place

Casa di Marco Lucrezio

Domus di PompeiPagine con mappeScoperte archeologiche nel 1846
Casa di Marco Lucrezio 1
Casa di Marco Lucrezio 1

La casa di Marco Lucrezio è una casa di epoca romana, sepolta durante l'eruzione del Vesuvio del 79 e ritrovata a seguito degli scavi archeologici dell'antica Pompei: chiamata anche casa delle Suonatrici, deve il suo nome a quello del presunto proprietario, ossia Marco Lucrezio.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Casa di Marco Lucrezio (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Casa di Marco Lucrezio
Via Minutella,

Coordinate geografiche (GPS) Indirizzo Luoghi vicini
placeMostra sulla mappa

Wikipedia: Casa di Marco LucrezioContinua a leggere su Wikipedia

Coordinate geografiche (GPS)

Latitudine Longitudine
N 40.751 ° E 14.4869 °
placeMostra sulla mappa

Indirizzo

Scavi archeologici di Pompei

Via Minutella
80045
Campania, Italia
mapAprire su Google Maps

Casa di Marco Lucrezio 1
Casa di Marco Lucrezio 1
Condividere l'esperienza

Luoghi vicini

Casa di Orfeo
Casa di Orfeo

La casa di Orfeo è una casa di epoca romana, sepolta durante l'eruzione del Vesuvio del 79 e ritrovata a seguito degli scavi archeologici dell'antica Pompei: è così chiamata perché al suo interno si conserva un affresco raffigurante Orfeo. Così come il resto degli edifici di Pompei, anche la casa di Orfeo fu sepolta sotto una coltre di ceneri e lapilli durante l'eruzione vesuviana del 79; venne riportata alla luce durante gli scavi di epoca borbonica nel 1834 ed esplorata poi nuovamente nel 1874. La casa presentava al momento dello scavo, sulle mura esterne, diverse iscrizioni elettorali, che riportavano il nome del proprietario, Vesonius Primus, a cui apparteneva anche una vicina fullonica; superato l'ingresso si accede all'atrio, con impluvium in marmo e fontana e resti di stucco alle pareti, in larga parte andati perduti a seguito delle vibrazioni causate dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale: in questo ambiente, tra l'apertura del tablino e del corridoio, venne anche ritrovata un'erma in marmo, raffigurante Vesonius Primus, conservata all'antiquarium di Pompei. Nell'atrio fu inoltre realizzato il calco di un cane, conservato anch'esso all'antiquarium, rimasto intrappolato durante l'eruzione poiché legato al guinzaglio e morto soffocato: la colata di gesso, oltre alla drammaticità dell'espressione dell'animale, ha permesso di accertare la presenza di un collare in cuoio con due anelli in bronzo. Intorno all'atrio si aprono diversi cubicoli, dove anche in questo caso si conservano diverse decorazioni parietali in stucco: in particolare in uno è stato rinvenuto, il 23 febbraio 1875, un mosaico pavimentale raffigurante un cane, staccato e conservato al museo archeologico nazionale di Napoli; opera simile fu scoperta in una stanza attigua. Segue quindi il tablino, con tracce di pavimentazione a mosaico a forme geometriche con tessere in bianco e nero e poi il peristilio, formato da otto colonne stuccate e scanalate nella parte alta, disposte su due lati: nel giardino, oltre ad una nicchia, all'interno della quale venne ritrovata una statuetta in bronzo rappresentante Giove con in mano un fulmine, si conserva, ad una parete, l'affresco che dà il nome alla casa, rinvenuto il 20 novembre 1874, l'unico con tale soggetto conservato a Pompei, ossia quello di Orfeo mentre suona la lira circondato da diversi animali come un leone, una pantera, un cinghiale, una lepre, diversi uccelli e anche dei medaglioni con all'interno delle figure umane. Sul giardino affacciano diversi ambienti tra cui due triclini, uno con un affresco di un paesaggio, con intorno figure naturali e animali e l'altro con un affresco di un paesaggio di montagna, ancora visibile al momento dello scavo, ma poi quasi del tutto scomparso a causa del cattivo stato di conservazione ed una stanza, con pavimento a mosaico a motivi geometrici, che su una parete presenta un affresco tripartito con ai lati elementi architettonici ed al centro la raffigurazione di Cupido: nella stessa sala, sull'architrave, si osserva un uccello che mangia frutta. La casa era dotata anche di un piano superiore, crollato a seguito dell'eruzione e di cui resta solo la base della scala d'accesso. Arnold De Vos e Mariette De Vos, Pompei, Ercolano, Stabia, Roma, Editori Laterza, 1982, ISBN non esistente. Regio VI degli scavi archeologici di Pompei Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla casa di Orfeo (IT, EN) Soprintendenza speciale per i Beni archeologici di Napoli e Pompei - Sito ufficiale, su pompeiisites.org.

Casa di Lucio Cecilio Giocondo
Casa di Lucio Cecilio Giocondo

La casa di Lucio Cecilio Giocondo è una casa di epoca romana, sepolta durante l'eruzione del Vesuvio del 79 e ritrovata a seguito degli scavi archeologici dell'antica Pompei. La casa fu costruita tra la fine del III e l'inizio del II secolo a.C. e subì nel corso degli anni piccoli rifacimenti: rimasta danneggiata durante il terremoto di Pompei del 62, fu ristrutturata dall'allora proprietario, il banchiere Lucio Cecilio Giocondo, dal quale prende il nome; seppellita sotto una coltre di ceneri e lapilli a seguito dell'eruzione del Vesuvio nel 79, fu rinvenuta grazie agli scavi borbonici nel 1844 ed esplorata nuovamente nel 1875. Durante il corso della seconda guerra mondiale fu leggermente danneggiata dai bombardamenti americani: al termine del conflitto fu infatti necessario riposizionare le tegole del tetto, riordinare le colonne del peristilio e ripulire la pavimentazione dalla caduta di alcuni calcinacci. La Casa di Lucio Cecilio Giocondo è interamente realizzata in opera a telaio di calcare di Sarno, con l'utilizzo del tufo nelle parti decorative: la grande abilità del proprietario, Lucio Cecilio Giocondo, di saper svolgere il suo lavoro, ossia quello di banchiere, portò ad una grossa quantità di guadagni e ciò si nota nel grande sfarzo della sua casa. L'ingresso si affaccia direttamente su Via del Vesuvio e due grossi pilastri, sui quali al momento dello scavo furono rinvenute diverse iscrizioni elettorali: ai lati dell'entrata si aprono due botteghe. Superato il vestibolo nel quale è conservato un mosaico pavimentale raffigurante un cane, si accede all'atrio, con impluvium centrale contornato da un mosaico a figure geometriche mentre nel resto dell'ambiente la pavimentazione è in cocciopesto con inserti di marmi colorati; nell'angolo nord-ovest si trova un larario decorato in marmo: in particolare la parte superiore della base era caratterizzata da due bassorilievi che rappresentavo i danni provocati dal terremoto del 62, ossia il crollo di Porta Vesuvio, andato rubato, e i danneggiamenti al Tempio di Giove, conservato al museo archeologico nazionale di Napoli; tali opere furono eseguite molto probabilmente in segno di espiazione verso gli dei irati o, ipotesi meno accreditata, questi bassorilievi furono eseguiti in segno di ringraziamento verso gli dei i quali, provocando il terremoto, avevano permesso l'arricchimento di Cecilio Giocondo, che aveva speculato sulle disgrazie altrui. Intorno all'atrio si aprono diversi cubicoli, in alcuni dei quali si è conservata sia la pavimentazione con disegni a mosaico, sia decorazioni parietali, anche se alcune raffigurazioni sono andate in parte andate perdute come il dipinto di Ulisse e Penelope e una scena teatrale. Sull'atrio si apre il tablino, di notevoli dimensioni, forse utilizzato dal proprietario per esercitare la sua professione: ai lati degli stipiti d'ingresso sono presenti due colonnine sulle quali erano poste due erme, in particolare quella a sinistra sosteneva una testa in bronzo raffigurante o lo zio o il padre di Cecilio Giocondo, dono del liberto Felix, così come attestato dall'iscrizione incisa sul pilastro: Su quella destra invece era posizionata una testa in oro, andata distrutta durante le esplorazioni. Il tablino conserva intatta la pavimentazione a mosaico con al centro un disegno geometrico, mentre alle pareti sono affreschi in terzo stile che originariamente erano color cinabro, poggiati su un fondo ocra, di cui oggi rimane solo quest'ultimo colore: su ambo i lati i pannelli decorativi sono divisi in tre scomparti, simili a tappeti, ornati con elementi vegetali; la parete di destra presentava al centro di ogni scomparto quadretti raffiguranti un Satiro che abbraccia una Menade, Ifigenia in Tauride e una Menade con Cupido, tutti staccati e conservati al museo archeologico di Napoli, mentre sul lato sinistro sono ancora in loco l'affresco di un Satiro con Menade, una raffigurazione incerta, probabilmente rappresentate il ritorno di Ettore cadavere ed ancora un Satiro con Menade. Superato il tablino si accede al peristilio, che ha conservato intatto il colonnato, una fontana con vasca in marmo, diversi graffiti ed un affresco erotico ed uno di grande animale: al centro di questo ambiente è il giardino, mentre intorno si aprono diversi ambienti come il triclinio con resti delle decorazioni parietali: in particolar modo sono visibili dei medaglioni con volti di donna, un grande quadretto, rovinato dal tempo, raffigurante Paride fra tre dee, e Teseo che abbandona Arianna, in questo caso staccato dalla sua collocazione originale; anche questi pannelli presentano una parte centrale in giallo ocra e una zoccolatura in rosso. Altri ambienti conservano scarsi resti degli intonaci e degna di note è l'esedra con nicchia utilizzata come larario ed un tavolo in marmo: nei pressi di questa sala, a causa del crollo durante l'eruzione del piano superiore fu ritrovato, tra il 3 ed il 5 luglio 1875, un piccolo forziere contenente centocinquantaquattro tavolette cerate, che riportavano la somma degli affitti riscossi e le quote versate per l'acquisto di proprietà: la datazione di questi documenti va dal 52 al 62, dopodiché si pensa che il banchiere si ritirò a vita privata dedicandosi ad opere religiose. Una scala conduceva ad una cantina sotterranea, nella quale si riconoscono degli affreschi con disegni di elementi naturali. Maria Antonietta Bonaventura e Andrea Tosolini, Pompei ricostruita, Roma, Archeolibri, 2007, ISBN 978-88-95512-22-8. Arnold De Vos e Mariette De Vos, Pompei, Ercolano, Stabia, Roma, Editori Laterza, 1982, ISBN non esistente. Amedeo Maiuri, Pompei ed Ercolano: fra case e abitanti, Milano, Giunti Editore, 1998, ISBN 978-88-09213-95-1. Regio V degli scavi archeologici di Pompei Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla casa di Lucio Cecilio Giocondo (IT, EN) Soprintendenza archeologica di Pompei - Sito ufficiale, su pompeiisites.org.

Casa di Marco Lucrezio Frontone
Casa di Marco Lucrezio Frontone

La casa di Marco Lucrezio Frontone è una casa di epoca romana, sepolta durante l'eruzione del Vesuvio del 79 e ritrovata a seguito degli scavi archeologici dell'antica Pompei: è una delle case ad atrio più raffinate della città. La casa di Marco Lucrezio Frontone venne costruita nel II secolo a.C., ma fu durante il periodo augusteo, nell'arco di tempo compreso tra la fine del I secolo a.C. e l'inizio del I secolo, che venne ampliata e decorata. Era probabilmente abitata da una delle famiglie più potenti di Pompei, appartenendo a Marco Lucrezio Frontone, secondo alcuni un parente di Tito Lucrezio Caro: questo era un uomo politico, candidato alle maggiori cariche pubbliche cittadine, come edile, duoviro e quinquennale; a sostegno dell'ipotesi sul proprietario diverse prove, che comunque non bastano a darne la certezza, come un graffito ritrovato in giardino inneggiante al nome di Frontone e quattro manifesti elettorali dipinti sui muri esterni della casa, tra cui uno che lo definiva: La casa venne danneggiata dal terremoto di Pompei del 62, in particolare la zona del giardino, tant'è che si dovette procedere ad un restauro quasi totale: i lavori non erano ancora terminati, come dimostrato da pitture ancora incomplete, realizzate tutte in quarto stile dalla mano dello stesso pittore, che venne sepolta sotto una coltre di ceneri e lapilli a seguito dell'eruzione del Vesuvio del 79. Durante le prime esplorazioni borboniche tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo venne solo parzialmente indagata, in quanto al suo interno sono state ritrovate intatte la maggior parte delle pitture; esplorazioni sistematiche si svolsero nel 1899, tra aprile e dicembre del 1900 e tra il 1971 e il 1974, quest'ultima eseguita da un gruppo di archeologi dei Paesi Bassi, i quali effettuarono studi stratigrafici soprattutto nell'area del giardino. A seguito del progetto Grande Pompei, la casa venne restaurata tra il 2012 e il 2014, anno delle riapertura, alla presenza del ministro dei beni e delle attività culturali Dario Franceschini. L'ingresso principale della casa di Marco Lucrezio Frontone si trova lungo una traversa di via di Nola, nel vicolo di Marco Lucrezio Frontone, in parte ancora da scavare: un secondo ingresso, di servizio, è posto lungo il vicolo dei Gladiatori. Le dimensioni della casa si aggirano intorno ai 460 metri quadrati e le principali decorazioni pittoriche interne sono in terzo e quarto stile. Le facciata è semplice. Le fauci d'ingresso presentano alle pareti decorazioni in terzo stile con zoccolatura in nero, una zona centrale rossa divisa in pannelli tramite fasce ornamentali bianche, e una parte superiore con decorazioni architettoniche e ghirlande; il pavimento in cocciopesto con pezzi di marmo sparso. Si accede all'atrio: questo è di tipo tuscanico, presenta stanze su ogni lato, eccetto lungo quello nord, e al centro ha un impluvium con vasca in marmo, bordata da un mosaico con tessere bianche e nere, mentre il resto dell'ambiente è pavimentato in lavapesta con pezzi di marmi colorati. Le pareti sono decorate con zoccolatura rossa, zona mediana con pennelli neri con al centro scene di caccia, separati da strisce gialle, e zona superiore sempre a fondo nero con motivi architettonici e geometrici. Nella stanza sono stati ritrovati un cartibulum in marmo con zampe di leone, sul quale venivano poggiate le suppellettili più pregiate, e diversi oggetti di ceramica, tra cui un vaso contenente vernice blu e un altro con ossa di uccelli, forse utilizzati per i lavori di pitturazione della casa. Sul lato ovest, accanto all'ingresso, sulla destra, si apre un cubicolo, con il segno dell'incavo per il letto e decorazioni in terzo stile con zoccolo nero, zona centrale bianca e zona superiore con raffigurazioni di ghirlande e architetture, mentre la pavimentazione è in parte a mosaico disposto a stella, con tessere in bianco e nero. e in parte a cocciopesto; dal cubicolo si accede ad un altro ambiente il quale conteneva una scala in legno per il piano superiore, con le pareti intonacate in rosa. Sul lato sinistro dell'ingresso un'altra stanza, era probabilmente adibita a deposito o utilizzata dal portiere, che fu ristrutturata a seguito del terremoto del 62, quando venne aperte anche una finestra: la parete est è semplicemente intonacata in bianco, forse per dare più luce all'ambiente, mentre quella ovest ha uno zoccolo nero e zona mediana in rosso con i pannelli separati da fasce bianche con rombi e decorazioni di cani da caccia e ornamenti miniaturistici; questa parete e quella nord avevano anche degli scaffali; la pavimentazione è in cocciopesto. Lungo il lato sud dell'altro si aprono due ambienti: il triclinio e un cubicolo. Nel triclinio si notano i resti degli incassi per i letti nelle pareti: l'intera stanza è stato ridipinta con zoccolatura in nero, zona mediana in giallo ocra, abbellita da decorazioni tipiche del quarto stile riproducenti bordi di tappeti e motivi floreali e al centro di un pannello l'affresco dell'Uccisione di Neottolemo da parte di Oreste davanti al tempio di Apollo a Delfi, e zona superiore in bianco; il pavimento è il lavapesta, disposto a quadrati, con l'inserto di tessere bianche. Il cubicolo invece era probabilmente destinato alla padrona di casa come si evince dagli affreschi in esso presenti, prevalentemente di stampo femminile: lo zoccolo è in rosso scuro con una predella nera decorata con nature morte, uccelli, maschere satiresche, rane e aironi e un hortus conclusus, la zona mediana è in giallo, con al centro, sulla parete destra Arianna che porge il filo a Teseo, mentre su quella sinistra Venere allo specchio mentre si lascia acconciare i capelli, e la parte superiore con decorazioni di sfingi dove si riconosce un affresco sopra la porta, rovinato, ritraente una scena della Battaglia di Troia. Altre tre stanze si aprono lungo il lato est dell'atrio: un cubicolo, il tablino ed un corridoio. Il cubicolo presenta un soffitto a volta ed era probabilmente destinato ai figli del proprietario, come dimostrato dall'affresco all'ingresso di due medaglioni raffiguranti ritratti di fanciulli: un ragazzo nelle vesti di Mercurio e una ragazza. Il cubicolo è stato affrescato a seguito del terremoto del 62 e presenta uno zoccolo in rosso scuro decorato con piante, una zona mediana in giallo ocra con al centro due quadretti contornati entrambi da amorini, raffiguranti da un lato Narciso che si riflette in acqua e dall'altro Perona che allatta Micone, suo padre, salvandolo dalla morte a cui era stato condannato: questo affresco presenta nel angolo superiore dei distici elegiaci che così recitano: La parte superiore è decorata con raffigurazioni di ghirlande e frutta. L'ambiente è illuminato da una finestra rotonda nella quale sono stati ritrovati pezzi di vetro, mentre il pavimento è cocciopesto con un tappeto di rombi e ottagoni; al suo interno sono state ritrovate cinque brocche e un piatto. Il tablino, da un lato aperto sull'atrio e dall'altro sul giardino, presenta affreschi in terzo stile: lo zoccolo è in nero con la raffigurazione di un hortus conclusus, con esedra e fontane tra due piante, un pluteo, uccelli e giardino spoglio, la predella con simboli cari ad Apollo, come lire e cigni, e a Dioniso, come anfore e pantere, disposte sotto una ghirlanda filiforme, la zona mediana con pannelli a fondo rosso e nero, separati tra loro da elementi architettonici fantasiosi decorati con corde di frutta e fiori, con al centro due quadretti a tema mitologico, ossia dal lato destro il Trionfo di Dioniso e Arianna, mentre su quello sinistro Venere e Marte, contornati da raffigurazioni di ville marittime sostenute da candelabri, e la parte superiore abbellita con scaenae frons. Il pavimento è in lavapesta e all'interno della camera sono stati rinvenuti alcuni oggetti in bronzo e un mortaio in marmo. Il corridoio si presenta intonacato in bianco e unisce l'atrio con la zona di servizio. Si accede quindi al giardino, il quale ha una forma irregolare ed è caratterizzato da due pareti affrescate in quarto stile: superata la zoccolatura in nero, abbellita con raffigurazioni di piante, si arriva alla zona centrale dove su un fondo rosso sono dipinti episodi di caccia tra belve, come leoni, pantere, orsi e animali domestici quali buoi, tori e cavalli; una scena di questo affresco rappresenta un leone che si avventa su un animale, probabilmente un orso, quasi irriconoscibile in quanto rovinato da un foro prodotto dagli esplorati borbonici, i quali indagavano le rovine di Pompei tramite cunicoli. L'affresco è protetto da una tettoia, ma originariamente era scoperto: le decorazioni si completano con finestroni rossi con affreschi di statue bianche su piedistalli come un satiro danzante e ninfe che reggono una fontana. Al centro del giardino è stato ritrovato un puteale, probabilmente la testa di una cisterna e numerosi vasi in terracotta, circa ventidue, cinque dei quali utilizzati come fioriere. Sul lato est del giardino si aprono diversi ambienti di servizio: una stanza, la cui funzione è ancora incerta, forse destinata a essere un cubicolo o un deposito, ha pareti affrescate in quarto stile, con zoccolatura in scomparti rossi, separati da bande verdi o nere; diversi i reperti ritrovati al suo interno come un manico d'osso, un'ascia in ferro, una brocca, una pentola in bronzo, delle lanterne e un'anfora colma di calce. Accanto a questo ambiente, con accesso dal giardino, altre tre stanze sempre di servizio: si passa attraverso un'anticamera con pavimento in terra battuta e pareti color rosa per arrivare, da un lato, alla cucina, anch'essa con pavimento in terra battuta e intonaco alle pareti con un larario ben conservato al momento dello scavo lungo la parete ovest e all'interno della quale sono stati ritrovati oggetti in ceramica e una pala in ferro, e una stanza, divisa in due, identificata nella parte meridionale come un deposito, intonacata in bianco, e in quella settentrionale come una latrina, intonacata in rosa. Un portico con tre colonne in mattoni stuccati divide il giardino da ambienti di soggiorno posti sul lato sud: oltre ad una stanza dal ruolo ancora incerto, probabilmente utilizzata come pozzo di luce o per la raccolta di acqua piovana, e priva di qualsiasi decorazione se non un intonaco grigio, si accede al triclinio o biclinio, restaurato dopo il terremoto del 62, affrescato in quarto stile con zoccolatura nera, parte superiore bianca e zona centrale con alternanza di pannelli verdi e rossi, separati da motivi architettonici dove è posto l'affresco di Dioniso poggiato ad un Sileno con lira. Segue il triclinio estivo: la stanza al momento dell'eruzione era ancora in fase di restauro come testimoniato dalla decorazione incompleta e in cattivo stato di conservazione; tuttavia questa è in quarto stile, con zoccolo nero diviso in scomparti da bande ornamentali e pannelli rossi nella parte centrale e gialli in quelli laterali, mentre la parte superiore è incompleta. Il pavimento è in cocciopesto, con parte centrale in opus sectile, e tra i reperti ritrovati due piedi in bronzo, forse appartenenti ad un divano, un vaso in vetro, una lastra in marmo colorata, oggetti in bronzo e una bacchetta di vetro utilizzata per la preparazione di prodotti da cosmesi. Successiva a questa, un'altra stanza, forse utilizzata sia come camera da pranzo che da letto, dalla decorazione incompleta nella parte superiore ma con zoccolatura in nero, abbellita con piante, e zona centrale sempre in nero con pannelli divisi da candelabri gialli: al momento dello scavo al suo interno furono ritrovati otto scheletri, cinque di adulti e tre di bambini, uccisi probabilmente dal crollo della parete est; oltre agli scheletri sono stati rinvenuti un orecchino in argento, un anello in bronzo, delle lampade in ceramica, tre monete in bronzo e due chiavi in ferro. Concludono la casa, nei pressi dell'ingresso secondario, il cui corridoio presenta zoccolo con scomparti in rosso, divisi da linee bianche e decorato con motivi floreali, e parte superiore in bianco, due stanze di servizio, poste una di fronte all'altra, una con pareti verniciate in bianco e l'altra intonacata in rosa nella parte basse e bianca in quella superiore, probabilmente utilizzata come stalla, in quanto al suo interno sono state ritrovate le ossa di un quadrupede, forse un cane, e di un pollo. La casa era dotata di un piano superiore, quasi interamente crollato, di cui rimangono solo pezzi di pavimentazione e di affreschi parietali in terzo stile su fondo nero. Guida d'Italia - Napoli e dintorni, Milano, Touring Club Italiano, 2008, ISBN 978-88-365-3893-5. Arnold De Vos e Mariette De Vos, Pompei, Ercolano, Stabia, Roma, Laterza, 1982, ISBN 88-420-2001-X. Regio V degli scavi archeologici di Pompei Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla Casa di Marco Lucrezio Frontone (IT, EN) Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia - Sito ufficiale, su pompeiisites.org.

Foro Triangolare
Foro Triangolare

Il Foro Triangolare è un foro di epoca romana, sepolto dall'eruzione del Vesuvio del 79 e ritrovato a seguito degli scavi archeologici dell'antica Pompei; la piazza era utilizzata principalmente per le corse equestri e come luogo di svago in attesa di assistere alle rappresentazione dei vicini teatri. Il Foro Triangolare, così chiamato per la sua forma geometrica a triangolo, fu edificato intorno al II secolo a.C., sulla parte meridionale della collina sulla quale sorgeva Pompei, a seguito della decisione di attuare una sistemazione urbana dell'intera zona dei teatri: nello stesso periodo fu anche ampliato il foro principale. Sepolto sotto una colte di lapilli e ceneri dall'eruzione del 79 del Vesuvio, fu riportato alla luce nel corso degli scavi archeologici alla fine del XVIII secolo. L'ingresso al Foro Triangolare, situato sul vertice più corto del triangolo, è preceduto da un propileo con sei colonne di tipo ionico, due semicolonne ed un architrave, tutto realizzato in tufo. L'ingresso è dato da due porte che si aprono in un muro in opera incerta: originariamente era presente una sola porta, mentre la seconda, più grande, fu aperta a seguito dei lavori di ristrutturazione dopo il terremoto di Pompei del 62. Nella zona dell'ingresso era presente una piccola fontana pubblica. L'interno del Foro Triangolare è caratterizzato su tre lati da un colonnato, eccetto sul lato sud per non impedire la vista del panorama: le colonne erano novantacinque, in ordine dorico, sovrastate da un architrave, ma dalla forma longilinea, in quanto non dovevano sopportare il peso di un secondo ordine superiore; nella parte centrale del colonnato nord era presenta una fontana, di cui rimane solo un supporto in marmo e un piedistallo sul quale poggiava la statua di Marco Claudio Marcello, mentre lungo il lato est è un muretto che delimitava la zona dove si svolgevano probabilmente corse di cavalli o atletiche. Nella parte sud del foro è presente il Tempio Dorico e un thòlos: questo è costruito intorno ad un pozzo sacro, con sette colonne doriche in tufo, ricoperte da un tetto conico ed edificato per volere del magistrato Numerius Trebius, come riportato sull'architrave. Nei pressi del tempio è inoltre presenta una costruzione a forma di quadrilatero, con apertura sulla struttura sacra, all'interno della quale si trova un piccolo recinto: probabilmente si trattava della tomba del fondatore di Pompei. Nell'angolo destro del foro sono posti tre altari in tufo, mentre nell'angolo nord è una meridiana voluta da Lucius Sepunius Sandilianus e Marcus Herennius Epidianus. Sulla parete est si aprivano tre piccole uscite che conducevano al Teatro Grande, all'Odeion e alla Palestra Sannitica. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul Foro Triangolare (IT, EN) Soprintendenza archeologica di Pompei - Sito ufficiale, su pompeiisites.org.