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Rondella delle Boccare

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Rondella delle Boccare
Rondella delle Boccare

La rondella delle Boccare è un baluardo situato lungo le mura magistrali di Verona, sulla sinistra d'Adige, progettato da Teodoro Trivulzio, Giano Fregoso e Bernardino da Treviso.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Rondella delle Boccare (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Rondella delle Boccare
Via Breccia San Giorgio, Verona Veronetta

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Latitudine Longitudine
N 45.450768 ° E 10.998645 °
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Indirizzo

Via Breccia San Giorgio
37128 Verona, Veronetta
Veneto, Italia
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Rondella delle Boccare
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Luoghi vicini

Chiesa di Santo Stefano (Verona)
Chiesa di Santo Stefano (Verona)

La chiesa di Santo Stefano è un edificio di culto cattolico di Verona, realizzato prevalentemente in stile romanico, situato nell'attuale quartiere di Veronetta, lungo l'Adige, non lontano dalla chiesa di San Giorgio in Braida, da porta San Giorgio e da ponte Pietra. Le sue origini sono antichissime e, nonostante alcuni rimaneggiamenti avvenuti nel corso dei secoli, parte della struttura rimane quella edificata intorno al V secolo, il che la rende un esempio quasi unico di architettura paleocristiana in territorio veronese. I ritrovamenti in loco di altari riconducibili al culto di Iside ha dimostrato che fu fondata in un luogo considerato sacro fin dall'antichità. Il primo edificio paleocristiano qui sorto dovrebbe essere posteriore, seppure di poco, al 415, ovvero al ritrovamento delle reliquie di Stefano protomartire. Doveva essere a un'unica navata con un ampio transetto e un'abside. L'entrata era anticipata da un atrio, probabilmente un nartece. Di questa primitiva costruzione è rimasta solamente l'impostazione generale e il fianco meridionale in muratura a sacco. Durante il regno di Teodorico il Grande l'edificio venne parzialmente distrutto, ma poi prontamente ricostruito. Il fatto che nella chiesa sia conservata una sedia episcopale in pietra e che vi siano le spoglie di alcuni vescovi veronesi ha fatto supporre che nell'Alto Medioevo Santo Stefano fosse la sede vescovile della diocesi. Si presume che tra il VI e la fine dell'VIII secolo l'aula fosse trasformata con la realizzazione di tre navate e dei matronei a cui si accedeva attraverso due scale poste sulla facciata. Nell'XI secolo venne aggiunta la cripta. A differenza di moltissimi edifici veronesi, il terremoto del 1117 danneggiò Santo Stefano solo parzialmente. La ricostruzione comportò modifiche all'abside, alle finestre e alla facciata, che fu spostata fino a comprendere il nartece, allungando così di fatto l'edificio. Queste trasformazioni portarono la chiesa ad assumere l'aspetto romanico che tutt'oggi la contraddistingue. Tra il 1618 e il 1621 il parroco, monsignor Varalli, fece costruire sul muro meridionale la barocca cappella Varalli (o cappella degli Innocenti). Nei secoli successivi vi furono diverse iniziative volte al restauro e alla conservazione e al contemporaneo ripristino dell'aspetto originario per quanto possibile. La chiesa si presenta dunque come una somma di elementi architettonici di secoli e stili diversi. Il muro meridionale e l'impostazione generale risalgono al primo edificio paleocristiano, la cripta e la facciata rappresentano un chiaro esempio di architettura romanica veronese, mentre la cappella Varalli è di stampo squisitamente barocco. Menzione a parte si deve fare per l'imponente tiburio che si innalza all'incrocio tra transetto e piedicroce, unico di questo genere a Verona, ma tipico del romanico lombardo. Un'altra caratteristica unica è la presenza nella zona absidale di due ambulacri (o deambulatori) sovrapposti, forse utilizzati dai pellegrini per avvicinarsi alle reliquie. La chiesa conserva molte opere d'arte. Le pareti sono ornate da numerosi affreschi che vanno da quelli basso medioevali di autori ignoti a quelli di Giacomo da Riva e Martino da Verona, nonché quelli di Domenico Brusasorzi, di epoca manierista. Altri pittori veronesi contribuirono alla dotazione artistica della chiesa con le loro pale d'altare; tra essi Paolo Farinati, Marcantonio Bassetti, Pasquale Ottino, Alessandro Turchi e Giovanni Francesco Caroto.

Chiesa di San Giorgio in Braida
Chiesa di San Giorgio in Braida

La chiesa di San Giorgio in Braida è un luogo di culto cattolico di Verona, situato nel quartiere di Veronetta tra l'Adige (a sud) e Borgo Trento (Verona) (a nord). La sua origine si deve a Pietro Cadalo, futuro antipapa, che nel 1046 decise di alienare alcuni suoi beni per edificare un monastero benedettino sotto il controllo del vescovo di Verona. Tra il XII e il XIII secolo, il monastero visse un periodo di grande prosperità sia economica che spirituale. Del primo antico edificio romanico, probabilmente riedificato a seguito del terribile terremoto del 1117, rimangono flebili tracce, come la base del campanile visibile nella parete sinistra. Dopo un periodo di decadenza sotto i Della Scala, nel 1442 il complesso passò alla congregazione di San Giorgio in Alga la quale iniziò la costruzione dell'odierno edificio rinascimentale. Soppressa la congregazione, nel 1669 venne venduto alle monache di santa Maria in Reggio per finanziare la guerra di Candia. Con la chiusura del convento nel 1807 venne meno anche la stessa parrocchia di San Giorgio che assunse il ruolo di oratorio dipendente da Santo Stefano. Sotto la dominazione austriaca, con l'edificazione delle nuove fortificazioni del 1837, gran parte del complesso venne demolito. Il 2 marzo 1874 San Giorgio in Braida tornò ad essere una parrocchia autonoma, mentre nel 1938 venne sottoposto ad un ciclo di interventi di restauro che portarono alla parziale ricostruzione del chiostro cinquecentesco. Non si sa con certezza chi sia l'architetto che progettò il complesso, tuttavia Francesco da Castello è il più accreditato. In molti riconoscono un contributo anche di Paolo Farinati per quanto concerne l'ideazione della facciata mentre al celebre architetto veronese Michele Sanmicheli si deve la costruzione della maestosa cupola e la concezione del campanile, poi continuato ma non finito dal parente e discepolo Bernardino Brugnoli. Gli spazi interni della chiesa sono organizzati in un'unica navata su cui si aprono otto cappelle laterali, quattro su ciascun lato; in ognuna vi è un altare in marmo bianco con alzata in legno. Tra la navata e il presbiterio, raggiungibile attraverso una balaustra, vi è un transetto appena accennato sovrastato dalla cupola. Molti osservatori, tra cui Scipione Maffei e Goethe, elogiarono le numerose opere d'arte rinascimentale che qui sono custodite. Le cappella laterali sono impreziosite da lavori di artisti quali Giovan Francesco Caroto, Domenico Brusasorzi, Pasquale Ottino, Girolamo dai Libri, Sigismondo de Stefani, Francesco Montemezzano, mentre sotto la cantoria è posta Madonna in Gloria del Moretto. Sopra la porta maggiore è collocato un Battesimo di Cristo del Tintoretto mentre per il presbiterio Paolo Farinati e Felice Brusasorzi dipinsero, rispettivamente, le due gradi tele della Moltiplicazione dei pani e dei pesci e La manna nel deserto. Appesa nel catino absidale vi è il Martirio di San Giorgio, opera del 1564 di Paolo Veronese.