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Stazione di Fornaci (Rimini)

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La stazione di Fornaci era una stazione ferroviaria posta lungo la ferrovia Rimini-Novafeltria, chiusa nel 1960. L'edificio fu in seguito a lungo riutilizzato come casa cantoniera, poi definitivamente abbandonato.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Stazione di Fornaci (Rimini) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori).

Stazione di Fornaci (Rimini)
Via Marecchiese, Rimini

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47923 Rimini
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Stadio dei Pirati
Stadio dei Pirati

Lo Stadio dei Pirati è lo stadio di baseball della città di Rimini. Di proprietà del Comune di Rimini, lo stadio è situato nei pressi di via Circonvallazione Nuova e via Circonvallazione Ovest, sulla sponda sinistra del fiume Marecchia. Adiacenti al campo principale sono presenti altri due campi più piccoli, dedicati alle attività giovanili. La sua inaugurazione risale all'anno 1973: da allora iniziò infatti ad essere la sede abituale degli incontri casalinghi dei Pirati, ovvero la squadra del Rimini Baseball Club che si apprestava a diventare protagonista nel panorama del baseball nazionale e continentale. Grazie anche all'intervento di Cesare "Rino" Zangheri, storico patron del Rimini Baseball, furono eseguiti alcuni importanti interventi, tra i quali la realizzazione di nuove tribune e dell'impianto di illuminazione. Questi lavori permisero allo stadio di essere (insieme a Bologna e Parma) sede nel 1978 del primo campionato mondiale di baseball che si sia disputato in Italia. Durante questa manifestazione, la sfida riminese tra Italia e Stati Uniti ha attirato un pubblico stimata tra le 8 e le 10.000 persone. Successivamente, la struttura è stata nuovamente designata per ospitare partite di altri due campionati mondiali, rispettivamente nelle edizioni del 1988 e del 1998. Per questa ragione, in passato lo stadio aveva assunto la denominazione di Mondiale. Nel corso dei decenni, su questo campo hanno giocato i migliori giocatori del baseball italiano. Sotto la presidenza di Zangheri, infatti, il Rimini Baseball riuscì a vincere 13 scudetti, oltre che 3 Coppe dei Campioni in campo europeo. Zangheri, ottantacinquenne, ha ceduto la società prima della stagione 2018, ma dopo una sola annata la nuova proprietà non ha più iscritto la squadra ad alcun campionato FIBS. Negli anni immediatamente seguenti, la gestione dello stadio è stata oggetto di una battaglia legale tra la proprietà del club e il comune di Rimini. Lo Stadio dei Pirati è tornato ad ospitare gare di Serie A in occasione della stagione 2022, quando la risoluzione di alcune questioni burocratiche ha permesso al New Rimini (società al suo secondo anno di esistenza composta prevalentemente da giovani giocatori locali) di giocare qui per la prima volta, dopo un anno di "esilio" a Riccione. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stadio dei Pirati

Ausa (torrente)
Ausa (torrente)

Il torrente Ausa (Ëuṡa in romagnolo) nasce alle pendici del monte Titano, dov'è conosciuto come Fosso della Flocca nei pressi di Cà Melone nel castello di Borgo Maggiore, e si sviluppa per una lunghezza di 17,2 km. Il corso dell'Ausa coinvolge nella Provincia di Rimini i comuni di Coriano e Rimini, mentre nella Repubblica di San Marino coinvolge i castelli di Serravalle, Domagnano e Borgo Maggiore. In origine l'Ausa tagliava in due la città di Rimini, passando a fianco delle mura del centro storico. Tra il 1967 e il 1972, per motivi di comodità, il suo tratto terminale fu deviato tramite un canale in cemento, facendolo confluire nel fiume Marecchia. Dalle fotografie aeree si può facilmente intuire l'originario percorso del torrente, grazie alla vegetazione cresciuta sulle sue sponde ancora presente. Il punto d'interruzione e deviazione dell'Ausa si trova a circa 500 m a sud del casello autostradale dell'Autostrada Adriatica Rimini sud, mentre il suo ingresso nel Marecchia avviene circa 2 km prima della foce di quest'ultimo, in corrispondenza del parco XXV aprile, proprio nel punto in cui anche il Marecchia è stato deviato dalla sua posizione originaria. Oggi l'ex letto del torrente è diventato un percorso ciclo-pedonale, i ponti fungono da sottopassi e la scia di vegetazione che attraversa la città è un lungo parco che assume nomi diversi nei vari tratti. Laddove l'Ausa sfociava nel mar Adriatico, l'estuario è ancora presente, ma è stato tombinato e trasformato in uno scarico a mare di acque meteoriche dell'impianto fognario. L'Ausa è un corso d'acqua a spiccate caratteristiche torrentizie e può essere senz'altro considerato quello con le caratteristiche qualitative peggiori tra tutti i corsi d'acqua che interessano il territorio della Provincia di Rimini, fungendo, per il tratto che attraversa San Marino, come una vera e propria fognatura a cielo aperto. Il massimo inquinamento lo si riscontra nelle zone più a monte (SS 72), in quanto l'acqua fluita è principalmente rappresentata dalla sommatoria degli scarichi riversati nel corpo idrico. Più a valle, la situazione, pur restando critica, migliora per gli apporti di scarichi meno inquinanti. Si ritiene che il torrente Ausa debba essere tenuto sotto particolare osservazione durante le normali uscite di vigilanza, soprattutto nei punti di più facile accesso come il ponte sulla via Marecchiese e il ponticello in prossimità della confluenza nel Marecchia, all'interno del parco XXV aprile; questo tratto, canalizzato e cementificato, ha infatti perso qualsiasi capacità di autodepurazione ed è un potenziale veicolo d'inquinamento. Bacino Idrografico del Fiume Marecchia - Sottobacino del Torrente Ausa su agricoltura.provincia.rimini.it (PDF), su agricoltura.provincia.rimini.it. URL consultato il 28 aprile 2014 (archiviato dall'url originale il 29 aprile 2014).

Rimini Fiera
Rimini Fiera

La Fiera di Rimini è il polo fieristico della città di Rimini, gestito dalla società Italian Exhibition Group S.p.A. Completato nel 2001 ed ampliato nel 2017, rappresenta un moderno e funzionale quartiere fieristico, capace di attirare milioni di visitatori ogni anno. È particolarmente attivo nel campo del Travel & Tourism, Technology & Enviroment, Entertainment & Leisure e Hotel & Food Industry. Le prime manifestazioni fieristiche di Rimini si svolsero nel dopoguerra, al Grand Hotel, con esposizioni dedicate al settore alberghiero. Negli anni cinquanta nasce la MAPIR Mostra dell'Artigianato riminese. Tra gli anni sessanta e settanta vengono costruiti i primi padiglioni del vecchio quartiere e costituito (1972) l'Ente Autonomo Fiera di Rimini. Tra gli anni ottanta e novanta vengono costruiti ulteriori padiglioni e all'attività fieristica si affianca quella congressuale. Lo sviluppo del portafoglio manifestazioni, la crescita del tasso d'internazionalità, l'aumento esponenziale di espositori e visitatori apre la strada, nella seconda metà degli anni novanta, al progetto di realizzazione di un nuovo quartiere fieristico da realizzarsi a nord della città e la cui prima pietra viene posata nel giugno 1999. Il nuovo quartiere fieristico verrà costruito a tempo di record e sarà portato a termine nel 2001. I lavori non termineranno, poiché nel 2017 verrà ulteriormente ampliato. L'Ente Autonomo Fiera di Rimini venne trasformato nel 2000 in Rimini Fiera S.p.A. per rivolgersi al mercato interno e a quello internazionale. L'assetto societario di Rimini Fiera S.p.A. vedeva quali soci pubblici Provincia di Rimini, Comune di Rimini e CCIAA, ognuno con il 26,44% delle quote sociali mentre la Regione Emilia-Romagna partecipava col 5,80% delle azioni; il restante 14,88% del capitale era detenuto da soci privati. Nel 2016 Rimini Fiera S.p.A. diviene Italian Exhibition Group S.p.A., a seguito del conferimento in Rimini Fiera S.p.A. dell’azienda condotta da Fiera di Vicenza S.p.A. (ora Vicenza Holding S.p.A.). L’organizzazione e la gestione degli eventi fieristici, nel riminese, è realizzata presso le seguenti strutture: Quartiere Fieristico di Rimini, sito in via Emilia n. 155, Rimini; Palacongressi di Rimini, sito in via della Fiera n. 23, Rimini; Il quartiere fieristico è di proprietà della Capogruppo Italian Exhibition Group S.p.A., il centro congressi di Rimini è condotto in locazione. Progettata dalla GMP di Amburgo, la nuova Fiera di Rimini, varata nel 2001, si estende su un'area complessiva di 460 000 m²: tre diversi ingressi, 168000 m² di superficie utile - 109000 m² di superficie espositiva lorda e 59 000 per servizi - articolata su 16 padiglioni (alti 20 metri, larghi 60, profondi 100; monoplanari, cablati, condizionati, oscurabili, a campata unica, privi di pilastri interni, collegati fra loro tramite un percorso coperto di logge, porticati e fontane). Rimini Fiera dispone di 24 sale convegni fino a 730 posti, business center, sale stampa con centro riversamento televisivo su reti nazionali, due ristoranti, tre free-flow, nove bar, una gelateria e due pizzerie-kebab. Ancora: servizi bancari, assicurativi, di autonoleggio, agenzia viaggi, prenotazioni alberghiere, area shopping, pronto soccorso, nursery. Rimini Fiera è dotata di una stazione ferroviaria interna posta di linea (sulla linea adriatica) dove, in contemporanea con le manifestazioni, fermano ogni giorno numerosi treni; dispone di un terminal bus interno per un accesso diretto a chi arriva con i mezzi pubblici o con i bus dagli alberghi e dall'aeroporto; e di un'elisuperficie con servizio di elitaxi su prenotazione. I parcheggi sono 11 000, attrezzati a camper service e intercollegati tramite servizio navetta. Il quartiere fieristico di Rimini presidia quattro distretti economici (Travel & Tourism, Technology & Enviroment, Entertainment & Leisure e Hotel & Food Industry) con manifestazioni ad alta specializzazione (35 tra annuali e biennali, 11 delle quali con la qualifica di internazionale e per la maggior parte organizzate direttamente). Le principali manifestazioni sono: Sigep: Salone Internazionale Gelateria, Pasticceria, Panificazione Artigianali e Caffè. Nel 2023 si terrà la 44ª edizione. Beer&Food Attraction, per gli operatori dell’Out of Home (bar, pizzerie, birrerie, ristorante) nel 2023 verrà abbinata al Sigep. ABTech expo: per gli operatori inerenti alla produzione di materie prime, agenti e additivi, tecnologie di produzione e di processo, tecnologie di imbottigliamento e riempimento, tecnologie packaging, contenitori, materiali per l’imballo, sistemi di chiusura e logistica. RiminiWellness: tra le più grandi kermesse al mondo dedicata a fitness, benessere, business, sport, cultura fisica e sana alimentazione. Un evento che racchiude tutte le maggiori aziende dell'universo wellness: dai produttori di macchine per l'attività fisica alle palestre, le scuole e le associazioni di categoria, ai cultori del fisico, passando per le SPA del relax, le scienze riabilitative, la danza, ma anche il turismo e il design. Expodental meeting: La fiera espone attrezzature e materiali per odontoiatria e odontotecnica e offre una serie di corsi ECM ai professionisti che partecipano all’evento. Meeting per l’amicizia tra i popoli: una manifestazione organizzata dal movimento ecclesiale cattolico di Comunione e Liberazione. Macfrut: per gli operatori ortofrutticoli. Fieravicola: una mostra internazionale di avicoltura e cunicoltura (un tempo tenuta a Forlì) Enada: manifestazione dedicata agli operatori nel sud Europa e nell’area mediterranea per il settore gaming Tecnargilla: Salone Internazionale delle Tecnologie e delle Forniture all'Industria Ceramica e del Laterizio Superfaces: è la manifestazione dedicata ai materiali innovativi per l’interior, rivestimenti, pannelli e pavimentazioni e per il design e l’architettura. TTG, travel experience: Fiera Internazionale del Turismo SIA HOSPITALITY DESIGN: Salone Internazionale dell'Accoglienza SUN BEACH & OUTDOOR STYLE: Salone Internazionale dell'Esterno. Progettazione, Arredamento, Accessori. ECOMONDO: Fiera Internazionale del Recupero di Materia ed Energia e dello Sviluppo Sostenibile per l'innovazione tecnologica e industriale dell'economia circolare. KEY ENERGY: Fiera Internazionale del Recupero di Materia ed Energia e dello Sviluppo Sostenibile per la decarbonizzazione dell'economia. Il nuovo Palacongressi di Rimini sorge dove un tempo si trovava il vecchio quartiere fieristico riminese. Progettato dalla GMP di Amburgo e costruito ex novo dalla Società del Palazzo dei Congressi di Rimini sorge su un'area di 38.000 metri quadri e ha una capienza complessiva di 9 300 posti. Completano la struttura un'area servizi, ristoranti e centri di ristoro e un sistema di 500 parcheggi interrati. La contestualizzazione di Rimini Fiera in un territorio caratterizzato da una vastissima offerta alberghiera, culturale, di leisure ne fanno il partner per eccellenza della clientela d'affari, come dei grandi eventi per il pubblico. La facile raggiungibilità del quartiere rappresenta un plus per aziende e pubblico. L'aeroporto internazionale "Federico Fellini" è collegato con voli quotidiani con Roma e con le principali capitali europee. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Rimini Fiera Sito ufficiale, su riminifiera.it. Sito ufficiale del gruppo Italian Exhibition group, su iegexpo.it. Sito del Palacongressi, su riminipalacongressi.it.

Provincia di Rimini
Provincia di Rimini

La provincia di Rimini è una provincia italiana dell'Emilia-Romagna di 340 423 abitanti avente come capoluogo Rimini. È la provincia dell'Italia settentrionale situata più a sud. Confina a sud con le Marche (provincia di Pesaro e Urbino) e con la Repubblica di San Marino, a est con il Mar Adriatico, a nord con la provincia di Forlì-Cesena, a ovest con la Toscana (provincia di Arezzo). La provincia di Rimini è stata istituita sulla carta nel 1992, distaccandosi dal territorio dell'allora provincia di Forlì che diventava nello stesso momento provincia di Forlì-Cesena. Le prime elezioni e l'entrata in carica del primo consiglio provinciale sono avvenute nel 1995. Nel 2009 si è ingrandita inglobando sette comuni dell'Alta Valmarecchia: Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant'Agata Feltria e Talamello, precedentemente compresi nel territorio della provincia di Pesaro e Urbino, nella regione Marche. Dopo un referendum locale, il parlamento ha dato via libera al passaggio di regione dalle Marche all'Emilia-Romagna. Nel 2021 dopo un lungo iter parlamentare analogo a quello condotto dai comuni dell'Alta Valmarecchia anche i comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio sono entrati a far parte della provincia di Rimini. Territorio di lunga tradizione turistica, la provincia di Rimini è celebre per le località balneari della Riviera romagnola di Rimini, Riccione, Cattolica, Bellaria-Igea Marina e Misano Adriatico che si estendono lungo i suoi 30 km di costa lungo il Mare Adriatico. La provincia circonda anche un'enclave, quella toscana di Ca' Raffaello. Il territorio provinciale di Rimini, delimitato parzialmente a nord dal corso del torrente Uso, che lo divide dalla provincia di Forlì-Cesena e a sud dal torrente Tavollo, che lo separa dalle Marche (provincia di Pesaro-Urbino), si compone di cinque aree morfologicamente e paesaggisticamente omogenee. Il settore nord-orientale della provincia, costituito dall'estrema parte meridionale della Pianura Padana (tra i comuni di Rimini, Bellaria-Igea Marina e Santarcangelo di Romagna) è prevalentemente agricolo, anche se notevolmente trasformato dalla presenza di insediamenti residenziali (Santarcangelo, San Vito, Santa Giustina, Orsoleto), aree produttive (Santarcangelo e Rimini Nord), poli commerciali (Rimini Nord), infrastrutture stradali e ferroviarie (SS 9 Via Emilia, Autostrada A14, ferrovia Bologna-Ancona). Lungo il Mare Adriatico, che rappresenta il limite orientale del territorio provinciale, si estende una lunga e stretta fascia litoranea pianeggiante, interamente occupata dalla conurbazione costiera della Riviera romagnola, estesa senza soluzione di continuità da Cervia a Gabicce Mare. Il principale centro di questa conurbazione, nonché della provincia, è la città di Rimini, che rappresenta anche il maggiore snodo di comunicazioni verso le altre città della Pianura Padana e verso l'entroterra. La costa sabbiosa è particolarmente bassa ed è caratterizzata da una spiaggia molto ampia. La gran parte dei settori occidentali e meridionali della provincia (esclusa la zona costiera) è costituita da rilievi collinari, progressivamente più alti verso l'entroterra. Le due valli principali – quelle del Marecchia e del Conca – presentano caratteri molto differenti. La prima è caratterizzata da una serie di formazioni rocciose aspre e dirupate (gli speroni di Torriana, Montebello, Saiano, Verucchio, San Leo, Pietracuta e, fuori dal territorio provinciale, il Monte Titano, su cui sorge la capitale della Repubblica di San Marino), mentre il paesaggio della Valconca è costituito da colline basse e dal profilo più dolce. La porzione più sud-occidentale della provincia, corrispondente all'alta Valmarecchia e all'alta Valconca, comprende infine alcuni rilievi montuosi dell'Appennino tosco-romagnolo, con il massiccio del Monte Carpegna (1415 m) che divide le due vallate sopracitate e rappresenta anche la cima più elevata dell'intera provincia. In questa area, che presenta una bassa densità di popolazione e una relativamente modesta antropizzazione, il paesaggio agrario è limitato, e lascia spazio a pascoli e boschi misti di latifoglie decidue. La provincia di Rimini è percorsa da sette fiumi e torrenti: l'Uso, il Marecchia, l'Ausa, il Marano, il Conca, il Ventena e il Tavollo. Il fiume principale è il Marecchia, che nasce dalle sorgenti dell'Alpe della Luna, in provincia di Arezzo, e scorre per circa 70 km sfociando nel Mare Adriatico presso la città di Rimini. I torrenti Ausa e Marano nascono nella Repubblica di San Marino. Sul territorio provinciale non sono presenti laghi naturali di particolare importanza; l'unico invaso artificiale di rilevanti dimensioni è il bacino del Conca, costruito lungo il corso dell'omonimo torrente a ridosso del tracciato dell'autostrada A14 tra i comuni di Misano Adriatico e San Giovanni in Marignano. Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 20 febbraio 1996: L'immagine dell'imbarcazione si ispira a un bassorilievo di Agostino di Duccio presente nel Tempio malatestiano di Rimini. Il gonfalone è un drappo in colore bianco. La provincia di Rimini è servita dall'Autostrada A14 Adriatica, attraverso quattro caselli: Rimini Nord, Rimini Sud, Riccione e Cattolica. I collegamenti con il resto della penisola sono garantiti anche da tre strade statali (la SS9 Via Emilia, diretta a Milano; la SS16 Adriatica, che conduce a Padova a nord e a Otranto a sud; la Strada statale 258 Marecchia, che conduce a Sansepolcro, dove si collega con la Strada europea E45), mentre la vicina Repubblica di San Marino è raggiungibile attraverso la SS72, che oltre il confine di stato assume la denominazione di Superstrada di San Marino. La provincia di Rimini è servita da due linee ferroviarie: la ferrovia Bologna-Ancona e la ferrovia regionale Ferrara-Rimini. L'unica stazione di diramazione del territorio provinciale, nonché la maggiore per flusso di passeggeri annuo, è la stazione di Rimini gestita da RFI. Le altre sono le stazioni di Bellaria, Cattolica-San Giovanni-Gabicce, Misano Adriatico, Riccione, Rimini Miramare, RiminiFiera e Santarcangelo di Romagna. Infine ci sono le altre stazioni della provincia – Igea Marina e le due stazioni secondarie del capoluogo sulla linea Ferrara-Rimini (Rimini Viserba e Rimini Torre Pedrera). Appartengono alla provincia di Rimini i seguenti 27 comuni: L'Alta Valmarecchia fece parte fino al 1796 della Legazione di Romagna (Stato Pontificio), ma fu annessa alla delegazione di Urbino e Pesaro con motu proprio di Pio VII il 6 luglio 1816. Con la fine del potere temporale della Santa Sede (1859), il territorio passò alla provincia di Pesaro (la provincia di Pesaro e Urbino è nata l'anno successivo); tale assetto rimase inalterato fino al 2009 quando, in seguito a diversi referendum popolari, i sette comuni dell'alta Valmarecchia votarono la ricongiunzione con il territorio riminese. In quell'anno l'alta Valmarecchia è entrata a far parte della provincia di Rimini e della regione Emilia-Romagna. Le Marche hanno interposto ricorso alla Corte costituzionale, ma esso è stato ritenuto infondato nel luglio 2010. Anche quattro comuni della valle del Conca hanno promosso referendum per l'aggregazione alla provincia di Rimini: Montecopiolo, Sassofeltrio, Monte Grimano Terme e Mercatino Conca, ma solo nei primi due è stato raggiunto il quorum con esito positivo. Sant'Agata Feltria è anche comune onorario della città metropolitana di Genova. Il 25 maggio 2021 si è concluso al Senato della Repubblica un lungo iter legislativo durato 14 anni che ha portato all'approvazione definitiva del disegno di legge di aggregazione dei comuni di Sassofeltrio e Montecopiolo alla provincia di Rimini, in Emilia-Romagna. La legge è entrata in vigore il giorno successivo rispetto alla data di pubblicazione in Gazzetta ufficiale, il 17 giugno 2021. Di seguito sono riportati i comuni superiori ai 10 000 abitanti ordinati per popolazione: Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su provincia di Rimini Sito ufficiale, su provincia.rimini.it. Rìmini (provincia), su sapere.it, De Agostini. Legge 3 agosto 2009, n. 117, in materia di "Distacco di comuni dalle Marche all'Emilia-Romagna"

Chiesa di Sant'Andrea dell'Ausa
Chiesa di Sant'Andrea dell'Ausa

La chiesa di Sant'Andrea dell'Ausa, nota anche come chiesa del Crocefisso, è una chiesa sconsacrata sita a Rimini, piccola architettura superstite fra gli edifici religiosi del XIII secolo. Sembra che la chiesa sia stata voluta nel 1253 da Benno, iudex riminese. Grazie alla sua donazione, alla licenza concessa dal Vescovo Giacomo di Rimini e dal pontefice Innocenzo IV, venne fondato un piccolo monastero femminile damianita detto di Mirasole, trasferito solo pochi anni dopo nel centro storico della città. Il titolo di chiesa e di parrocchia di S. Andrea dell'Ausa viene assegnato al complesso nel 1952 dopo che l'originaria chiesa di S. Andrea, molto più antica e ubicata vicino all'attuale chiesa di San Gaudenzo, venne a trovarsi in condizione di rudere. Si ricorda inoltre che nel 1547 era stato collocato un grande crocefisso ligneo in una celletta esterna alla chiesa, da cui l'appellativo di Chiesa del Crocefisso. La chiesa e i suoi annessi furono pesantemente danneggiati in seguito al terremoto del 1786, Giuseppe Valadier nelle sue perizie ci fa sapere che la chiesa, dotata altari, necessita dell'inserimento di una "Chiave di ferro nel muro della facciata. Nel 1834 fu costruita un'ampia cappella a sinistra dell'entrata della chiesa per custodire un antico crocefisso ritrovato e donato dai fratelli Barbieri. Nel 1911 la facciata della chiesa venne ristrutturata trasformando le finestre in stile neogotico. Nel 1944 il complesso venne gravemente danneggiato durante i bombardamenti: la casa parrocchiale crollò così come la cappella del Crocefisso. Nel 1951 una perifizia tecnica ne dispose la chiusura al culto e la non agibilità della casa del parroco. In seguito al ripristino la struttura continuò la sua funzione di chiesa parrocchiale fino al 1957 quando la parrocchia trovò nuova sede nell'attuale via del crocefisso. Negli anni '70 venne acquistata da Giuseppe Ferri e Carla Catolfi e grazie al loro intervento venne riportato in vita l'edificio dopo lo stato di abbandono che in circa vent'anni aveva portato al crollo del tetto e al dissesto del pavimento. Dal 2019 è sede di un'azienda privata. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Sant'Andrea dell'Ausa

Cimitero monumentale di Rimini
Cimitero monumentale di Rimini

Il cimitero monumentale di Rimini, o cimitero civico di Rimini, è il principale cimitero della città di Rimini, nella regione dell'Emilia-Romagna, nord Italia. Consacrato nel 1813, il Cimitero Monumentale di Rimini è il luogo di riposo finale di diverse figure riminesi di spicco, tra cui il noto regista Federico Fellini. Il 12 giugno 1804, Napoleone Bonaparte promulgò l'Editto di Saint-Cloud, che decretava che i cimiteri dovessero essere collocati fuori dalle mura cittadine, in luoghi soleggiati e arieggiati, con tombe simili in maniera egualitaria. L'editto era motivato da preoccupazioni di igiene pubblica e da un interesse per l'egualitarismo nella morte. Il 5 settembre 1806, l'Editto sulla Polizia Medica estese le disposizioni dell'Editto di Saint-Cloud all'Italia napoleonica, provocando un dibattito pubblico che portò notevolmente alla pubblicazione del poema di Ugo Foscolo Dei sepolcri (1807). Rimini era da tempo abituata a sepolture nelle chiese o nei loro chiostri, con sedici chiese cittadine che avevano un cimitero di qualche tipo. Il più grande cimitero circondava il Tempio malatestiano, e c'era un cimitero ebraico fuori dalla Porta Montanara. Il comune di Rimini considerò l'idea di collocare il nuovo cimitero sulla collina di Covignano, al Santuario di Santa Maria delle Grazie, ma la proposta non fu popolare. Un'altra posizione proposta fu nell'area della Colonnella. Entro il marzo 1808, fu deciso di collocare il cimitero nell'area delle Celle. La località era stata utilizzata per sepolture per secoli: il suo nome derivava da un oratorio che era stato incaricato fin dal XII secolo della sepoltura dei prigionieri giustiziati, i quali sarebbero stati esposti per massima esposizione presso il bivio delle antiche strade romane via Emilia e via Popilia. Il comune acquistò cinque appezzamenti di terreno agricolo, formando un'area quadrata di terreno paludoso. L'area fu drenata, circondata da un muro e sopra l'arco d'ingresso fu inciso: "Ahi! misero teatro! ahi! fasto umano!". Il cimitero fu consacrato il 28 maggio 1813 da Gualfardo Ridolfi, vescovo di Rimini. La prima sepoltura fu quella di Giuseppe Receputi, un bambino di 25 giorni, il 3 giugno 1813. Il forno crematorio del cimitero fu inaugurato il 19 aprile 2016 e iniziò l'operatività il 21 luglio 2016 insieme a una sala del commiato. Nel gennaio 2019, il cimitero aveva quasi 1.500 posti di sepoltura disponibili, il numero più alto per qualsiasi cimitero a Rimini, seguito da Santa Maria in Cerreto con 226 posti. Il cimitero contiene viali alberati e diverse cappelle nobiliari. I suoi sentieri sono pavimentati in cubi di porfido levigato a martellina. La piazza subito all'interno delle mura del cimitero presenta due triangoli di porfido levigato divisi da una diagonale. A sud, il cimitero è delimitato dalla ferrovia Bologna–Ancona, cosa che ha portato Federico Fellini a descriverlo come uno dei "luoghi meno tetri della città, grazie alla gioiosa presenza del treno che passa nelle vicinanze". Su commissione del comune di Rimini,, Arnaldo Pomodoro ha scolpito il monumento funebre di Fellini all'ingresso del cimitero. Conosciuto come La grande prua, il monumento è un doppio triangolo di bronzo invertito, fissato per un punto stretto al suolo. Prende la forma di una prua di nave sopra un bacino d'acqua, verso il quale l'acqua viene incanalata dal monumento stesso, con il sistema idrico gestito da una stanza tecnica sotterranea. Nelle parole di Matteo Sintini, architetto, la struttura conferisce un drammatico "impulso di verticalità". Il monumento è ispirato ai temi nautici nei film di Fellini Amarcord (1973), ambientato a Rimini, e E la nave va (1983), e descritto da Pomodoro come "tagli[ante] un percorso ideale attraverso la terra, l'acqua, l'aria: per me, rappresenta la grandezza e la vera gloria del lavoro di Fellini". Fellini è sepolto con sua moglie, l'attrice Giulietta Masina, e il loro figlio Pierfederico, morto pochi giorni dopo la nascita. Nel novembre 2019, il bacino d'acqua è stato danneggiato dopo che un uomo di 80 anni di Riccione ha schiantato la sua auto contro il monumento. monumento è stato restaurato nel 2023 dalla Fondazione Pomodoro, con la rimozione delle parti ossidate e il ripristino della patina. Nel gennaio 2020, l'unica copia conosciuta del monumento è stata installata in Piazzetta Lorenzetti, nella località sciistica di Madonna di Campiglio. Il momento funebre di René Gruau consiste in un mosaico con il volto stilizzato di una donna su un cerchio di marmo bianco, con una stele di bronzo che emerge verticalmente dal marmo, contenente la firma di Gruau e sormontata da un asterisco. Il monumento, progettato dall'architetto Pier Luigi Foschi e dall'artista Vittorio d'Augusta, si trova all'ingresso del cimitero, in simmetria con La grande prua. Le ceneri di Gruau e di suo figlio sono state inaugurate dietro al monumento il 31 marzo 2009, dopo essere state precedentemente sepolte in un'altra locazione del cimitero. Svelato nel settembre 2015, il monumento funebre del fotografo riminese Marco Pesaresi è stato progettato da Jader Bonfiglioli, e consiste in un sarcofago di grezze lastre di travertino naturale, su cui si trova una croce di acciaio con un foglio di Plexiglass sull'arto sinistro come simbolo della Sacra Sindone. Pesaresi non è sepolto al cimitero: le sue ceneri sono state sperse nel mare Adriatico. Sulla tomba di Renzo Pasolini sono collocati il casco da motociclista e alcune testimonianze delle sue vittorie. Sulla tomba del sacerdote Giuseppe Maioli si trova una scultura in marmo di Paola Ceccarelli di un uomo con le braccia distese, ispirata a un disegno di Maioli nel giorno della sua ordinazione. Nel settembre 2022 è stata svelata una stele dedicata all'attrice Clara Calamai dietro La grande prua. Amintore Galli (1845–1919), editore musicale, musicologo e compositore Piero Guardigli Bagli (1898–1946), pittore e scultore Marina Polazzi (1892–1965), soprano d'opera Renzo Pasolini (1938–73), pilota di moto Gran Premio Federico Fellini (1920–93), regista Giulietta Masina (1921–94), attrice e moglie di Fellini Vincenzo Muccioli (1934-1995), imprenditore e fondatore della Comunità di San Patrignano Margherita Zoebeli (1912–96), educatore e pedagogista Clara Calamai (1915–98), attrice René Gruau (1909–2004), illustratore di moda Oreste Benzi (1926–2007), sacerdote e fondatore della Associazione comunità Papa Giovanni XXIII Amedeo Montemaggi (1923–2011), storico della Linea Gotica Giuseppe Maioli (1947–2016), sacerdote cattolico associato a Comunione e Liberazione Sergio Zavoli (1923–2020), giornalista documentarista e sportivo e senatore

Castel Sismondo
Castel Sismondo

Castel Sismondo è un castello di Rimini del XV secolo ideato e costruito da Sigismondo Pandolfo Malatesta, a quell'epoca signore di Rimini e Fano. Rimane solo il nucleo centrale del castello intero il quale era originariamente difeso da un ulteriore giro di mura e da un fossato. Castel Sismondo fu costruito per volere di Sigismondo Pandolfo Malatesta a partire dal 1437, in un periodo di grande prosperità per la signoria malatestiana. Fu ideato come fortezza e palazzo al tempo stesso, di grandiose proporzioni, che dovesse rappresentare visivamente il potere e la supremazia del signore sulla città. Sigismondo, celebrato come architetto dell'opera dagli scrittori di corte, fu verosimilmente ispiratore e coordinatore del progetto, per la sua esperienza di condottiero e la grande conoscenza delle arti belliche. Di certo il signore fu affiancato da progettisti ed ebbe la consulenza, poco dopo l'inizio dei lavori, di Filippo Brunelleschi, architetto di grande prestigio chiamato a Rimini nel 1438 per eseguire sopralluoghi nelle principali fortezze della signoria. Alla fabbrica inoltre lavorarono, prima dell'arrivo di Brunelleschi e ancora nel 1454, Cristoforo Foschi e Matteo Nuti. La costruzione della rocca sfruttò in parte strutture preesistenti: un grande complesso fortificato costruito da Galeotto Roberto, fratello di Sigismondo e suo predecessore, case malatestiane duecentesche (forse torri residenziali) e un breve tratto delle mura urbane di età federiciana. Il complesso originario, sorto nella zona denominata Gattolo di Santa Colomba, nel rione Cittadella doveva probabilmente risultare angusto e inadeguato per la corte di Sigismondo. Era costituito da una serie di edifici raccolti intorno ad un torrione centrale, con l'ingresso sulla piazza della cattedrale difeso sulla sinistra da una seconda torre. Lo storico cinquecentesco Baldo Branchi ricorda come il signore avesse proceduto distruggendo gli antichi palazzi e le abitazioni dei suoi avi, ad eccezione del "palazzo maggiore", intorno al quale costruì il nuovo complesso, probabilmente ricavando materiali da costruzione di recupero dalla demolizione delle fabbriche esistenti. Le fortificazioni esistenti furono rafforzate e adattate alle nuove esigenze militari con il rialzamento dei camminamenti e del muro di cinta, la regolarizzazione e l'ampliamento del fossato, la costruzione di nuove torri e, dopo la morte di Sigismondo, con l'edificazione di una seconda cinta, più esterna, aperta da due doppie porte di ingresso, una rivolta verso la città e l'altra verso la campagna. La costruzione iniziò il 20 maggio 1437 alle ore 18.48: il momento della fondazione fu deciso da Sigismondo sulla base di calcoli elaborati con precisione dagli astrologi di corte. Durante i lavori, al fine di creare un'ampia fascia di rispetto intorno al fossato, fu demolito un intero complesso di edifici, tra i quali il battistero di San Giovanni, il convento di Santa Caterina e il vescovado. Per esigenze difensive, inoltre, fu ordinata la demolizione della parte superiore del campanile della cattedrale. I lavori di costruzione del castello durarono circa 15 anni, anche se le iscrizioni apposte sul portale d'ingresso e su alcuni torrioni fanno risalire la sua inaugurazione al 1446; tuttavia taluni lavori si protrassero fino al 1454, ed è possibile che la rocca non sia mai stata compiuta secondo il progetto originario. L'immagine dell'antica grandezza del castello è ricordata in una medaglia celebrativa di Matteo de' Pasti e in un particolare del celebre affresco di Piero della Francesca nel Tempio Malatestiano. La rocca è raffigurata in prospettiva, in modo univoco e coerente con tutte le rappresentazioni dell'epoca, compresa quella del bassorilievo del Cancro nella cappella dei pianeti e dei segni zodiacali: chiusa da una cinta di alte torri all'interno della quale svetta l'imponente mastio. Il declino della signoria malatestiana, alla fine del XV secolo, determinò l'inizio di un lungo periodo di decadenza. Il castello fu destinato unicamente a scopi militari, perdendo definitivamente il carattere di residenza, e fu soggetto a radicali lavori per rispondere alle mutate necessità di difesa dovute al rapido sviluppo delle armi da fuoco. Nel 1503, durante il breve periodo di dominazione veneziana, il castello fu oggetto di un sopralluogo del provveditore Vincenzo Valier, che lo ritenne inadeguato dal punto di vista balistico alle moderne esigenze difensive. Importanti cambiamenti del perimetro murario, come l'introduzione di bastioni poligonali in luogo di quelli quadrangolari del XV secolo, sono documentati dalla più antica planimetria esistente di Castel Sismondo, disegnata nel 1526 da Antonio da Sangallo il giovane. Tra il 1624 e il 1626 Castel Sismondo fu interessato da nuovi restauri e trasformazioni, con l'aggiunta di cannoniere, la demolizione delle sommità delle torri per sistemarvi i mortai, il rialzamento delle quote esterne e la demolizione del rivellino verso la campagna, e assunse il nome di Castel Urbano, in onore del pontefice Urbano VIII. Nello stesso periodo furono ricostruiti i muri di controscarpa e i tetti e furono rinnovati la cappella e i magazzini. Nel 1821 il castello venne adibito a caserma dei carabinieri. L'assetto della fortezza subì nel 1826 ulteriori estese modifiche con la distruzione della cinta e dei baluardi esterni, il riempimento del fossato, la demolizione della terza torre e la costruzione di un magazzino di sale addossato ai bastioni. La rocca fu adibita a caserma, deposito e infine nel 1857 a prigione, funzione che mantenne fino al 1967. In anni recenti Castel Sismondo è stato oggetto di un generale restauro, diretto da Carla Tomasini Pietramellara, che ne ha permesso la fruizione da parte del pubblico, la conservazione e la comprensione delle fasi costruttive. L'accessibilità è stata garantita con l'introduzione di ascensori, passerelle e nuovi corpi scala di disegno contemporaneo all'interno del mastio e dell'ala di Isotta. Nel corso dei lavori sono emerse preesistenze di età romana e altomedievale, tra cui i resti delle mura tardo imperiali (il cui tracciato segue esattamente il fronte sud-occidentale del mastio), una porta e le fondazioni di una torre, che sono stati resi visibili e integrati nella nuova sistemazione dei percorsi e degli spazi espositivi. Dal 2019 sono in corso i lavori per il ripristino di 3 dei 6 metri di profondità del fossato orientale, mentre sul lato occidentale è stata liberata la "corte a mare", lasciata a prato. Castel Sismondo era un complesso di grandiose dimensioni, simile ad una cittadella fortificata, e interamente circondato da un enorme fossato asciutto, al centro del quale scorreva un rigagnolo denominato “fustigata”. Il fossato era predisposto per l'allagamento, che poteva avvenire solo sfruttando particolari sistemi idrici, essendo posto ad un livello superiore rispetto al fiume Marecchia. Il castello era interamente racchiuso da un'alta cinta esterna dall'andamento irregolare, entro la quale si aprivano due grandi spazi aperti: la corte a mare, rivolta verso la città, e la corte del soccorso, verso la campagna. Le due corti comunicavano attraverso una corte minore ricavata all'interno del nucleo centrale del castello, la rocca di mezzo, a sua volta diviso in due corpi di fabbrica principali: il mastio e l'ala di Isotta, collegati ad un livello intermedio tra il primo e il secondo piano attraverso un passaggio coperto. La rocca di mezzo e le due corti erano presidiate ognuna da una propria guarnigione e da un castellano; nel complesso risultano tuttavia scarsi gli alloggi per i soldati, che dovevano essere in numero molto limitato. Roberto Valturio, nel suo trattato De re militari, magnificò il castello ricordandone le enormi dimensioni (350 passi), la grandiosità delle scarpe, paragonate a piramidi, il numero di finestre (160), torri (6, alte 80 piedi) e ponti (4), l'ampiezza del cammino di ronda, la complessità dell'articolazione e l'imponenza dei terrapieni. Lo storico ne celebrò la bellezza architettonica e la solidità di fortificazione militare, riconoscendo il castello non solo come fondamentale difesa per la città, ma come motivo di ammirazione per l'Italia intera. È nota attraverso i documenti storici l'esistenza di passaggi sotterranei percorribili a cavallo che comunicavano direttamente con l'esterno e di trabocchetti con pozzi a rasoio, utilizzati con efferatezza dal nipote di Sigismondo, Pandolfo IV, detto “Pandolfaccio”. Egli era solito condurre gli sventurati innanzi ad un'immagine della Vergine dipinta sul muro, in un punto in cui nel pavimento si apriva, al di sotto di una tavola di legno, una profonda fossa dalle pareti ricoperte di ferri acuminati. La rocca era caratterizzata all'esterno da una vivace policromia, creata con intonaci dai colori araldici malatestiani (verde, rosso e bianco), testimoniati da scritti del XV secolo, dalla rappresentazione di Piero della Francesca nell'affresco al Tempio Malatestiano e da tracce di velature rosse rinvenute tra i beccatelli sulla torre portaia. Le forme architettoniche, le soluzioni spaziali degli interni e le scelte decorative volute da Sigismondo per il castello appartengono ancora pienamente al gusto del gotico cortese internazionale. L'impianto generale di Castel Sismondo ha invece carattere di assoluta modernità per l'epoca e rappresenta la realizzazione di un'operazione concettuale che anticipa le teorizzazioni di Francesco di Giorgio Martini sulle nuove tecniche militari. Castel Sismondo è stato considerato il primo castello moderno per l'impianto vagamente stellare rafforzato da torri protese verso l'esterno. La grande conoscenza del Malatesta dell'arte militare del tempo e delle nuove artiglierie, permise la commissione di una struttura fortificata alla moderna, capace cioè di resistere alla forza distruttrice delle armi da fuoco. Le cortine infatti, sono molto più robuste del solito e gli stessi grandi torrioni quadrangolari accoglievano al loro interno un cannone in bronzo ciascuno. Come nel Tempio Malatestiano, anche nel castello convivono elementi architettonici e decorativi discordanti, testimoni della transizione avvenuta nella prima metà del XV secolo tra la tradizione medievale e la cultura nuova del Rinascimento. La corte a mare, costruita da Sigismondo davanti al fronte principale della rocca, era circondata da grandi bastioni poligonali. Dal punto di vista dell'arte bellica era una “falsa braga”, utilizzata per la difesa radente per rendere difficile l'attacco diretto alle torri della cinta interna. La corte fu distrutta insieme alla cinta esterna nel XIX secolo e di essa non restano tracce, essendo stato colmato il fossato che ne definiva il perimetro. L'ingresso alla corte a mare avveniva tramite una torre portaia dotata di due porte, una carrabile a sinistra ed una pedonale a destra, preceduta da due ingressi difesi e due ponti levatoi. La corte del soccorso, più antica e tuttora esistente, è una vasta spianata erbosa di forma trapezoidale irregolare, e costituiva originariamente una vera e propria piazza d'armi. È chiusa su lato sud-occidentale da un tratto delle mura urbane e su quello occidentale da un breve tratto di mura che si collega alla quarta torre. Sugli altri lati si affacciano il fronte posteriore del mastio, caratterizzato da un'imponente scarpa, e quello dell'ala di Isotta. Il muro sud-occidentale ha perduto interamente il cammino di ronda sommitale ed è interrotto al centro dalla breccia dell'ingresso posteriore, corrispondente alla distrutta torre portaia, che metteva in comunicazione la corte con la campagna circostante. Questo fronte della rocca era difeso esternamente da un rivellino, ma era ritenuto più sicuro degli altri perché circondato da terreno acquitrinoso. La rocca di mezzo ha una pianta irregolare ed è chiusa da un giro di bastioni a scarpa rafforzati agli angoli da quattro torri quadrangolari (esisteva anche una quinta torre, posta all'angolo nord-occidentale del palazzo d'Isotta). I torrioni sono tutti rivolti verso la città e si affiancano a vicenda, tenendo sotto tiro tutte le direzioni d'accesso e creando un sistema difensivo con punti di tiro e di osservazione efficace contro le armi da fuoco. La disposizione delle torri accredita la tesi che il castello sia stato costruito sostanzialmente per difendere il signore dalle eventuali rivolte dei sudditi prima ancora che per difendere la città dai nemici esterni. Le prime due torri serrano il corpo di ingresso; quella di sinistra, più bassa, è rafforzata da un riempimento di terra che ne occupa tutto il livello inferiore; la torre di destra (torre maggiore), più alta e in posizione più esterna, fungeva da torre scalare, ed ha al suo interno una scalone elicoidale che conduce ai piani superiori del mastio. La terza torre, distrutta, è riconoscibile in parte nell'andamento planimetrico di un bastione proteso verso la piazza, mentre la quarta torre si affaccia sul lato settentrionale. Tutte le torri sono ornate nella parte superiore da stemmi malatestiani. Sulle murature dei bastioni e sulle torri, a coronamento della scarpa, corre una fascia marcapiano in formelle in maiolica smaltata decorate con la rosa quadripetala, antica decorazione araldica malatestiana. L'ingresso verso la città avviene tramite un portale gotico, ad arco acuto, con stipiti e ghiera realizzati in conci marmorei disposti in modo classico. Sopra al portale è posta un'epigrafe dedicatoria con un solenne testo in latino scolpito in caratteri lapidari classici, nel quale si afferma che Sigismondo eresse l'edificio dalle fondamenta nel 1446 (nonostante la rocca non fosse stata costruita ex novo), a decoro dei riminesi, e stabilì che venisse chiamato con il suo nome:"SIGISMUNDUS PANDULFUS MALATESTA PAN F. MOLEM HANC, ARIMINENSIUM DECUS, NOVAM A FUNDAMENTIS EREXIT, CONSTRUXIT QUE A.C. CASTELLUM SUO NOMINE SISMUNDUM, APPELLARI CENSUIT MCCCCXLVI". L'epigrafe, così come le due identiche poste sul lato meridionale dell'ala d'Isotta e sulla quarta torre, ha proporzioni e caratteri espressamente rinascimentali; non sembra coeva alla costruzione delle mura ed è stata interpretata come un segno della svolta introdotta da Leon Battista Alberti nel gusto della corte malatestiana. Sull'ingresso è posto un grande stemma costituito da uno scudo con bande a scacchi, simbolo dei Malatesta, sormontato da un cimiero a testa d'elefante crestato e da una rosa quadripetala. Ai lati dello stemma è celebrato, in caratteri gotici rilevati, il nome del signore di Rimini: Sigismondo Pandolfo. Questo goticismo stilistico ci riporta all'ambiente di Venezia, città che rimase sempre legata al Malatesta, essendo stato Sigismondo capitano di ventura delle truppe della Serenissima. La torre d'ingresso è conclusa in sommità da una bertesca su archetti sormontata da un coronamento rastremato. Il “palazzo di Isotta” potrebbe essere stato edificato per volere di Sigismondo come un'ala residenziale temporanea, che avrebbe dovuto ospitare la corte durante i lavori per la costruzione del mastio, oppure, secondo un'ipotesi alternativa, come residenza per la giovane amante e poi terza moglie. L'ala d'Isotta ha una pianta rettangolare e si sviluppa su tre piani, organizzati secondo uno schema distributivo molto diffuso nei castelli europei, entro muri perimetrali di eccezionale spessore (fino a tre metri). In origine il piano terra ospitava gli ambienti di rappresentanza: la sala di ricevimento e la cappella, dalla quale una scala conduceva al primo piano, dove erano gli ambienti privati (la camera e il salotto). Una seconda scala era riservata al personale di servizio e conduceva alla terrazza sommitale senza interferire con gli appartamenti signorili. Il grande ambiente dei magazzini al piano interrato, aperto da poche e piccole finestre nello spessore della muratura, comunica tramite una breve scala con uno spazio esterno rialzato ricavato sul lato sud-orientale del castello. La sistemazione attuale dello spazio interno, che fu sede del Museo delle culture extraeuropee “Dinz Rialto” tra il 1988 e il 2000, si deve ai moderni interventi di restauro. Nel passaggio che mette in comunicazione l'ala d'Isotta con l'edificio di mezzo della corte interna è riconoscibile in planimetria la torre di età romana in corrispondenza della quale il tracciato dell'antica cinta muraria cambiava direzione. Il fronte meridionale dell'edificio, quasi interamente chiuso, presenta al livello inferiore un'iscrizione dedicatoria in latino, identica a quella dell'ingresso principale, e al primo piano una serie di mensole in pietra d'Istria su beccatelli in aggetto, che dovevano sorreggere una grande balconata coperta. Il pavimento della balconata era probabilmente realizzato in lastre di pietra d'Istria, mentre la copertura era costituita da un manto di coppi su tavole. Nella parte superiore della facciata corre una scossalina, sotto alla quale sono visibili i fori che fungevano da sostegno per le travi della copertura. L'edificio è addossato a sud-ovest a una torre d'angolo preesistente, alla base della quale è leggibile un tratto della cinta muraria urbana, mentre si apre con una serie di finestre sul lato della corte del soccorso. Il mastio si innalza su un grande basamento a scarpa, protetto da poderosi terrapieni perimetrali spessi fino a otto metri, costituiti da due distinti paramenti laterizi collegati da setti murari, che fungevano da consolidamento statico e consentivano di fronteggiare i colpi delle armi da fuoco. L'ingresso al mastio avviene attraverso un grande portale a sesto acuto, sotto la cui arcata è posto uno stemma raffigurante lo scudo a scacchi e, ai lati, la scritta “Sigismondo Pandolfo”, analoga a quella dell'ingresso principale al castello. Il portale immette in un piccolo cortile coperto, che comunica attraverso un passaggio con la torre scalare. Il piano terra, ricavato dalla trasformazione di un preesistente palazzo malatestiano, costituiva un enorme basamento per il nuovo palazzo “pensile” voluto da Sigismondo, forse mai completato o forse demolito nei secoli successivi. Questo livello del grande edificio, sistemato in un secondo momento con lo svuotamento del terrapieno artificiale, ospita un grande salone a doppia altezza adiacente alla corte, con volte a botte su pilastri, e una serie di ambienti di servizio – il pozzo, la cucina, la cantina e i magazzini – sul lato verso la piazza. Al piano terra e al piano ammezzato sono visibili resti delle preesistenti case malatestiane risalenti al XIII-XIV secolo. Le sale del primo piano, al quale si accede percorrendo lo scalone della torre maggiore, ospitavano l'abitazione del castellano, la polveriera, un grande guardaroba per i signori ed un magazzino. Il secondo piano o piano nobile, sede dell'appartamento signorile, rappresentava un significativo esempio di integrazione tra una dimora nobiliare ed una complessa struttura fortificata. Il settore del mastio prossimo al passaggio coperto di collegamento con l'ala d'Isotta ospitava l'appartamento di Sigismondo e doveva essere un punto fondamentale per tutto il sistema fortificato, per la posizione strategica da cui era possibile sorvegliare sia l'interno che l'esterno del castello. Sempre al secondo piano si trovavano la camera dei genevieri, l'armeria di Sigismondo e altre camere; al terzo ed ultimo livello erano sistemati due depositi di armi ed una stanza forse adibita a cancelleria del principe. Sul lato del palazzo rivolto verso la città, sorretto dal terrapieno, si estendeva una spianata sommitale destinata all'artiglieria pesante, elemento di grande novità per l'architettura militare dell'epoca. Gli ambienti interni del mastio avevano nomi caratteristici, forse derivati dalle pitture murali che le ornavano: sono ricordate, nell'inventario di Isotta degli Atti redatto alla morte di Sigismondo, la camera delle grillande, la camera del crocifisso (forse identificabile con la cappella), la camera di mezzo, la camera senza letto, la camera della pianchetta, la sala della morte, la sala grande e la camera dei genevieri. Le austere sale che costituivano la residenza del signore e della sua corte erano arredate con mobili, armi, tessuti e stendardi, e custodivano libri, sculture, quadri e maioliche. L'intero patrimonio andò perduto con la fine della dinastia malatestiana e la definitiva trasformazione del castello in fortezza militare. Revolutions 1989-2019: L’arte del mondo nuovo – 30 anni dopo, a cura di Luca Beatrice (6 luglio 2019 - 25 agosto 2019). Maurizio Biordi, Pier Luigi Foschi, Museo delle culture extraeuropee “Dinz Rialto”, Rimini, Provincia di Rimini, 1995. 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Chiesa di San Giuliano Martire (Rimini)
Chiesa di San Giuliano Martire (Rimini)

La chiesa di San Giuliano è un luogo di culto cattolico di Rimini, situato al centro dell'omonimo Borgo San Giuliano. La chiesa, tra le più importanti della città, è frutto di un restauro operato alla metà del Cinquecento sull'antica struttura dell'XI secolo ed è pertanto caratterizzato da una sobria e regolare architettura rinascimentale. Contiene importati opere fra le quali spiccano un polittico di Bittino da Faenza ed una tela di Paolo Veronese. Le prime informazioni sulla chiesa risalgono all'XI secolo: in quel periodo, la chiesa fa parte di un'abbazia benedettina dedicata ai Santi Pietro e Paolo, costruito sopra un tempio Gentile. Il complesso, oltretutto, era stato fondato nelle vicinanze di un'importante strada consolare, la Via Emilia, che rendeva il luogo ideale per l'insediamento di un monastero. Ben presto, attorno all'abbazia si sviluppa un centro abitato, quello che oggi è ancora il Borgo di San Giuliano, sulla sponda occidentale del fiume Marecchia. Durante il Medioevo la chiesa doveva presentarsi a tre navate e caratterizzata dalle tecniche costruttive e architettoniche del romanico. Nel Duecento, inoltre, assume la dedica a San Giuliano, in corrispondenza della diffusione del culto del Santo. Fra il 1553 e il 1575, ormai diventato il fulcro religioso più importante della città, il monastero, assieme alla chiesa, viene restaurato e in parte ricostruito. La chiesa assume l'aspetto ancora visibile oggi, a navata unica. Per quanto riguarda il monastero, invece, scavi archeologici della seconda metà del Novecento hanno portato alla luce resti del portico e della pavimentazione dell'antico chiostro, tuttora visibili nell'annesso Cinema Tiberio, insieme ad alcune sepolture di una necropoli che occupava il sito precedentemente alla fondazione dell'abbazia. All'esterno, la chiesa si presenta con la veste classica e sobria assunta nei restauri di metà Cinquecento. Il prospetto, molto piatto e lineare, è caratterizzato da quattro paraste di ordine tuscanico che lo attraversano completamente e sostengono, in alto, una trabeazione a metope e triglifi su cui poggia un frontone triangolare. Le quattro paraste, inoltre, non sono equidistanti ma un più separate al centro, cosicché lo spazio centrale risulta essere più largo. In questa zona sono inseriti un portale, in basso, e una bifora in alto. Il portale, inoltre, è decorato da un ulteriore frontone triangolare come coronamento, mentre altre due finestre si aprono, sulla stessa linea del portale, negli spazi tra le due coppie di paraste. A sinistra della facciata, un poco più arretrato, si erge il campanile in mattoni. Internamente, la chiesa è a navata unica, con presbiterio e abside di fondo. Le pareti presentano ancora un motivo unitario di lesene di ordine tuscanico, fra le quali si sviluppano delle arcate che incorniciano le cappelle laterali incavate, per un totale di quattro cappelle per lato. Le cappelle ospitano vari altari, fra i quali molti sono stati aggiunti nel Seicento. Sulle lesene poggia poi una trabeazione sulla quale si imposta una lunga volta a botte di copertura. Dopo l'Arco Santo, un'ulteriore volta a botte copre il presbiterio e si conclude con una semi-cupola emisferica che copre l'abside. La chiesa di San Giuliano contiene numerosi dipinti, fra i quali ne spiccano due di notevole pregio. Il primo è il polittico di Bittino da Faenza con le Storie di San Giuliano, opera risalente ad inizio del Quattrocento conservata nella terza cappella a sinistra, il secondo è la pala centrale dell'abside, il Martirio di San Giuliano (prima del 1583), ritenuta una delle ultime, e più significative, opere di Paolo Veronese. Nella tela è raffigurato il martirio del Santo, che viene gettato in mare dentro un sacco pieno di serpenti. I laterali, che raffigurano i santi Giorgio e Lorenzo Giustiniani, sono opere giovanili del veronese Pasquale Ottino (eseguite fra il 1605 e il 1610 circa). Sul soffitto vi è dipinta una Gloria di San Giuliano, opera di Francesco Brici. Nella chiesa è anche conservato il sarcofago romano che conteneva le spoglie di San Giuliano prima del loro trasferimento, nel 1910, in un'urna posta sotto l'altare maggiore. La tradizione vorrebbe che il sarcofago, contenente le spoglie del Santo, sarebbe addirittura approdato sulla spiaggia di Rimini dalla Dalmazia o dalla Cilicia. Sulla cantoria a ridosso della parete destra dell'abside, si trova l'organo a canne Pinchi opus 404, costruito nel 1995 in stile secentesco; esso è alloggiato all'interno di una preesistente cassa lignea barocca, appartenente all'organo realizzato nel 1621 da Giovanni Battista Sormani. Lo strumento è attuale è a trasmissione integralmente meccanica, con 7 registri; la consolle è a finestra e dispone di unico manuale con prima ottava scavezza e pedaliera scavezza a leggio priva di registri propri. P. Cannata, Giuliano (santo), venerato a Rimini, in Bibliotheca Sanctorum, vol. VI, Roma 1965, col. 1213. Belmonte Cagnoli, La vita di san Giuliano martire in Anazarbe. Il suo corpo riposa in Rimini, in Venetia: appresso Antonio Pinelli, 1622 Giuseppe Gerola, La ricognizione della tomba di San Giuliano in Rimini , in "Bollettino d'Arte, Roma, 1911 Gino Ravaioli, Le particolarità stilistiche del Polittico Bitiniano, Forlì 1931 Giulio Cesare Mengozzi, San Giuliano e Rimini: tradizione culto ed arte, Rimini 1966 Davide Dossi, La giovinezza dell'Ottino e un dipinto inedito, in Proporzioni, 7/8, 2006/07 (2009), pp. 67–80. Federico Fellini e Renzo Renzi, La mia Rimini, Cappelli, 1967. Rimini Diocesi di Rimini Parrocchie della diocesi di Rimini Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Giuliano Martire Visuale a 360° esplorabile dell'interno della chiesa sul sito riminibeach.it, su riminibeach.it. URL consultato il 25 settembre 2010 (archiviato dall'url originale il 23 giugno 2010). Giuseppe Gerola, La ricognizione della tomba di S. Giuliano in Rimini, Bollettino d'Arte, 3-4, 1911

Viserba
Viserba

Viserba è la più importante frazione a nord di Rimini. Situata sulla costa del mare Adriatico, conta 8 556 abitanti. Situata a 4,07 km a nord dal centro storico di Rimini, Viserba si sviluppa principalmente lungo il litorale con una lunghezza complessiva di 3 km, in una zona pianeggiante divisa in "Viserba mare" e "Viserba monte". A nord-ovest confina con Viserbella, a sud-est con Rivabella, mentre nell'entroterra con San Martino in Riparotta; sono tutte frazioni di Rimini. In seguito alla costruzione della consolare Popilia (132 a.C.), oggi nota come via Romea, la zona, bonificata dagli acquitrini, fu suddivisa con il sistema della centuriazione, particolarmente adatta per gli ortaggi, grazie al terreno alluvionale prodotto dalle esondazioni del vicino fiume Marecchia, nonché per la presenza di alcune fonti superficiali. Da qui una possibile origine della denominazione, ovvero da vis herbae, per l'abbondanza, rigogliosità e vigore dell'erba, o dal carro chiamato veherba, ossia “trasportatore di erba”, usato per i mercati di erbe locali. Con la crisi dell'impero Romano, le invasioni barbariche crearono grandi difficoltà agli insediamenti, come per la coltivazione. La zona ritornò lentamente a carattere acquitrinoso, sia per il progressivo abbandono della manutenzione dei campi e della rete idrografica (cura degli argini, dei canali, ecc.), sia per l'aumento della piovosità, culminato nel X secolo col cambio dell'alveo del Marecchia, il quale produsse un ramo che sfociava sulla spiaggia di Viserba. La zona fu ribonificata dai monaci benedettini della Basilica di San Vitale a Ravenna. Forse a questo periodo è da attribuire l'ultima possibile origine del toponimo, ovvero fundus viserbae, nel senso di via acerba, cioè una strada aspra, difficoltosa. La denominazione della locale fonte Sacramora è dovuta al presunto luogo di ritrovamento (Sacra dimora) del corpo di San Giuliano Martire. Nel XII secolo, lungo la strada della Sacramora si correva il palio per onorare San Giuliano. Secondo il regolamento, contenuto nel codice Torsani (in cui, nel XV secolo, furono trascritti gli statuti trecenteschi di Rimini), il 22 giugno (giorno della sua festa) l'ufficialità municipale si recava a pregare nel relativo Santuario; successivamente si teneva il palio, per il quale i cavalli correvano dal ponte di Viserba a piazza Tre martiri, dove vi era il traguardo, posto dalla parte di Porta S. Genesio (arco d’Augusto), circa all'altezza della chiesa dei Paolotti. Un rilevante complesso di archeologia industriale fu la Corderia, già attiva nel XIX secolo, vasto opificio che utilizzava le acque della Fossa Viserba. Tra il 1840 e il 1850 fu realizzato un impianto di pillatura per il riso azionato da un mulino idraulico. Poco dopo il 1870, con l'aggiunta di un capannone di 240 metri, la struttura fu adattata per la torcitura della canapa. L'approvazione del piano particolareggiato nel 2011 ha permesso la demolizione della corderia nel 2016 e la conversione dell'area a edilizia residenziale e a verde attrezzato a partire dal 2022. Attorno al 1885, l'ingegnere bolognese Giambattista Bavassano, compresi alcuni capomastri della zona (fra i quali il costruttore riminese Sante Polazzi), cominciano a intravedere la possibilità di sfruttare la crescente diffusione della talassoterapia (il primo stabilimento balneare, a Rimini, fu aperto nel 1848) e della villeggiatura litoranea, iniziando a costruire villini per la facoltosa ed emergente borghesia, e facendosi promotori dello sviluppo urbanistico e viario, tuttora esistente, tra via della Sacramora e il nuovo tracciato della Romea (più a nord). Tra i villini si ricorda quello edificato nel 1892 da Luigi Graziosi, di Santarcangelo, che funse da prototipo per l'architettura gentilizia della zona litoranea. Nel 1909, a Viserba fu costruita una stazione ferroviaria, ubicata sulla linea Rimini-Ravenna-Ferrara, costruita a partire dal 1889, la quale diede un ulteriore impulso allo sviluppo del luogo, nel frattempo impreziositosi di diversi villini. Sopravvissuta è Villa Bonci, residenza del grande tenore cesenate Alessandro Bonci, rivale del celebre Enrico Caruso. In aggiunta alla chiesa di Santa Maria Vergine, a Viserba monte, e della chiesa di San Vicinio, nel 1908, in luogo di una vecchia cappella (alle dipendenze del parroco della vicina San Martino in Riparotta), si iniziò la costruzione della chiesa di Santa Maria a Mare, la cui edificazione, su disegno dell'ing. Ballarini, fu portata a termine nel 1910, per poi essere espansa dall'architetto Meloncelli nel 1929. La nuova chiesa parrocchiale di Santa Maria in Viserba Mare voluta dall'allora parroco don Antonio Fillini e realizzata dall'architetto Luigi Fonti tra il 1968 e il 1971, è sorta sull'area della precedente chiesa e contiene diverse opere a smalto e a sbalzo su rame di Ettore Paganini. L'edificio è dominato da una grande cuspide piramidale e base quadrata in cemento armato che funge da campanile, e sovrasta la chiesa a pianta rettangolare. Nel 1881 Viserba contava 796 abitanti, dei quali 86 nel borgo posto lungo la consolare Romea, e i restanti sparsi nelle campagne. Nel 1936 erano già 3150 e nel 1950 divennero 5 123. Il numero degli abitanti, 8 556 nel 2010, sale a 9 937 considerando anche la zona artigianale Viserba monte, e a 18 886, in un'area di 4,78 km², comprendendo le frazioni Rivabella, Viserbella, San Martino in Riparotta, Orsoleto e Case nuove. Viserba è servita dalla stazione di Rimini Viserba, situata sulla linea Ferrara-Rimini, inaugurata nella seconda metà dell'Ottocento. Nel 2011 si è svolta una raccolta firme per indire un referendum sulla separazione di Viserba da Rimini, quale Comune autonomo. Delle 5.000 firme necessarie ne sono state raccolte 4.908. Nella disciplina basket, Viserba è rappresentata dalla Pallacanestro Taz Viserba, società amatoriale fondata nel 2002, partecipante al Campionato amatoriale NBU organizzato dalla Uisp Rimini. A livello pallavolistico, la squadra femminile di rappresentanza è la Greenline Pretelli Viserba, promossa per la prima volta in A2 nel campionato 2012/2013. Il 21 maggio 2015 nasce ufficialmente la società di calcio a 5 A.S.D. Solaris Viserba Futsal], che partecipa per la prima volta nell'anno 2014/2015 al campionato FIGC di serie D. Viserba è la città natale di Marco Bezzecchi, pilota del campionato mondiale MotoGP con il team Mooney VR46 Racing Team. Stazione di Rimini Viserba Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Viserba Riviera di Rimini informazioni turistiche Associazione Ippocampo laboratorio umano delle memorie