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Palazzo dei Sindacati dell'Industria

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Il Palazzo dei Sindacati, ora Camera del Lavoro, Milano. Veduta prospettica di sezione della facciata (1930 1933)
Il Palazzo dei Sindacati, ora Camera del Lavoro, Milano. Veduta prospettica di sezione della facciata (1930 1933)

Il Palazzo dei Sindacati dell'Industria, oggi Palazzo della Camera del Lavoro, è un edificio storico di Milano, situato in corso di Porta Vittoria al civico 43. Fu eretto in stile monumentalista fra il 1930 e il 1933 come sede dei Sindacati Fascisti dell'Industria su progetto degli architetti Angelo Bordoni, Luigi Caneva e Antonio Carminati. Le opere scultoree, poi rimosse, erano realizzate su disegno di Mario Sironi. L'edificio ha subito profondi mutamenti edilizi e architettonici dopo il 1945 e la caduta del fascismo.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Palazzo dei Sindacati dell'Industria (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Palazzo dei Sindacati dell'Industria
Corso di Porta Vittoria, Milano Municipio 1

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Coordinate geografiche (GPS)

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N 45.462527 ° E 9.204088 °
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Indirizzo

Camera del Lavoro

Corso di Porta Vittoria
29135 Milano, Municipio 1
Lombardia, Italia
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Sito web
cgil.milano.it

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Il Palazzo dei Sindacati, ora Camera del Lavoro, Milano. Veduta prospettica di sezione della facciata (1930 1933)
Il Palazzo dei Sindacati, ora Camera del Lavoro, Milano. Veduta prospettica di sezione della facciata (1930 1933)
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Luoghi vicini

Palazzo di Giustizia (Milano)
Palazzo di Giustizia (Milano)

Il palazzo di Giustizia è un edificio storico di Milano situato in via Carlo Freguglia al civico 1. È sede del Tribunale Ordinario e relativa Procura della Repubblica, della Corte d'appello di Milano e relativa Procura Generale della Repubblica e del Tribunale di Sorveglianza. Fu costruito tra il 1932 e il 1940 sotto la direzione dell'architetto Marcello Piacentini in stile Novecento. Per la sua costruzione furono abbattute la chiesa di San Filippo Neri in Bovisasca e il convento delle Schiave di Maria, ma l'edificio occupa all'incirca l'area dove sorgeva la caserma Principe Eugenio di Savoia. Occupa un'area quadrilatera di circa 30.000 m², un enorme volume che si eleva su una pianta a forma di trapezio, aperta da otto cortili di differente ampiezza. Elevato su quattro piani e due piani ammezzati, l'accesso ai vari settori è garantito da sei scaloni e nove ascensori, cui si aggiungono numerose scale secondarie. Preceduta da una monumentale gradinata, la facciata principale si apre su un triplice portale di accesso al grande vestibolo di smistamento, alto venticinque metri. Imponenti frasi latine riguardanti i principi della giurisprudenza dominano l'ingresso principale e i due avancorpi sulla facciata principale: Al sommo dell'avancorpo di sinistra: Iurisprudentia est divinarum atque humanarum / rerum notitia iusti atque iniusti scientia ("La giurisprudenza è la scienza degli affari divini e umani, dei fatti giusti e ingiusti") Al sommo dell'ingresso principale: Iustitia / Iuris praecepta sunt haec: honeste vivere / alterum non laedere, suum cuique tribuere ("Giustizia / I precetti del diritto sono questi: vivere onestamente / non ledere l'Altro, attribuire a ciascuno il suo") Al sommo dell'avancorpo di destra: Sumus ad iustitiam nati neque opinione / sed natura constitutum est ius ("Siamo chiamati alla giustizia fin da quando siamo nati e sulla natura si fonda il diritto, non sull'opinione") Lo stile in cui è realizzato è chiamato "stile Novecento", teorizzato da Margherita Sarfatti intorno al 1920. Il palazzo ispirò anche altre costruzioni: ad esempio, fu preso a modello da Francesco Leoni, nel 1937, per il progetto del nuovo Palazzo di Giustizia di Forlì, città che allora, in quanto "Città del Duce", costituiva una vetrina delle realizzazioni del regime fascista. Il palazzo milanese internamente fu decorato con diversi mosaici, altorilievi, affreschi e sculture che, ispirate alla tradizione artistica romana, dovevano illustrare la storia della giustizia, inoltre raccoglie importanti opere d'arte tra cui: Carlo Carrà, Giustiniano che ammira la giustizia, affresco, 1938. Giovanni Colacicchi, Zaleuco, giudice di Locri, olio su faesite. Achille Funi, Mosè con le tavole della legge, affresco, 1936-39. Leone Lodi, cinque bassorilievi sovrapporte in marmo: Sant'Ambrogio, I Visconti, La fondazione dei Fasci (andato distrutto dopo il 25 aprile). Arturo Martini, La Giustizia fascista, marmo, 1936-37. Piero Marussig, La Giustizia, mosaico. Enzo Morelli, Giustizia divina e umana trionfante, aula della cancelleria generale, affresco, 1938-39 Siro Penagini, Mosè che detta le leggi, affresco, 1937. Romano Romanelli, La Giustizia di Traiano, altorilievo, 1939. Antonio Giuseppe Santagata, mosaici Giustiniano, La Giustizia, Il canonico Graziano, Napoleone legislatore; Le leggi fasciste è stato rimosso dopo la caduta del Fascismo. Attilio Selva, La Giustizia, marmo e porfido. Gino Severini, I dieci comandamenti, mosaico. Mario Sironi, La Giustizia armata con la legge, mosaico, 1936. Mario Tozzi, Il Paradiso Perduto, affresco, 1938. Sede principale: via Freguglia n. 1 Sezione lavoro, sezione IX civile - famiglia, sezione VIII civile - minori e soggetti deboli: via San Barnaba 50 Corte d'appello di Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo di Giustizia Tribunale di Milano, su tribunale.milano.it. URL consultato il 26 giugno 2013 (archiviato dall'url originale il 22 maggio 2013). Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, su procura.milano.giustizia.it.

Rotonda della Besana
Rotonda della Besana

La Rotonda della Besana, in origine Foppone dell'ospedale maggiore, è un complesso cimiteriale tardobarocco di Milano costituito da un lungo porticato chiuso al centro del quale si erge la ex chiesa di San Michele ai Nuovi Sepolcri, eretta a partire dal 1695 su disegno di Arrisio (o Attilio) Arrigoni. Fra il 1719 e il 1731 venne eretto il portico sepolcrale loboidale a segmenti d'arco in mattone a vista, a cui lavorò l'architetto Francesco Croce (1696-1773). Si stima che nel sepolcro abbiano ricevuto sepoltura nel corso della sua storia quasi centocinquantamila persone. Fin dalla sua nascita nel 1456 l'Ospedale Maggiore era dotato di un cimitero coperto a lato del Naviglio e chiamato popolarmente La brugna; sul finire del Seicento i deputati dell'Ospedale ricevevano però continue richieste da parte degli abitanti della zona di fare cessare gli insopportabili miasmi che da quel cimitero si propagavano all'intorno. Vista l'impossibilità di risolvere il grave problema igienico, l'Ospedale determinò di acquistare dalla famiglia Stella (documento del 28 maggio 1694) un terreno posto fra la chiesa di Santa Maria della Pace e i bastioni spagnoli sul quale, sotto la direzione dell'ingenere collegiato dell'ospedale Arrisio Arrigoni, venne nel 1695 cominciata la costruzione di un sepolcro coperto, dotato di un oratorio, appartato dalle abitazioni e non distante dall'Ospedale. Il nuovo cimitero era collegato all'Ospedale mediante una nuova via retta, la Strada di San Barnaba (l'attuale Via San Barnaba) che collegava il camposanto con l'Ospedale Maggiore: per rendere possibile il trasporto delle salme dall'ospedale fu utilizzato un nuovo ponte sul naviglio nei pressi dell'ingresso posteriore dell'Ospedale, sull'attuale Via Francesco Sforza. Di quest'opera è tuttora visibile la Porta della Meraviglia sul retro della Ca' Granda. La costruzione del nuovo cimitero terminò nel 1697 e le prime tumulazioni avvennero nel luglio di quello stesso anno. Nell'anno 1700 si pensò di convertire l'oratorio in chiesa e, raccolti i fondi necessari, la costruzione ebbe inizio nel 1719 ancora con progetto dell'architetto Francesco Croce con titolo di San Michele Arcangelo ai nuovi sepolcri. Innalzata però la chiesa, «cominciò ad entrare l'acqua ne' sepolcri, e un puzzo orribile a sortire da' medesimi; oltreche si ritrovò, che non bastava al numero fatto maggiore de' Morti». Per porre rimedio, nel 1719 si cominciò l'erezione del grande porticato, sempre su disegno del Croce, intorno alla nuova chiesa e che potesse contenere nuovi sepolcri; il porticato fu terminato nel 1731 con il generoso aiuto economico del ricco mercante di sete Giambattista Annone. vennero quindi previste nuove sepolture più alte da terra in modo che non fossero invase dalle acque sorgive. Il complesso era allora noto come "Foppone dell'Ospedale", dalla voce milanese "foppa" significante appunto "fossa", con cui venivano denominati i molti cimiteri di Milano. Il progetto fu degli architetti Attilio Arrigoni e di Francesco Croce, autore del porticato e della ristrutturazione della chiesa, con il contributo dell'ingegner Carlo Francesco Raffagno. Dopo il 1792 l'edificio venne dismesso, in seguito alla legislazione sanitaria austriaca che imponeva di spostare i cimiteri fuori dalla cerchia cittadina. Nel 1807, durante la dominazione napoleonica, l'architetto Luigi Cagnola ideò un progetto per trasformare il complesso in pantheon del Regno italico di cui Milano era capitale. Con la caduta di Napoleone e la riannessione all'Austria, il progetto fu accantonato. Fu di volta in volta caserma, fienile, cronicario, lavanderia dell'ospedale fino al 1940; seguì un periodo di degrado, che ebbe fine con l'acquisto da parte del Comune di Milano e la sua totale ristrutturazione. Dal dicembre del 1906, ormai priva di ogni originario uso cimiteriale, la Rotonda vide l'inizio della penosa operazione di svuotamento dei grandi sepolcri che erano stati ricavati, nei secoli, nel terreno sottostante: all'apertura delle camere sotterranee tornarono alla luce circa centomila cadaveri, molti dei quali mummificati o saponificati, che dovettero essere traslati al Cimitero di Musocco con tutte le complicazioni igieniche del caso. Speciali macchine furono installate e operarono ininterrottamente per aerare e disinfettare i locali prima che essi venissero svuotati. Studi anatomici complessi furono condotti su molti crani rinvenuti dal dottor Cesare Staurenghi, docente di anatomia topografica della Regia Università di Pavia che raccolse alcune conclusioni nel suo studio intitolato Varietà craniche rinvenute nel sepolcreto della "Rotonda" dell'Ospedale Maggiore di Milano (1907). Lo stesso Staurenghi nel 1909 donò 280 di quei crani alla collezione di antropologia al Museo di storia naturale milanese. Il complesso, di proprietà comunale dal 1958, è usato come spazio verde pubblico e come spazio espositivo per mostre temporanee, proiezioni ed eventi culturali. Il giardino della rotonda, di una superficie di 7 100 m², venne realizzato nella sua forma attuale nel 1965 sotto la guida della paesaggista Elena Berrone Balsari. Dal 2010 al 2012 una importante opera di restauro conservativo è stata compiuta. Sono state restaurate le coperture in coppi antichi. Altresì il restauro ha interessato tutti gli intonaci storici, i materiali lapidei e ha riportato alla luce lacerti di affreschi. Da gennaio 2014 è sede del Museo dei Bambini di Milano. La chiesa, nucleo originario del complesso, ha una pianta a croce greca, inusuale nel contesto milanese dell'epoca e con bracci di misura uguale. All'incrocio dei bracci si eleva la cupola ottagonale, coronata dalla lanterna slanciata. Ai termini di ciascun braccio vi sono quattro facciate identiche di gusto molto sobrio. Più elaborato e scenografico è invece l'interno, a tre navate. La copertura a capriate lignee è sorretta da pilastri in pietra, scanalati, a base ottagona. I capitelli, di ordine ionico, sono decorati con raffigurazioni di teschi e ossa, allusive alla destinazione del complesso e tipiche dell'iconografia barocca. Il porticato mostra un andamento ondulato, ricco di scorci suggestivi. All'interno è costituito da un susseguirsi di volte a vela, che coprono le arcate aperte verso la chiesa. Il prospetto esterno in mattoni a vista è invece aperto da finestroni e oculi. Staurenghi, dott. Cesare, Varietà craniche rinvenute nel sepolcreto della "Rotonda" dell'Ospedale Maggiore di Milano, in Atti della Società italiana di scienze naturali e del Museo civico di storia naturale di Milano, XLVI, Milano, Tipografia degli operai, 1907, pp. 188-232. Serviliano Latuada, Di San Michele de' Nuovi Sepolcri, in Descrizione di Milano ornata con molti disegni in rame delle fabbriche più cospicue..., Tomo primo, Milano, Giuseppe Cairoli mercante di libri, 1737, pp. 265-273. Maria Teresa Fiorio, Le chiese di Milano, Electa, Milano, 2006 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su rotonda della Besana Rotonda della Besana, su LombardiaBeniCulturali, Regione Lombardia. Alida Casali Grande, Croce, Francesco, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 31, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1985.

Piazza Cinque Giornate
Piazza Cinque Giornate

Piazza Cinque Giornate è una piazza della città di Milano, posta in corrispondenza della non più esistente porta Vittoria, già porta Tosa. L'elemento che la caratterizza è il grande monumento alle Cinque Giornate, opera di Giuseppe Grandi, inaugurato il 18 marzo 1895. Laddove sorge ora la piazza in passato si trovava porta Tosa, ricavata all'interno dei Bastioni spagnoli: nata come succursale di porta Venezia, acquisì maggiore importanza nel corso dei secoli, venendo rifatta nella prima metà del XIX secolo. Dopo l'Unità d'Italia la porta cambiò nome in Vittoria a memoria della temporanea vittoria su Radetzky e gli austriaci. Vent'anni dopo l'Unità (1881) Giuseppe Grandi vinse il concorso per la costruzione del monumento alle Cinque Giornate che fu da lui terminato nel dicembre del 1894. Grandi morì prima dell'inaugurazione ufficiale, fissata per il 18 marzo 1895, quarantasettesimo anniversario dell'insurrezione popolare. L'arco della porta venne poi demolito per dare maggior risalto al monumento. Di essa rimangono i due caselli daziari. Ancora oggi sotto il monumento riposano i caduti dell'insurrezione, che fino al 1895 riposavano nella Cripta della Chiesa della vicina Beata Vergine Annunciata. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su piazza Cinque Giornate Piazza Cinque Giornate Milano: a due passi da Porta Vittoria, su unitremilano.it. Monumento alle Cinque Giornate di Milano di Giuseppe Grandi, su analisidellopera.it. Webcam in tempo reale di Piazza Cinque Giornate

Porta Vittoria (Milano)
Porta Vittoria (Milano)

Porta Vittoria (già porta Tosa fino al 1861) è una delle quattro porte succursali di Milano, ricavata lungo i bastioni spagnoli, oggi demoliti in gran parte, come succursale della porta Venezia. Posta a est della città, si apriva lungo la strada per Limito. Demolito alla fine dell'Ottocento l'arco neoclassico, sopravvivono oggi solo i caselli daziari, posti ai lati dell'attuale piazza Cinque Giornate, allo sbocco di corso di Porta Vittoria. Costruita a partire dal Seicento in quello che era il sestiere di Porta Orientale, porta Tosa venne aperta all'interno delle mura spagnole di Milano. Prendeva il nome dalla più antica Porta Tosa medievale, che si trovava lungo le mura medievali di Milano. Il 22 marzo 1848, durante la ribellione delle Cinque Giornate, fu la prima, tramite l'uso di barricate mobili, a essere espugnata dagli insorti, fra i quali si distinse il patriota Manara. Dopo l'Unità d'Italia (1861), per ricordare la vittoria, porta Tosa venne ribattezzata in porta Vittoria e, nel 1881, venne indetto un concorso per il progetto di un monumento celebrativo, da edificare in luogo della porta. Risultò vincitore Giuseppe Grandi, che progettò un obelisco a simboleggiare lo sforzo unitario del popolo per la libertà. Il monumento fu inaugurato il 18 marzo 1895. Le vie circostanti sono state dedicate, negli anni, ai più importanti patrioti milanesi. L'arco dell'antica porta venne abbattuto, preservando i due caselli daziari: oggi l'obelisco si può ammirare circondato da una piazza, intitolata alle Cinque Giornate. Bruno Pellegrino, Porta Orientale. Così era Milano, Edizioni Meravigli - Libreria Milanese, Milano 2011. Porta Tosa (romana) Porta Tosa (medievale) Mura medievali di Milano Mura spagnole di Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Porta Vittoria