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Chiesa di Santa Barbara (Torino)

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Chiesa Santa Barbara Torino
Chiesa Santa Barbara Torino

La chiesa di Santa Barbara Vergine e Martire è un luogo di culto cattolico di Torino, sito nel Centro storico della città, in via Assarotti angolo via Bertola, non distante da Via Cernaia e da Piazza XVIII Dicembre.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Chiesa di Santa Barbara (Torino) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Chiesa di Santa Barbara (Torino)
Via Ettore Perrone, Torino Circoscrizione 1

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Coordinate geografiche (GPS)

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Indirizzo

Chiesa di Santa Barbara Vergine e Martire

Via Ettore Perrone
10100 Torino, Circoscrizione 1
Piemonte, Italia
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Chiesa Santa Barbara Torino
Chiesa Santa Barbara Torino
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Luoghi vicini

Piazza Savoia
Piazza Savoia

Piazza Savoia (comunemente detta "Piazza obelisco") è una piazza del centro storico di Torino, nel Quadrilatero Romano. Si trova tra via Corte d'Appello e via della Consolata e rappresenta uno degli scorci più curiosi della città, per via dell'obelisco che troneggia al suo centro. È intitolata alla regione della Savoia, un tempo possedimento del regno di Sardegna, sebbene comunemente si pensi sia dedicata all'omonima dinastia regnante Casa Savoia. Anticamente fu la porta occidentale (per molti storici la "Decumana") al fondo del decumano maximo (attuale via Garibaldi), che portava direttamente alla strada delle Gallie, e appartenente alla primitiva cinta romana della città romana III secolo. Nel VI secolo, l'antica porta romana prese poi il nome di Secusina, Segusina o Susina, poiché da lì si usciva verso la via per la Val di Susa. Intorno al X secolo, la Porta Segusina ospitò un piccolo castello-fortificazione per i nobili arduinici, dei quali la più famosa fu la contessa Adelaide di Susa, ma, ormai in disuso, il conte Pietro II di Savoia la fece abbattere intorno al 1250, per riedificarne nuova. Fra il XII secolo e il XIII secolo fu quindi utilizzata come frequente passaggio della diramazione meridionale della Via Francigena, il percorso dei pellegrini cristiani europei diretti alla sede dell'impero romano e passanti per il Colle del Moncenisio, in questo caso attraverso le strade Rippolarum e Collegii, Rivoli e Collegno, località situate entrambe a ovest della capitale sabauda. In previsione dei nuovi ampliamenti della città (che avverranno però solo nel 1620), la fortificazione della Porta Segusina fu definitivamente abbattuta nel 1585, per dare vita alla semplice Piazzetta Segusina (o Susina). Nel 1713, con il terzo ampliamento della città da parte dei Savoia, Michelangelo Garove disegnò la pianta quadrata di quella che diventerà l'attuale piazzetta. Essa doveva essere circondata da eleganti palazzi, di cui i due più importanti sono: a nord, un'ala del Palazzo Martini di Cigala, elegante edificio attribuito al celebre architetto Juvarra (il quale prese in mano il progetto del Garove, nel frattempo deceduto) e lo fece erigere nel 1716 per conto del presidente del Senato Carlo Francesco Martini Cortesia, Conte di Cigala. a sud un'ala del Palazzo Baldassarre Saluzzo di Paesana, senatore del Regno di Sardegna che lo fece erigere dall'architetto Giacomo Plantery nel 1717, lungo via della Consolata fino a via Dora Grossa (attuale via Garibaldi), in direzione dei Giardini della Cittadella militare (oggi attuale Piazza Arbarello). Il palazzo, oltre che a conferire uno stile signorile all'isolato, fu dotato di misteriosi cunicoli sotterranei e passaggi segreti, in collegamento con le altre corti e chiese. Quando nel 1796 lo stato sabaudo vacillò e il re Carlo Emanuele IV di Savoia venne costretto all'esilio (8 dicembre 1798), i francesi giunsero in città e, tra i primi provvedimenti, vi fu anche quello di mutare i nomi delle strade e delle piazze; Piazza Susina non fece eccezione e, negli anni dell'occupazione prima giacobina e poi napoleonica, si chiamò Place de France. Restaurata la monarchia sabauda e cancellata la denominazione francese, la piazza mutò nome in "Piazza Paesana" (per la vicinanza col Palazzo Saluzzo di Paesana) almeno fino al 1860, quando prese l'attuale nome. In questo periodo la piazzetta fu adibita altresì ad area mercatale col nome piemontese di mercà dij busiard, ossia mercato dei rigattieri. La piazzetta è celebre oggi per l'imponente obelisco in granito di Baveno, alto 21 metri, eretto nel 1853 a ricordo delle leggi Siccardi del 1850. L'idea di erigere un monumento celebrativo per le discusse leggi del ministro di giustizia e senatore conte Giuseppe Siccardi (che abolivano il foro ecclesiastico) fu già del 1851, su iniziativa della torinese Gazzetta del Popolo. L'obelisco venne progettato dal pittore e scultore Luigi Quarenghi e i sostenitori del progetto (tra cui il direttore della Gazzetta del Popolo, Giovanni Battista Bottero) proposero di sistemarlo in Piazza Carignano. Non senza aspre discussioni col clero torinese, nella persona dell'arcivescovo Luigi Fransoni, il 23 novembre 1853 il monumento venne qui inaugurato, come ricorda una delle frasi incise sull'obelisco: Il monumento contiene inoltre i nomi degli 800 comuni che sostennero entusiasti l'opera, scolpiti su tutti i lati. Il giorno della posa della prima pietra, il 17 giugno 1852, furono murati nel basamento i numeri 141 e 142 della Gazzetta del Popolo, una copia della legge Siccardi, monete, semi di riso, grissini e una bottiglia di Barbera. Frutto dell'ideologia anticlericale, esso fu volutamente collocato in una piazza prossima al Santuario della Consolata, sede della principale devozione cittadina, e a Palazzo Barolo, dove risiedeva la cattolica Giulia Falletti di Barolo. Durante la seconda guerra mondiale, i combattimenti per le strade cittadine rischiarono di abbattere l'obelisco: combattenti appostati in corso Siccardi, in direzione di via Cernaia, spararono alcuni colpi di mortaio in direzione di piazza Savoia, danneggiando il monumento e facendolo vacillare; rimasto in piedi, esso venne restaurato a guerra terminata. Un secondo restauro, nel 1993, ne ripulì la superficie e l'ampia gradinata. Luoghi d'interesse a Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su piazza Savoia

Teatro Vittorio Alfieri (Torino)
Teatro Vittorio Alfieri (Torino)

Il teatro Vittorio Alfieri è un teatro di Torino, uno dei maggiori insieme al Regio e al Carignano. Si trova in piazza Solferino, e ospita regolari stagioni di prosa. Fu costruito su progetto dell'architetto Lorenzo e suo figlio Barnaba Panizza, quindi inaugurato nel 1855. Tuttavia, rimase presto distrutto da un incendio il 5 gennaio 1858, e fu quindi celermente ricostruito nello stesso anno. Re-inaugurato il 22 agosto 1860, subì altri incendi nel 1863, nel 1868 e nel 1927, ma sempre ricostruito seguendo i disegni originari. Il teatro fu poi parzialmente colpito dalle incursioni aeree del 20 novembre e 8 dicembre 1942, durante la seconda guerra mondiale. Ristrutturato nel 1949, fu ampliata la platea e furono annesse le due attuali gallerie. L'ultima ristrutturazione dell'edificio avvenne nel 2002. Alla sua destra, all'angolo con Via Cernaia, si può ammirare anche la facciata ottocentesca della casa progettata e abitata dallo stesso Panizza. Inizialmente fu adibito a rappresentazioni liriche ed equestri grazie alla notevole capienza (2.000 spettatori). In seguito divenne la destinazione preferita per le rappresentazioni di prosa. Nel 1882 vi fu la prima assoluta de Il sortilegio, di Antonio Scontrino, nel 1888 di La Mandragola di Achille Graffigna, mentre nel 1909 di Capitan Fracassa di Mario Pasquale Costa; nel 1922 fu la volta di Scugnizza. Nel 1950 avviene la prima assoluta di Otto Schnaffs di Sandro Fuga diretta da Oliviero De Fabritiis nell'ambito di un cartellone che nello stesso anno vedeva le prime di Simon Boccanegra di Verdi diretto da Franco Ghione con Mirto Picchi, Carlo Tagliabue e Tancredi Pasero, Pelléas et Mélisande (opera) di Debussy, La sposa venduta di Smetana diretta da Ghione con Alvinio Misciano ed Ettore Bastianini, La traviata diretta da De Fabritiis con Giacinto Prandelli ed Ugo Savarese e Lohengrin (opera) con Rosanna Carteri, Gino Penno, Tagliabue e Pasero. Nel 1951 vi furono rappresentate le prime di La forza del destino diretta da De Fabritiis con Jolanda Gardino, Mario Filippeschi, Paolo Silveri, Saturno Meletti e Pasero, Boris Godunov (opera) con Boris Christoff, Giorgio Tozzi e Raffaele Arié, L'Arlesiana (opera) con Giulietta Simionato, Agostino Lazzari e Piero Guelfi, La bohème diretta da Gianandrea Gavazzeni con Giuseppe Campora e Bastianini e Falstaff (Verdi) diretta da Gavazzeni con Miriam Pirazzini, Mariano Stabile (cantante) e Renato Capecchi e nel 1953 Margherita da Cortona di Licinio Refice diretta dal compositore con Elisabetta Barbato, Renata Scotto ed Ugo Novelli e Rigoletto con Prandelli, Savarese e Tozzi, Andrea Chénier (opera) diretto da Gavazzeni con Bastianini e Novelli, Manon Lescaut diretta da Gavazzeni con Clara Petrella e La figlia di Madame Angot di Charles Lecocq. Dagli anni cinquanta la programmazione degli spettacoli fu curata da Giuseppe Erba, tenace pioniere e straordinario impresario teatrale e culturale torinese che caratterizzò gli spettacoli dell'Alfieri in termini di qualità e varietà, affiancando alla prosa eccezionali interpreti del jazz come Louis Armstrong, Duke Ellington, Miles Davis o Dizzie Gillespie, esplorando il teatro classico grazie a una feconda unione con Vittorio Gassman, ospitando rivista e operetta e offrendo il suo palco a personaggi quali Erminio Macario, Wanda Osiris, Renato Rascel, Walter Chiari, Ugo Tognazzi, Raimondo Vianello e Sandra Mondaini, Carlo Dapporto, Gino Bramieri, Giorgio Gaber, Gigi Proietti e molti altri. Sino ad oggi è stato gestito dalla Compagnia Torino Spettacoli; fanno parte del circuito anche il teatro Erba e il teatro Gioiello. Dal settembre 2022 il Teatro Alfieri e il Teatro Gioiello sono gestiti da Fabrizio di Fiore con la “FdF Gestioni Attività Teatrali”. La direzione artistica è affidata a Luciano Cannito. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Teatro Vittorio Alfieri Torino Spettacoli, su torinospettacoli.com.