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Montenapoleone (metropolitana di Milano)

Linea M3 (metropolitana di Milano)Pagine con mappeStazioni della metropolitana di MilanoStazioni ferroviarie attivate nel 1990
Milano stazione Montenapoleone M3
Milano stazione Montenapoleone M3

Montenapoleone è una stazione della linea M3 della metropolitana di Milano. La stazione fu costruita come parte della prima tratta, da Centrale FS a Duomo, della linea M3 della metropolitana, entrata in servizio il 3 maggio 1990. Nei primi progetti la stazione doveva essere chiamata "Manzoni", in quanto sorge nel punto in cui via Manzoni incrocia via Monte Napoleone e via Croce Rossa. Venne costruita a binari sovrapposti per evitare il passaggio sotto gli edifici. Al livello inferiore si trova il binario dispari, in direzione di San Donato, e a quello superiore il binario pari, in direzione Comasina. Il mezzanino, posto in posizione laterale, fu scavato a cielo aperto, indipendentemente dalle gallerie della linea. Sorge sotto via Manzoni, all'angolo con via Monte Napoleone, entrambe strade celebri per i lussuosi negozi e saloni di moda di cui sono costellate, che insieme a via della Spiga e corso Venezia delimitano il cosiddetto Quadrilatero della moda, e presenta uscite in via Manzoni e in via dei Giardini; è curioso notare che il nome della fermata non presenta lo spazio tra le parole Monte e Napoleone, a differenza del nome della strada. Contemporaneamente alla costruzione della stazione venne ideata una nuova sistemazione dello spazio in superficie, costruendo un monumento progettato dall'architetto Aldo Rossi. In origine, progetti simili di riqualificazione superficiale erano previsti anche per altre due fermate della M3, ovvero Duomo e Crocetta, ma alla fine solamente quello di Montenapoleone venne realizzato. Nelle vicinanze della stazione effettuano fermata alcune linee urbane, tranviarie ed automobilistiche, gestite da ATM. Fermata tram (linea 1) Fermata autobus La stazione dispone di: Accessibilità per portatori di handicap Ascensori Scale mobili Emettitrice automatica biglietti Servizi igienici Stazione video sorvegliata Aldo Rossi, Per la Stazione Croce Rossa a Milano, in Zodiac, n. 1, Milano, Zodiac Architecture, 1º semestre 1989, pp. 178-187, ISSN 0394-9230. Pietro Ferrari, Milano ha la linea 3, in "I Treni Oggi", luglio-agosto 1990, pp. 16–22. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Montenapoleone

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Montenapoleone (metropolitana di Milano)
Via Alessandro Manzoni, Milano Municipio 1

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Via Alessandro Manzoni 20
20121 Milano, Municipio 1
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Milano stazione Montenapoleone M3
Milano stazione Montenapoleone M3
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Luoghi vicini

Porta Aurea (Milano)
Porta Aurea (Milano)

Porta Aurea (lat. Porta Aurea o Porta Nova) era una delle aperture stradali ricavate nella cinta muraria romana della città di Mediolanum, l'odierna Milano. Fu demolita durante l'assedio di Milano del 1162. Costruita durante il periodo imperiale dell'epoca romana, era ricavata nella cinta delle mura romane di Milano. Venne fatta erigere lungo il "nuovo" perimetro di mura (da cui uno dei nomi con cui era conosciuta la porta), frutto dell'estensione della cinta muraria verso nord est, che venne realizzata dopo il 291 su volere dell'imperatore Massimiano in seguito alla crescita urbanistica e all'elevazione di Mediolanum a capitale dell'Impero romano d'Occidente. Il nome della porta deriva dal fatto che da questo varco cittadino usciva la via Spluga, strada che era chiamata anche via Aurea perché conduceva al passo dello Spluga, il cui nome latino è Cunus Aureus: ("punto d'oro") perché in questo periodo storico, lungo l'arco alpino compreso tra il versante ligure e il fiume Ticino, si estraeva l'oro in miniere ricavate nei massicci montuosi, che erano spesso costituite da grotte e caverne naturali. La Porta Aurea fu demolita, insieme alle mura e alle altre porte romane, durante l'assedio di Milano del 1162, che fu opera di Federico Barbarossa. Altre importanti azioni di guerra a cui partecipò la porta furono l'assedio di Milano del 402, l'assedio di Milano del 452 e l'assedio di Milano del 538-539. Come per Porta Orientale, di cui rappresentava uno "spostamento" verso est, anche da Porta Aurea dipartiva verso oriente la via Gallica, che collegava Gradum (Grado) con Augusta Taurinorum (Torino). Da Porta Nuova uscivano anche la via Mediolanum-Brixia, che collegava Mediolanum con Brixia (Brescia) passando anche da Cassianum (Cassano d'Adda) e, come già accennato, la via Spluga, il cui percorso si sviluppava da Mediolanum e il passo dello Spluga. Poco fuori da Porta Aurea, oltre le mura cittadine, era presente uno dei quattro castelli difensivi di Mediolanum, il Castrum Portae Novae. Porta Aurea si trovava nella parte terminale del cardo verso nord-est, prolungato verso oriente contestualmente alla crescita del centro abitato di Mediolanum, che fu la causa della costruzione del nuovo tratto di mura difensive dove si trovava Porta Aurea. Da Porta Aurea il cardo di Mediolanum conduceva all'altro lato delle mura cittadine dov'era presente, diametralmente opposta a Porta Aurea, Porta Ticinese. Porta Aurea era situata, considerando l'urbanistica della Milano odierna, dove ora è presente l'incrocio tra le moderne via Manzoni e via Monte Napoleone. Mediolanum, su romanoimpero.com. Mediolanum augustea, su storiadimilano.it.

Grand Hotel et de Milan
Grand Hotel et de Milan

Il Grand Hotel et de Milan è un hotel di lusso situato al centro di Milano, in via Manzoni al civico 29. La costruzione fu commissionata all'architetto Andrea Pizzala (1798-1862) e fu ispirata dallo stile neogotico. L'albergo aprì i battenti il 23 maggio 1863 e verso la fine del XIX secolo guadagnò notorietà in quanto fu l'unico ad offrire un servizio telegrafico e postale ai suoi clienti; per questo motivo fu spesso frequentato da diplomatici e uomini d'affari. La singolarità del nome, con quella "et" frapposta, indica semplicemente l'integrazione tra il nome originario "Hotel de Milan" e la successiva amplificazione in "Grand Hotel". L'hotel, inizialmente appartenente a Carlo Guzzi, fu acquistato da Giuseppe Spatz prima del 1874 e divenne particolarmente noto al grande pubblico a partire dal 1872 quando il compositore Giuseppe Verdi, amico di Spatz amante della musica, vi stabilì la propria dimora quando si trovava a Milano, beneficiando della prossimità dell'albergo al teatro alla Scala e componendo qui gran parte dell'Otello. La stanza, la n. 105 al primo piano, rimase riservata ai Verdi sino alla morte del maestro, che avvenne proprio nella sua stanza all'albergo il 27 gennaio 1901. Fra il 1900 e il 1901 venne ristrutturato l'atrio di ingresso che venne allargato per renderlo confacente ai bisogni del grande movimento di forestieri che frequentavano l'albergo. A tal scopo fu chiamato l'architetto Augusto Brusconi che, coadiuvato dall'ingegner Francesco Bellorini, demolì gran parte dei muri del pianterreno per ottenere un ambiente più vasto e lussuoso; furono inoltre aggiunti un pavimento alla veneziana e un grande lucernario con velario di vetri colorati. L'edificio fu poi completamente ristrutturato nel 1931, quando ogni camera fu dotata di telefono e acqua corrente. Durante la seconda guerra mondiale, nel 1943, l'albergo fu bombardato e il quarto piano fu completamente distrutto; una volta terminata la guerra, l'architetto Giovanni Muzio fu incaricato della ricostruzione e del rinnovo dello stabile. In gestione alla famiglia Bertazzoni dai primi anni'60, l'albergo divenne famoso negli anni '60 e '70, quando fu frequentato dagli stilisti che partecipavano alle annuali settimane della moda milanesi. Un'ultima importante ristrutturazione ebbe luogo nei primi anni '90, quando un muro di difesa dell'antica Mediolanum risalente al terzo secolo fu portato alla luce e utilizzato come elemento stilistico in uno dei ristoranti dell'albergo. L'albergo fa parte del gruppo The Leading Hotels of the World. Nel corso dell'attività dell'Hotel, diversi personaggi celebri vi hanno soggiornato, fra cui: Giuseppe Verdi Pietro II del Brasile Teresa Cristina di Borbone-Due Sicilie Enrico Caruso Tamara de Lempicka Maria Callas Severino Gazzelloni Vittorio De Sica Richard Burton Indro Montanelli Francisco Giordano, L'origine dell'isolato, la costruzione dell'albergo e gli ampliamenti, in Il Grand Hotel ed de Milan. Storia e restauro di un albergo ottocentesco, a cura di Paola Alberti e Carlo Salomoni, ed. Marsilio, 1993, Venezia. Francisco Giordano, Hotel ed de Milan (prefazione) , in Grand Hotel ed de Milan. Un secolo di storia milanese attraverso gli ospiti illustri del suo albergo più famoso, ed. F. M. Ricci, 1995, Milano. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Grand Hotel et de Milan Sito ufficiale, su grandhoteletdemilan.it. Grand Hotel et de Milan, su LombardiaBeniCulturali, Regione Lombardia.

Palazzo Olivazzi
Palazzo Olivazzi

Palazzo Olivazzi Trivulzio è un edificio storico di Milano situato in via Bigli n. 21 Il palazzo risale al XVIII secolo, tuttavia si mostra più sobrio rispetto ai tipici spartiti decorativi tardo barocchi. La particolarità del palazzo sta nell'ingresso, costituito da un grande nicchione con arco ribassato racchiuso in bugnato, costruito per permettere alle carrozze un agevole accesso al palazzo dalla stretta via. Sull'angolo del palazzo tra via Bigli e via Manzoni si trova un monumentale balcone angolare con elaborate trame in ferro battuto sorretto da mensole. La facciata non presenta altra decorazione se non delle semplici cornici in muratura delle finestre. All'interno, il cortile si presenta porticato con tre archi ribassati per lato sorretti da colonne di ordine ionico. Il palazzo era anticamente decorato all'interno da affreschi del Tiepolo e di Mattia Preti. Alla fine del Settecento passa ai Tanzi, nel 1810 ai Nava, poi ai Poldi Pezzoli e poi ai Trivulzio. Come segnalato nella lapide affissa all'esterno, abitò qui nella seconda metà dell'Ottocento e fino alla morte la contessa Clara Maffei, nel cui salotto passarono i più noti intellettuali dell'epoca, tra i quali Carlo Tenca, con cui la contessa ebbe una lunga relazione sentimentale, Alessandro Manzoni, Giuseppe Verdi, Giovanni Prati, Francesco Hayez. Nel 1894, per sei anni, vi dimorò la famiglia di Albert Einstein con lo stesso Albert, permanenza ricordata da una targa commemorativa. Paolo Mezzanotte, Giacomo Bascapè, Milano nell'arte e nella storia, Milano, Bestetti 1198, 1968. Ville e palazzi di Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo Olivazzi Scheda Lombardia Beni culturali

Monumento a Sandro Pertini
Monumento a Sandro Pertini

Il monumento a Sandro Pertini è un'opera di Aldo Rossi, architetto milanese, inaugurata a Milano nel 1990, su progetto del 1988 e dedicata al settimo presidente della Repubblica italiana Sandro Pertini. La struttura è collocata all'estremità dell'area pedonale di via Croce Rossa all'incrocio di due importanti strade milanesi, via Monte Napoleone e via Alessandro Manzoni. La struttura è una fontana monumentale formata da un podio chiuso su tre lati da pareti in pietra, la parete di fondo ospita un condotto triangolare dal quale scende acqua fino ad una vasca posta al centro della parete. Il cubo misura otto metri di lato e si basa su un modulo rigoroso di cinquanta centimetri composto da blocchi di marmo di Candoglia grigio rosato, lo stesso del Duomo di Milano, delle dimensioni di 50x25x25 centimetri. Gli altri elementi che compongono il monumento sono realizzati in lega di rame. Il concetto di monumento costituisce per l'architetto un elemento essenziale e permanente nella struttura della città, che si esprime attraverso forme architettoniche archetipiche e che si fa manifesto dell'espressione della volontà collettiva. Il tema del monumento è stato affrontato da Aldo Rossi in due progetti precedenti, il monumento alla Resistenza a Cuneo, progetto non realizzato risalente al 1962 e ideato con Luca Meda e Gianugo Polesello e il monumento ai Partigiani a Segrate del 1965. In entrambi sono presenti gli elementi costitutivi che ritroviamo nel monumento a Pertini, le «poche e profonde cose» (Arduino Cantafora, 1998): volumi definiti, forme elementari e simboliche come il podio e la fontana a condotto triangolare, caratteristiche di un linguaggio che si ripete all'interno delle sue opere. In occasione dell'inaugurazione della linea 3, la Metropolitana Milanese fece dono alla città di Milano del monumento. A partire da quel momento, non ha mai cessato di essere al centro di polemiche da parte di politici, amministrazioni locali e cittadini stessi. Nel 2010 ne è stata proposta la rimozione, che ha visto l'opinione pubblica dividersi tra sostenitori dell'opera e detrattori, seguita da una petizione sottoscritta da un centinaio di artisti e architetti e da articoli comparsi su quotidiani e riviste del settore. Il Comune di Milano, a partire da aprile 2012, ha eseguito il restauro conservativo dell'opera, che ha riguardato il rinnovamento dell'impianto della fontana, il consolidamento e il rifacimento delle sigillature, la pulizia, la protezione e la patinatura finale degli elementi architettonici. Salvatore Farinato e Paolo Portoghesi (a cura di), Per Aldo Rossi ,Venezia, Marsilio, 1998. ISBN 8831771124 Alberto Ferlenga (a cura di), Aldo Rossi. Tutte le opere, Milano, Electa, 1999. ISBN 88-435-7185-0 Paolo Portoghesi, I grandi architetti del Novecento: una nuova storia dell'architettura contemporanea attraverso la personalità e le opere dei protagonisti, Roma, Newton & Compton, 2000. ISBN 8882891054 Aldo Rossi, L'architettura della città, Macerata, Quodlibet, 2011. ISBN 978-88-7462-409-6 Marco Brandolisio, Giovanni Da Pozzo, Massimo Scheurer, Michele Tadini, Aldo Rossi in Italia Settentrionale/Aldo Rossi in northern Italy, Domus, 1998, 805, 103-110 Arduino Cantàfora, Poche e profonde cose/A few Deep Things, Casabella ,1998, 654, 4-7 Fulvio Irace, Talebani a Milano, Abitare, 2001, 405, 240-241 Fulvio Irace, Cubo scaccia cubo, Domus, 2010, 938, 4 Aldo Rossi via Monte Napoleone Sandro Pertini Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Monumento a Sandro Pertini http://fondazionealdorossi.org/ https://web.archive.org/web/20100506134948/http://www.darc.beniculturali.it/ita/appuntamenti/mostre/aldo_rossi/index.htm "Spazi pubblici e piazze contemporanee a Milano" (PDF) , su fondazione.ordinearchitetti.mi.it. "Moratti salva Aldo Rossi", su ricerca.repubblica.it. "Sgarbi: «Cancelliamo l'Ago e il Filo»", su milano.corriere.it. URL consultato il 16 luglio 2012 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016). "Il monumento a Pertini sarà restaurato", su comune.milano.it.

Chiesa di San Francesco di Paola (Milano)
Chiesa di San Francesco di Paola (Milano)

La chiesa di San Francesco di Paola è un luogo di culto cattolico situato nel centro storico di Milano, in via Manzoni; su di esso insiste l'omonima parrocchia di rito ambrosiano, appartenente all'arcidiocesi di Milano. I frati dell'Ordine dei Minimi ottennero, nel 1675, la chiesa di Sant'Anastasia e l'annesso convento, ove avevano già risieduto tra il 1599 e gli anni 1620; il complesso era situato lungo il corso di Porta Nuova, all'angolo con la contrada del Monte. Nel 1727 iniziarono i lavori per l'ampliamento del convento, che non vennero mai portati a termine (fu, infatti, completata solo un'ala); contestualmente a ciò, l'architetto Marco Bianchi ebbe l'incarico di progettare una nuova e più grande chiesa, intitolata al fondatore dell'Ordine dei Minimi, san Francesco di Paola. La costruzione iniziò nel 1728 e il tempio venne consacrato il 22 settembre 1735, terminato nella parte strutturale ma non nell'apparato decorativo. La facciata rimase infatti incompiuta nell'ordine superiore, composto della sola struttura in mattoni rossi fino al 1891. Per tutto il XVIII secolo e il secolo successivo l'edificio venne progressivamente abbellito nell'interno: tra il 1749 e il 1753, ad opera di Giuseppe Buzzi, venne realizzato l'altare maggiore; la decorazione del presbiterio nel 1868; la facciata, rimasta incompiuta nella parte superiore, fu completata su progetto di Emilio Alemagna nel 1891. Il convento venne soppresso nel 1804 e da allora la chiesa, elevata a parrocchia nel 1787, venne affidata al clero diocesano. Vi vennero celebrati i funerali di Giuseppe Verdi il 1 febbraio 1901. La facciata dà su via Manzoni ed è preceduta da un sagrato rialzato di alcuni gradini rispetto al piano della strada, portato a termine nel 1739. Il prospetto, incompiuto nel 1735 (anno di consacrazione e apertura al culto della chiesa), venne completato nel 1891 in stile barocco su progetto di Emilio Alemagna, dopo che nel 1839 era stata bocciata una proposta dell'architetto Carlo Amati. I lavori della nuova fronte cominciarono nell'agosto del 1889 grazie a una sottoscrizione dei parrocchiani raccolta dal parroco don Stefano Sormani; l'architetto Alemagna, che prestò gratuitamente la propria opera, fu scelto per la sua esperienza come interprete nell'architettura dei due secoli precedenti. Verso la fine del 1891 i lavori erano terminati per una spesa complessiva di 64 690 Lire. La facciata dell'Alemagna ha una forma curva concava ed è suddivisa in due ordini da un cornicione aggettante; il primo piano presenta tre portali sormontati da fastigi e da finestre dalle forme ellittiche; è complessivamente scandito da otto lesene corinzie. L'ordine superiore è centrato su un finestrone fastosamente decorato e sormontato da uno stemma recante il motto latino "CHARITAS" del santo titolare della chiesa, ai lati sono presenti due terrazzi con balaustre che sorreggono due statue della Fede e della Speranza. Alle spalle della chiesa, sulla destra, si eleva la torre campanaria, che termina in alto con un cupolino; la cella si apre su ciascun lato con una monofora ad arco a tutto sesto, ed ospita un concerto di cinque campane in Mi♭3 fuse da Luigi e Giorgio Ottolina di Seregno nel 1949 ed azionate esclusivamente a corda. Internamente, la chiesa è caratterizzata da una particolare pianta che richiama la sagoma di un contrabbasso: essa è formata da un'unica navata a pianta rettangolare con gli angoli smussati, e da una profonda abside ove trovano luogo il presbiterio e il coro. Le pareti dell'aula, movimentate da concavità, sono decorate da gruppi di grandi lesene corinzie dai capitelli dorati, alternate alle cappelle laterali, due per lato; la volta è decorata con l'affresco Gloria di san Francesco di Paola di Carlo Maria Giudici mentre, al di sopra delle porte laterali, vi sono gli ovali scolpiti di Giuseppe Perego raffiguranti Miracoli di san Francesco di Paola. Nel presbiterio, delimitato da una balaustra marmorea, si trova l'altare maggiore in marmi policromi, realizzato tra il 1749 e il 1753 da Giuseppe Buzzi, con al centro dell'ancona una pala raffigurante il santo dedicatario della chiesa. Nell'abside, lungo le pareti, su due ordini, vi sono gli stalli lignei del coro. Nella chiesa si trovano due organi: il maggiore, in stato di abbandono da decenni, si articola in due corpi (uno sulla cantoria in controfacciata, entro la cassa del precedente strumento Serassi, uno entro una nicchia nell'abside, al di sopra del coro) fu costruito nel 1924 dalla ditta Balbiani-Vegezzi Bossi (Milano) ed inaugurato lo stesso anno da Marco Enrico Bossi. In abside si trova poi un organo positivo a cinque registri, costruito alla fine del XX secolo da Gianfranco Torri (Cesano Boscone). Andrea Ferrari, Facciata della chiesa di San Francesco da Paola in Milano, in L'Edilizia moderna, Anno II, fasc. IV, Milano, aprile 1893. Chiesa prepositurale di S. Francesco di Paola, Milano, Milano, Tipografia Artipo, 1965. Touring Club Italiano, Milano, 10ª ed., Milano, Touring Editore, 1998, ISBN 88-365-1249-6. Maria Teresa Fiorio (a cura di), Le chiese di Milano, Milano, Electa, 2006, ISBN 88-370-3763-5. Barocco a Milano Chiese di Milano Via Manzoni Wikibooks contiene testi o manuali sulle disposizioni foniche degli organi a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Francesco di Paola a Milano Chiesa di San Francesco di Paola, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana. Chiesa di San Francesco di Paola, su LombardiaBeniCulturali, Regione Lombardia.

Via Manzoni
Via Manzoni

Via Manzoni è una via del centro di Milano facente parte del cosiddetto Quadrilatero della moda e considerata una delle zone più lussuose, oltreché uno dei maggiori centri dello shopping dell'alta moda mondiale. Via Manzoni inizia in piazza della Scala e termina in corrispondenza degli archi di Porta Nuova. La via fu immediatamente intitolata ad Alessandro Manzoni il giorno stesso della sua morte, il 22 maggio 1873; motivo dell'intitolazione fu che lo scrittore abitava nella vicinissima via Morone al n. 1168 (ora n.1) in una casa acquistata nel 1814 e il cui giardino quasi vi si affacciava. Prima della morte del Manzoni la via era chiamata nel tratto da piazza della Scala all'incrocio fra via Croce Rossa e via Montenapoleone Corsia del Giardino, e dall'incrocio stesso agli archi di Porta Nuova Corso di Porta Nuova. Nell'Ottocento era considerata la strada più lussuosa di Milano e d'Europa. Sul lato destro: al n. 2 e 4 palazzo della Banca Commerciale Italiana, costruito dal 1905 al 1911 su progetto di Luca Beltrami, ora sede delle Gallerie d'Italia - Milano; al n. 6 e 8 palazzo Brentani al n. 10 palazzo Anguissola al n. 12 il Museo Poldi Pezzoli, costruito dal 1853 al 1854 su progetto di Giuseppe Balzaretto. al n. 18 palazzo Olivazzi al n. 26 la chiesa di San Francesco di Paola al n. 28-32 palazzo Gallarati Scotti al n. 40-42 il complesso che comprende la galleria e il Cinema-Teatro Manzoni, costruito tra il 1947 e il 1950 sulle rovine del palazzo Melzi (palazzo Meli Lupi di Soragna), distrutto dai bombardamenti del 1943 Sul lato sinistro: al n. 7 l'Hotel Continentale al n. 21 un edificio per uffici, costruito nel 1929 su progetto di Antonio Carminati; al n. 29 il Grand Hotel et de Milan, costruito dal 1864 al 1865 su progetto di Andrea Pizzala; al n. 31 l'Armani Hotel in un palazzo per uffici, abitazioni, negozi e cinematografo, costruito dal 1947 al 1948 su progetto di Enrico Agostino Griffini; al n. 41 e 41a palazzo Borromeo d'Adda Montenapoleone Maurizio Grandi, Attilio Pracchi, Milano. Guida all'architettura moderna, Zanichelli, 1980. ISBN 8808052109. Giuliana Gramigna, Sergio Mazza, Milano. Un secolo di architettura milanese dal Cordusio alla Bicocca, Hoepli, Milano 2001. ISBN 88-203-2913-1. Quadrilatero della moda Via della Spiga Via Monte Napoleone Corso Venezia Piazza della Scala Porta Nuova (medievale, Milano) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su via Manzoni Via Manzoni, su milanofree.it.

Casa Porro-Lambertenghi
Casa Porro-Lambertenghi

Palazzo Porro-Lambertenghi è un palazzo ottocentesco di Milano, in stile neoclassico. Storicamente appartenuto al sestiere di Porta Comasina, si trova in via Monte di Pietà al civico 15. Il palazzo, realizzato nei primissimi anni dell'Ottocento su progetto del Canonica, si sviluppa su quattro piani fuori terra, dei quali il pian terreno è caratterizzato per il rivestimento a bozze di granito rosa. All'interno è presente un portico con doppio colonnato, nel cui cortile si sarebbe trovato al tempo un monumento, realizzato dal Thorvaldsen. L'edificio è particolarmente noto a Milano per diversi aspetti: nel 1818 il palazzo venne illuminato grazie ad un'apparecchiatura importata dall'Inghilterra dallo stesso Luigi Porro Lambertenghi, a riguardo della quale l'anno precedente l'amico Silvio Pellico aveva tradotto in italiano il trattato pratico sopra il gas illuminante di Friedrich Accum. Tale sperimentazione - nelle intenzioni del Porro-Lambertenghi - avrebbe dovuto trovare applicazione su vasta scala a Milano, in modo da garantire un vero e proprio servizio pubblico; tuttavia il progetto venne stroncato dalle autorità austriache. Sempre qui, nel 1818, venne redatta la prima copia del Conciliatore. Casa Porro-Lambertenghi in quegli anni era diventata infatti il luogo di ritrovo di una cerchia di intellettuali e pensatori del tempo, fra cui il Silvio Pellico (primo precettore del figli di Luigi Porro Lambertenghi) e il Confalonieri (vicino e amico). Oltre a questi altri nomi illustri che ruotavano attorno a questa casa furono il Berchet, il Thorvaldsen e lo stesso Lord Byron. A partire dal 1819 la casa diventa inoltre la sede di una scuola di mutuo insegnamento, detta di Sant'Agostino, volta all'alfabetizzazione delle masse in vista di un possibile risveglio di una coscienza nazionale. Questo forte attivismo politico da parte del Porro-Lambertenghi gli costò la condanna a morte da parte delle autorità austriache, poi evitata con l'esilio: in questa casa, fra le altre cose, il 13 ottobre 1820 era stato arrestato proprio l'amico Silvio Pellico, come ricordato ancora oggi da una lapide. Il palazzo venne danneggiato lievemente nel corso dei bombardamenti della Seconda guerra mondiale, ma subito restaurato al termine del conflitto. Giacomo Carlo Bascapé, I palazzi della vecchia Milano, Hoepli, Milano, 1945 - p. 193 Paolo Mezzanotte, Giacomo Carlo Bascapé, Milano, nell'arte e nella storia, Bestetti, Milano, 1968 (1948) - p. 439 Livia Negri, I palazzi di Milano, Newton & Compton, Milano, 1998 - pp. 247–248 Ville e palazzi di Milano Sestiere di Porta Comasina Luigi Porro Lambertenghi Silvio Pellico Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Casa Porro-Lambertenghi Comune di Milano - Sestiere di Porta Comasina (palazzi) (PDF), su comune.milano.it. LombardiaBeniCulturali - Casa Porro-Lambertenghi, Milano, su lombardiabeniculturali.it.