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Palazzo Fadda-Tonini

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Palazzofaddatonini
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Palazzo Fadda-Tonini è un palazzo di Cagliari, in Sardegna.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Palazzo Fadda-Tonini (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Palazzo Fadda-Tonini
Via Goffredo Mameli, Cagliari Sant'Avendrace-Santa Gilla

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Coordinate geografiche (GPS)

Latitudine Longitudine
N 39.220808 ° E 9.105503 °
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Indirizzo

Via Goffredo Mameli 153
09124 Cagliari, Sant'Avendrace-Santa Gilla
Sardegna, Italia
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Luoghi vicini

Santa Igia

Santa Igia (o più correttamente Santa Ilia, contrazione di Santa Cecilia) fu la capitale del giudicato di Cagliari dal IX secolo al 1258, quando fu distrutta dai pisani e dai loro alleati sardi in seguito alla conquista del territorio. Secondo l'ipotesi tradizionale proposta dal canonico Giovanni Spano nel XIX secolo, la città era situata sulle sponde orientali dello stagno di Santa Gilla, in una posizione difendibile facilmente da attacchi via terra e via mare. Alcuni resti si trovano al di sotto della moderna città di Cagliari, nel quartiere di Sant'Avendrace, tra via San Paolo e viale Monastir, comprese le vie Garigliano, Po, Brenta (dove, durante i lavori di costruzione del nuovo raccordo, è stata trovata una parte importante), San Simone (dove sono stati rinvenuti dei ruderi durante la costruzione del "centro commerciale Santa Gilla"); parte della città si trovava anche nell'isola di Sa Illetta. Ipotesi più recenti la individuano invece intorno all'attuale corso Vittorio Emanuele II, da cui parte un diverticolo (via Carloforte) che porta all'unico edificio ecclesiastico tuttora esistente, la chiesa di San Pietro dei Pescatori, nel quartiere Stampace. Si conserva inoltre nel duomo di Santa Maria, a Cagliari, l'altare di Santa Cecilia, proveniente dalla cattedrale di Santa Igia. Questa, il castello, il palazzo giudicale e della cancelleria, le residenze della reggente Agnese di Cagliari (sorella di Benedetta e madre della giudicessa di Torres Adelasia) e dell'ultimo giudice Guglielmo III Salusio VI (1256-1258) furono abbattuti. L'area di Santa Igia fu abitata già dai fenici e dai romani. Di età fenicia, soprattutto in via Brenta, sono stati rinvenuti i resti di numerosi edifici. Durante il periodo romano, sulle sponde dello stagno di Santa Gilla, fu costruito un porto, noto come porto Scipione, e si verificò un'ulteriore urbanizzazione dell'area. Nel 718 i saraceni cominciarono le loro prime incursioni su Caralis, distruggendo e incendiando la città e portando via mercanzie e persone come schiavi. Fu allora che la popolazione iniziò ad abbandonare Caralis, e una parte di essi si rifugiò nella zona antistante lo stagno di Santa Gilla, Santa Igia appunto. La zona era già stata rivalutata dai bizantini, che utilizzarono il vecchio porto fenicio (coperto e difendibile). A partire dal IX secolo divenne sede privilegiata del giudice e della sua famiglia (la corte era itinerante), dell'arcivescovo e di tutte le istituzioni politico-amministrative del giudicato di Cagliari. All'indomani della grave incursione genovese del 1196 la città venne murata dal giudice Guglielmo I Salusio IV (o di Massa) che regnò nel periodo compreso tra la fine del XII e i primi del XIII secolo, durante il quale Santa Igia conobbe un periodo di grande sviluppo, e venne forse collegata al castello di San Michele. Al suo apice raggiunse i 15.000 abitanti.. Santa Igia fu rasa al suolo nel 1258 da una coalizione composta dall'esercito pisano e dalle milizie degli altri tre giudicati sardi "filo-pisani" che l'avevano assediata l'anno precedente (1257) con l'obiettivo di porre fine al giudicato di Cagliari. Pare che sulle sue rovine venne sparso il sale. Secondo quanto riporta una cronaca del XV secolo, i suoi abitanti trovarono rifugio sia nella nuova città di Villa di Chiesa (oggi Iglesias), nel Cixerri, che nel nuovo quartiere di Stampace, sorto ad ovest di Castel di Castro. Altri si stabilirono dove oggi sorge il quartiere di Sant'Avendrace. L'area dove sorgeva Santa Igia fu oggetto di scavi archeologici nei primi anni ottanta che riportarono alla luce resti di strutture e tombe. Oggi il sito non è più visibile in quanto ricoperto poco dopo per permettere la costruzione di una strada sopraelevata. Francesco Cesare Casula, Storia della Sardegna, Carlo Delfino, Sassari 1994. Barbara Fois (a cura di), S. Igia capitale giudicale, ETS Editrice, Pisa 1986. Gian Giacomo Ortu, La Sardegna dei Giudici, il Maestrale, Nuoro 2005. Corrado Zedda, Il giudicato di Cagliari, Cagliari, Arkadia Editore, 2017 La Grande Enciclopedia della Sardegna, vol.8 (PDF), su sardegnacultura.it. URL consultato il 21 agosto 2009 (archiviato dall'url originale il 17 aprile 2012). Lo scavo di via Brenta a Cagliari, a cura della Sovrintendenza archeologica per le provincie di Cagliari e Oristano, Cagliari 1992. Raimondo Pinna, Santa Igia. La città del Giudice Guglielmo, Condaghes, Cagliari 2010. Giudicato di Cagliari Sa Illetta Stagno di Santa Gilla Informazioni sulla storia di Cagliari con alcuni capitoli dedicati alla storia del Giudicato di Cagliari e la sua capitale, su informagiovani-italia.com. URL consultato il 20 agosto 2009 (archiviato dall'url originale il 31 agosto 2009).

Chiesa di Nostra Signora del Carmine (Cagliari)
Chiesa di Nostra Signora del Carmine (Cagliari)

La chiesa di Nostra Signora del Carmine è una chiesa parrocchiale di Cagliari, ubicata in viale Trieste, nella parte bassa di Stampace, a poca distanza dalla piazza del Carmine. Il tempio è officiato dai padri carmelitani che dimorano nell'adiacente convento. L'attuale chiesa del Carmine venne eretta negli anni '50 del XX secolo, sopra i resti del cinquecentesco complesso dei carmelitani, distrutto dai bombardamenti del 1943. L'antica chiesa era un pregevole esempio di architettura gotico - catalana e presentava al suo interno l'interessante cappella Ripoll, che costituiva una delle prime e poche costruzioni ispirate ai canoni rinascimentali a Cagliari. Alcuni frammenti lapidei della cappella vennero recuperati e sono oggi conservati nella nuova chiesa. Quest'ultima venne edificata in stile neoromanico. La severa facciata a salienti è ornata nella parte inferiore, caratterizzata dal paramento a fasce bicrome, da un portale strombato sormontato dalla statua della Vergine e da un oculo, mentre nella parte superiore, più essenziale, si aprono dieci monofore. Affianca l'edificio l'alto campanile a canna quadra, sormontato da una piramide con la statua bronzea della Madonna, opera di Franco d'Aspro, sull'apice. L'interno è a tre navate, divise da pilastri e arcate a tutto sesto. Le coperture sono lignee. Alcune pareti dell'edificio sono ornate dai mosaici dell'artista Aligi Sassu, realizzati nel 1966, in cui sono rappresentati soggetti legati alla Madonna del Carmine e all'ordine carmelitano. Nella parete dell'abside, semicircolare, sono raffigurati il profeta Elia tra due angeli, l'Inferno e il Purgatorio. Alla base della medesima parete sono i ritratti dei pontefici che sostennero l'ordine carmelitano, mentre nel catino dell'abside è rappresentata la Madonna nell'atto di donare lo scapolare a san Simone Stock. Sopra l'arco absidale è il mosaico della Gloria di Cristo, con angeli e santi carmelitani. Altri mosaici, raffiguranti l'Addolorata, papa Pio XII e papa Paolo VI, sono collocati nelle navate laterali.