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Cimitero monumentale di Cesena

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Cimitero Monumentale di Cesena
Cimitero Monumentale di Cesena

Il cimitero monumentale di Cesena è il principale luogo di sepoltura della città di Cesena, situato nella zona sud-ovest del centro urbano. Fondato nel XIX secolo il cimitero si estende su una vasta area e rappresenta un importante sito storico e culturale per la comunità locale.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Cimitero monumentale di Cesena (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Cimitero monumentale di Cesena
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Cimitero Monumentale di Cesena
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Luoghi vicini

Chiesa e convento dei frati Minori Osservanti
Chiesa e convento dei frati Minori Osservanti

La chiesa e convento dei Frati Minori Osservanti è un edificio di culto cattolico situato in viale Osservanza a Cesena. Il complesso dei frati minori osservanti, fondato per iniziativa di Malatesta Novello su consiglio della moglie Violante, venne edificato tra il 1459 e il 1464 su progetto del maestro Maso della Val Lugano, già autore del campanile della cattedrale. Nel 1472 la chiesa fu consacrata. Il complesso era circondato da un bosco all'interno di un muro di cinta, del quale resta, a inizio di viale Osservanza, la Celletta di San Onofrio, del 1490 che pio successivamente venne riedificata. Una vasta ricostruzione, operata tra il 1763 e il 1769 da Pietro Carlo Borboni, precedette di poco la completa ricostruzione della chiesa (1791-1794). Il progetto si deve al mantovano Leandro Marconi, anche se i lavori furono seguiti dal posto da Benedetto Barbieri. Lo stesso Marconi curò la decorazioni dell'interno, eccezione fatta per le cappelle laterali, di Venanzio Cavina. L'esterno, di puro geometrismo neoclassico, si caratterizza per la facciata incompiuta. Il portico presenta cappelle che una volta erano semplici arcate: in quella di sinistra si trova una statua con San Francesco e a destra Beato Ruffino tutte e due del Calligari. L'interno presenta un'unica navata con tre cappelle laterali per lato. Originali i finti cassettoni sulla volta e la finta cupola con Padre Eterno che invia l'Arcangelo Gabriele alla Vergine. Le tele conservate sono per la maggior parte opere accademiche di metà '800. Nel settore claustrale del convento si trova una scultura lignea del '400 raffigurante l’Immacolata Concezione. Denis Capellini, Guida di Cesena, Città Malatestiana, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2001, ISBN 88-8312-175-9. Paolo Pisani - Santi, Beati e Venerabili nella provincia di Grosseto Ed. CANTAGALLI Siena (1993) Chiesa e convento dei frati Minori Osservanti, su homolaicus.com.

Chiesa di Sant'Agostino (Cesena)
Chiesa di Sant'Agostino (Cesena)

La chiesa di Sant'Agostino è un edificio di culto cattolico situato in via Scevola Riceputi, nel centro storico di Cesena. Già convento dei frati osservanti, fu ceduto alla fine del XV secolo, per volere di Violante Malatesta, ai frati agostiniani che intrapresero una vasta opera di ristrutturazione e di decorazione della chiesa e del convento. L'opera fu terminata intorno al 1520 e all'epoca conservava al suo interno numerosi dipinti di grande valore andati per lo più dispersi durante l'occupazione napoleonica, tranne la Disputa sull'Immacolata Concezione di Girolamo Genga, oggi alla Pinacoteca di Brera. La forma attuale della chiesa risale a 1748: la facciata su disegno di Luigi Vanvitelli rimasta incompiuta, priva dei previsti rivestimenti marmorei; l'interno a pianta basilicale, ha un'unica navata con tre cappelle per lato, che conservano opere e dipinti di notevole interesse quali: l'Immacolata Concezione, san Giacomo e sant'Erasmo (1670) di Cristoforo Serra, la Strage degli innocenti (1627) di Giovan Battista Razzani, i Santi Sebastiano, Cristoforo e Rocco, Sante martiri, i tre santi agostiniani e la Fede di Giuseppe Milani, terminate nel 1771. Denis Capellini, Guida di Cesena, Città Malatestiana, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2001, ISBN 88-8312-175-9. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Sant'Agostino Chiesa di Sant'Agostino sul sito del Comune di Cesena, su comune.cesena.fc.it.

Teatro Alessandro Bonci
Teatro Alessandro Bonci

Il Teatro Alessandro Bonci (Teatro Comunale fino al 1927) è un teatro di Cesena. Venne inaugurato il 15 agosto del 1846, tre anni dopo l'inizio dei lavori progettati dall'architetto Vincenzo Ghinelli, e si affaccia su Piazza Guidazzi, all'interno della cinta muraria del centro storico cittadino, vicino ai Giardini Pubblici. Dagli esordi si distinse per la rappresentazione di importanti produzioni drammatiche e liriche, con la presenza di noti interpreti italiani del periodo. Il teatro fu poi dedicato nel 1927 al tenore cesenate Alessandro Bonci che qui si esibì più volte. Fa parte del circuito italiano delle Strade Europee dei Teatri Storici. A Cesena le prime notizie di rappresentazioni teatrali risalgono alla fine del 1400, tenute presso alcuni palazzi cittadini come il Palazzo Alidosi (qui Giacomo Casanova, nel 1748 di passaggio a Cesena, vi assistette a un'opera); una parte del palazzo fu acquistato dall'aristocrazia cesenate e qui, dal 1796 al 1797, fu costruito in legno il primo teatro cittadino che chiamarono "Teatro Spada". Col tempo le dimensioni anguste resero necessario costruirne uno più adatto e si decise di abbattere il teatro e ricostruirne uno nuovo. I lavori, su progetto di Vincenzo Ghinelli (ammiratore del Giuseppe Piermarini e delle linee neoclassiche del nuovo Teatro alla Scala di Milano), si protrassero dal 1843 al 1846. L'inaugurazione avvenne il 15 agosto 1846 con la Maria di Rohan di Gaetano Donizetti, con Teresa De Giuli Borsi (soprano) e Gaetano Fraschini (tenore), e con il balletto Beatrice di Gand, con la famosa Fanny Elssler come protagonista. Negli anni seguenti e per tutto il primo novecento, il teatro mantenne un posto di assoluto rilievo nazionale nel campo dell'opera lirica e del melodramma. Nel 1891 il giovane e promettente Alessandro Bonci vi eseguì un'accademia per pagarsi gli studi di canto a Pesaro. Trascorsi pochi anni, Bonci divenne uno dei migliori interpreti italiani, conosciuto e apprezzato all'estero. Nel 1904 Bonci tornò a Cesena per interpretare un Faust di Charles Gounod e poi nel 1927, al ritiro dalle scene, un Requiem e nella occasione gli venne intitolato il teatro. In occasione del 150º anniversario della sua inaugurazione, il 25 gennaio 1996, fu riaperto al pubblico dopo un restauro. Dal 2001 è una delle sedi principali di produzione teatrale dell'Emilia Romagna Teatro. Nell'ultimo dopoguerra, la prosa, già in cartellone del 1862, sostituì poco a poco l'opera nei gusti degli spettatori. Gli anni cinquanta e sessanta sono quelli dei “tutto esaurito” in serie, dei record d'incassi frantumati. Si dà qui di seguito un breve resoconto cronologico di quegli anni: 1952 – Vittorio Gassman esordisce al Bonci con un Amleto. 1954 – Torna a Cesena Peppino De Filippo con compagnia propria e, nella stessa stagione, Nino Taranto. 1956 – Grande successo per Wanda Osiris con La granduchessa e i camerieri. 1957 – Due commedie decretano il successo di Ugo Tognazzi. 1958 – Vittorio Gassman dirige Irma la dolce, il Comune gli conferisce una medaglia d'oro. 1959 – Torna a Cesena Eduardo; Sandra Mondaini, Raimondo Vianello e Gino Bramieri interpretano la commedia musicale Sayonara Butterfly; infine Delia Scala, Nino Manfredi, Mario Carotenuto, Paolo Panelli e il Quartetto Cetra presentano Un trapezio per Lisistrata. 1961 – Rinaldo in campo, regia di Garinei e Giovannini, interpretato da Domenico Modugno, Delia Scala, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. 1962 – La Compagnia Mediterranea di Vittorio De Sica e Eduardo De Filippo presenta Liolà, nella stessa stagione Renzo Ricci recita nel Cardinale di Spagna e, infine, Carlo Dapporto in Babilonia. 1964 – Nuova comicità di Walter Chiari in Buonanotte Bettina, nello stesso anno anche Rugantino con Aldo Fabrizi e regia di Garinei e Giovannini. 1965 – Erminio Macario stabilisce il nuovo record di incasso con Febbre Azzurra. 1966 – In questa stagione: un nuovo successo per Renzo Ricci in Tutto per bene (il Comune gli dona una medaglia d'oro), Romolo Valli ne Il gioco delle parti, Renato Rascel ne Il giorno della tartaruga con la regia di Garinei e Giovannini ed infine, sempre per la regia di questi ultimi, lo spettacolo La voce dei padroni stabilisce un nuovo record al botteghino, con Alighiero Noschese. 1967 – Grande successo per l'attore cinematografico Gino Cervi. 1967 – Prima assoluta de La monaca di Monza di Giovanni Testori, con la regia di Luchino Visconti. 1968 – Grazie a Natale in casa Cupiello e Filumena Marturano Eduardo riscuote nuovamente un grande successo. L'edificio è di chiara derivazione "piermariniana": la facciata presenta un portico in bugnato al primo ordine, colonnato ionico al secondo ordine e una ricca decorazione ad opera del bolognese Gaetano Bernasconi. Sulla facciata si trovano sette figure mitologiche racchiuse in riquadri: Ercole dio della forza, Calliope musa del poema eroico, Venere dea dell'amore, Apollo dio delle arti, Talia musa della commedia, Melpomene musa della tragedia, Clio musa della storia, e un timpano triangolare con l'allegoria del Savio e del Rubicone, e lo stemma della città al centro. Sul fianco destro sono poste due formelle con Tersicore e Bacco, così come su quello sinistro con Polinnia e, di nuovo, Bacco. Entrati dal portale principale ci accoglie un vestibolo con, da un lato, il busto di Alessandro Bonci, dopo si passa al foyer dove possiamo trovare un grande lampadario e delle iscrizioni a ricordo delle esibizioni di celebri esecutori, come Marietta Alboni, Luciano Pavarotti, Giuseppe Verdi e Richard Wagner. La struttura interna del teatro è a ferro di cavallo, con una platea, quattro ordini di palchi e un loggione; il totale è di circa 800 posti a sedere. Il sipario e il bellissimo lampadario sono copie degli originali. Le decorazioni all'interno sono opera del ferrarese Francesco Migliari. Sul soffitto si possono ammirare quattro riquadri con scene della Divina Commedia (L'incontro di Dante e Virgilio con le Furie, Il Conte Ugolino che vede morire i figli, Dante e Virgilio al Purgatorio e L'apparizione del Padre Eterno) intervallate da quattro medaglioni che rappresentano la musa del melodramma, della tragedia, della musica e della poesia; gli stucchi si devono a Mirotti e gli intagli a Giuseppe Casalini. I particolari del Bonci che lo fanno uno dei più apprezzati d'Italia sono: l'acustica e il palcoscenico, la cui ampiezza e profondità lo collocano tra i più ampi nel panorama internazionale. All'interno, in un archivio, si conserva la documentazione della storia secolare del teatro e della musica a Cesena di cui sono testimonianze locandine, manifesti e programmi di sala, fotografie e disegni, costumi e scenografie. La storia del Teatro sul sito ufficiale, su teatrobonci.it. Teatro Comunale Alessandro Bonci su homolaicus.com, su homolaicus.com. Teatro Comunale Alessandro Bonci su queen.it, su queen.it. Denis Capellini, Guida di Cesena, Città Malatestiana, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2001, ISBN 88-8312-175-9. G. Azzaroni, F. Dell'Amore, Pier Giovanni Fabbri, Romano Pieri, A. Maraldi, (a cura di), Un palcoscenico per Cesena. Storia del Teatro Comunale, Società Editrice "Il Ponte Vecchio", Cesena 1997. F. Battaglia, M. Gradara, G. Conti, G. Foschi, Il Teatro Comunale "Bonci" e la Musica a Cesena, Cesena 1992 D. Dell'Amore (a cura di), La scena variabile. Teatro e musica a Cesena dal Medioevo all'Ottocento, Comune di Cesena - Teatro Alessandro Bonci, Cesena 1995. Immagini di teatro, Anni Ottanta a Cesena, fotografie di G. P. Senni, testi di F. Pollini, Cesena 1991. F. Pollini (a cua di), Il teatro di Luigi Veronesi, Società editrice "Il Ponte Vecchio", Cesena 1998. F. Pollini (a cura di), Museo del Teatro, Cesena 1998 F. Pollini (a cura di), Il Suono della Scena, Marco Facondini, Società editrice "Il Ponte Vecchio", Cesena 1999. Teatro Giuseppe Verdi (Cesena) Emilia Romagna Teatro Alessandro Bonci Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su teatro Alessandro Bonci Sito ufficiale, su cesena.emiliaromagnateatro.com.

Chiesa di Santa Maria dei Servi (Cesena)
Chiesa di Santa Maria dei Servi (Cesena)

La chiesa di Santa Maria dei Servi è un edificio di culto cattolico situato in piazzetta Ravaglia, nel centro storico di Cesena. Un preesistente complesso religioso venne probabilmente ricostruito nel 1240, e nel 1367, vi si insediarono i "Servi di Maria". Come per molti degli edifici sacri di Cesena, a fine del ’400 si procedette a una ricostruzione dell'intero complesso. Tra il 1756 e il 1765, la chiesa assunse le forme attuali su progetto di Pietro Carlo Borboni, mentre il convento, ricostruito tra il 1776 e il 1797 da Azzoli, venne poi lasciato incompiuto per l'arrivo dei francesi. Soppresso l'ordine dei Serviti, dal 1834 si insediarono nel complesso i "Missionari del Preziosissimo Sangue". La chiesa costituisce la "fabbrica" dove il talento del Ticino Pietro Carlo Borboni (massimo architetto sia civile che religioso della città a metà Settecento) poté esprimersi più compitamente. Sua è la facciata, sobria, con portale e finestre di gusto borromiano e timpano triangolare; suo il campanile, del tutto simile a quello di Sant'Agostino; suo il progetto dell'interno, ad un'unica navata e sei cappelle con pregevoli stucchi e confessionali. In controfacciata, a sinistra Madonna con Bambino di un autore ignoto; a destra Monumento funebre a Margherita Tiberti (XVI secolo) e Madonna col Bambino, anch'esso di un autore ignoto. Nel presbiterio, Annunciazione del pittore di scuola forlivese Livio Modigliani, eseguita col figlio Gianfrancesco, del 1602; una Pietà; l'altare sormontato do un Crocifisso; quadri conIrene che soccorre San Sebastiano e Gesù crocifisso con San Giovanni Evangelista, Vergine e Maddalena del 1514. L'organo muto (le canne sono state rubate durante la seconda guerra mondiale), con solo le canne di facciata, occupa il transetto sinistro La prima cappella a destra reca Gesù guarisce San Pellegrino Laziosi (XVIII secolo. La successiva presenta, in preziosa ancona lignea, una scultura de La Vergine addolorata con Cristo morto di Giovan Battista Ballanti Graziani . Un dipinto con Gloria di San Filippo Benizi del Lascari (fine Seicento) occupa la terza cappella di destra. A sinistra nella terza cappella si trova un dipinto con San Gaspare del Bufalo fondatore dei Missionari del Preziosissimo Sangue. Segue, in preziosa ancona lignea, il notevole San Carlo Borromeo comunica un appestato di Carlo Saraceni del 1618, donato alla chiesa nel 1676 dal cardinale cesenate Francesco Albizzi; nella cimasa, Assunzione della Vergine di un autore incerto. Infine, nella prima cappella di sinistra si trova una scultura con Angelo e Santa Rita. Denis Capellini, Guida di Cesena, Città Malatestiana, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2001, ISBN 88-8312-175-9. Chiesa di Santa Maria dei Servi sul sito del Comune di Cesena, su comune.cesena.fc.it.

Duomo di Cesena
Duomo di Cesena

Il Duomo di Cesena è la cattedrale di San Giovanni Battista; i lavori iniziarono nel 1385; è il principale luogo di culto cattolico di Cesena, in Romagna, sede vescovile della diocesi di Cesena-Sarsina. Il Duomo non è sempre stato ubicato nella sua attuale posizione. Infatti, prima della signoria Malatestiana esso era collocato all'interno della cittadella rialzata (detta Murata), nell'area oggi occupata dallo Sferisterio di Cesena. Nel 1385 iniziò, per volere di Andrea Malatesta, la ricostruzione in stile romanico-gotico del duomo, che subì col passare dei secoli diverse trasformazioni, ritornando quindi alle sue forme originarie con l'ultimo restauro della seconda metà del XX secolo. Nel luglio del 1960 papa Giovanni XXIII elevò la cattedrale alla dignità di basilica minore. Nel 1378 Galeotto I Malatesta, appena divenuto signore, aveva stabilito che la cattedrale fosse ricostruita nella contrada Croce di Marmo (dove un tempo sorgeva la chiesa di Sant'Antonio Abate), all'incrocio tra la Via Emilia e l'antica Via del Sale per Cervia (oggi corso Gastone Sozzi). I lavori, iniziati nel 1385, si protrassero per circa un ventennio seguendo il progetto iniziale di un architetto originario di Untervaldo (Svizzera) - per questo conosciuto genericamente con il nome di Maestro Underwalden - che lo ideò secondo lo schema ad Hallenkirche (chiesa a sala), tipico del gotico di area germanica. La chiesa tra il 1443 e il 1456 fu dotata di un campanile su progetto del maestro Maso di Pietro di Lugano e per volontà del vescovo Antonio Malatesta da Fossombrone; quest'ultimo fu una figura centrale nello sviluppo della cattedrale e il suo aspetto generale odierno si deve alle sue sistemazioni. Alla sua morte, lo scultore fiorentino Ottaviano di Antonio di Duccio scolpì la sua arcata sepolcrale e diede inizio a un periodo prospero per l'arte della chiesa, che vide impegnati scultori celebri come i fratelli Giovanni Battista e Lorenzo Bregno da Osteno. A cavallo tra '400 e '500 fu poi completata la parte superiore della facciata, su progetto di Mario Codussi. A fine ’500 il vescovo Gualandi rivide la struttura globale della cattedrale e dedicò il piccolo dipinto di Bartolomeo Ramenghi detto il Bagnacavallo alla Madonna del Popolo. Successivi rifacimenti barocchi caratterizzarono il XVII secolo, mentre a metà '700 la Madonna del Popolo fu definitivamente collocata nella nuova cappella dedicata appunto alla Madonna del Popolo, edificata tra il 1746 e il 1748 su progetto di Pietro Carlo Borboni e affrescata da Corrado Giaquinto tra il 1750 e il 1751. Dopo un ritorno alle origini con l'eliminazione delle aggiunte barocche, tra il 1886 e il 1892 l'architetto Gualandi conferì alla cattedrale un nuovo volto falso gotico. Infine, nel triennio 1957-1960 il restauro definitivo: l'eliminazione delle volte interne neogotiche, un nuovo soffitto, l'eliminazione degli altari ottocenteschi, una nuova cripta e la muratura delle finestre sulla facciata portarono la chiesa all'aspetto attuale, del tutto simile a quello originale. L'esterno dell'edificio colpisce per la sobrietà tipicamente romanica, in laterizio, con otto lesene a interrompere la piatta uniformità della facciata. La parte superiore, progettata da Mario Codussi e di ascendenza veneta, presenta un frontone triangolare, due timpani semicircolari e due pilastrini; al centro si trova una coppia di lesene ornate con un occhio ornato di fregio a serafini. La rimanente decorazione della facciata si limita ad un'iscrizione (a destra del portale) con indulgenza plenaria concessa alla città da papa Pio VI, del 9 luglio 1793, e una nicchia con Madonna col Bambino di Vincenzo Gottardi del 1510. A sinistra della cattedrale, infine, troviamo una statua in bronzo di San Giovanni Battista degli anni ottanta, dello scultore Leonardo Lucchi. Il portale in pietra strombato, a tutto sesto, conferisce maestosità e grazia alla facciata; la tradizione lo vorrebbe proveniente dall'antica chiesa di San Lorenzo e qui posto per volontà di Antonio Malatesta, ma vi sono possibilità che sia originale della fabbrica del Duomo. La porta in bronzo (2000) è opera dello scultore cesenate Ilario Fioravanti e illustra le virtù di San Giovanni Battista: nell'arco sono presenti la Madonna del Popolo con san Mauro e san Vicinio, sotto sono illustrati i Quattro Evangelisti e la glorificazione del Cristo, sui battenti Episodi della vita del santo con incontro col Cristo, nella parte interna delle maniglie troviamo i Santi Francesco d'Assisi, Chiara, Ambrogio e Carlo. Il campanile è situato sul fianco posteriore sinistro del Duomo. Esso fu eretto tra il 1443 e il 1456 su progetto di Maso di Pietro della Val Lugano, venne dotato di una cella campanaria nel 1741 e dell'originale cupoletta nel 1753, fino a raggiungere l'altezza di 72 metri. La struttura interna è a tre navate, con capriate lignee per la centrale e soffitto a crociera per le laterali. In controfacciata, sopra l'ingresso, si può ammirare La Beata Vergine col Bambino, gli angeli, i Santi Mauro e Severo, la città di Cesena e i martiri Eugario, Firmio, Genesio e Concordia di Girolamo Cialdieri (1625, proveniente dalla distrutta chiesa di San Severo), e sopra troviamo una lapide del 1650 con ovale contenente La Vergine e il Bambino e un'iscrizione a ricordo di Pier Giacomo Beccarini, benefattore della Compagnia della Madonna del Popolo; seguono un'Urna di san Mauro in rame del 1645 e, sopra, la Scultura di sant'Antonio Abate della bottega del Bregno (XVI secolo). Nella navata di destra è presente il Crocifisso, in legno, detto di "San Zenone" del XV secolo; poi un'arca sepolcrale, in pietra d'Istria, del vescovo Antonio Malatesta da Fossombrone del 1467 di Ottaviano di Antonio di Duccio; quindi il celebre Altare del Corpus Domini del 1494 di Giovanni Battista Bregno: è questa la massima scultura conservata nella Cattedrale e raffigura il Cristo, San Giovanni Battista, San Giovanni Evangelista, l'Arcangelo Gabriele, l'arcidiacono Carlo Verardi (il committente dell'opera) e il nipote Camillo (un cavaliere pontificio). Continuando, sopra la porta laterale, ammiriamo San Girolamo di Livio Modigliani, segue un paliotto commemorativo del vescovo Augusto Gianfranceschi e i resti della cappella di San Tobia, che oggi è sede del Museo della Cattedrale. Nell'abside sono presenti due grandi quadri di Giuseppe Milani dipinti nel 1782 in onore di papa Pio VI (Nascita e Martirio di san Giovanni Battista); le vetrate, di Nicola Sebastio (1981), effigiano il Magnificat, il Battesimo di Cristo e il Martirio di san Giovanni Battista. La nicchia che introduce nella navata sinistra presenta il frammento di affresco della Santissima Trinità adorata da San Francesco e dal canonico Cesare Isolani, di Antonio Aleotti del 1509, e il sarcofago di San Severo (1644-1645); seguono l'antichissima Meridiana di Marinace Vescovo, del 1022 proveniente dal vecchio Duomo, e la porta d'accesso alle sacrestie: nella prima sono presenti degli armadi di Fabio Urbino e soffitto a cassettoni del XV secolo, nella seconda si ammira un prezioso lavabo rinascimentale. Ancora sulla navata sinistra troviamo: San Severo venerato da Carlo e Camillo Verardi del Gottardi del 1490, un bassorilievo con Compatrono, i due committenti, due angeli e folla di fedeli, infine segue una porta laterale con un quadro raffigurante la Madonna e Bambino con Sant'Antonio da Padova. Proseguendo troviamo la Cappella della Madonna del Popolo e successivamente un trittico scultoreo con i Santi Cristoforo, Leonardo e Eustachio di Lorenzo Bregno (1514-1517); il battistero infine presenta degli affreschi risalenti al XVI secolo con San Vincenzo Ferreri e San Rocco, infine, il fonte battesimale è del 1541. Nella cripta sono custodite le spoglie di San Mauro, vescovo e patrono della città. A metà navata (in perfetta corrispondenza con l’Altare del Corpus Domini) scorgiamo la Cappella della Madonna del Popolo di Pietro Carlo Borboni (1746-1748): essa è a pianta quadrata con colonne, agli angoli, in stile corinzio e marmi policromi; sono presenti gli affreschi di Corrado Giaquinto del 1750, nella calotta semisferica c'è La genealogia della Vergine, raffigurante il Paradiso con la Vergine, il bambino Gesù e i personaggi dell'Antico Testamento; nei pennacchi I profeti Baruc, Ezechiele, Isaia e Geremia. L'altare presente del 1882 è stato fabbricato su progetto di Francesco Vespignani e Filippo Viti. Nell'ancona veneriamo La Madonna del Popolo (di Bartolomeo Ramenghi detto il Bagnacavallo, 1520), centro di culto popolare, così denominata dal 1599 per volere del vescovo Camillo Gualandi e del cappuccino Padre Girolamo da Forlì, dove qui fu collocata nel 1683. Gli stucchi della cappella sono di Pietro Martinetti, i preziosi marmi di Giovanni Fabbri (1753-1759), mentre gli angeli in stucco sulle porte laterali sono di Antonio Trentanove (1795-1796). Alcune iscrizioni completano il ricco apparato: due ricordano la visita di Papa Pio VI avvenuta nel 1782, una rammenta la visita di Papa Giovanni Paolo II dell'8 maggio 1986, un'altra la visita di Papa Francesco del 1º ottobre 2017, un'altra ancora un episodio miracoloso durante la seconda guerra mondiale con protagonista il vescovo Beniamino Socche. In fondo alla navata di destra su una pensilina, si trova l'organo costruito nel 1962 dalla Famiglia Artigiana Fratelli Ruffatti di Padova, che per quanto possibile, curò di utilizzare materiale derivante dal vecchio organo “Laudani e Giudici” del 1898, danneggiato da eventi bellici e posto originariamente in cantoria sopra il portale d'ingresso. La stessa nel 1985 revisionò lo strumento migliorandone il quadro fonico, in modo da aumentare le possibilità espressive dell’organo. Lo strumento possiede N° 2121 canne, 2 tastiere di 61 note ciascuna, pedaliera concavo radiale di 32 note e N° 34 registri (tra cui 26 reali e 8 trasmessi, derivati o prolungati). La trasmissione degli impulsi tra consolle e organo avviene col sistema elettronico multiplex, su un singolo cavo coassiale, che dà, tra l’altro, la possibilità all’organista di memorizzare ben 64 combinazioni diverse di registri. Il 1º giugno 2008, in base a un'antica norma di diritto canonico, l'ex-vescovo di Cesena Antonio Lanfranchi dispose la celebrazione di una messa "riparatrice", a seguito dello scandalo suscitato da una coppia sorpresa in un confessionale della cattedrale nell'atto di consumare un rapporto sessuale. Pierluigi Moressa, Guida storico-artistica di Cesena e del suo comprensorio. Il monte, il ponte, il fonte, Forlì, Foschi, 2008, ISBN 978-88-89325-43-8. Touring Club Italiano, La provincià di Forlì-Cesena: Terra del Sole, Bertinoro, Longiano, Cesenatico, Milano, Touring Editore, 2003, ISBN 88-365-2908-9. Denis Capellini, Guida di Cesena, Città Malatestiana, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2001, ISBN 88-8312-175-9. Marino Mengozzi, Storia della Chiesa di Cesena, Cesena, Stilgraf, 1998. Diocesi di Cesena-Sarsina Museo diocesano e della cattedrale di Cesena Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla cattedrale di San Giovanni Battista a Cesena Duomo di San Giovanni Battista sul sito del Comune di Cesena, su comune.cesena.fc.it. URL consultato il 18 aprile 2011 (archiviato dall'url originale il 9 marzo 2012). La cattedrale: storia e descrizione (PDF), su chieseinsieme.it (archiviato dall'url originale il 24 luglio 2019). Chiesa di San Giovanni Battista (Cesena) su BeWeB - Beni ecclesiastici in web

Eccidio della Rocca Malatestiana
Eccidio della Rocca Malatestiana

L'eccidio della Rocca Malatestiana è stata una strage fascista compiuta a Cesena il 3 settembre 1944 dalla XXV Brigata Nera "Arturo Capanni" e nella quale furono uccisi otto partigiani. Nell'estate 1944, con il progressivo avanzare degli Alleati verso l'Italia settentrionale, anche nella zona di Cesena si registrò un'intensificazione dell'attività partigiana contro i tedeschi e i loro alleati della Repubblica Sociale Italiana. Alle azioni della Resistenza i fascisti cesenati risposero con una brutale attività repressiva operata principalmente dalla Brigata Nera "Arturo Capanni", guidata dal locale segretario del Partito Fascista Repubblicano Guido Garaffoni. La durezza di tale operato fu riscontrata persino dalle stesse autorità della RSI che ordinarono agli uomini del battaglione M "Venezia Giulia", di stanza a Cesena e che nei mesi precedenti aveva compiuto in zona rappresaglie ed eccidi, di aprire un'indagine sugli uomini di Garaffoni. Per smantellare il movimento partigiano della zona i repubblichini si avvalsero di una estesa rete di delatori e spie che riuscì a far catturare numerosi antifascisti e renitenti alla leva. Il 18 agosto, grazie ad una delazione la Brigata Nera catturò e fucilò otto uomini al ponte di Ruffio. Nei giorni che seguirono questa strage i fascisti continuarono le loro operazioni dirette a colpire il movimento partigiano nella pianura a nord-est di Cesena arrestando e fermando chiunque fosse sospettato. A Villalta di Cesenatico, grazie ad una spiata, vennero catturati i fratelli Dario, Clara, Gino ed Urbano Sintoni. Assieme a loro fu fermata anche la cognata Iris Casadio. Negli stessi giorni, nella vicina frazione di Bagnarola fu arrestato nella sua casa Gino Cecchini. Nella medesimo luogo furono fermati anche Gino Quadrelli, Sebastiano Sacchetti ed Oberdan Trombetti. I quattro uomini erano ricercati perché sospettati di aver compiuto un sabotaggio antitedesco nel porto canale di Cesenatico. Dopo essere stati catturati il gruppo dei prigionieri venne condotto nelle carceri della Rocca Malatestiana e sottoposto ad interrogatori e torture. Tra i fermati di quegli stessi giorni vi fu anche Adamo Arcangeli. Il 22 agosto i repubblichini, grazie all'ennesima spiata, fecero un blitz in una casa della frazione di San Giorgio dove si stava tenendo una riunione della resistenza cesenate. In tale circostanza rimasero uccisi due uomini, uno dei quali era Ernesto Barbieri, presidente del CLN di Cesena. Una terza persona, Urbano Fusconi, riuscì temporaneamente a fuggire salvo poi essere catturato e condotto anch'egli alle carceri della Rocca Malatestiana. La notte tra il 3 ed il 4 settembre Arcangeli, Fusconi, i fratelli Gino ed Urbano Sintoni, Cecchini, Quadrelli, Sacchetti e Trombetti vennero legati ad una corda e condotti allo sferisterio antistante la Rocca Malatestiana. Qui furono fucilati da un plotone d'esecuzione della Brigata Nera. Adamo Arcangeli, classe 1920, di Cesenatico; Gino Cecchini, classe 1911, di Cesenatico; Urbano Fusconi, classe 1923, di Cesena; Gino Quadrelli, classe 1913, di Cesenatico; Sebastiano Sacchetti, classe 1912, di Cesenatico; Gino Sintoni, classe 1912, di Cesena; Urbano Sintoni, classe 1907, di Cesena; Oberdan Trombetti, classe 1909, di Bologna. Nell'ottobre successivo, a fronte dell'avanzata alleata, i nazifascisti abbandonarono in tutta fretta Cesena ritirandosi verso nord. I vertici del fascismo locale e la Brigata Nera "Capanni" si trasferirono così a Thiene, in provincia di Vicenza, dove continuarono la loro opera di repressione anti-partigiana. Pochi giorni dopo la Liberazione giunse a Thiene un gruppo di partigiani romagnoli che, una volta trovati nelle carceri locali alcuni membri della Brigata Nera cesenate, tra cui il capitano Garaffoni, li prelevò e li uccise per vendetta nei boschi circostanti. Il 4 gennaio 1947 la corte d'assise di Forlì, per lo specifico fatto della Rocca Malatestiana, assolse Agostino Belli e Urbano Briganti rispettivamente per non aver commesso il fatto e per insufficienza di prove. Il 10 gennaio 1947 la Corte d'Assise straordinaria di Forlì processò nove tra ex-fascisti e delatori accusati di aver partecipato ad alcuni eccidi avvenuti a Cesena e dintorni. Il tribunale condannò per l'eccidio della Rocca Malatestiana solamente Augusto Battistini, punito con la pena dell'ergastolo. La Cassazione annullò la sentenza e rinviò il dibattimento alla Corte d'assise di Perugia. Il tribunale umbro condannò Battistini a ventiquattro anni di reclusione, sedici dei quali condonati. Presso lo sferisterio di Cesena, teatro dell'eccidio, è stata scoperta una lapide a ricordo delle vittime. Presso il cimitero di Cesenatico un sacrario ricorda i partigiani morti nella guerra di Liberazione tra cui anche i Caduti dell'eccidio della Rocca Malatestiana. A Forlì le vittime, tranne il bolognese Trombetti, sono ricordate nel sacrario dei Caduti per la Libertà. A Cesenatico sono state intitolate strade ai fratelli Sintoni, a Quadrelli e ad Arcangeli. A Cesena una via è stata intitolata ai fratelli Sintoni.