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Selargius

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Chiesa Vergine Assunta Selargius
Chiesa Vergine Assunta Selargius

Selargius (Ceraxius, ufficiale, o anche nella forma Ceraxus, in sardo) è un comune italiano di 28 401 abitanti della città metropolitana di Cagliari, situato nella parte meridionale della Sardegna e conurbato col capoluogo.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Selargius (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Selargius
Via Trieste,

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Sardegna, Italia
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Chiesa Vergine Assunta Selargius
Chiesa Vergine Assunta Selargius
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Luoghi vicini

Chiesa di Sant'Ambrogio (Monserrato)
Chiesa di Sant'Ambrogio (Monserrato)

La chiesa parrocchiale di Sant'Ambrogio è la chiesa madre di Monserrato, situata in piazza Padre Silvio Serri. La costruzione della chiesa di Sant'Ambrogio, secondo i canoni dello stile gotico catalano, risale alla seconda metà del XVI secolo. Un documento notarile attesta che nel 1564 don Geronimo Zapata, canonico decano della cattedrale di Cagliari e prebendato di Pauli de Pirri (antico nome di Monserrato), insieme ai sindaci del paese, prendeva accordi con gli scalpellini (picapedres) Gaspare, Pierotto, Giovanni Antonio Barrai e Giovanni Vacca di Cagliari riguardo alla costruzione del presbiterio, per cui doveva prendersi ad esempio quello della chiesa di San Pietro a Settimo. Nel 1615 venne commissionata la costruzione dei prospetti ai lati della facciata, dotati di merlatura, come doveva presentarsi anche la facciata in origine. Nel 1619 iniziò l'erezione della torre campanaria, crollata tra la fine del XVIII secolo e l'inizio del XIX. La facciata, proprio in seguito al crollo della torre, venne ricostruita nelle forme attuali. L'attuale campanile venne completato nella seconda metà del XIX secolo. Dal 1º agosto 2014 è guidata dall'attuale parrocco, don Marcello Lanero. La facciata, chiusa tra due contrafforti, si presenta attualmente con terminale a doppio spiovente, mentre in origine doveva avere un coronamento orizzontale dotato di merli, come quelli che ornano ancora oggi le mura ai lati del prospetto. Alla sinistra della facciata si innalza il campanile, a canna quadra, sormontato da un corpo cilindrico coperto da una cupoletta semisferica. Il portale strombato, con arco a sesto acuto, è incorniciato da colonnine con capitelli scolpiti. Sopra si apre un oculo. L'interno si presenta a navata unica, con volta a botte, ma gli spazi di comunicazione tra le cappelle laterali, aperti in epoca recente, creano l'illusione della presenza di due ulteriori navatelle. Le cappelle, erette tra il 1569 e il 1629, si aprono sulla navata tramite archi ogivali; le originarie volte a crociera furono sostituite dalle attuali coperture a botte. Il presbiterio presenta invece l'originaria volta a crociera stellare, con gemme pendule scolpite agli incroci tra i costoloni; i peducci che reggono l'arco di accesso sono ornati da angeli scolpiti, recanti lo stemma dei Sanjust. L'altare maggiore, marmoreo, presenta un paliotto con intarsi policromi e l'immagine di sant'Ambrogio, risalente al 1706. Sopra l'altare si trova il prezioso ciborio o tabernacolo, in legno dorato scolpito, a forma di tempio, dotato di colonnine, nicchie e volute; l'opera, dell'artista Giovanni Angelo Pusceddu, risale al 1654. Di particolare rilievo sono anche opere quali il fonte battesimale in marmo bianco scolpito (1647), il paliotto marmoreo (1767) nella cappella del Santo Cristo, le statue lignee del Crocifisso e di Sant'Ambrogio attribuite a Giuseppe Antonio Lonis, la grande croce astile processionale in argento (XVII secolo). Chiesa di Sant'Ambrogio, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Fornaci di laterizi Maxia

Le Fornaci di laterizi Maxia sono un complesso di edifici di interesse archeologico - industriale, siti nella città di Quartu Sant'Elena, in via Brigata Sassari. Quartu fin dalla seconda metà del 1800 ospitava già diversi servizi tra cui il municipio, la caserma dei carabinieri con annesse le carceri di Sant'Angelo e la stazione dei tram. La vita economica della città avveniva nel mercato, dove attualmente sorge la piazza Dessi, che ospita il nuovo mercato civico. La zona dove sorgeva il mercato veniva chiamata Sa Perda Mulla (la pietra miliare da cui Quartu prende il nome) poiché in quel luogo si trovava la pietra miliare di epoca romana, che segnava la distanza di quattro miglia da Cagliari, successivamente sparita durante dei lavori. La struttura più importante era la stazione dei tram che sorgeva dove attualmente sorgono i giardinetti pubblici di piazza Matteotti. La città ospitava anche industrie come la distilleria Capra, il pastificio Rosas, il macello e alcune zone ricreative come il Cinema Impero e il Cinema Nuovo. Nel 1908 il fondatore della fabbrica, cavalier Felicino Maxia, sulla scia della rivoluzione industriale, capì che in una città in così grande fermento, come era Quartu in quel periodo, una fabbrica di laterizi avrebbe avuto sviluppo. La fabbrica venne costruita nella periferia di Quartu su un terreno di forma quadrangolare di circa 10.000 m². Felicino Maxia che tanto aveva viaggiato, soprattutto nel lombardo-veneto, affidò il progetto della fabbrica alla Meccanica Lombarda, una ditta che si occupava dei progetti architettonici, di produrre le macchine e di fornire ingegneri. La fabbrica venne costruita con manodopera quartese utilizzando mattoni di argilla cotta fatti a mano e ladiri (tipici mattoni di fango, molto utilizzati nei paesi del Campidano anche per la realizzazione di abitazioni). La fabbrica era composta da due capannoni principali che ospitavano uno la sala macchine, per la trasformazione dell'argilla in mattoni crudi, l'altro il forno, per la cottura dei mattoni.Il fumaiolo è realizzato con mattoni pieni fatti a mano, aventi forma trapezoidale per poter realizzare la sezione circolare dello stesso. La dimensione dei lati del trapezio varia con il variare del diametro del fumaiolo, più largo alla base e più stretto alla sommità. Sui vertici dell'area insistevano altri quattro capannoni più piccoli, utilizzati per le svariate necessità. Infine trovavano posto il grande forno per la produzione della calce, un piccolo fabbricato vicino al forno della calce (demolito e mai ricostruito), una cabina elettrica, diverse cisterne sotterranee per l'acqua a uso industriale, un pozzo e la palazzina di residenza dei proprietari. Gli aggiornamenti tecnologici dell'epoca portarono negli anni a sviluppare essiccatoi all'aperto o al chiuso ad aria calda forzata. Il complesso così costituito era rappresentativo della pregevole architettura industriale nazionale ed europea, dalla quale attingeva gli stili che abbinando alla funzione il gusto, enfatizzavano architettonicamente l'importanza economica della fabbrica. Sino alla prima metà degli anni '60, alle due estremità del prospetto maggiore del capannone del forno, si potevano vedere due piccoli locali, uno per il ricovero di un trattore, l'altro per i servizi igienici degli operai. Tali corpi di fabbrica furono demoliti, il primo per costruire la struttura in cemento armato contenente un serbatoio del petrolio grezzo, l'altro per realizzare al piano primo di un locale posto fra la sala macchine e il forno, con accesso dallo stesso forno, un più adeguato e moderno locale adibito a mensa, bagni con docce dotate di acqua calda, spogliatoi. L'argilla utilizzata per la produzione dei mattoni proveniva dalle cave di argilla bianca di Su Paris, ubicata nelle vicinanze dello stagno di Simbirizzi, e dalle cave di argilla rossa di Ussana. La miscela di argille ottenuta dava al mattone ottime caratteristiche di resistenza e duttilità per un migliore utilizzo e facilità di posa in opera. La fabbrica utilizzava all'inizio il forno Lanuzzi, un forno a legna e carbone in cui i mattoni venivano inseriti dall'alto, mentre da un'apposita apertura alla base veniva introdotta la legna. Questo forno venne poi sostituito con il forno Hoffman intorno al 1950; questo funzionava a petrolio grezzo con innesco da iniettori. I mattoni venivano cotti in cataste realizzate a mano all'interno del forno, accessibile tramite cunicoli a livello terra. Al forno era annessa un'alta ciminiera, di cui oggi rimango circa i 4/5, a cui i fumi di cottura (circa 900 °C) arrivavano attraverso dei condotti sotterranei grazie a un estrattore elettrico dotato di ventola. Le fornaci ospitavano alcuni essiccatoi esterni (tettoie) e altri interni. Quelli interni, divisi in molteplici magazzini, erano dotati di ventole elettriche che agitavano l'aria calda, proveniente da un apposito bruciatore alimentato dai fumi del forno Hoffman. La fabbrica non mancava di un forno per la produzione della calce, costituente per dimensioni l'esempio più grande in Sardegna. Nei primi anni di attività l'argilla, trasportata dalle cave su carri, veniva utilizzata per la produzione dei mattoni pieni, fatti a mano, tre per volta, in formelle di legno. Successivamente l'avanzare del progresso tecnologico portò all'utilizzo dei camion, con un rilevante aumento della quantità del materiale trasportato, tale da costituire la cosiddetta "montagna dell'argilla" nel piazzale a destra dell'ingresso, dove l'argilla stagionava per essere poi inviata alla sala macchine mediante l'uso di una draga e di diversi vagoni su binario. Davanti al capannone che ospitava la sala macchine, sorgevano le cisterne interrate che servivano per tenere umida l'argilla, che a volte rimaneva nei piazzali giorni e giorni, sempre fresca. In epoche successive il metodo di trasporto avvenne su nastri trasportatori e negli ultimi anni su pala meccanica gommata. All'interno della sala macchine il prodotto allo stato naturale, passando tra tramogge, frantumatori, vagli e mattoniera, veniva trasformato nei vari tipi di mattoni forati, tavelle e pignatte, ancora crudi. Da qui il trasporto agli essiccatoi, sia all'aperto (nel periodo estivo) sia al chiuso ad aerazione forzata, avveniva su convogli di carrelli trainati da piccoli trattori. Dopo circa venti giorni, variabili in base al tipo di mattone e alle condizioni climatiche, il prodotto veniva caricato su altri convogli e inviato al forno per il ciclo di cottura (riscaldamento, cottura, raffreddamento). In ultimo i laterizi venivano trasportati, su carrelli spinti a mano, e accatastati nel piazzale per la vendita. I due capannoni posti alle estremità confinanti con via Barletta e via Ancona, erano i depositi dei mattoni pieni fatti a mano la cui catasta era così alta da raggiungere le travi del tetto. I due capannoni erano perfettamente uguali. Attualmente quello confinante con la via Siena è stato parzialmente demolito (era la rimessa del calesse dei proprietari e sui muri si potevano leggere i nomi dei cavalli in corrispondenza dei punti in cui venivano stallati) in seguito alla realizzazione della stessa via Siena. Prima dell'esproprio per la realizzazione della via Siena l'area originaria delle fornaci arrivava sino all'argine del Rio Is Cungiaus. Per tutto il ciclo di produzione erano necessarie circa trentacinque persone, così distinte: una segretaria (per tutte le funzioni amministrative e contabili), un capofabbrica (capace di gestire il personale e risolvere tutti i problemi, con disponibilità 24 ore su 24 per le emergenze), due autisti (ai camion per il trasporto dell'argilla), un escavatorista (in cava), un meccanico (per riparare i ricorrenti guasti agli impianti), tre fuochisti (a turni di otto ore sino a coprire le ventiquattro ore e per 365 giorni, perché il forno non poteva essere mai spento), tre squadre di circa sei operai (una alla sala macchine, una agli essiccatoi, una al forno), due trattoristi (per i convogli). Le fornaci chiusero i battenti nel 1975 quando era gestita da Mariuccina Maxia, prima donna sarda imprenditrice nel settore, poiché necessitava di una profonda ristrutturazione e ammodernamento troppo costoso per i proprietari, e per il sopraggiungere dei prodotti concorrenti toscani. Alle Fornaci Maxia bisogna riconoscere il merito di aver contribuito alla ricostruzione di gran parte dell'hinterland e di Cagliari nel secondo dopoguerra. I suoi mattoni inoltre vennero utilizzati, insieme con quelli delle Fornaci Picci, per la costruzione della città di Carbonia. La fabbrica è stata visitabile durante la manifestazione Monumenti Aperti fino all'edizione del 2007. Un incendio aveva distrutto il tetto della sala macchine, infatti adesso si può notare, che, a differenza dell'altro capannone, la copertura del tetto è realizzata con materiali differenti dalle originarie travi in legno, canne e tegole sarde. Felicino Maxia: primo proprietario e fondatore della fabbrica di laterizi. Era cavaliere e segretario comunale. Vitale Maxia: nipote di Felicino Maxia ereditò la fabbrica alla morte dello Zio Giuseppe Maxia: comproprietario della fabbrica assieme a Mariuccina Maxia, costituenti la "Società laterizi Quartu". Ereditò la fabbrica dal padre Vitale. Mariuccina Maxia: comproprietaria della fabbrica assieme al fratello Giuseppe. Alla morte di questi gestì le fornaci fino alla chiusura. Fu comproprietaria con Antonia Giulia, Maria Rosaria e Marco Maxia, figli di Giuseppe, scomparso prematuramente nel 1958 in un incidente stradale. Antonia Giulia, Maria Rosaria e Marco Maxia: ultimi proprietari della fabbrica. Quartu Sant'Elena Archeologia industriale

Monserrato
Monserrato

Monserrato (Pauli in sardo) è un comune italiano di 18 781 abitanti della città metropolitana di Cagliari in Sardegna, conurbato col capoluogo. Situato nella pianura del Campidano, in prossimità dello stagno di Molentargius e delle saline, Monserrato fa parte della conurbazione cagliaritana, cuore della città metropolitana del capoluogo sardo, assieme a Cagliari, Pirri, Selargius, Quartucciu e Quartu Sant'Elena. Il nome sardo Pauli o Paulli significa palude. Già nel Medioevo assunse il nome di Paùly, prima, e poi quello di Paùli Pirri. Successivamente al 1881 divenne Paùli Monserrato e dall'11 aprile 1888, con Regio decreto e per volere del Consiglio comunale, prese il nome di Monserrato, parola riconducibile alla Madonna di Montserrat (nei pressi di Barcellona). La fondazione del primo nucleo abitativo risale al periodo romano. Nel medioevo noto col nome di Pauli, era compreso nel giudicato di Cagliari, nella curatoria del Campidano di Càlari. Nel 1258, dopo lo smembramento del giudicato fu amministrato da funzionari pisani fino al 1324 quando a seguito della conquista aragonese fu concesso in feudo. La peste del 1348 spopolò il villaggio, nel 1366 divenne feudatario Guglielmo Canelles, che però fu osteggiato dalle truppe arborensi che occuparono il territorio fino al 1410. Pauli tornò al regno di Sardegna dopo la battaglia di Sanluri. Nel 1426 il villaggio fu concesso a Dalmazio Sanjust che iniziò un'opera di risanamento che permise lo sviluppo della cittadina favorendo l'agricoltura specialmente vinicola. Il feudatario possedeva il paese col titolo di conte di San Lorenzo. Dopo l'abolizione del feudalesimo, nel 1848 entrò a far parte della provincia di Cagliari divenendo comune autonomo sino al 1928, anno in cui fu accorpato al comune di Cagliari. Ha riacquistato la propria autonomia il 18 novembre 1991 dopo un referendum (tenutosi il 21 aprile dello stesso anno) e mediante una legge regionale. In tale occasione, però, è passato da 1 137 ettari di territorio comunale a 650 ettari (è stato privato della piana di San Lorenzo perché una striscia di terreno del comune di Selargius ne interrompeva la continuità territoriale). Su questo tema è ancora in corso una causa legale tra il Comune di Monserrato e il Comune di Cagliari. Lo stemma e il gonfalone del comune di Monserrato sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 1º marzo 1999. Lo stemma si può blasonare: inquartato dalla croce diminuita di rosso: nel 1º d'argento, alla testa di moro attortigliata del campo; il 2º d'azzurro, alla chiesa di Sant'Ambrogio di Monserrato d'oro; il 3º di verde, alle cinque spighe di grano d'oro, impugnate e legate di rosso; il 4º d'oro, al grappolo d'uva di porpora, unito al tralcio di verde posto in fascia e pampinoso di due dello stesso, uno e uno. Il gonfalone è un drappo di bianco. Chiesa di Sant'Ambrogio: intitolata al patrono di Monserrato, è un edificio in stile gotico-catalano datato tra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo. Nel 1983 è stato compiuto il restauro che ha riportato alla luce l'originale aspetto architettonico. L'interno è diviso in tre navate. Chiesa rurale di San Lorenzo: ha pianta rettangolare e al suo interno è presente una sola navata. Ora appartiene al territorio di Cagliari mentre storicamente era situata nel territorio monserratino. Chiesa della Beata Vergine: è la chiesa dedicata alla Beata Vergine di Monserrato. Conosciuta anche come Santa Maria de Paulis, ha pianta a croce greca con una cupola centrale. Chiesa del SS. Redentore: chiesa parrocchiale dall'aspetto moderno tipico delle chiese costruite dopo la seconda guerra mondiale (risale infatti al 1955 la posa della prima pietra). Restaurata di recente, è costituita da una sola grande navata. Particolare la torre campanaria che svetta alta a fianco della chiesa per un'altezza di ventisei metri. Chiesa di San Giovanni Battista de la Salle: chiesa parrocchiale di epoca moderna, costruita alla fine degli anni Novanta. È realizzata in cemento armato, con facciata dalla linea curva e il campanile a pianta quadrata. L'edificio è situato nel quartiere di Paluna, al confine con il comune di Selargius. Casa Foddis: costruita in stile liberty nei primi anni del Novecento, è situata in via Zuddas nel cuore del centro storico di Monserrato. È l'attuale sede dell'Assessorato alla cultura. Abitanti censiti Al 31 dicembre 2022 la popolazione straniera ammontava a 275 persone, pari all'1,6% dei residenti. La variante del sardo parlata a Monserrato è il campidanese comune. Su Fogadoni de santu Srebestianu a gennaio Ad agosto si celebra la festa di san Lorenzo. L'8 settembre, prima dell'inizio della vendemmia, ricorrono i festeggiamenti per la Beata Maria Vergine. Sagra della vendemmia, ultima domenica di settembre A Monserrato sorge la Cittadella Universitaria, un grande complesso nel quale sono stati decentrati diversi atenei dell'Università degli Studi di Cagliari e che comprende inoltre un Policlinico Universitario. Museo delle Ferrovie - Via Pompeo Museo sardo di antropologia ed etnografia Giuseppe Verdi (Via Traiano) Is Mascareddas (Via 31 marzo 1943 - ex Akroama) Sant'Ambrogio (Via Ambrosiana) In questi ultimi decenni, la città ha conosciuto un apprezzabile sviluppo nel settore edilizio, economico, sociale e culturale. Particolarmente evidente è lo sviluppo edilizio, caratterizzato dalla presenza di nuovi e moderni quartieri che fanno parte integrante del vecchio centro urbano, in cui si possono ancora osservare le tipiche case campidanesi costruite in "ladiri" (mattoni crudi di paglia e fango) e tufo, caratterizzate dalle bellissime "lolle" (ampi loggiati di tipo spagnolesco, ornati di fiori e piante) e dagli imponenti portali in legno arricchiti da intagli e decorazioni. L'economia del paese era tradizionalmente fondata sull'agricoltura e in particolare sulla viticoltura. Ancora oggi il maggiore impianto produttivo è la Cantina Sociale (fondata nel 1924, la prima della Sardegna) che produce vini pregiati quali il Nuragus, Monica, Moscato, Nasco, Girò. Non è difficile notare nel centro storico ancora qualche foglia di palma, posta di fianco al portale dell'abitazione, che sta ad attestare la vendita di vino di produzione familiare. Monserrato è interessata dal percorso della S.S. 554, collegata alle S.S. 131 (Cagliari - Porto Torres), S.S. 130 (Cagliari - Iglesias), S.S. 125 (Cagliari-Olbia). Le stazioni di San Gottardo e Monserrato, gestite dall'ARST, vedono treni per Mandas e Isili lungo la ferrovia Cagliari-Isili, oltre al servizio turistico denominato Trenino Verde. I servizi urbani sono svolti tramite autocorse CTM e mediante la linea tranviaria ARST che collega la fermata di San Gottardo, adiacente stazione, con la ex stazione ferroviaria di Cagliari - Piazza Repubblica, con la fermata del Policlinico Universitario e con la stazione di Settimo San Pietro, raggiungibile sia via tram che via treno. I collegamenti regionali sono svolti con autoservizi ARST. Dal 1893 al 1971 Monserrato fu inoltre attraversata dalla tranvia extraurbana Cagliari-Quartu Sant'Elena, esercita dapprima con trazione a vapore e in seguito, incorporata nella rete tranviaria di Cagliari, con tram elettrici. Manlio Brigaglia, Salvatore Tola (a cura di), Dizionario storico-geografico dei Comuni della Sardegna, 3 (M-O), Sassari, Carlo Delfino editore, 2006, ISBN 88-7138-430-X. URL consultato il 10 dicembre 2012 (archiviato dall'url originale il 30 settembre 2022). Francesco Floris (a cura di), Grande Enciclopedia della Sardegna, Sassari, Newton&ComptonEditori, 2007. URL consultato il 10 dicembre 2012 (archiviato dall'url originale l'11 giugno 2012). Stazione di Monserrato Stazione di San Gottardo (Monserrato) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Monserrato Wikivoyage contiene informazioni turistiche su Monserrato Sito del comune, su comune.monserrato.ca.it. Comuni della Sardegna in rete, su comunas.it.