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Casa Manzoni

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20170521 Casa Manzoni
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Casa Manzoni è un palazzo storico di Milano, situato in via Morone al civico 1, celebre per essere stato la dimora dello scrittore Alessandro Manzoni dal 1814 alla morte.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Casa Manzoni (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Casa Manzoni
Via Gerolamo Morone, Milano Municipio 1

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Casa Manzoni

Via Gerolamo Morone 1
20121 Milano, Municipio 1
Lombardia, Italia
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Numero di telefono

call+390286460403

Sito web
casadelmanzoni.it

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20170521 Casa Manzoni
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Luoghi vicini

Museo Poldi Pezzoli
Museo Poldi Pezzoli

Il Museo Poldi Pezzoli è una casa museo situata nella centrale via Manzoni a Milano; fu creato dal conte Gian Giacomo Poldi Pezzoli (1822-1879) che, mediante disposizione testamentaria del 1871, aveva provveduto a costituire una Fondazione artistica Poldi-Pezzoli che raccogliesse in perpetuo le opere d’arte da lui stesso collezionate e che si trovassero nell'abitazione all'epoca della sua morte. La fondazione autonoma venne poi eretta in Ente morale con Regio Decreto nel 1887. Il museo, a pochi passi dal Teatro alla Scala, è ospitato all'interno di Palazzo Moriggia Della Porta, poi Poldi-Pezzoli, acquistato nel 1800 dai precedenti proprietari marchesi Moriggia. Il museo fa parte del circuito delle "Case Museo di Milano" ed espone opere di numerosi artisti, fra i quali Perugino, Piero della Francesca, Sandro Botticelli, Antonio Pollaiolo, Giovanni Bellini, Michelangelo Buonarroti, Pinturicchio, Filippo Lippi, Andrea Mantegna, Jacopo Palma il Vecchio, Francesco Hayez, Giovanni Battista Tiepolo, Alessandro Magnasco, Jusepe de Ribera, Canaletto, Lucas Cranach il Vecchio e Luca Giordano. La madre del conte Gian Giacomo Poldi Pezzoli, Rosa Trivulzio, figlia del principe Gian Giacomo Trivulzio, era di nobile famiglia di letterati protagonisti dei salotti del Neoclassicismo milanese, frequentati anche da poeti e letterati fra i quali Vincenzo Monti e Giuseppe Parini. Alla morte del marito Giuseppe Poldi-Pezzoli (1833) Donna Rosa si occupò dell'educazione del figlio Gian Giacomo, nato nel 1822, e all'ampliamento della già cospicua collezione di famiglia. Ereditati palazzo e patrimonio alla maggiore età (raggiunta, secondo la legge austriaca dell'epoca, a 24 anni, nel 1846), il conte Gian Giacomo ampliò ulteriormente la collezione di famiglia acquistando armi e armature, in quel periodo molto richieste come oggetti da collezione. Durante il 1848 sostenne i moti rivoluzionari con grande passione e al ritorno degli austriaci fu multato ed esiliato. Per oltre un anno viaggiò in Europa incontrando altri collezionisti e visitando numerose mostre, tra cui le prime esposizioni internazionali. Già nel 1846 Gian Giacomo aveva iniziato i lavori necessari a ricavare un appartamento proprio, distinto da quello della madre, che impronterà alla moda del momento basata sull'eclettismo degli stili: Barocco, primo Rinascimento, stile trecentesco trovano spazio proprio nelle diverse stanze dell'appartamento, che venne apprezzato e visitato tanto dal pubblico quanto dagli artisti dell'epoca. Le sale vennero concepite come contenitori di una serie di opere d'arte antica e ideate per accogliere quadri e arredi, più come una moderna galleria d'arte, che una vera e propria casa improntata alla dimensione privata e personale. Fu una sala del primo piano ad essere per prima adattata per ospitare l'armeria, sotto la direzione dell'architetto Giuseppe Balzaretto e dello scenografo Filippo Peroni. Fu completata nel 1850 in stile neogotico, e fu seguita dalla stanza da letto, il cui allestimento fu ispirato invece al manierismo lombardo. Le opere di decorazione e allestimento delle altre sale (a partire dallo Studiolo Dantesco, 1853-56) furono affidate a Giuseppe Bertini, pittore e docente all'Accademia di Brera, a Giuseppe Speluzzi, ebanista e bronzista, e al pittore Luigi Scrosati. I lavori interessarono poi la Sala Gialla, la Sala Nera e lo scalone monumentale (completato nel 1857 e arricchito in seguito da una fontana in stile barocco). Sempre sensibile ai contributi di artisti e pensatori provenienti da tutta Europa, che spesso ospitava, Poldi-Pezzoli spaziava negli interessi dall'armeria alla pittura , dai tessuti e arazzi, dai vetri alle ceramiche, dalle oreficerie alle arti applicate. La collezione è divenuta dagli anni settanta un punto di riferimento sia in Italia che all'estero. Gian Giacomo Poldi Pezzoli morì nel 1879 all'età di 57 anni: l'amministrazione e la direzione furono affidate dal conte all'amico professor Bertini, allora direttore della Pinacoteca di Brera, che accrebbe la raccolta con diversi acquisti soprattutto di dipinti e tessuti. L'inaugurazione del nuovo museo avvenne il 25 aprile 1881 in concomitanza con l'apertura dell'Esposizione Nazionale (6 maggio). Alla morte del Bertini avvenuta nel 1898, per disposizione testamentaria la direzione del Museo venne affidata al presidente dell'Accademia di Belle Arti di Brera, carica allora ricoperta dall'architetto Camillo Boito (1836-1914). Nel corso della seconda guerra mondiale, durante il bombardamento di Milano dell'agosto 1943, il palazzo che ospita il museo fu gravemente danneggiato e molti degli arredi originali delle stanze andarono distrutti. Fortunatamente le opere d'arte erano state messe al sicuro in precedenza. Dopo la ricostruzione il museo riaprì nel 1951. L'armeria del Poldi Pezzoli è stata riallestita nel 2000 secondo un progetto dello scultore Arnaldo Pomodoro. Tra le sculture degna di nota è La fiducia in Dio, capolavoro di Lorenzo Bartolini, e l'opera d'intaglio lo Sposalizio della Vergine di Giovanni Angelo Del Maino. Federica Armiraglio, Museo Poldi Pezzoli, Milano, Milano, Skira, 2006, ISBN 978-88-6130-119-1. Case Museo di Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Museo Poldi Pezzoli Sito ufficiale, su museopoldipezzoli.it. (EN) Museo Poldi Pezzoli, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Museo Poldi Pezzoli, su CulturaItalia, Istituto centrale per il catalogo unico. Museo Poldi Pezzoli, su LombardiaBeniCulturali, Regione Lombardia.

La fiducia in Dio
La fiducia in Dio

La fiducia in Dio è una statua in marmo bianco a grandezza naturale del 1833 dello scultore toscano Lorenzo Bartolini (1777-1850), conservata al Museo Poldi Pezzoli di Milano. La scultura marmorea fu commissionata dalla marchesa Rosina Trivulzio (1800-1859), già ritratta nel 1828 dal Bartolini in un busto-ritratto ancora oggi conservato al Museo Poldi Pezzoli, alla morte del marito Giuseppe Poldi Pezzoli d'Albertone (1768-1833). Prima di essere consegnata alla sua committente, la statua fu esposta a Firenze, a Parma e, nel 1837, all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Dell'opera esiste una copia al Museo dell'Ermitage (commissionata dalla principessa Zinaida Jusupova) e una al Museo nazionale d'arte dell'Azerbaigian; il gesso preparatorio è conservato al Museo di Palazzo Pretorio a Prato. Nel 1835, l'opera venne vista dal poeta Giuseppe Giusti e ispirò un suo sonetto omonimo. Già il bozzetto preparatorio fu di ispirazione ad Alessandro Franceschi per il Monumento Tinti, nel Cimitero monumentale della Certosa di Bologna, eseguito tra il 1833 e il 1834. La donna chiese all'artista di rappresentare il suo dolore e la sua devozione a Dio dopo la morte del marito, perciò Bartolini decise di rappresentarla come una giovane nuda, con i capelli raccolti in uno chignon, accasciata e con le mani intrecciate strette in grembo in segno di profonda e pia preghiera. La bocca è socchiusa e gli occhi sono rivolti verso l'alto, in segno di profonda devozione. La linea è sinuosa e armonica. La statua rappresenta esattamente il concetto di bello naturale, che per Bartolini era di fondamentale importanza. L'idea della posa fu ispirata da una modella che si riposava dopo una sessione di posa. La scultura, che è stata accostata alla Maddalena penitente di Antonio Canova, traduce a livello artistico il lutto doloroso provato dalla marchesa Trivulzio divenuta vedova. La nudità totale della donna rappresenta la purezza dell'amore che la legava al coniuge defunto e simboleggia come la morte di quest'ultimo l'avesse lasciata "nuda" di fronte alla separazione brutale. Il corpo segue una curva ad S che parte dalla punta dei piedi e culmina del capo della donna. Il busto sinuoso si inarca ammorbidendo l'asse verticale della statua e ripiegandosi in un abbandono morbido. La composizione presenta una centralità nelle mani intrecciate in segno di devozione. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su La fiducia in Dio