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Castello del Valentino

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Castello del Valentino (8062075958)
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Il Castello del Valentino è un'antica residenza sabauda, nonché edificio storico di Torino, situato nell'omonimo Parco del Valentino, sulle rive del fiume Po. Di proprietà del demanio dal 1850 e in seguito assegnato al Politecnico di Torino, ospita la sede del Dipartimento di Architettura e i relativi corsi di laurea triennali e magistrali. Dal 1997 l'edificio è inserito nella lista del patrimonio dell'umanità come elemento parte del sito seriale UNESCO Residenze Sabaude.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Castello del Valentino (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Castello del Valentino
Viale Medaglie d'Oro, Torino San Salvario

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Viale Medaglie d'Oro
10125 Torino, San Salvario
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Castello del Valentino (8062075958)
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Luoghi vicini

Chiesa di San Giovanni Evangelista (Torino)
Chiesa di San Giovanni Evangelista (Torino)

La chiesa di San Giovanni Evangelista è una delle chiese che san Giovanni Bosco (conosciuto comunemente come Don Bosco) fece edificare nella Torino del XIX secolo; è sita in corso Vittorio Emanuele II al n. 13, nell'isolato fra via Madama Cristina e via Ormea, in voluta prossimità del Tempio valdese. La chiesa è chiamata "San Giovannino" per distinguerla dalla cattedrale dedicata a San Giovanni Battista, patrono della città. Don Bosco la pensò a lungo, unitamente all'istituto annesso, perché riteneva che per incidere profondamente nella zona non bastasse l'oratorio San Luigi, che aveva fondato nel 1847. Una volta superati gli ostacoli, soprattutto per l'acquisto del terreno, diviso in tanti piccoli appezzamenti, decise di non badare a spese, per ottenere che la chiesa figurasse degnamente fra gli edifici che si venivano allineando lungo il corso dedicato al re Vittorio Emanuele II. L'architetto, conte Edoardo Arborio Mella, disegnò una chiesa ispirandosi allo stile romanico lombardo del XIII secolo. La pietra angolare fu collocata il 14 agosto 1878, con la benedizione dell'arcivescovo Gastaldi. Nel 1882 la chiesa era terminata e il 28 ottobre fu solennemente consacrata. La prima messa fu celebrata da Don Bosco verso mezzogiorno. La chiesa occupa un'area rettangolare di circa 60 m in lunghezza per 22 m in larghezza. Sulla facciata s'innalza il campanile a 45 m di altezza. L'interno della chiesa è diviso in tre navate, quella centrale doppia in dimensioni rispetto alle laterali. La navata centrale termina in un'abside semicircolare, conclusa da una volta a bacino, in cui campeggia un dipinto ad uso mosaico alla bizantina del pittore torinese Enrico Reffo, che raffigura il Calvario e il momento in cui Gesù crocefisso pronuncia le parole del suo testamento: "Donna, ecco tuo figlio", e al discepolo prediletto, san Giovanni: "Ecco la Madre tua". Le navate laterali si prolungano attorno all'abside formando un ambulacro ad anello che circonda la navata centrale. L'arcata di mezzo, che misura 19 m di altezza, e quelle laterali di 8 m, sono sorrette da una serie di pilastri alternativamente dell'altezza di 6 m e di 12 m, dando luogo a 6 arcate per parte: i pilastri sono adorni di colonnette per metà sporgenti, con capitelli cubiformi, ornati con la croce. Nelle cinque finestre circolari sottostanti il dipinto sono rappresentati, su vetro (in ordine da sinistra), san Pietro, san Giacomo, San Giovanni, sant'Andrea e san Paolo: opera del pittore Pompeo Bertini di Milano. I sette medaglioni sulle pareti laterali e sopra la porta centrale (3+3+1) raffigurano i sette vescovi dell'Asia minore nominati nell'Apocalisse, cioè i vescovi delle chiese di Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia e Laodicea. I medaglioni sono opera di Enrico Reffo. Sono pure del Reffo i due grandi quadri sulle pareti laterali del presbiterio, manifestanti l'apostolato e la carità di San Giovanni Evangelista. Nella volta sopra il presbiterio sono dipinti l'Agnello e due gruppi di angeli. Il concetto dell'artista Giuseppe Rollini è tolto dall'Apocalisse: l'Agnello di Dio, Gesù Cristo, rompe i sigilli che chiudevano il libro contenente i futuri destini della Chiesa, mentre i cori angelici sciolgono all'Agnello un inno di lode e di vittoria. Infine, accanto al portale principale, appena entrati sulla destra, campeggia una sontuosa statua dedicata a papa Pio IX, opera dello scultore Francesco Confalonieri, che don Bosco volle come monumento di riconoscenza per gli insigni benefici da lui ricevuti. L'organo, desiderato da Don Bosco, fu commissionato e affidato nel 1882 al Cav. Giuseppe Bernasconi di Varese per la realizzazione. Fu inaugurato nella prima settimana di luglio di quell'anno con concerti mattutini e serali, eseguiti, tra gli altri, da Carlo Galli, Roberto Remondi e dal maggiore organista dell'epoca Vincenzo Petrali di Bergamo. Vi parteciparono almeno cinquantamila persone, paganti il biglietto, come riportano gli annuali. L'organo, a trasmissione meccanica, era già dotato di tre tastiere, una pedaliera di 22 pedali e varie <> quali timpano, rullo e grancassa, tam-tam, un grande meccanismo per unire all'organo le campane del campanile della chiesa, il distacco dei piatti dalla grancassa e il campanello per avvisare il tiramantici. Il giornale L'Unità Cattolica scriveva che il Cav. G. Bernasconi «seppe fabbricare un organo giudicato dagli esperti non solo per migliore di Torino, ma per uno dei migliori d'Italia». Furono rilevati difetti nella funzionalità dello strumento, e intorno alla metà degli anni trenta, si fece restaurare. Lo strumento, costruito secondo i canoni vigenti alla fine dell'Ottocento, e perciò adeguato alle interpretazioni delle musiche di carattere melodrammatico, subì una rivoluzione tecnica (leva Barker) in consonanza alla trasformazione del gusto musicale. Con l'introduzione dell'organo sinfonico-orchestrale la ditta Baldi di Torino, incaricata dell'opera di restauro, nel 1920 trasforma la trasmissione da meccanica in pneumatica, essendo quella meccanica giudicata complicata e facilmente deteriorabile, apportando significativi cambiamenti all'assetto fonico dell'organo. In seguito, venne nuovamente modificata nel 1935 la trasmissione, che divenne elettrica. Dopo l'intervento della ditta Baldi, l'organo non ha subito interventi per cinquant'anni, perciò i danni causati allo strumento sono attribuibili al trascorrere del tempo. L'organo Bernasconi non fu più riportato alla sua originalità a causa della trasformazione operata dalla ditta Baldi. Un semplice restauro sarebbe stato riduttivo per lo strumento, sia per l'impostazione dei registri, sia per il sistema di trasmissione pneumatico complesso e lento: attualmente si richiedono omogeneità, ricchezza fonica ed equilibrio tra i corpi sonori. Fu decisa per il nuovo organo la trasmissione elettrica aggiornata, e, per l'impianto fonico la possibilità di suonare l'intera letteratura organistica. Soprattutto, secondo le nuove disposizioni liturgiche del Concilio Vaticano II, contenute nella Sacrosantum Concilium e nei documenti pastorali ispirati a quella costituzione, l'ubicazione del coro è preferibile tra l'assemblea orante, che può, aiutata dalla musica liturgica, cantare le parti proprie. e così essere agevolmente il soggetto della celebrazione liturgica: perciò l'organo è stato collocato a diretto contatto con l'assemblea. Ottenuto, dunque, il parere positivo della Commissione Organi e della Sovrintendenza ai Monumenti, fu deciso il trasferimento dalla cantoria all'abside a cura della Fabbrica Artigiana d'Organi Francesco Michelotto di Albignasego (Padova), nel 1983. L'organo fu inaugurato il 4 maggio 1985 con quattro concerti tenuti da Giovanni Borra, Guido Donati, Massimo Nosetti e Arturo Sacchetti. In concomitanza col Bicentenario della nascita di Don Bosco (1815-2015), l'organo è stato rimesso a nuovo con un primo intervento di pulitura, e con la successiva installazione del centralino elettronico ed ampliamento fonico affidato alla Bottega Organara di Roberto Curletto di Vinovo (To). Il nuovo organo, su progetto fonico del M° Stefano Marino (organista titolare della chiesa di San Giovanni Evangelista) è stato inaugurato il 27 maggio 2016 con un concerto del giovane organista M° Gabriele Agrimonti. Roberto Dinucci, Guida di Torino, Torino, Edizioni D'Aponte, p. 191 Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Giovanni Evangelista

San Salvario
San Salvario

San Salvario (San Salvari in piemontese) è uno storico quartiere della Circoscrizione 8 di Torino, situato a sud-est del centro storico. Nella sua parte orientale è presente il Parco del Valentino, il più famoso parco torinese, lungo la sponda sinistra del Po. Il quartiere è anche noto per la diffusa popolazione multietnica, presente soprattutto in prossimità della stazione ferroviaria di Porta Nuova.È delimitato: a nord, da Corso Vittorio Emanuele II (confine con il Borgo Nuovo del Centro) a est, dal fiume Po (confine con i quartieri Borgo Po e Cavoretto) a ovest, dal tratto ferroviario Torino-Genova (confine con Crocetta) a sud, da Corso Bramante - Ponte Franco Balbis (confine con Nizza Millefonti). È uno dei quartieri centrali più verdi di Torino, poiché nella sua parte orientale, cioè quella a ridosso della sponda sinistra del fiume Po, è situato il noto parco del Valentino nato come parco di residenza estiva dei Savoia ora adibito a parco pubblico, ricco di percorsi pedonali, locali e circoli, ospita altresì il castello omonimo, oggi sede della Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, più il pittoresco Borgo Medievale. La parte occidentale invece è costituita da strette vie e vecchie case, a ridosso di via Madama Cristina-via Nizza e il tratto ferroviario della Stazione Porta Nuova. Già sito di reperti sia di epoca romana sia altomedioevale, il toponimo del quartiere deriva dalla chiesetta (e relativo convento) del 1646, posta sull'odierna via Nizza angolo corso Marconi, a ridosso dei palazzi postali della vicina ferrovia di Stazione Porta Nuova. La chiesetta nacque come San Salvatore di Campagna, o San Solutore (nome riferito a Gesù Cristo Salvatore), quindi successivamente accorciato, dal piemontese Salvari, in Salvario. La chiesetta fu voluta da Madama Cristina, moglie del re Vittorio Amedeo I di Savoia, che desiderava un luogo di culto vicino alla residenza estiva del Castello del Valentino, quest'ultimo sorto nel periodo 1630-1660 per opera degli architetti Carlo e Amedeo di Castellamonte. Quest'ultimo la edificò nel 1646, ma già sette anni dopo vi si insediarono i Servi di Maria, aggiungendovi un convento e un ospedale, quindi ancora Casa delle Serve della Carità di San Vincenzo dé Paoli. Il complesso perse importanza con la soppressione degli ordini religiosi nel 1802, quindi con la secolarizzazione dei beni ecclesiastici nel 1866 e, sempre in quel periodo, la nascita della vicina parrocchia dei Santi Pietro e Paolo Apostoli di Largo Saluzzo. Lo sviluppo urbano intorno alla chiesa di San Salvario fu documentato già da delle carte del 1790, quando era già in progetto una espansione del centro cittadino torinese verso sud, in ciò che diventerà il "Borgo Nuovo" nel 1814-1822 (ovvero la zona situata tra Corso Vittorio Emanuele II, "Via Nuova" - attuale via Roma - e il Lungo Po di Corso Cairoli). Dalla cosiddetta "Porta Nuova di Torino infatti, si usciva direttamente per recarsi sull'attuale via Nizza, quindi sul Corso del "Valentino", poi ribattezzato Corso Marconi, il quale arrivava fin al Castello del Valentino. Per uno sviluppo vero e proprio del borgo bisognerà aspettare l'abbattimento della cinta muraria torinese nel 1840, quando il quartiere cominciò a popolarsi di una nuova borghesia.Nel 1853 fu inaugurata la linea ferroviaria per Genova, ma l'edificio della Stazione Porta Nuova fu iniziato soltanto nell'anno dell'Unità d'Italia (1861), su progetto di Alessandro Mazzucchetti e di un giovane Carlo Ceppi, e terminata soltanto nel 1868, senza inaugurazioni. I successivi ampliamenti della stazione, come lo Scalo Vallino e l'area postale su via Nizza, furono parzialmente colpiti dai bombardamenti della seconda guerra mondiale dell'8 dicembre 1942 e 13 luglio 1943, per cui è frequente il ritrovamento di residuati bellici nella zona.Come capitale dell'appena nato Regno d'Italia (1861), l'amministrazione torinese decise di ampliare il Parco del Valentino, per idea del consigliere Nomis e su imitazione degli eleganti parchi inglesi e francesi, opera del paesaggista francese Barillet-Deschamps.Il ponte sul fiume Po di Corso Dante, opera dell'ingegnere Ghiotti e dedicato alla principessa Isabella di Baviera, futura moglie di Tommaso di Savoia-Genova, fu terminato soltanto nel 1880. Nel periodo 1873-1876 fu edificata, su disegno di Edoardo Arborio Mella, la Chiesa del Sacro Cuore di Gesù di via Nizza, 56, mentre, in occasione dell'Esposizione generale italiana del 1884, venne realizzato il cosiddetto Borgo Medioevale del Parco del Valentino, su progetto di Alfredo d'Andrade.Nel 1889 l'architetto Carlo Ceppi fu chiamato a progettare la chiesa del Sacro Cuore di Maria di via Morgari, 9, mentre nel 1898, in occasione dell'esposizione nazionale per i cinquant'anni dello Statuto Albertino, a realizzare la Fontana dei Dodici Mesi del Parco del Valentino.Nel periodo 1848-1898 sorsero alcune eleganti palazzine, soprattutto nella zona di via Nizza, via Bidone, via Giuria e Corso Massimo d'Azeglio, a ospitare parte della Facoltà di Medicina e di Chimica e Fisica dell'Università degli Studi di Torino, oltre che le scienze infermieristiche dell'Istituto Rosmini sulla via omonima. Se le esposizioni generali del 1884 e 1898 diedero un forte slancio architettonico al quartiere, l'esposizione internazionale del 1911 fu un ulteriore successo. In tale occasione il già elegante e prestigioso ponte di Corso Vittorio Emanuele II sul fiume Po, realizzato soltanto quattro anni prima e dedicato a Umberto I, fu arricchito di ulteriori statue per il cinquantenario dell'Unità d'Italia. Per il decennale della fine della prima guerra mondiale poi, fu decisa la costruzione di un terzo ponte sul fiume Po, quello di Corso Bramante, terminato nel 1927 e dedicato a Vittorio Emanuele III, quindi rinominato e dedicato al partigiano torinese Franco Balbis nel 1948. Nel 1930 fu eretto l'imponente Arco del Valentino su Corso Cairoli, dedicato all'Arma dell'Artiglieria, su progetto di Pietro Canonica; nello stesso periodo, l'imponente edificio neoclassico dell'Istituto elettrotecnico nazionale Galileo Ferraris. Otto anni più tardi verrà poi realizzato il complesso di Torino Esposizioni, sorto come esposizione nazionale per la Moda, da un'idea di Ettore Sottsass. Salvo che per le prime officine Fiat, che dalla storica sede di corso Dante/corso Massimo d'Azeglio furono ben presto trasferite nella sede Lingotto nel 1915, il quartiere non ebbe uno sviluppo industriale. Lo sviluppo economico si accentrò solo sul lavoro di scarico merci sul lato orientale della ferrovia di Porta Nuova. L'unica industria di un certo rilievo, dal 1929, fu la Microtecnica di Piazzetta Graf, nota nel settore aerospaziale e ancor oggi attiva, assorbita dalla statunitense United Technologies Corporation. Attualmente il quartiere ospita svariate attività culturali, artigianali e di terziario in genere. Sul finire del XX secolo si sviluppò, inoltre, una vivace vita notturna, specialmente nella zona tra via Madama Cristina e via Nizza. Ai locali multietnici, si sono aggiunti pub, rhumerie, bistrot, ristoranti e rosticcerie di ogni tipo e di ogni etnia, tuttavia in degli spazi relativamente ridotti. Il quartiere ospita altresì due mercati rionali, uno in piazza Madama Cristina e l'altro in piazza Nizza (fino al termine dei lavori della Metropolitana di Torino ospitato provvisoriamente in corso Raffaello). Il quotidiano torinese La Stampa, uno dei maggiori a livello nazionale, ha le sue sedi (subito dopo la prima sede di nascita di via Roma) proprio in questo quartiere, dapprima in via Marenco, vicino al Parco del Valentino e, dal 2012, in via Lugaro. Oltre alle sedi culturali già citate, il quartiere ospita altresì il museo di antropologia criminale "Cesare Lombroso" e quello di anatomia umana "Luigi Rolando", più il Museo della Frutta (Collezione "Francesco Garnier Valletti"), il Teatro Nuovo (di epoca contemporanea a Torino Esposizioni), il Cineteatro Baretti, nell'omonima via, quasi in Largo Saluzzo, infine il Teatro Colosseo (del 1969), su via Madama Cristina. Negli anni 1990, il quartiere vide la nascita di decine di associazioni socio-culturali multietniche, ancor oggi esistenti e che, nel 2003, si unificarono in un'unica agenzia onlus per lo sviluppo locale. Nel 2010 l'agenzia aprì la sua sede alla Casa del Quartiere di via Morgari angolo via Belfiore, (adiacente alla chiesa del Sacro Cuore di Maria) come sede centrale ricreativa, culturale e multietnica. Dal 2013 - 2014, l'area dell'ex Scalo Vallino (tra via Nizza e la linea ferroviaria, a sud della stazione) è oggetto di lavori di riqualificazione per un nuovo campus universitario, sul progetto Clinical Industrial Research Park ("CIR Park"), in collaborazione con il Centro Universitario Dipartimento di Biotecnologie Molecolari di via Nizza, 52. All'interno dell'area, una via di nuova costruzione è stata intitolata nel dicembre 2020 al cantautore e ferroviere Gianmaria Testa. Parrocchia del Sacro Cuore di Maria, di Carlo Ceppi (1887), sita in via Morgari, 9. Parrocchia-Santuario del Sacro Cuore di Gesù, di via Nizza, 56, fu voluta da monsignor Gastaldi sulle rovine dell'allora cascina Pertusa, con disegni dapprima in stile neogotico, poi trasformati in neoromanico, dall'architetto vercellese Arborio Mella, fu completata nel 1876. Parrocchia dei San Pietro e Paolo Apostoli, sita in Largo (già via) Saluzzo, 25, sorta nel 1852 come succursale della chiesa B.V. delle Grazie del quartiere Crocetta), sempre col nome di San Salvatore, quindi terminata nel 1865 e dedicata ai San Pietro e Paolo Apostoli, oggi importante centro religioso multiculturale. Chiesa di San Giovanni Evangelista Chiesa di San Salvario, situata in Via Nizza all'incrocio con corso Marconi. Fu costruita in stile barocco nel 1645 per opera di Carlo e Amedeo di Castellamonte sull'impianto della precedente chiesa dedicata a San Salvatore risalente del XII secolo. L'altare della cappella è intitolato alla Vergine Immacolata e realizzato con marmi policromi da Frabosa, Busca e Valdieri. Dà il nome al quartiere. Sinagoga ebraica, sita in via San Pio V, in quel tratto pedonalizzata per ragioni di sicurezza (dando così luogo alla Piazzetta Primo Levi), fu innalzata nel 1880-1884 dall'architetto Enrico Petitti, grazie all'allora comunità ebraica, che avevano rinunciato all'iniziale sito del loro tempio in quel che sarà la futura Mole Antonelliana. Tempio Valdese, eretto nel 1853 su Corso Vittorio Emanuele II e relativo Ospedaletto Valdese. Il quartiere vanta anche diversi edifici in stile Liberty torinese degne di rilievo, come le prime officine Fiat, le officine meccaniche in Corso Raffaello e Villa Javelli, in via Petrarca, 44, opera del 1904 dell'architetto Raimondo d'Aronco. Verso la zona Corso Massimo d'Azeglio, si trovano alcuni edifici architettonici sedi di storiche facoltà universitarie, di cui alcuni sempre in stile Liberty torinese, quali il Museo di Anatomia Umana Luigi Rolando (Corso Massimo d'Azeglio, 52), provvisto di una bizzarra stretta torretta medioevale, e che ospita, sul retro (via Pietro Giuria), il Museo di Antropologia Criminale Cesare Lombroso; oppure la massiccia facciata, con colonnato bianco, dell'antica sede dell'Istituto elettrotecnico nazionale Galileo Ferraris (Corso Massimo d'Azeglio, 44). Piccolo obelisco commemorativo dell'11 marzo 1821, data del giuramento alla "Libertà d'Italia" del periodo risorgimentale e dei moti di Santorre di Santa Rosa, posto in Largo Marconi, proprio vicino alla chiesetta San Salvario. Monumento a Felice Govean, giornalista massone del XIX secolo, simbolo della libertà del giornalismo torinese dell'epoca. La bronzea statua, alta 7 metri appoggiata su un basamento in pietra di 4 metri, rappresenta il mezzo busto del giornalista su una colonna, con alla base un ragazzino che tiene una penna e una bandiera italiana; fu eseguito dallo scultore Francesco Sassi nel 1906. L'opera si trova nella piazzetta omonima, alla confluenza di V. M. Cristina/V. Belfiore/V. Petrarca. Il Condominio 25 Verde è un edificio residenziale che rappresenta il primo esperimento di bioarchitettura ecosostenibile in città su progetto di Luciano Pia. L'edificio è situato a pochi passi dal Parco del Valentino e dal Centro Storico Fiat. Chiesa dell'Immacolata Concezione, sita in via Nizza 47. Costruita all'inizio del Novecento su progetto di Enrico Mottura, fu danneggiata dal bombardamento dell'8 dicembre 1943. Altre opere sparse nel Parco del Valentino, tra le più importanti: Castello del Valentino (1630-1660), prestigioso edificio opera di Carlo e Amedeo di Castellamonte. Borgo Medioevale, il pittoresco castello del 1884 costruito sulle rive del Po. Monumento equestre, posto sulla piazzetta d'ingresso del percorso floreale di fianco a Torino Esposizioni, e dedicato a Amedeo I (1845-1890), primo duca dei Savoia-Aosta, statua in bronzo opera di Davide Calandra (1902). Fontana del Ceppi, meglio conosciuta come dei "Fontana dei Dodici mesi". Statua di Massimo d'Azeglio, opera di Balzico del 1873, posta sul corso omonimo angolo Corso Vittorio Emanuele II. Successivi interventi si sono succeduti dall'anno 2015 su facciate cieche di condomini o su muri di edifici come il Teatro Colosseo (nel 2016) o la Clinica "Sedes Sapientiae" (aprile 2017) a cura di street artists italiani e internazionali, creando un percorso molto originale tra le vie del quartiere, date anche le grandi dimensioni degli interventi eseguiti. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su San Salvario Città di Torino - Circoscrizione 8, su comune.torino.it.

Tempio Valdese (Torino)
Tempio Valdese (Torino)

Il tempio Valdese di Torino è un luogo di culto valdese della città di Torino sito in corso Vittorio Emanuele II, 23. Fino al 1848 i valdesi non avevano diritto di risiedere a Torino o celebrarvi il culto. I pochi presenti in città seguivano le funzioni presso la cappella dell'ambasciata di Prussia. L'ambasciatore prussiano Friedrich Truchsess zu Waldburg, giunto a Torino nel 1816, ottenne nel 1825 il permesso di costruire la Cappella delle Legazioni (ambasciate) protestanti prussiana e inglese. Prima in via dell’Ospedale, dal 1848 fu spostata a Palazzo Bellora (tra via Carlo Alberto e corso Vittorio Emanuele II). La cappella era ad uso esclusivo del personale diplomatico, agli stranieri e ai valdesi in città ed erano esclusi i cattolici. I ministri delle ambasciate chiesero alla Tavola valdese l’invio di un cappellano: furono mandati Jean Pierre Bonjour (dal 1827 al 1832) e poi Amedeo Bert (dal 1832 al 1849). Nel 1849 la congregazione evangelica di Torino è ufficialmente aggregata alla Chiesa delle Valli. La mutata situazione giuridica realizzata dalle lettere patenti e la decisa iniziativa del colonnello inglese Charles John Beckwith, sostenuto dal banchiere Giuseppe Malan nell'acquisto del terreno, rese possibile la costruzione dell'attuale edificio tra il 1851 ed il 1853, su progetto di Luigi Formento. It tempio fu inaugurato nel dicembre 1853 alla presenza degli ambasciatori di Prussia, Inghilterra, Paesi Bassi e Svizzera. Nell'Ottocento il culto era lingua italiana e francese, e vi era un asilo e scuola Valdese, ed una cappella Anglicana. Il 22 giugno 2015 papa Francesco compì una visita pastorale al Tempio Valdese, prima volta per un pontefice nella storia. Il tempio Valdese di Torino si presenta in uno stile eclettico, con un'ossatura di torri e guglie di stile neogotico, il portale e le finestre in stile neoromanico, e con influssi neorinascimentali particolarmente nell'interno. La facciata è divisa in due fasce sovrapposte da un cornicione scolpito a bassorilievo ed è affiancata da due esili campanili a pianta ottagonale, ciascuno terminante con una cuspide. Nella fascia inferiore della facciata, si trova il portale strombato con lunetta a tutto sesto recante l'iscrizione: Nella fascia superiore, invece, vi è una polifora composta da sette monofore intervallate da semicolonne con capitelli scolpiti e sormontata da un rosone circolare. L'interno del tempio è suddiviso in tre navate da due file di archi a tutto sesto poggianti su colonne corinzie. Sia la navata centrale che quelle laterali sono coperte con volta a crociera ed illuminate da monofore a tutto sesto. La navata maggiore termina con l'abside semicircolare, al centro della quale si trova il pregevole pulpito ligneo neogotico. Sotto l'ultima arcata tra la navata centrale e quella laterale di sinistra, si trova l'organo a canne Pinchi opus 412, costruito nel 1996. Lo strumento, ispirato agli organi barocchi tedeschi, è a trasmissione integralmente meccanica ed ha due tastiere di 54 note ciascuna e pedaliera dritta di 30 note. L'organo ha temperamento non equabile (Werckmeister III) con La a 415 Hz, ma tre registri hanno temperamento equabile con La a 440 Hz e in pratica costituiscono un nucleo a sé stante che viene utilizzato per suonare con strumenti moderni, per esempio quando si accompagna il canto con organo e chitarra. AA.VV., Il Nuovo Organo Pinchi in Stile Barocco Tedesco del Tempio Valdese di Torino, Torino, Claudina, 1998, ISBN 887016277X. Valdismo Edifici di culto in Torino Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo del tempio Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul Tempio Valdese di Torino Comunità valdese di Torino, su torinovaldese.org. Il tempio Valdese di Torino (PDF), su fondazionevaldese.org. URL consultato il 2 aprile 2013 (archiviato dall'url originale il 2 dicembre 2008). Storia e immagini, su museotorino.it. L'organo a canne, su pinchi.com. URL consultato il 2 aprile 2013 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016).

Sinagoga di Torino
Sinagoga di Torino

La Sinagoga di Torino è il principale luogo di culto della comunità ebraica di Torino. È situato in Piazzetta Primo Levi (già Via San Pio V) nel quartiere multietnico San Salvario, poco distante dalla stazione ferroviaria di Torino Porta Nuova. Nel 1848 gli ebrei ottennero l'emancipazione. Nel 1861, per festeggiare questo nuovo status di vita (prima erano, così come nel resto d'Italia, confinati nel ghetto) decisero di far erigere una nuova sinagoga di grandi proporzioni, che fosse degna del ruolo di Torino, allora capitale del Regno d'Italia. Come progettista venne scelto Alessandro Antonelli, che ideò l'attuale Mole Antonelliana. Ben presto però le dimensioni e i costi del futuro Tempio divennero troppo elevati, così la comunità decise di vendere la struttura al comune di Torino e di costruire un'altra sinagoga di dimensioni più piccole, affidando il progetto all'architetto Enrico Petiti. Il 16 febbraio 1884, dopo quattro anni di lavoro, la nuova sinagoga venne inaugurata. Enrico Petiti progettò una struttura di dimensioni massicce a pianta rettangolare. Ai quattro angoli si ergono quattro grandi torrioni alti 27 metri sormontati da cupole a cipolla. Come nel caso di molte altre sinagoghe dell'epoca, lo stile neo-moresco fu scelto per distinguere il tempio dagli altri edifici religiosi della città. Al suo interno la sinagoga presenta un'ampia sala lunga 35 metri, alta 16 e larga 22. Il matroneo posto al primo piano percorre il tempio su tre lati. La spaziosa sala, capace di contenere 1.400 persone, era ricca di decorazioni, con un soffitto a cassettoni. Il 20 novembre 1942, durante un bombardamento, il tempio fu colpito da uno spezzone incendiario. I danni agli arredi e alle decorazioni furono ingentissimi; si salvarono solo le strutture murarie. Dopo i primi interventi di consolidamento nel settembre 1945, l'interno fu ricostruito e ridecorato nel 1949. Il Tempio, oggi sproporzionato rispetto alle dimensioni della comunità, viene usato solo in occasione delle festività più importanti. Nei sotterranei del Tempio si trovano due piccole sinagoghe, che sono usate per le funzioni giornaliere. Furono realizzate nel 1972, su progetto degli architetti Giorgio Olivetti e Giuseppe Rosenthal. Il primo tempietto, di rito italiano, è a forma di anfiteatro. Fu ricavato in locali prima adibiti alla cottura delle azzime. Le pareti furono lasciate grezze, con mattoni a vista. Gli arredi sacri (Aron e Tevàh), in stile barocco, provengono dalla sinagoga di Chieri e sono di notevole fattura. Il secondo tempietto, più piccolo, è diviso con un muretto di mattoni da una sala di preghiera. In questa sala davanti ad un pregevole aron in legno sono presenti sei file di banchi. L'aron settecentesco proviene da una sinagoga di rito tedesco, che si trovava nell'allora ghetto nuovo. Nel 1849 fu dipinto di nero in segno di lutto in seguito alla morte di Carlo Alberto di Savoia, colui che firmò il decreto in cui si liberalizzava la religione ebraica. Fu successivamente trasferito nella vecchia casa di riposo di piazza Santa Giulia, dove rimase fino al 1963. Sulle piccole due ante sono riprodotte immagini dorate che ricordano Gerusalemme. Annie Sacerdoti, Guida all'Italia ebraica, Genova, Marietti, 1922, ISBN 88-211-8955-4. Lista delle sinagoghe d'Italia Edifici di culto in Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla sinagoga di Torino Sito ufficiale della comunità ebraica di torino, su torinoebraica.it.

Palazzo Gualino
Palazzo Gualino

Palazzo Gualino, o Palazzo Novecento, è uno storico edificio di Torino, ubicato al civico 8 di corso Vittorio Emanuele II, che rappresenta uno dei più evidenti esempi di razionalismo italiano. Sorto sul terreno occupato precedentemente da Villa Gallenga compreso tra corso Vittorio Emanuele II e via della Rocca, l'edificio fu progettato nel 1927 dagli architetti Gino Levi-Montalcini e Giuseppe Pagano, su commissione del noto finanziere e mecenate biellese Riccardo Gualino per farne la nuova sede delle sue imprese. Fu realizzato tra il 1928 e il 1930 e secondo quanto riportato dalla stampa di settore dell'epoca, l'edificio fu il primo d'Italia a essere concepito appositamente per ospitare esclusivamente uffici. Al suo completamento, fu acclamato dalla stampa di settore come simbolo della nascente corrente del Razionalismo italiano. Fu sede delle molteplici aziende di Gualino tra cui la SNIA fino al 1932, quando Gualino venne arrestato, costretto al confino e le sue aziende sequestrate e messe all'asta. Dapprima l'intero immobile fu acquisito dalla Fiat e divenne sede dell'ufficio personale del Sen. Agnelli e in seguito fu sede degli uffici dei nipoti Giovanni Agnelli e Umberto Agnelli. Negli anni novanta del Novecento venne acquisito dal Comune di Torino che vi dislocò la sede di alcuni uffici pubblici. A partire dagli anni Duemila divenne parte del Fondo Città di Torino che eseguì un primo, necessario restauro variandone anche la destinazione d'uso da commerciale a misto residenziale. Nel marzo 2012 il Comune di Torino decise di alienare l'edificio, permettendo ai nuovi proprietari di convertirlo, non senza polemiche, a uso esclusivamente abitativo, suddividendolo in unità immobiliari residenziali di prestigio. Nell'estate del 2012 la nuova proprietà aveva svelato l'intento di ristrutturare l'intero edificio, destinandolo prevalentemente a uso residenziale. Questa decisione non tardò a far insorgere polemiche anche tra gli eredi stessi dell'architetto Levi-Montalcini, poiché l'originale natura dell'edificio fu celebre per essere appositamente concepita per ospitare uffici. Tuttavia, l'ambizioso progetto firmato dall'architetto torinese Armando Baietto prevedeva la suddivisione delle superfici in unità immobiliari di prestigio, nonché la realizzazione di una grande autorimessa sotterranea mediante una complessa tecnica edilizia. Nonostante l'avvio dei lavori in pompa magna, il cantiere si interruppe nel 2013 per il fallimento della società che operò la ristrutturazione. L'interruzione dei lavori perdurò fino all'ottobre 2016 quando l'IPI ha rilevato la proprietà dell'edificio. Nel marzo del 2017 sono proseguiti i lavori di recupero che sono stati completati nel 2019, ribattezzando l'edificio Palazzo Novecento. L'edificio coniuga l'avanguardia tecnica e funzionale alla volontà di realizzare un'opera austera ma "antimonumentale". La struttura è caratterizzata dalla simmetria della facciata nettamente suddivisa nei diversi ordini: sette piani sul corso e cinque affacciati sulla via laterale. A scandire ulteriormente questa suddivisione contribuiva la cromìa originale delle facciate che prevedeva un accostamento di giallo chiaro e verde acqua ma la vera innovazione, oltre all'impiego di materiali d'avanguardia, era nella rivoluzionaria disposizione degli spazi. Gli uffici dirigenziali, concentrati agli ultimi piani anziché al consueto piano nobile, furono infatti l'evidente elemento di novità nel contesto architettonico torinese dell'epoca. Nella veranda dell'ultimo piano, caratterizzata dall'ampia vetrata con affaccio sull'antistante Parco del Valentino, aveva sede l'ufficio presidenziale di Riccardo Gualino; inoltre le ampie finestre, il largo uso del cemento armato, la copertura con un tetto pensile e la progettazione contestuale di tutti gli arredi completavano l'opera nella sua interezza. Inizialmente, il primo progetto di ristrutturazione dell'architetto Baietto disegnava una suddivisione delle superfici in 30 unità immobiliari, insieme a un'ampia autorimessa sotterranea da 75 posti auto da realizzarsi con la tecnica "top-down", che avrebbe consentito di effettuare i necessari lavori di scavo per la realizzazione di nuove fondazioni. La variante al progetto dell'ultima ristrutturazione portò Palazzo Novecento a ospitare un totale di 47 unità abitative di varia metratura, accessibili da tre diverse scale indipendenti e la nuova autorimessa di tre piani interrati accessibile da un'ampia rampa d’accesso coperta che contiene oltre 40 box, tutti serviti da presa elettrica per l'eventuale ricarica di un’automobile elettrica. Politecnico di Torino Dipartimento Casa-Città (a cura di), Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, Torino, 1984. Giuseppe Pagano, Architettura e città durante il fascismo, (a cura di Cesare De Seta), Laterza, Bari, 1976. Luigi Ferrario, Andrea Mazzoli (a cura di), Riccardo Gualino. Architetture da collezione, Istituto Mides/Trau, Roma, 1984. Antonino Saggio, L'opera di Giuseppe Pagano tra politica e architettura, Edizioni Dedalo, Bari, 1984. Giorgio Ciucci, Gli architetti e il fascismo. Architettura e città 1922-1944, Einaudi, Torino, 1989 , pp. 42–43 Alberto Bassi, Laura Castagno, Giuseppe Pagano, Laterza, Roma, 1994. Palazzo Gualino, in Agostino Magnaghi, Mariolina Monge, Luciano Re, Guida all'architettura moderna di Torino, Lindau, Torino, 1995, pp. 118-119. Alessandro Martini, Riccardo Gualino. Cultura, industria e architetture a Torino negli anni Venti, tesi di laurea, Politecnico di Torino, Facoltà di Architettura, a.a. 1998-1999, relatore Vera Comoli. Michela Rosso, Palazzo Gualino, in Vera Comoli Mandracci, Carlo Olmo (a cura di), Guida di Torino. Architettura, Allemandi, Torino, 1999, p. 184. Emanuele Levi-Montalcini, Anna Maritano, Levi Montalcini e Torino, in «Domus», n. 824, marzo, 2000, pp. 113-120. Fulvio Irace, voce Giuseppe Pagano, in Carlo Olmo (a cura di), Dizionario dell'architettura del XX secolo, Vol. III, Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, Roma, 2003. Gino Levi-Montalcini. 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Corso Vittorio Emanuele II (Torino)
Corso Vittorio Emanuele II (Torino)

Corso Vittorio Emanuele II è una delle principali arterie della città sabauda, ed è lungo 4,2 km. Attraversa il centro storico e gran parte del capoluogo piemontese da est ad ovest, essendo nella stessa direzione del cardo maximo dell'insediamento edificato in epoca romana. Inizia dall'incrocio con corso Fratelli Cairoli e termina in piazza Rivoli. Nel 1882 fu intitolato a Vittorio Emanuele II ed era denominato viale del Re. La parte più antica del corso è costeggiata da due file dei tipici portici torinesi con molti negozi ed attività commerciali. Il primitivo viale nacque per esigenze di collegamento viario dalla Stazione di Porta Nuova, porta realizzata durante il primo ampliamento del Centro storico della capitale sabauda del 1620 fino al Lungo Po. Il collegamento viario avrebbe costeggiato la parte settentrionale del parco (oggi Parco del Valentino) della già esistente residenza estiva di Casa Savoia presso il Castello del Valentino (1660). Tuttavia, all'epoca, le carrozze utilizzavano il percorso di Via Nizza e Viale del Valentino (l'odierno Corso Guglielmo Marconi), mentre per una modesta via carrabile si dovrà attendere ancora qualche decennio. Nel 1840 poi, sul fiume Po fu costruito il Ponte Maria Teresa (poi diventato Ponte Umberto I nel 1908), connettendo così l'altra sponda (Borgo del Rubatto, oggi Borgo Crimea). Il tratto di questo corso, chiamato "Vittorio Emanuele oltre Po", negli anni 1920 venne intitolato alla città di Fiume. Per un vero e proprio "viale" bisogna arrivare al XIX secolo, quando la città superò l'antico perimetro delle mura. La parte più antica dell'arteria, dalla stazione ferroviaria al fiume, fu aperta nel 1814 con il nome di Viale del Re, poi rinominata in Corso del Re. Con la reggenza di Carlo Felice di Savoia quindi, la nuova arteria prese forma, ampliata in occasione dello sviluppo urbano del 1835-1845, col contributo dall'architetto Carlo Promis. Verso occidente, invece, il corso portava fino al Largo del Re (attuale Piazza Carlo Felice) per poi giungere nei pressi della Piazza d'Armi di quell'epoca, situata nel rione San Secondo (zona corso Galileo Ferraris-Matteotti-via Volta-via Camerana-via Assietta). Con il passare degli anni, il corso proseguì ancóra il suo tracciato verso occidente fino ad arrivare, intorno al 1920, ad incrociare Corso Francia in Piazza Rivoli. Partendo da oriente, il Corso inizia dal ponte Umberto I sul fiume Po, rinominazione del 1907 di Ponte Maria Teresa del 1840, il quale connette l'altra sponda del fiume dove era situato il cosiddetto Borgo del Rubatto (poi chiamato Borgo Crimea). Il ponte fu temporaneamente arricchito di ulteriori opere di decorazione in occasione dell'Esposizione internazionale di Torino (1911). Più a occidente, il Corso costeggia il Parco del Valentino, sorto con nel 1630-1660 come giardino reale della residenza del Castello del Valentino di Casa Savoia, opera di Carlo di Castellamonte ed Amedeo di Castellamonte, ma abbellito significativamente nel XIX secolo, secondo il progetto romantico del paesaggista francese Barrillet-Dechamps. Spicca vicino al ponte l'Arco monumentale all'Arma di Artiglieria, opera di Pietro Canonica del 1930, sotto il quale si trova la statua dedicata a Santa Barbara. All'angolo di corso Massimo d'Azeglio invece, nel 1936 fu posizionata la statua dedicata a D'Azeglio, opera del 1873 di Alfonso Balzico e precedentemente posizionata in piazza Carlo Felice. Proseguendo il tratto sino alla stazione di Porta Nuova, il Corso lascia sulla sua sinistra il quartiere San Salvario e sulla destra lo storico Borgo Nuovo. In particolare, quest'ultimo quartiere sorse dopo la Restaurazione (dopo il 1814) e destinato alla nobiltà torinese, delle cui tracce storiche rimangono: al n. 6-8, quasi all'angolo con corso Fratelli Cairoli, sorgeva l'antica Villa Gallenga, demolita nel 1828 per costruire gli uffici dell’industriale Riccardo Gualino, quindi chiamato Palazzo Gualino, fu eretto nel 1928 da Gino Levi-Montalcini (fratello maggiore di Rita Levi-Montalcini) e dotato di inferriate alle finestre del piano terra, pertanto soprannominato dai torinesi "le Nove d'l Valentin", per analogia con il carcere torinese chiamato "Le Nuove" e la vicinanza al Parco del Valentino. al n. 44 il Palazzo Rossi di Montelera, opera di Camillo Riccio del 1887, e destinato alla sede torinese della famiglia Rossi, industriali dei liquori Martini & Rossi che, nel 1911, furono insigniti da Re Vittorio Emanuele III di Savoia con il titolo di Conti di Montelera. Qui visse e morì anche il senatore ed avvocato Teofilo Rossi di Montelera, sindaco di Torino tra il 1909 e il 1917. al n. 50 l'edificio con architettura eclettica dello storico Cinema Corso, dedicato all'antico nome "Corso del Re", già Cinema Palazzo, costruito dalla FIAT nel 1926 (dall'ing. Vittorio Bonadè Bottino), sui resti della villa del conte Vittorio Seyssel d’Aix (1825), della quale rimane ancora la parte orientale e quella verso Piazza Giambattista Bodoni. Il Cinema subì un incendio il 9 marzo 1980 e fu poi ristrutturato da Pier Paolo Maggiora, con cambio di destinazione d`uso. lì accanto, oltre via Carlo Alberto, al n. 52, il palazzo di grande pregio voluto dalla nobile famiglia Priotti, realizzato da Carlo Ceppi nel 1900 (inizialmente Camillo Riccio che però morì nel 1899), che sperimentò uno stile misto architettura eclettica e primo liberty torinese. Successivamente, gli interni furono modificati dall'ing. Vittorio Eugenio Ballatore di Rosana per costruirvi il cinema Ambrosio. Nel tratto orientale del Corso, sul lato del quartiere San Salvario, sono da citare invece: al n. 1-3, ovvero angolo Corso Massimo d'Azeglio, dove ora c'è un edificio moderno residenziale, sorgeva un tempo il sontuoso Palazzo di Celestino Tornielli di Crestvolant, nobile originario di Molare (Alessandria). Fu l'unico edificio torinese in perfetto stile Tudor inglese, progettato dall'architetto G. B. Ferrante nel 1867-1870 e visibile ancora in qualche foto d'epoca. I Tornielli successivamente lo cedettero alle suore Dame del Cenacolo, dove fu annesso un convento e la chiesetta, tra il 1910 e il 1950. Fu completamente demolito nel 1957. al n. 13 la chiesa cattolica San Giovanni Evangelista, voluta da don Bosco, eretta nel 1882 da Edoardo Mella, in stile neoromanico lombardo. al n. 23 il Tempio Valdese, edificio di culto religioso valdese, edificato nel periodo 1851-1853 a seguito dell'emancipazione dei valdesi, dall'architetto Luigi Formento. zona della Sinagoga di Torino, posta sul retro, su Piazzetta Primo Levi, già via Pio V. Con il centro storico sulla destra, si arriva alla storica stazione di Torino Porta Nuova, dove si incontra piazza Carlo Felice, antico Largo del Re, con l'inizio dell'asse di via Roma. La piazza fu progettata nel 1861, ad opera dell'architetto francese Jean-Pierre Barillet-Deschamps, e coinvolse la nascente Stazione ferroviaria di Torino Porta Nuova (opera di Alessandro Mazzucchetti e Carlo Ceppi, periodo 1853-1864). La continuità dei portici della piazza e del Corso stesso furono già progetto di Carlo Promis, con la successiva collaborazione di Giuseppe Leoni e Giuseppe Frizzi, più Barnaba Panizza per la parte verso via Lagrange. Particolare attenzione merita l'elegante ingresso porticato della via XX Settembre, dove appare una curiosa statua con un mitologico Toro a tre teste. I portici verso occidente furono quindi progettati, a seconda dei palazzi costruiti, sempre sullo stile del eclettico tipico dell'Ottocento, misto al liberty torinese degli anni 1910, andando a costituire un anello pedonale che si chiude con Corso Vinzaglio, nei pressi della Stazione di Torino Porta Susa, del 1856. In questo tratto si può ammirare: sulla sinistra, ville e palazzi in liberty torinese dello storico quartiere Crocetta all'angolo di corso Galileo Ferraris, l'imponente Monumento a Vittorio Emanuele II, in largo Vittorio Emanuele, opera di Pietro Costa del 1899. Vicino, al n. 82, l'edificio della Galleria d'arte Pirra sul lato opposto al Largo sopracitato, l'edificio della Galleria civica d'arte moderna e contemporanea (GAM) di Torino oltre il Largo, si giunge in corso Vinzaglio, dove fu eretto il Santuario di Sant'Antonio di Padova (con facciata nella stretta via omonima), opera di Alberto Porta del 1885 Lo storico carcere torinese denominato "Le Nuove", oggi sede museale, eretto nel 1870 da Giuseppe Polani, quindi dismesso nei primi anni ottanta e sostituito con quello costruito nel quartiere Vallette, ai confini occidentali della città al n. 131, adiacente al Palazzo di Giustizia, l'area verde fu divisa in Giardini Vittime della Caserma La Marmora (che si trova in quartiere Borgo Po), e Giardini Artiglieri da Montagna, quindi adibita ad autostazione dei bus Dietro all'ex-carcere, è situato lo storico complesso ferroviario Officine Grandi Riparazioni di Torino: si entra di fatto nel quartiere Cenisia Nel 1952, sulle rovine dei capannoni del Birrificio Boringhieri, fu eretta l'attuale Piazza Adriano, e il Corso fu prolungato ancora verso occidente fino all'attuale Piazza Rivoli, uno slargo costruito sempre negli anni cinquanta (oggi rotonda) alla confluenza con un'altra importante arteria di Torino, Corso Francia. Rimanendo sempre nei pressi dell'ex edificio carcerario, nel 1995 fu eretto l'imponente Palazzo di giustizia torinese, opera dell'architetto Pierluigi Spadolini sul sito della demolita caserma "Pugnani e Sani" e dedicato a Bruno Caccia. L'area all'incrocio con corso Bolzano è stata interessata dall'imponente scavo sotterraneo per l'interramento della Ferrovia Torino-Milano e della stazione di Porta Susa, terminata nel 2008. Nel 2007 si diede inizio a nuovi cantieri per la costruzione del futuro Grattacielo Intesa Sanpaolo, opera di Renzo Piano, alto 167,25 metri, pochi centimetri in meno della Mole Antonelliana. Fu terminato nel 2015, poco dopo la costruzione degli adiacenti giardini pubblici dedicati a Nicola Grosa. Nel 2017 fu allargato il Corso Inghilterra a due corsie, terminando così il lungo progetto della viabilità e facendo circolare le auto nello spazio lasciato vuoto dopo l'interramento dei binari per i treni. Il corso è percorso per la maggior parte da molte linee di tram e autobus del trasporto pubblico cittadino; inoltre dal 2007 è attraversato dalla metropolitana con le tre stazioni: Porta Nuova FS, Re Umberto e Vinzaglio. Renzo Rossotti, Le Strade di Torino, pp.657-664, 1995, Newton Compton. Dove, Come, Quando - Guida di Torino '98-99, Torino, Gruppi di Volontariato Vincenziano, 1997 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su corso Vittorio Emanuele II