place

Villa romana di Valdonega

Architetture romane di VeronaPagine con mappeSiti archeologici romani del VenetoVille romane del Veneto
Interno della Villa romana di Valdonega
Interno della Villa romana di Valdonega

La villa romana di Valdonega è un'abitazione edificata nel I secolo in un'area suburbana della Verona romana, nell'omonima vallata. Della struttura originaria, scoperta nel 1957 durante i lavori di costruzione di un condominio, si sono conservati tre ambienti affacciati su un portico a L, che probabilmente si apriva verso il cortile o il giardino.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Villa romana di Valdonega (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Villa romana di Valdonega
Via Cesare Zoppi, Verona Valdonega

Coordinate geografiche (GPS) Indirizzo Luoghi vicini
placeMostra sulla mappa

Wikipedia: Villa romana di ValdonegaContinua a leggere su Wikipedia

Coordinate geografiche (GPS)

Latitudine Longitudine
N 45.456135 ° E 11.002268 °
placeMostra sulla mappa

Indirizzo

Via Cesare Zoppi 2
37128 Verona, Valdonega
Veneto, Italia
mapAprire su Google Maps

Interno della Villa romana di Valdonega
Interno della Villa romana di Valdonega
Condividere l'esperienza

Luoghi vicini

Chiesa di Santo Stefano (Verona)
Chiesa di Santo Stefano (Verona)

La chiesa di Santo Stefano è un edificio di culto cattolico di Verona, realizzato prevalentemente in stile romanico, situato nell'attuale quartiere di Veronetta, lungo l'Adige, non lontano dalla chiesa di San Giorgio in Braida, da porta San Giorgio e da ponte Pietra. Le sue origini sono antichissime e, nonostante alcuni rimaneggiamenti avvenuti nel corso dei secoli, parte della struttura rimane quella edificata intorno al V secolo, il che la rende un esempio quasi unico di architettura paleocristiana in territorio veronese. I ritrovamenti in loco di altari riconducibili al culto di Iside ha dimostrato che fu fondata in un luogo considerato sacro fin dall'antichità. Il primo edificio paleocristiano qui sorto dovrebbe essere posteriore, seppure di poco, al 415, ovvero al ritrovamento delle reliquie di Stefano protomartire. Doveva essere a un'unica navata con un ampio transetto e un'abside. L'entrata era anticipata da un atrio, probabilmente un nartece. Di questa primitiva costruzione è rimasta solamente l'impostazione generale e il fianco meridionale in muratura a sacco. Durante il regno di Teodorico il Grande l'edificio venne parzialmente distrutto, ma poi prontamente ricostruito. Il fatto che nella chiesa sia conservata una sedia episcopale in pietra e che vi siano le spoglie di alcuni vescovi veronesi ha fatto supporre che nell'Alto Medioevo Santo Stefano fosse la sede vescovile della diocesi. Si presume che tra il VI e la fine dell'VIII secolo l'aula fosse trasformata con la realizzazione di tre navate e dei matronei a cui si accedeva attraverso due scale poste sulla facciata. Nell'XI secolo venne aggiunta la cripta. A differenza di moltissimi edifici veronesi, il terremoto del 1117 danneggiò Santo Stefano solo parzialmente. La ricostruzione comportò modifiche all'abside, alle finestre e alla facciata, che fu spostata fino a comprendere il nartece, allungando così di fatto l'edificio. Queste trasformazioni portarono la chiesa ad assumere l'aspetto romanico che tutt'oggi la contraddistingue. Tra il 1618 e il 1621 il parroco, monsignor Varalli, fece costruire sul muro meridionale la barocca cappella Varalli (o cappella degli Innocenti). Nei secoli successivi vi furono diverse iniziative volte al restauro e alla conservazione e al contemporaneo ripristino dell'aspetto originario per quanto possibile. La chiesa si presenta dunque come una somma di elementi architettonici di secoli e stili diversi. Il muro meridionale e l'impostazione generale risalgono al primo edificio paleocristiano, la cripta e la facciata rappresentano un chiaro esempio di architettura romanica veronese, mentre la cappella Varalli è di stampo squisitamente barocco. Menzione a parte si deve fare per l'imponente tiburio che si innalza all'incrocio tra transetto e piedicroce, unico di questo genere a Verona, ma tipico del romanico lombardo. Un'altra caratteristica unica è la presenza nella zona absidale di due ambulacri (o deambulatori) sovrapposti, forse utilizzati dai pellegrini per avvicinarsi alle reliquie. La chiesa conserva molte opere d'arte. Le pareti sono ornate da numerosi affreschi che vanno da quelli basso medioevali di autori ignoti a quelli di Giacomo da Riva e Martino da Verona, nonché quelli di Domenico Brusasorzi, di epoca manierista. Altri pittori veronesi contribuirono alla dotazione artistica della chiesa con le loro pale d'altare; tra essi Paolo Farinati, Marcantonio Bassetti, Pasquale Ottino, Alessandro Turchi e Giovanni Francesco Caroto.