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Chiesa di San Ciriaco alle Terme di Diocleziano

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La chiesa di San Ciriaco alle Terme di Diocleziano (in latino Sancti Cyriaci in Thermis) è una chiesa scomparsa di Roma, nel rione Castro Pretorio, costruita all'interno di una struttura delle Terme di Diocleziano. La chiesa era sede del titolo cardinalizio omonimo.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Chiesa di San Ciriaco alle Terme di Diocleziano (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori).

Chiesa di San Ciriaco alle Terme di Diocleziano
Via Venti Settembre, Roma Municipio Roma I

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Palazzo delle Finanze

Via Venti Settembre 97
00187 Roma, Municipio Roma I
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Luoghi vicini

Aula ottagona delle Terme di Diocleziano
Aula ottagona delle Terme di Diocleziano

L'Aula ottagona delle Terme di Diocleziano è un antico edificio di Roma. In origine si trattava probabilmente di un frigidarium secondario delle Terme di Diocleziano. Tra il 1500 e il 1700 l'amministrazione dello Stato Pontificio riutilizzò questa porzione sud-occidentale delle antiche terme, inclusa l'Aula ottagona, come magazzini granari e oleari. Dopo la breccia di porta Pia (1870) e l'unione di Roma al Regno d'Italia come sua capitale (1871), l'intero complesso passò nel demanio del nuovo Stato unitario che si propose di destinarlo a finalità culturali. Così, nel 1890, nelle Terme di Diocleziano fu aperto il primo nucleo del Museo Nazionale Romano e nel 1911, in occasione dell'Esposizione nazionale per il cinquantenario dell'Unità d'Italia, anche l'Aula ottagona fu adibita a sede espositiva. In seguito venne impiegata per proiezioni cinematografiche (con il nome di "Sala Minerva") e dal 1928 al 1983 ospitò il Planetario di Roma (poi spostato all'EUR). Negli anni 1980 l'Aula tornò nelle disponibilità del Museo Nazionale Romano e dal 1991 vi furono esposte a rotazione sculture antiche, incluse alcune tra le più pregevoli del museo (come i bronzi del Principe ellenistico e il Pugile in riposo, oggi a Palazzo Massimo, o la Venere di Cirene). Dal 2022 l'Aula ottagona ospita il nuovo Museo dell'arte salvata, sempre parte del Museo Nazionale Romano. Vi sono esposti, a rotazione, reperti che erano stati scavati o espatriati illegalmente e poi riacquisiti dallo Stato italiano. L'edificio, quadrangolare all'esterno, presenta all'interno una forma ottagonale, sormontata da una cupola a ombrello. Presenta tuttora decorazioni pertinenti al suo passato utilizzo come planetario: sul fronte principale, il fregio reca la scritta "Planetario" e il portale d'ingresso è adornato da simboli dei segni zodiacali e dalla citazione dantesca L'amor che move il sole e l'altre stelle. L'edificio è attiguo alla ex chiesa di Sant'Isidoro alle Terme (insediata nel 1754 sui resti delle antiche terme e smantellata nel 1940 per consentirne la riemersione). Attualmente risulta isolato rispetto al resto del complesso termale dal tracciato di via Cernaia, aperta nel 1878. Adriano La Regina (a cura di), Museo Nazionale Romano, Mondadori Electa, 2006, ISBN 8837037430. Terme di Diocleziano Museo Nazionale Romano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su aula ottagona delle Terme di Diocleziano Museo nazionale romano - Aula ottagona delle Terme di Diocleziano, su Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo. URL consultato il 30 aprile 2023. Museo dell'Arte Salvata, su Museo Nazionale Romano. URL consultato il 30 aprile 2023.

Palazzo delle Finanze
Palazzo delle Finanze

Il Palazzo delle Finanze è un palazzo storico di Roma, sede del Ministero dell'economia e delle finanze. Voluto da Quintino Sella, che pensò di ospitare qui i 2.200 dipendenti del Ministero delle finanze del Regno d'Italia (compreso il personale della Corte dei conti e delle direzioni generali del Tesoro, del Demanio, del Debito pubblico e della Cassa depositi e prestiti), fu realizzato in cinque anni. Oggi ospita 7.295 unità di personale. Il progetto è dell'ingegner Raffaele Canevari, in collaborazione con altri importanti architetti dell'epoca. Di Francesco Pieroni è il portico rinascimentale interno, di Ercole Rosa l'ingresso di via XX Settembre e di Pietro Costa l'ingresso di via Cernaia. La costruzione dell'edificio fu appaltata alla Società Veneta Costruzioni Pubbliche, di cui Vincenzo Stefano Breda era socio fondatore e presidente. L'avvio della costruzione del palazzo, insieme ai lavori di ammodernamento della Stazione Termini (già Pio Centrale), segnò l'avvio dell'irresistibile ondata di espansione urbana che portò alla nascita, secondo il piano regolatore di Luigi Pianciani del 1873, dei "nuovi" rioni di Roma - il quartiere Macao o dell'Indipendenza (rione Castro Pretorio, di cui il Palazzo delle Finanze è parte), il Sallustiano, il Ludovisi, l'Esquilino - dopo lo spostamento a Roma della capitale del Regno d'Italia. Per i lavori di costruzione del Ministero furono demoliti i resti di Porta Collina, una delle porte superstiti delle antiche mura serviane, e furono coperti anche parte dei resti delle Terme di Diocleziano. L'edificio è lungo 300 metri e largo 120; si estende su di una superficie coperta pari a 137.711 m2. Il Palazzo delle Finanze, quale primo grande edificio pubblico della nuova capitale del Regno d'Italia, ospitò per un certo periodo anche il Consiglio dei Ministri, nella cosiddetta Sala della Maggioranza. La volta della sala, decorata da Cesare Mariani, rappresenta al centro l'allegoria dell'Italia e ai quattro lati, affacciati a delle balaustre, i quattro gruppi che idealmente hanno determinato l'unità e l'indipendenza della nazione: casa Savoia, i condottieri militari, i politici-legislatori e i poeti-filosofi. Il lampadario centrale, originale, in ferro battuto e decorazioni dorate è di Francesco Pieroni. Di notevole valore è anche la Sala del Parlamentino, storicamente sede delle udienze pubbliche della Corte dei conti: a coronamento del volume a doppia altezza, secondo il progetto di Domenico Bruschi e Cecrope Barilli, il pregiato soffitto a cassettoni a motivi floreali. Di particolare pregio la Sala azzurra, una sala riunioni del Direttore generale del Tesoro con vetrate di pregio dell'antica Vetreria De Matteis di Firenze. Dal 1961 al 2014 è stato collocato nel Palazzo delle Finanze il Museo numismatico della Zecca Italiana gestito dall'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, che custodisce oltre ventimila opere numismatiche, tra monete, medaglie, bozzetti ed altri oggetti di conio. Larga parte della collezione, di alto pregio, fu incorporata dal Gabinetto Numismatico della Zecca Vaticana a seguito della presa di Roma nel 1870. Il museo è dal 2016 nella nuova sede di via Salaria 712. Tra il 2003 e il 2006 sono stati realizzati quattro rilevanti interventi di riqualificazione degli spazi del palazzo, che hanno inserito elementi moderni e tecnologici nell'architettura dell'edificio: l'ingresso in cristallo e acciaio denominato Porta dell'Europa, il Pool informatico DT-RGS, la nuova biblioteca del Dipartimento del Tesoro e il Polo multifunzionale RGS. Questi quattro interventi sono descritti nella bibliografia recente sul Palazzo; gli ultimi tre sono stati progettati dall'architetto Daniele Durante. Ermanno Polla, Il Palazzo delle Finanze di Roma capitale, 1979, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, ISBN 88-24-01407-0 AA.VV., Il Palazzo del Tesoro e delle Finanze, 1989, Editalia, ISBN 978-88-70-60190-9 Ministero dell'economia e delle finanze (a cura di), Il Palazzo delle Finanze in Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 2007, edizione limitata Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo delle Finanze Il Palazzo nel sito del Ministero, su mef.gov.it.

Monumento ai caduti di Dogali
Monumento ai caduti di Dogali

Il Monumento ai Caduti di Dogali è un monumento celebrativo a Roma dedicato ai caduti della battaglia di Dogali, oggi situato in viale Luigi Einaudi, nei pressi delle Terme di Diocleziano. Il monumento è dedicato ai caduti della colonna militare, dal tenente colonnello Tommaso Giovanni De Cristoforis e composta da 500 soldati italiani, che il 26 gennaio 1887 fu sconfitta nella battaglia di Dogali, vicino a Massaua, oggi in Eritrea, dai soldati etiopi di Ras Alula durante la guerra d'Eritrea. Nell'episodio morirono 413 soldati e 22 ufficiali italiani, ricordati nelle lapidi poste alla base del monumento. La sconfitta provocò alcune manifestazioni e incidenti nella capitale italiana durante i giorni successivi. La proposta di un monumento per celebrare la sconfitta italiana in una guerra coloniale fu messa in discussione da alcuni intellettuali dell'epoca, in particolare Giosuè Carducci, che rifiutò l'offerta del sindaco romano di comporre un'ode per il monumento, e Gabriele D'Annunzio, che nel terzo capitolo del libro terzo del suo romanzo Il piacere definisce i caduti italiani come "bruti uccisi brutalmente". Inizialmente il monumento era stato alzato nel 1887 dall'architetto Francesco Azzurri davanti alla stazione Termini. Dal 1916 anche la piazza antistante la stazione Termini è dedicata ai 500 caduti di Dogali, col nome di piazza dei Cinquecento. L'obelisco fu poi spostato nel 1925 nella collocazione odierna nei giardini di viale Principessa di Piemonte (attuale viale Luigi Einaudi), davanti alle Terme di Diocleziano, per il rifacimento della stazione ferroviaria. L'8 maggio 1937, anniversario della proclamazione dell'Impero italiano alla fine della guerra d'Etiopia, fu aggiunta anche la statua del Leone di Giuda, poi restituita al governo etiope nel 1960. Il 15 giugno 1938 il giovane interprete eritreo Zerai Deres mise in atto davanti al monumento un atto di protesta contro l'occupazione italiana dell'Etiopia, ferendo diverse persone dopo essere stato interrotto in un atto di devozione al Leone di Giuda. Per tale motivo venne arrestato e in seguito internato nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto, in cui rimase fino alla morte avvenuta nel 1945; tuttavia, vari storici contemporanei esprimono dubbi sull'effettiva instabilità mentale di Zerai. Per tale gesto Deres è considerato nella sua patria e in Etiopia un eroe nazionale. Il leone di Giuda rimase a Roma fino al 1960, quando fece ritorno in Etiopia dopo i negoziati di Addis Abeba; in occasione della nuova inaugurazione il negus Hailé Selassié partecipò in divisa militare alla cerimonia, ricordando per l'occasione anche il gesto patriottico di Zerai Deres. Anche a Dogali esiste un monumento che commemora la caduta dei soldati italiani. Il monumento è costituito da un obelisco egizio, uno dei tredici oggi presenti a Roma, e da un basamento che ospita sui quattro lati le lapidi con i nomi dei caduti su due colonne e raccolti secondo il grado militare di appartenenza. Il monumento è stato dedicato ufficialmente il 5 giugno 1887, in occasione della festa dello Statuto Albertino. L'opera è alta 16,92 metri nel complesso, compresa la stella sulla sommità. L'obelisco fu realizzato durante il regno del faraone Ramses II e collocato nella città di Eliopoli, in Egitto. In seguito fu portato a Roma dall'imperatore Domiziano, che lo fece collocare come decorazione per l'Iseo Campense, come gli obelischi del Pantheon, della Minerva e quello di Boboli (che è a Firenze). L'obelisco fu rinvenuto nel 1883 dall'archeologo Rodolfo Lanciani presso la chiesa di Santa Maria sopra Minerva. Il solo monolite è alto 6,34 metri mentre con il basamento arriva a 16,92 metri. Cesare D'Onofrio. Gli obelischi di Roma, 2 ed. Bulzoni: Roma, 1967. L'Italia. Roma (guida rossa). Touring Club Italiano: Milano, 2004, pp. 177-178. Monumento al Leone di Giuda Zerai Deres Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Obelisco di Dogali Igiaba e il colonialismo nascosto di Termini Archiviato l'11 giugno 2020 in Internet Archive., TerminiTV