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Stallaggio Meloni

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Stallaggio Meloni Aerea
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Lo Stallaggio Meloni è stato un impianto sportivo della città di Cagliari, in Sardegna, in funzione dal 1920 fino alla sua dismissione nel 1936. È stato il primo stadio del Cagliari Calcio, utilizzato dal 1920 al 1925.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Stallaggio Meloni (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Stallaggio Meloni
Viale Trieste, Cagliari Sant'Avendrace-Santa Gilla

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Viale Trieste 162
09123 Cagliari, Sant'Avendrace-Santa Gilla
Sardegna, Italia
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Luoghi vicini

Santa Igia

Santa Igia (o più correttamente Santa Ilia, contrazione di Santa Cecilia) fu la capitale del giudicato di Cagliari dal IX secolo al 1258, quando fu distrutta dai pisani e dai loro alleati sardi in seguito alla conquista del territorio. Secondo l'ipotesi tradizionale proposta dal canonico Giovanni Spano nel XIX secolo, la città era situata sulle sponde orientali dello stagno di Santa Gilla, in una posizione difendibile facilmente da attacchi via terra e via mare. Alcuni resti si trovano al di sotto della moderna città di Cagliari, nel quartiere di Sant'Avendrace, tra via San Paolo e viale Monastir, comprese le vie Garigliano, Po, Brenta (dove, durante i lavori di costruzione del nuovo raccordo, è stata trovata una parte importante), San Simone (dove sono stati rinvenuti dei ruderi durante la costruzione del "centro commerciale Santa Gilla"); parte della città si trovava anche nell'isola di Sa Illetta. Ipotesi più recenti la individuano invece intorno all'attuale corso Vittorio Emanuele II, da cui parte un diverticolo (via Carloforte) che porta all'unico edificio ecclesiastico tuttora esistente, la chiesa di San Pietro dei Pescatori, nel quartiere Stampace. Si conserva inoltre nel duomo di Santa Maria, a Cagliari, l'altare di Santa Cecilia, proveniente dalla cattedrale di Santa Igia. Questa, il castello, il palazzo giudicale e della cancelleria, le residenze della reggente Agnese di Cagliari (sorella di Benedetta e madre della giudicessa di Torres Adelasia) e dell'ultimo giudice Guglielmo III Salusio VI (1256-1258) furono abbattuti. L'area di Santa Igia fu abitata già dai fenici e dai romani. Di età fenicia, soprattutto in via Brenta, sono stati rinvenuti i resti di numerosi edifici. Durante il periodo romano, sulle sponde dello stagno di Santa Gilla, fu costruito un porto, noto come porto Scipione, e si verificò un'ulteriore urbanizzazione dell'area. Nel 718 i saraceni cominciarono le loro prime incursioni su Caralis, distruggendo e incendiando la città e portando via mercanzie e persone come schiavi. Fu allora che la popolazione iniziò ad abbandonare Caralis, e una parte di essi si rifugiò nella zona antistante lo stagno di Santa Gilla, Santa Igia appunto. La zona era già stata rivalutata dai bizantini, che utilizzarono il vecchio porto fenicio (coperto e difendibile). A partire dal IX secolo divenne sede privilegiata del giudice e della sua famiglia (la corte era itinerante), dell'arcivescovo e di tutte le istituzioni politico-amministrative del giudicato di Cagliari. All'indomani della grave incursione genovese del 1196 la città venne murata dal giudice Guglielmo I Salusio IV (o di Massa) che regnò nel periodo compreso tra la fine del XII e i primi del XIII secolo, durante il quale Santa Igia conobbe un periodo di grande sviluppo, e venne forse collegata al castello di San Michele. Al suo apice raggiunse i 15.000 abitanti.. Santa Igia fu rasa al suolo nel 1258 da una coalizione composta dall'esercito pisano e dalle milizie degli altri tre giudicati sardi "filo-pisani" che l'avevano assediata l'anno precedente (1257) con l'obiettivo di porre fine al giudicato di Cagliari. Pare che sulle sue rovine venne sparso il sale. Secondo quanto riporta una cronaca del XV secolo, i suoi abitanti trovarono rifugio sia nella nuova città di Villa di Chiesa (oggi Iglesias), nel Cixerri, che nel nuovo quartiere di Stampace, sorto ad ovest di Castel di Castro. Altri si stabilirono dove oggi sorge il quartiere di Sant'Avendrace. L'area dove sorgeva Santa Igia fu oggetto di scavi archeologici nei primi anni ottanta che riportarono alla luce resti di strutture e tombe. Oggi il sito non è più visibile in quanto ricoperto poco dopo per permettere la costruzione di una strada sopraelevata. Francesco Cesare Casula, Storia della Sardegna, Carlo Delfino, Sassari 1994. Barbara Fois (a cura di), S. Igia capitale giudicale, ETS Editrice, Pisa 1986. Gian Giacomo Ortu, La Sardegna dei Giudici, il Maestrale, Nuoro 2005. Corrado Zedda, Il giudicato di Cagliari, Cagliari, Arkadia Editore, 2017 La Grande Enciclopedia della Sardegna, vol.8 (PDF), su sardegnacultura.it. URL consultato il 21 agosto 2009 (archiviato dall'url originale il 17 aprile 2012). Lo scavo di via Brenta a Cagliari, a cura della Sovrintendenza archeologica per le provincie di Cagliari e Oristano, Cagliari 1992. Raimondo Pinna, Santa Igia. La città del Giudice Guglielmo, Condaghes, Cagliari 2010. Giudicato di Cagliari Sa Illetta Stagno di Santa Gilla Informazioni sulla storia di Cagliari con alcuni capitoli dedicati alla storia del Giudicato di Cagliari e la sua capitale, su informagiovani-italia.com. URL consultato il 20 agosto 2009 (archiviato dall'url originale il 31 agosto 2009).

Necropoli di Tuvixeddu
Necropoli di Tuvixeddu

La necropoli di Tuvixeddu (AFI: /tuvi'ʒɛɖu/ ) è la più grande necropoli punica ancora esistente. Si estende all'interno della città di Cagliari, su tutto il colle omonimo, ed è compresa fra il rione cresciuto lungo il viale Sant'Avendrace e quello di Via Is Maglias. L'area archeologica è molto vasta, originariamente occupava una superficie di circa 80 ettari: infatti, dalla laguna di Santa Gilla si estendeva fino a Via Is Maglias e da Viale Sant'Avendrace fino a viale Merello. Sull'origine del nome si possono ipotizzare due significati derivanti entrambi dal sardo campidanese tuvu, che significa sia "calcare marnoso" ma anche buco, cavità. Il primo potrebbe indicare dunque la natura geologica del colle, Tuvixeddu "colle di tufo piccolo", e Tuvumannu - il colle orograficamente adiacente e più grande -"colle di tufo grande". Il secondo significato potrebbe essere messo in relazione al paesaggio antropico indotto dall’attività di cava che avrebbe creato uno scoscendimento maggiore ad oriente e una cavità minore a ponente. Dunque "piccola cavità" (Tuvixeddu) e "grande cavità" (Tuvumannu). Più difficoltoso ipotizzare per Tuvixeddu, anche se riportato, un riferimento alle piccole cavità dei pozzi d’accesso alle tombe a camera cartaginesi, poiché il toponimo è registrato sempre al singolare e mai al plurale. Il sito è frequentato dall'uomo sin dal Neolitico come dimostrano i ritrovamenti di strumenti in selce e ossidiana e di ceramiche e fondi di capanne della cultura di Ozieri. Tra il VI ed il III secolo a.C. i Cartaginesi scelsero il colle per seppellirvi i loro morti: tali sepolture erano raggiungibili attraverso un pozzo scavato interamente nella roccia calcarea e profondo dai due metri e mezzo sino a undici metri. All'interno del pozzo una piccola apertura introduceva alla camera funeraria o cella sepolcrale. Le camere funerarie erano, in alcuni casi, finemente decorate, e sono state trovate all'interno anfore altrettanto decorate; inoltre sono state rinvenute delle ampolle dove si mettevano delle essenze profumate, chiamate lacrimatoi. Di particolare interesse, tra le tombe puniche, la Tomba dell'Ureo e la Tomba del Combattente (chiamata anche del Sid), decorate con palme e maschere tuttora ben conservate, e la Tomba della ruota, scavata da Ferruccio Barreca. Alle pendici del colle di Tuvixeddu si trova anche una necropoli romana, che si affacciava sulla strada che, all'uscita della città, diventava la a Karalibus Turrem (oggi il viale Sant'Avendrace), dove si trova il sepolcro di Atilia Pomptilla, noto come la grotta della Vipera. La necropoli romana è prevalentemente composta da tombe a fossa e a camera, incinerazione, arcosolio e colombari. Dopo la distruzione della città di Santa Igia intorno alla seconda metà del XIII secolo da parte dei Pisani e dei loro alleati sardi, molti dei suoi abitanti fuggirono verso la città di Villa di Chiesa, nell'Iglesiente, altri superstiti si stanziarono nell'attuale viale Sant'Avendrace, alle pendici del colle: così buona parte delle case si addossarono a Tuvixeddu, utilizzando ognuna di queste un accesso alle tombe. Ancora oggi, in caso di demolizione delle vecchie case del quartier spesso si trovano tombe con evidenti segni di uso abitativo (alcune grotte riutilizzate a scopo abitativo si possono vedere dietro al liceo classico Siotto sito in Viale Trento). Il colle di Tuvixeddu non venne mai valorizzato, e nel XX secolo divenne la cava di una cementeria dell'Italcementi, che ne ha terminato l'estrazione solamente negli anni settanta. Negli anni cinquanta (fra il 1953 e il 1956) venne realizzata una strada interna di collegamento (chiamata Canyon) fra via Is Maglias e via Falzarego, allo scopo di facilitare il trasporto su camion della roccia estratta. Tale percorso ha decretato la fine dell'unità fisiografica della collina venendo a creare due aree: Tuvixeddu che si affaccia su viale San'Avendrace e Tuvumannu che si riporta a via Is Maglias. Così con i lavori di cava molte tombe andarono irrimediabilmente distrutte, anche se ne vennero trovate altre. Inoltre durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale le tombe vennero usate dagli abitanti della zona come rifugi antiaerei, e i più anziani le usarono come abitazioni per non dover correre ogni volta nel colle. Nell'immediato dopoguerra vennero abitate da chi aveva perso la casa durante i bombardamenti. Nel colle della cementeria oggi rimane soltanto la torre per la fabbricazione della calce (demolita nel 2016) e un capannone che si trova accanto alla nuova ala della scuola media intitolata al canonico Giovanni Spano. Risale a inizio Novecento la villa Mulas (oggi in stato di abbandono). Costruita sulla sommità del colle dai proprietari della cava, possiede un parco con varie specie di alberi tra cui pini e cipressi. Nei primi anni 2000 partirono i lavori per realizzazione di un complesso edilizio di circa 400 unita abitative tra Tuvixeddu e Tuvumannu. In tale intervento era prevista anche la sistemazione a parco archeologico e naturalistico di una modesta area già riportata alla luce negli anni '60 dalla Soprintendenza Archeologica. Solo nel 2014 sono stati portati a termine i lavori di sistemazione a parco con un intervento dell'amministrazione comunale di Cagliari. All'interno del progetto del 2000 era prevista anche la costruzione di un museo per la preservazione dei reperti e della storia del colle, tuttavia i lavori si fermarono nel 2007 a causa di un blocco decretato dalla giunta regionale, allora guidata da Renato Soru. Ciò ha causato non poche polemiche tra associazioni di ambientalisti. Nel 1997, per la prima volta, la necropoli venne aperta al pubblico in occasione della I edizione di "Monumenti Aperti", grazie alla proposta avanzata dall'Associazione di Volontariato turistico culturale "Amici di Sardegna" che, a proprie spese, rese possibile l'apertura del sito. Per l'occasione collaborò all'anche l'Istituto Professionale di Stato Sandro Pertini di Cagliari. Circa 5.000 persone visitarono il sito nel corso di un fine settimana. Nel maggio 2014, la necropoli è stata aperta definitivamente al pubblico in occasione della XVIII edizione di Monumenti aperti. Oggi è visitabile tutti i giorni dell'anno dalla mattina alla sera/notte. L'attività clandestina dei tombaroli nella necropoli fenicio-punica di Tuvixeddu è stata denunciata da numerose associazioni culturali. Nel 1994 alcuni giovani speleologi denunciarono alle autorità competenti l'uso improprio e dannoso della collina e della necropoli da parte di sbandati, satanisti, senzatetto e predatori di reperti archeologici. Molte tombe e sepolcri, secondo studiosi esperti, sono state distrutte con l'impiego delle mine esplosive. Questa cavità si trova a pochi metri dai confini artificiosi di Tuvixeddu, sotto l'edificio che ospita una scuola superiore. Fino a pochi anni fa non era visibile perché nascosta da caseggiati disabitati e fatiscenti, abbattuti per la definitiva costruzione della via. I Cartaginesi la utilizzarono come serbatoio per l'acqua, come fecero in seguito anche i Romani. Durante i bombardamenti offrì rifugio alle popolazioni della città, e nel dopoguerra venne abitata dai senza tetto. Ad una profondità variabile tra i 20 e i 60 metri, sotto la cima del colle Tuvixeddu si sviluppa una fitta rete di cunicoli e gallerie sotterranee scavate dalle cave dell'Italcementi nel secondo dopoguerra. Questi tunnel, abbondantemente studiati da varie associazioni speleologiche sarde hanno intercettato, nella loro originaria fase di scavo risalente al 1950 alcuni tratti di acquedotti romani e innumerevoli tombe cartaginesi. Sia queste cavità sotterranee, come altre presenti nella collina, sono state depredate dai tombaroli. Uno studio di Claudia Viganó et al. (2017) ha analizzato il DNA antico di un individuo sepolto nella necropoli di Tuvixeddu circa 2000 anni fa. L'uomo era portatore della mutazione cod39, che causa l'anemia mediterranea, e possedeva aplotipi paterni e materni che indicano un'origine autoctona. Tuvixeddu - Un colle da salvare, dossier a cura del circolo di Cagliari di Legambiente, 1993. Tuvixeddu. La necropoli occidentale di Karales, Della Torre, Cagliari 2000, ISBN 88-7343-323-5. Tuvixeddu. Tomba su tomba, Sovrintendenza Archeologica per le province di Cagliari e Oristano, Cagliari 1998. Roberto Copparoni, Angelo Pili, Marcello Polastri, Tuvixeddu vive, Artigianarte, I edizione 1997 e ristampa nel 2013 Cagliari, IT\ICCU\CAG\0029495. Roberto Copparoni (a cura di), Carta turistica di Tuvixeddu, con testi tradotti in inglese da Annalisa Pirastu, Associazione di volontariato Amici di Sardegna Cagliari, giugno 2014 Marcello Polastri (a cura di) Cagliari, la città sotterranea: grotte, cisterne, necropoli e cavità segrete, Edizioni Sole, Cagliari 2001. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Tuvixeddu Sito ufficiale, su comune.cagliari.it. Necropoli di Tuvixeddu, su sardegnaturismo.it. URL consultato il 28 agosto 2023. Necropoli Tuvixeddu, su FAI - Fondo per l'Ambiente italiano. URL consultato il 28 agosto 2023. Necropoli di Tuvixeddu, su Touring Club Italiano. URL consultato il 28 agosto 2023. Ministero della cultura, Necropoli punico-romana di Tuvixeddu (area ad uso funerario necropoli), su Catalogo dei beni culturali italiani. URL consultato il 28 agosto 2023. Lo speciale Tuvixeddu sul sito della Regione Autonoma della Sardegna, su regione.sardegna.it. Il documentario "Tuvixeddu 2012", su youtube.com. La Grotta della Vipera su SardegnaMappe, su sardegnamappe.it. Portale sulle esplorazioni sotterranee a Tuvixeddu, su sardegnasotterranea.org. Video documentaristici su Tuvixeddu, su m.youtube.com. Siti speleo-archeologici sulla Sardegna, su sardegnasotterranea.org. URL consultato il 19 aprile 2013 (archiviato dall'url originale il 5 giugno 2013). Puntata televisiva di Scoprire, trasmissione televisiva su Tuvixeddu, su youtube.com. La necropoli di Tuvixeddu a Cagliari raccontata da Maria Antonietta Mongiu, su raiplayradio.it, 24 ottobre 2021. URL consultato il 31 ottobre 2021. "Tuvixeddu 2012", documentario a cura di Francesco Accardo e Alessandro Congiu per l'Urban Center Cagliari, Cagliari 2012.