place

Chiesa di San Domenico (Verona)

Chiese barocche di VeronaChiese dedicate a san Domenico di GuzmánChiese di VeronaEdifici di culto luterani d'Italia
Chiesa di San Domenico al Corso
Chiesa di San Domenico al Corso

La chiesa di San Domenico è un ex luogo di culto cattolico, dal 2010 evangelico luterano, che sorge nel quartiere di Cittadella a Verona.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Chiesa di San Domenico (Verona) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Chiesa di San Domenico (Verona)
Via del Pontiere, Verona Veronetta

Coordinate geografiche (GPS) Indirizzo Collegamenti esterni Luoghi vicini
placeMostra sulla mappa

Wikipedia: Chiesa di San Domenico (Verona)Continua a leggere su Wikipedia

Coordinate geografiche (GPS)

Latitudine Longitudine
N 45.43445 ° E 10.99629 °
placeMostra sulla mappa

Indirizzo

San Domenico al Corso

Via del Pontiere
37122 Verona, Veronetta
Veneto, Italia
mapAprire su Google Maps

linkWikiData (Q3669905)
linkOpenStreetMap (138829868)

Chiesa di San Domenico al Corso
Chiesa di San Domenico al Corso
Condividere l'esperienza

Luoghi vicini

Via Pallone
Via Pallone

Via Pallone è un'importante strada situata nel centro storico di Verona, sorta lungo le cortina difensiva comunale. Il toponimo "Pallone" deriva dalla presenza, fino alla metà del XIX secolo, dello sferisterio cittadino, luogo dedicato all'antico gioco del pallone. Questo sport fu molto praticato a Verona, almeno dal Cinquecento fino all'inizio del Novecento. La prima sede documentata del gioco fu un'area sulle Torricelle, vicino a castel San Pietro, fino a quando nel 1610 la città concesse uno spazio nel Campo Marzio. Solo nel 1768-1769 venne appositamente adibito il terreno "al Crocefisso", sull'attuale via Pallone, dove si insediò definitivamente il gioco. Con l'occasione furono costruite anche due tribune per gli spettatori, una delle quali riservata alla nobiltà, addossate alle mura comunali. Il 16 settembre del 1786, il celebre scrittore Wolfgang von Goethe ebbe modo di assistere a un derby tra quattro veronesi e quattro vicentini, lasciandone una suggestiva descrizione nel suo Viaggio in Italia. Egli si mostrò sorpreso che il gioco non si svolgesse all'interno dell'Arena di Verona, «che tanto si presterebbe» a tale scopo. In effetti, nel 1823 il gioco si spostò nell'anfiteatro romano ma con scarso successo, in quanto la tradizione delle commedie offerte dal popolare teatrino di legno all'interno dell'anfiteatro era ormai troppo radicata. Lo sferisterio di via Pallone ospitò di nuovo le gare con una certa frequenza fino al 1847, dopodiché gli incontri divennero più rari. Gli appassionati del gioco, per vari motivi anche di natura politica, furono costretti a cercare altri spazi: ancora nel 1902, una selezione di professionisti provenienti da diverse città si esibì nel fossato nei pressi di porta Nuova, attirando un gran numero di tifosi. Sul lato sinistro di via Pallone si apre un ampio varco nelle mura cittadine, che dà accesso a via del Pontiere; accanto all'apertura sorge una torre scaligera risalente alla fine del XII secolo. Al civico 24 della via, invece, è stato collocato il portale sanmicheliano di palazzo Fiorio Dalla Seta, originariamente situato nei pressi di ponte Nuovo e demolito nel 1893 per consentire la costruzione dei muraglioni. Pierpaolo Brugnoli, Strade di Verona, vol. 3, Roma, Newton & Compton, 2004, SBN IT\ICCU\BVE\0390201. Urbanistica di Verona Monumenti di Verona Storia di Verona Mura comunali di Verona

Mura comunali di Verona
Mura comunali di Verona

Le mura comunali di Verona sono parte della cinta difensiva a sud del centro storico; rimangono visibili lungo via Pallone. Le mura, che hanno ospitato anche cinque caserme durante la dominazione asburgica, sono uno straordinario reperto storico dell'architettura militare veronese caratterizzate da doppia cinta muraria comunale-ezzeliniana-scaligera-viscontea, ma anche da un sistema logistico di edifici militari realizzato dalla Repubblica di Venezia già nel corso del XVI secolo, probabilmente dal 1421, poi continuamente modificato e integrato. Il sistema di fabbricati militari, simile a un grande arsenale a sviluppo lineare, fu chiamato arsanata o aresanata, nome che forse richiama i lavori di risanamento e consolidamento delle mura preesistenti, recuperate per le nuove strutture. La complessa successione di edifici si estendeva lungo l'Adigetto dalla Rocchetta della Bra alla Torre della Paglia, sulla riva dell'Adige. Essi avevano diverse destinazioni: caserma, ospedale, polveriera, tezone, mulino da polvere, granai, forni, scuderie, vari magazzini per munizioni da bocca e da guerra. Il nuovo insieme urbanistico militare faceva inoltre capo, a occidente, su Castel Vecchio, direttamente collegato alla Rocchetta della Bra, e all'arsanata, anche mediante la strada compresa tra le due cinte murarie dell'Adigetto. Il culmine architettonico e il centro ideale del grande sistema arsanata-Castel Vecchio diverrà il Palazzo della Gran Guardia, edificato nel primo Seicento e rimasto incompiuto, destinato all'Accademia dei Filotimi, per lo studio dell'arte marziale, a sede di rappresentanza dei Provveditori di Terraferma e delle autorità militari venete e a luogo per le riviste delle truppe nella grande loggia terrena, durante la stagione avversa.

Chiesa della Santissima Trinità in Monte Oliveto
Chiesa della Santissima Trinità in Monte Oliveto

La chiesa della Santissima Trinità in Monte Oliveto è un luogo di culto cattolico di Verona situato nei pressi di piazza Cittadella, in una zona centrale di Verona. L'edificio sorge su una collinetta di modeste dimensioni, ormai quasi nemmeno rilevabili, che si levava fuori dalle mura romane e comunali. La progressiva espansione dell'area urbanizzata di Verona ha fatto sì che l'edificio finisse per essere completamente inglobato tra diverse costruzioni più recenti, rendendolo seminascosto alla vista del passante, fatta eccezione per il suo alto campanile. Sorta sul probabile luogo di una necropoli romana, l'edificazione ebbe inizio nel 1073 per opera della congregazione vallombrosana con l'intento di farne un monastero. La consacrazione avvenne il 12 gennaio 1117 ma a seguito del catastrofico terremoto dello stesso anno si dovette procedere a una seconda fabbrica. Oltre alla chiesa e alle residenze dei monaci, qui vi era anche un ricovero per pellegrini e uno scriptorium di notevole importanza. Nella seconda metà del XIV secolo venne commissionato a Turone di Maxio un polittico per l'altare maggiore, oggi conservato al Museo di Castelvecchio. Con il finire del Trecento ebbe inizio la parabola discendente del monastero che ebbe il suo culmine nel 1443 con il passaggio in commenda e l'allontanamento dei vallombrosani. Nel 1529 il vescovo di Verona Gian Matteo Giberti trovò l'edificio in abbandono e circa quindici anni dopo ottenne da papa Paolo III che il complesso fosse adibito a ricovero per le "donne pentite o mal maritate"; contemporaneamente si procedette a manomissioni per adempiere ai dettami della controriforma. Nel 1797 le truppe napoleoniche decretarono la soppressione dell'abbazia e la trasformazione in ospedale militare. La stessa sorte avvenne in occasione delle guerre d'indipendenza italiane, durante l'epidemia di vaiolo del 1871-1873 e quando la città venne flagellata dall'inondazione del 1882. Sul finire della seconda guerra mondiale, il 6 aprile 1945, la chiesa fu danneggiata da un bombardamento alleato che causò, in particolare, la perdita dell'antico chiostro, quindi al termine della guerra si procedette immediatamente al restauro del monumento, tanto che già nel 1946 si riprese l'attività liturgica. Il complesso è in stile romanico veronese, pur con alcuni rimaneggiamenti rinascimentali e neoclassici: la facciata a capanna, con protiro pensile e due trifore, dà accesso a un atrio, prolungamento della chiesa primitiva, una volta utilizzato come sagrato cimiteriale e in cui sono ancora conservate antiche tombe, come un pregevole sarcofago in marmo rosso di Verona. La tecnica costruttiva è tipica di Verona, a filari alternati di mattoni in laterizio e blocchi di tufo. Il campanile, di solido impianto quadrato, è simile a quelli quasi coevi di San Zeno e San Fermo; alla base sono incastonate alcune pietre di spoglio provenienti dall'antica necropoli mentre la cella campanaria è caratterizzata da quattro trifore. L'interno è quello che ha subito maggiori trasformazioni nel corso dei secoli perdendo quasi totalmente il suo aspetto romanico originario; si salvano alcuni affreschi che decorano le pareti di sinistra, il catino absidale e l'arco trionfale. Vi sono conservate, inoltre, numerose altre opere d'arte, in particolare dei pittori veronesi Domenico e Felice Brusasorzi.