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Stazione di Castelnuovo di Porto

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Castelnuovo di Porto 11
Castelnuovo di Porto 11

La stazione di Castelnuovo di Porto è una stazione della ferrovia Roma-Civita Castellana-Viterbo. Si trova a Castelnuovo di Porto, nella città metropolitana di Roma Capitale. Dal 1º luglio 2022 è gestita da ASTRAL.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Stazione di Castelnuovo di Porto (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Stazione di Castelnuovo di Porto
Via Flaminia,

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00067
Lazio, Italia
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Castelnuovo di Porto 11
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Morlupo
Morlupo

Morlupo (Morlopu nel dialetto locale) è un comune italiano di 8 497 abitanti della città metropolitana di Roma Capitale nel Lazio. Il paese si trova lungo la Strada statale 3 Via Flaminia, tra il 30º e 31º chilometro. Un particolare curioso è che Morlupo si trova all'esatto Nord geografico di Roma in quanto le loro Longitudini coincidono esattamente (12° 30′ 0′′ Est), venendosi quindi Morlupo a trovare a +15' di grado di Latitudine a Nord rispetto a Roma. La parte più antica del paese (rione Mazzocca) si è sviluppata su un'altura dominante il Tevere, sul luogo ove era situata in epoca romana la "statio Ad Vigesimum", cioè la mansio del XX miglio dell'antica via Flaminia, ed è costituita da un terrazzo roccioso di tufo a forma di ferro di cavallo, cinto da rupi a strapiombo sulla valle. L'aspetto geolitologico e morfologico che caratterizza l'intera regione a nord-ovest di Roma, è rappresentato dall'attività vulcanica dell'apparato Sabatino (detto distretto vulcanico Sabatino). Nel corso del Pleistocene si sono succedute a più riprese intense manifestazioni vulcaniche esplosive ed effusive da parte di diverse bocche crateriche, le quali hanno dato origine a diversi prodotti piroclastici e lavici. Lungo la valle del Tevere ed in corrispondenza delle incisioni dei corsi d'acqua minori affiorano invece terreni sedimentari, sia di ambiente marino che continentale. In generale i termini affioranti del territorio di Morlupo si possono ricondurre a tre unita geolitologiche: alluvioni attuali; vulcaniti Sabatine; formazioni sedimentarie terrigene. La prima unità, più recente, si riscontra lungo le zone di fondovalle alluvionale e pertanto in corrispondenza dei maggiori corsi d'acqua. I depositi alluvionali sono in prevalenza limo-sabbiosi e limo-argillosi ad elevato contenuto organico. L'unita vulcanica Sabatina comprende termini sia tufaceo-ignimbritici che lavici, alquanto differenziati per composizione, chimica, addensamento, cementazione e fatturazione. Le singole formazioni che hanno interessato la zona di Morlupo sono: tufi stratificati de La Storta lapillosi ed a tratti pomicei; tufi stratificati varicolore di Sacrofano più o meno semilitoidi (peperini); tufo di Castelnuovo scoriaceo e con elementi pomicei, di colore grigio; trachite di Morlupo deposito lavico bolloso grigio, di limitata ampiezza e spessore; tufo giallo della Via Tiberina coriaceo e con leucite; tufo di Riano grigio chiaro, compatto. La terza unita è costituita da sedimenti di ambiente continentale, deposti in facies salmastre e fluvio-lacustri nel Pleistocene inferiore (Siciliano-Calabriano). È una formazione argillosa a cui fanno seguito in continuità stratigrafica, le argille marnose plioceniche di ambiente marino. Quest'ultima formazione rappresenta il riferimento basale di tutta la regione per la circolazione delle acque sotterranee in virtù ella propria impermeabilità, dello spessore e della notevole estensione areale. Per quanto concerne l'idrografia di superficie bisogna considerare che l'intero territorio comunale è caratterizzato da un andamento morfologico collinare in cui si riscontrano numerosi corsi d'acqua dotati di ben sviluppato sistema affluentizio. Fra questi, nella zona nord della collina di San Sebastiano, si citano il Fosso della Fontanella, che si sviluppa da due sub affluenti di cui detta collina funge da spartiacque, che si immette nel Fosso di San Martino, che è affluente a sua volta del Fosso di Vallelunga. Tali corsi d'acqua fanno parte del sistema idrologico del bacino imbrifero del Fosso di Leprignano, affluente di destra del Fiume Tevere. Sulla base della classificazione delle aree sismiche (D.M.) del 03/03/1975 e successivi aggiornamenti) risulta che il territorio del comune di Morlupo non sia a rischio sismico. Nell'ambito della porzione settentrionale della provincia romana non si sono mai verificati, in tempi storici, eventi sismici di notevole entità, né, tantomeno, si sono avuti risentimenti considerevoli dei sismi avvenuti nelle aree circostanti; da citare in tal senso il sisma di Rignano Flaminio del 20/01/1968 (III grado scala Mercalli) e di Roma del 02/08/1964 (V grado scala Mercalli). Dall'esame della Carta Sismica redatta dal CNR risulta infatti che tutto il territorio di Morlupo può essere considerati asismico in quanto interessato da fenomeni di intensità sismica inferiore al VI grado della scala Mercalli. Dati registrati dalla stazione meteorologica di Morlupo (250 m s.l.m.) attiva dall'anno 2006: Una delle ipotesi più accreditate sull'origine del nome di Morlupo è riportata dallo storico dell'Agro romano Nicolai che in un suo libro riprende quanto già indicato da Eschinardi in Descrizione di Roma e dell'Agro Romano e cioè che: Peraltro il motto Martis rapaces lupi, cioè - i lupi rapaci (del dio) Marte -, è contenuto nella blasonatura dello stemma del comune. Queste ipotesi sono successivamente riprese dal Nibby che le reputa plausibili e da Gaetano Moroni nel suo Dizionario di Erudizione Le origini di Morlupo sono collegate alla storia dei Capenati, fiorente popolazione italica che prosperava nel Lazio (Latium) prima dell'avvento di Roma. I Capenati avevano una propria lingua, simile al latino, affine all'etrusco e con influenze sabine. Il territorio dei Capenati (Ager Capenas) si estendeva lungo la riva destra del Tevere, confinava a nord con quello dei Falisci, a est con il Tevere e i Sabini, e a sud ovest con il territorio etrusco di Veio. Comprendeva gli attuali comuni di: Capena, Civitella San Paolo, Fiano Romano, Nazzano, Ponzano Romano, Filacciano, Torrita Tiberina, Rignano Flaminio, Sant'Oreste, Castelnuovo di Porto, Morlupo e Riano I ritrovamenti avvenuti nel "Forum Morolupum" di alcune catacombe cristiane risalenti al IV-V secolo dimostrano che la zona era già in quei tempi abitata o comunque vi erano presenti almeno dei nuclei rurali e piccole fattorie agricole, di fede cristiana, che sorgevano nel territorio di Monte la Guardia (attuale Morlupo Stazione), di Fontana Vecchia, Sterpareti e Fornelli. Una presenza più consistente, che si può in effetti considerare come la vera origine dell'abitato, si può far risalire alla metà del IX secolo ad opera di profughi e coloni scampati alle distruzioni ed ai saccheggi di Monte la Guardia e delle fattorie della zona, avvenuti in Italia centrale tra l'850 e il 900 d.C. a seguito delle incursioni di Saraceni e Ungari. Questi profughi, dopo aver ceduto le loro terre alla Chiesa in cambio di protezione e assistenza, si rifugiarono in un borgo abbandonato e quasi inaccessibile che corrisponde all'attuale borgo medioevale morlupese della Mazzocca, che essendo situato su uno sperone roccioso circondato da tre lati da alti dirupi risultava più facilmente difendibile. La Chiesa, diventata così proprietaria delle terre costituenti il "vicus della mazzocca" e le terre "ad vicesimum" della Flaminia (zona del Monte la Guardia) le assegnava (Papa Giovanni VIII) al conte Giovanni di Leone. Questi fece costruire la chiesa di S. Giovanni Battista ove fu sepolto il 16 luglio 898. In seguito il territorio fu assegnato ai monaci benedettini di S. Paolo fuori le mura di Roma, che lo tennero fino al pontificato di Papa Niccolò III (al secolo Giovanni Gaetano Orsini) appartenente all'Ordine di San Benedetto, che fu papa dal 1277 al 1280. Sotto il pontificato di Nicolò III il castello di Morlupo fu ceduto al Conte Gentile di Bertoldo Orsini il cui figlio Romano lo assegnava nel 1293 in dote alla moglie Anastasia di Guido di Monfort. In quel tempo la popolazione castellana era di circa 650 anime come si deduce dai registri delle tasse dell'epoca. Nel 1423, sotto il Papa Martino V, durante le lotte fra i Capitani di Ventura Braccio da Montone e Muzio Attendolo detto Sforza, il paese fu posto sotto assedio in quanto diventato rifugio del ribelle Nicola Orsini di Bertoldo. Dopo averlo occupato con le truppe a lui fedeli Martino V fece distruggere il castello nel 1425. Riabilitata la popolazione, il castello di Morlupo "inhabitatum" passò nel 1426 alla famiglia Colonna per 10 000 fiorini d'oro. Nel 1432 Gentile Orsini, fratello del ribelle Nicola recuperava Morlupo e Monte La Guardia. Negli anni successivi vi furono varie lotte fra i Colonna e gli Orsini in cui fu teatro la zona di Morlupo detta "bastione di Monte La Guardia", ma il territorio resto comunque agli Orsini. Nel 1463, Papa Pio II concedeva al Popolo di Morlupo, la grazia sul debito del sale arretrato e la riduzione delle imposte. Il Conte di Pitigliano Nicolò III Orsini nel 1468 promulgò un nuovo Statuto di Morlupo e perorò nel 1494 la fondazione del convento francescano di S. Maria Seconda, incorporando l'antico romitorio dei frati Clareni. Il feudo di Morlupo restò agli Orsini fino al 1613 quando passò alla famiglia Borghese in quanto l'allora proprietario Antimo Orsini, barone romano dei conti di Pitigliano, dopo aver ricostruito la facciata della chiesa di S. Giovanni Battista nel 1593 e la porta del Castello nel 1598, si vede costretto a vendere Morlupo per 96 000 scudi al cardinale Scipione Borghese, in data 2 aprile 1613. Questi a sua volta lo cedette al cugino Marcantonio II Borghese,1º principe di Sulmona. Il dominio della Famiglia Borghese si protrarrà fino agli inizi del XX secolo. Negli anni successivi sotto la signoria Borghese si ebbero benefici e privilegi, ma vi furono anche momenti di forte tensione economica e sociale. Alla carestia del 1763-64 fece seguito in Morlupo la carenza di grano, in questa situazione in cui, al rialzo dei prezzi delle derrate alimentari, non corrispondeva un aumento dei salari, l'equilibrio economico e sociale divenne instabile. Parte del raccolto agrario 1778-79 di Morlupo fu venduto dai maggiori produttori locali all'Annona di Roma a prezzi elevati, facendo nascere in paese una dura reazione. La Comunità quindi chiese ed ottenne un prestito di 1500 scudi per procurarsi del grano da distribuire ai poveri, ma non si riuscivano a trovare dei venditori. Per superare la situazione la Comunità di Morlupo inoltrò all'allora Papa Pio VI un esposto per ottenere l'acquisto di parte della produzione locale già vendita all'Annona, pagando o rimborsando l'Annona di eventuali spese. Alla mancanza di pane si aggiunse un'epidemia di malaria, che colpì più di cento persone. In questa situazione vi fu quindi nel settembre 1793 una sollevazione popolare contro il Governo pontificio, che fu soffocata dalla Forza pubblica, inviata dalla segreteria di Stato. Nel 1798 a seguito della caduta dello Stato Pontificio e la costituzione della Repubblica Romana, Morlupo divenne Sede de un Cantone della Repubblica da cui dipendevano 16 comuni limitrofi. Chiesa S. Giovanni Battista La chiesa si trova in P.zza Giovanni XXIII (Rione Mazzocca). La sua fondazione risale al IX secolo; fu completamente ristrutturata nel Cinquecento ad opera di Antimo Orsini. L'impianto planimetrico, ad unica navata con cappelle quadrilatere, transetto non emergente e presbiterio quadrato, si ritiene derivato dagli schemi del gotico francese adottati in Spagna nella prima metà del XVI secolo. Tuttavia agli inizi del XIX secolo la Chiesa è nuovamente in condizioni precarie e nel 1819 il vescovo ne decreta l'ampliamento con lo sfondo dell'altare maggiore e la creazione di una cappella. Nel 1905 vengono eseguiti i lavori di ristrutturazione, la realizzazione della scalinata esterna risale al 1922 e gli ultimi interventi di restauro sono del 1962, durante i quali viene rimosso il controsoffitto ligneo ottocentesco. Chiesa di S. Maria Assunta Fu realizzata nel XIV secolo su un'altura all'esterno del Castrum. Attorno ad essa, sulle pendici del colle, si trova un piccolo "borgo" che dà il nome all'omonimo rione, oggi completamente inglobato dalla ristrutturazione ottocentesca dell'area. Convento di Santa Maria Seconda Il convento, il cui nome ufficiale è santa Maria delle Grazie, si trova in via Frà Carlo da Sezze, traversa di via San Michele, poco oltre il Cimitero Comunale. La costruzione del Convento risale alla fine del XIII secolo. Esso fu edificato dai Francescani sul luogo di un antico romitorio dei Frati Clareni, del quale rimane traccia dell'affresco ancora esistente nella parete destra della Chiesa. Uno dei pilastri del chiostro conserva incisa la data del 1525, anno in cui terminarono sostanziosi lavori di ampliamento. L'impianto classico si sviluppa intorno al chiostro; uno dei lati è addossato alla Chiesa, mentre quello opposto ospita il refettorio. L'impianto originario del Convento subì modifiche e ampliamenti fra il 1628 ed il 1633. Alla fine dell'Ottocento il convento fu incamerato dallo Stato unitario e da lì iniziò un lento processo di decadimento: i frati furono costretti a lasciare il convento, con le politiche di spoliazione dei terreni e degli spazi necessari alla loro vita. Palazzetto Borghese Il Palazzetto Borghese fu costruito agli inizi del Seicento. Si trova all'incrocio di quelle che allora erano le due strade più importanti, la via verso la Flaminia per Roma (attuale Corso Umberto I) e la via per Capena che conduce sulla Via Tiberina nella valle del Tevere (attuale Via Cesare Battisti). La costruzione è addossata alla retrostante collina, ha una planimetria irregolare e i due prospetti d'angolo conservano un aspetto severo per il rigore compositivo e la compattezza delle partizioni. L'unico elemento decorativo è rappresentato dalle modanature che incorniciano l'ingresso e il soprastante balcone. L'edificio era di proprietà della famiglia Mattei come testimoniano lo stemma, esistente all'interno. Nel 1624 l'edificio diventa di proprietà del Principe Borghese. Alla fine dell'Ottocento esso era utilizzato come sede comunale. Attualmente è di proprietà privata ed è stato completamente restaurato. È utilizzato per organizzazione di mostre e convegni. Castello degli Orsini Il Castello degli Orsini si trova in fondo alla Via del Corso ed è posto come sbarramento di protezione dell'ingresso al Rione Mazzocca. Il castello originale andò distrutto nel 1433. Quello attuale fu costruito da Antimo Orsini nel 1598. La zona di Morlupo e dintorni è una delle più belle della campagna a Nord di Roma. Il paesaggio collinare e sempre vario in tutte le stagioni concede alla vista di spaziare "all'infinito" ammirando paesaggi e colori della natura. Nelle immediate vicinanze del paese vi sono riserve e parchi naturali. Fra i più significativi si cita Parco di Veio: a 2 km dal paese lungo la Via Flaminia Costituito nel 1997 il Parco si estende su circa 15.000 ettari comprendenti parte del territorio di Morlupo. Al suo interno si trovano i resti archeologici dell'antica città etrusca di Veio, L'area del Parco risulta di notevole interesse anche dal punto di vista faunistico. Sono state censite 145 specie animali presenti nel territorio, alcune delle quali estremamente rare, come la farfalla Poecilocampa canensis. Ampiamente rappresentati sono gli uccelli, sia stanziali che di passo, in particolare i rapaci come il nibbio bruno, la poiana ed il gheppio. Tra i mammiferi sono diffusi il riccio, l'istrice, il tasso, il cinghiale e la volpe. Per quanto riguarda gli anfibi ed i rettili, sono diffusi il tritone crestato ed il tritone punteggiato, la rana verde, la rana greca, la rana agile, la testuggine d'acqua dolce, il cervone, il saettone. Monte Soratte: si trova a 14 km da Morlupo, sulla Flaminia direzione Nord, nel comune di Sant'Oreste. Il Monte Soratte (altezza 691 m) si erge solitario tra le colline della Tuscia romana di cui costituisce la cima più elevata. È costituito da rocce calcaree formatesi nel Pleistocene. Caratteristica del luogo sono i "Meri", tre grandi voragini, che si trovano alla base orientale della montagna. Questi pozzi, comunicanti fra loro e profondi circa 115 m, rivestono un notevole interesse speleologico. In particolare il Mero Grande è costituito da un pozzo verticale profondo diverse decine di metri e con un diametro di 20m. Dalla cima del monte, raggiungibile a piedi dal paese di Sant'Oreste, si ammira un panorama spettacolare di tutta la Valle del Tevere. Sul monte sono stati eretti nei tempi vari edifici di culto sia pagano, che cristiano e numerosi eremi medievali: S. Lucia, S. Antonio, Madonna delle Grazie, S. Sebastiano fino a giungere alla vetta con l'antica abbazia di S. Silvestro. Suggestiva la chiesa rupestre dedicata a Santa Romana raggiungibile con un percorso separato. Riserva naturale Tevere-Farfa: si trova a circa 20 km da Morlupo sulla via Tiberina La riserva si estende su un'area di 700 ettari lungo il corso del Tevere a nord di Roma. La Riserva Naturale Regionale Tevere Farfa, fu la prima ad essere istituita nella Regione Lazio(1979). Essa nasce in corrispondenza di uno sbarramento sul fiume (diga Enel) che, col tempo, ha portato alla formazione di un laghetto. Paradiso di birdwatcher e di fotografi naturalisti, in grado di avvistare anatre selvatiche, gru e cicogne, aironi e falchi pescatori, nella riserva si alternano diversi tipi di ambienti: dai canneti al bosco umido e ripariale, dal fiume ai campi coltivati, che rendono il paesaggio straordinariamente vario e popolato da una fauna d'eccezione. La popolazione è all'ultimo censimento di 8 458 abitanti con un tasso di crescita abbastanza lento rispetto ai paesi limitrofi. Abitanti censiti Alcune scene esterne del telefilm Liberate mio figlio (sceneggiato ispirato alla vicenda del sequestro di Cesare Casella), sono state girate nella Piazza Giovanni XXIII. Parte del film I morti non pagano tasse di Sergio Grieco, prodotto e interpretato da Tino Scotti (1952) è stato girato in Piazza Giovanni XXIII, all'epoca piazza principale del Paese. Parte del film Grande, grosso e Verdone, diretto da Carlo Verdone, fu girato nel cimitero cittadino. Con riferimento alla mappa indicata in figura, che rappresenta il territorio comunale, si indicano le zone che lo compongono: Morlupo è stato fino ai primi anni sessanta un centro prevalentemente agricolo basato principalmente sulla produzione vinicola e olicola. Da allora ad oggi si è passati progressivamente ad un'economia di tipo artigianale ed anche industriale. Vi sono pertanto caseifici, salumifici, tipografie, laboratori per la lavorazione del ferro e del legno, ed esistono anche alcune industrie. Inoltre a partire dalla fine degli anno 70 la vicinanza con la capitale ha portato molti romani a stabilirsi in paese per sfuggire al caos della città, come ben testimoniato dall'incremento dei residenti mostrato nel grafico riportato. La gastronomia tradizionale di Morlupo ha nella lavorazione della carne suina, ed in particolare delle salsicce, il suo punto di forza. Rinomata è soprattutto la salsiccia Baciona. La stazione di Morlupo-Capena, gestita da ASTRAL, è posta lungo la ferrovia Roma-Civitacastellana-Viterbo in località Morlupo Scalo ed è servita da treni regionali e autocorse Cotral. Fra il 1906 e il 1932 in luogo di tale stazione sorgeva una fermata della tranvia Roma-Civita Castellana, gestita dalla Società Romana per le Ferrovie del Nord (SRFN). Anche la stazione di Magliano Romano, a servizio del comune confinante di Magliano Romano, è situata nel territorio comunale di Morlupo. Iași, dal 1999 Dal 2013 ha aderito alla Conferenza dei sindaci dell'area Tiberina/Flaminia/Cassia. Dal 2015 fa parte del Consorzio intercomunale dei servizi e interventi sociali Valle del Tevere insieme ad altri 16 comuni ricandenti nel distretto socio-sanitario 4 della ASL Roma 4. Nicola De Mattia, C'era una volta Morlupo: (Le nostre radici), 2ª ed., Torino, Centro Studi Uno, 1996. Nicola De Mattia, La storia di Morlupo dal sec. VII a.C. al sec. XIX, Centro Studi Uno, Guidonia, 2007. Nicola De Mattia, Quando comandavano tre famiglie (Morlupo 1870-1945), Centro Studi Uno, Guidonia, 2010. Antonio Nibby, Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de' dintorni di Roma, Volume 2, Roma, Tipografia delle Belle Arti, 1849. URL consultato il 15 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 4 dicembre 2014). G. Antonazzi, Caterina Paluzzi e la sua autobiografia (1573-1645). Una mistica popolana tra San Filippo Neri e Federico Borromeo, in "Archivio Italiano per la Storia della Pietà". Vol. VIII, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1980. Giovanni Antonazzi, Per la storia della Pietà nell'alto Lazio : notizie su Morlupo, Roma, Ed. di Storia e Letteratura, 1980. Giovanni Antonazzi, Tradizioni popolari nell'alto Lazio, Vecchiarelli, 2003. Paolo Vian, Giovanni Antonazzi il curiale che amava Leone XIII e don Giuseppe De Luca, su L'Osservatore Romano, 16 giugno 2010. Sergio Mariani, Morlupo nel Risorgimento, Roma, G. De Cristofaro, 1991. Ferrovia Roma - Viterbo Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Morlupo Sito ufficiale, su comune.morlupo.roma.it. Morlupo, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Morlupo, su sapere.it, De Agostini. ~ Lucus Feroniae, su lcnet.it. URL consultato il 12 marzo 2007 (archiviato dall'url originale il 6 febbraio 2007). Teatro comunale Aldo Fabrizi di Morlupo, su teatroaldofabrizi.it. URL consultato il 7 aprile 2014 (archiviato dall'url originale il 30 agosto 2011). Centro di ricerche per la storia dell’Alto Lazio, su centroricerchealtolazio.it. URL consultato il 5 ottobre 2017 (archiviato dall'url originale il 2 ottobre 2017).

Chiesa di San Michele Arcangelo (Capena)

San Michele Arcangelo è la parrocchiale di Capena, in città metropolitana di Roma Capitale e diocesi di Civita Castellana; fa parte della vicaria del Soratte. La sua costruzione risale al 1908 su progetto dell'ingegnere Montechiari. Fu edificata su un terreno donato dai fratelli Giannotti di Capena ed è stata consacrata l'8 settembre 1908 dall'abate dell'abazia di San Paolo fuori le Mura. La prima ristrutturazione importante all'edificio risale al 1997, quando a causa di cedimenti del tetto, si resero indispensabili importanti lavori, che però recarono sostanziali modifiche. L'edificio è costruito secondo la tipica pianta basilicale, a tre navate separate da colonne. La copertura è in capriate lignee. La chiesa è costruita in blocchi di tufo ad eccezione del portale, del rosone, delle cornici delle finestre che sono in travertino. Al centro dell'abside vi era un tipico altare preconciliare irrimediabilmente perso dopo i lavori del 1997 e sostituito da uno di forme moderne e approssimative che altera profondamente il progetto originario che era giunto inalterato fino ai nostri giorni. Nel 2006 è stato donato in memoria di Giuseppe Foscarini, un organo a canne collocato dall'organaro Angelo Carbonetti di Foligno, sopra la bussola lignea all'ingresso dell'edificio. Fu inaugurato il 14 agosto. Nella cappella di sinistra era conservato l'altare dedicato al patrono San Luca. Attualmente vi è custodito il trittico protetto dalla cancellata in bronzo che originariamente apparteneva al fonte battesimale. Nella cappella di destra, è conservata una statua lignea della Madonna del Rosario. Originariamente, la chiesa non era affrescata e i dipinti sono stati eseguiti negli anni a cavallo del secondo conflitto mondiale, dai pittori Giovanni Costantini e Giovanni Carosi. Sono stati commissionati dai fratelli Porfirio e Vincenzo Barbetti di Capena. Gli affreschi rappresentano l'incoronazione di Maria sul catino (dell'abside) circondata da schiere di angeli e sovrastata dallo Spirito Santo in forma di colomba. I santi rappresentati nell'Abside sono San Michele Arcangelo al centro, San Pietro, San Paolo, San Luca Evangelista, san Marco Evangelista. San Porfirio Vescovo e San Vincenzo Ferreri. Sullo sfondo è rappresentata la Rocca medievale di Capena e la casa dei committenti e in lontananza le campagne e il Soratte. Vi sono 12 Medaglioni rappresentanti i 12 Apostoli sopra le colonne lungo la navata centrale. Sicuramente l'opera più importante custodita all'interno della chiesa è il pregevole Trittico del Salvatore di Antonio da Viterbo risalente al 1400. Recentemente sono stati collocati all'interno 2 pale di grandi dimensioni raffiguranti Santa Rita da Cascia e san Giuseppe Operaio dono dei Festaroli dell'Assunta. Sulla parete destra, accanto alla cappella della Madonna del Rosario, si può ammirare la grande tela di San Giovanni Decollato proveniente dalla chiesa della Madonna delle Grazie. Il fonte battesimale collocata alla destra dell'altare maggiore, è in pietra greca, scolpita nel 1400 e appartiene all'arredo della precedente chiesa parrocchiale di Capena. L'acquasantiera, collocata alla destra dell'entrata è un antico mortaio da farmacia in bronzo di epoca Romana. Fu donato in occasione dell'amministrazione del primo battesimo nella nuova parrocchiale di Luca Sinibaldi nel 1908. La facciata della chiesa è tripartita come l'interno. La scalinata d'accesso all'edificio, originariamente costituita da blocchi di pietra modanati, provenienti dal sito dell'antica Capena è stata sostituita da una moderna. Alla sinistra della chiesa, insieme alla casa canonica si erge il campanile alto circa 28 metri con orologio alla cui sommità sono collocate tre campane. La media e la piccola sono del 1700, mentre la grande è stata rifusa in occasione della consacrazione della chiesa. La campana piccola apparteneva alla chiesa di sant'Antonio abate. È dedicata al SS. Crocifisso ed è stata collocata sul campanile della parrocchia nell'anno 2000. La campana media è stata fusa dal campanaro Martino D'Ettorre di Spoltore. È stata commissionata dalla famiglia Sinibaldi di Capena. È dedicata all'Assunta. Durante la fusione della campana grande, per migliorare la qualità del bronzo, venne aggiunto dell'oro donato dai cittadini di Capena. L'orologio del campanile è stato donato nel 2002 dai Festaroli del quartiere San Leo. L'area del cortile adiacente alla parete sinistra dell'edificio, è stata occupata da un nuovo edificio: il 2 giugno 2006 è stata inaugurata dal vescovo diocesano Mons. Divo Zadi, la nuova sala dell'oratorio Eligio Sandri intitolata a San Giuseppe. Chiesa di San Michele Arcangelo, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Riano (Italia)
Riano (Italia)

Riano è un comune italiano di 10 633 abitanti della città metropolitana di Roma Capitale nel Lazio. Riano è situato su un rialzo tufaceo, a 125 m s.l.m. di altezza. Il territorio, con i suoi 25,35 km², comprende anche una parte del Parco Regionale di Veio. Il comune ha una buona visuale del fiume Tevere, che per un breve tratto ne segna il confine. Confina con Castelnuovo di Porto a nord, con Monterotondo ad est, a sud con Roma, e con Sacrofano ad ovest. La prima notizia che si ha del Castrum Raiani è dell’anno 1159, quando, già appartenente a Giovanni di Ronzone (o Roncione) e Berardo, suo fratello minore, abitanti a Roma nel luogo detto il monte di Johannes Roncionis, questi donarono la località con il castello e con tutte le sue pertinenze a papa Adriano IV. Agli inizi del secolo XIII, nel 1203, Riano era tra le località che Innocenzo III confermava e donava alla abbazia di San Paolo fuori le mura. Non è chiaro se tale donazione era da intendere per intero, perché probabilmente la porzione ceduta dai fratelli de Rontionis ad Adriano IV era stata ceduta alla famiglia Vezzosi. Pierluigi Galletti, nel suo lavoro su Capena e la terra Collinense, cita un atto esistente nell’archivio del monastero di San Paolo, dal quale si apprende che nel 1259 il monastero comprò la parte del Castrum Raiani spettante a Iacopo de Vezzosi e suoi parenti. Nel 1268, per pagare la somma per tale acquisto, dovette vendere il casale di Fiorano al monastero di Santa Balbina. Nel 1393 Riano risultava tornata ad essere dipendente dalla abbazia di San Paolo e successivamente a causa dei numerosi conflitti che turbarono Roma e i dintorni la località ne subì pesantemente gli effetti che dovette essere in gran parte riedificato. Nel 1527, il monastero di San Paolo per poter far fronte alle imposizioni dovute alle truppe imperiali da papa Clemente VII, dovette vendere la località con tutte le sue pertinenze a Luigi Gaddi per 20.000 ducati. Solo due anni dopo tuttavia tornò in potere del monastero per 20.000 scudi. A causa di nuove necessità fu nuovamente ceduto nel 1531 a Francesco Spinola per ducati 12.000: i discendenti dello Spinola nel 1538 lo venderono ai Gaddi per la seconda volta per 16.000 ducati. Nel 1570 il cardinale Pierdonato Cesi lo comprò per il nipote Emilio, da Silvia ed Antonia Gaddi, eredi di Luigi, alla cui famiglia nel ramo dei duchi di Acquasparta rimase per passare successivamente ai Ludovisi-Boncompagni principi di Piombino. Nel 1924 il corpo di Giacomo Matteotti fu ritrovato il 16 agosto, tra le 7:30 e le 8 del mattino, dal cane di un brigadiere dei Carabinieri in licenza, Ovidio Caratelli nella macchia della Quartarella. Lo stemma e il gonfalone sono stati riconosciuti con decreto del capo del Governo del 3 maggio 1940. Nello stemma comunale è raffigurato, sullo sfondo di campo di cielo, san Giorgio a cavallo nell'atto di uccidere il drago. Il gonfalone è un drappo di azzurro. Monumento in onore di Giacomo Matteotti Castello Ruspoli Parco regionale di Veio Abitanti censiti Nel 1985 sopra la cava di pian dell'Olmo al 10 km della via Tiberina fu girato e ricostruita l'abbazia che si può vedere nel film Il nome della Rosa su una montagnola come ha testimoniato in un filmato lo scenografo Dante Ferretti, l'abbazia fu costruita vicino nei pressi di Riano e subito finite le riprese fu smantellata, ora vi è rimasto solo un rudere di epoca medioevale su quella montagnola con un ampio panorama di Roma Nord. La stazione di Riano si trova sulla ferrovia Roma-Civita Castellana-Viterbo, gestita da ASTRAL. Il servizio ferroviario è operato da Cotral. Fra il 1906 e il 1932 Riano era servita da una fermata della tranvia Roma-Civita Castellana, antesignana dell'attuale ferrovia, gestita dalla Società Romana per le Ferrovie del Nord (SRFN). Dal 1816 al 1870 fece parte della Comarca di Roma, una suddivisione amministrativa dello Stato Pontificio. Dal 2013 ha aderito alla Conferenza dei sindaci dell'area Tiberina/Flaminia/Cassia. Dal 2015 fa parte del Consorzio intercomunale dei servizi e interventi sociali Valle del Tevere insieme ad altri 16 comuni ricandenti nel distretto sociosanitario 4 della ASL Roma 4. A.S.D. Roma City FC che, dal campionato 2023-24, milita nel campionato maschile di Serie D. S.S.D. Riano Calcio che, nel campionato 2023-24, milita nel campionato maschile di Promozione. Nella frazione di La Rosta, si trova il palazzetto comunale, dove vengono ospitate le partite della A.S.D. Lazio Riano, militante nella serie C Dilettanti. Giacomo Matteotti Parco regionale di Veio Panonta Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Riano Comune di Riano, su comune.riano.rm.it.

Civitucola

L'Area archeologica della Civitucola (o del Castellaccio) è stata individuata come l'area il luogo dove si trovava l'antica città arcaica di Capena, principale insediamento dell'omonima popolazione della valle del Tevere. Gli studi fanno risalire l'abitato all'VIII secolo a.C.. La collina è di difficile accesso, e difesa naturalmente. Ha una forma semi-lunata, simile a quella delle alture di Albalonga e Gabii. È situata tra il "Fosso dell'Olio", che ha origine dal Monte Soratte, e il "Fosso del Laghetto", emissario di un bacino lacustre - corrispondente a un antico cratere vulcanico - che si trova ai piedi della Civitucola. I due fossi confluiscono nel fosso di "Gramiccia", l'antico "Capenas", il fiume nazionale dei Capenati, che sfociava nel Tevere all'altezza del Lucus Feroniae. La prima identificazione del sito come luogo dell'antica Capena, prodotta nel 1756 sulla base di iscrizioni latine, è attribuita al monaco benedettino Pier Luigi Galletti. I primi reperti vennero alla luce casualmente nel 1931 in seguito a rilevanti opere agricole. I primi scavi archeologici dell'area si devono alla British School of Roma e risalgono al triennio dal 1959 al 1961. Gli scavi hanno riportato alla luce tratti delle mura cittadine costruite in opera quadrata con blocchi di tufo irregolari, resti di edifici, un tratto di strada basolata romana, la via Capenate,che collegava la Via Flaminia con la Via Tiberina, frammenti di ceramica e marmo di epoca romana, e basi di statue onorarie romane, che riprortano iscrizioni latine, ancora oggetto di studio e interpretazione. La zona centrale della città è denominata da un antico rudere in opera cementizia, a pianta rettangolare. Si tratta quasi certamente di un edificio di epoca romana che nel Medioevo fu adibito a Monastero dei Benedettini con annessa una chiesa dedicata al culto di San Giovanni Apostolo e Evangelista. Tra le iscrizioni latine, importante quella ritrovata nel 1931 su frammenti di marmo che celebrano il genius Augusti, ora conservati nel museo di Lucus Feroniae. Sempre sulla base delle iscrizioni ritrovate in loco, è ipotizzabile la presenza di edifici di culto dedicati a Cerere e a Venere. Intorno al nucleo abitato, sono state ritrovate anche delle necropoli, le più antiche delle quali, sono state datate al VII secolo a.C. Nella valle del Tevere, nell'area archeologica di Poggio Sommavilla sono stati rinvenuti scudi orientalizzanti e placche da cinturone di manifattura capenate, considerati i materiali più antichi e caratteristici trovati nell'area area archeologica del centro arcaico di Poggio Sommavilla Secondo la tradizione letteraria antico romana la fondazione della città si deve agli Etruschi di Veio. Faleri Veteres Poggio Sommavilla Veio Capenati Valle del Tevere