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Stazione di Monterotondo-Mentana

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Stazione di Monterotondo esterno
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La stazione di Monterotondo-Mentana è una stazione ferroviaria situata sulla linea per Firenze a servizio dei comuni di Monterotondo e di Mentana. È servita dai treni regionali della FL1 (che collegano la città con Orte, Roma e Fiumicino Aeroporto) e da una porzione dei treni della relazione FL3 (che la collegano con Roma, Cesano, Bracciano e Viterbo).

Estratto dall'articolo di Wikipedia Stazione di Monterotondo-Mentana (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Stazione di Monterotondo-Mentana
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Stazione di Monterotondo esterno
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Luoghi vicini

Monterotondo Scalo
Monterotondo Scalo

Monterotondo Scalo è la zona estesa sotto le colline di Monterotondo nella Città metropolitana di Roma Capitale che, pur essendo un rione, per area territoriale è più esteso del comune stesso. Il territorio di pertinenza inizia al 22º km della via Salaria. Si trova a circa 2 km dal centro del paese e comprende anche i "rioni" Borgonovo, Piè di Costa e Torre Mancina (quest'ultima una zona prettamente agricola), tuttavia comprende anche la Zona Industriale (quest'ultima composta di vari capannoni). Si sviluppò notevolmente a partire dalla fine del 1800 a seguito della costruzione della stazione di Monterotondo Scalo. Confina con: Castelnuovo di Porto, Riano, terreni agricoli pertinenti al comune di Roma, Capena, Montelibretti e Monterotondo Lo Scalo conta oggi circa 8 000 abitanti. La zona si sviluppò molto in seguito alla costruzione della storica stazione della linea FR1 (la più vecchia dell'intera linea ferroviaria) che fu inaugurata nell'Aprile del 1864. Lo Scalo è ben posto sulla Via Salaria dal km 22 al km 27 ed ospita il km 0 della via Nomentana. È presente la stazione di Monterotondo-Mentana sulla linea Roma - Firenze (LL), servita dalla linea Orte-Fiumicino Aeroporto (FL1). La stazione è inoltre servita da linee Cotral che lo collegano con Monterotondo, Mentana e Fonte Nuova; inoltre spostandosi sulla Via Salaria ci si può recare facilmente a Roma, Rieti, Palombara Sabina, Fiano e Capena sempre con queste ultime linee. La squadra di calcio del rione è il Real Monterotondo Scalo. Il Real Monterotondo Scalo disputa il campionato di Serie D e gioca le sue partite casalinghe presso lo stadio Ottavio Pierangeli; i suoi colori sociali sono il blu e il rosso in onore di quelli del rione stesso. È presente inoltre il Castrum Monterotondo che disputa il campionato di Prima Categoria e gioca le sue partite casalinghe sempre presso lo stadio Ottavio Pierangeli; i suoi colori sociali sono il giallo e il blu. Lo Scalo ospita anche il "Palazzetto dello Sport" di Monterotondo dove gioca il Monterotondo Volley e la squadra di Basket di Monterotondo. È presente, inoltre, la nota A.S.D. "Circolo Bocciofilo Pensionati Monterotondo Scalo", fondata nel 1982, che oltre alle innumerevoli vittorie e piazzamenti dei suoi giocatori in gare di livello nazionale e campionati italiani, vanta nella sua bacheca la conquista nel 1999 del prestigioso campionato italiano a squadre della massima divisione (scudetto). Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Monterotondo Scalo

Museo archeologico territoriale

Il Museo archeologico territoriale si trova a Monterotondo. Si trova in piazza Comitato di Liberazione Nazionale 2, nel Palazzo Paolo Angelani. È stato fondato nel maggio 2003. Il museo probabilmente verrà spostato nel Palazzo Orsini di Monterotondo. Il museo comprende materiale recuperato da carabinieri, polizia e finanza da controlli su scavi clandestini sul territorio circostante. Il percorso museale si divide in 4 sale e comprende tuttalpiù ceramiche di Crustumerium, buccheri in stile etrusco di varia provenienza, teste in marmo o travertino provenienti da Eretum e Nomentum. Di particolare interesse anche 3 ricostruzioni di tombe con scheletri o frammenti di scheletri ritrovati a Nomentum ed un modellino-plastico raffigurante una capanna preromana di Fidenae. P. Togninelli - "Il Museo Archeologico Territoriale di Monterotondo, un bilancio del 1º anno di attività (maggio 2003-maggio 2004)" in "Annali dell'Associazione Nomentana di Storia ed Archeologia", 2004, pagg. 158-67. P. Togninelli - "Sculture romane e vasi di età orientalizzante recuperati a Monterotondo e in comuni limitrofi" in "Annali dell'Associazione Nomentana di Storia ed Archeologia", 2002, pagg. 118-25. P. Togninelli - "Monterotondo - Il Museo Archeologico ed il suo Territorio", società editrice Imago Media, Dragoni (Caserta), 2006. Archeoclub-Sezione Mentana-Monterotondo, "L'Antica strada romana da Nomentum ad Eretum". Museo Archeologico Territoriale di Monterotondo, calendario delle attività 2007. Musei del Lazio Palazzo Paolo Angelani Monterotondo Info dal sito ufficiale di Monterotondo Pagina del museo su ICM

Duomo di Monterotondo
Duomo di Monterotondo

Il duomo di Monterotondo, basilica di Santa Maria Maddalena è sito in piazza Papa Giovanni Paolo II (ex piazza Duomo) a Monterotondo (RM), ed è uno degli elementi che, insieme all'opposta piazza del Popolo e all'asse rettilineo di via Cavour, struttura il quartiere realizzato nel XVII secolo dai Barberini, proprietari del feudo. La facciata è in stile barocco. Il campanile termina a cuspide in stile barocco. L'interno, di tipo basilicale, è ad unica navata a croce latina, con cappelle laterali (3 per parte) unite da dei passaggi ad arco a tutto sesto ricavati dai muri divisori: nella 1ª cappella a destra vi è una pietà in marmo di artista sconosciuto; nelle altre cappelle laterali, oltre ai classici altari minori e a tele ad olio vi sono, in terra e sui muri, delle lapidi di tombe. Internamente alla facciata, sopra i 3 ingressi principali, vi è un organo da chiesa. L'altare maggiore è ricavato attraverso l'impiego di un sarcofago romano strigilato in marmo bianco, proveniente da un sito antico della campagna limitrofa, dietro vi è il coro ligneo. Il duomo di Monterotondo venne restaurato in epoca barocca dai Del Grillo, feudatari di Monterotondo, come attestano alcuni ornamenti a forma di grillo nelle colonne di divisione delle cappelle. Sul muro esterno, in via San Pio da Pietrelcina, vi è una statua bronzea di san Pio da Pietrelcina.In passato su questa via vi era la Porta Canonica, antica porta d'accesso al centro storico di Monterotondo. Sulla Piazza antistante, lato Via Oberdan, vi è un caratteristico muro con fontana, chiamato il "Pincetto", perché sembra un Pincio in miniatura, realizzato agli inizi del XX secolo per riparare il dislivello esistente tra il nucleo più antico dell'abitato (che si trova ad una quota maggiore) e l'espansione barberiniana del XVII secolo. Wikibooks contiene testi o manuali sul disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul duomo di Monterotondo Duomo di Monterotondo, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Monterotondo
Monterotondo

Monterotondo (Montretunnu in dialetto locale) è un comune italiano di 41 105 abitanti della città metropolitana di Roma nel Lazio. È tra le città decorate con la medaglia d'argento al Valor Militare, per l'eroica resistenza della sua popolazione durante la seconda guerra mondiale. Sorge lungo il percorso di due delle più antiche vie consolari del Lazio, la Nomentana e la Salaria. Monterotondo oggi è un paese di medie dimensioni, in costante espansione. Poggiato su un colle, a 165 m sul livello del mare, che domina la Valle del Tevere, gode di un clima favorevole per la coltivazione di vigneti lungo i pendii delle colline che producono eccellenti vini. Poco distante dal centro abitato si estende la campagna eretina che forma una sorta di fascia verde intorno alla città. Questa è formata dalla Macchia del Barco e la Macchia della Gattaceca, dalla campagna di Tor Mancina e da quella di Valle Ricca che, in precedenza, hanno rappresentato un'adeguata e redditizia fonte di sostentamento per la popolazione contadina. La città, secondo alcune correnti antichistiche sviluppatesi soprattutto nei secoli passati ma di cui una notevole eco si ascolta ancora oggi, avrebbe raccolto l'eredità dell'antica città stato sabina di Eretum, i cui resti si troverebbero, secondo altre fonti, poco più a nord del confine monterotondese con Montelibretti, lungo il corso del fiume Tevere la cui storia risale tanto indietro quanto quella di Roma stessa Di Eretum non resta però alcuna identificabile rovina. Gli storici antichi, da Strabone a Plinio a Tito Livio, concordano nell'indicarne il sito al XVIII miglio della via Salaria dove l'antico tracciato della consolare si incrociava con quello della via Nomentana. Citata nell'Eneide di Virgilio tra le città latine che presero le armi contro Enea, Eretum è ricordata dagli storici antichi soprattutto come teatro delle lotte tra Romani e Sabini in età monarchica. Battaglie presso Eretum si combatterono secondo lo storico Dionisio, sotto i regni di Tullo Ostilio e di Tarquinio il Superbo e poi ancora nella prima età repubblicana. Tito Livio racconta che nella sua spedizione contro Roma vi passò anche Annibale, ma è certo che dopo la sottomissione delle città stato sabine a Roma (290 a.C.), l'importanza della città andò scemando. L'area dell'attuale città, che non insiste sul sito sabino della citata Eretum, venne però abitato in modo più massiccio a partire dai secoli X-XI, quando si originò l'abitato medievale. Monterotondo, per la sua ubicazione presso la via Salaria, fu per molto tempo un punto strategico, nonché importante baluardo per la difesa di Roma. Il centro abitato, come lo intendiamo oggi, nacque piuttosto tardi rispetto agli altri centri sabini circostanti. Viene infatti citato per la prima volta in una bolla papale dell'XI secolo, nella quale si faceva riferimento ad un possesso dei monaci di San Paolo di un Campum Rotundum nei pressi di Grotta Marozza. Il possedimento fu successivamente chiamato Monte Ereto, quindi Mons Teres che, volgarizzato, vale come Monte Ritondo, nome che diventa di uso comune dal 1300. Tale monte, intorno all'anno 1100, fu ceduto in affitto alla famiglia dei Capocci e (*) successivamente nel XII secolo fu ceduta agli Orsini, i quali mantennero il potere fino al XVII secolo. Durante la Signoria di questa famiglia, il nome di Monterotondo ricorse spesso nelle vicende di Roma e dell'Italia, sopportando varie e terribili vicende. Nel 1432 fu conquistata per un breve periodo da Niccolò Fortebraccio, con l'aiuto della famiglia Colonna e fu teatro di gravi distruzioni durante la guerra tra il papa Innocenzo VIII ed il Re di Napoli, col quale gli Orsini si erano schierati (1484-1492). Quando poi salì al soglio pontificio lo spietato Alessandro VI Borgia, questi, nel tentativo di annientare la potenza degli Orsini, fece avvelenare, dopo averlo imprigionato, il cardinale Battista Orsini di Monterotondo, ed impose nel 1503 la distruzione delle mura della cittadina. Il momento più glorioso per il ramo eretino della famiglia Orsini fu quando Clarice Orsini andò in sposa, nel 1468, a Lorenzo il Magnifico, uno dei massimi esponenti del Rinascimento italiano. Importante è lo statuto comunale redatto da Francesco e Raimondo Orsini nel 1579 che prevedeva una notevole autonomia nella gestione della comunità: questa faceva capo a quattro Priori eletti per la durata di sei mesi. Il loro operato amministrativo veniva poi controllato allo scadere del mandato da due revisori che dovevano verificarne la correttezza. Per le decisioni più importanti si consultava un Pubblico Consiglio composto da un rappresentante per ogni famiglia: e questo a sua volta esprimeva dal suo seno un organo più ristretto di soli quaranta elementi chiamato appunto Consiglio dei Quaranta. Per motivi finanziari, nel 1626 gli Orsini cedettero il feudo ai Barberini, i quali cercarono di rendere tale feudo più attivo nonché rigoglioso economicamente. L'acquisto venne solennizzato con una visita in gran pompa di Urbano VIII, accolto dai cittadini in festa, e con l'elevazione di Monterotondo a Ducato, concessa dal Papa nel 1627. Sotto la nuova signoria il palazzo fu ristrutturato ed arricchito di affreschi e stucchi. Nel 1639 venne edificato il Duomo, che divenne cattedrale del vescovo di Sabina. L'abitato fu cinto di mura e reso accessibile da tre porte: la Romana, ancora esistente nel rione San Rocco, la canonica a lato del Duomo e la Ducale nei pressi del giardino del Cigno. Porta Ducale e Porta Canonica sono ora scomparse. Nel 1701 diventarono signori di Monterotondo i Grillo di Genova che eseguirono nuovi restauri a palazzo, arricchirono il Duomo e costruirono il ponte sul fiume Tevere, lo stesso che ancora oggi è chiamato Ponte del Grillo.Monterotondo godette di un lungo periodo di tranquillità, fino all'arrivo delle truppe francesi del generale Pierre Domonique Garnier, venute a Roma per innalzare la bandiera della democrazia. Costoro cinsero d'assedio la città, ma dopo pochi giorni dovettero rinunciare non solo a Monterotondo, ma anche a Roma, in quanto furono respinti dall'esercito napoletano (30 settembre 1799). In seguito il paese passò dalla famiglia Grillo al Principe di Piombino nel 1815, tornando così a godere di una relativa pace. Nel 1815 fu più volte occupata dagli eserciti di Gioacchino Murat, che per la prima volta inalberava il vessillo della liberazione d'Italia. Nel marzo del 1821 subì il passaggio delle truppe austriache, venute per ricacciare nel Regno l'esercito napoletano. Nell'anno 1845 il cardinal Luigi Lambruschini, vescovo della diocesi suburbicaria di Sabina, venuto a Monterotondo per consacrare solennemente la basilica collegiale di Santa Maria Maddalena, restaurata ed abbellita da don Antonio Boncompagni Ludovisi, annunciò la visita del pontefice Gregorio XVI per il giorno 6 ottobre dello stesso anno. La visita fu festeggiata con grande pompa e il priore Nicola Fanucci, di fronte alla porta del municipio, consegnò le chiavi d'oro del Comune al papa. I festeggiamenti si protrassero fino a tarda sera e papa Gregorio XVI rimase così colpito dall'affetto mostratogli dai monterotondesi e dalle bellezze naturali del territorio, che il 22 novembre dello stesso anno conferì al comune il titolo di Città, con le inerenti prerogative. Prima di Gregorio XVI anche Urbano VIII fu accolto dai Barberini suoi consanguinei, ma non sembra che concedesse qualcosa di speciale, nonostante le accoglienze calorose anche a lui riservate. In quell'epoca Monterotondo era considerata una delle maggiori città della Sabina: in un libro del tempo fu infatti definita "la Parigi della Sabina". Fu testimone, nel 1867, della Campagna dell'Agro Romano per la liberazione di Roma. Il 26 ottobre, al termine dell'omonima battaglia, Giuseppe Garibaldi vi entrò con i suoi volontari bruciando Porta Romana, oggi Porta Garibaldi. A preparare un carretto con zolfo e altre materie incendiarie fu Pasquale Baiocchi, nativo di Città Sant'Angelo e titolare con il padre di una fabbrica di fuochi artificiali nel suo paese. Tra i giovani al seguito dell'Eroe dei Due Mondi si trovavano anche i fratelli Cairoli, Jessie White Mario, la Contessa Blawaski, russa, Giuseppe Pollini, 16 anni, di Rovereto, Fabio, Mario, Ettore, Alessandro e Raffaello Giovagnoli, dallo stesso Garibaldi chiamati "I Cairoli del Lazio", originari proprio di Monterotondo. Oggetti e documenti a loro appartenuti sono nel Museo nazionale della Campagna dell'Agro Romano per la liberazione di Roma in Mentana. Cimeli della Campagna del 1867 riferiti a Monterotondo come il catenaccio di Porta Garibaldi (ogni parte è autenticata da sigillo a piombo del Comune di Monterotondo) sono nel MuGa (Museo Garibaldino Mentana - direttore dr. Balducci). Attigua al MuGa l'Ara-Ossario dei Volontari caduti nella Campagna del 1867(www.mugamentana.it). Il 20 agosto 1924 (4 giorni dopo il ritrovamento della salma in un bosco di Riano), partiva dalla stazione di Monterotondo il treno che avrebbe riportato a Fratta Polesine la bara con Giacomo Matteotti. Migliaia di lavoratori, operai e contadini dello Scalo, assiepati ai margini della ferrovia, resero omaggio in silenzio alla salma del deputato socialista barbaramente ucciso da squadristi legati al fascismo il 10 giugno dello stesso anno. Nel 1943 Palazzo Orsini Barberini fu sede per alcuni mesi dello Stato Maggiore del Regio Esercito Italiano. Il 9 settembre 1943, a seguito dell'armistizio con gli angloamericani, i tedeschi con un lancio di 800 paracadutisti provenienti da Foggia, guidati dal Maggiore Walter Gericke ne tentarono la cattura. La sede fu contesa strenuamente dai reparti italiani dell'esercito (tra questi la "Piave" e la "Re"), dei carabinieri ed anche da cittadini armati, e costò ai tedeschi la perdita di 300 paracadutisti, di cui 48 caduti, mentre gli italiani ebbero 125 caduti e 145 feriti, tra i quali 14 carabinieri.. A seguito di questi fatti furono concesse decorazioni a Vittorio Premoli del 57º Reggimento Fanteria "Piave" (Medaglia d'Oro al Valor Militare), al Carabiniere Giuseppe Cannata, che dopo strenua difesa di un posto di blocco venne colpito a morte (Medaglia d'Argento al Valor Militare), a Dario Ortenzi (detto Garibaldi) che ha combattuto contro i tedeschi all'età di sedici anni (Medaglia d'Argento al Valor Militare), al Tenente dei Carabinieri Raffaele Vessichelli, comandante di gruppo autonomo mobilitato con il compito di difesa e sicurezza del Palazzo Orsini Barberini (Medaglia di Bronzo al Valor Militare), al carabiniere Cesare Tassetto (Distintivo d'onore ferito in guerra). Episodi eroici di lotta partigiana seguirono nel 1944 con il sacrificio di Edmondo Riva (Medaglia d'Oro al Valor Militare). Un cippo dedicato alla memoria dei caduti militari fu eretto 60 anni dopo la battaglia nel "giardino della passeggiata". Nel 2008 il Comune (decorato di Medaglia d'Argento al Valor Militare) ha concesso la cittadinanza onoraria a Paolo Sabetta, l'uomo che come responsabile della Tenuta Zootecnica di Tor Mancina salvò nel 1943/44 decine di giovani dalla deportazione in Germania; Sabbetta è stato definito dalla stampa nazionale come "il Perlasca di Monterotondo" e "il Perlasca foggiano", durante i suoi ultimi anni di vita aveva allestito un museo presso la propria abitazione a Foggia, ove viveva circondato di cimeli storici. Il 5 gennaio 1959, per dissesti del sottosuolo, un palazzo di via Oberdan crollò rovinosamente, creando al centro del vecchio borgo un ampio slargo che venne ridenominato "Lo Sbracato". Lo stemma e il gonfalone di Monterotondo sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 21 marzo 1997. Il gonfalone è un drappo troncato di azzurro e di giallo. La città di Monterotondo è tra le città decorate al valor militare per la guerra di liberazione, insignita il 19 giugno 1978 della medaglia d'argento al valor militare per i sacrifici delle sue popolazioni e per l'attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale: Nel 1621 il Consiglio dei Quaranta approvò la decisione di costruire una nuova chiesa parrocchiale in luogo di quella piccola consacrata circa cinque secoli prima, diventata insufficiente ad accogliere l'aumenta popolazione di Monterotondo. Poco dopo, con l'acquisizione del feudo, i Barberini furono costretti ad affrontare la decisione dei Quaranta e a soddisfarla. Dopo aver piantato simbolicamente una croce (1629) nel luogo dove sarebbe sorta la nuova chiesa, i lavori cominciarono ufficialmente nel 1630. Subentrarono tuttavia difficoltà economiche perché, oltre alla nuova chiesa, i Barberini dovettero ampliare la cinta muraria del paese per inglobare l'erigendo Duomo, e l'abitato di recente costruzione (il "Borgo"), entro uno spazio strategicamente difendibile. Di conseguenza la chiesa sorse con una facciata disadorna e con un interno decisamente spoglio. Nel 1641 papa Urbano VIII visitò il Duomo al quale fece dono di preziosi paramenti sacri e di un "campanone" di undici quintali. Nel 1699 divennero signori di Monterotondo i Grillo di Genova che adornarono la chiesa con nuovi stucchi e affreschi lasciando il compito di portare a termine le decorazioni ai Boncompagni. Il Duomo, per l'attivo interessamento del cardinal Luigi Lambruschini, vescovo di Sabina, accolse nel 1845 il nuovo papa Gregorio XVI, che elevò la chiesa a basilica minore. Il Duomo è concepito secondo la concezione planimetrica del Vignola. Non ci sono, pertanto, navate laterali, ma un'unica navata rettangolare, un ampio transetto e l'abside. Per sostenere l'ampiezza della copertura si provvide a munire i due lati più lunghi di ben articolate cappelle, ognuna con un proprio altare. Sopra i cornicioni che sovrastano le cappelle, si aprono gli strombi di sei grandi finestre. Il grande affresco della volta è un magnifico inno alla Madonna alla quale il Tempio è dedicato. È un'opera di buona fattura con un buon equilibrio di fattura, nonostante l'abbondanza barocca della concezione pittorica anche nei più modesti particolari. L'affresco sembra che si possa attribuire a Domenico Pistrini. Nel Duomo ci sono altri affreschi di buona fattura e poi tele, statue, sarcofagi e lapidi. La bella tela che occupa la cappella detta "delle Anime del Purgatorio", viene attribuita allo Zampa, della scuola del Domenichino. Diverse reliquie di Martiri e Santi sono conservati nella Basilica. All'interno del sarcofago, datato al II secolo d.C., che funge da altare maggiore sono conservati i corpi dei martiri Sisto e Bonifacio. Nella cappella "delle reliquie", dentro l'urna sotto l'altare, ci sono le reliquie dei martiri Balbina, Teodora, Emilia e Placido. Nella cappella detta "della Madonna" troneggia una statua lignea rappresentante la Vergine con il Bambino, di antica fattura, considerata da alcuni una copia del lavoro del Sansovino. Era detta "Maria Vergine della Purità". Al di sotto della statua, in un tabernacolo di legno, c'è un simulacro della vergine e martire santa Silvana contenente le reliquie della Santa. Molto bella ed insolita è la sistemazione della cantoria, che occupa tutta la parete subito dopo l'ingresso principale. Un gioco sapiente di lunette affrescate, di stucchi discreti e di agili spazi movimentati, fanno da cornice alle canne dell'organo, recentemente restaurato grazie alla generosità dei monterotondesi, dalla restauratrice di beni culturali Maria Pia Rubolino. La chiesa dei Cappuccini o di San Francesco D'Assisi è sita in piazza San Francesco d'Assisi, nel Rione dei Cappuccini. La facciata è in stile romanico barocco, l'interno è ad unica navata con cappelle laterali sul lato destro che contengono delle statue di santi. L'altare è in marmi policromi. Annessi alla chiesa sono il convento ed il giardino dei Cappuccini. Il giardino è uno dei pochi polmoni verdi nell'interno del città di Monterotondo se si escludono il giardino antistante il palazzo comunale ed il giardino della passeggiata dedicato ai caduti garibaldini ed ai militari morti nella tragica battaglia di Monterotondo del 9 e 10 settembre 1943, e la più grande, nelle campagne intorno a Monterotondo, Macchia del Barco e la Macchia della Gattaceca. I frati Cappuccini erano stati approvati dal Papa Clemente VII Medici a Viterbo nel 1528. Appaiono nei documenti di Monterotondo una trentina di anni dopo, il 27 novembre 1542, quando un certo Evangelista, vende agli Orsini una vigna in contrada san Salvatore per uso dei cappuccini. II convento primitivo fu una piccola abitazione, costruita quasi di fronte al vecchio ospedale, nei pressi del Casale San Matteo. Nel 1605 fu approvata la costruzione del nuovo convento in contrada San Restituto; nel 1609 la Comunità di Monterotondo comprò il terreno e iniziò la costruzione, affidata al Maestro milanese Antonio Del Grande. Il Comune e la gente di Monterotondo hanno sempre seguito con molta partecipazione le vicende di questo luogo: ne hanno completato la costruzione, curato i restauri, favorito la permanenza dei cappuccini nel convento, anche durante la soppressione degli Ordini religiosi voluta prima da Napoleone e poi dallo Stato italiano. Qui visse ed operò miracoli san Crispino da Viterbo dal 1703 al 1709. Esiste ancora il pozzo di acqua sorgiva che serviva al santo fraticello per innaffiare l'orto, situato a nord del convento. Garibaldi fece del convento il suo punto di riferimento sia nel 1849 sia nel 1867: a quest'ultima data risale la scheggiatura del portale della chiesa, provocata da una cannonata sparata dal palazzo Piombino dai papalini contro i garibaldini accampati in convento. Nell'antico refettorio si conserva la lapide che vi fu posta in occasione del passaggio di Pio IX il 6 ottobre 1853: si fermò a pranzo con i cappuccini, i quali in quella circostanza piantarono il grande pino che recentemente è stato abbattuto da un fulmine e sostituito con uno nuovo. Qui i cappuccini del Lazio, nel 1884, aprirono il primo Seminario Serafico, che vi fu riportato nel 1946; nel 1934 vi fu istituito il corso di filosofia e nel 1938 quello di teologia. Il 4 settembre 1940, il capo del governo Benito Mussolini venne ad ispezionare lo stato maggiore e i soldati accampati nel bosco. Nel 1944 arrivano le truppe tedesche in ritirata e poi molti rifugiati politici dell'una parte e dell'altra, mescolati mimeticamente ai cappuccini. In questo momento difficile per tutti, i cappuccini s'industriano per salvare vite umane, per provvedere cibo e vestiario, s'improvvisano falegnami per costruire bare e seppellire i morti che raccolgono tra le macerie di Monterotondo e della vicina Mentana. Uno di loro, fr. Bernardino da Castel di Tora, fu ucciso dai paracadutisti tedeschi mentre coltivava l'orto del convento, che venne saccheggiato e devastato. Nel periodo della ricostruzione, i Cappuccini procurarono e distribuirono tutto quello che potevano. Impiantarono cantieri di lavoro, colonie elioterapiche, pranzi per i poveri, centri ricreativi. Attualmente riprendono cura, come sempre, dell'assistenza spirituale dei malati e dei sofferenti sia nell'ospedale cittadino che nelle famiglie, è fiorente l'Ordine francescano secolare e la Gioventù francescana. Con varie iniziative e collaborando attivamente con i parroci, favoriscono con umiltà e semplicità la crescita umana e spirituale della popolazione. La piccola chiesa è frequentatissima. Vi si conservano tele del secolo XVII (pala dell'altare maggiore e del coro) e del secolo XVI (Santa Lucia e Sant'Agata nel coro). Il paliotto dell'altare in mosaico con retro in graffito e nella cappella centrale a sinistra il logo del IV centenario raffigurante San Francesco. Alle spalle della chiesa nel giardino vicino al pergolato, scultura di San Francesco in marmo statuario, realizzata dallo scultore Frate cappuccino Remo Rapone. Suggestivo il piccolo chiostro con al centro la cisterna, che con l'acqua piovana, raccolta dai tetti e sapientemente filtrata, ha dissetato - oltre che i frati - il Paese in tempi difficili. Tradizionale la passione della vigna tramandata nei secoli da generazioni di frati viticoltori, oggi curata nei minimi particolari dal Padre Guardiano Enrico D'Artibale da Monterotondo, trova nel nettare sia bianco che rosso, la massima espressione grazie alle tecniche di lavorazione gelosamente custodite e tramandate dai frati. Il bosco è stato conservato con cura attraverso i secoli, con l'amore per la natura, caratteristico dei francescani, perché riconcilia con Dio e con gli uomini. Anche la popolazione, da sempre, è stata gelosa custode di questa rara oasi di verde, di serenità e di pace. La chiesa della Madonna delle Grazie è sita nella piazza omonima del quartiere "Santa Maria". Tra quelle esistenti a Monterotondo è di certo la più antica, anche se non si sa l'anno preciso di edificazione. Dovrà passare molto tempo prima che su commissione di Giacomo Orsini gli si annettesse, nel 1448, il vicino monastero abbattuto poi nel 1932 per fare posto alla sede Monterotondese dell'Onmi. La chiesa presenta un impianto ad unica navata, coperta a volta e con quattro cappelle su ogni lato, comunicanti tra loro e ben decorate. Sull'arco romanico, nell'ultima cappella a sinistra, c'è uno stemma degli Orsini che per la prima volta, sembra, sostituisce alla stella a sei punte la più nota rosa canina. La chiesa conserva alcune tele di buona fattura tra le quali spiccano una Sacra Famiglia del Savonnanzi, una pala d'altare di gusto caravaggesco e il dipinto di una Madonna con Bambino al quale si attribuisce la stessa età della chiesa. La facciata è in stile romanico ma con successivi rimaneggiamenti. In essa si conserva uno dei più interessanti monumenti funebri del Quattrocento laziale. In un'edicola a parete, sopra un sarcofago, è collocato il rilievo equestre di Giordano Orsini. Nella lunetta che sovrasta il monumento si può ammirare una Madonna con Bambino ed angeli oranti, che ricorda vagamente le opere del Verrocchio. Nei primi anni dopo il 2000 la chiesa è stata restaurata per i danni dovuti all'ultimo grande terremoto dell'Umbria. All'origine fu una semplice cappella. Già dal '500 si conservava all'interno una sacra immagine della Vergine la quale, a detta degli antichi abitanti del posto, collocata fuori dalla mura del paese, a breve distanza dalla porta principale, pare ivi posta a custodia e a baluardo del medesimo contro ogni pubblico e privato infortunio. In realtà invocata dagli abitanti del Borgo, cominciò ben presto a far "piovere" su di loro un diluvio di grazie e di benedizioni, tanto che tutti unanimi convennero di chiamarla con l'espressivo nome di: Maria Santissima del Diluvio delle Grazie. Ma essendo il luogo angusto e non in condizioni di ospitare i tanti pellegrini che da ogni parte del Lazio venivano a fare visita alla miracolosa immagine. Venne ampliata grazie alla volenterosa opera degli operai della cava "la Fonte". Nacque così la chiesa di San Rocco. L'edificio non presenta niente di notevole. Entrando si nota subito la freddezza asettica del posto, che però viene presto mitigata fino a scomparire dalla vista della tela posta sopra l'altare, dove troneggia l'immagine della Madonna del Diluvio. Non si tratta di un'opera di gran pregio, tuttavia il quadro è ben eseguito e l'autore ignoto. Le corone d'oro, poste sopra il capo della Madonna e del Bambino, furono trafugate da ladri garibaldini mai identificati nella Campagna del 1867. Furono gli stessi monterotondesi, con personali donazioni, a dotare di nuove corone l'immagine della Madonna. Narra Monsignor Giovannetti di un miracoloso episodio avvenuto nel 1656, durante una famosa epidemia di peste. A Roma, la morte nera fece più di 22.000 morti e nello stato ecclesiastico furono più di 160.000. Solo Monterotondo, fra tutti i paesi vicini, scampò al flagello che infierì particolarmente nella vicinissima Mentana. Si racconta che padre Giuseppe Gessi da Borghetto, religioso dei Frati Minori Conventuali, nel convento della Santissima Concezione in Monterotondo, ebbe una visione soprannaturale nella quale vide un'ombra a cavallo che di gran carriera veniva verso la città dalla parte di Mentana con un flagello in mano per percuotere, mentre la Beata Vergine con il suo Divin Figliuolo ed assistita da San Rocco, le proibiva l'ingresso al paese, facendola tornare sui suoi passi. Gli abitanti del Borgo furono così salvi per intercessione della Madonna. Chiesa della Madonna di Loreto - Costruita nell'Ottocento, e proprietà della Confraternita del Gonfalone, è stata recentemente restaurata (2008). Chiesa di Gesù Operaio. Sita nel Rione Spineti, all'interno è conservata una pietra del Gran Sasso. È stata recentemente restaurata ed ampliata (2010). Chiesa della Vergine SS.ma del Carmine. Sita nel Rione Monterotondo Scalo, all'interno è collocato un organo Fratelli Ruffatti degli anni '50. Chiesa di San Nicola e Vecchio Ospedale - Il complesso dell'ex Ospedale, voluto e fatto costruire da Arcangelo Federici, ricco possidente e benefattore eretino al quale è dedicata l'adiacente via, è sito in piazza Don Minzoni. Questo palazzo era sede dell'ospedale di Monterotondo fino agli anni '30 del Novecento ma ora ospita la biblioteca comunale, con annessi il centro culturale Paolo Angelani e il Museo Archeologico territoriale comunale. Una targa marmorea ricorda il ruolo del complesso nell'Ottocento. All'esterno vi è la chiesa di San Nicola, ora sconsacrata, dove furono ritrovati i resti mortali del suo fondatore Arcangelo Federici, che ora si trovano indegnamente dimenticati in un loculo senza nome del vecchio cimitero. Palazzo Orsini-Barberini Il palazzo baronale che ospita il comune e vari uffici comunali, nonché l'ufficio dei vigili, ha, negli uffici consiliari degli affreschi del palermitano Giacinto Calandrucci (1655-1707), del fiammingo Paul Bril che ha anche affrescato una sala da pranzo di papa Paolo V, e di Girolamo Sciolante (o Siciolante) da Sermoneta (1521-1575) che ha affrescato anche il Castello Caetani di Sermoneta e dipinto una pala d'altare di Bologna.Il palazzo, nel medioevo, fu proprietà degli Orsini, dei Barberini, dei Grillo (la stessa famiglia del film di Alberto Sordi "Il marchese del Grillo") e dei Boncompagni-Ludovisi. La torre, che domina l'intera Valle del Tevere, non è l'originale. È stata infatti ricostruita a seguito del devastante terremoto del 1915 di Avezzano, in cui andò distrutta l'originale. Il 1º novembre 1867 ospitò Giuseppe Garibaldi ed il suo stato maggiore trasferiti da casa Frosi ospiti di Ignazio Boncompagni. Il Principe di Venosa e senatore del Regno indossava la camicia rossa indossata nel 1867. All'interno, nel cortile del palazzo v'è un'importante vera di cisterna in marmo, di scuola romana del XVI secolo con stemma di papa Leone X. Nel cortile esterno ci sono il Giardino del Cigno, e vari monumenti come quello ai caduti della Marina Militare e l'ara ossario per i caduti della Grande Guerra, con il Parco della Rimembranza, recentemente risistemato. Il Cippo-Ossario garibaldino è nel parco della "Passeggiata" con accanto il busto di Raffaello Giovagnoli. Porta Garibaldi Nei pressi della chiesa di San Rocco si trova la Porta Garibaldi, recentemente restaurata. Progettata dall'architetto romano Frontoni nel 1722, fu ultimata nel 1751. Faceva parte delle mura che cingevano gran parte della città. È l'ultima delle quattro porte d'accesso al centro storico rimasta e sostituisce Porta Romana Vecchia, che anticamente era sita nei pressi dell'odierna piazza del Popolo. Tale porta, Monumento Nazionale chiamata Porta Romana prima del 1870, prende il nome dalla conquista della città da parte di Garibaldi il 26 ottobre 1867. Per poter entrare in città, provenendo dalla Valle del Tevere, Garibaldi dovette bruciare la porta che chiudeva l'accesso al centro. In stile romanico-pseudorurale consta di un accesso pedonale al centro storico ad arco a tutto sesto, il transito è consentito dal lato sinistro, guardando la porta dal piazzale antistante. Sulla sommità sventolano il tricolore e la bandiera europea. Tricolore anche sulla torre di Palazzo Orsini. Più avanti due targhe marmoree ricordano la presenza di Giuseppe Garibaldi e del suo stato maggiore in una locanda attigua alla fontana dei leoni. Garibaldi soggiornò anche alcuni giorni nel Castello Orsini prima di avviarsi verso Tivoli per sciogliere la Legione. Una targa apposta in epoca fascista in parte scalpellata negli anni 40 ricordava la Campagna dell'Agro Romano per la liberazione di Roma e la Battaglia di Mentana-Monterotondo combattuta dai Garibaldini (1867) con accenni alla marcia su Roma delle camicie nere. Teatro Francesco Ramarini Il teatro Francesco Ramarini fu eretto nel 1920. È stato recentemente restaurato a seguito di un incendio che ne distrusse il solaio, appiccato da maldestri ladri alla fine degli anni '80. Piazza dei Leoni - La piazza rientra nella sistemazione urbanistica voluta dai Barberini. Al centro si trova la Fontana dei Leoni che ha origine da una precedente collocazione (1845) di una colonna di ordine ionico su leoni di terracotta. Nel 1927 questi ultimi sono stati sostituiti da quattro leoni di travertino scolpiti da Romeo Liberati, scultore eretino. La piazza, assieme alla fontana, è oggetto di dipinti e foto create da artisti locali. Interessante e l'acquerello che ritrae un garibaldino sulla piazza in camicia rossa ad opera di Erika Garibaldi, vedova di Ezio, nipote di Giuseppe. Una copia dell'acquerello è nel Museo di Mentana. Pincetto - Posto su Piazza Duomo, alla destra della Basilica, è una vera e propria terrazza panoramica. Fa da raccordo tra due differenti livelli, quello più basso della piazza e quello più alto della parte vecchia del paese. Opera del 1903 dell'ing. Luca Betti, è un interessante elemento architettonico che riprende il motivo dell'antica cinta muraria, con al centro una fontana che ha alla base una statua che raffigura i tre monti su cui è costruita la città. Sulla parete due lapidi marmoree, la prima dedicata ai caduti di Libia dettata da Raffaello Giovagnoli il 20 settembre 1913, la seconda dedicata alla memoria del fratello Fabio Giovagnoli caduto a Monterotondo nella Campagna del 1867 inaugurata il 20 settembre 1909. I cimeli dell'eroe risorgimentale (sciabola, fascia azzurra di ufficiale ed altro) sono nel Museo della Campagna dell'Agro Romano per la liberazione di Roma nella confinante Mentana. La Passeggiata - È un lungo viale pedonale tratto di Via Bruno Buozzi, ritrovo ogni giorno di ragazzi, ma non solo di Monterotondo, ma anche dei paesi circostanti. Nel parco della Passeggiata è presente un cippo-ossario garibaldino con i resti dei caduti nella battaglia dell'ottobre 1867 (nel 1937 trasferiti nell'Ara-Ossario di Mentana), presente anche una colonna marmorea in ricordo dei 150 militari caduti nella battaglia contro i tedeschi del 1943. C'è anche il busto del patriota Raffaello Giovagnoli, fratello di Fabio, caduto nella battaglia garibaldina per la conquista della città e ricordato con una targa in piazza Giordano Bruno (Duomo) oggi Giovanni Paolo II. In città alcune targhe marmoree che ricordano la presenza di Giuseppe Garibaldi e dei suoi Volontari dal 27 ottobre al 3 novembre 1867. Garibaldi ed Anita, in fuga da Roma dopo la caduta della Repubblica Romana, passarono da Monterotondo il 4 luglio 1849. Un frammento del pino dove si ripararono in piazza S. Maria è nel Museo Nazionale di Mentana. Di rilievo l'arco trionfale, eretto alla memoria dell'eroe dell'aria Fausto Cecconi, trasvolatore atlantico, al quale sono intitolate anche una scuola e lo stadio comunale, posto alla fine della Passeggiata. . Piazza dell'Orologio - Oggi Piazza della Repubblica, conserva l'antico Palazzo dell'Orologio, con un grande orologio sulla parete esterna, ed è il vecchio municipio della città detto anche Palazzo del Priore. Tale palazzo è in stile romanico-barocco. Il pavimento della piazza disegna una sottospecie di meridiana. Altri palazzi sulla piazza sono in stile pseudo rurale. Macchia del Barco e la Macchia della Gattaceca - È una grande riserva naturale, gestita dalla Provincia di Roma, posta tra i comuni di Monterotondo e Mentanae Sant'Angelo Romano. La flora ospita vari tipi di latifoglie tra cui olmi, ontani, larici e molti tipi di querce. La fauna invece è composta da molti tipi di uccelli, scoiattoli, ghiri, volpi e istrici. Soprattutto in estate, è il luogo ideale per manifestazioni di tipo naturalistico organizzate dai due comuni. Monumento Naturale “Cave di Monterotondo Scalo” Archiviato il 7 febbraio 2017 in Internet Archive. Riserva naturale della Marcigliana; Riserva naturale di Nomentum Via Nomentum-Eretum - È l'area archeologica in cui si può vedere distintamente il tracciato dell'antica via Nomentana tra Eretum e Nomentum. Durante tutto l'anno si può visitare il sito grazie alle visite organizzate dalla sede di Monterotondo-Mentana dell'Archeoclub Italia. Parco Cento Passi, dedicato a Peppino Impastato, sito in viale Bruno Buozzi. Parco Arcobaleno, detto Ex-omni, sito in via Kennedy. Giardino del Cigno, sito davanti al palazzo comunale, in piazza Angelo Frammartino. Parco ZeroSei, sito in via Adige, è un parco inclusivo adatto a bambini dall'età di zero a sei anni. Grazie ai suoi criteri di inclusività ogni bambino speciale può giocare serenamente, socializzando con gli altri bambini poiché le barriere architettoniche sono inesistenti. Abitanti censiti Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2010 la popolazione straniera residente era di 3.962 persone. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano: Romania 2.132 5,39% La struttura sanitaria del comune è l'Ospedale Santissimo Gonfalone. Oltre alle scuole dell'infanzia, elementari e medie vi sono diversi istituti di istruzione superiore quali il liceo classico, linguistico e delle scienze umane Catullo, il liceo scientifico Giuseppe Peano, l'IIS "Piazza della Resistenza"; la cui sede centrale (plesso Gerolamo Cardano) offre gli indirizzi di: elettronica, elettrotecnica e meccanica, afferisce allo stesso istituto il liceo scientifico delle scienze applicate e, nella sede associata sita in Via Tirso, offre il percorso di studi di ragioneria e geometri, il C.T.F. Don L. Di Liegro ex Enfap, l'istituto artistico I.I.S. Angelo Frammartino (ex I.P.S.S.C.T.P. Marco Polo), il Liceo Linguistico paritario delle Arti e dello Spettacolo 'Alberto Sordi' e l'Istituto Tecnico Aeronautico paritario 'Santa Maria'. Sede italiana dell'European Molecular Biology Laboratory, dedicata all'epigenetica e alla neurobiologia. Museo Archeologico Territoriale - Il museo, fondato nel maggio 2003, comprende materiale recuperato da carabinieri, polizia e guardia di finanza da scavi clandestini sul territorio circostante e nel corso dei lavori della Società Autostrade per la realizzazione della bretella Fiano-S. Cesareo in seguito a denunce documentate dalla locale Associazione della Stampa. Il percorso museale si divide in 4 sale e comprende ceramiche di Crustumerium, buccheri in stile etrusco di varia provenienza, teste in marmo o travertino provenienti da Eretum e Nomentum. Di particolare interesse anche 3 ricostruzioni di tombe con scheletri o frammenti di scheletri ritrovati a Nomentum ed un modellino-plastico raffigurante una capanna preromana di Fidenae. Museo storico - Il secondo museo, inaugurato il 5 luglio 2016, ha sede nella nuova Torre Civica dello Scalo e rappresenta un continuum con quello archeologico territoriale. Infatti riprende la descrizione delle vicende e della storia di Monterotondo dall'Unità d'Italia fino al 1994. Presenta un'esposizione di reperti, documenti, installazioni multimediali sulle trasformazioni urbane e socio-culturali di Monterotondo Scalo, la memoria delle Fornaci di laterizi, l'identità di quartiere. È strutturato in due sezioni: "Abitare la Memoria" e "Il Senso dei Luoghi". Conserva ed espone l'archivio storico della Città di Monterotondo: In Città. quotidiano telematico di informazione locale Monterotondo Oggi, periodico d'informazione mensile con sede a Monterotondo Il Tiburno Radio Suby Festival delle cerase; consiste nella premiazione del miglior film e miglior protagonista dei film usciti a livello nazionale. La 35ª edizione del Festival si è tenuta a Monterotondo, i film sono stati proiettati ogni lunedì presso il cinema Mancini. Simbolicamente gli attori e i film vengono premiati con delle ciliegine d'oro. Il centro del paese si sviluppa ai lati della Via Nomentana. Vi si trovano i maggiori servizi cittadini, nonché la sede comunale e le maggiori attività commerciali. Come rappresenta lo stemma della città, coniato dagli Orsini, è posto su tre colli e sulla valle che da questi discende. A sua volta si divide in diversi rioni: Centro Storico, Santa Maria, San Rocco, Cappuccini, Crocetta Spinedi, Toffarelle, La Fonte, San Matteo, San Luigi e San Martino. Monterotondo può essere suddivisa in due macroaree: Monterotondo Paese e Monterotondo Scalo Il Centro Storico - È il cuore antico della cittadina ed è sito su un'altura che, come avviene in altri casi simili in area sabina (Poggio Mirteto, Palombara, Collalto sabino, Montelibretti, Montopoli...), nel medioevo ha dato il nome all'abitato. I primi abitanti si stabilirono sull'altura sicuramente prima dell'XI secolo probabilmente in relazione ad un complesso agricolo-difensivo già esistente (la Villa di Campo Rotondo nei pressi di Grotta Marozza citata nei documenti medievali). Seguirono le fasi dell'incastellamento che, insieme al coinvolgimento delle potenze baronali di Roma, i Capocci primi "signori" in enfiteusi, ed in particolar modo della famiglia Orsini, diedero vita al Castrum Montis Rotundi che ritroviamo citato nell'atto di divisione dei beni di Matteo Rosso Orsini del 1286. Le case sono nella maggior parte in stile romanico rurale, originariamente a due piani con scale esterne e profferlo aggettante in facciata. In alcuni casi è ancora possibile ammirare qualche esempio di costruzione duecentesca di questo tipo come via Arcangelo Federici e via Rossini. La parte seicentesca del quartiere, denominata Borgo e costituita dall'asse Piazza Duomo-via Cavour-Piazza del Popolo, è quella più frequentata e quella dove sono concentrate le attività commerciali e dove si svolgono importanti manifestazioni commerciali e culturali, come il mercatino dell'antiquariato. Anticamente si trovava in questo quartiere la chiesa di Sant'Ilario, distrutta nel terremoto della Marsica del 1915, di cui recentemente (2006) sono riemersi i ruderi.Recentemente sono partiti alcuni lavori di restauro volti a riqualificare lo stato di alcune vie minori del centro storico. L'abitato era anticamente cinto da mura di difesa e vi si accedeva attraverso quattro porte (tre delle quali sono scomparse). Oggi è circondato da un anello viario, chiamato Circonvallazione, costituito da viale Giacomo Matteotti, viale Vincenzo Federici e viale Giuseppe Serrecchia. Santa Maria - Altro rione storico del paese, prende il nome dalla chiesa della Madonna delle Grazie (la più vecchia, attestata in base ai censimenti della Sede suburbicaria di Sabina-Poggio Mirteto attorno al IV/X secolo). Vi è anche l'Istituto Angelo Frammartino inserito in quella che fu la palazzina dell'ONMI, Opera Nazionale Maternità e Infanzia. Tra i nati nel complesso sanitario il brigatista Renato Curcio, 23 settembre 1941. Interessante il parco ONMI oggi chiamato "Arcobaleno" nel quale è sistemato il centro anziani comunale. Alcune scuole lo usano come palestra all'aperto ed è spesso sede di feste o di associazioni. La parte vecchia è costituita dall'asse via Edmondo Riva-piazza Santa Maria delle Grazie da cui si dipartono vie minori. Cappuccini - È la zona adiacente al convento dei Cappuccini, il quale ospita attività culturali in collaborazione con alcune scuole eretine e un bosco sito d'incontri e di aggregazione, soprattutto d'estate per via del refrigerio che porta la copertura arborea. È uno dei rioni storici che compongono il centro cittadino ed è prettamente residenziale. Si sviluppa lungo viale Fausto Cecconi, ultimo tratto viale Bruno Buozzi e via Pietro Nenni. Lungo il tratto urbano della Nomentana si può trovare: il Centro Commerciale di Monterotondo (costruito da pochi anni); il quale è meta di importanti attività commerciali e di attività culturali e di svago nonché uno dei principali luoghi di incontro tra giovani, oltre al vicino, ed anch'esso recentissimo, McDonald's di Monterotondo. Forma un unico rione con i luoghi denominati San Matteo, Sant'Angelo e La Torraccia. Spinedi - Si trova presso la chiesa di Gesù Operaio ed è una zona abbastanza recente con grandi ville. Zona agricola fino agli anni '60, è abitata perlopiù da popolazione di origine abruzzese. In via Tirso ha sede l'Istituto tecnico per ragionieri e per geometri ITCG Via Tirso, associato con l'Istituto Superiore Piazza della Resistenza 1 (ex Cardano). In piazza Gandhi in estate, grazie al comitato, ha luogo la sagra dello spiedino. Un'altra festa organizzata dalla parrocchia di Gesù Operaio è San Gabriele il secondo fine settimana di settembre. Forma un unico Rione con le Tufarelle (anticamente Toffarelle), che è la zona antistante il Cimitero vecchio, e il Rione La Fonte, anch'esso prettamente residenziale, in cui si trovano i più importanti impianti sportivi cittadini, come lo Stadio Fausto Cecconi e lo Stadio del Nuoto, nonché sede di istituti scolastici. Monterotondo Scalo: si sviluppò in seguito alla costruzione della stazione ferroviaria che fu inaugurata il 28 aprile del 1864. Posta sulla via Salaria rappresenta il punto d'unione di quest'ultima con la via Nomentana. All'inizio fu un coagulo di modeste abitazioni in stile rurale e fattorie poste sulla riva sinistra del Tevere, trasformata negli anni in zona residenziale e commerciale. Negli anni '50 fu costruita una nuova chiesa parrocchiale per la crescente popolazione. Venne inaugurata così la chiesa di Santa Maria del Carmine, in stile moderno, mentre il santo patrono è San Michele Arcangelo che si festeggia il 29 settembre. Pie' di Costa: si trova ai piedi della costa delle colline che si affacciano lungo la valle del Tevere, nella parte di territorio ad ovest del comune. Nata essenzialmente come coagulo di modeste abitazioni rurali che sono state in seguito riassorbite dall'edilizia successiva, è oggi parte della zona di Monterotondo Scalo ed è una zona a vocazione commerciale. È la porta d'ingresso alla città, posta interamente sulla via Salaria e sul vecchio tracciato della Nomentana, che prende il nome di via Monti Sabini. Grotta Marozza: località di campagna dove sono siti i ruderi di un centro abitato risalente al X° secolo sulla cima d'un colle che domina la bassa sabina, la Valle del Tevere, l'agro falisco-capenate, fino a scorgere in lontananza i monti Tiburtini e Prenestini Tor Mancina: è una zona agricola e verdeggiante posta a nord-est del comune. Pressoché disabitata, vi si accede attraverso vie private. È importante per la sede di un comprensorio di studi agro-zootecnici del CNR come l'istituto di geologia ambientale e geoingegneria, l'istituto di ricerca sulle acque, l'istituto sull'inquinamento atmosferico, l'istituto di metodologie inorganiche e dei plasmi, l'istituto di metodologie chimiche, l'istituto di studi sulle civiltà italiche e del mediterraneo antico e l'istituto di biologia cellulare. Monterotondo è da sempre terra di Lavoro. Fino agli anni '50 dello scorso secolo la popolazione era perlopiù impegnata del settore primario ed il centro era poco più di un borgo. Con il boom economico degli anni '60 e '70 esploso in tutta Italia, la popolazione è aumentata grazie al notevole afflusso di popolazione da regioni come Marche, Umbria e Abruzzo che hanno trovato posto nella comunità monterotondese, facendo quindi anche espandere il paese. I migranti erano attratti soprattutto dai molti posti di lavoro che Monterotondo offriva. Infatti nella zona delle Fornaci e Valle Ricca, ma anche sulla via Salaria, vennero costruite diverse fabbriche, soprattutto fornaci, specializzate nella lavorazione di mattoni, ceramiche e laterizi. I migranti umbri, marchigiani ed abruzzesi ampliarono il paese costruendo quei rioni che sono conosciuti oggi come Spinedi e Borgonovo. Il boom industriale si esaurisce, come nel resto d'Italia, alla fine degli anni '80. La città quindi si riconverte e diventa un centro del terziario. L'industria occupa ancora una voce non poco significativa per l'economia del paese. Infatti nella Valle del Tevere, tra la via Salaria e la Traversa del Grillo, è sita la nuova Zona industriale che ospita, oltre a fabbriche locali, filiali di grandi aziende nazionali e internazionali. Il comune di Monterotondo è al centro di un vasto territorio che si trova geograficamente nella bassa Sabina, lungo la riva sinistra del Tevere ed è quindi un centro in movimento essendo dotata di molti servizi fondamentali (come per esempio scuole superiori, ospedale, distretto sanitario, associazioni di categoria, stazione FS ecc.) non solo utili per i suoi abitanti ma anche per i centri del circondario. Essendo anche ben collegato con Roma (via Salaria sulla linea Rieti-Roma) è anche crescente il fenomeno del pendolarismo verso l'Urbe È uno dei comuni della città metropolitana di Roma Capitale il cui territorio è compreso nell'area di produzione dell'Olio di Sabina (DOP). Tra le attività economiche più tradizionali, diffuse e rinomate vi sono quelle artigianali, come l'estrazione e la lavorazione del travertino, finalizzata ai settori dell'edilizia ed a quelli artistici. Centro radio-collegamenti del ministero degli Interni Strada statale 4 Via Salaria, collega Monterotondo a Roma e Rieti. strada statale 730 del Nucleo Industriale di Monterotondo collega la zona industriale e Monterotondo Alto, al casello autostradale Castelnuovo di Porto dell' A1 e all'odierna Via Tiberina Strada Provinciale 22a via Nomentana, collega Monterotondo a Mentana, Fonte Nuova e alle località limitrofe. La SP 18/a Traversa del Grillo permette di raggiungere i comuni limitrofi della Valle del Tevere come Fiano Romano, Capena, Morlupoecc. La SP 24/b Via di Castelchiodato, successivamente Via del pisciarello, permette di raggiungere Castelchiodato, Palombara Sabina Moricone, Sant'Angelo ecc... La SP 2/f via delle Fornaci-Valle Ricca permette di raggiungere la via Salaria in località Valle Ricca. È chiamata così in quanto vi sorgevano le principali fornaci di laterizi eretine nate nel primo dopo guerra, alcune delle quali ancora attive. La SP 25/b (comunemente nota come Lo Stradone) è una strada a scorrimento veloce, inaugurata nell'ottobre del 2002 per decongestionare il centro cittadino dal traffico a lunga percorrenza proveniente da Mentana e diretto alla via Salaria. Il km 0 è posto all'intersezione con la Nomentana e si snoda per più di 5 km nella campagna eretina, andando ad intersecare varie strade urbane ed extraurbane, per poi confluire nella SP 18/a Traversa del Grillo nei pressi di San Martino e nella Via Salaria presso l'osteria della fortuna. È costeggiata da una pista ciclabile fino alla chiesa di San Martino La Stazione di Monterotondo-Mentana, aperta nell'ottobre 1867 (la scritta del Comune confinante per anni sul fabbricato della Stazione FS è sparita al termine di un recente restauro), consta di 3 banchine, per complessivi 4 binari nonché di due parcheggi di proprietà della provincia di Roma, in dotazione al comune di Monterotondo. Fanno scalo a Monterotondo-Mentana la linea FL1 (ferrovia regionale del Lazio) (Orte - Fara Sabina/Poggio Mirteto - Fiumicino Aeroporto) e alcune corse della FL3 (5 al mattino e due al pomeriggio verso Roma, viceversa verso Rieti), con corse dirette a Cesano, Bracciano o Viterbo Porta Romana Monterotondo è raggiungibile attraverso le linee Cotral del servizio di trasporto pubblico della Regione Lazio, che lo collegano a Roma, Mentana, Rieti, Palombara Sabina, Passo Corese, Montelibretti, Moricone, ecc. Sempre il Cotral gestisce la navetta locale, che collega i comuni di Mentana e Fonte Nuova, e le loro frazioni, alla stazione FS di Monterotondo. Essendo la città polo didattico con numerosi licei e istituti di istruzione superiore, durante il periodo scolastico sono attive altre linee extraurbane sempre gestite da Cotral, mentre quelle esistenti fanno un percorso differente in alcune fasce orarie. Sono presenti anche 4 autolinee urbane gestite dalla ditta Rossi Bus. Ippolife SSD ARL ASD Atletico Monterotondo Podistica Eretum Attualmente sono presenti le seguenti squadre: Eretum Monterotondo che dal 2020 non ha più iscritto la prima squadra maschile a nessuna competizione, continua le proprie attività con il settore giovanile e con la compagine femminile che milita nel campionato di Eccellenza. Real Monterotondo Scalo che nel campionato 2023-2024, milita in Serie D. ASD Monterotondo 1935 che nel campionato 2023-2024 milita in Promozione, e il Castrum Monterotondo che milita nel campionato 2023-2024 in Prima categoria; Nella frazione di PiediCosta gioca la squadra di calcio a 5 a.s.d. A.S.D. Play Time Monterotondo, i cui colori sociali sono il verde, il bianco e il rosso in onore al tricolore Italiano. La squadra milita in Serie D calcio a 5. È di recente inaugurazione lo stadio del nuoto "Città di Monterotondo", la piscina comunale olimpionica in località Pratone che durante i campionati di Roma '09 ha ospitato gli allenamenti di alcune nazionali di nuoto come USA e Australia. Inoltre ha ospitato (il 14 luglio del 2009) un'amichevole di pallanuoto tra le formazioni femminili di Stati Uniti e Italia con il risultato di 8 a 8. L'evento era completamente gratuito. L'impianto costruito con i finanziamenti da parte della Regione ha costituito il vecchio impianto ormai logoro e vecchio. I lavori si sono svolti in più di 4 anni con disagi per gli amanti di questo sport nella città eretina che hanno visto completamente chiuso l'unico impianto pubblico cittadino, rivolgendosi a strutture limitrofe. Volley Team Monterotondo che nel 2020-2021 milita nel campionato maschile di Serie B. Stadio "Fausto Cecconi" Stadio "Ottavio Pierangeli" Stadio del Nuoto "Città di Monterotondo" Palazzetto dello Sport Palazzetto della "Pro Juventute" Pista ciclabile con area fitness AA.VV., Monterotondo, storia, arte, folklore, "Studio idea", s.d.; P. ALBISINNI e L. DE CARLO, Dal rilievo verso il progetto, documentazione per il rinnovo urbano a Monterotondo, Università degli Studi "La Sapienza", Tip. Balzanelli, 1988; I. BETTI, Monterotondo, Roma 1966; R. CORDOVANI, I Cappuccini e Monterotondo, Rotary Club Monterotondo Mentana, 1984; A. DI GENOVA, Le sale affrescate, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, 1989; Consiglio Pastorale parrocchiale (a cura di),Il Duomo di Monterotondo 1639-1989, 1989; P. FILESI, Contributo alla storia di Monterotondo, Tolentino 1906; B. MARCHETTI, Monterotondo, 1981; B. Marchetti, Lo statuto di Monterotondo, 1984; P.N. PAGLIARA, Monterotondo, in Storia dell'Arte Italiana, vol. 8, Einaudi, Torino 1980, pp. 233–278; Sirio PANDOLFI, Monterotondo, una città da salvare, 1973; O. SCARDELLETTI, Raccontare Monterotondo, Balzanelli 1992; S.G. VICARIO, Monterotondo in Sabina, I ed., La Rondine, Roma, 1970; II ed. Mezzaluna, 1987; EUGENIO MOSCETTI, Tra Nomentum e Corniculum. 1985-2009. Venticinque anni di scoperte archeologiche, scavi, e recuperi nel territorio nomentano, cornicolano, e della Sabina romana. Monterotondo 2012 www.retisolidali.it/parco-inclusivo-zerosei/ www.comune.monterotondo.rm.it/home/esplorare/cultura/festival-delle-cerase/ Archiviato il 30 ottobre 2020 in Internet Archive. Via di Francesco Valle del Tevere Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Monterotondo Sito ufficiale, su comune.monterotondo.rm.it.

Museo della strumentazione e informazione cristallografica

Il museo della strumentazione e informazione cristallografica si trova presso la sede di Roma dell'Istituto di cristallografia del CNR, sita presso l'Area della Ricerca di Montelibretti. Il museo è stato ideato e realizzato dall'ingegnere Fausto D'Aprile presso la sede di Roma dell'Istituto di Cristallografia del CNR. Al suo interno conserva materiale risalente agli inizi del XX secolo. Il museo è suddiviso in tre sezioni: la sezione strumentazioni conserva strumenti ed apparecchi originali tra cui: diffrattometri automatici utilizzati per le polveri ed i cristalli singoli; goniometri di Weissemberg, Buerger, Guinier de Wolff; varie camere per diffrazione; goniometri ottici, microscopi ottici e elettronici; microdensitometri; goniocomparatori; criostati; spettrometri; altri strumenti elettronici, dispositivi ed accessori per analisi ai raggi X; la sezione documentazione che, oltre alla documentazione scientifico-tecnica, consta di un archivio storico, delle pubblicazioni del secolo scorso e dei fondi archivistici dei professori Giordano Giacomello ed Alessandro Vaciago con loro materiale didattico; la sezione galleria fotografica raccoglie foto di vecchi e nuovi strumenti cristallografici. Il museo ha fornito competenze, strumenti e documentazione scientifica per costituire presso il dipartimento di Chimica e Tecnologie del Farmaco (CTF) dell'Università La Sapienza di Roma una mostra permanente dedicata alla figura e all'opera di Giordano Giacomello e alla sua scuola. La mostra, curata da Fausto D'Aprile, permette di seguire un itinerario storico-scientifico della chimica italiana del '900, di cui Giacomello è stato una delle figure più rappresentative. Pagina web del Museo da cui, tramite la pagina Opere presenti si accede ad una visita virtuale e ad una guida in formato PDF

Lucus Feroniae
Lucus Feroniae

Lucus Feroniae è un sito archeologico situato nel comune di Capena, sull'antica via Tiberina. È localizzato nei pressi del casello autostradale della A1 Roma-Milano. Secondo la tradizione era una colonia Falisca. Lucus Feroniae era un antico lucus dedicato alla dea sabina Feronia, protettrice delle liberte, le ex-schiave delle matrone romane. La città, sita nella pianura lungo il fiume Tevere, era già abitata nella seconda metà del III secolo a.C. Il santuario era frequentato sia dai Latini sia dai Sabini anche al tempo di Tullo Ostilio, per alcuni anche dagli Etruschi, sia per motivi religiosi, sia per i commerci che vi si facevano, durante le festività, che facevano di Lucus un importante centro commerciale. Il ricco sanutario fu saccheggiato da Annibale nel 211 a.C.. Divenne colonia romana al tempo di Gaio Giulio Cesare In età imperiale divenne una comunità indipendente con lo status di colonia in cui si insediarono veterani di Ottaviano (Colonia Iulia Felix Lucus Feroniae) e rimase un centro, essenzialmente agricolo, fino al IV secolo, quando il sito fu abbandonato. La disposizione est-ovest del luogo fa ipotizzare una correlazione con la limitrofa area sacra di Feronia. Il parco archeologico comprende il Foro rettangolare sul quale si affaccia una terrazza sacra, con l'Aedes Genii Coloniae di età augustea (12 a.C.), un Augusteum tardo-tiberiano, una culina connessa agli Augustales e il Tempio di Salus Frugifera, tutti aperti su un cortile colonnato dorico sotto cui erano collocate statue di benemerenti della città. Un altro portico colonnato borda il Foro solo sul lato occidentale, sul quale si aprono tabernae, alcune delle quali pavimentate con mosaici, mentre all'ingresso di altre una sorta d'ideogramma faceva capire l'attività del commerciante svolta all'interno (una sorta d'insegna pubblicitaria moderna). Al centro del Foro pare che ci fosse una statua di imperatore. Dietro le tabernae sono stati rinvenute alcune delle insulae residenziali. Nel sito archeologico si trovano anche un anfiteatro con una capienza di circa 5000 persone (di età traianea), due termae con annessi frigidarium, tepidarium, calidarium, un'area sacra e, fuori il centro urbano, la Villa dei Volusii Saturnini. La Villa dei Volusii si trova a 400 metri circa dalla restante zona archeologica di Lucus Feroniae a ridosso dell'area di servizio "Feronia Ovest" dell'autostrada A1, in prossimità del casello di Fiano Romano, di sicuro la più grande villa nei dintorni di questo piccolo centro romano sull'antica via Tiberina. Questa era un complesso residenziale, dotato di due grandi peristili (quello settentrionale è stato in passato confuso con un ergastulum, mentre quello meridionale era legato alla produzione agricola) e una cisterna a quattro navate. Ha restituito interessanti ritratti (Caligola, Agrippina minore, Nerone, Vibia Sabina) ed erme marmoree di Menandro, Euripide ed Eracle tipo Lansdowne. Nel quartiere propriamente residenziale della villa sono conservati splendidi mosaici di tarda età repubblicana. Nel museo annesso si possono ammirare delle statue provenienti dallo scavo del Foro e dell'area suburbana. Numerosi monili, anfore, busti e travertini con incisioni latine, testimonianze della antica civiltà. Dal 2007 l'antiquarium ospita anche i blocchi del Mausoleo di Fiano Romano con scene gladiatorie. Mario Torelli, LUCUS FERONIAE, Enciclopedia dell'Arte Antica, 1973. Feronia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Lucus Feroniae Francesca Romana Paolillo, Il Lucus Feroniae e la città etrusca di Capena, su blog.archeologia.com, 24 gennaio 2009. URL consultato il 27 marzo 2022 (archiviato dall'url originale il 20 settembre 2013). Gladiators Rescued from Tomb Raiders Lie Forgotten under Sheets, su corriere.it. Lucus Feroniae, su romanoimpero.com. Il Museo Nazionale e area archeologica di Lucus Feroniae, su beni-culturali.provincia.roma.it. Lucus Feroniae sull'enciclopedia Treccani Lucus Feroniae su spazioinwind.libero.it

Villa dei Volusii
Villa dei Volusii

La Villa dei Volusii o Villa dei Volusii-Saturnini è un sito archeologico situato nel comune di Fiano Romano, nelle vicinanze del santuario di Lucus Feroniae, lungo l'antica Via Tiberina. Questa villa rappresenta un esempio finora unico di grande proprietà senatoria scavato per intero in Italia. La villa fu rinvenuta a poche centinaia di metri dal santuario di Lucus Feroniae in modo fortuito nel 1962 duranti i lavori per la costruzione dell'Autostrada del Sole all'altezza del casello di Fiano Romano anche se già era nota da tempo la presenza nell'area di strutture relative ad un criptoportico di età romana. Dal 1962 al 1971 furono condotti, in accordo tra la Sovrintendenza per l'Etruria Meridionale e la Società Autostrade S.p.A., gli scavi integrali dell'ampio complesso, tagliato in due dalla rampa di accesso autostradale. In seguito, fino agli anni '90, si è provveduto alla sistemazione del sito, con il restauro delle strutture e dei pavimenti a mosaico, l'allestimento di un piccolo antiquarium e per ultimo l'installazione di coperture in legno a protezione degli ambienti della villa esposti agli agenti atmosferici. La villa rustica si inserisce perfettamente nel novero di quelle ville costruite in età repubblicana dalle famiglie senatorie a poca distanza da Roma, in un territorio fertile e molto conteso dal punto di vista del mercato immobiliare dell'epoca, essendo non solo una residenza di campagna ma anche sede di strutture produttive. La villa fu edificata intorno alla metà del I sec. a.C. dalla famiglia senatoria dei Volusii Saturnini, probabilmente su una struttura preesistente appartenuta alla famiglia degli Egnatii, oppositori di Augusto ai quali fece sequestrare i beni dopo la loro morte. Da Quinto Volusio, personaggio noto a Cicerone, la villa passò al figlio Lucio Volusio Saturnino, console nel 12 a.C., che ampliò la costruzione, adattandola allo stile delle ville ellenistiche, in voga nell'età augustea, dotandola di impianti residenziali e termali, arricchendola con nuove decorazioni a mosaico e ampliando il settore signorile con l'edificazione di un gigantesco peristilio con all'interno il lararium con le statue degli antenati della famiglia. Alla morte dell'ultimo discendente della famiglia dei Volusii, Quinto Volusio Saturnino che fu console nel 56 d.C., la villa probabilmente fu acquisita dal demanio imperiale. Il complesso fu ulteriormente ampliato in età adrianea-traianea, subì restauri tra il III e il IV secolo d.C. e fu frequentata fino al V secolo d.C. quando nella parte residenziale fu impiantato un piccolo cimitero. A partire dall'alto medioevo, vi fu prima realizzato un edificio religioso e poi un piccolo centro fortificato con torri ed, infine, un casale rustico riportato nelle mappe della zona del XVI secolo. La villa, costruita su un terrapieno che offre una vista panoramica sulla bassa valle del Tevere, si estendeva su due livelli con quello superiore che ospitava la residenza signorile dotata di un atrio polistilo, stanze sul lato sinistro, cubicoli e triclinio su quello destro, tablino sul fondo, mentre sul fianco destro del quartiere signorile sorgeva il peristilio nord con il lararium e ambienti realizzati in epoca imperiale, con funzionalità residenziali. Il peristilio sud, invece, ospitava ambienti produttivi, come ad esempio un frantoio, una cisterna e, forse, dei ninfei. Il sito archeologico della Villa dei Volusii è accessibile attraverso quello di Lucus Feroniae tramite un ponte pedonale che permette ai visitatori di attraversare la strada provinciale 15/A Tiberina che separa i due siti. Il sito è anche accessibile, previa prenotazione, dall'Area di Servizio Feronia Ovest dell'Autostrada A1 (direzione Roma). Il sito archeologico della Villa dei Volusii, così come Lucus Feroniae, è stato inserito nel progetto del Museo Virtuale della Valle del Tevere. Questo progetto, realizzato dal CNR, mirava a produrre un sistema integrato di conoscenza e valorizzazione culturale della media Valle del Tevere finalizzato alla promozione del territorio e la disseminazione culturale. In particolare, uno degli obiettivo del progetto è stato realizzare una ricostruzione in 3D degli ambienti della villa. La gestione della villa è in concessione ad Autostrade per l'Italia. L'ingresso è gratuito. Mario Torelli, Supplemento all'Enciclopedia dell'Arte Antica, Roma, 1973, SBN IT\ICCU\UFI\0016870. Anna Maria Sgubini Moretti e Mario Moretti, La villa dei Volusii a Lucus Feroniae, Roma, 1977, SBN IT\ICCU\NAP\0159475. Giuseppe Tomassetti, Cassia, Clodia, Flaminia, Tiberina, Labicana, Prenestina, in Luisa Chiumenti e Fernando Bilancia (a cura di), La campagna romana: antica, medievale e moderna, vol. 3, Firenze, Olschki, 1980, ISBN 88-222-2884-7, SBN IT\ICCU\RML\0081080. Gianfranco Gazzetti, La villa dei Volusii a Fiano Romano, Roma, Quasar, 1997, SBN IT\ICCU\RMS\0095640. Giuliana Boenzi, Antonella Ciccarese, Paola Di Giammatteo, Francesca Fei, Gianfranco Gazzetti e Enrico Angelo Stanco, Terra di Fiano : ricerche di storia, arte, archeologia, Roma, Quasar, 1997, SBN IT\ICCU\BVE\0150071. Anna Maria Sgubini Moretti, La ristrutturazione di età augustea, in Anna Maria Sgubini Moretti (a cura di), Fastosa rusticatio: la villa dei Volusii a Lucus Feroniae, Roma, L'Erma di Bretschneider, 1998, SBN IT\ICCU\CFI\0429115. Clementina Sforzini, Le fasi successive, in Anna Maria Sgubini Moretti (a cura di), Fastosa rusticatio: la villa dei Volusii a Lucus Feroniae, Roma, L'Erma di Bretschneider, 1998, SBN IT\ICCU\CFI\0429115. Marina De Franceschini, Ville dell'agro romano, Roma, L'Erma di Bretschneider, 2005, SBN IT\ICCU\PUV\0996600. Annalisa Marzano, Roman villas in central Italy: a social and economic history, Boston, Brill, 2007, SBN IT\ICCU\VEA\0722624. Sara Zanni, La Villa dei Volusii Saturnini a Lucus Feroniae: ambienti virtuali per la ricerca archeologica (Tesi di dottorato) (PDF), Milano, Università degli Studi di Milano, 2013. Armando Cristilli, In der Villa der Volusii. Neue Überlegungen zum Porträt der Agrippina minor in Lucus Feroniae, in Antike Welt, 2020, pp. 68-73. Armando Cristilli, Family and Political Power in the Landscape: the Villa of the Gens Volusia at Lucus Feroniae, in Experiencing the Landscape in Antiquity Edited by A. Cristilli, A. Gonfloni, and F. Stok, I Convegno Internazionale di Antichità – Università degli Studi di Roma ‘Tor Vergata’, Oxford, BAR, 2020, pp. 241-246. Armando Cristilli, Public and Private Luxuria at Lucus Feroniae. The Marble Sculptures of the Volusii Saturnini Villa, in L. Berger - F. Lang - C. Reinholdt - B. Tober - J. Weilhartner (eds), Gedenkschrift für Wolfgang Wohlmayr, Salzburg, ArchaeoPlus. Schriften zur Archäologie und Archäometrie der Paris-London-Universität Salzburg, 13, 2020, pp. 65-72. Lucus Feroniae Fiano Romano Via Tiberina Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa dei Volusii Sito ufficiale, su sabap-rm-met.beniculturali.it. Villa dei Volusii su sito dei Beni Culturali del Lazio Villa dei Volusii sul sito del progetto Museo Virtuale della Valle del Tevere

Valle del Tevere
Valle del Tevere

La valle del Tevere è la maggiore entità geografica parte del bacino idrografico del fiume Tevere compreso nella Regione Emilia-Romagna, la Regione Toscana, la Regione Umbria e la Regione Lazio; è caratterizzata da terrazzi fluviali e aree golenali che si protraggono dalla fascia appenninica sino al delta del fiume Tevere nel litorale del Mar Tirreno. Unione dei Comuni Montani della Valtiberina Toscana formata dai comuni di Anghiari, Badia Tedalda, Caprese Michelangelo, Monterchi, Sansepolcro e Sestino. Comunità montana Associazione dei comuni "Trasimeno-Medio Tevere" Unione dei comuni della Teverina composta dai comuni del Lazio di Bagnoregio, Castiglione in Teverina, Celleno, Civitella d'Agliano, Graffignano. Unione dei Comuni della Valle del Tevere formata dai comuni del Lazio di Collevecchio, Magliano Sabina e Stimigliano. Unione dei Comuni Valle del Tevere - Soratte, formata dai comuni del Lazio di Civitella San Paolo, Filacciano, Nazzano, Sant'Oreste e Torrita Tiberina. Consorzio intercomunale dei servizi e interventi sociali Valle del Tevere, il Consorzio, nato il 1º giugno 2015, è costituito dai 17 Comuni del distretto socio-sanitario 4 della ASL Roma 4: Campagnano di Roma, Capena, Castelnuovo di Porto, Civitella San Paolo, Fiano Romano, Filacciano, Formello, Magliano Romano, Mazzano Romano, Morlupo, Nazzano, Ponzano Romano, Riano, Rignano Flaminio, Sacrofano, Sant’Oreste e Torrita Tiberina. Parco Fluviale del Tevere - Regione Umbria Parco Fluviale interregionale del Tevere - Proposta in Regione Lazio Riserva Naturale Alta Valle del Tevere Parco Fluviale del Tevere, dei Mulini o dei due Fiumi - Torgiano Parco Fluviale del Tevere Ansa degli Ornari ZPS SIC- Ponte Valleceppi Perugia Oasi naturalistica Lago di Alviano Monumento Naturale Balza di Seppie (Calanchi) - Lubriano Riserva naturale Monte Casoli di Bomarzo Parco dei Mostri Oasi Lago di San Liberato di Narni Monumento Naturale Forre del Rio Fratta Pian Sant'Angelo Parco Regionale Valle del Treja (Paleotevere) Riserva Naturale del Monte Soratte (Dorsale Tiberina) Riserva Naturale Regionale "Lago di Nazzano" Tevere-Farfa Monumento Naturale Laghetti in località Semblera Monterotondo Parco Regionale di Vejo Riserva Naturale della Marcigliana Riserva Naturale Valle dell'Aniene Parco Fluviale Urbano di Roma - Oasi urbana del Tevere Parco Tevere Marconi - Parco Tevere sud Magliana Roma Foce del Tevere - Riserva Naturale Statale del Litorale Romano Il bacino del Tevere è costituito da quattro principali ambienti morfo-strutturali: • l’alto bacino del Tevere, occupato prevalentemente dai depositi terrigeni in facies di Flysch di origine toscana (in riva destra a Nord del lago Trasimeno) e umbro-marchigiana (in riva sinistra) • la dorsale carbonatica appenninica, che occupa il settore orientale e meridionale, costituita da rilievi carbonatici; • il graben del Tevere con i suoi depositi di facies da marina a continentale, le conche intermontane; • gli apparati vulcanici dei Monti Vulsini, Cimini, Sabatini e Albani, che occupano il settore sudoccidentale; Graben: Graben del Paleotevere Graben del Paglia-Tevere Graben del Tevere, valle del Chiani Graben del Paleotevere Graben del Paglia-Tevere Graben del Tevere, valle del Chiani Parco regionale del Tevere, Regione Umbria, differenti sistemi pedologici: “Pianura della Bassa Valle del Tevere di Alviano”, “Collina di Baschi”, “Collina di Civitella del Lago”, “Collina di Ficulle”, “Pianura del Paglia”, “Collina di Deruta” e “San Terenziano”, “Pianure della media Valle del Tevere”, “Collina di Doglio”, “Colline e montagne da Titignano a Calvi”, “Collina da Montecchio a Calvi dell'Umbria”, “Collina da Piegaro a Corbara” Rete regionale di monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee, reticolo idrografico della Valle del Tevere, Regione Umbria. Foresta fossile di Dunarobba sulle sponde del Lago Tiberino, era geologica Pleistocenica cenozoica, nel comune di Avigliano Umbro. GAL Media Valle del Tevere - Regione Umbria; comuni di Assisi, Bastia Umbra, Bettona, Collazzone, Corciano, Deruta, Fratta Todina, Marsciano, Massa Martana, Monte Castello di Vibio, Perugia, Todi e Torgiano, Acquasparta e Avigliano Umbro. G.A.L. Associazione Alto Tevere APT dell'Alta Valle del Tevere G.A.L in Teverina - Regione Lazio; Bagnoregio, Bolsena, Bomarzo, Capodimonte, Castiglione in Teverina, Celleno, Civitella di Agliano, Graffignano, Lubriano, Marta e Montefiascone Centro di Documentazione Etnografico del Tevere - Pretola Ecomuseo del Tevere Museo Statale delle Arti e Tradizioni Popolari dell’Alta Valle del Tevere - Anghiari Il Centro delle tradizioni popolari “Livio Dalla Ragione” - Garavelle Frazione di Città di Castello Museo Archeologico Nazionale dell'Umbria - Perugia Il Museo regionale della ceramica di Deruta Museo del Vino e delle Scienze Agroalimentari MUVIS di Castiglione in Teverina Museo della Civiltà Contadina e Antiquarium comunale - Tenaglie Frazione di Montecchio Museo Civico di Lugnano in Teverina Museo Naturalistico di Lubriano Museo Geologico e delle Frane museo regionale - Civita di Bagnoregio Ecomuseo della Ciliegia e Museo diffuso dei Ricordi, della Civilita' Contadina e Archeologico - Celleno Ecomuseo della Teverina - Mugnano in Teverina Museo Civico Archeologico di Orte Museo comunale Antiquarium archeologico di Otricoli Museo civico di Gallese in teverina Museo Nazionale dell'Agro Falisco archeologico - Civita Castellana Museo Civico Archeologico di Magliano Sabina Polo Scientifico Museale di Nazzano "Museo del Fiume" Museo Archeologico Virtuale di Narce MAVNA - Mazzano Romano Museo Preistorico del Territorio Tiberino-Cornicolano Museo Casal dei Pazzi, preistorico archeologico - Roma Museo delle navi di Fiumicino - Parco archeologico di Ostia antica L'Itinerario delle forre etrusche e della valle del Tevere, all'interno del progetto del Sistema delle Aree Protette della Regione Lazio, Le Strade dei Parchi, percorre i paesaggi fluviali e i caratteristici borghi del Lazio a nord di Roma che si affacciano sulla valle del Tevere. È composto da 4 tappe: 1 Da Settevene a Calcata 2 Da Calcata a Sant'Oreste 3 Da Sant'Oreste a Torrita Tiberina 4 Da Torrita Tiberina a Civitella San Paolo La Ciclovia del Tevere è un percorso cicloturistico che collega Città di Castello a Perugia lungo 85 km sulle sponde del fiume Tevere. Tappa - Da San Giustino a Umbertide Tappa - Da Umbertide a Ponte San Giovanni Il percorso Ciclabile del Tevere è un percorso ciclabile pedonale del Comune di Roma lungo il tratto urbano sugli argini e lungotevere da Castel Giublileo fino a Mezzocammino Il tratto della Ciclabile del Tevere da Castel Giubileo a Ponte Milvio è stato intitolato a sette donne della resistenza romana: Adele Bei, Egle Gualdi, Adele Maria Jemolo, Laura Lombardo Radice, Marisa Musu, Laura Garroni, Maria Teresa Regard L'Itinerario della Strada del Vino della Teverina, parte dal MUVIS - Museo del vino e delle Scienze agroalimentari, a Castiglione in Teverina e comprende i comuni di Bagnoregio, Bomarzo, Castiglione in Teverina, Celleno, Civitella d'Agliano, Graffignano e Lubriano, nella Valle del Tevere. La Strada dei Vini nella Valle del Tevere è un itinerario che comprende i comuni di Orvieto, Amelia, Allerona, Alviano, Castel Viscardo, Ficulle, Lugnano in Teverina, Narni, Penna in Teverina e San Venanzo. La Strada, con le sue varianti, attraversa le zone di produzione di vini a Denominazione di Origine Controllata (DOC "Orvieto", "Rosso Orvietano", "Lago di Corbara" e "Colli Amerini"), o a Indicazione Geografica Tipica, dai nomi noti e meno noti, bianchi e rossi, che valorizzano alcuni vitigni e/o uvaggi (IGT "Umbria", "Allerona", "Narni") RIM è la rete interattiva dei musei e degli itinerari nell'Alta Valle del Tevere in Umbria, tra i comuni di Citerna, Lisciano Niccone, Monte Santa Maria Tiberina, Montone, San Giustino e Umbertide. La rete RIM sei itinerari nel territorio dedicati all’archeologia, al Rinascimento e all’arte contemporanea in Alta Valle del Tevere, ma anche alla botanica, al paesaggio e all’artigianato. La zona della valle del Tevere tra Lazio e Umbria che comprende i comuni da Orvieto a Gallese viene chiamata Teverina, da cui prendono il nome. Con la denominazione Tiberina si intende la zona che comprende parte dell'Alta Valle del Tevere chiamata anche Valtiberina nella Regione Umbria e nella Regione Toscana. In Umbria il tracciato della SS3 bis, che in parte attraversa la valle del Tevere, prende il nome di Tiberina. Da Orte a Roma sino alla foce del Tevere il territorio e la toponomastica della valle del Tevere è riferita al termine Tiberina, che deriva da Tiberis, nome arcaico del Tevere. La valle fluviale del Tevere ha costituito fino dall'epoca preistorica una importante via di comunicazione, utilizzata come tratturo dei grandi greggi in movimento per le transumanze e lo scambio di merci. La viabilità antica di epoca arcaica della parte bassa della valle del Tevere è stata unificata dopo la conquista romana nella Via Tiberina. La via Alzaia poi chiamata via del Tiro o anche strada per l'Alaggio, sono state le strade lungo le rive o ripe del Tevere utilizzate per tirare controcorrente le imbarcazioni dalla Foce del Tevere a Roma fino ad Orte, il sistema documentato dall'epoca romana era svolto prima dagli Helciarii poi dal VI secolo fino al XX secolo dai Pilorciatori che, spesso in condizioni disumane o di schiavitu' a forza di braccia tiravano le barche controcorrente con le corde, solo nell'ultimo periodo furono sostituiti dal tiro dei bufali e dai battelli a vapore. L'Arno "tiberino" prima che cambiasse naturalmente il suo corso, nel periodo geologico del Quaternario, era un immissario del Tevere. Gli Etruschi limarono una strettoia in granito, nei pressi di Arezzo, per evitare che le piene dell'Arno invadessero la piana di Arretium, sfiorando poi nel fiume Clanis che attraverso il suo antico percorso in val di Chiana in Toscana, modificato successivamente in due tronchi con il Canale maestro della chiana dalla Repubblica di Firenze, affluiva nel Paglia che a sua volta sfociava nel Tevere nei pressi di Orvieto. In epoca antica Il Clanis che riceveva le acque dalla valle del Cosentino, era navigabile e fungeva da arteria di comunicazione con il Tevere, in caso di forti piogge il contributo idrico maggiore apportato al Tevere poteva provocare le piene e la fuoriuscita in aree golenali. Il Pliocene e il quaternario della Media valle del Tevere - Carta geologica del Tevere Pianta del Corso del fiume Tevere, e sue adiacenze, dall'influenza della Nera alla Foce (1772) Archivio di Stato Roma (M. Angle, A. Guidi, P. Petitti, A. Zarattini) 1986: La valle del Tevere in età pre- e protostorica. In Il Tevere, un'antica via per il Mediterraneo Alta Valle del Tevere Valtiberina Lago Tiberino Gole del Forello Lago di Corbara Lago di Montedoglio Lago di Nazzano Isola Tiberina Isola Sacra Convenzione di Ramsar Via Tiberina Porto Tiberino Piene del Tevere a Roma Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Valle del Tevere La Ciclabile del Tevere alle donne della resistenza al nazifascismo - Petizione