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Santuario di San Leopoldo Mandic

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Santuario di San Leopoldo Mandic 1
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La chiesa della Trasfigurazione oggi conosciuta più come Santuario di San Leopoldo Mandic, è un edificio religioso di origine cinquecentesca che si innalza in contrà Santa Croce a Padova. Fu fondata come chiesa conventuale nel XVI secolo da una comunità di Frati Cappuccini che ancora la reggono. Quasi completamente distrutta durante la seconda guerra mondiale, fu in seguito ricostruita. L'interno è ricco di interessanti tele del Cinque e Seicento. È meta di un costante flusso di pellegrini che si recano in visita alla tomba di san Leopoldo Mandic, collocata in un locale attiguo alla chiesa, presso la stanzetta dove il santo confessava. L'edificio sacro è recente, in quanto fu interamente ricostruito dopo la devastazione causata dal bombardamento aereo alleato del 14 maggio 1944, ma la presenza dei frati in città data da oltre 500 anni. I cappuccini giunsero a Padova nel 1537, insediandosi inizialmente alle porte della città. Dopo vari tentativi di trovare una sede in città, riuscirono ad installarsi nel 1554 nel borgo di Santa Croce, nel luogo in cui le monache di Sant'Agata e Santa Cecilia avevano una grande casa con edifici annessi e un grande orto. La realizzazione del convento avvenne in più tempi: la prima chiesa, realizzata nel 1581, era già stata distrutta nel 1811 e in seguito riedificata (1824-1825). L’attuale è opera dell’architetto Giovanni Morassutti e fu consacrata nel 1950. Lo stile è quello tipico delle chiese francescane. L'aula liturgica, composta da un'unica navata arricchita da alcuni altari laterali, conduce all'ampio presbiterio, al centro del quale, dietro l'altare comunitario, si staglia un grande ed artistico crocifisso ligneo, opera di Luigi Strazzabosco (1895-1980). Sullo sfondo del coro prende posto un maestoso organo: costruito nel 1989 dall'artigiano Gastone Leorin, restaurato ed ampliato nel 2019 su progetto del maestro organista Alberto Sabatini, è dotato di un magniloquente prospetto scenografico e di particolarissimi timbri sonori. Nell'ultimo altare, a sinistra, è conservata la statua della Madonna scampata al bombardamento che, durante la seconda guerra mondiale, distrusse quasi tutto l'edificio sacro precedente l'attuale. Valorizzano ulteriormente la Chiesa alcune pregiate tele: tra tutte vanno ricordate la Trasfigurazione di Gesù, di Dario Varotari (XVII sec.), la Gloria di San Leopoldo, con la B. V. Maria e gli Angeli, di G.B. Tiozzo (XX sec.), e L'incoronazione della Vergine (XVI sec.). Chiese di Padova Diocesi di Padova Monumenti di Padova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su santuario di San Leopoldo Mandic Sito internet del santuario di S. Leopoldo Mandic a Padova, su leopoldomandic.it. Pagina Facebook del santuario di S. Leopoldo Mandic a Padova, su facebook.com.

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Santuario di San Leopoldo Mandic
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Santuario di San Leopoldo Mandic 1
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Luoghi vicini

Chiesa di Santa Croce (Padova)
Chiesa di Santa Croce (Padova)

La chiesa di Santa Croce è un edificio religioso settecentesco che sorge nel Borgo di Santa Croce, zona meridionale di Padova contenuta dalle mura cinquecentesche. È l'unica chiesa di Padova in stile rococò. Accanto all'edificio sorge la Scuola del Redentore. Sorta su precedenti edifici, tra l'oratorio del lebbrosario di Santa Croce (1181) e la precedente chiesa officiata dai Somaschi dal 1606. L'attuale edificio fu principiato il 31 luglio 1737 (posa della prima pietra) su progetto di Francesco Vecellio padre somasco (Preposito Generale, letterato ed architetto) e consacrato il 9 giugno 1749 dal Cardinal Carlo Rezzonico. Sino alle soppressioni napoleoniche è appartenuta ai Chierici Regolari di Somasca che alloggiavano nel vicino collegio (ora casa madre delle Suore di San Francesco di Sales). Attualmente è affidata all'omonima parrocchia, gestita dal clero secolare della diocesi di Padova. La facciata pensata come monumentale conclusione della lunga strà di Borgo Santa Croce che parte dal Prato della Valle, è caratterizzata da un importante frontone sostenuto da paraste e semicolonne d'ordine corinzio. Due torricini circolari alleggeriscono l'architettura. La porta maggiore sovrastata da un timpano curvilineo è posta sotto l'iscrizione che ricorda la consacrazione della chiesa. Sopra, un'apertura circolare decorata da volute e da una testina di cherubino. L'architettura si inserisce in quella della tradizione padovana di Girolamo Frigimelica. Il campanile sul fianco della chiesa è novecentesco, costruito tra il 1899 ed il 1907 sull'area dell'antico cimitero, su progetto dell'ing. Giulio Lupati, grazie alle donazioni di alcuni benefattori e dei parrocchiani di s. Croce. Presenta uno stile sobrio ed incline al gusto eclettico del tempo, ed è realizzato in muratura di trachite euganea, rivestita lungo il fusto da un paramento in mattoni pieni, ricoperto da uno strato di intonaco a base cementizia. Il campanile è stato oggetto tra il 2020 ed il 2021 di un accurato restauro conservativo, che ha interessato le superfici esterne, la cella campanaria e il castello campanario stesso, realizzato ex novo. Le decorazioni e le balaustre della cella campanaria nonché quelle sovrastanti sono in pasta cementizia. Nella cella campanaria è presente un concerto di 5 campane a distesa (a slancio), realizzate dalla ditta Daciano Colbachini di Padova, fino al 2020 a suono esclusivamente manuale (caso pressoché unico nella città di Padova), e dopo il citato restauro elettrificate da una ditta di Legnaro. Grazie al tipo di elettrificazione con motore a induzione magnetica, è stata conservata la possibilità di suono manuale. Sul campanile sono presenti due lapidi a ricordare i vari benefattori. A fianco del campanile, sull'edificio della sacrestia, si trova la lapide commemorativa del giovane Ernesto Rossi, tra i benefattori della torre campanaria, che perse la vita in un incidente motociclistico nel 1906, schiantandosi per amara ironia della sorte proprio ai piedi del campanile quasi ultimato. La luminosa aula è caratterizzata da una elegante parata decorativa su cui si inserisce una serie di aperture a finta fenestratura balconata, pensate probabilmente come cantorie ma con evidenti fini estetici. Il presbiterio con abside semicircolare è arricchito da imponenti semi colonne. Il soffitto della chiesa è decorato da lacunari, stucchi e dorature. I Chierici Somaschi affidarono la decorazione del soffitto (esaltazione della Croce) e della cupola ovoidale del presbiterio al veneziano Nicolò Baldassini, mentre il ciclo di tele (altari laterali e abside) fu commissionato a Giambattista Mariotti. La posizione delle tele fu alterata con l'arrivo agli inizi dell'800 della Salus Populi Patavini, veneratissima statua lignea seicentesca della Madonna della Salute, proveniente dall'omonimo oratorio e legata alle pestilenze che nel XVII secolo colpirono la città. Sul primo altare alla destra, dall'ingresso vi è la tela del Mariotti con San Giovanni Nepomuceno, San Francesco di Paola e Sant'Antonio, l'unica posta nella posizione originaria. Nel seguente altare, la Salus Populi Patavini nella posizione della Sacra famiglia del Mariotti, tela dispersa. L'altare maggiore, decorato da una grande varietà di marmi policromi, è alleggerito da due angeli oranti di Antonio Bonazza. Sopra, un ricco baldacchino rococò. Sul retro, il coro ligneo sovrastato da Sant'Elena adora la Santa Croce del Mariotti. Sul primo altare sulla sinistra dall'ingresso, è posta la tela con San Gerolamo Emiliani collocata originariamente sul secondo altare (al posto del Sacro Cuore novecentesco) in sostituzione de L'Angelo custode, posto in controfacciata. Ai lati del catino absidale, all'interno degli antichi matronei chiusi da finestre serliane, è collocato l'organo a canne. Costruito tra gennaio e maggio del 1952 dalla ditta "Fratelli Ruffatti" di Padova, è stato riqualificato ed ampliato nelle risorse foniche nel 2013 dalla ditta "Leorin Gastone" sulla base di un innovativo progetto predisposto dal maestro Alberto Sabatini, organista della Pontificia Basilica di Sant'Antonio a Padova. Oggi lo strumento, dotato di due tastiere, pedaliera e trasmissione elettronica, dispone di 31 registi sonori. Giovambattista Rossetti, Descrizione delle pitture, sculture, ed architetture di Padova, in Padova MDCCLXXX Stamperia del Seminario Giannantonio Moschini, Guida per la città di Padova, Atesa editrice Alberto Sabatini, L'organo della Chiesa parrocchiale di Santa Croce a Padova e il suo ripristino, Arcari editore AA.VV., Padova Basiliche e chiese, Neri Pozza Editore Giuseppe Toffanin, Le strade di Padova, Newton e Compton Editori AA.VV., Padova, Medoacus Archivio parrocchiale di s. Croce Chiese di Padova Diocesi di Padova Monumenti di Padova Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di Santa Croce a Padova Sito della parrocchia, su santacrocepd.it.

Scuola del Redentore

La Scuola del Redentore o Oratorio del Redentore è un edificio di origine medievale che si innalza -annesso alla settecentesca chiesa di Santa Croce- nel Borgo Santacroce ora via Vittorio Emanuele a Padova. Era sino al 1810 utilizzato per scopi religiosi, sede della fraglia (confraternita) del Redentore, oggi è pertinenza della parrocchia di Santa Croce. L'edificio fu costruito verso il 1400 e fu affrescato nel corso del secolo successivo, come riportato su una lapide posta sopra il portone d'ingresso. La scuola era la sede della Confraternita del Corpo di Cristo di Santa Croce detta del Redentore, una confraternita religiosa nata verso la fine del XV secolo, come molte altre presenti al tempo nel territorio padovano. Uno degli scopi principali della Confraternita o Fraglia, oltre a dare assistenza spirituale e materiale ai poveri, era la conservazione di un frammento della Vera Croce ritrovata da Sant'Elena contenuta in una preziosa teca gotica, oggi conservata nel tesoro della chiesa di Santa Croce. Dopo il 1810, causa i decreti napoleonici le Confraternite religiose furono abolite e l'edificio fu utilizzato per scopi diversi dalla parrocchia di Santa Croce che ne era intanto divenuta proprietaria. Utilizzato come sala cinematografica durante il Novecento, è stato negli ultimi anni oggetto di restauro. Oggi è ancora pertinente alla parrocchia di Santa Croce. Al suo interno le pareti recano una decorazione ad affresco realizzata da Gerolamo del Santo sul tema dei Misteri della Passione di Cristo chiaramente ispirati dalla presenza in Veneto di Albrecht Dürer. Gli affreschi che raffigurano i Santi protettori sono invece opera precedente di Domenico Campagnola. Interessante la raffigurazione dei quattro Santi protettori di Padova: il San Daniele reca il modellino turrito della città. Dipinti presenti sulla parete orientale: Ultima cena; Cristo davanti al Sinedrio, completamente perduta tranne due pilastri, che ne delimitavano la scena, e tre figure umane; Preghiera nell'orto; Bacio di Giuda, parzialmente danneggiato dopo l'apertura di una finestra nel corso dell'Ottocento; Cristo davanti a Caifa; Sacrificio di Isacco, allusione al sacrificio di Cristo. Dipinti sulla parete meridionale: Santa Giustina e san Prosdocimo, protettori di Padova; Sant'Antonio e san Daniele, protettori di Padova. Dipinti sulla parete occidentale Cristo davanti a Pilato; Cristo incoronato di spine; Cristo cade sotto la croce; Cristo inchiodato alla croce; Crocifissione; Deposizione dalla croce; Deposizione nel sepolcro. Chiese di Padova Diocesi di Padova Monumenti di Padova Chiesa di Santa Croce (Padova) Salvalarte a Padova - un'iniziativa di Legambiente., su salvalarte.legambientepadova.it. Sito della parrocchia di Santa Croce in Padova., su santacrocepd.it. URL consultato il 20 gennaio 2014 (archiviato dall'url originale il 27 novembre 2013).

Porta Santa Croce (Padova)
Porta Santa Croce (Padova)

Porta Santa Croce è una delle principali porte d'accesso delle mura cinquecentesche di Padova. La porta attuale prese il posto di quella fatta costruire dai Carraresi e fu iniziata subito dopo l'assedio di Padova (1509), avvenuto nell'ambito della guerra di Venezia contro la Lega di Cambrai. Il nome Porta Santa Croce e la sua collocazione, nell’area sud del tracciato delle mura di Padova, risalgono al periodo Carrarese, quando Francesco III, detto "Il Vecchio", fece erigere nel 1372 degli spalti di terra a protezione dei borghi a sud ed a est della città, in particolare per i borghi di Santa Croce e Ognissanti. Per la realizzazione di queste opere di difesa lavorarono tutti i cittadini. Tra il 1374 e il 1377 le fortificazioni vennero completate interamente in muratura. La realizzazione di porta Santa Croce prevista nell'ampliamento della cinta meridionale da parte di Francesco III, non corrisponde alla collocazione della porta attuale: poiché il tracciato della terza cerchia muraria seguiva l'andamento sinuoso del Bacchiglione (il fiume vecchio oggi non più visibile), la porta di allora risultava più arretrata rispetto a quella attuale. Inoltre dalla cartografia quattrocentesca sappiamo che era l'unica porta prevista nell'espansione meridionale. Essa era caratterizzata da una torre ottagonale e recintata da una cinta quadrangolare forse divisa in due parti. La torre rimase presente ed isolata, ma venne demolita in parte nel 1737-1740 per fornire materiale per la ricostruzione della chiesa, infine venne interamente abbattuta nel 1787. Secondo gli studiosi è possibile che essa testimoni la presenza di apparati difensivi antecedenti l'ampliamento di Francesco III e risalenti al tempo in cui si erigevano torri isolate per la difesa dei territori limitrofi. Scavi archeologici del 1982 potrebbero aver individuato le fondazioni dell'antica porta ma necessitano di approfondimenti. Dopo la resa di Francesco III Padova venne presa dai veneziani e nel 1509 la Repubblica di Venezia ebbe la necessità di difendersi dagli attacchi da parte della Lega dei Cambrai. In questa occasione la città si preparò all'assedio: le mura medioevali vennero abbassate e rinforzate all'interno da terrapieni, così da assorbire al meglio i colpi dell'artiglieria. Dove le mura era più esposte vennero eretti bastioni provvisori in terra e palizzate lignee per appostarvi le artiglierie e proteggere le mura, inoltre vennero scavati nuovi fossati sia all'interno che all'esterno della cinta e iniziò l'opera del guasto, che negli anni successivi giunse alla profondità di un miglio, per la quale vennero abbattuti tutti gli edifici e gli alberi ad alto fusto attorno alla città con lo scopo di avvistare meglio i nemici. Dopo i lavori a rafforzamento della cinta, seguirono altri assedi. A marzo del 1517 viene pubblicata la relazione di Andrea Gritti, che tracciava un programma complessivo di organizzazione militare di difesa dello Stato. Esso comprendeva una serie di interventi concentrati a Padova, proposti da Fra Giocondo, con il fine di rispondere nell'immediatezza alle urgenze belliche. Il nuovo sistema bastionato o Rinascimentale era composto da diverse elementi: ponti, mura, torrioni, bastioni e porte. E' proprio in questa occasione che venne realizzata l'attuale Porta Santa Croce. Il tema degli accessi urbani, ovvero delle porte era molto dibattuto: si era alla ricerca di un “tipo” capace di soddisfare le necessità difensive e al contempo quelle celebrative. Le porte dovevano essere aggiornate in materia iconografica e di difensiva bellica, per difendere al meglio il Paese e rappresentare la sua forza politica e militate attraverso il linguaggio della magnificenza architettonica: gli accessi dovevano rappresentare uno Stato che si ritenesse sicuro. Lo sviluppo sul tema della porta urbana ebbe diversi interpretazioni lungo il corso del Cinquecento: tra il 1500 e il 1521 venne adottato un “tipo” in grado di fondere la funzione militare a quella di rappresentazione della magnificenza della Repubblica di Venezia. Gli accessi dovevano svolgere più funzioni, erano luoghi di transito, di controllo, di chiusura e apertura tra interno ed esterno, esplicitavano simboli dal contenuto politico e sacrale. Erano la facciata della città, l’immagine dell’istituzione politica e facevano da sfondo a feste, cerimonie e manifestazioni. Gli ingegneri militari ritenevano le porte come una falla nel sistema difensivo, mentre gli architetti e gli umanisti le consideravano un completamento di quest’ultimo, in quanto veicolo di celebrazione della sicurezza statale, mediante la trasmissione di messaggi simbolici, attraverso i linguaggi dell’architettura. Durante il XVI secolo molti architetti si espressero sul tema delle porte, tra i quali, Sebastiano Serlio il quale ne considerava la mera funzione architettonica e Francesco Maria della Rovere, che invece considerava la loro duplice funzione. I cambiamenti tecnici in ambito militare, comportarono la modifica della forma architettonica delle porte. La prima tipologia prevedeva una porta di forma cubica, connessa alla cortina ma autonoma. Questa tipologia richiamava ancora la porta medioevale, ed è secondo queste forme che venne progettata porta Liviana, precedente a porta Santa Croce. Lo schema applicato per porta Santa Croce, da Sebastiano Mariani da Lugano deriva dal motivo trionfale. Le porte realizzate successivamente a Santa Croce, presentano via via un apparato architettonico più ricco ed elaborato, segno dell’evoluzione e dell’elaborazione del tema degli accessi urbani. Il baluardo adiacente, venne realizzato nel 1554. Dal 1797, con la caduta della Repubblica Veneta da parte dell'esercito di Bonaparte, iniziò il periodo di obsolescenza delle mura. Tra il 1813 e il 1866 con l'occupazione austriaca la muraglia, ormai utile alla sola difesa rimase inalterata. Con l'annessione di Padova al Regno d'Italia venne proposto un intervento della cortina a sud, la quale avrebbe accolto l'entrata del Re Vittorio Emmanuele II. Egli vi transitò il 1° agosto 1866, come riporta l'iscrizione nella facciata a sud della porta. Il programma del 1517 proposto da Andrea Gritti portò alla modifica e all'interruzione di numerosi assi viari, alcuni dei quali vennero riaperti a fine 1800; in particolare nel fronte sud di Porta Santa Croce vennero riaperte due brecce. Nel 1882 il Comune di Padova acquisterà dal demanio dello Stato la quasi totalità delle mura cittadine: all'atto di acquisto è allegata una planimetria catastale 1:100, lunga più di 13m. Nel 1900 le porte svolgevano la funzione di barriere daziali. La barriera a porta Santa Croce era attiva dalla prima guerra mondiale. Negli stessi anni la rete stradale esterna venne adeguata e parte dei fossati venne interrata per consentire la costruzione della rete ferroviaria. La porta sarà in seguito impiegata come cabina di trasformazione per la rete elettrica dell'illuminazione pubblica. Agli inizi del 1900, il bastione adiacente a Porta Santa Croce ospitò la Scuola all'Aperto Camillo Aita. Porta Santa Croce è collocata volontariamente fuori asse rispetto all’omonimo borgo e interrompe la cortina rettilinea compresa tra i torrioni dell’Alicorno e di Santa Giustina. Venne costruita poco dopo porta Liviana ma a differenza di quest’ultima ha un assetto meno monumentale anche se entrambe sono attribuite a Sebastiano Mariani da Lugano. Nel prospetto è visibile uno schema che riporta al motivo dell’arco trionfale romano realizzato in pietra d’Istria e tripartito da lesene di ordine corinzio composito. Lateralmente l'arco è delimitato da lesene ioniche in trachite, che fungono anche da rinforzi angolari dell'edificio, mentre in alto è definito da un cornicione. Sopra a quest'ultimo è visibile il parapetto della terrazza, che in un secondo tempo venne coperta dal tetto, dal quale si aprono due troniere strombate verso la campagna, e un'unica grande apertura centrale nella facciata rivolta verso la città. Il varco centrale presenta un archivolto continuo senza interruzioni tra stipiti e arco, mentre i due portali laterali entrambi murari sono sormontati da timpani, in particolare il portale a sinistra era la postierla pedonale, come si può dedurre dalla presenza di una gola per la catena del ponte levatoio. Nel fronte, al centro dell'architrave, sono incisi il nome del capitano Giuliano Gradenigo con data 1517 e nel fregio è presente l'intitolazione "Sancte Crucis". In sostituzione al leone abbattuto dai francesi, ora si trova un'iscrizione in memoria dell’ingresso a Padova di Vittorio Emanuele II nel 1866, al quale venne attribuita la porta durante il regno. Le due finestrelle cieche collocate ai lati dell’incisione dovevano ospitare delle sculture o le insegne dei rettori. L'impostazione dei due prospetti è molto simile tra di loro, infatti differiscono solo per la presenza di lapidi, incisioni, targhe e trofei in onore della Signoria, collocati nel prospetto verso la campagna con lo scopo di rappresentazione verso il mondo esterno. Nella facciata rivolta verso la città l’unica iscrizione presente è "Sancte Crucis" e in sostituzione alle finestrelle, sono presenti due nicchie con le statue di San Prosdocimo e San Girolamo. L'impianto di Porta Santa Croce è quadrangolare e presenta un ampio vano interno voltato a botte. Nelle pareti interne sono presenti degli affreschi che ritraggono i quattro santi protettori di Padova: Antonio, Giustina, Daniele e Prosdocimo. Al centro della parete ovest, opposta rispetto agli affreschi, è presente un’iscrizione che rimanda alla realizzazione della porta Santa Croce per decreto del Senato nel 1516 e inexpugnabilis redditta per opera del podestà Ercolano Donato, del capitano Girolamo Pisani e del provveditore Pietro Venier. Una porta nella nella parete più a est dà su una scala che conduce al piano superiore. Il ponte di Porta Santa Croce è il più lungo del fronte bastionato grazie alla vicinanza con il baluardo che permette una maggiore larghezza della fossa. Il ponte ora è per lo più interrato ma è comunque possibile distinguere tre grandi arcate con diversa curvatura e se ne può intravedere una quarta oltre a quella che ha rimpiazzato il ponte levatoio nell’Ottocento. Sotto alla prima arcata visibile passano le acque del canale Alicorno. I materiale utilizzati per la costruzione della cortina del 1500 sono materiali di ripiego e riutilizzo: Bartolomeo D'Aviano utilizzò per l'espansione della cortina che va da Pontecorvo fino a Santa Croce, le pietre della cinta medioevale più interna, che venne demolita assieme alla torre in Prato della Valle nel 1515. I mattoni utilizzati vennero realizzati dalle fornaci dei borghi vicini: da alcune fonti risulta che per soddisfare la richiesta vennero costruite fornaci anche in loco che però vennero fatte demolire dopo il comunicato del 1558 di Tommaso Contarini. Anche la calce proveniva dai borghi vicini, di questa si hanno numerosi fonti che riportano lamentele per la scarsa qualità. La trachite utilizzata per le fondazioni e per i punti più deboli del manufatto proviene dalle cave del monte Lipsi. Stemmi ed insegne come quella del leone di San Marco vennero invece realizzati in pietra d'Istria. Per le fondazioni che si trovavano in prossimità della presenza di acqua, venne utilizzato legname di rovere e di larice, provenienti dai punti di raccolta garantiti da Venezia e dal comune di Cervarese. Giuliana Mazzi, Adriano Verdi e Vittorio Dal Piaz, Le mura di Padova, Percorso storico-architettonico, Il Poligrafo, ISBN 88-7115-135-6. Ugo Fadini (a cura di), Mura di Padova: guida al sistema bastionato rinascimentale, collana Le guide, in Edibus, 2013, ISBN 978-88-97221-13-5. Stefano Zaggia, Parte II: Loredan e l'Architettura, Capitolo I, in Donatella Calabi, Giuseppe Gullino e Gherardo Ortalli, Come la marea, Successi e sconfitte durante il dogado di Leonardo Loredan (1501-1521), Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, 2023, pp. 45-66, ISBN 978-88-92990-16-6. Adriano Verdi, Le mura ritrovate: fortificazioni di Padova in età comunale e carrarese, Seconda edizione, Panda, 1989, p. 133. Ugo Fadini, Mura medievali di Padova: guida alla scoperta delle difese comunali e carraresi, In edibus, 2017, ISBN 9788897221494. Angelo Portenari, Della felicità di Padova, A. Forni, 1973. Elio Franzin, Angiolo Lenci e Lionello Puppi, Padova e le sue mura, collana Signum guide, Signum, 1982. Mura di Padova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Porta Santa Croce Sito dell'associazione "Comitato Mura di Padova", su muradipadova.it.

Stadio Silvio Appiani
Stadio Silvio Appiani

Lo stadio "Silvio Appiani" di Padova è un impianto calcistico di Padova situato in zona Prato della Valle. È stato il terreno ufficiale di gioco del Calcio Padova dal 1924 al 1994, anno in cui venne inaugurato il nuovo stadio Euganeo. Lo stadio "Appiani" ha preso il nome in onore del giocatore del Padova Silvio Appiani, morto sul Carso nel 1915 a 21 anni. Il vecchio impianto era conosciuto come la "fossa dei leoni" per la vicinanza al campo da gioco degli spettatori e per il calore che i tifosi trasmettevano alla squadra.. Lo stadio insiste in parte sugli spazi della chiesa della Misericordia ed il suo monastero. Nato il 2 agosto del 1921 per volere del consiglio comunale della Città di Padova, venne inaugurato tre anni dopo, precisamente il 19 ottobre 1924, con la partita Padova-Andrea Doria, vinta dai biancoscudati per 6-1. Nel dicembre 1926, in occasione della partita col Milan, arrivò la prima multa di cinquemila lire inflitta dal Direttorio delle divisioni superiori per il contegno scorrettissimo del pubblico nei confronti dell'arbitro e per l'inerzia dei dirigenti nel frenare le intemperanze del pubblico. Gli stessi tifosi si autotassarono per pagare la multa. Nello stadio si sono disputate diverse partite storiche del Calcio Padova, come la sfida col Grande Torino (20 febbraio 1949, tre mesi prima dalla sciagura di Superga, partita finita 4-4) e la stagione 1957-1958, con il Padova guidato da Nereo Rocco che si classificò 3º in classifica in Serie A, dietro a Juventus e Fiorentina. Il numero massimo di presenze fu raggiunto nel 1983 in occasione della gara di Coppa Italia Padova-Milan, per un totale di 25.346 spettatori. Momento importante nella storia dell'impianto fu l'incontro di rugby che il 22 ottobre 1977 oppose una selezione di giocatori del campionato italiano (il "XV del presidente") agli All Blacks neozelandesi. Tra gli anni settanta e anni ottanta all'Appiani giocò anche la squadra femminile del Gamma 3 Padova. L'Appiani chiuse ufficialmente il 29 maggio 1994 con la partita Padova-Palermo terminata 0-0. Erano passati 73 anni dall'inaugurazione del campo e il Padova sarebbe stato promosso in Serie A al termine della stagione, dopo uno spareggio con il Cesena. L'Appiani è utilizzato per le partite delle squadre giovanili del Padova: inoltre, negli anni 2000 ha ospitato anche alcune partite di società amatoriali o dilettantistiche, come quelle della Polisportiva San Precario, società nata nel 2007, e alcune finali dei campionati provinciali amatoriali CSI (seconda domenica di maggio) e altre manifestazioni sportive. Negli ultimi tempi, la società del Calcio Padova ha deciso di farvi allenare in qualche occasione anche la prima squadra. Il 27 agosto 2012 l'impianto torna ad ospitare una partita di un campionato nazionale, durante il match valevole per il primo turno di Coppa Italia Serie D tra San Paolo Padova e Trissino-Valdagno, terminata 1-2 per il club vicentino. Il 24 marzo 2013 il San Paolo Padova, vi disputa una seconda partita, questa volta valida per la 32ª giornata del campionato di Serie D contro la Virtus Vecomp Verona. La partita si è conclusa sul risultato di 1-0 per la formazione veronese. Nel 2009 è stato deciso, grazie ad un accordo tra l'Assessore allo Sport del Comune di Padova e gli ex calciatori padovani Gastone Zanon e Humberto Rosa, di ristrutturare l'impianto demolendo, inizialmente, parte della Tribuna Est (quella più a ridosso del campo) e sostituendola con una collinetta di terra in cui verranno ricostruiti i gradini, a norma di legge. Sul culmine della collinetta verrà allestita una passerella in cui chiunque potrà transitare per ammirare lo stadio. La nuova capienza dello stadio sarà di circa 2.000 posti. Il 9 febbraio 2015, sono cominciati i lavori di recupero della tribuna ovest. Il risultato finale consisterà in una nuova gradinata con oltre 900 posti a sedere, in cui le seggiole saranno colorate di bianco e di rosso riproducendo il classico scudo crociato biancoscudato. Nella parte alta saranno sistemate delle gigantografie che proporranno foto della storia del Calcio Padova, da Nereo Rocco alla riconquista della Serie A avvenuta a metà degli anni novanta. Il 22 dicembre 2015, le due ditte finanziatrici della ristrutturazione, Interbrau e Sunglass, hanno simbolicamente consegnato al Comune di Padova lo stadio Appiani dopo il primo stralcio di lavori. Sono state ristrutturate la curva sud e la tribuna ovest, quella centrale, che ha visto l'installazione di nuovi seggiolini di colore bianco e rosso e installati 20 grandi pannelli rievocativi della storia dello stadio. Eliminate completamente le barriere tra spalti e campo, sono stati installati dei parapetti in vetro con un piccolo parterre di erba sintetica che separa il terreno di gioco dalla tribuna. È stato previsto anche un secondo stralcio che metta a norma la parte sud della tribuna per arrivare a una capienza di circa 1400 spettatori. Il 16 marzo 2023 infine, è cominciato l’abbattimento della Tribuna Est. Tra Nazionale A, B, Olimpica e Under-21 in questo stadio si sono giocate 11 partite degli azzurri. Le nazionali che ha affrontato l'Italia sono state la Jugoslavia (Nazionale A, Olimpica e Under-21) la Bulgaria con l'Italia B, i Paesi Bassi con l'Olimpica e Croazia, Grecia, Svizzera, URSS, Cecoslovacchia e Portogallo con l'Under-21. La prima si svolse il 4 novembre 1925 l'ultima il 18 novembre 1993 per un totale di nove vittorie e due pareggi. Lo stadio Silvio Appiani è stato sede di un incontro amichevole della nazionale di calcio dell'Italia, disputato il 4 novembre 1925 contro la Jugoslavia e terminato con il punteggio di 2-1 in favore degli Azzurri. Il 20 marzo 1932 l'Italia B giocò contro la Bulgaria A vincendo 4-0. La Nazionale Olimpica giocò in questo stadio 2 volte. La prima fu l'8 giugno 1983 contro la Nazionale Olimpica della Jugoslavia che finì 2-2. La seconda il 13 aprile 1988 contro i Paesi Bassi. La partita fini 3-0 per l'Italia. La Nazionale Under-21 ha giocato in questo stadio per ben 7 volte. La prima volta fu il 6 gennaio 1943 contro la Croazia con il risultato di 0-0. La seconda ebbe luogo il 12 novembre 1981 contro la Grecia che uscì sconfitta per 1-0. La terza invece fu contro la Jugoslavia il 22 aprile 1987 finita anche questa 1-0 per l'Italia. Il 25 ottobre 1989 si giocò la quarta partita contro la Svizzera con il risultato finale di 1-0 per gli azzurrini. Il 12 giugno 1991 l'Italia affrontò l'URSS Under-21 sempre con una vittoria di misura per 1-0. Il sesto incontro svoltosi il 25 marzo 1992 vide l'Italia vittoriosa per 2-0 sulla Cecoslovacchia. Infine l'ultima partita si svolse il 18 novembre 1993 contro il Portogallo, sconfitto per 2-1. Il 13 aprile 2016 l'Italia Under-18 giocò contro la Francia Under-18, perdendo 2-1. Il 3 maggio 1990 in questo stadio si giocò l'amichevole Padova-Uruguay finita 4-1 per l'Uruguay. Gli allenatori erano Mario Colautti per il Padova e Óscar Washington Tabárez per l'Uruguay. L'arbitro era l'italiano Carlo Sguizzato. Il 3 agosto 1991 si disputò all'Appiani l'amichevole Padova-Real Madrid finita 0-2 per i blancos. Gli allenatori erano Bruno Mazzia per il Padova e Radomir Antić per il Real Madrid. L'arbitro era l'italiano Della Pietra. Il 6 luglio 1985 vi si giocò il V Superbowl Italiano, vinto dai Doves Bologna sugli Angels Pesaro per 27 a 11. Il 21 giugno 1989 in questo impianto si è tenuto un concerto di Vasco Rossi. Il 5 luglio 1991 sempre in questo impianto hanno suonato i Litfiba. Vasco Rossi (21 giugno 1989) Litfiba (5 luglio 1991) Inizialmente la capienza era di 9.800 spettatori. Tra il 1929 e 1949, l'Appiani subì alcune modifiche come la costruzione della curva nord e l'ampliamento della gradinata est, che prese il nome di tribuna est. La capienza raggiunse così i 24.000 posti in piedi. La struttura dell'Appiani assomiglia molto a quella degli stadi inglesi, con le tribune a ridosso del campo da gioco. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stadio Silvio Appiani Lo stadio Silvio Appiani su Padovacalcio.it, su padovacalcio.it. URL consultato il 24 gennaio 2013 (archiviato dall'url originale il 27 giugno 2015). Foto dello stadio Silvio Appiani, su stadionbesuch.de. Inaugurato il nuovo Appiani: tribuna a ridosso del campo su mattinopadova.gelocal.it, su mattinopadova.gelocal.it.

Chiesa di Santa Maria delle Grazie (Padova)

La chiesa di Santa Maria delle Grazie è un edificio di culto cinquecentesco situato a Padova in via Luigi Configliachi, vicino all'incrocio con via Cavalletto, tra la zona di Vanzo e l'antico borgo di Santa Croce. Nel 1512 papa Leone X concesse ai frati Domenicani Osservanti della Congregazione Lombarda il permesso di costruire un complesso conventuale dotato di chiesa, chiostri e dormitori in Vanzo, in prossimità di Prato della Valle, in sostituzione del loro insediamento precedente situato nel Bassanello e distrutto a seguito della guerra di Cambrai (1509) e delle demolizioni necessarie per erigere una nuova cerchia muraria a difesa della città. La chiesa fu costruita tra il 1531 e il 1585 su progetto di Lorenzo da Bologna. Venne ampliata in lunghezza di circa 9 metri a partire dalla facciata nel 1710. I lavori, alla cui progettazione partecipò molto probabilmente l'architetto Giovanni Maria Falconetto, procedettero a rilento a causa della costante carenza di risorse economiche. L'opera fu ridimensionata rispetto al disegno originario, in proporzione alla modesta comunità ivi insediata. La congregazione dei Domenicani Osservanti venne soppressa nel 1771; nell'anno seguente il convento passò alle Zitelle povere, in seguito all'Ospedale dei Mendicanti. Venne poi annesso agli Orfanotrofi Riuniti. Del complesso conventuale rimane integra solo la chiesa. Attualmente, la chiesa è di proprietà dell'IPAB S.P.E.S. (Servizi alla Persona Educativi e Sociali). Tra il 2010 e il 2020 ha ospitato i laboratori di restauro dell'Istituto Veneto per i Beni Culturali. A marzo 2021 è stata siglata tra S.P.E.S. e la Fondazione Orchestra di Padova e del Veneto una convenzione che prevedeva la ristrutturazione dell'edificio e la sua trasformazione in una sala prove; tuttavia, il progetto è stato accantonato con la risoluzione consensuale della convenzione nel settembre 2022. La facciata è ripartita da lesene di ordine corinzio; nella zona centrale, sopra il portale di accesso, vi è una finestra ovale decorata con quattro cherubini, più in altro (sull'attico), sostenuta da una mensola una statua in pietra tenera della Madonna con Bimbo. Ai lati della porta di ingresso si trovano due statue pensili in pietra tenera, raffiguranti San Bonaventura e probabilmente papa Clemente XIII. Tutte le sculture provengono dalla bottega dei Bonazza. Affiancato sul lato sinistro della chiesa, un campanile con una cella formata da quattro monofore dotate di timpano arcuato. L'interno, a unica navata, presenta pareti scandita da paraste ioniche e ornate da altari settecenteschi in marmi policromi. In fondo il presbiterio accoglie un coro ligneo e un organo. Una volta a botte ribassata copre la navata. I dipinti posti sugli altari appartengono a mani diverse: la Natività della Vergine attribuita a Dario Varotari (1590), come pure gli altri dipinti realizzati da Pietro Damini, Girolamo Brusaferro e Antonio Marini, tra i secolo XVII e XVIII. Ai lati dell'altare maggiore sono collocate due notevoli statue marmoree di San Domenico e di San Vincenzo Ferreri, scolpite da Giovanni Bonazza. Bresciani Alvarez, Chiesa di S.Maria delle Grazie in Architettura a Padova, a cura di G. Lorenzoni, G. Mazzi, G. Vivianetti, introduzione di L. Puppi, Padova, Il poligrafo, 1999, pp.309-325; C.Gasparotto, Il Convento e la Chiesa di S. Agostino dei Domenicani in Padova, Firenze, Memorie domenicane, 1967, pp.132-133. A. De Marchi, Nuova guida di Padova e i suoi dintorni, Padova, Felice Rossi, 1855, p.101. G. Toffanin, Cento chiese padovane scomparse, Padova, Programma, [1988], pp.102-103. Padova. Basiliche e chiese, a cura di C. Bellinati e L. Puppi Guida di Padova, arte e storia tra via e piazze, a cura di L. Puppi, G. Toffanin, Trieste, 1983. Giovanni Maria Falconetto Monastero di S. Maria delle Grazie, su movio.beniculturali.it. Spes - Servizi alla Persona Educativi e Sociali. Porte aperte all’Oratorio di S. Maria delle Grazie: il restauro come memoria storica, su ecopolis.legambientepadova.it.

Chiesa delle Dimesse
Chiesa delle Dimesse

La chiesa di Santa Maria Assunta delle Dimesse più conosciuta come chiesa delle Dimesse è un edificio religioso sei-settecentesco che si erge in contrà delle Dimesse a Padova. La chiesa fa parte del Collegio delle Nobili Dimesse fondato nel 1615. Una prima piccola Chiesa fu costruita nel 1617 per volontà della fondatrice del Collegio (che ebbe il suo inizio ufficiale l'11 maggio 1615), Madre Maria Alborghetti. Il 17 gennaio 1617 il vescovo di Padova Marco Cornaro visita la chiesetta e constata "... la decenza e l'eleganza di quanto era necessario per celebrare il Divin Sacrificio". Nel 1732 le Dimesse ottengono il permesso di tenere il Santissimo Sacramento nella chiesetta; fanno erigere l'altare in marmo; il tabernacolo è quello che si trova nella chiesa attuale. Nel 1740 un'inondazione allaga il coro e la Chiesa del Collegio; il 18 febbraio 1756 le Dimesse ottengono la licenza di costruire una nuova chiesa rialzata rispetto alla precedente; il 19 febbraio lo stesso cardinale Carlo della Torre Rezzonico, che diverrà papa con il nome di Clemente XIII, pone la prima pietra del nuovo edificio. Per l'inizio dei lavori mancava la disponibilità di denaro; ma un segreto benefattore offrì duemila ducati. In sei anni l'opera venne compiuta: il direttore dei lavori fu Lorenzo Corrubolo; la nuova chiesa fu consacrata il 5 agosto 1762 dal vicario generale della diocesi di Padova, Alessandro Papafava, vescovo titolare di Famagosta, ed è dedicata a Santa Maria Assunta. Il papa Clemente XIII volendo essere presente alla cerimonia, invia la sua apostolica benedizione dalla Basilica di Santa Maria Maggiore di Roma il 7 agosto dello stesso anno. Le Dimesse ottengono inoltre di poter traslare, dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie dove erano sepolti da 99 anni, i resti mortali di Madre Maria Alborghetti, che vengono posti nella nuova chiesa accanto a quelli di Madre Lucrezia Grimani, che aveva arricchito la Casa delle Dimesse di notevoli ampliamenti dal 1705 al 1756. La costruzione, di architettura neoclassica, comprendeva due ambienti: il coro a sud di forma quadrata e la chiesa a nord, semipubblica, a una navata rettangolare. La facciata sull'attuale via Dimesse, fu eseguita dal lapicida Giambattista Danieletti, su disegno di Daniele Danieletti; semplice, con un armonioso rapporto tra l'ordine corinzio delle paraste e l'alto stilobate, era messa in risalto dalla piccola porta d'ingresso; sul timpano si ergono tre statue: San Giuseppe di Pietro Danieletti, la Madonna col Bambino e sant'Anna dello scultore vicentino Orazio Marinali. Il progetto della Chiesa è di Giuseppe Nicoletti, come attestano i disegni conservati in archivio. L'8 febbraio 1944 alle ore 5 del mattino la Chiesa venne colpita da un bombardamento angloamericano; con il consenso della Pontificia Commissione di Arte Sacra vennero iniziati i lavori di ricostruzione affidati alla ditta Ferraro. Fu lo stesso Patriarca di Venezia Cardinale Carlo Agostini, già Vescovo di Padova, a porre la prima pietra il 12 aprile 1949. La Chiesa venne ricostruita tra il 1949 e il 1952, ripetendo gli stessi stilemi architettonici della precedente; fu consacrata dal Vescovo di Padova Girolamo Bortignon il 4 maggio 1957. La Chiesa esistente è quindi la terza in ordine di tempo, dopo quella fatta costruire da Madre Alborghetti all'inizio del Seicento e la seconda del Settecento. L'interno, a una sola navata, era separato dal presbiterio da un arco, sorretto da colonne di stile ionico di marmo d'Istria. L'altare, di cui si conservano i disegni preparatori, fu ideato da G.B. Novelli, ma venne eseguito da Giambattista Danieletti. Sopra l'altare si trovava un dipinto a olio di Giovanni Antonio Pellegrini, pittore veneziano del Settecento, La fuga in Egitto, in seguito spostato sopra la porta di ingresso esterno. Francesco Maggiotto è l'autore delle due tele delle pareti Le nozze di Cana a sinistra e L'adorazione dei Magi a destra, inserite in due cornici di marmo di Carrara. L'Ascensione dello stesso autore si trovava sul soffitto del coro, ma fu distrutto dal bombardamento del 1944, insieme al coro stesso. L'altare era ornato di rilievi e di incrostature di marmo rosa africano su marmo di Carrara; il tabernacolo, proveniente dalla prima chiesetta, era ornato di colonnine con capitelli corinzi, basi dorate, nicchiette con angeli e piccole statue. Dopo il bombardamento del 1944, l'interno riprende lo stile precedente ad un'unica navata; il presbiterio viene alzato di tre scalini e termina con un'abside semicircolare, nella quale è inserito l'altare con il Santissimo, 1972, in armonia con quanto indicato dal Concilio Vaticano II. La mensa per l'Eucaristia è in legno; si è riutilizzato un paliotto pregiato, lavorato con argento e oro da Angelo Scarabello nel 1792, con la rappresentazione al centro de La cena dei discepoli di Emmaus e arabeschi all'intorno. Nella navata, più ampia, hanno preso posto altre due tele, sempre inserite in cornici di marmo di Carrara: a destra Annunciazione di Bartolomeo Tessari, 1706, a sinistra una copia recente della Discesa dello Spirito Santo, tratta da un quadro del Bassano; nel presbiterio a destra pala della Vergine Immacolata con angeli, a sinistra Gesù flagellato e schernito della scuola del Bassano. Dove sorgeva il coro, vi è ora la Cappella dedicata alla Madonna dell'umiltà; l'altare è settecentesco, in marmo rosso chiaro e pietra tenera, e la pala con l'icona della Madonna dell'Umiltà è opera della padovana Rina Maluta del 1931. Il crocifisso antico si trova sulla parete destra della Cappella. Papa Clemente XIII Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa delle Dimesse Dimesse a Padova. 400 anni di presenza a Padova delle Suore Dimesse Figlie di Maria Immacolata, su collegiodimesse.it. URL consultato il 15 maggio 2020.

Chiesa di Santa Maria del Torresino
Chiesa di Santa Maria del Torresino

La chiesa di Santa Maria del Pianto, conosciuta più come chiesa di Santa Maria del Torresino o chiesa del Torresino è un edificio religioso che chiude solennemente la strà del Vanzo ora via Seminario a Padova. La chiesa attuale, principiata nel 1718 secondo progetto di Gerolamo Frigimelica, sostituisce un più antico oratorio sorto accanto ad un "torresino", una torre della vecchia fortificazione intermedia poi demolita, che recava la raffigurazione della Vergine che intorno al 1450 compì alcuni miracoli. L'edificio è una delle più alte espressioni del tardobarocco veneto settecentesco. La chiesa è parrocchiale, appartenente al vicariato della Cattedrale. L'attuale edificio risale al secondo decennio del XVIII secolo e fu concepito come santuario mariano, grazie a Daniele Tebaldi, membro della confraternita di Santa Maria della Pietà e stampatore nella vicina tipografia del Seminario, istituita nel 1670 dal vescovo Gregorio Barbarigo. Tebaldi propose l'ampliamento della struttura quattrocentesca, risalente al 1479 e che conteneva la venerata immagine della Pietà, su disegno del conte Girolamo Frigimelica, architetto padovano impegnato in quegli anni nel cantiere della Cattedrale. Il progetto nasce tra il 1718-1719, ma i lavori iniziarono nel 1720 e terminarono nel 1726, anno dell'officiatura della Chiesa.Nel 1808 avvenne la trasformazione da Santuario a Chiesa Parrocchiale, in sostituzione della vicina Chiesa di san Michele Arcangelo, che venne parzialmente demolita e con ciò venne a perdere progressivamente il suo ruolo di centro devozionale; nel 1925 la demolizione dell'antica canonica, per far proso alla via Marin, comportò gravi problemi strutturali, risolti con il restauro effettuato tra il 2003 e il 2004. il nome "Torresino" deve il suo nome all' immagine della Pietà inserita in una delle torri di vedetta delle mura medievali che qui passavano, in prossimità del canale delle Acquette. Il progetto fu condizionato dalla volontà di mantenere la collocazione originaria dell'immagine sacra da sempre oggetto di venerazione. I vincoli in particolare erano due: il primo era l'individuazione di un'area che doveva scostarsi di poco dal luogo del miracolo; il secondo l'ubicazione dell'immagine della Pietà che doveva godere di una posizione privilegiata all'interno del nuovo edificio. Di qui la scelta della pianta centrale, secondo un modello che risale agli edifici tardoantichi costruiti intorno ad un sepolcro monumentale (i martyria) poi ripreso nel Rinascimento. I lavori di abbellimento proseguirono nel corso del Settecento e solo nel 1753 il Cardinale Carlo Rezzonico , vescovo di Padova e futuro Clemente XIII, presiedette all' ufficiale consacrazione della Chiesa. Nel 2012 la piazzetta antistante la chiesa è stata intitolata a Francesco Canova, medico e docente universitario, fondatore della nota organizzazione non governativa Medici con l'Africa Cuamm. Il gusto scenografico e ricco di simbologia del Torresino è debitore dell'attività del genovese Filippo Parodi, ideatore della Cappella delle Reliquie nella Basilica del Santo. Frigimelica mitiga l'esuberanza barocca recuperando in parte anche la tradizione rinascimentale di Andrea Palladio con una facciata a fronte di tempio con semicolonne corinzie intervallate da tre portali sormontati da finestroni; alcuni elementi ricordano l'idea della "torre" e rimandano all' originaria collocazione dell'immagine venerata: il tiburio merlato che corona la cupola, nascosta, e il campanile a torretta. La facciata è coronata da un timpano decorato con altorilievo attribuito a Francesco Bonazza "Gesù in pietà tra angeli". Dello stesso artista le statue sopra lo spiovente del timpano: da sinistra Maria, San Giovanni evangelista, la Croce di Cristo sostenuta da angeli, Santa Maria Maddalena e san Longino. L'interno è caratterizzato dalla solennità delle strutture con l'alternanza dell'uso della pietra tenera di Costozza e l'intonaco bianco. L'atrio rettangolare si inserisce nel volume centrale attraverso un grandioso arco a tutto sesto al cui centro si erge il presbiterio sopraelevato delimitato da otto colonne corinzie binate che sorreggono l'alto tamburo sopra il quale si innesta la cupola racchiusa nella torretta. Nell'atrio tele di Giulio Cirello e Guy Louis Vernansal a sinistra, a destra fonte battesimale e un Crocifisso processionale del XVIII secolo. Nelle nicchie dell'atrio due statue in pietra di Costozza di Tommaso Bonazza: a sinistra la Fede e a destra la Religione. Lungo tutto l'emiciclo della chiesa sono collocate entro nicchie le Virtù mariane scolpite in pietra di Costozza negli anni quaranta del settecento dal maggior esponente della famiglia Bonazza, Antonio: da sinistra la Pazienza, la Prudenza, la Verginità, la Purezza, l' Umiltà, la Carità, la Castità, l' Innocenza; alle nicchie si alternano le quattordici tele della Via Crucis dipinte da ignoto artista parigino; l'opera risale al 1722, come riportò l'erudito Pietro Brandolese alla fine del settecento. Nell'aula circolare si innestano tre cappelle: nella cappella di destra si trova l'altare dedicato alla Natività di Maria che ospita una pala di Guy Louis Vernansal; nella cappella sinistra altare della Natività di Gesù con pala di Guy Louis Vernansal; nella cappella centrale è collocato l'altare maggiore con il lacerto d'affresco della Pietà; ai lati due sculture in pietra di Costozza: a sinistra San Giovanni evangelista e a destra Santa Maria Maddalena di Giovanni Bonazza. L'altare maggiore è allineato con l'area presbiteriale, ripensata completamente dall'arch. Carlo Scarpa a partire dal 1975 fino al 1979, dopo la sua morte, con il rifacimento della pavimentazione con tessere ad "elle" che si uniscono formando riquadri diversi e il nuovo altare rettangolare in acciaio e bronzo ricoperto da una lastra di marmo proveniente dall'Algeria meridionale con inserti fossili. Le formelle del pavimento sono racchiuse in cornici di marmo bianco di Carrara. Il tamburo sopra il presbiterio è decorato a monocromo da ignoto con scene della vita di Gesù nei pennacchi; nell'ordine superiore si scorgono quattro profeti: Mosè, Isaia, Daniele e Davide. Dall' atrio si accede alla cappella invernale, già sacrestia, con tela dell' Eterno Padre, mentre sulla parete sinistra è posto un bassorilievo ligneo del 1940 di Amleto Sartori, riproducente la Pietà. Si trova inoltre una statua lignea settecentesca di san Francesco di Paola e un San Cristoforo in legno dipinto del XV secolo; sulla parete una serie di interessanti tavolette in legno dipinto del XVI e XVII secolo, probabili elementi decorativi di un soffitto a cassettoni. Chiese di Padova Diocesi di Padova Monumenti di Padova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Santa Maria del Torresino Sito ufficiale, su parrocchiadeltorresino.it.