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Civitucola

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L'Area archeologica della Civitucola (o del Castellaccio) è stata individuata come l'area il luogo dove si trovava l'antica città arcaica di Capena, principale insediamento dell'omonima popolazione della valle del Tevere. Gli studi fanno risalire l'abitato all'VIII secolo a.C.. La collina è di difficile accesso, e difesa naturalmente. Ha una forma semi-lunata, simile a quella delle alture di Albalonga e Gabii. È situata tra il "Fosso dell'Olio", che ha origine dal Monte Soratte, e il "Fosso del Laghetto", emissario di un bacino lacustre - corrispondente a un antico cratere vulcanico - che si trova ai piedi della Civitucola. I due fossi confluiscono nel fosso di "Gramiccia", l'antico "Capenas", il fiume nazionale dei Capenati, che sfociava nel Tevere all'altezza del Lucus Feroniae. La prima identificazione del sito come luogo dell'antica Capena, prodotta nel 1756 sulla base di iscrizioni latine, è attribuita al monaco benedettino Pier Luigi Galletti. I primi reperti vennero alla luce casualmente nel 1931 in seguito a rilevanti opere agricole. I primi scavi archeologici dell'area si devono alla British School of Roma e risalgono al triennio dal 1959 al 1961. Gli scavi hanno riportato alla luce tratti delle mura cittadine costruite in opera quadrata con blocchi di tufo irregolari, resti di edifici, un tratto di strada basolata romana, la via Capenate,che collegava la Via Flaminia con la Via Tiberina, frammenti di ceramica e marmo di epoca romana, e basi di statue onorarie romane, che riprortano iscrizioni latine, ancora oggetto di studio e interpretazione. La zona centrale della città è denominata da un antico rudere in opera cementizia, a pianta rettangolare. Si tratta quasi certamente di un edificio di epoca romana che nel Medioevo fu adibito a Monastero dei Benedettini con annessa una chiesa dedicata al culto di San Giovanni Apostolo e Evangelista. Tra le iscrizioni latine, importante quella ritrovata nel 1931 su frammenti di marmo che celebrano il genius Augusti, ora conservati nel museo di Lucus Feroniae. Sempre sulla base delle iscrizioni ritrovate in loco, è ipotizzabile la presenza di edifici di culto dedicati a Cerere e a Venere. Intorno al nucleo abitato, sono state ritrovate anche delle necropoli, le più antiche delle quali, sono state datate al VII secolo a.C. Nella valle del Tevere, nell'area archeologica di Poggio Sommavilla sono stati rinvenuti scudi orientalizzanti e placche da cinturone di manifattura capenate, considerati i materiali più antichi e caratteristici trovati nell'area area archeologica del centro arcaico di Poggio Sommavilla Secondo la tradizione letteraria antico romana la fondazione della città si deve agli Etruschi di Veio. Faleri Veteres Poggio Sommavilla Veio Capenati Valle del Tevere

Estratto dall'articolo di Wikipedia Civitucola (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori).

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Luoghi vicini

Chiesa di San Michele Arcangelo (Capena)

San Michele Arcangelo è la parrocchiale di Capena, in città metropolitana di Roma Capitale e diocesi di Civita Castellana; fa parte della vicaria del Soratte. La sua costruzione risale al 1908 su progetto dell'ingegnere Montechiari. Fu edificata su un terreno donato dai fratelli Giannotti di Capena ed è stata consacrata l'8 settembre 1908 dall'abate dell'abazia di San Paolo fuori le Mura. La prima ristrutturazione importante all'edificio risale al 1997, quando a causa di cedimenti del tetto, si resero indispensabili importanti lavori, che però recarono sostanziali modifiche. L'edificio è costruito secondo la tipica pianta basilicale, a tre navate separate da colonne. La copertura è in capriate lignee. La chiesa è costruita in blocchi di tufo ad eccezione del portale, del rosone, delle cornici delle finestre che sono in travertino. Al centro dell'abside vi era un tipico altare preconciliare irrimediabilmente perso dopo i lavori del 1997 e sostituito da uno di forme moderne e approssimative che altera profondamente il progetto originario che era giunto inalterato fino ai nostri giorni. Nel 2006 è stato donato in memoria di Giuseppe Foscarini, un organo a canne collocato dall'organaro Angelo Carbonetti di Foligno, sopra la bussola lignea all'ingresso dell'edificio. Fu inaugurato il 14 agosto. Nella cappella di sinistra era conservato l'altare dedicato al patrono San Luca. Attualmente vi è custodito il trittico protetto dalla cancellata in bronzo che originariamente apparteneva al fonte battesimale. Nella cappella di destra, è conservata una statua lignea della Madonna del Rosario. Originariamente, la chiesa non era affrescata e i dipinti sono stati eseguiti negli anni a cavallo del secondo conflitto mondiale, dai pittori Giovanni Costantini e Giovanni Carosi. Sono stati commissionati dai fratelli Porfirio e Vincenzo Barbetti di Capena. Gli affreschi rappresentano l'incoronazione di Maria sul catino (dell'abside) circondata da schiere di angeli e sovrastata dallo Spirito Santo in forma di colomba. I santi rappresentati nell'Abside sono San Michele Arcangelo al centro, San Pietro, San Paolo, San Luca Evangelista, san Marco Evangelista. San Porfirio Vescovo e San Vincenzo Ferreri. Sullo sfondo è rappresentata la Rocca medievale di Capena e la casa dei committenti e in lontananza le campagne e il Soratte. Vi sono 12 Medaglioni rappresentanti i 12 Apostoli sopra le colonne lungo la navata centrale. Sicuramente l'opera più importante custodita all'interno della chiesa è il pregevole Trittico del Salvatore di Antonio da Viterbo risalente al 1400. Recentemente sono stati collocati all'interno 2 pale di grandi dimensioni raffiguranti Santa Rita da Cascia e san Giuseppe Operaio dono dei Festaroli dell'Assunta. Sulla parete destra, accanto alla cappella della Madonna del Rosario, si può ammirare la grande tela di San Giovanni Decollato proveniente dalla chiesa della Madonna delle Grazie. Il fonte battesimale collocata alla destra dell'altare maggiore, è in pietra greca, scolpita nel 1400 e appartiene all'arredo della precedente chiesa parrocchiale di Capena. L'acquasantiera, collocata alla destra dell'entrata è un antico mortaio da farmacia in bronzo di epoca Romana. Fu donato in occasione dell'amministrazione del primo battesimo nella nuova parrocchiale di Luca Sinibaldi nel 1908. La facciata della chiesa è tripartita come l'interno. La scalinata d'accesso all'edificio, originariamente costituita da blocchi di pietra modanati, provenienti dal sito dell'antica Capena è stata sostituita da una moderna. Alla sinistra della chiesa, insieme alla casa canonica si erge il campanile alto circa 28 metri con orologio alla cui sommità sono collocate tre campane. La media e la piccola sono del 1700, mentre la grande è stata rifusa in occasione della consacrazione della chiesa. La campana piccola apparteneva alla chiesa di sant'Antonio abate. È dedicata al SS. Crocifisso ed è stata collocata sul campanile della parrocchia nell'anno 2000. La campana media è stata fusa dal campanaro Martino D'Ettorre di Spoltore. È stata commissionata dalla famiglia Sinibaldi di Capena. È dedicata all'Assunta. Durante la fusione della campana grande, per migliorare la qualità del bronzo, venne aggiunto dell'oro donato dai cittadini di Capena. L'orologio del campanile è stato donato nel 2002 dai Festaroli del quartiere San Leo. L'area del cortile adiacente alla parete sinistra dell'edificio, è stata occupata da un nuovo edificio: il 2 giugno 2006 è stata inaugurata dal vescovo diocesano Mons. Divo Zadi, la nuova sala dell'oratorio Eligio Sandri intitolata a San Giuseppe. Chiesa di San Michele Arcangelo, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Morlupo
Morlupo

Morlupo (Morlopu nel dialetto locale) è un comune italiano di 8 497 abitanti della città metropolitana di Roma Capitale nel Lazio. Il paese si trova lungo la Strada statale 3 Via Flaminia, tra il 30º e 31º chilometro. Un particolare curioso è che Morlupo si trova all'esatto Nord geografico di Roma in quanto le loro Longitudini coincidono esattamente (12° 30′ 0′′ Est), venendosi quindi Morlupo a trovare a +15' di grado di Latitudine a Nord rispetto a Roma. La parte più antica del paese (rione Mazzocca) si è sviluppata su un'altura dominante il Tevere, sul luogo ove era situata in epoca romana la "statio Ad Vigesimum", cioè la mansio del XX miglio dell'antica via Flaminia, ed è costituita da un terrazzo roccioso di tufo a forma di ferro di cavallo, cinto da rupi a strapiombo sulla valle. L'aspetto geolitologico e morfologico che caratterizza l'intera regione a nord-ovest di Roma, è rappresentato dall'attività vulcanica dell'apparato Sabatino (detto distretto vulcanico Sabatino). Nel corso del Pleistocene si sono succedute a più riprese intense manifestazioni vulcaniche esplosive ed effusive da parte di diverse bocche crateriche, le quali hanno dato origine a diversi prodotti piroclastici e lavici. Lungo la valle del Tevere ed in corrispondenza delle incisioni dei corsi d'acqua minori affiorano invece terreni sedimentari, sia di ambiente marino che continentale. In generale i termini affioranti del territorio di Morlupo si possono ricondurre a tre unita geolitologiche: alluvioni attuali; vulcaniti Sabatine; formazioni sedimentarie terrigene. La prima unità, più recente, si riscontra lungo le zone di fondovalle alluvionale e pertanto in corrispondenza dei maggiori corsi d'acqua. I depositi alluvionali sono in prevalenza limo-sabbiosi e limo-argillosi ad elevato contenuto organico. L'unita vulcanica Sabatina comprende termini sia tufaceo-ignimbritici che lavici, alquanto differenziati per composizione, chimica, addensamento, cementazione e fatturazione. Le singole formazioni che hanno interessato la zona di Morlupo sono: tufi stratificati de La Storta lapillosi ed a tratti pomicei; tufi stratificati varicolore di Sacrofano più o meno semilitoidi (peperini); tufo di Castelnuovo scoriaceo e con elementi pomicei, di colore grigio; trachite di Morlupo deposito lavico bolloso grigio, di limitata ampiezza e spessore; tufo giallo della Via Tiberina coriaceo e con leucite; tufo di Riano grigio chiaro, compatto. La terza unita è costituita da sedimenti di ambiente continentale, deposti in facies salmastre e fluvio-lacustri nel Pleistocene inferiore (Siciliano-Calabriano). È una formazione argillosa a cui fanno seguito in continuità stratigrafica, le argille marnose plioceniche di ambiente marino. Quest'ultima formazione rappresenta il riferimento basale di tutta la regione per la circolazione delle acque sotterranee in virtù ella propria impermeabilità, dello spessore e della notevole estensione areale. Per quanto concerne l'idrografia di superficie bisogna considerare che l'intero territorio comunale è caratterizzato da un andamento morfologico collinare in cui si riscontrano numerosi corsi d'acqua dotati di ben sviluppato sistema affluentizio. Fra questi, nella zona nord della collina di San Sebastiano, si citano il Fosso della Fontanella, che si sviluppa da due sub affluenti di cui detta collina funge da spartiacque, che si immette nel Fosso di San Martino, che è affluente a sua volta del Fosso di Vallelunga. Tali corsi d'acqua fanno parte del sistema idrologico del bacino imbrifero del Fosso di Leprignano, affluente di destra del Fiume Tevere. Sulla base della classificazione delle aree sismiche (D.M.) del 03/03/1975 e successivi aggiornamenti) risulta che il territorio del comune di Morlupo non sia a rischio sismico. Nell'ambito della porzione settentrionale della provincia romana non si sono mai verificati, in tempi storici, eventi sismici di notevole entità, né, tantomeno, si sono avuti risentimenti considerevoli dei sismi avvenuti nelle aree circostanti; da citare in tal senso il sisma di Rignano Flaminio del 20/01/1968 (III grado scala Mercalli) e di Roma del 02/08/1964 (V grado scala Mercalli). Dall'esame della Carta Sismica redatta dal CNR risulta infatti che tutto il territorio di Morlupo può essere considerati asismico in quanto interessato da fenomeni di intensità sismica inferiore al VI grado della scala Mercalli. Dati registrati dalla stazione meteorologica di Morlupo (250 m s.l.m.) attiva dall'anno 2006: Una delle ipotesi più accreditate sull'origine del nome di Morlupo è riportata dallo storico dell'Agro romano Nicolai che in un suo libro riprende quanto già indicato da Eschinardi in Descrizione di Roma e dell'Agro Romano e cioè che: Peraltro il motto Martis rapaces lupi, cioè - i lupi rapaci (del dio) Marte -, è contenuto nella blasonatura dello stemma del comune. Queste ipotesi sono successivamente riprese dal Nibby che le reputa plausibili e da Gaetano Moroni nel suo Dizionario di Erudizione Le origini di Morlupo sono collegate alla storia dei Capenati, fiorente popolazione italica che prosperava nel Lazio (Latium) prima dell'avvento di Roma. I Capenati avevano una propria lingua, simile al latino, affine all'etrusco e con influenze sabine. Il territorio dei Capenati (Ager Capenas) si estendeva lungo la riva destra del Tevere, confinava a nord con quello dei Falisci, a est con il Tevere e i Sabini, e a sud ovest con il territorio etrusco di Veio. Comprendeva gli attuali comuni di: Capena, Civitella San Paolo, Fiano Romano, Nazzano, Ponzano Romano, Filacciano, Torrita Tiberina, Rignano Flaminio, Sant'Oreste, Castelnuovo di Porto, Morlupo e Riano I ritrovamenti avvenuti nel "Forum Morolupum" di alcune catacombe cristiane risalenti al IV-V secolo dimostrano che la zona era già in quei tempi abitata o comunque vi erano presenti almeno dei nuclei rurali e piccole fattorie agricole, di fede cristiana, che sorgevano nel territorio di Monte la Guardia (attuale Morlupo Stazione), di Fontana Vecchia, Sterpareti e Fornelli. Una presenza più consistente, che si può in effetti considerare come la vera origine dell'abitato, si può far risalire alla metà del IX secolo ad opera di profughi e coloni scampati alle distruzioni ed ai saccheggi di Monte la Guardia e delle fattorie della zona, avvenuti in Italia centrale tra l'850 e il 900 d.C. a seguito delle incursioni di Saraceni e Ungari. Questi profughi, dopo aver ceduto le loro terre alla Chiesa in cambio di protezione e assistenza, si rifugiarono in un borgo abbandonato e quasi inaccessibile che corrisponde all'attuale borgo medioevale morlupese della Mazzocca, che essendo situato su uno sperone roccioso circondato da tre lati da alti dirupi risultava più facilmente difendibile. La Chiesa, diventata così proprietaria delle terre costituenti il "vicus della mazzocca" e le terre "ad vicesimum" della Flaminia (zona del Monte la Guardia) le assegnava (Papa Giovanni VIII) al conte Giovanni di Leone. Questi fece costruire la chiesa di S. Giovanni Battista ove fu sepolto il 16 luglio 898. In seguito il territorio fu assegnato ai monaci benedettini di S. Paolo fuori le mura di Roma, che lo tennero fino al pontificato di Papa Niccolò III (al secolo Giovanni Gaetano Orsini) appartenente all'Ordine di San Benedetto, che fu papa dal 1277 al 1280. Sotto il pontificato di Nicolò III il castello di Morlupo fu ceduto al Conte Gentile di Bertoldo Orsini il cui figlio Romano lo assegnava nel 1293 in dote alla moglie Anastasia di Guido di Monfort. In quel tempo la popolazione castellana era di circa 650 anime come si deduce dai registri delle tasse dell'epoca. Nel 1423, sotto il Papa Martino V, durante le lotte fra i Capitani di Ventura Braccio da Montone e Muzio Attendolo detto Sforza, il paese fu posto sotto assedio in quanto diventato rifugio del ribelle Nicola Orsini di Bertoldo. Dopo averlo occupato con le truppe a lui fedeli Martino V fece distruggere il castello nel 1425. Riabilitata la popolazione, il castello di Morlupo "inhabitatum" passò nel 1426 alla famiglia Colonna per 10 000 fiorini d'oro. Nel 1432 Gentile Orsini, fratello del ribelle Nicola recuperava Morlupo e Monte La Guardia. Negli anni successivi vi furono varie lotte fra i Colonna e gli Orsini in cui fu teatro la zona di Morlupo detta "bastione di Monte La Guardia", ma il territorio resto comunque agli Orsini. Nel 1463, Papa Pio II concedeva al Popolo di Morlupo, la grazia sul debito del sale arretrato e la riduzione delle imposte. Il Conte di Pitigliano Nicolò III Orsini nel 1468 promulgò un nuovo Statuto di Morlupo e perorò nel 1494 la fondazione del convento francescano di S. Maria Seconda, incorporando l'antico romitorio dei frati Clareni. Il feudo di Morlupo restò agli Orsini fino al 1613 quando passò alla famiglia Borghese in quanto l'allora proprietario Antimo Orsini, barone romano dei conti di Pitigliano, dopo aver ricostruito la facciata della chiesa di S. Giovanni Battista nel 1593 e la porta del Castello nel 1598, si vede costretto a vendere Morlupo per 96 000 scudi al cardinale Scipione Borghese, in data 2 aprile 1613. Questi a sua volta lo cedette al cugino Marcantonio II Borghese,1º principe di Sulmona. Il dominio della Famiglia Borghese si protrarrà fino agli inizi del XX secolo. Negli anni successivi sotto la signoria Borghese si ebbero benefici e privilegi, ma vi furono anche momenti di forte tensione economica e sociale. Alla carestia del 1763-64 fece seguito in Morlupo la carenza di grano, in questa situazione in cui, al rialzo dei prezzi delle derrate alimentari, non corrispondeva un aumento dei salari, l'equilibrio economico e sociale divenne instabile. Parte del raccolto agrario 1778-79 di Morlupo fu venduto dai maggiori produttori locali all'Annona di Roma a prezzi elevati, facendo nascere in paese una dura reazione. La Comunità quindi chiese ed ottenne un prestito di 1500 scudi per procurarsi del grano da distribuire ai poveri, ma non si riuscivano a trovare dei venditori. Per superare la situazione la Comunità di Morlupo inoltrò all'allora Papa Pio VI un esposto per ottenere l'acquisto di parte della produzione locale già vendita all'Annona, pagando o rimborsando l'Annona di eventuali spese. Alla mancanza di pane si aggiunse un'epidemia di malaria, che colpì più di cento persone. In questa situazione vi fu quindi nel settembre 1793 una sollevazione popolare contro il Governo pontificio, che fu soffocata dalla Forza pubblica, inviata dalla segreteria di Stato. Nel 1798 a seguito della caduta dello Stato Pontificio e la costituzione della Repubblica Romana, Morlupo divenne Sede de un Cantone della Repubblica da cui dipendevano 16 comuni limitrofi. Chiesa S. Giovanni Battista La chiesa si trova in P.zza Giovanni XXIII (Rione Mazzocca). La sua fondazione risale al IX secolo; fu completamente ristrutturata nel Cinquecento ad opera di Antimo Orsini. L'impianto planimetrico, ad unica navata con cappelle quadrilatere, transetto non emergente e presbiterio quadrato, si ritiene derivato dagli schemi del gotico francese adottati in Spagna nella prima metà del XVI secolo. Tuttavia agli inizi del XIX secolo la Chiesa è nuovamente in condizioni precarie e nel 1819 il vescovo ne decreta l'ampliamento con lo sfondo dell'altare maggiore e la creazione di una cappella. Nel 1905 vengono eseguiti i lavori di ristrutturazione, la realizzazione della scalinata esterna risale al 1922 e gli ultimi interventi di restauro sono del 1962, durante i quali viene rimosso il controsoffitto ligneo ottocentesco. Chiesa di S. Maria Assunta Fu realizzata nel XIV secolo su un'altura all'esterno del Castrum. Attorno ad essa, sulle pendici del colle, si trova un piccolo "borgo" che dà il nome all'omonimo rione, oggi completamente inglobato dalla ristrutturazione ottocentesca dell'area. Convento di Santa Maria Seconda Il convento, il cui nome ufficiale è santa Maria delle Grazie, si trova in via Frà Carlo da Sezze, traversa di via San Michele, poco oltre il Cimitero Comunale. La costruzione del Convento risale alla fine del XIII secolo. Esso fu edificato dai Francescani sul luogo di un antico romitorio dei Frati Clareni, del quale rimane traccia dell'affresco ancora esistente nella parete destra della Chiesa. Uno dei pilastri del chiostro conserva incisa la data del 1525, anno in cui terminarono sostanziosi lavori di ampliamento. L'impianto classico si sviluppa intorno al chiostro; uno dei lati è addossato alla Chiesa, mentre quello opposto ospita il refettorio. L'impianto originario del Convento subì modifiche e ampliamenti fra il 1628 ed il 1633. Alla fine dell'Ottocento il convento fu incamerato dallo Stato unitario e da lì iniziò un lento processo di decadimento: i frati furono costretti a lasciare il convento, con le politiche di spoliazione dei terreni e degli spazi necessari alla loro vita. Palazzetto Borghese Il Palazzetto Borghese fu costruito agli inizi del Seicento. Si trova all'incrocio di quelle che allora erano le due strade più importanti, la via verso la Flaminia per Roma (attuale Corso Umberto I) e la via per Capena che conduce sulla Via Tiberina nella valle del Tevere (attuale Via Cesare Battisti). La costruzione è addossata alla retrostante collina, ha una planimetria irregolare e i due prospetti d'angolo conservano un aspetto severo per il rigore compositivo e la compattezza delle partizioni. L'unico elemento decorativo è rappresentato dalle modanature che incorniciano l'ingresso e il soprastante balcone. L'edificio era di proprietà della famiglia Mattei come testimoniano lo stemma, esistente all'interno. Nel 1624 l'edificio diventa di proprietà del Principe Borghese. Alla fine dell'Ottocento esso era utilizzato come sede comunale. Attualmente è di proprietà privata ed è stato completamente restaurato. È utilizzato per organizzazione di mostre e convegni. Castello degli Orsini Il Castello degli Orsini si trova in fondo alla Via del Corso ed è posto come sbarramento di protezione dell'ingresso al Rione Mazzocca. Il castello originale andò distrutto nel 1433. Quello attuale fu costruito da Antimo Orsini nel 1598. La zona di Morlupo e dintorni è una delle più belle della campagna a Nord di Roma. Il paesaggio collinare e sempre vario in tutte le stagioni concede alla vista di spaziare "all'infinito" ammirando paesaggi e colori della natura. Nelle immediate vicinanze del paese vi sono riserve e parchi naturali. Fra i più significativi si cita Parco di Veio: a 2 km dal paese lungo la Via Flaminia Costituito nel 1997 il Parco si estende su circa 15.000 ettari comprendenti parte del territorio di Morlupo. Al suo interno si trovano i resti archeologici dell'antica città etrusca di Veio, L'area del Parco risulta di notevole interesse anche dal punto di vista faunistico. Sono state censite 145 specie animali presenti nel territorio, alcune delle quali estremamente rare, come la farfalla Poecilocampa canensis. Ampiamente rappresentati sono gli uccelli, sia stanziali che di passo, in particolare i rapaci come il nibbio bruno, la poiana ed il gheppio. Tra i mammiferi sono diffusi il riccio, l'istrice, il tasso, il cinghiale e la volpe. Per quanto riguarda gli anfibi ed i rettili, sono diffusi il tritone crestato ed il tritone punteggiato, la rana verde, la rana greca, la rana agile, la testuggine d'acqua dolce, il cervone, il saettone. Monte Soratte: si trova a 14 km da Morlupo, sulla Flaminia direzione Nord, nel comune di Sant'Oreste. Il Monte Soratte (altezza 691 m) si erge solitario tra le colline della Tuscia romana di cui costituisce la cima più elevata. È costituito da rocce calcaree formatesi nel Pleistocene. Caratteristica del luogo sono i "Meri", tre grandi voragini, che si trovano alla base orientale della montagna. Questi pozzi, comunicanti fra loro e profondi circa 115 m, rivestono un notevole interesse speleologico. In particolare il Mero Grande è costituito da un pozzo verticale profondo diverse decine di metri e con un diametro di 20m. Dalla cima del monte, raggiungibile a piedi dal paese di Sant'Oreste, si ammira un panorama spettacolare di tutta la Valle del Tevere. Sul monte sono stati eretti nei tempi vari edifici di culto sia pagano, che cristiano e numerosi eremi medievali: S. Lucia, S. Antonio, Madonna delle Grazie, S. Sebastiano fino a giungere alla vetta con l'antica abbazia di S. Silvestro. Suggestiva la chiesa rupestre dedicata a Santa Romana raggiungibile con un percorso separato. Riserva naturale Tevere-Farfa: si trova a circa 20 km da Morlupo sulla via Tiberina La riserva si estende su un'area di 700 ettari lungo il corso del Tevere a nord di Roma. La Riserva Naturale Regionale Tevere Farfa, fu la prima ad essere istituita nella Regione Lazio(1979). Essa nasce in corrispondenza di uno sbarramento sul fiume (diga Enel) che, col tempo, ha portato alla formazione di un laghetto. Paradiso di birdwatcher e di fotografi naturalisti, in grado di avvistare anatre selvatiche, gru e cicogne, aironi e falchi pescatori, nella riserva si alternano diversi tipi di ambienti: dai canneti al bosco umido e ripariale, dal fiume ai campi coltivati, che rendono il paesaggio straordinariamente vario e popolato da una fauna d'eccezione. La popolazione è all'ultimo censimento di 8 458 abitanti con un tasso di crescita abbastanza lento rispetto ai paesi limitrofi. Abitanti censiti Alcune scene esterne del telefilm Liberate mio figlio (sceneggiato ispirato alla vicenda del sequestro di Cesare Casella), sono state girate nella Piazza Giovanni XXIII. Parte del film I morti non pagano tasse di Sergio Grieco, prodotto e interpretato da Tino Scotti (1952) è stato girato in Piazza Giovanni XXIII, all'epoca piazza principale del Paese. Parte del film Grande, grosso e Verdone, diretto da Carlo Verdone, fu girato nel cimitero cittadino. Con riferimento alla mappa indicata in figura, che rappresenta il territorio comunale, si indicano le zone che lo compongono: Morlupo è stato fino ai primi anni sessanta un centro prevalentemente agricolo basato principalmente sulla produzione vinicola e olicola. Da allora ad oggi si è passati progressivamente ad un'economia di tipo artigianale ed anche industriale. Vi sono pertanto caseifici, salumifici, tipografie, laboratori per la lavorazione del ferro e del legno, ed esistono anche alcune industrie. Inoltre a partire dalla fine degli anno 70 la vicinanza con la capitale ha portato molti romani a stabilirsi in paese per sfuggire al caos della città, come ben testimoniato dall'incremento dei residenti mostrato nel grafico riportato. La gastronomia tradizionale di Morlupo ha nella lavorazione della carne suina, ed in particolare delle salsicce, il suo punto di forza. Rinomata è soprattutto la salsiccia Baciona. La stazione di Morlupo-Capena, gestita da ASTRAL, è posta lungo la ferrovia Roma-Civitacastellana-Viterbo in località Morlupo Scalo ed è servita da treni regionali e autocorse Cotral. Fra il 1906 e il 1932 in luogo di tale stazione sorgeva una fermata della tranvia Roma-Civita Castellana, gestita dalla Società Romana per le Ferrovie del Nord (SRFN). Anche la stazione di Magliano Romano, a servizio del comune confinante di Magliano Romano, è situata nel territorio comunale di Morlupo. Iași, dal 1999 Dal 2013 ha aderito alla Conferenza dei sindaci dell'area Tiberina/Flaminia/Cassia. Dal 2015 fa parte del Consorzio intercomunale dei servizi e interventi sociali Valle del Tevere insieme ad altri 16 comuni ricandenti nel distretto socio-sanitario 4 della ASL Roma 4. Nicola De Mattia, C'era una volta Morlupo: (Le nostre radici), 2ª ed., Torino, Centro Studi Uno, 1996. Nicola De Mattia, La storia di Morlupo dal sec. VII a.C. al sec. XIX, Centro Studi Uno, Guidonia, 2007. Nicola De Mattia, Quando comandavano tre famiglie (Morlupo 1870-1945), Centro Studi Uno, Guidonia, 2010. Antonio Nibby, Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de' dintorni di Roma, Volume 2, Roma, Tipografia delle Belle Arti, 1849. URL consultato il 15 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 4 dicembre 2014). G. Antonazzi, Caterina Paluzzi e la sua autobiografia (1573-1645). Una mistica popolana tra San Filippo Neri e Federico Borromeo, in "Archivio Italiano per la Storia della Pietà". Vol. VIII, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1980. Giovanni Antonazzi, Per la storia della Pietà nell'alto Lazio : notizie su Morlupo, Roma, Ed. di Storia e Letteratura, 1980. Giovanni Antonazzi, Tradizioni popolari nell'alto Lazio, Vecchiarelli, 2003. Paolo Vian, Giovanni Antonazzi il curiale che amava Leone XIII e don Giuseppe De Luca, su L'Osservatore Romano, 16 giugno 2010. Sergio Mariani, Morlupo nel Risorgimento, Roma, G. De Cristofaro, 1991. Ferrovia Roma - Viterbo Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Morlupo Sito ufficiale, su comune.morlupo.roma.it. Morlupo, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Morlupo, su sapere.it, De Agostini. ~ Lucus Feroniae, su lcnet.it. URL consultato il 12 marzo 2007 (archiviato dall'url originale il 6 febbraio 2007). Teatro comunale Aldo Fabrizi di Morlupo, su teatroaldofabrizi.it. URL consultato il 7 aprile 2014 (archiviato dall'url originale il 30 agosto 2011). Centro di ricerche per la storia dell’Alto Lazio, su centroricerchealtolazio.it. URL consultato il 5 ottobre 2017 (archiviato dall'url originale il 2 ottobre 2017).

Castello abbaziale
Castello abbaziale

Il Castello abbaziale è un castello di epoca medievale di Civitella San Paolo nel Lazio. Il castello abbaziale di Civitella San Paolo è uno tra i più interessanti esempi di architettura militare medievale della Valle del Tevere, perfettamente conservato. È probabile che in origine (X - XI secolo) vi fosse soltanto una torre (identificabile nell'attuale mastio), edificata in un luogo strategico per svolgere funzioni di vedetta e di vigilanza sui traffici fluviali, sul transito di eserciti nemici, di merci o di bestiame lungo la via Tiberina. L'incastellamento del territorio "Collinense" da parte dell'Abbazia di San Paolo (fine XI secolo), appoggiato dai papi (quasi a ribadire e confermare lo statuto di abbazia territoriale in funzione anti-imperiale e in contrapposizione con la potenza ecclesiale benedettina, dell'Abbazia di Farfa), produsse l'effetto della costruzione a catena di torrioni e fortilizi all'interno delle mura delle cittadine soggette. Sul finire del XII secolo a Civitella San Paolo, soggetta all'investitura degli eredi di un certo Teobaldo di Cencio, tra la torre e la porta venne edificato un potente cassero (o dongione) di forma quadrata, con una torretta angolare sul lato sud-ovest. La conformazione del castello più o meno nelle forme attuali, si deve però alla ripresa e allo stabile possesso di Civitella da parte del monastero di San Paolo (metà del XIV secolo): un quadrilatero murario coronato da merli guelfi in aggetto su beccatelli, porta levatoia, cortile d'armi, cisterna d'acqua e fossato. Nella metà del XV secolo il castello fu dotato di un baluardo a forma pentagonale, con saliente rivolto verso la piazza e troniere interne per le armi da fuoco, eloquente evoluzione ed ultima dotazione di architettura militare dell'epoca al fortilizio. Nella muratura del castello, posizionata nel lato destro della porta, all'altezza di 15 metri dal piano del fossato, esiste ancora una serie di doppi incassi o buche pontate, interpretabile forse come tracce di un raro "castelletto a sbalzo" (hourd), con la struttura semiprovvisoria di un camminamento esterno, imbastito su mensole e puntoni lignei, oggi scomparsi. Nella seconda metà del Quattrocento, nell'area compresa tra la chiesa di Santa Maria ed il castello, in aderenza con questo, si edificò il palazzetto abbaziale con cortile e doppio loggiato interno su pilastri dorici ottagonali, soffitti a cassettoni dipinti a stemmi e grottesche: si tratta di una pregevole residenza locale con caratteri stilistici squisitamente rinascimentali. L'opera fu successivamente ampliata e completata sino al 1578. Si crearono così due nuclei edilizi ben distinti: l'uno con caratteristiche civili e residenziali, l'altro con funzioni prettamente militari, comunicanti tra loro per mezzo di una porta di soccorso con saracinesca in legno ancora in situ. Dopo l'abbandono del periodo francese e sino alla caduta della Repubblica Romana (15 luglio 1849), il castello rimase disabitato; ma con il ripristino dell'Ancien Régime, tra il 1852 ed il 1857, l'Abbazia di San Paolo approntò dei restauri al complesso, per rendere più vivibile il soggiorno dei monaci e dei novizi. Proprio per questi ultimi ospiti, nella torre erano conservati degli scenari per l'allestimento di un teatrino dei burattini. Con l'occasione fu anche sistemato l'ingresso principale, preceduto da sette gradini provenienti dai marmi scampati all'incendio della basilica di San Paolo, ed apposta l'iscrizione commemorativa (1852). Nel 1924, per interessamento dell'abate Ildefonso Schuster si intrapresero nuovi restauri, in particolare fu eliminata la copertura e ripristinato il calpestio sugli spalti. Nel 1926 il Comune di Civitella San Paolo appose una lapide di bronzo commemorativa dei caduti della Grande Guerra, su un lato del baluardo pentagonale. Nel cortile d'armi è visibile una collezione di sculture ed iscrizioni di epoca romana, rinvenute nel territorio: notevole la statua di marmo raffigurante san Giacomo, dello scultore neoclassico Annibale Malatesta. Il castello, acquisito dal Comune nel 1996, è stato restaurato tra il 1998 ed il 2000 in vista della sua trasformazione in centro polifunzionale, con progetto e direzione dei lavori da parte della Provincia di Roma e il contributo di un finanziamento regionale.

Civitella San Paolo
Civitella San Paolo

Civitella San Paolo è un comune italiano di 1 949 abitanti della città metropolitana di Roma Capitale nel Lazio. Il territorio del comune di Civitella San Paolo è situato geograficamente nella valle del Tevere, i terrazzi fluviali raggiungono la massima altitudine con i 288 m s.l.m. del colle del monte Cucolo. Classificazione climatica: zona D, 1811 GR/G. Nei documenti si trova menzionato con il nome di Civitas de Colonis, che divenne poi "Civitella". Il borgo sorge nel territorio un tempo chiamato "Collinense", tra le colline che circondano il Tevere; in origine era probabilmente abitato dai cittadini di Capena fuggiti dalla loro città in seguito alle invasioni barbariche. La prima documentazione che ne attesta l'esistenza risale però alla bolla di papa Gregorio VII del 1081, in cui compare con il nome di Civitas de Colonis. Il nome di Civitella deriva dal vocabolo latino Civitatula, diminutivo di civitas, che significa 'piccola città', e dalla sua trasformazione nel volgare Civitatella, da cui finalmente, per abbreviazione, Civitella. È probabilmente uno dei siti prescelti di emigrazione dalle città capenati, forse dalla stessa Capena dopo l'abbandono tra IV e V secolo d.C.. Nel Medioevo, a questo toponimo si aggiunse anche una specificazione che indicava che il centro abitato fosse una colonia, cioè un centro abitato direttamente fondato da parte dello Stato Pontificio. È menzionata, infatti, in una bolla di papa Gregorio VII del 1081, come Civitas de Colonis, pertinenza del monastero di San Paolo fuori le Mura di Roma, che attraverso il possesso di città, terre, castelli e chiese, Gregorio VII aveva donato un potere enorme all'abbazia: la facoltà d'essere svincolata dall'autorità civile ed ecclesiastica (dioecesis nullius), fatto salva l'autorità indiscussa dello stesso pontefice: aveva offerto ai monaci paolini il controllo e la giurisdizione di un vastissimo territorio compreso per la maggior parte tra la riva destra del Tevere, la via Cassia ed il monte Soratte, un tempo sottoposto alle diocesi di Nepi e di Sutri, la cui signoria si estendeva in uno stato monastico-feudale sino alla Flaminia e la Cassia, comprendente i comuni di Capena, Castelnuovo di Porto, Riano, Morlupo, Magliano, Cesano, Galeria e Campagnano. Nel XII secolo i monaci concessero il borgo in enfiteusi a Tebaldo di Cencio; successivamente fu usurpata dai figli Cencio e Stefano. Nel 1416 Civitella Sancti Pauli figura nell'elenco delle comunità soggette al contributo semestrale dell'imposta sul sale e focatico, con un consumo di 10 rubbi, corrispondente ad una popolazione stimabile in 850 abitanti. Nel 1427 figura come bene personale di Odoardo Colonna alla cui famiglia era stata attribuita da papa Martino V che tuttavia dovettero restituire alla Chiesa con l'elezione di papa Eugenio IV. Nel 1434, papa Eugenio IV la diede in enfiteusi a Giorgio e Battista (Ridolfini?) di Giovanni da Narni, creditori del pontefice di 5000 fiorini per i servigi a lui resi. Tra il 1434 ed il 1435 Civitella San Paolo fu chiamata a contribuire con l'invio di trenta fanti armati a Bracciano, ad ingrossare l'esercito pontificio di Eugenio IV contro Niccolò Fortebraccio. Il 18 marzo 1452 i monaci di San Paolo ricomprarono il feudo civitellese da Battista da Narni e dai figli del quondam Giorgio, Antonio e Giovanni, per un prezzo di 2000 ducati. Civitella San Paolo ebbe un proprio scalo fluviale in età medievale, chiamato "Barcana", termine derivato da una barca tenuta a spese della Comunità della valle del Tevere, presso il moderno passo di Fiano. È probabile che in località Meana, oggi nel comune di Nazzano, esistesse un pontile attrezzato, delle baracche ed una imbarcazione, utilizzati dalla Comunità e dal Monastero di San Paolo sino agli inizi del XVII secolo, dal nome di "Porto Vecchio". Nel 1497 Civitella San Paolo inviò alcuni fanti armati nell'esercito di papa Alessandro VI, nella sfortunata guerra contro Gentil Virginio Orsini a Bracciano. Nel 1616 fu emanato ed approvato lo statuto, da parte dell'abate Alessandro da Brescia. Nel 1703 in tutto lo Stato Pontificio furono avvertite numerose scosse di terremoto, ma Civitella San Paolo non ebbe particolari danni. È attestato come nei documenti ufficiali tra XVII e XIX secolo, questa comunità si servisse di un timbro a secco rotondo con la figura del patrono san Giacomo Maggiore impugnante il bastone ed il cappello da pellegrino, con l'iscrizione: Civitelle S.P. Castrum. Dopo il "decreto di secolarizzazione" del 1789 e durante il periodo della Repubblica Romana (1798-1799) il monastero perse ogni diritto di proprietà sul feudo Collinense. Tra il 1802 ed il 1803 la Comunità che contava 600 abitanti, già afflitta dalla carestia che si era abbattuta su tutto lo Stato della Chiesa, fu crudelmente colpita da un'epidemia di febbre maligna che falcidiò la popolazione, tanto che morirono due medici e centoventi persone. Negli stravolgimenti amministrativi e territoriali della prima Repubblica Romana, Civitella San Paolo fece parte del cantone di Morlupo, dipartimento del Cimino. Tale suddivisione fu pressoché confermata durante l'Impero Francese (1809-1814), ma rientrante nell'arrondissement di Roma, dipartimento del Tevere. Nella restaurazione di Pio VII, dopo la caduta di Napoleone, fu introdotta una nuova suddivisione amministrativa nello Stato Pontificio (6 luglio 1816) e Civitella San Paolo rientrò nella Comarca di Roma come parte del "Governo di Nazzano"; nel 1828 a Nazzano subentrò Castelnuovo di Porto come capoluogo governativo. Nel censimento dello Stato Pontificio del 1853 a Civitella San Paolo, comune della Comarca, veniva registrata una popolazione di 771 abitanti (di cui 768 dimoranti nell'abitato, e 3 in campagna) distribuiti in 167 case ed in 169 famiglie, con la chiesa parrocchiale di Santa Maria. Con la presa di Roma del 1870 e la soppressione degli enti ecclesiastici del 1873, il monastero di San Paolo manifestò un crescente disinteresse per il territorio un tempo soggetto e ora parte integrante del Regno d'Italia. Durante il periodo di governo dell'abate Alfredo Ildefonso Schuster (1918-1929), tuttavia, Civitella San Paolo beneficiò di non poche e particolari attenzioni: fu restaurato il castello (1924-1929) e la chiesa di San Lorenzo (1926), mentre per volere di Schuster fu costruito ex novo il monastero di Santa Scolastica in località Monte Lino (1934). Nel 1996 l'Abbazia di San Paolo ha definitivamente ceduto il castello –dopo un possesso millenario - acconsentendo all'acquisizione da parte del Comune. Castello abbaziale di Civitella San Paolo è uno tra i più interessanti esempi di architettura militare medievale della Valle del Tevere, perfettamente conservato. È probabile che in origine (X - XI secolo) vi fosse soltanto una torre (identificabile nell'attuale mastio), edificata in un luogo strategico per svolgere funzioni di vedetta e di vigilanza sui traffici fluviali, sul transito di eserciti nemici, di merci o di bestiame lungo la via Tiberina. Mura di cinta Civitella San Paolo ha la particolarità di aver avuto un triplice circuito murario concentrico, corrispondente ad altrettante fasi di ampliamento del borgo avvenute nel corso dei secoli. Il tratto più antico (e meglio conservato) di queste civiche mura è riconoscibile sul lato destro del basamento del castello, nei pressi di porta Capena. La seconda fase di costruzione delle mura, databile alla seconda metà del XIII secolo, corrisponde al nucleo più antico del borgo, che ebbe la denominazione di "contrada La Rocca" o "Castello"; aveva un perimetro di circa 235 metri ed una forma simile ad un ovale. Era intervallata da una serie di torri quadrate dalla tipica "gola aperta", oggi quasi del tutte scomparse, ad eccezione di quella presso le "scale nuove" in via Cavour, mirabilmente conservata, seppure oggi divenuta un'abitazione. La muratura di questa cerchia è difficilmente indagabile a causa delle sopraelevazioni e dello sviluppo di edilizia intensiva del XV secolo, che portò alla completa trasformazione e all'utilizzazione delle strutture difensive, per fini civili. L'ultimo ampliamento delle mura, che procede di pari passo con l'espansione edilizia a saturazione delle aree ancora libere, è databile tra la fine del XV e gli inizi del secolo successivo, e raggiunge un perimetro complessivo di circa 600 metri: un'opera davvero ammirabile per l'epoca, se si considerano tutti i necessari lavori preliminari di cava dei materiali, di bonifica, di sterro e di riempimento nella zona particolarmente scoscesa della "Piscericata" e delle "Piaggie". Il recinto murario, intervallato da torri e da bastioni, s'innesta direttamente al castello abbaziale, formando un unico organismo difensivo; oltre alla porta principale, fu aperta porta Capena e la Posterula, piccolo e secondario ingresso di campagna ormai scomparso. Formidabile è il torrione a pianta circolare con troniere interne, che rivestiva una notevole importanza strategica, perché posto sull'angolo più meridionale delle mura, che qui ripiegavano di 90°, a seguire l'andamento orografico del terreno circostante il borgo: era ovviamente destinato a difendere la parte non coperta dal tiro delle artiglierie del castello. Porta Romana L'antica porta civica d'accesso al borgo (un tempo denominata "Porta Romana" o "Porta Castello", nelle forme attuali, risale all'anno giubilare 1800: è quasi del tutto realizzata in stucco applicato a rilievo sulla muratura medievale del castello; oggi è priva del portone in legno a due battenti, andato purtroppo perduto La sua architettura è in stile neoclassico, ma di sapore ancora settecentesco. Alla base sono due semplici paraste doriche che sorreggono una trabeazione modanata, sulla quale a sua volta è impostata la parte superiore movimentata da una coppia di pinnacoli ed una sorta di edicola a timpano triangolare interrotto, che inquadra lo stemma dell'Abbazia di San Paolo, con festoni, soprastante cherubino e corona baronale. Dall'iscrizione dedicatoria si apprende il nome del costruttore, il mastro muratore Giacomo Ricci che dai documenti d'archivio risulta un autentico "factotum" al servizio del Comune in quegli anni, ma non l'ideatore: Porta Capena Porta Romana detenne per secoli il primato di unico ingresso al paese; ma Civitella San Paolo nel corso del XV secolo aveva avuto una discreta espansione edilizia extra moenia, soprattutto nella zona denominata "Pisciricata". Quando tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo fu ampliato il circuito delle mura, fu costruita "Porta nuova" ovvero "Porta Capena" (così denominata perché qui terminava il percorso dell'antica strada proveniente da Leprignano), che costituiva non solo l'accesso alternativo a quello principale, ma era l'unico varco carrabile per questa popolosa contrada di nuova espansione, ad una quota notevolmente inferiore rispetto a quella del castello. La porta ha una semplice veste rinascimentale: un arco di travertino a bugnato, lavorato a "spuntato", con bugne alternate lunghe e brevi, appoggiato direttamente sul toro delle mura. Al disopra dell'arco c'era una torretta che fungeva anche da corpo di guardia, con archibugiere laterali; ne resta solo la stretta facciata principale e traccia del solaio nell'unica trave in legno superstite. Dal corpo di guardia della porta, la guarnigione controllava l'ingresso al borgo e in caso di attacco, poteva rapidamente raggiungere il baluardo ovest e il bastione successivo, attraverso un cammino di ronda a gradini. Non è documentato l'anno di costruzione, ma è presumibile che l'opera sia stata realizzata intorno al 1520. Chiesa di San Giacomo Maggiore: è attestato come la primitiva chiesa di San Giacomo fosse già esistente nel XIII secolo, edificata dirimpetto al castello e nello stesso luogo dell'attuale costruzione. Chiesa cimiteriale di San Lorenzo La chiesa di San Lorenzo (e Santa Maria del Soccorso) è stata edificata in epoca medievale sulle rovine e con i materiali di una villa romana, nei pressi dell'odierno cimitero, a circa 500 metri dal centro storico, lungo il percorso dell'antica via della fontana Vecchia. La villa romana fu scavata ed indagata dalla Soprintendenza all'Etruria Meridionale durante i lavori di ampliamento del cimitero negli anni 1981-1982; si tratta di resti di terrazzamenti ed ambienti voltati in opera reticolata, con fasi edilizie ed abitative comprese tra il I secolo a.C. ed il V secolo d.C., oggi interrati e non più visibili, ad eccezione di alcune murature restaurate nel 2002, all'interno dell'Eremo, annesso alla chiesa. San Lorenzo è l'edificio sacro più antico di Civitella San Paolo, ed è probabile che il nucleo architettonico originario risalga al X - XI secolo, sorto per le esigenze cultuali degli abitanti sparsi nel contado e residenti nei casolari circostanti; fu edificato direttamente sulle rovine ed utilizzando il materiale di recupero proveniente dalla villa stessa, contribuendo così alla sua distruzione. La prima menzione della chiesa risale al 1218, quando figura come appartenente all'Abbazia di San Paolo. L'ampliamento di San Lorenzo sul finire del XVII secolo, è quasi una rifondazione; nel 1693 fu il padre cellerario Francesco Maria Ricci, vicario generale dei castelli dell'Abbazia di San Paolo, a curare la costruzione di una nuova grande cappella, coperta da cupola ellittica, dedicata alla Madonna del Soccorso, sotto gli auspici dell'abate Onorio de Silvestri sotto il pontificato di Innocenzo XII. Attorno alla primitiva chiesetta medievale, che divenne di fatto un transetto, si aprirono dunque tre cappelle dal ricco apparato di stucchi barocchi: san Lorenzo, san Filippo Neri e santa Maria del Soccorso. La venerata immagine mariana è stata purtroppo trafugata, ma i recenti restauri (2002) hanno portato alla luce un sorprendente affresco trompe-l'œil di scuola romana fine XVII - inizi XVIII secolo. Annesso alla chiesa è un piccolo eremo, un tempo utilizzato come abitazione del custode e foresteria per pellegrini. Chiesa di Santa Maria La chiesa di Santa Maria, di antiche origini (XIV secolo), è una costruzione annessa al castello abbaziale, come una appendice che, dall'omonima piazzetta si prolunga su via Piave. Mantenne la sua funzione di parrocchiale intra moenia sino al 1890: fu denominata anche de Castello, ovvero "Santa Maria col titolo della Natività". Oggi è persino difficile individuarla come edificio a sé stante, rispetto al castello (se non fosse per il campanile), tanto ha subito trasformazioni durante i secoli. Nel 1578 la chiesa fu ampliata grazie all'interessamento dell'abate Marco Pedoche da Mirandola e dell'abate cellerario Girolamo da Puppio. Al suo interno, spazio assolutamente anonimo e privo di antichità, si svolgono attività di catechesi della vicina parrocchia di San Giacomo; in passato vi fu adibita una sala cinematografica Monastero di Santa Scolastica Sulla strada che conduce a Nazzano, a pochi chilometri da Civitella San Paolo, in località Monte Lino, sorge il monastero di Santa Scolastica, che prende nome dalla celebre sorella di san Benedetto. Il complesso monastico fu edificato nel 1934 su progetto dell'ingegner Enrico Campa, per volere dell'abate Ildefonso Schuster e del suo successore Ildebrando Vannucci, grazie anche alla generosa elargizione di denaro della sig.na Bonomi di Milano ed alla donazione del necessario appezzamento di terra da parte dell'Abbazia di San Paolo Fuori le Mura. L'edificio, appena terminato, fu occupato da una comunità di monache benedettine, provenienti dal monastero francese di Dourgne (regione del Midi-Pirenei), dirette spiritualmente dalla madre priora donna Andrea Bonnafous, divenuta badessa nel 1947. Al suo interno esiste un chiostro che richiama, in qualche particolare, il portico che esisteva nel palazzetto abbaziale del castello; il monastero fu ampliato nel 1970 con la realizzazione di una foresteria e di spazi per convegni. Al suo interno è anche una biblioteca, ricca di 20.000 volumi a tema teologico. Abitanti censiti A Civitella San Paolo è presente una comunità che fa riferimento alla Comunità monastica di Bose, una comunità religiosa formata da monaci di entrambi i sessi, provenienti da chiese cristiane diverse. La festa tipica del paese è la Festa dei Canestri, che viene festeggiata il 1º maggio. La festa dei Canestri è una festa che si svolge senza interruzioni dall'epoca dell'antica Roma e che nei secoli si è trasformata plasmandosi sulla tradizione cristiana. Ancora oggi le portatrici, indossando i costumi dell'epoca contadina, si fanno carico dei canestri, grandi coni cilindrici rivestiti di fiori e nastri, e sfilano nella tradizionale processione per salutare l'evento della bella stagione in un'esplosione di colori e profumi. Al termine del corteo processionale e della liturgia, vengono distribuite le pagnottine prodotte secondo l'antica ricetta tradizionale della treccia all'anice, riconosciuta come prodotto tipico di Civitella San Paolo. La festa del patrono, san Giacomo Apostolo, cade il 25 luglio. Biblioteca del Monastero di Santa Scolastica Biblioteca dell'Associazione "Il Giullare" Gli esterni di Sorbole... che romagnola, un film del 1976, furono girati a Civitella San Paolo. Tra i dolci tipici di Civitella San Paolo, con ricetta risalente forse al Rinascimento, è il cosiddetto "cacione", una sorta di panzerotto di pasta a forma di mezzaluna, ripieno di polpa di zucca, zucchero, mandorle e nocciole tostate, preparato in occasione delle festività natalizie. La treccia all'olio con semi d'anice è un'altra specialità da forno di Civitella; il medesimo impasto viene utilizzato per confezionare le "pagnottine benedette" del 1º maggio. Il Cacione e la Treccia all'anice di Civitella San Paolo sono inseriti tra i prodotti agroalimentari tradizionali laziali. Il territorio comunale è attraversato dalla SP 19, che collega Fiano Romano - Nazzano. Il centro storico di Civitella San Paolo dista circa quarantacinque chilometri da Roma, dieci da Capena e sette da Fiano Romano. Il paese è servito dalle autolinee COTRAL. Tra il 1816 e il 1870 amministrativamente faceva parte della Comarca di Roma, suddivisione amministrativa dello Stato Pontificio. Elenco dei Sindaci di Civitella San Paolo eletti dal 1999 in poi: Fa parte dell'Unione Valle del Tevere - Soratte. Dal 2013 ha aderito alla Conferenza dei sindaci dell'area Tiberina/Flaminia/Cassia. Dal 2015 fa parte del Consorzio intercomunale dei servizi e interventi sociali Valle del Tevere insieme ad altri 16 comuni ricandenti nel distretto socio-sanitario 4 della ASL Roma 4. Il comune di Civitella San Paolo è parte dell'Itinerario delle forre etrusche e della valle del Tevere, all'interno del progetto del Sistema delle Aree Protette della Regione Lazio, Le Strade dei Parchi, percorre i paesaggi fluviali e i caratteristici borghi del Lazio a nord di Roma che si affacciano sulla valle del Tevere. È composto da 4 tappe: 1 Da Settevene a Calcata 2 Da Calcata a Sant'Oreste 3 Da Sant'Oreste a Torrita Tiberina 4 Da Torrita Tiberina a Civitella San Paolo Francesca Domenici e Stefania Ricci, Il centro storico di Civitella San Paolo : gli abitanti e le case nel catasto gregoriano (1819), Vetralla, Davide Ghaleb, 2005, ISBN 88-88300-24-4. Rodolfo Clementi, Civitella San Paolo : patrimonio architettonico e storico-artistico di un centro medievale della campagna romana, Roma, Kappa, 2008, ISBN 978-88-7890-906-9. Rodolfo Clementi, Civitella San Paolo: storia e cronaca civica attraverso documenti inediti d'Archivio (XIII-XX secolo). Quaderno di ricerca n.1, Comune di Civitella San Paolo, Subiaco, Fabreschiprinting, 2018, SBN IT\ICCU\PBE\0127278. Rodolfo Clementi, Civitella San Paolo: disegni, rilievi, fasi ipotetiche e tecniche costruttive delle antiche architetture esistenti. Quaderno di ricerca n.2, Comune di Civitella San Paolo, Subiaco, Fabreschiprinting, 2021, ISBN 9788894554649. Leone Bracco, La nuova chiesa di Civitella S. Paolo, memorie del P. D. Leone Bracco, Roma Tipografia Vaticana, 1890 Oreste Sagramola, Civitella S. Paolo, un tipico centro medievale, Roma 1977 Valle del Tevere Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Civitella San Paolo Sito ufficiale, su comunecivitellasanpaolo.it.

Valle del Tevere
Valle del Tevere

La valle del Tevere è la maggiore entità geografica parte del bacino idrografico del fiume Tevere compreso nella Regione Emilia-Romagna, la Regione Toscana, la Regione Umbria e la Regione Lazio; è caratterizzata da terrazzi fluviali e aree golenali che si protraggono dalla fascia appenninica sino al delta del fiume Tevere nel litorale del Mar Tirreno. Unione dei Comuni Montani della Valtiberina Toscana formata dai comuni di Anghiari, Badia Tedalda, Caprese Michelangelo, Monterchi, Sansepolcro e Sestino. Comunità montana Associazione dei comuni "Trasimeno-Medio Tevere" Unione dei comuni della Teverina composta dai comuni del Lazio di Bagnoregio, Castiglione in Teverina, Celleno, Civitella d'Agliano, Graffignano. Unione dei Comuni della Valle del Tevere formata dai comuni del Lazio di Collevecchio, Magliano Sabina e Stimigliano. Unione dei Comuni Valle del Tevere - Soratte, formata dai comuni del Lazio di Civitella San Paolo, Filacciano, Nazzano, Sant'Oreste e Torrita Tiberina. Consorzio intercomunale dei servizi e interventi sociali Valle del Tevere, il Consorzio, nato il 1º giugno 2015, è costituito dai 17 Comuni del distretto socio-sanitario 4 della ASL Roma 4: Campagnano di Roma, Capena, Castelnuovo di Porto, Civitella San Paolo, Fiano Romano, Filacciano, Formello, Magliano Romano, Mazzano Romano, Morlupo, Nazzano, Ponzano Romano, Riano, Rignano Flaminio, Sacrofano, Sant’Oreste e Torrita Tiberina. Parco Fluviale del Tevere - Regione Umbria Parco Fluviale interregionale del Tevere - Proposta in Regione Lazio Riserva Naturale Alta Valle del Tevere Parco Fluviale del Tevere, dei Mulini o dei due Fiumi - Torgiano Parco Fluviale del Tevere Ansa degli Ornari ZPS SIC- Ponte Valleceppi Perugia Oasi naturalistica Lago di Alviano Monumento Naturale Balza di Seppie (Calanchi) - Lubriano Riserva naturale Monte Casoli di Bomarzo Parco dei Mostri Oasi Lago di San Liberato di Narni Monumento Naturale Forre del Rio Fratta Pian Sant'Angelo Parco Regionale Valle del Treja (Paleotevere) Riserva Naturale del Monte Soratte (Dorsale Tiberina) Riserva Naturale Regionale "Lago di Nazzano" Tevere-Farfa Monumento Naturale Laghetti in località Semblera Monterotondo Parco Regionale di Vejo Riserva Naturale della Marcigliana Riserva Naturale Valle dell'Aniene Parco Fluviale Urbano di Roma - Oasi urbana del Tevere Parco Tevere Marconi - Parco Tevere sud Magliana Roma Foce del Tevere - Riserva Naturale Statale del Litorale Romano Il bacino del Tevere è costituito da quattro principali ambienti morfo-strutturali: • l’alto bacino del Tevere, occupato prevalentemente dai depositi terrigeni in facies di Flysch di origine toscana (in riva destra a Nord del lago Trasimeno) e umbro-marchigiana (in riva sinistra) • la dorsale carbonatica appenninica, che occupa il settore orientale e meridionale, costituita da rilievi carbonatici; • il graben del Tevere con i suoi depositi di facies da marina a continentale, le conche intermontane; • gli apparati vulcanici dei Monti Vulsini, Cimini, Sabatini e Albani, che occupano il settore sudoccidentale; Graben: Graben del Paleotevere Graben del Paglia-Tevere Graben del Tevere, valle del Chiani Graben del Paleotevere Graben del Paglia-Tevere Graben del Tevere, valle del Chiani Parco regionale del Tevere, Regione Umbria, differenti sistemi pedologici: “Pianura della Bassa Valle del Tevere di Alviano”, “Collina di Baschi”, “Collina di Civitella del Lago”, “Collina di Ficulle”, “Pianura del Paglia”, “Collina di Deruta” e “San Terenziano”, “Pianure della media Valle del Tevere”, “Collina di Doglio”, “Colline e montagne da Titignano a Calvi”, “Collina da Montecchio a Calvi dell'Umbria”, “Collina da Piegaro a Corbara” Rete regionale di monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee, reticolo idrografico della Valle del Tevere, Regione Umbria. Foresta fossile di Dunarobba sulle sponde del Lago Tiberino, era geologica Pleistocenica cenozoica, nel comune di Avigliano Umbro. GAL Media Valle del Tevere - Regione Umbria; comuni di Assisi, Bastia Umbra, Bettona, Collazzone, Corciano, Deruta, Fratta Todina, Marsciano, Massa Martana, Monte Castello di Vibio, Perugia, Todi e Torgiano, Acquasparta e Avigliano Umbro. G.A.L. Associazione Alto Tevere APT dell'Alta Valle del Tevere G.A.L in Teverina - Regione Lazio; Bagnoregio, Bolsena, Bomarzo, Capodimonte, Castiglione in Teverina, Celleno, Civitella di Agliano, Graffignano, Lubriano, Marta e Montefiascone Centro di Documentazione Etnografico del Tevere - Pretola Ecomuseo del Tevere Museo Statale delle Arti e Tradizioni Popolari dell’Alta Valle del Tevere - Anghiari Il Centro delle tradizioni popolari “Livio Dalla Ragione” - Garavelle Frazione di Città di Castello Museo Archeologico Nazionale dell'Umbria - Perugia Il Museo regionale della ceramica di Deruta Museo del Vino e delle Scienze Agroalimentari MUVIS di Castiglione in Teverina Museo della Civiltà Contadina e Antiquarium comunale - Tenaglie Frazione di Montecchio Museo Civico di Lugnano in Teverina Museo Naturalistico di Lubriano Museo Geologico e delle Frane museo regionale - Civita di Bagnoregio Ecomuseo della Ciliegia e Museo diffuso dei Ricordi, della Civilita' Contadina e Archeologico - Celleno Ecomuseo della Teverina - Mugnano in Teverina Museo Civico Archeologico di Orte Museo comunale Antiquarium archeologico di Otricoli Museo civico di Gallese in teverina Museo Nazionale dell'Agro Falisco archeologico - Civita Castellana Museo Civico Archeologico di Magliano Sabina Polo Scientifico Museale di Nazzano "Museo del Fiume" Museo Archeologico Virtuale di Narce MAVNA - Mazzano Romano Museo Preistorico del Territorio Tiberino-Cornicolano Museo Casal dei Pazzi, preistorico archeologico - Roma Museo delle navi di Fiumicino - Parco archeologico di Ostia antica L'Itinerario delle forre etrusche e della valle del Tevere, all'interno del progetto del Sistema delle Aree Protette della Regione Lazio, Le Strade dei Parchi, percorre i paesaggi fluviali e i caratteristici borghi del Lazio a nord di Roma che si affacciano sulla valle del Tevere. È composto da 4 tappe: 1 Da Settevene a Calcata 2 Da Calcata a Sant'Oreste 3 Da Sant'Oreste a Torrita Tiberina 4 Da Torrita Tiberina a Civitella San Paolo La Ciclovia del Tevere è un percorso cicloturistico che collega Città di Castello a Perugia lungo 85 km sulle sponde del fiume Tevere. Tappa - Da San Giustino a Umbertide Tappa - Da Umbertide a Ponte San Giovanni Il percorso Ciclabile del Tevere è un percorso ciclabile pedonale del Comune di Roma lungo il tratto urbano sugli argini e lungotevere da Castel Giublileo fino a Mezzocammino Il tratto della Ciclabile del Tevere da Castel Giubileo a Ponte Milvio è stato intitolato a sette donne della resistenza romana: Adele Bei, Egle Gualdi, Adele Maria Jemolo, Laura Lombardo Radice, Marisa Musu, Laura Garroni, Maria Teresa Regard L'Itinerario della Strada del Vino della Teverina, parte dal MUVIS - Museo del vino e delle Scienze agroalimentari, a Castiglione in Teverina e comprende i comuni di Bagnoregio, Bomarzo, Castiglione in Teverina, Celleno, Civitella d'Agliano, Graffignano e Lubriano, nella Valle del Tevere. La Strada dei Vini nella Valle del Tevere è un itinerario che comprende i comuni di Orvieto, Amelia, Allerona, Alviano, Castel Viscardo, Ficulle, Lugnano in Teverina, Narni, Penna in Teverina e San Venanzo. La Strada, con le sue varianti, attraversa le zone di produzione di vini a Denominazione di Origine Controllata (DOC "Orvieto", "Rosso Orvietano", "Lago di Corbara" e "Colli Amerini"), o a Indicazione Geografica Tipica, dai nomi noti e meno noti, bianchi e rossi, che valorizzano alcuni vitigni e/o uvaggi (IGT "Umbria", "Allerona", "Narni") RIM è la rete interattiva dei musei e degli itinerari nell'Alta Valle del Tevere in Umbria, tra i comuni di Citerna, Lisciano Niccone, Monte Santa Maria Tiberina, Montone, San Giustino e Umbertide. La rete RIM sei itinerari nel territorio dedicati all’archeologia, al Rinascimento e all’arte contemporanea in Alta Valle del Tevere, ma anche alla botanica, al paesaggio e all’artigianato. La zona della valle del Tevere tra Lazio e Umbria che comprende i comuni da Orvieto a Gallese viene chiamata Teverina, da cui prendono il nome. Con la denominazione Tiberina si intende la zona che comprende parte dell'Alta Valle del Tevere chiamata anche Valtiberina nella Regione Umbria e nella Regione Toscana. In Umbria il tracciato della SS3 bis, che in parte attraversa la valle del Tevere, prende il nome di Tiberina. Da Orte a Roma sino alla foce del Tevere il territorio e la toponomastica della valle del Tevere è riferita al termine Tiberina, che deriva da Tiberis, nome arcaico del Tevere. La valle fluviale del Tevere ha costituito fino dall'epoca preistorica una importante via di comunicazione, utilizzata come tratturo dei grandi greggi in movimento per le transumanze e lo scambio di merci. La viabilità antica di epoca arcaica della parte bassa della valle del Tevere è stata unificata dopo la conquista romana nella Via Tiberina. La via Alzaia poi chiamata via del Tiro o anche strada per l'Alaggio, sono state le strade lungo le rive o ripe del Tevere utilizzate per tirare controcorrente le imbarcazioni dalla Foce del Tevere a Roma fino ad Orte, il sistema documentato dall'epoca romana era svolto prima dagli Helciarii poi dal VI secolo fino al XX secolo dai Pilorciatori che, spesso in condizioni disumane o di schiavitu' a forza di braccia tiravano le barche controcorrente con le corde, solo nell'ultimo periodo furono sostituiti dal tiro dei bufali e dai battelli a vapore. L'Arno "tiberino" prima che cambiasse naturalmente il suo corso, nel periodo geologico del Quaternario, era un immissario del Tevere. Gli Etruschi limarono una strettoia in granito, nei pressi di Arezzo, per evitare che le piene dell'Arno invadessero la piana di Arretium, sfiorando poi nel fiume Clanis che attraverso il suo antico percorso in val di Chiana in Toscana, modificato successivamente in due tronchi con il Canale maestro della chiana dalla Repubblica di Firenze, affluiva nel Paglia che a sua volta sfociava nel Tevere nei pressi di Orvieto. In epoca antica Il Clanis che riceveva le acque dalla valle del Cosentino, era navigabile e fungeva da arteria di comunicazione con il Tevere, in caso di forti piogge il contributo idrico maggiore apportato al Tevere poteva provocare le piene e la fuoriuscita in aree golenali. Il Pliocene e il quaternario della Media valle del Tevere - Carta geologica del Tevere Pianta del Corso del fiume Tevere, e sue adiacenze, dall'influenza della Nera alla Foce (1772) Archivio di Stato Roma (M. Angle, A. Guidi, P. Petitti, A. Zarattini) 1986: La valle del Tevere in età pre- e protostorica. In Il Tevere, un'antica via per il Mediterraneo Alta Valle del Tevere Valtiberina Lago Tiberino Gole del Forello Lago di Corbara Lago di Montedoglio Lago di Nazzano Isola Tiberina Isola Sacra Convenzione di Ramsar Via Tiberina Porto Tiberino Piene del Tevere a Roma Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Valle del Tevere La Ciclabile del Tevere alle donne della resistenza al nazifascismo - Petizione