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Rifugio antiaereo di Piazza Risorgimento

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Galleria centrale rifugio anti aereo Piazza Risorgimento
Galleria centrale rifugio anti aereo Piazza Risorgimento

Il rifugio antiaereo di piazza Risorgimento a Torino è uno dei più grandi tra i 21 ricoveri pubblici costruiti tra il 1942 e il 1944. Fu utilizzato durante i bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale. Il rifugio antiaereo di piazza Risorgimento fu edificato alla fine del 1943. Questa struttura fu uno dei primi rifugi realizzati nel capoluogo piemontese. Difatti, a pochi giorni dall’entrata in guerra, le strutture difensive volte alla protezione dei civili da attacchi aerei erano ancora scarse e non sufficienti per tutta la popolazione torinese dell’epoca, salvo alcuni rifugi pertinenti agli uffici pubblici, come il Municipio e la Prefettura. I ricoveri erano soltanto 781 e potevano contenere un massimo di 45.000 persone, su un totale di 703.000 abitanti. Dall'autunno del 1942, i frequenti bombardamenti su Torino misero in risalto il problema della scarsità di ricoveri, poiché fino a quel momento, la difesa aerea era stata affrontata dalle autorità non adeguatamente, senza una prospettiva chiara degli effetti disastrosi che i bombardamenti avrebbero provocato. Questa politica superficiale era testimoniata dalla costruzione di trincee scavate sul suolo pubblico, con lo scopo di difendere la popolazione dalle incursioni. Le stesse vennero demolite per la loro inefficacia, a partire dal dicembre del 1941. La città cercò di proteggersi dagli attacchi aerei ricorrendo alle cantine trasformate in ricoveri, agli infernotti ed ai numerosi rifugi pubblici (di cui una ventina in costruzione per tutta la durata della guerra) ed allo sfollamento. Nel dicembre del 1944 Torino metteva a disposizione della cittadinanza ben 137 rifugi in grado di accogliere più di 46.000 persone. I rifugi definiti casalinghi differenziati da una R bianca dipinta vicino al portone (a partire dal 1936 il piano regolatore della città prevedeva che i palazzi di nuova costruzione fossero dotati di un rifugio che rispettasse il capitolato emanato dalla PAA) per poter essere riconoscibili, erano divisi in due categorie: quelli normali e quelli di circostanza. I primi erano 955 e potevano accogliere più di 41.000 persone; i secondi, non a norma, erano circa 15.000. Sommando le capienze delle diverse tipologie di rifugi esistenti in città ( pubblici, casalinghi a norma e gli infernotti ) risultava che solo il 15% della popolazione potesse poter contare su un riparo sicuro. Esistevano altri rifugi pubblici a Torino, realizzati, prendendo ispirazione dal progetto iniziale del rifugio di piazza Risorgimento. Tra questi ricordiamo: giardini di Largo Sempione, l'ex area Mercato Generali di Via Giordano Bruno, il Parco Ruffini, Palazzo Campana e infine quello di Palazzo Civico. Alcuni di questi sono attualmente accessibili al pubblico in occasione di manifestazioni o visite guidate. Nel 1945, dopo la guerra, il rifugio di piazza Risorgimento fu dimenticato per decenni. Negli anni Novanta, in concomitanza con il progetto di costruzione di un garage sotterraneo pertinenziale, vennero effettuati dei sondaggi per verificare le affermazioni di alcuni testimoni dell'epoca che asserivano la presenza di un rifugio antiaereo sotto piazza Risorgimento. Le ricerche iniziarono con la partecipazione della Circoscrizione 4 e del Vicesindaco di Torino, Domenico Carpanini, il quale si calò per primo, nel febbraio 1995, attraverso un buco di carotaggio, al centro della piazza. Venne quindi "riscoperto" il rifugio, invaso dalle radici delle paulonie, gli alberi presenti nella piazza sovrastante, che erano penetrate in profondità fino dentro le gallerie. Il sito è stato riaperto al pubblico nel 1995, in occasione dell'anniversario della Festa di Liberazione. Attualmente sono possibili visite guidate e didattiche, a cura del Museo diffuso della Resistenza, della deportazione, della guerra, dei diritti e della libertà, in particolare in occasione dell’anniversario della Liberazione dell'Italia. Il Comitato di riqualificazione urbana Campidoglio Borgo Vecchio e l'Anpi hanno contribuito alla riscoperta del rifugio e alla riqualificazione della piazza Associazione Nazionale Partigiani d'Italia. Nell'aprile 2013 il rifugio è stato chiuso per adeguamenti impiantistici e poi riaperto il 27 febbraio 2014. Il rifugio antiaereo di Piazza Risorgimento fu uno dei 42 ricoveri pubblici costruiti a cura del Comune con tecniche anti-bomba, cioè costruito in cemento armato, con muri dallo spessore di 80 cm. Questa struttura è composta da tre gallerie parallele lunghe circa 40 metri e larghe 4,5 e alte 3,30 m, collegate da otto passaggi e poste a una profondità di 12 metri e poteva ospitare 1150 persone. In realtà durante gli allarmi spesso la capienza veniva raddoppiata. Il rifugio venne progettato per occupare una superficie di 700 m² e avere quattro entrate ma, nel progetto proposto successivamente e realizzato, furono apportate alcune modifiche optando per una soluzione ridotta: i metri quadrati divennero circa 550, i bagni vennero mantenuti soltanto da un lato e le entrate furono ridotte a due, quelle sul lato di via Rosta. L'illuminazione, in caso di emergenza, era generata da una dinamo a pedali, azionata da una bicicletta appositamente modificata. La struttura ipogea presenta entrate con rampe di scale che permettono di raggiungere il vero corpo del rifugio. All'interno delle gallerie erano poste le panche lungo le pareti: nel primo modulo di ingresso si trovano i servizi igienici, collocati in un corridoio trasversale. All’interno si possono ancora leggere sulle pareti le norme di comportamento da adottare durante i bombardamenti mentre all’esterno la struttura era protetta da un grande terrapieno. Luciano Borghesan, Quanti rifugi aveva Torino, in ACI News, n. 2, aprile 1995, pp. 22 e sgg. Michele Sforza, La città sotto il fuoco della guerra. La tragedia delle città italiane e l'impegno dei vigili del fuoco nella seconda guerra mondiale, U. Allemandi, Torino 1998, pp. 34 sgg. Giuseppe Giordano, Bruno Dal Bo, Il Martinetto e dintorni: 1943-1945 oltre la memoria, Visual Grafika, Torino 2009, pp. 46 sgg. Torino 1938-45. Una guida per la memoria, Città di Torino - Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea "Giorgio Agosti" - Blu, Torino 2010, pp. 38-42 Pier Luigi Bassignana, Torino sotto le bombe nei rapporti inediti dell'aviazione alleata, Edizioni del Capricorno, Torino 2013 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Rifugio antiaereo di Piazza Risorgimento Il rifugio antiaereo di Piazza Risorgimento-Torino, su museoarteurbana.it, Museo Arte Urbana di Torino. Sito Resistenza, su istoreto.it.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Rifugio antiaereo di Piazza Risorgimento (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Rifugio antiaereo di Piazza Risorgimento
Piazza Risorgimento, Torino Circoscrizione 4

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10143 Torino, Circoscrizione 4
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Galleria centrale rifugio anti aereo Piazza Risorgimento
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Campidoglio (Torino)
Campidoglio (Torino)

Campidoglio (Camp-ëd-Dòj in piemontese) è un quartiere a ovest di Torino, oggi a carattere prettamente residenziale, sito nella Circoscrizione 4, esattamente a cavallo tra i quartieri Parella e San Donato. La zona è delimitata : a ovest, da Corso Lecce e via Zumaglia (confine con Parella) a est, da Corso Alessandro Tassoni (confine con San Donato) a nord, da Corso Regina Margherita (confine con Lucento e San Donato) a sud, dal tratto di Corso Francia tra Piazza Rivoli e Piazza Gian Lorenzo Bernini (confine con Cit Turin) L'origine del toponimo non è chiara. Un'ipotesi può riferirsi al piccolo rilievo collinare in cui si trova, che potrebbe aver suggerito il nome traendo spunto dal più noto Campidoglio di Roma. Tuttavia, essendo questa in origine una vasta area rurale fuori dalla cinta muraria cittadina, un'altra ipotesi più verosimile sarebbe quella relativa alla denominazione di alcuni terreni, ovvero dei "campi", di proprietà della famiglia Doglio, probabile prediale del XIV secolo. Vero è, che tale toponimo fu, in passato, poco utilizzato e probabilmente soltanto per distinguere questa zona sia dalla vicina borgata Parella, sia dall'antico borgo del Martinetto, oggi quartiere San Donato, nome dato a causa dei martinetti idraulici per il pompaggio dell'acqua dal vecchio canale Ceronda (oggi inesistente), usato per i vecchi mulini Feyles che si trovavano nell'attuale sito di Corso Tassoni, 56. Specialmente nel XVI secolo, fu utilizzato, sebbene poco frequentemente, anche il nome di "San Rocchetto", quindi anche di "Barriera di San Rocchetto", probabilmente per l'esistenza di un'antica cappella votiva dedicata a San Rocco, situata probabilmente nei pressi di Via Colleasca. Il toponimo "Campidoglio" riapparve poi dopo l'abbattimento della cinta daziaria occidentale, dalla seconda metà del XIX secolo circa, quando cominciò a svilupparsi una vera e propria piccola borgata a sé, ricca di artigiani ed operai. L'antico corso Altacomba diventò corso Svizzera, mentre la "strada antica per Collegno" diventò l'attuale via Nicola Fabrizi. Il borgo si ampliò ancora nel XX secolo, con l'avvento di nuovi caseggiati, il teatro cinema Savoia (poi rinominato Astra) di via Rosolino Pilo 6, nuovi palazzi e piccole fabbriche, come la "Ratti & Paramatti" vernici. Il borgo fu poi riqualificato e ristrutturato agli inizi degli anni novanta ed ancora oggi mantiene un discreto carattere commerciale e residenziale. Caratterizzato da una rete stradale particolarmente fitta, con strade in larga maggioranza a senso unico, e da unità immobiliari di altezza ridotta rispetto alla media dei quartieri circostanti, assume a tratti un’aria pittoresca ed antica. A ridosso di Corso Tassoni/Via Cibrario e prospiciente all'Ospedale Maria Vittoria, spicca la maestosa chiesa di Sant'Alfonso Maria de' Liguori. L'edificio fu fortemente voluto nel 1880 dal teologo Domenico Bongioanni, allievo di don Giovanni Bosco. I cantieri della chiesa partirono sotto la direzione dell'architetto Giuseppe Gallo, che ne disegnò la facciata e la struttura in stile neobarocco. Fu quindi terminata e inaugurata il 26 novembre 1899, alla presenza dell'arcivescovo di Torino Agostino Richelmy, e dedicata a Sant'Alfonso Maria de' Liguori, dottore della Chiesa, come recita anche la scritta sull'elegante facciata S.ALPHONSO DOCTORI S[ANCTAE] E[CCLESIAE]. La facciata inoltre, presenta due colonne in granito che sorreggono un enorme arco. L'ampio sagrato, simile a una vera e propria piazza, porta all'ingresso principale, con sopra la scritta DOMUS DEI ET PORTA COELI (lat. "Casa di Dio e porta del Cielo"). Ancora sopra il timpano della facciata, fu collocata una grande epigrafe in marmo bianco che narra, in latino, le opere del santo, tuttavia sbiadita col passare del tempo e oggi praticamente illeggibile. La struttura interna della chiesa si apre a pianta ellittica, intorno a cui sono presenti sei cappelle laterali, illuminate da lucernari e decorate con statue di angeli. La grande cupola ellittica, impreziosita da abbondanti decorazioni in stucco, termina con un cupolino, anch'esso ellittico. Le navate laterali furono successivamente arricchite dall'architetto Bartolomeo Delpero. Il retro della chiesa ospita anche un oratorio, due campi sportivi interni, una mensa per i poveri e altre opere di carità, quindi alloggiamenti per i consacrati. Lungo il XX secolo, la struttura divenne un grande punto di riferimento pastorale per la città, al punto che tutto il rione intorno alla chiesa (Via Netro-Via Fiano) fu anch'esso dedicato al santo. Si tratta di una piccola area verde di interesse storico, situata in Corso Appio Claudio angolo Corso Svizzera, dietro la centrale elettrica. Il nome deriva dall'antico nome del vicino quartiere di San Donato. Qui, fu poi eretto un tiro a segno nel 1883, ma è nella seconda guerra mondiale che divenne tristemente famoso, come luogo dell'esecuzione di più di sessanta tra partigiani e antifascisti, nel periodo tra il 1943 e il 1944. Nel 1967, l'area fu recintata e fu istituita una commemorazione che ricorda il giorno della fucilazione di otto componenti del primo Comitato militare regionale piemontese nel 1944, mentre ogni 25 aprile viene organizzata una fiaccolata che parte dal vicino quartiere San Donato. Si tratta di un edificio a ridosso del vicino quartiere Parella, eretto nel 1928 su progetto dell'architetto Paolo Napione per il Cavalier Giuseppe Arduino, già proprietario di altri edifici della zona. Concepito in stile neogotico con presenza di eleganti torrette, fu successivamente arricchito di decorazioni a rievocazione medioevale ed è ben visibile da Corso Lecce 63 (anticamente 108), all'angolo con Via Lessona. Una leggenda urbana lo vuole come abitazione dove visse per alcuni anni il celebre Macario, mentre è noto che l'attore viveva invece in centro. Insieme di opere murarie e altre installazioni artistiche distribuite fra le vie di quello che, spesso, viene anche chiamato il Borgo Vecchio del Campidoglio, ovvero l'area più antica di tutta la zona e fino ad oggi conservata, quella compresa tra via Colleasca, via San Rocchetto, via Locana. Là dove oggi sorge la cosiddetta "Casa dei maestri" di via Bianzè 19, in passato (1920-1955 circa) abitò, con la sua famiglia di origine, un giovane, Raf Vallone, partigiano, calciatore e famoso attore. Progettato ed edificato nel 1928-30 da Contardo Bonicelli come Cinema Savoia, prende il nome attuale negli anni Cinquanta. È uno tra i più pregevoli edifici Art-Déco di Torino. Restaurato nel 2006 dall'architetto Agostino Magnaghi, ospita dal 2009 gli spettacoli della stagione Tpe - Teatro Piemonte Europa. Sempre progettate da Contardo Bonicelli nel 1929, sono edifici da reddito di sette piani, realizzati con uno stile mitteleuropeo derivato dall'Art déco, che si affacciano su Corso Francia e via Giacomo Medici. Furono in parte danneggiati dai bombardamenti dell'8 dicembre 1942. Il giardino tra corso Svizzera e via Musinè è stato intitolato il giorno 8 giugno 2017 dal Comune di Torino all'ideatore dell'esperanto Ludwik Lejzer Zamenhof. Le panchine dei giardini di piazza Moncenisio, riqualificati nel corso del 2010, sono state dipinte dall'artista torinese Vito Navolio che ha reso omaggio a dieci grandi maestri dell'arte contemporanea Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Campidoglio Circoscrizione 4, su comune.torino.it. Museo di Arte Urbana, su museoarteurbana.it. Galleria Campidoglio, su galleriacampidoglio.it.

Liceo classico Cavour
Liceo classico Cavour

Il Liceo Classico e Musicale Statale "C. Cavour" è uno storico liceo di Torino. Comprende due ordinamenti scolastici: il liceo classico e il liceo musicale e coreutico, sezione musicale. È uno degli istituti scolastici più antichi d'Italia: le sue origini risalgono al 1568. La sede attuale (dal 1931) si trova in corso Tassoni 15, nei pressi di piazza Bernini, alla confluenza dei quartieri Campidoglio, San Donato e Cit Turin. Alla sede centrale furono affiancate nel tempo diverse succursali ubicate in varie parti della città; dal 1996-1997 la succursale è in via Tripoli 82 (zona Santa Rita). È il più antico liceo di Torino. Dopo essere stato riorganizzato come "R. Ginnasio e R. Liceo del Carmine in Torino" nel 1859 a seguito del Regio Decreto 13 novembre, n. 3725 del Regno di Sardegna (la Legge Casati), riceve la sua attuale intitolazione a Camillo Benso conte di Cavour nel 1865 a seguito del Regio Decreto 4 marzo, n.2229, per la denominazione dei primi 68 Licei del Regno d'Italia. Il liceo era materialmente l'erede del collegio dei Nobili del Ducato di Savoia e del Regno di Sardegna, la cui fondazione risale al 1568. Nel 1787 il Collegio dei Nobili cede la sua sede 'storica' all'Accademia delle Scienze di Torino ed è trasferito al Convento del Carmine, nell'attuale via Bligny (via delle Scuole) dove nel 1805-1806 diventa il Liceo del Piemonte annesso al Primo Impero francese (Dipartimento del Po); quindi al ritorno dei Savoia è nel 1818 assegnato temporaneamente ai Gesuiti dal re Vittorio Emanuele I e diventa Reale Collegio Maggiore del Regno fino al 1848-1849, quando sotto Carlo Alberto con la riorganizzazione dell'istruzione a opera delle Leggi Boncompagni (legge 4 ottobre 1848, n.819, ministro Carlo Boncompagni di Mombello) è il primo Istituto superiore statizzato del Regno di Sardegna (con la denominazione di Collegio-Convitto Nazionale di Educazione). Riorganizzato in R. Liceo, R. Ginnasio e R. Convitto nazionale del Carmine con la Legge Casati (v. sopra) , mantiene la denominazione fino all'attuale intitolazione del 1865. I preesistenti (e distinti) R. Ginnasio, R. Liceo e R. Convitto nel 1874 sono riuniti sotto un'unica presidenza. Dal 1911 e fino alla Riforma Gentile dell'istruzione, nel 1923, il Cavour è uno degli otto Istituti in Italia a ospitare anche il Liceo moderno. All'ex Convento del Carmine il Liceo mantiene la sua sede fino al 1931. Nel 1900 il Liceo Cavour, insieme al Liceo ginnasio statale Vittorio Emanuele II di Napoli, al Garibaldi di Firenze e al Liceo classico Ennio Quirino Visconti di Roma, partecipò all'esposizione universale di Parigi. Secondo una leggenda, la pianta a M dell'edificio fu edificata in onore di Mussolini: la sede infatti risale al 1931. Secondo alcuni racconti, fu edificata sulle fondamenta di un collegio cattolico di suore risalente al Medioevo. Tuttavia, nell'aula magna, sono evidenti anche simboli massonici. Prima del trasferimento nella sede di corso Tassoni, il Liceo Cavour era situato nella sede del convento dei Padri Gesuiti, in Via del Carmine, nel Quadrilatero Romano. Da giugno 2009 fu girata nella scuola la serie televisiva Fuoriclasse, andata in onda su Rai 1 dal 23 gennaio 2011. A partire dall'anno scolastico 2014/2015, l'Istituto ospita l'indirizzo del Liceo Musicale. Inizialmente, era presente solo una sezione; dall'anno scolastico 2017/2018, le sezioni sono due (una nella sede di Corso Tassoni, una nella sede di Via Tripoli) In seguito alla nuova riforma Gelmini, il liceo ospita due ordinamenti scolastici: liceo classico liceo musicale e coreutico La biblioteca, intitolata a Luigi Einaudi, e l'archivio storico della sede, che ha sede sempre all'interno della scuola, nell'aula che funge anche da sede per l'associazione ex-allievi, risalgono a quelli del collegio convitto fondato nel 1848. Il fondo librario (specializzato in testi classici) è di circa quindicimila volumi, tra cui tre volumi risalenti al Cinquecento. Il Liceo conserva anche vari strumenti scientifici dalle antiche dotazioni (alcuni risalenti al secolo XVIII) e un mappamondo della seconda metà del Settecento. La Biblioteca possiede la prima edizione (1947) di Se questo è un uomo di Primo Levi. Nel 2018, in occasione dell'80º anniversario delle leggi razziali, la Biblioteca ha ospitato la mostra Come un fulmine, che raccoglieva documenti scolastici risalenti agli anni 1937, 1938 e 1939. L'Istituto era frequentato nell'Ottocento dai rappresentanti della nobiltà e della borghesia agiata, torinese e regionale; e ha continuato ad avere un'utenza prevalentemente orientata alle professioni liberali o all'insegnamento. Il numero degli studenti è oscillato parecchio. Erano 334 (calcolati però anche quelli del Ginnasio inferiore, che comprendeva l'attuale Scuola media inferiore) nel 1873-1874; oscillarono tra i due-trecento negli anni venti del Novecento e superarono i 900 nel 1991-1993. Nel 1946 un gruppo di studenti del Liceo, guidati da Giorgio Balmas, fonda l'Unione Musicale. Gli studenti hanno pubblicato negli anni una serie di giornali studenteschi, tra cui "Malebolge", "Oblò" e "Sisifo". Attualmente il periodico degli studenti è "I Resti del Camillo", uscito per la prima volta nel dicembre 2009, e ora in edizione online e, dal 2019, anche cartacea. Gli studenti hanno deciso di cambiare il nome della testata in "Il Camillo", il cambio di nome è avvenuto nel dicembre 2020. Nel dicembre 1991 è stata fondata l'Associazione ex-allievi, con lo scopo di "mantenere il legame ideale e sentimentale con la vecchia scuola, tra le vecchie e le nuove generazioni di studenti". L'Associazione ha negli anni organizzato e patrocinato varie iniziative di carattere culturale. Il liceo classico Cavour vanta di aver avuto tra i suoi studenti grandi letterati e intellettuali della storia dell'Italia; tra essi figurano: Luigi Einaudi, 2º Presidente della Repubblica Italiana a cui è intitolata la biblioteca della scuola Cesare Pavese (solo Liceo) Guido Gozzano (solo Ginnasio) Giulio Carlo Argan Giuseppe Peano Giacomo Debenedetti Franco Venturi Livio Berruti Augusto Monti Natalino Sapegno (solo Ginnasio) Augusto Rostagni Ludovico Geymonat Giulio Cesare Dogliotti Modesto Panetti Mariano da Torino Raf Vallone Alessandro Barbero. Tra i presidi si ricorda Gianni Oliva (2011-2012). Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Liceo Classico e Musicale "C. Cavour" Sito ufficiale, su lcavour.edu.it.

Teatro Astra (Torino)
Teatro Astra (Torino)

Il Teatro Astra di Torino è un teatro sito nel quartiere Campidoglio. Viene commissionato nel 1928 dal costruttore Andrea Verna assieme alla moglie Margherita, filantropi che al Borgo Campidoglio avevano già offerto nel 1904 i terreni e nel 1921 un edificio per la scuola materna che tuttora porta il loro nome. L'edificio viene realizzato nel 1928 come Cinema Teatro Savoia da Contardo Bonicelli, autore fra gli anni Venti e Trenta di pregevoli edifici art déco a Torino. L'inaugurazione avviene il 22 dicembre 1928 con una serata di gala, con la proiezione del film La vestale del Gange ed un concerto di romanze accompagnato da una grande orchestra. La sala aveva in origine una capienza di 1250 posti. Negli anni Quaranta è sede della Sagec, Società Anonima Gestione Esercizi Cinematografici. Assume l'attuale nome negli anni Cinquanta. La struttura del teatro conserva tuttora decorazioni e particolari art déco (marmi, boiseries, balaustre), e la sua facciata è tutelata dalla Soprintendenza. Il Teatro Astra viene restaurato nel 2006 dall'architetto Agostino Magnaghi su committenza della Fondazione Teatro Stabile di Torino. Lo spazio per il pubblico non è disposto a platea, ma a gradinata digradante verso lo spazio scenico, posto allo stesso livello della prima fila di spettatori, in modo da ridurre al minimo e quasi annullare la separazione della "quarta parete". Terminati i restauri, la riapertura è avvenuta il 28 gennaio 2006. Di proprietà della città di Torino, l'edificio è affidato in gestione dal 2009 alla Fondazione Teatro Piemonte Europa (TPE), che ne ha fatto sede della propria stagione di spettacoli. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Teatro Astra Teatro Astra, su museotorino.it. Fondazione TPE - Teatro Piemonte Europa, su fondazionetpe.it.

Sacrario del Martinetto
Sacrario del Martinetto

Il Sacrario del Martinetto si trova a Torino in corso Svizzera angolo corso Appio Claudio ed è l'unica parte sopravvissuta del poligono di tiro della città. Sorge sul luogo dove, tra il settembre del 1943 e l'aprile del 1945, furono eseguite molte condanne a morte di partigiani e oppositori politici. Nel 1883 il Comune di Torino costruì nella zona dove oggi si trova il Sacrario il nuovo campo di tiro del Martinetto e lo affidò alla Società del tiro a segno nazionale. Il complesso era rettangolare, cinto da alte mura e si estendeva su una superficie lunga 400 metri e larga 120 al termine di Corso Regina Margherita. Dopo l'annuncio dell'armistizio, l'8 settembre 1943, e la nascita della Repubblica Sociale Italiana, il poligono fu usato come luogo per le fucilazioni. Vi trovarono la morte oltre 60 partigiani. Le esecuzioni avvenivano seguendo un preciso rituale: i condannati, di solito reclusi nel carcere "Le Nuove", venivano ammanettati e portati all'alba presso il poligono, dove militi fascisti li attendevano; una volta arrivati, venivano legati alle sedie con le spalle rivolte al plotone d'esecuzione; seguivano la benedizione del cappellano, la lettura della sentenza e infine la fucilazione. Il 5 aprile 1944 avvenne la fucilazione degli otto componenti del primo Comitato militare piemontese del CLN, catturati grazie ad una delazione. Si trattava di Giuseppe Perotti, Franco Balbis, Eusebio Giambone, Paolo Braccini, Enrico Giachino, Giulio Biglieri, Massimo Montano, Quinto Bevilacqua. Ancora in periodo clandestino il CLN dichiarò di volerlo considerare un luogo sacro e il 21 marzo del 1945 la proposta di farne un monumento nazionale venne approvata all'unanimità. L'8 luglio del 1945 con una solenne e partecipata cerimonia che vide la partecipazione del sindaco Giovanni Roveda, del vescovo Maurilio Fossati e del ministro Giuseppe Romita venne apposta e scoperta una lapide, che riporta i nomi di 59 fucilati, senza date e con l'indicazione della professione, così come era uso in quei primi anni del dopoguerra anche per le lapidi che il Comune poneva nelle vie e nelle piazze di Torino in ricordo dei caduti della Resistenza. Franco Antonicelli, allora presidente del Cln piemontese, tenne l'orazione ufficiale e fece riferimento a un elenco di 61 caduti riportato nel documento Elenco detenuti giustiziati al Martinetto. Nel 1950 Franco Antonicelli, Andrea Guglielminetti e Pier Luigi Passoni ottennero che il luogo fosse riconosciuto d'interesse nazionale e posto sotto vincolo. Nel 1951 il poligono fu definitivamente trasferito alle Basse di Stura. La sistemazione attuale risale al 1967, quando venne conservato il recinto delle esecuzioni, dove si trovano un cippo, la lapide con i nomi dei fucilati e una teca contenente i resti di una delle sedie usata per le fucilazioni. Il sacrario è circondato da un giardino, mentre sull'area in cui si sviluppava la struttura precedente vennero edificati nuovi palazzi destinati a abitazioni civili. Il luogo è il principale monumento cittadino della Resistenza, sede di una commemorazione civica che si svolge ogni anno il 5 aprile, anniversario dell'esecuzione degli otto componenti del primo Comitato militare piemontese. Storia di Torino Resistenza Italiana Museo diffuso della Resistenza Museo del carcere "Le Nuove" Caserma "La Marmora" (Torino) Albergo nazionale Comitato di Liberazione Nazionale Piazza C.L.N. Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea "Giorgio Agosti" Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Sacrario del Martinetto Museo diffuso della Resistenza - scheda sul sacrario del Martinetto, su museodiffusotorino.it. URL consultato il 20 novembre 2022 (archiviato dall'url originale il 13 aprile 2013). istoreto.it - storia del Martinetto, su istoreto.it. Il Sacrario del Martinetto, su comune.torino.it. URL consultato il 6 gennaio 2023. ancr.to.it. anpi.it.

Villa Arduino
Villa Arduino

Villa Arduino (anche nota come Palazzotto Arduino e, impropriamente, come la Villa di Macario) è un edificio storico di Torino, considerato uno degli ultimi e forse più interessanti esempi di dimora in stile neogotico presenti in città. Situata nel quartiere Parella e nel sotto-quartiere Campidoglio, Villa Arduino sorge in una zona prettamente residenziale a poca distanza dalla Pellerina. Tra l'Ottocento e il Novecento la città di Torino fu epicentro di un'intensa attività edilizia prevalentemente orientata allo stile Liberty. Parallelamente al naturalismo esasperato di questo stile architettonico si sviluppò la corrente del Neogotico di cui, oltre alla chiesa di Gesù Nazareno, gli esempi più eminenti di tale contaminazione in città sono alcune residenze private del quartiere Crocetta, della collina e la celebre Casa della Vittoria che sorse sul vicino corso Francia nel 1924. Nel 1928 il cavalier Giuseppe Arduino, ambizioso imprenditore edìle torinese, ebbe l'idea di commissionare all'architetto Paolo Napione, già autore del Teatro Alfa, un edificio adatto a ospitare la sede della sua azienda e, contemporaneamente, la propria dimora. Fu così che nacque il progetto di Villa Arduino, considerata uno degli ultimi esempi di gusto eclettico e neogotico a fronte dell’incalzante incedere dell'architettura razionalista che ha caratterizzato il decennio compreso tra gli anni trenta e gli anni quaranta del Novecento. L'edificio, fortemente voluto dal cavalier Arduino, fu realizzato su uno dei lotti di terreno di sua proprietà, un appezzamento oltre l'agglomerato urbano dell’epoca e adiacente ai vari altri limitrofi su cui, negli anni successivi, sorsero gli edifici condominiali pluripiano in chiaro stile razionalista realizzati proprio dalla stessa impresa edìle del cavalier Arduino. Nel corso dei decenni successivi Villa Arduino è stata erroneamente identificata come la residenza di Erminio Macario, il celebre attore comico torinese nato nel 1902, alimentando una sorta di leggenda metropolitana del tutto priva di fondamento. Questa diceria popolare è stata smentita ufficialmente molte volte poiché il noto attore, infatti, abitò in un grande appartamento in via Santa Teresa 10, proprio sopra il teatro "La Bomboniera" che aveva fatto costruire per mettere in scena alcuni suoi spettacoli di varietà. Un'altra credenza comune vorrebbe che Macario abbia abitato poco distante, presso Villa Gibellino nella vicina via Sismonda 18, ma anche questa notizia non è documentata. L'unico ospite illustre che ha risieduto per un breve periodo nella zona pare essere stato Michel de Notredame; secondo alcune testimonianze storiche, si afferma che il celebre Nostradamus soggiornò tra il 1556 e il 1562 come ospite presso la cosiddetta Domus Victoria, in seguito ribattezzata Cascina Morozzo, edificio poi demolito negli anni sessanta del Novecento. Nel corso degli anni Villa Arduino ha avuto più proprietari ed attualmente è una residenza privata. Dal 2010 l'edificio è sottoposto a provvedimento di tutela ai sensi del codice dei Beni Culturali con D.D.R. 27/10/2008. L'edificio a pianta angolare si sviluppa su quattro piani fuori terra e sorge sull'asse di corso Lecce, in corrispondenza dell’incrocio con via Michele Lessona. Villa Arduino, che nel progetto originario presentava facciate più movimentate, sfrutta strategicamente la posizione angolare per evidenziare il suo imponente ingresso padronale composto da un primo volume che avanza sino a filo strada e ingloba un portale d'accesso caratterizzato da un portico con due archi laterali che fiancheggiano un grande arco a tutto sesto che conduce all'ingresso principale dell'edificio. Il portico è sormontato da un ampio terrazzo al primo piano con balaustra in litocemento e dal volume principale più caratterizzante, ovvero una sorta di dongione dai chiari stilemi neogotici con balconi al secondo piano e un loggiato al terzo, costituito da ampie trifore su ciascun lato, con archi a tutto sesto e coppie di colonne binate. Attorno a questo principale corpo angolare si articolano le due ali laterali dell’edificio, le cui facciate sono interamente percorse da un ciclo di affreschi e da un rivestimento che alterna a contrasto il mattone a vista con l'ocra degli elementi del ricco apparato decorativo costituito da decori fitomorfi, zoomorfi, allegorie e riferimenti araldici realizzati in litocemento. Entrambe le ali laterali dell'edificio ospitano un vialetto con un'aiuola piantumata antistante e sono costituite da due piani a struttura mista di muratura e cemento armato, con parziali sopraelevazioni che ospitano il secondo e terzo piano, le cui facciate sono caratterizzate da una variegata alternanza di bifore, trifore, loggiati, archi, finestre con arco a sesto acuto e archi a tutto sesto, compresi i due archi strombati del dongione e quello principale, che affaccia sul terrazzo sopra il portale di ingresso angolare. L’edificio prevede a sinistra dell’ingresso pedonale e del passo carrabile presenti al civico 14 di via Michele Lessona, l’appartamento del custode. Alla sua destra vi è l'ala dell'edificio caratterizzata da un portico con volte a crociera e archi a tutto sesto, di cui uno costituisce il varco carrabile che conduce all'ampia corte interna, dove trovano posto un magazzino e un’autorimessa. Il piano superiore, sovrastato da pinnacoli e da un'ulteriore torre con un loggiato che affaccia sulla corte interna, era invece originariamente destinato interamente all’abitazione della famiglia Arduino. Il modulo laterale affacciato su corso Lecce, invece, appare più omogeneo, con una struttura quadrangolare costituita da prospetti più regolari e austeri, caratterizzati da finestre a sesto acuto per l'ultimo piano, bovindi, un grande affresco e un arco cieco a sesto acuto che contiene un'ampia vetrata a quadrifora al primo piano, che affaccia su un ulteriore terrazzo. Quest'ala dell'edificio ospitava originariamente gli uffici del cavalier Arduino con gli annessi locali per i disegnatori, la segreteria e l’amministrazione. Su questo stesso lato è presente un secondo accesso pedonale a filo strada sovrastato da un'edicola in muratura riportante tipiche decorazioni neogotiche, che conduce all'ingresso originariamente destinato agli uffici. Nel 1940 venne realizzata una recinzione in litocemento in sostituzione dell’originale cancellata in ferro battuto, smantellata per donare alla patria il metallo per fini bellici. Essa è stata demolita nel 1960 e nuovamente sostituita con una stilisticamente più coerente. Tuttavia i ferri battuti originali superstiti si ritrovano nel cancello principale e in quelli degli accessi pedonali, che riportano un decoro piuttosto fitto ed elaborato. A completamento della decorazione, vi sono alcuni ferri battuti di elaborata fattura anche sulla cima del dongione angolare, dove svetta un segnavento, e sulle falde di copertura dei moduli più alti, nonché sullo stipite dell'accesso angolare principale, dove si trovano affisse due targhe metalliche recanti la dicitura "Palazzotto Arduino" in caratteri gotici a rilievo. M1 Metropolitana, fermate: Rivoli, Racconigi. Bus 71, 2 AA. VV., 1928-1929, Guida di Torino, Torino, Paravia, 1928. AA.VV., Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, Torino, Politecnico di Torino Dipartimento Casa-Città, Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, 1984, ISBN non esistente. B. Coda N., R. Fraternali, C. L. Ostorero, 2017, Torino Liberty. 10 passeggiate nei quartieri della città., Torino, Edizioni del Capricorno, 2017, ISBN 978-88-7707-327-3. M. Leva Pistoi, Mezzo secolo di architettura 1865-1915. Dalle suggestioni post-risorgimentali ai fermenti del nuovo secolo, Torino, Tipografia Torinese, 1969, ISBN non esistente. G. M. Ferretto, Dante e Nostradamus. L'enigma della lapide di Torino, Treviso, Edizioni G.M.F., 2001. Liberty a Torino Casa della Vittoria Ville e palazzi di Torino Luoghi d'interesse a Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Arduino Villa Arduino, su museotorino.it.