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Stazione di Boscotrecase

BoscotrecasePagine con mappeSenza fonti - luglio 2017Senza fonti - stazioni d'ItaliaStazioni ferroviarie attivate nel 2009
Stazioni ferroviarie della città metropolitana di Napoli

La stazione di Boscotrecase è una stazione della ferrovia Circumvesuviana, sita nell'omonimo comune. Si trova sulla ferrovia Napoli-Pompei-Poggiomarino.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Stazione di Boscotrecase (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori).

Stazione di Boscotrecase
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Luoghi vicini

Scavi archeologici di Boscoreale
Scavi archeologici di Boscoreale

Gli scavi archeologici di Boscoreale hanno riportato alla luce una serie di ville romane, per lo più rustiche, concentrate in quella zona che secondo alcuni ricondurrebbe al Pagus Augustus Felix Suburbanus, ossia un sobborgo pompeiano, compreso oggi nel territorio comunale di Boscoreale e limitatamente in quello di Boscotrecase e Terzigno: in questi luoghi si concentravano attività legate alla pastorizia e alle coltivazioni, soprattutto di viti e cereali. Le prime frammentarie opere di scavo che si tennero a Boscoreale risalgono alla metà del 1700, come testimoniato da una relazione di Karl Jakob Weber, che parlava di un'esplorazione nella zona, dopo alcuni ritrovamenti di oggetti e mura romane durante la costruzione di una strada per Torre Annunziata: questo primo scavo va avanti per poco più di un mese, per poi essere abbandonato a causa della mancanza di reperti ritrovati. Un secondo scavo viene eseguito il 29 dicembre 1760 a seguito della scoperta di alcune stanze e monete d'oro e d'argento; altra indagine archeologica venne fatta dal 14 maggio 1774, quando durante dei lavori per la raccolta di lapilli fu rinvenuta una statua in bronzo e delle iscrizioni: questo scavo durò diversi mesi, precisamente fino al 2 luglio 1774, durante i quali furono rinvenuti una grossa quantità di reperti. Dopo questo primo periodo, per oltre un secolo Boscoreale non fu interessata da importanti ritrovamenti archeologici, fino al 1876 quando iniziò una seconda fase di scavi che portò alla luce una trentina di ville rustiche, costruzioni di piccole dimensioni con zone dedicate alle attività agricole e alcuni vani per la residenza del proprietario che invece erano finemente decorati: si trattava per lo più di esplorazioni atte a recuperare suppellettili e decorazioni sia parietali che pavimentali da trasportare poi in musei come il Louvre, il Metropolitan di New York, l'Art Institute di Chicago o l'Archeologico Nazionale di Napoli, oppure per essere oggetto di collezioni private. Il 9 novembre 1876, durante lo scavo per le fondamenta di una casa, riaffiorarono alcune mura della zona rustica di una villa, poi battezzata "di Cecilio Giocondo": i lavori di scavo furono però immediatamente sospesi, per essere ripresi solamente il 10 settembre 1894; da questa villa proviene il famoso Tesoro di Boscoreale. Altre piccole ville vennero esplorate e spogliate delle loro decorazioni e suppellettili fino al 1928 quando la zona di Boscoreale cadde nuovamente nel dimenticatoio: tutte le costruzioni furono nuovamente seppellite. Nel corso del XX secolo sono state rinvenute diverse ville, sempre per motivi casuali, ma dopo una prima, approssimativa, indagine sono state nuovamente coperte. Oggi l'unica villa visitabile è Villa Regina, che risulta essere anche completamente ricostruita e restaurata, anche a seguito della costruzione, nel 1991, dell'Antiquarium di Boscoreale, posto a suo ridosso e di cui è parte integrante nel percorso di visita; proprio l'antiquarium accoglie ciò che rimane dei pochi reperti rimasti, rinvenuti nella zona della Pagus Augustus Felix Suburbanus. La Villa della Pisanella fu scavata ed esplorata tra il 1894 ed il 1899 ed in seguito nuovamente sepolta: la villa fu in principio scoperta nel 1868 durante dei lavori per lo scavo di fondamenta di un muro, portando alla luce alcune strutture murarie di epoca romana: dopo una breve esplorazione mediante cunicoli sotterranei i lavori furono interrotti poiché la villa continuava nel fondo di un altro proprietario. L'esplorazione riprese nel 1894 e la struttura fu portata alla luce nella sua interezza: si trattava di una villa rustica, completamente circondata da un muro per evitare la fuga degli schiavi, risalente al I secolo a.C., con una parte riservata al proprietario, secondo alcuni il banchiere pompeiano Lucius Caecilius Iucundus, e che presentava quindi maggiori opere decorative, come gli affreschi in terzo stile nel quartiere termale ed una zona dedicata alle attività produttive con un panificio, una stalla, un frantoio, una pressa per il vino, una cella vinaria con 84 dolia e diversi ambienti adibiti a dormitori per la servitù; erano inoltre presenti un secondo piano, crollato in seguito all'eruzione, costituito da cubicola, deposti e un solarium. Intorno alla villa dovevano estendersi terreni coltivati per un'ampiezza di circa 24 ettari. Il reperto più importante ritrovato fu sicuramente il cosiddetto Tesoro di Boscoreale, in parte conservato oggi al Louvre: si tratta di pezzi di argenteria, tra cui le due coppe chiamate Trionfo di Tiberio e Augusto in trono, ma anche bicchieri, brocche e phialai tutti finemente decorati, oltre a 1037 monete d'oro. La Villa di Publio Fannio Sinistore fu esplorata nel 1894-1895 e venne così chiamata per la presenza di questo nome su un vaso, anche se con molta probabilità era di proprietà di Lucius Herius Florus, come testimoniato dal ritrovamento di un sigillo: si tratta di una piccola struttura con un ambiente rustico di modeste dimensioni e una zona residenziale. Gli affreschi presenti, tutti risalenti al 40-30 a.C. e oggi conservati in diversi musei come il Metropolitan Museum di New York, il Museo archeologico nazionale di Napoli, il Louvre di Parigi e il Musée Royal de Mariemont a Morlanwelz, in Belgio, erano tutti in secondo stile pompeiano: tra quelli più rappresentativi una veduta di una città, presente in un cubicolo, una Venere con Eros con alla destra Dioniso ed Arianna e sulla sinistra le Tre Grazie, raffigurati invece sulla parete di un oecus, e ancora nello stesso ambiente sovrani macedoni ed ellenistici, oltre a figure alate: le opere di maggiori importanza sono rappresentate però da diverse megalografie, ossia affreschi a grandezza naturale. La Villa Regina è l'unica di Boscoreale ad essere visitabile e completamente ricostruita e restaurata: si tratta di una villa rustica, su due livelli, risalente al I secolo a.C. ma che successivamente ha subito diversi ampliamenti sia in età augustea che in quella giulio-claudia. La costruzione, di modeste dimensioni, si sviluppa intorno ad un cortile, che ospitava anche una cella vinaria con 18 dolia, delimitato da un portico nel quale, durante lo scavo, fu ritrovato un plaustrum, ossia un carro da trasporto. Intorno al cortile si aprono diversi ambienti: un torcularium che ospitava il torchio di cui oggi rimane il calco, una stanza utilizzata sia come deposito che come cucina, una vasca per la premitura dell'uva e un contenitore dove raccogliere il mosto, un granaio, una cisterna per l'acqua e un'aia scoperta delimitata da un bordo in pietra; l'unica stanza di maggior rilievo è il triclinio con decorazioni in III e IV stile pompeiano. Intorno alla villa sorgeva la zona agricola, soprattutto viti, come testimoniato dai calchi delle radici delle piante. Altre ville di piccole dimensioni sono state scoperte ed esplorate negli anni: una villa nel fondo di Vito Antonio Cirillo, scavata nel 1897-1898, nella quale venne rinvenuto un torchio da vino e un larario con affreschi oggi conservati nel Field Museum di Chicago, una villa rustica sempre in località Pisanella, scavata tra il 1906 e il 1908, con affreschi di terzo stile pompeiano, la villa di Numerio Popidio Floro scavata negli stessi anni e di cui è tuttora visibile la sezione relativa all'impianto termale: furono ritrovati affreschi di secondo e quarto stile pompeiano, oggi conservati presso l'Antiquarium di Boscoreale e presso il Getty Museum di Malibù. Ed ancora la villa di Marco Livio Marcello, rinvenuta nel 1928 nel centro di Boscoreale, la villa rustica in via Casone Grotta, rinvenuta nel 1986, di cui sono stati riportati in luce ambienti su due piani pertinenti a diverse fasi costruttive, la villa in località Cangiani, rinvenuta nel corso di lavori di drenaggio di un canale nel 1993 ed una caupona nel fondo Acunzo, parzialmente scavata agli inizi del XX secolo le cui statuette in bronzo, rinvenute nel larario, sono oggi conservate presso la Walters Art Museum di Baltimora. Altre ville, facenti sempre parte della Pagus Augustus Felix Suburbanus, ma che oggi si trovano nel territorio comunale di Boscotrecase, sono: la villa di Lucio Arellio Successo, scavata nel biennio 1898-1899 con affreschi in primo stile pompeiano e ambienti rustici, e la villa di Agrippa Postumo, parzialmente scavata nel 1903 e 1905 di cui si erano rinvenuti un peristilio e ambienti decorati con affreschi in terzo stile, poi staccati e conservati al Museo archeologico nazionale di Napoli e al Metropolitan Museum di New York; gli scavi di questa villa vennero nuovamente ricoperti dalla lava nel 1906. Nella località Boccia al Mauro di Terzigno furono rinvenuti nel 1981 i resti di diverse ville, solo parzialmente scavate per la loro parte rustica. Paola Poli Capri, Pompei, i tesori di Boscoreale, Van der Poel, 2001. ISBN non esistente Antonio Cirillo, Angelandrea Casale, Il Tesoro di Boscoreale, Pompei, Associazione Amici di Pompei, 2004. ISBN non esistente Chiara Dezzi Bardeschi, Archeologia e conservazione, Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2008, ISBN 88-387-4108-5. Boscoreale Antiquarium di Boscoreale Tesoro di Boscoreale Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su scavi archeologici di Boscoreale (IT, EN) Sito della Soprintendenza archeologica di Pompei, su pompeiisites.org. Sito del comune di Boscoreale, su comune.boscoreale.na.it. URL consultato il 4 marzo 2011 (archiviato dall'url originale il 14 febbraio 2008).

Scavi archeologici di Oplonti
Scavi archeologici di Oplonti

Per scavi archeologici di Oplonti si intende una serie di ritrovamenti archeologici appartenenti alla zona suburbana pompeiana di Oplontis, seppellita insieme a Pompei, Ercolano e Stabiae dopo l'eruzione del Vesuvio del 79: oggi l'area archeologica è situata nel centro della moderna città di Torre Annunziata e comprende una villa d'otium chiamata «di Poppea» e una villa rustica detta «B» o «di Lucius Crassius Tertius». Le prime campagne di scavi nell'area oplontina furono effettuate prima nel '700 e poi durante la seconda metà del XIX secolo, anche se i primi scavi sistematici si sono svolti dal 1964 riportando alla luce la Villa di Poppea. Nel 1974 è stata rinvenuta la Villa di Lucius Crassius Tertius: le esplorazioni delle due strutture sono tuttavia incomplete. Dal 1997 l'area archeologica di Torre Annunziata, insieme a quella di Pompei e di Ercolano è stata inserita nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. Nel 2023 gli scavi hanno fatto registrare 50 957 visitatori. I primi scavi per il recupero dell'area dove sorgeva l'antica Oplontis, un insediamento suburbano della vicina Pompei, con diverse attività commerciali e ville d'otium, seppellita durante l'eruzione del Vesuvio del 79, furono condotti per la prima volta durante il '700 da Francesco La Vega, il quale scavando un cunicolo nei pressi del canale Conte di Sarno riportò alla luce parte di una costruzione che venne denominata Villa A, in seguito Villa di Poppea: gli scavi vennero ben presto abbandonati per l'aria malsana che si respirava nella zona. Nel 1839 vennero effettuati altri scavi che riportarono alla luce il peristilio del quartiere servile della Villa A, oltre ad una fontana: per mancanza di fondi l'opera di scavo venne sospesa nel 1840 anche se, riconosciuta l'importanza del sito, i resti rinvenuti vennero acquistati dallo Stato. Una campagna di scavi ordinata venne nuovamente iniziata nel 1964, sempre nel sito della Villa di Poppea, dove furono alzate le mura e i tetti e furono restaurati pavimenti e mosaici. Durante i lavori per lo scavo delle fondamenta di una scuola, nel 1974, a circa 250 metri dalla Villa venne alla luce un nuovo edificio su due livelli con un peristilio centrale: si tratta di una villa rustica a cui fu dato il nome di villa di Lucio Crasso Tertius o Villa B. Nei pressi di questa villa fu inoltre ritrovato un tratto di strada e diverse altre piccole costruzioni. Nel 1997 gli scavi sono stati dichiarati patrimonio dell'umanità dall'UNESCO. La villa di Poppea, in un primo momento denominata «villa A», è stata scavata per la prima volta nel '700 con alterne fortune, mentre un recupero più ampio e sistematico si è avuto solo a partire dal 1968: si tratta di una villa d'otium dove comunque non mancavano sale dedicate alla produzione del vino e dell'olio. La villa, risalente al I secolo a.C. ed ampliata nel corso dell'età claudia, viene attribuita a Poppea Sabina per l'iscrizione dipinta su un'anfora, indirizzata ad un liberto della moglie di Nerone; al momento dell'eruzione del Vesuvio la villa era disabitata, forse in fase di restauro a causa del terremoto di Pompei del 62 e tutti gli oggetti sono stati ritrovati accantonati in alcune stanze. Ad oggi la costruzione non è ancora interamente scavata: l'area riportata alla luce corrisponde alla zona orientale, mentre l'ingresso principale e la zona occidentale sono ancora da recuperare ostacolati anche dalla presenza di una strada moderna ed un edificio militare. La pianta della villa è molto complessa e ancora oggi non redatta con certezza in quanto non esplorata totalmente e viene convenzionalmente divisa in quattro parti: le zone nord, sud, ovest e est. Nella parte nord è presente un ampio giardino nel quale sono state rinvenute diverse sculture in marmo ed è stato possibile ricostruire i calchi delle radici di grandi alberi, ossia degli ulivi, anche se fino a poco tempo fa si credeva potessero essere o dei melograni o degli oleandri. Nella zona sud invece si trova un altro giardino circondato da un colonnato su tre lati: sono stati oggi piantati alberi di alloro, che si pensa fossero anche presenti al momento dell'eruzione. Nella parte ovest è presente l'atrio con un compluvium che raccoglieva l'acqua piovana nell'impluvium: le decorazioni della sala sono in secondo stile ed è molto utilizzata la tecnica del trompe l'oeil per raffigurare ambientazioni architettoniche e colonnati. La cucina presenta un banco in muratura con un ripiano sovrastante adibito a piano cottura, mentre nella parte sottostante piccoli vani con forma a semicerchio probabilmente contenevano legna da ardere; una vasca era probabilmente utilizzata per lo scarico di liquidi. Il triclinium, nella zona in cui si trovava probabilmente la mensa, è adornato con un mosaico con figure romboidali mentre nel resto della sala si riscontrano affreschi in secondo stile raffiguranti colonne dorate decorate con rampicanti: tra le decorazioni, una graziosa natura morta rappresentante un cestino con fichi. Seguono due saloni: uno aperto verso il mare con un'unica parete affrescata con rappresentazioni di un santuario di Apollo, pavoni e maschere teatrali, mentre nel secondo salone, più grande, sono rappresentati un cestino di frutta coperto da un velo semitrasparente, una coppa di vetro contenente melograni, una torta poggiata su un supporto e una maschera teatrale. La villa era dotata anche di un quartiere termale: il calidarium ha pareti affrescate in terzo stile, dove l'opera principale è il mito di Ercole nel giardino delle Esperidi; gli affreschi del tepidarium sono a fondo nero o rosso scuro, secondo quanto indicato dal quarto stile pompeiano. Nella zona ovest è inoltre presente un cubicolo dove è stato possibile ottenere i calchi della porta in legno e della finestra ed un piccolo peristilio le cui pareti sono decorate con fasce grigie e nere e dove è presente il larario decorato in quarto stile e con la trave di sostegno originale posta sopra la nicchia seppur carbonizzata. Nella parte est della villa sono presenti due sale poste in modo speculare una all'altra: nella prima non ci sono dipinti ma solo una zoccolatura in marmo ed una pavimentazione incompleta con alcune piastrelle in marmo, segno che la villa era in ristrutturazione; la seconda sala presenta decorazioni in quarto stile. Segue una sala priva di affreschi con le pareti in bianco, rosso, giallo e nero riservata agli ospiti, un piccolo viridario con decorazioni in secondo stile raffiguranti piante, fontane ed uccelli e due saloni speculari: il primo che presenta una nicchia semicircolare nella quale era alloggiata una scultura mentre il secondo è identico al precedente con la presenza di marmi alle pareti. Nella villa è infine presente una grande piscina di 61 metri di lunghezza e 17 di larghezza, pavimentata in cocciopesto e risultava adornata ai bordi con statue di marmo, copie di epoca romana di originali greci: attorno sorgeva un prato con platani, oleandri e limoni. La villa di Lucius Crassius Tertius risale al II secolo a.C. e deve il suo nome ad un sigillo in bronzo rinvenuto nell'area della costruzione, che reca proprio questo nome: scoperta nel 1974 a seguito dei lavori di costruzione di una scuola, si ritiene che sia una villa rustica, sia per il tipo di struttura sia per i reperti ritrovati. Lo scavo della villa non è ancora terminato e non è visitabile. La villa si sviluppa intorno ad un peristilio costituito da un porticato con due ordini di colonne doriche in tufo grigio: intorno al peristilio si aprono delle stanze adibite a magazzini, dove al loro interno sono state ritrovate suppellettili, pelli, ceramica, paglia carbonizzata ed una grande quantità di melograni utilizzati per la concia delle pelli. Inoltre è stato rinvenuto anche un fornello in pietra con una pentola contenente resine di conifere, utilizzata per la manutenzione delle anfore: infatti circa 400 anfore si trovavano nella villa al momento dello scavo e con molto probabilità venivano utilizzate per la lavorazione dei prodotti agricoli e il trasporto del vino. La villa era abitata al momento dell'eruzione; infatti nelle stanze adiacenti, caratterizzate da soffitto a volta, sono stati trovati i corpi di 54 individui e nelle loro vicinanze anche gioielli e monete, sia in oro che in argento, i cosiddetti Ori di Oplontis. Il piano superiore della villa invece era invece la zona residenziale della domus: gli ambienti sono decorati sia in quarto stile pompeiano sia in secondo con la tecnica schematizzata, risalente all'età repubblicana. Dal piano superiore proviene anche una scatoletta in legno contenente gioielli in oro ed argento, 170 monete, unguentari, stecche in osso e diversi monili: tra i gioielli si riconoscono orecchini di tipo a spicchio di sfera, a canestro con quarzi incastonati oppure pendenti con perle, collane molto lunghe con grani in oro e smeraldo, bracciali di tipo tubolare decorati con gemme e smeraldi ed anelli con gemme lisce o incise con figure di animali o divinità. A nord della villa sono presenti alcuni edifici a due piani: si tratta probabilmente di soluzioni indipendenti dalla villa, che si affacciano direttamente sulla strada. Con molta probabilità queste costruzioni venivano usate come botteghe con abitazione al piano superiore. Imponente villa, scoperta durante lo scavo della trincea per la costruzione della strada ferrata in prosecuzione da Portici verso Torre Annunziata, è quella di Caio Siculi. Fu riseppellita e troncata in due per detta strada ferrata e i reperti rinvenuti furono trasportati al Museo archeologico nazionale di Napoli. Noto l'affresco raffigurante il mito di Narciso ed Eco con lo sfondo del monte Parnaso. Le Terme del console Marco Crasso Frugi risalgono al 64 e i ruderi sono visibili lungo la via litoranea Marconi e all'interno delle attuali Terme Vesuviane, complesso termale fondato dal generale Vito Nunziante nel 1831 sul luogo delle antiche terme. Lorenzo Fergola e Mario Pagano, Oplontis - Le splendide ville romane di Torre Annunziata, Reggio Emilia, T&M 1998. ISBN 88-87150-02-8 Oplontis Torre Annunziata Cassata di Oplontis Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su scavi archeologici di Oplonti Sopraintendenza Archeologica di Pompei - Scheda su Oplontis e i suoi scavi, su pompeiisites.org. URL consultato il 28 ottobre 2009 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016). Sito dei Beni Culturali - Villa di Poppea/Oplontis, su cir.campania.beniculturali.it. URL consultato il 3 novembre 2012 (archiviato dall'url originale il 17 novembre 2012).