mappa, su goo.gl. URL consultato l'8 aprile 2022. Forma squadrata con taglio, su visittuscany.com. URL consultato l'8 aprile 2022. Forma squadrata con taglio - Prato Turismo, su pratoturismo.it.

Piazza Mercatale

Piazza Mercatale è la più grande piazza di Prato e sorge nel centro storico, è considerata una delle piazze medievali più estese in Europa. La piazza deve il suo nome al suo utilizzo per le attività di mercato fin dal medioevo. Infatti fino agli anni '70 vi si teneva il mercato settimanale cittadino. Il Mercatale nacque dopo che la città di Prato decise di allargarsi e riservare ai traffici un'area adatta principalmente alla tratta degli animali, e in particolare mucche e vitelli. Lo spiazzo fu carpito al Bisenzio colmandolo con terra in quantità tale da rialzare il livello del fiume e obbligarlo a scorrere in un alveo più stretto. Nel 1153 l'area dell'attuale piazza Mercatale era ancora un ampio prato esterno alle mura della città, verso il greto del fiume Bisenzio. L'attuale muro merlato fu eretto dal Comune tra il 1280 e il 1330. In seguito la piazza, divisa in aree funzionali, divenne il baricentro delle relazioni sociali pratesi; dal 1529 vide affacciarsi i tiratoi voluti dall'Arte della Lana e dal XVII secolo le Case Nuove sul lato orientale, che ospitarono la prima sede del Convitto Cicognini. Vi si trovano, inoltre, una porta nelle mura (XIV secolo) verso il ponte sul Bisenzio, il Palazzo Gini e la chiesa di San Bartolomeo. Nel 1817 il Comune di Prato, per dare un sostegno a cento cittadini sfortunati e miserabili, incaricò quelle persone di rimettere a nuovo la Piazza provvedendo alla sua pulizia e soprattutto livellare l'ampia area fino ad allora costellata di buche e poggetti. L'architetto Giuseppe Valentini crea in quegli anni il giardino costituito da un semplice prato ovale e demolisce gli antichi tiratoi che dividevano in due la piazza. Oltre al mercato del lunedì, nella piazza si svolgevano spesso rappresentazioni sportive e tradizionali, dalla battagliola alle corse di cavalli prima e di biciclette poi. Alla fine dell'Ottocento la piazza era sfruttata anche per gare di cavalli, che correvano in una pista circolare sterrata. Nel primo Novecento una giunta socialista decretò l'alberatura del lato ovest "per il godimento del popolo". Nel 1930 la piazza aveva ancora la sua importante funzione di contenitore di tutte le manifestazioni ludiche e commerciali della città: mercati, fiere, esposizioni, gare sportive. Inevitabile quindi che proprio su tale piazza, adatta ad adunate e parate, il partito fascista volesse costruire la propria sede istituzionale, la cosiddetta Casa del Littorio, tra le prime in Italia. Nel 1932 venne per questo indetto un concorso nazionale al quale parteciparono una ventina di urbanisti. Il progetto fu vinto dall'architetto Brunetto Chiaramonti al cospetto di una commissione giudicatrice con Curzio Malaparte e Ardengo Soffici che realizzò appunto l'edificio dell'ex casa del Fascio. Il bando del 1930 prevedeva un edificio su due piani sul lotto piuttosto stretto ottenuto dalla demolizione dei Tiratoi realizzati da Giuseppe Valentini dopo che, con la demolizione di quelli cinquecenteschi, aveva ridato unità visiva all’intera piazza. Durante la seconda guerra mondiale la piazza fu violentemente bombardata. Il 16 febbraio 1944 fu completamente rasa al suolo la chiesa di San Bartolomeo, il 7 marzo dello stesso anno andò distrutta la quasi totalità dei portici a terrazza che circondavano il perimetro della piazza. Subito dopo la fine della guerra e dopo il laborioso sgombro delle macerie, si cominciò a pensare alla ricostruzione della chiesa di San Bartolomeo. Nel 1947 fu indetto un concorso di progettazione per una nuova chiesa che si integrasse con le strutture superstiti in modo da formare un complesso a servizio della comunità cittadina. La ricostruzione fu lenta e faticosa e si concluse solo il 16 febbraio del 1958. Oggi la piazza si presenta suddivisa tra un grande giardino sul lato est e un parcheggio sul versante opposto. Un percorso pendolare sottolinea la continuità tra l’antica porta sul fiume Bisenzio e l’accesso al centro storico. La piazza ha perso da tempo la sua funzione di scambio commerciale, senza però smettere di essere un punto di riferimento per gli abitanti della città e dei dintorni. Per esigenze di razionalità toponomastica ed informatica, questo enorme spazio viene chiamato Piazza Mercatale, mentre l'esatta denominazione sarebbe "Il Mercatale". Dedicata a Vittorio Emanuele II nel ventennio fascista, la piazza subì un nuovo affronto con la deliberazione del 27 novembre del 1943 con la quale si dedicava questo spazio cittadino alla "Repubblica" per celebrare la costituzione della repubblica di Salò. Un anno dopo, finalmente, fu ripristinato l'antico toponimo. Nel 1531 l'associazione Arte della lana aveva fatto costruire dei tiratoi. Spazi ad uso pubblico destinati ai singoli lanaioli, che qui potevano "tirare" e asciugare la lana. Panni, pannine, lane, sacche, balle e ceste riempivano la piazza. I panni di lana venivano stesi all’aperto appendendo la parte superiore della pezza all’asta orizzontale per mezzo di appositi ganci. Dopodiché il tessuto veniva fissato anche nella parte inferiore su un apposito bastone e veniva tenuto in tensione. Nel 1775 però le corporazioni delle arti pratesi furono soppresse e i tiratoi passarono sotto la gestione del Comune. Furono demoliti nell’Ottocento. L'antica fontana detta "del Maghero" tra via dei Saponai e via Garibaldi, risale alla fine del '500 e lo stemma oggi illeggibile era quello del Comune, mentre le ringhiere - anch'esse scomparse con il restauro del 1966 - servivano d'impedimento ai cavalli che intendevano abbeverarsi. Cerretelli Claudio, Prato e la sua provincia, Firenze, Giunti, 1996. ISBN 88-09-03425-2 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su piazza Mercatale Una scheda sulla piazza, su po-net.prato.it. URL consultato l'11 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 15 settembre 2015).

Sede della Cassa di Risparmio di Firenze (Prato)

La filiale della Cassa di Risparmio di Firenze sita in viale Vittorio Veneto 7 a Prato (ex sede dell'Istituto Bancario San Paolo) nella città toscana rappresenta un'interessante architettura moderna delle città. Il progetto per l'allora sede di Prato dell'Istituto Bancario San Paolo, firmato da Cristiano Toraldo di Francia con la collaborazione di Fabrizio Natalini, è uno degli esempi più rappresentativi della ricerca progettuale condotta, nei primi anni di formazione, dal gruppo Superstudio di Firenze. Questa architettura di interni è stata concepita come una vera cittadella fortificata, intesa come un insieme di luoghi urbani protetti dall'involucro murario esterno. L'impianto planimetrico, rigido e vincolato dallo spazio trapezoidale, frammezzato dai due volumi dei blocchi scala che servono i piani superiori dello stabile, è stato reinterpretato realizzando un ambiente interno funzionale e articolato. Tutti i condizionamenti posti da questa occasione operativa sono stati sfruttati adottando soluzioni di notevole originalità adeguati a ricreare spazi di immediata fruizione destinati al contatto diretto con il pubblico e locali più riservati per consentire ai clienti della banca di usufruire della massima discrezione durante le trattative commerciali personali. Il ritmo regolare del fronte esterno, interrotto dai tre ingressi protetti da torri cilindriche rivestite di acciaio, si sviluppa per circa 150 metri con rifiniture in acciaio e lamiera verniciata di colore rosso su un basamento di granito rosa. Lo spazio principale, caratterizzato dal rigore modulare del colonnato, è stato concepito come un loggiato coperto da voltine ribassate su colonne rivestite in lamiera di acciaio. Il disegno delle volte di lamiera traforata sperimenta, per la zona più frequentata e rumorosa, un sistema integrato di impianti di illuminazione indiretta, climatizzazione dell'area e con caratteristiche di fonoassorbenza. La rigida maglia strutturale preesistente è stata movimentata dalla linea sinuosa del lungo bancone in granito rosa che si sviluppa intorno alle colonne della sala destinata al pubblico. I pavimenti sono in parte di lastre di granito rosa mentre in alcune zone è stata adottata una pavimentazione sopraelevata formata da piastre di alluminio componibili e rivestimento in moquette. L'elemento compositivo che funge da filtro tra la zona pubblica delle contrattazioni e quella retrostante riservata alle trattative private è costituito da un passaggio obbligato, contraddistinto da quattro torri cilindriche in acciaio lucido poste su un basamento in granito rosa, che immette direttamente al caveau. Per questa stanza destinata a custodire cassette di sicurezza, è stato scelto un trattamento delle pareti interne in stucco colore argento. I cilindri cavi con rivestimento in acciaio inox sono piccole cabine di attesa per i clienti che accedono alla stanza del tesoro. Una parete curvilinea, trattata a encausto di colore blu, sezionata da un piano vetrato inclinato nasconde la scala che conduce al piano degli uffici dei dipendenti. Il livello superiore, anch'esso concepito come una porzione di città, risulta dall'aggregazione di una serie di volumi guida degli ambienti lavorativi, delimitati dai percorsi di distribuzione, previsti in modo da poter essere facilmente riposizionati ad assumere nuove configurazioni adeguate alle diverse esigenze future. Per le finiture si sono impiegati vari materiali accostati armoniosamente tra loro mettendo in evidenza la loro diversità, gemellando alle calci naturali, al legno e alla pietra, vernici epossidiche, acciaio inox e plastiche colorate ottenendo per contrasto di effetti un interessante assortimento materico e cromatico. Nel corso del 2014 un intervento di ristrutturazione ha completamente cancellato sia l'intervento architettonico, sia per quel che riguarda le finiture esterne, sia quelle interne. Koenig G. K., 1982, Una Banca per Prato, "Domus", n. 634, dicembre, p. 60. Toraldo di Francia C., 1982, Urbanesimo di interni, "Casa Vogue", n. 134, ottobre, p. 204. Pettena G. (a cura di), 1988, Toraldo di Francia, progetti e architetture 1980-1988, Milano. Scheda su Regione Toscana, Architetture del Novecento , su web.rete.toscana.it.

Teatro Metastasio
Teatro Metastasio

Il Teatro Metastasio è il teatro stabile della Toscana e ha sede a Prato. La nascita del teatro Metastasio è legata all'intraprendenza del notaio pratese Benedetto Cecconi che nel 1820 si fece promotore di un'iniziativa per la realizzazione di un nuovo teatro a Prato che sostituisse il vecchio Teatro dei Semplici giudicato non più rispondente alla nuova domanda proveniente dai ceti borghesi e popolari della prospera città toscana. Dopo alcuni problemi sia progettuali che nel reperimento dell'area, la vicenda si sbloccò verso la fine degli anni venti con l'incarico del progetto definitivo affidato all'affermato architetto fiorentino Luigi De Cambray Digny e con l'inizio dei lavori nel marzo del 1829. Il teatro venne realizzato in tempi rapidi e venne inaugurato l'8 ottobre 1830 con l'Aureliano in Palmira di Rossini. Il teatro presentava una particolare facciata ad andamento semicircolare perché costruita in curva seguendo l'andamento della strada principale in modo da evitare un orientamento diverso che avrebbe fatto prospettare l'ingresso su vicoli e stradine più angusti. All'interno la sala, a ferro di cavallo, non corrispondeva a quella attuale; 80 palchi erano suddivisi su quattro ordini e dal terzo si accedeva a un ampio salone di rappresentanza; non esisteva la fossa dell'orchestra e da un lato del palcoscenico si aprivano i camerini per gli artisti. L'arredo era in velluto rosso e contrastava volutamente con il bianco e il fregio d'oro della decorazione delle pareti e dei palchi. Le decorazioni pittoriche furono realizzate da Antonio Marini che dipinse a tempera anche il sipario con la scena di Romolo e Tazio nell'atto di unificare il popolo romano con quello sabino. A pochi anni dalla sua costruzione il teatro ebbe bisogno di nuovi interventi: fra il 1850 e il 1852 le stagioni teatrali furono addirittura sospese per risistemare gli scenari, restaurare l'impiantito della platea e sostituire alcune travi del soffitto. Fra il 1867 e il 1869 su progetto dell'architetto Telemaco Bonaiuti venne rettificata la curva della sala, vennero risistemati i camerini degli artisti, e fu realizzato un nuovo ingresso; nel 1871 si procedette alla ristrutturazione del sottopalco per creare due ambienti per gli orchestrali. Nel 1922 poi su progetto di Marcello Piacentini si procedette all'ampliamento del loggione al di sopra del quarto ordine dei palchi. E quindi il palco reale fu modificato per realizzarvi la cabina di proiezione cinematografica. La sempre più costosa gestione del teatro indusse nel 1939 gli Accademici a vendere l'immobile al Comune di Prato che lo cedette in gestione all'Opera Nazionale Dopolavoro. Dopo la guerra, nonostante non avesse riportato particolare danni, cominciò la serie degli interventi volti a rimediare a un suo sempre più evidente degrado: dal 1956 al 1964 il teatro dovette sospendere la sua attività per l'opera di ammodernamento e restauro eseguita su progetto dell'architetto Nello Baroni. Nei decenni successivi il teatro si riscattò con produzioni di grande livello culturale, soprattutto di prosa. Durante gli anni settanta si formarono diversi gruppi di giovani autori, che crearono sotto la supervisione di Luca Ronconi interessanti laboratori che portarono alla formazione e al lancio di attori come Pamela Villoresi, Francesco Nuti, Roberto Benigni e tante illustri personalità del teatro. Dopo nuovi lavori di adeguamento alle norme di sicurezza vigenti realizzati alla metà degli anni ottanta, il teatro è giunto alla redazione attuale grazie ai lavori di restauro eseguiti su progetto dall'architetto Carlo Coppola. Nonostante queste travagliate vicende il Teatro Metastasio ha svolto negli ultimi decenni un ruolo di primo piano a livello nazionale nel teatro d'avanguardia e di produzioni prestigiose. Nel 1998 il Metastasio diventa teatro stabile pubblico nonché riconosciuto come "Teatro Stabile della Toscana". Massimo Castri rimane alla guida del neonato Stabile fino al 2000. Dopo un breve interregno di Renato Borsoni, la direzione passa a Massimo Paganelli (settembre 2000 - aprile 2002), Massimo Luconi (aprile 2002 – aprile 2005), Josè Sanchis Sinisterra (maggio 2005 – febbraio 2007), Federico Tiezzi (marzo 2007 – marzo 2010), Paolo Magelli (giugno 2010 - settembre 2015), Franco D'Ippolito (novembre 2015 - ottobre 2021), Massimiliano Civica da novembre 2021. Prato Teatri della Toscana Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Teatro Metastasio Sito ufficiale, su metastasio.it. Scheda della Regione Toscana, su cultura.toscana.it. URL consultato il 7 ottobre 2008 (archiviato dall'url originale il 20 marzo 2005). Niccolò Luccarelli, I cinquanta anni del Teatro Metastasio, in "Prato storia e arte", n. 116, dicembre 2014, pp. 38-48 (PDF), su fondazionecrprato.it.