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Quartu Sant'Elena

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Flag of Quartu Sant'Elena
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Quartu Sant'Elena (Cuartu Sant'Alèni o Quartu Sant'Aleni in sardo) è un comune italiano di 68 326 abitanti della città metropolitana di Cagliari in Sardegna. È il terzo comune della regione per popolazione, dopo Cagliari e Sassari.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Quartu Sant'Elena (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Quartu Sant'Elena
Via Eligio Porcu,

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Via Eligio Porcu 67
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Sardegna, Italia
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Luoghi vicini

Chiesa di Sant'Agata (Quartu Sant'Elena)
Chiesa di Sant'Agata (Quartu Sant'Elena)

La chiesa di Sant'Agata è una delle chiese di Quartu Sant'Elena. È ubicata in piazza Azuni, a fianco all'ex convento dei cappuccini. Venne costruita per la prima volta, per volere del arcivescovo di Cagliari, nel XII secolo in stile romanico. Andata distrutta per motivi ancora incerti venne riscostruita tra il 1280 e il 1300 sulle fondamenta e su parte dei muri perimetrali della vecchia chiesa, utilizzando anche pietrame. Le prime notizie certe sulla chiesa di Sant'Agata risalgono al 1291, quando il papa concesse l'indulgenza di un anno e 40 giorni a chi avesse visitato la chiesa in occasione delle ricorrenze di Santa Maria Vergine e di Sant'Agata. Col tempo cadde in abbandono come risulta anche dai documenti della visita pastorale del 1599 dell'arcivescovo di Cagliari. Nel 1631 la chiesa e tutta la proprietà annessa furono cedute ai Padri Cappuccini, che costruirono il convento adiacente e intitolarono la chiesa a San Francesco. Alla fine del 1800 grazie alla legge Siccardi i beni dei Cappuccini furono espropriati dallo stato e ceduti al comune che, nel 1888, concesse l'area dell'orto (dove oggi sorge piazza Matteotti) alla società tramvie del Campidano. Nel 1925 il sacerdote mons. Virgilio Angioni ottenne l'autorizzazione per fondare nel vecchio convento un istituto per i bisognosi, assistiti dalle suore del Buon Pastore che adibirono la chiesa a cappella. Quando nel 1985 l'istituto religioso lasciò il convento, la chiesa riprese la vecchia denominazione. Attualmente la chiesa di Sant'Agata è sotto amministrazione della Parrocchia di Sant'Elena. L'edificio venne realizzato da maestranze locali. La chiesa ha una facciata a capanna. Il portale si trova al centro di questa ed è rettangolare. Sopra il portale si trova una lunetta a tutto sesto. La sua costruzione insieme a quella delle cappelle ed altre modifiche fu effettuata dai padri cappuccini che diedero alla chiesa il classico aspetto di una chiesa cappuccina. Nella parte posteriore della chiesa è presente un piccolo campanile a vela. All'interno è presente una sola navata voltata a botte; segue il presbiterio dietro il quale sorgono il coro ligneo e l'abside voltato a crociera. Sulla destra sorgono le tre cappelle e la sacrestia. Dal lato sinistro della chiesa si può accedere al convento. Pochi sono gli arredi rimasti nella chiesa. I più importanti sono la notevole Crocifissione e santi del pittore genovese Orazio De Ferrari e un dipinto raffigurante san Felice da Cantalice risalente al XVII secolo. Guida alle antiche chiese di Quartu.Cagliari, Ettore Gasperini Editore, 1999. Quartu Sant'Elena

Chiesa di Sant'Efisio (Quartu Sant'Elena)
Chiesa di Sant'Efisio (Quartu Sant'Elena)

La chiesa di Sant'Efisio è una delle chiese di Quartu Sant'Elena. Sorge nell'omonima piazza tra via Garibaldi e via XX Settembre. La chiesa, inizialmente dedicata ai santi Efisio e Sebastiano, venne costruita tra il 1728 e il 1729, grazie al lascito testamentario della nobile benefattrice quartese Maria Piras. La chiesa dopo essere stata per tanti anni in stato di semi-abbandono è stata restaurata grazie ai fondi messi a disposizione dal comune e alle donazioni della nuova Confraternita di Sant'Efisio. Attualmente viene aperta l'ultima domenica di agosto giorno in cui viene festeggiato il santo. La chiesa è in stile barocco. La facciata, conclusa da un campanile a vela a due archi, è molto semplice come la maggior parte delle chiese costruite in quel periodo. Il portone è quadrato ed è sovrastato da un rosone attraverso il quale la luce entra all'interno della chiesa. Il tempio ha una sola sola navata con volta a botte scandita da tre sottarchi a tutto sesto. L'ultimo sottarco separa la navata dal presbiterio coperto da una cupola ottagonale. La cupola poggia su un tamburo quadrato che poggia ai quattro angoli su delle mensole a forma di teste umane. Si pensa che queste teste raffigurino la benefattrice quartese e suo marito. Successivamente tra i contrafforti venne ricavata una cappella per lato. Nella cappella di destra nella volta è presente un affresco che raffigura la Madonna del fulmine. Sulla destra della chiesa sorge la sacrestia. Questa è voltata a botte ed è abbellita da un medaglione con i simboli dei santi e una spiga, che rappresenta la famiglia di Maria Piras. Spiga era infatti il cognome del marito. All'interno della sacrestia inoltre si trova un ritratto della benefatrice con un ricco abito tradizionale. Sulla sinistra invece sorge la stanza della confraternita di Sant'Efisio. Molte sono le statue che abbelliscono l'ambiente. Alcune furono realizzate da maestranza locali, altre invece sono di scuola napoletana. Nel presbiterio dentro due nicchie si trovano le statue dei santi titolari della chiesa. Guida alle antiche chiese di Quartu.Cagliari, Ettore Gasperini Editore, 1999. Quartu Sant'Elena Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Sant'Efisio

Chiesa di San Benedetto (Quartu Sant'Elena)
Chiesa di San Benedetto (Quartu Sant'Elena)

La chiesa di San Benedetto è una delle chiese di Quartu Sant'Elena. È ubicata in via Marconi. La chiesa venne eretta alla fine del Trecento da maestranze locali. Le prime documentazioni sulla chiesa risalgono però al 1599 anno in cui vennero fatte diverse donazioni da parte dei quartesi. Nel 1761 si trovava già all'interno città e nel 1872 in occasione della visita pastorale dell'arcivescovo di Cagliari venne arredata e venivano celebrate messe ogni giorno da parte dei frati del convento di San Francesco. Agli inizi del Novecento fu sconsacrata e venne utilizzata per fini militari prima di tornare sotto l'amministrazione della parrocchia di Sant'Elena. La chiesa, in stile gotico-catalano, è costruita con pietrame e malta mentre gli angoli sono fati di pietre squadrate. Presenta una sola navata terminante con un'abside semicircolare sormontata da un arco a tutto sesto. Gli arredamenti più importanti della chiesa sono le statue di san Benedetto e di santa Scolastica, il pulpito e la balaustra, risalenti tutti alla fine dell'ottocento. La facciata è a capanna sormontata da un campanile a vela. La campana, dedicata a san Benedetto, risale al 1717. Nella facciata e nel lato destro si aprono due porte a sesto acuto. La luce entra all'interno della chiesa attraverso due rosoni, uno nella facciata e uno nella parete opposta. Attualmente la chiesa viene aperta al culto l'11 luglio, giorno in cui si celebra san Benedetto, e nei mese di maggio e di ottobre, per la recita del rosario in onore di Maria Vergine. Guida alle antiche chiese di Quartu. Cagliari, Ettore Gasperini Editore, 1999. Quartu Sant'Elena

Chiesa di Santa Maria di Cepola

La chiesa di Santa Maria di Cepola o Santa Maria bambina è una delle chiese di Quartu Sant'Elena. È ubicata in via Santa Maria, nel quartiere di Cepola. La chiesa è documentata fin dall'XI secolo. Probabilmente venne costruita sui ruderi di una chiesa paleocristiana. Nel 1089 venne donata dal giudice di Cagliari Costantino I Salusio II a Riccardo, abate di San Vittore. Nel corso dei vari secoli subì numerosi restauri resi necessari dell'incuria e dell'abbandono che rispettarono poco lo stile originario. Probabilmente la chiesa fu in parte ricostruita nel XII secolo. In questo periodo la chiesa era già dedicata alla Madonna ed era denominata "la iglesia de la Conception". Già dal 1341 la chiesa non era più di proprietà dei Vittorini. La chiesa ha una pianta rettangolare costituita da una sola navata terminante con un'abside semicircolare. La navata ha una copertura in legno realizzata in due periodi diversi. La facciata è sovrastata da un campanile a vela di realizzazione relativamente recente e da alcuni merletti che vennero aggiunti successivamente secondo un'usanza dello stile gotico-catalano molto diffuso a Quartu all'epoca. Gli arredi della chiesa sono pochi e semplici: sono presenti un quadro della Vergine posto sull'altare e delle statue di Maria Vergine, di santo Stefano e di sant'Anastasia. È inoltre presente un'acquasantiera del '600 a forma di testa umana Guida alle antiche chiese di Quartu.Cagliari, Ettore Gasperini Editore, 1999. Quartu Sant'Elena

Fornaci di laterizi Maxia

Le Fornaci di laterizi Maxia sono un complesso di edifici di interesse archeologico - industriale, siti nella città di Quartu Sant'Elena, in via Brigata Sassari. Quartu fin dalla seconda metà del 1800 ospitava già diversi servizi tra cui il municipio, la caserma dei carabinieri con annesse le carceri di Sant'Angelo e la stazione dei tram. La vita economica della città avveniva nel mercato, dove attualmente sorge la piazza Dessi, che ospita il nuovo mercato civico. La zona dove sorgeva il mercato veniva chiamata Sa Perda Mulla (la pietra miliare da cui Quartu prende il nome) poiché in quel luogo si trovava la pietra miliare di epoca romana, che segnava la distanza di quattro miglia da Cagliari, successivamente sparita durante dei lavori. La struttura più importante era la stazione dei tram che sorgeva dove attualmente sorgono i giardinetti pubblici di piazza Matteotti. La città ospitava anche industrie come la distilleria Capra, il pastificio Rosas, il macello e alcune zone ricreative come il Cinema Impero e il Cinema Nuovo. Nel 1908 il fondatore della fabbrica, cavalier Felicino Maxia, sulla scia della rivoluzione industriale, capì che in una città in così grande fermento, come era Quartu in quel periodo, una fabbrica di laterizi avrebbe avuto sviluppo. La fabbrica venne costruita nella periferia di Quartu su un terreno di forma quadrangolare di circa 10.000 m². Felicino Maxia che tanto aveva viaggiato, soprattutto nel lombardo-veneto, affidò il progetto della fabbrica alla Meccanica Lombarda, una ditta che si occupava dei progetti architettonici, di produrre le macchine e di fornire ingegneri. La fabbrica venne costruita con manodopera quartese utilizzando mattoni di argilla cotta fatti a mano e ladiri (tipici mattoni di fango, molto utilizzati nei paesi del Campidano anche per la realizzazione di abitazioni). La fabbrica era composta da due capannoni principali che ospitavano uno la sala macchine, per la trasformazione dell'argilla in mattoni crudi, l'altro il forno, per la cottura dei mattoni.Il fumaiolo è realizzato con mattoni pieni fatti a mano, aventi forma trapezoidale per poter realizzare la sezione circolare dello stesso. La dimensione dei lati del trapezio varia con il variare del diametro del fumaiolo, più largo alla base e più stretto alla sommità. Sui vertici dell'area insistevano altri quattro capannoni più piccoli, utilizzati per le svariate necessità. Infine trovavano posto il grande forno per la produzione della calce, un piccolo fabbricato vicino al forno della calce (demolito e mai ricostruito), una cabina elettrica, diverse cisterne sotterranee per l'acqua a uso industriale, un pozzo e la palazzina di residenza dei proprietari. Gli aggiornamenti tecnologici dell'epoca portarono negli anni a sviluppare essiccatoi all'aperto o al chiuso ad aria calda forzata. Il complesso così costituito era rappresentativo della pregevole architettura industriale nazionale ed europea, dalla quale attingeva gli stili che abbinando alla funzione il gusto, enfatizzavano architettonicamente l'importanza economica della fabbrica. Sino alla prima metà degli anni '60, alle due estremità del prospetto maggiore del capannone del forno, si potevano vedere due piccoli locali, uno per il ricovero di un trattore, l'altro per i servizi igienici degli operai. Tali corpi di fabbrica furono demoliti, il primo per costruire la struttura in cemento armato contenente un serbatoio del petrolio grezzo, l'altro per realizzare al piano primo di un locale posto fra la sala macchine e il forno, con accesso dallo stesso forno, un più adeguato e moderno locale adibito a mensa, bagni con docce dotate di acqua calda, spogliatoi. L'argilla utilizzata per la produzione dei mattoni proveniva dalle cave di argilla bianca di Su Paris, ubicata nelle vicinanze dello stagno di Simbirizzi, e dalle cave di argilla rossa di Ussana. La miscela di argille ottenuta dava al mattone ottime caratteristiche di resistenza e duttilità per un migliore utilizzo e facilità di posa in opera. La fabbrica utilizzava all'inizio il forno Lanuzzi, un forno a legna e carbone in cui i mattoni venivano inseriti dall'alto, mentre da un'apposita apertura alla base veniva introdotta la legna. Questo forno venne poi sostituito con il forno Hoffman intorno al 1950; questo funzionava a petrolio grezzo con innesco da iniettori. I mattoni venivano cotti in cataste realizzate a mano all'interno del forno, accessibile tramite cunicoli a livello terra. Al forno era annessa un'alta ciminiera, di cui oggi rimango circa i 4/5, a cui i fumi di cottura (circa 900 °C) arrivavano attraverso dei condotti sotterranei grazie a un estrattore elettrico dotato di ventola. Le fornaci ospitavano alcuni essiccatoi esterni (tettoie) e altri interni. Quelli interni, divisi in molteplici magazzini, erano dotati di ventole elettriche che agitavano l'aria calda, proveniente da un apposito bruciatore alimentato dai fumi del forno Hoffman. La fabbrica non mancava di un forno per la produzione della calce, costituente per dimensioni l'esempio più grande in Sardegna. Nei primi anni di attività l'argilla, trasportata dalle cave su carri, veniva utilizzata per la produzione dei mattoni pieni, fatti a mano, tre per volta, in formelle di legno. Successivamente l'avanzare del progresso tecnologico portò all'utilizzo dei camion, con un rilevante aumento della quantità del materiale trasportato, tale da costituire la cosiddetta "montagna dell'argilla" nel piazzale a destra dell'ingresso, dove l'argilla stagionava per essere poi inviata alla sala macchine mediante l'uso di una draga e di diversi vagoni su binario. Davanti al capannone che ospitava la sala macchine, sorgevano le cisterne interrate che servivano per tenere umida l'argilla, che a volte rimaneva nei piazzali giorni e giorni, sempre fresca. In epoche successive il metodo di trasporto avvenne su nastri trasportatori e negli ultimi anni su pala meccanica gommata. All'interno della sala macchine il prodotto allo stato naturale, passando tra tramogge, frantumatori, vagli e mattoniera, veniva trasformato nei vari tipi di mattoni forati, tavelle e pignatte, ancora crudi. Da qui il trasporto agli essiccatoi, sia all'aperto (nel periodo estivo) sia al chiuso ad aerazione forzata, avveniva su convogli di carrelli trainati da piccoli trattori. Dopo circa venti giorni, variabili in base al tipo di mattone e alle condizioni climatiche, il prodotto veniva caricato su altri convogli e inviato al forno per il ciclo di cottura (riscaldamento, cottura, raffreddamento). In ultimo i laterizi venivano trasportati, su carrelli spinti a mano, e accatastati nel piazzale per la vendita. I due capannoni posti alle estremità confinanti con via Barletta e via Ancona, erano i depositi dei mattoni pieni fatti a mano la cui catasta era così alta da raggiungere le travi del tetto. I due capannoni erano perfettamente uguali. Attualmente quello confinante con la via Siena è stato parzialmente demolito (era la rimessa del calesse dei proprietari e sui muri si potevano leggere i nomi dei cavalli in corrispondenza dei punti in cui venivano stallati) in seguito alla realizzazione della stessa via Siena. Prima dell'esproprio per la realizzazione della via Siena l'area originaria delle fornaci arrivava sino all'argine del Rio Is Cungiaus. Per tutto il ciclo di produzione erano necessarie circa trentacinque persone, così distinte: una segretaria (per tutte le funzioni amministrative e contabili), un capofabbrica (capace di gestire il personale e risolvere tutti i problemi, con disponibilità 24 ore su 24 per le emergenze), due autisti (ai camion per il trasporto dell'argilla), un escavatorista (in cava), un meccanico (per riparare i ricorrenti guasti agli impianti), tre fuochisti (a turni di otto ore sino a coprire le ventiquattro ore e per 365 giorni, perché il forno non poteva essere mai spento), tre squadre di circa sei operai (una alla sala macchine, una agli essiccatoi, una al forno), due trattoristi (per i convogli). Le fornaci chiusero i battenti nel 1975 quando era gestita da Mariuccina Maxia, prima donna sarda imprenditrice nel settore, poiché necessitava di una profonda ristrutturazione e ammodernamento troppo costoso per i proprietari, e per il sopraggiungere dei prodotti concorrenti toscani. Alle Fornaci Maxia bisogna riconoscere il merito di aver contribuito alla ricostruzione di gran parte dell'hinterland e di Cagliari nel secondo dopoguerra. I suoi mattoni inoltre vennero utilizzati, insieme con quelli delle Fornaci Picci, per la costruzione della città di Carbonia. La fabbrica è stata visitabile durante la manifestazione Monumenti Aperti fino all'edizione del 2007. Un incendio aveva distrutto il tetto della sala macchine, infatti adesso si può notare, che, a differenza dell'altro capannone, la copertura del tetto è realizzata con materiali differenti dalle originarie travi in legno, canne e tegole sarde. Felicino Maxia: primo proprietario e fondatore della fabbrica di laterizi. Era cavaliere e segretario comunale. Vitale Maxia: nipote di Felicino Maxia ereditò la fabbrica alla morte dello Zio Giuseppe Maxia: comproprietario della fabbrica assieme a Mariuccina Maxia, costituenti la "Società laterizi Quartu". Ereditò la fabbrica dal padre Vitale. Mariuccina Maxia: comproprietaria della fabbrica assieme al fratello Giuseppe. Alla morte di questi gestì le fornaci fino alla chiusura. Fu comproprietaria con Antonia Giulia, Maria Rosaria e Marco Maxia, figli di Giuseppe, scomparso prematuramente nel 1958 in un incidente stradale. Antonia Giulia, Maria Rosaria e Marco Maxia: ultimi proprietari della fabbrica. Quartu Sant'Elena Archeologia industriale

Chiesa di Santo Stefano (Quartu Sant'Elena)

La chiesa di Santo Stefano protomartire, moderno edificio di concezione innovativa e "significativa opera di Francesco Berarducci", si trova nell'omonimo quartiere alla periferia occidentale di Quartu Sant'Elena, in via Pierluigi da Palestrina. L'intitolazione a santo Stefano, primo martire della cristianità, riprende quella di un'antica chiesetta rurale che ancora alla fine dell'Ottocento sopravviveva nel rione, seppur cadente e abbandonata da oltre un secolo; oggi non ne rimane traccia se non per un simulacro ligneo secentesco del santo conservato nella chiesa di Santa Maria di Cepola. La parrocchia di Santo Stefano venne invece istituita il 31 ottobre 1967 dall'arcivescovo di Cagliari Paolo Botto per venire incontro alle esigenze spirituali di un quartiere in rapida crescita demografica che, come chiesa "provvisoria", utilizzò dapprima un rustico adattato di via Giuseppe Parini e poi, dal 1969, un apposito capannone nella stessa via. Solo nel 1987 venne inaugurata, benché non ancora ultimata, la chiesa vera e propria, realizzata su progetto dell'architetto romano Francesco Berarducci. Conclusi i lavori di presbiterio, ambone e altare, nonché quelli interminabili per la sistemazione della piazza circostante, monsignor Antonio Tagliaferri, da 33 anni parroco e fondatore della comunità, il 31 ottobre 2000 poté finalmente vedere la "sua" chiesa ufficialmente dedicata a santo Stefano dall'arcivescovo di Cagliari Ottorino Pietro Alberti, con la consegna delle reliquie del patrono e dei compatroni (san Leopoldo Mandić, beata Antonia Mesina e beato Nicola da Gesturi). L'edificio, realizzato in cemento armato con linee compositive singolari e pareti senza intonaco di reminiscenza brutalista, da un lato si inserisce nell'ambiente con una "carica ascensionale di conquista" e con "l'intrigante metafora della gibbosità collinare", mentre dall'altro riprende i concetti di severa semplicità, praticità e facilità d'accesso della precedente chiesa-capannone. Già il sagrato risponde a questa esigenza di avvicinamento del pubblico e di accoglienza dei fedeli, anche se le attuali recinzioni e cancellate sono in netto contrasto con l'istanza partecipativa progettuale. La chiesa, a pianta circolare, è caratterizzata da due torri cilindriche che, all'esterno, dominano l'ampio terrazzo a belvedere del tetto, da cui si gode la vista panoramica del vicino stagno di Molentargius e da cui si può individuare il caratteristico profilo del quartiere storico del Castello di Cagliari. La configurazione architettonica dell'interno poggia sul concetto liturgico della centralità dell'eucaristia con suggestioni e rimandi alla Chiesa dei primi secoli (architettura paleocristiana). La penombra che avvolge l'aula non solo induce al raccoglimento ma dà ancor maggior risalto al presbiterio illuminato, circolare e su una pedana rialzata, centro spaziale di tutta la struttura ad anfiteatro e perfettamente visibile da tutti i gradoni della cavea che discendono verso di esso. Da lì si innalzano le due colonne-torri che caratterizzano anche l'esterno: in quella di destra è collocato il tabernacolo dall'inusuale forma sferica (un richiamo al profilo dell'ostia eucaristica), evidenziato da un ampio oculo scavato nel cemento della colonna-torre; in quella di sinistra, invece, è collocato l'ambone. Al centro del presbiterio, e quindi dell'intero edificio, si trova l'altare quadrangolare in granito rosa di Villasalto. Degno di nota è anche il Crocifisso, accanto all'altare, opera in argento di Franco D'Aspro. Caratteristica è l'assenza di statue e del tradizionale arredo di banchi con inginocchiatoio, schienale e seduta, sostituiti da file concentriche di semplici (ma scomode) panche di sapore indubbiamente moderno, ma anche un po' troppo "laico" e "spettacolare" secondo le aspre critiche piovute sui principi estetici e liturgici della costruzione, definita negativamente come "chiesa-anfiteatro" o "chiesa postconciliare". Tuttavia, nelle intenzioni di progettista e committenza, questo allestimento è stato studiato per favorire sia la partecipazione alle celebrazioni sia il contatto dei fedeli tra loro e per simboleggiare lo stretto rapporto di comunione e di carità che scaturisce dal sacramento eucaristico. Lucio Barbera (a cura di), Francesco Berarducci architetto, Roma, Gangemi, 1994. ISBN 978-88-7448-598-7. Abstract sul sito dell'editore. Quartu Sant'Elena Storia della chiesa sul sito della parrocchia. Alcune immagini della chiesa: dell'esterno sul portale Sardinia, dell'interno sul sito acale.it Archiviato il 4 marzo 2016 in Internet Archive..

Stadio Is Arenas
Stadio Is Arenas

Lo stadio Is Arenas è un ex impianto sportivo polivalente italiano in disuso di Quartu Sant'Elena, in Sardegna. È stato sede di alcuni incontri interni del Cagliari Calcio nella stagione 2012-2013, a dispetto di una convenzione triennale stipulata col comune quartese. Lo stadio, indicato inizialmente dal presidente del Cagliari Massimo Cellino come possibile stadio definitivo della squadra isolana, ha in realtà ospitato quest'ultima per sole 14 partite, di cui solo 7 disputate in presenza di spettatori, a causa di vari problemi di natura burocratica. Originariamente costruito come campo sportivo dotato di unica tribuna centrale in calcestruzzo armato, era stato trasformato in stadio in acciaio e tecnologia prefabbricata con capienza di 16 500 posti, potendo inoltre ospitare manifestazioni UEFA. Nel giugno del 2013, in accordo con la Regione, il Cagliari Calcio decise di lasciare l'impianto per fare ritorno allo stadio Sant'Elia, dando inizio allo smantellamento della struttura. Questo, sommato a contenziosi legali tra la società e il Comune di Quartu Sant'Elena, fece sì che la struttura venne chiusa definitivamente e tuttora versa in condizioni di abbandono. Lo stadio Is Arenas deve il suo nome all'omonima località in cui è situato, un toponimo comune altrove nel Campidano. Is Arenas in sardo campidanese significa "Le sabbie", poiché nella zona in passato erano presenti numerose dune di sabbia litoranee. Nato come campo sportivo polivalente cittadino di Quartu Sant'Elena, venne ulteriormente ampliato negli anni ottanta per permettere alla squadra locale, il Sant'Elena Quartu, di disputare i suoi campionati in Serie C2, massimo livello raggiunto da una squadra quartese. L'impianto infatti fu dotato di un'unica tribuna in cemento armato, di pista d'atletica e furono ampliati gli spogliatoi. Il botteghino fu costruito autonomamente da alcuni tifosi locali autofinanziatisi. Passò alla ribalta nazionale nel 2012 quando il Cagliari Calcio decise di trasferirsi a Quartu Sant'Elena dopo aver abbandonato lo stadio Sant'Elia per la sua parziale inagibilità, che gli avrebbe comunque permesso (seppur con capienza molto ridotta) l'omologazione per il campionato di Serie A. Lo stadio perciò fu profondamente ampliato, nel numero di posti e nelle strutture, per essere conforme per la massima categoria. L'apertura prevista era per il mese di ottobre-novembre, ma dopo estenuanti lavori si riuscì a costruire lo stadio ai minimi termini per aprirlo e giocare la partita a porte chiuse il 2 settembre 2012, per il match contro l'Atalanta. L'impianto infatti presentava solo la base della Main Stand, con il cantiere aperto: per forza di cose questo volle significare anche l'assenza di tribuna stampa e spogliatoi, da progetto appunto presenti nella tribuna centrale. I giornalisti pertanto trovarono posto nella tribuna distinti, mentre per i giocatori furono messi a disposizione gli spogliatoi dell'adiacente Palazzetto dello Sport di Via Beethoven. Nel campo di gioco del Palazzetto fu allestita una sala stampa per il post-partita. Per la partita del 30 settembre Cagliari-Pescara lo stadio venne aperto ai tifosi fidelizzati che poterono occupare l'unico settore agibile della tribuna distinti, mentre il 10 novembre, in occasione del match Cagliari-Catania, furono aperte pure le due curve anche per i possessori di normale tagliando d'ingresso. Inizialmente, un comunicato sul sito ufficiale del Cagliari aveva annunciato l'apertura totale di tutti i settori dello stadio, compresa la cosiddetta Main Stand, dopo aver ricevuto il benestare ufficiale dall'Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive e dal sindaco di Quartu Mauro Contini. Tuttavia la decisione fu rettificata dalla Questura di Cagliari, che bloccò l'ingresso dei tifosi alla tribuna centrale, ritenuta ancora inagibile per motivi di ordine pubblico. Il 26 novembre, in occasione della partita Cagliari-Napoli, lo stadio venne finalmente aperto in tutti i suoi settori, potendo ospitare 16 082 spettatori su un massimo di 16 500. Nel settembre del 2012 lo stadio Is Arenas si trovò al centro dell'attenzione nazionale per il comunicato del presidente del Cagliari Calcio Massimo Cellino, che invitava i tifosi in possesso di biglietto o abbonamento di recarsi allo stadio per assistere alla partita valida per il campionato di Serie A Cagliari-Roma, nonostante la Prefettura di Cagliari avesse imposto di far disputare l'incontro a porte chiuse dopo che lo stadio era stato dichiarato “non conforme” dalla Commissione di Vigilanza. L'iniziativa del Presidente della società sarda fu condannata dai vari organi di stampa e dalla FIGC; l'incontro fu in un primo momento rinviato a data da destinarsi, e successivamente cancellato. Il Giudice sportivo sanzionò poi il Cagliari con la sconfitta a tavolino per 0-3. Nello stesso mese, vi erano state anche polemiche a livello regionale riguardanti la richiesta fatta al sindaco di Quartu dal presidente del WWF Sardegna di interrompere il rapporto con il Cagliari Calcio con la conseguente chiusura dell'impianto. La richiesta era stata inoltrata per evitare che gli incontri di calcio causassero disturbo all'avifauna presente nel vicino Parco di Molentargius. Durante la costruzione dell'impianto, alcuni cittadini quartesi avevano invece protestato per il divieto di circolazione imposto nelle ore immediatamente vicine all'orario delle partite nelle strade adiacenti allo stadio, valido anche per gli stessi residenti del rione di Is Arenas. Lo stadio tornò al centro dell'attenzione in occasione della partita del 21 dicembre Cagliari-Juventus, inizialmente prevista con sede allo stadio Is Arenas, ma disputata invece, su decisione della Lega Calcio, allo stadio Ennio Tardini di Parma dopo che il sindaco di Quartu Sant'Elena, Mauro Contini, aveva dato in un primo momento parere negativo sull'agibilità dello stadio negando così l'autorizzazione a far disputare l'incontro in Sardegna. Successivamente era tornato sui suoi passi, decisione arrivata comunque troppo tardi per poter avere il tempo di organizzare l'evento nello stadio di Quartu. Ne seguirono forti polemiche da parte di tutte le parti coinvolte: la Juventus protestò per il cambio di sede avvenuto con poco preavviso, mentre il sindaco di Quartu difendeva il suo operato attribuendo la responsabilità dell'accaduto alla società sarda. Duro anche lo sfogo del presidente del Cagliari Massimo Cellino, che accusava la società bianconera di non aver accettato il nuovo spostamento di campo dopo l'autorizzazione del sindaco; parole a cui aveva risposto, definendole «vergognose», la società juventina. Il 10 febbraio 2013, al termine della partita tra Cagliari e Milan terminata con il punteggio di 1-1, su Mediaset Premium venne mandato in onda un servizio in cui si definivano fatiscenti e poco sicure le strutture dello stadio. Il servizio però si avvaleva di immagini riprese nei pressi di un kartodromo di Arborea (OR), come riportato sul sito ufficiale del Cagliari. Successivamente la redazione di Mediaset Premium, accortasi dell'errore, si scusò sul proprio sito per l'incidente. Il 14 febbraio 2013 il presidente del Cagliari Massimo Cellino venne arrestato in maniera cautelare insieme al sindaco di Quartu Sant'Elena Mauro Contini e all'assessore allo sport dello stesso comune Stefano Lilliu, nell'ambito dell'inchiesta della procura di Cagliari sui lavori di adeguamento dello stadio. Le accuse a carico del presidente del Cagliari Calcio, del primo cittadino di Quartu e dell'assessore della sua Giunta erano le stesse a carico dei dirigenti del comune Pierpaolo Gessa e Andrea Masala, già arrestati il 29 novembre 2012, ovvero tentato peculato e falso ideologico. Nei giorni seguenti anche il progettista Jaime Manca di Villahermosa venne accusato di abuso edilizio. Di conseguenza, senza più la possibilità di ottenere deroghe per l'utilizzo dell'impianto, il 25 febbraio 2013, lo stadio venne definito inagibile dalla Commissione di Vigilanza, con la possibilità di ottenere un nuovo parere solamente alla completa realizzazione dei lavori previsti. Tra questi ultimi, il più importante consisteva nella realizzazione di un'adeguata zona di prefiltraggio nel Settore ospiti. Per questo motivo le restanti partite contro Torino, Sampdoria e Fiorentina furono disputate a porte chiuse, mentre quelle contro Inter, Udinese, Parma e Lazio al Rocco di Trieste. Il presidente Cellino tornò in libertà il 14 maggio 2013 e, nell'incontro tenutosi il 25 giugno 2013 con le autorità della Regione Sardegna e della Lega Calcio, comunicò la decisione di abbandonare definitivamente lo stadio Is Arenas, permanentemente inagibile dal 25 febbraio 2013. Il 29 giugno, il presidente della Regione Ugo Cappellacci dichiarò che di comune accordo con la società calcistica, il Cagliari sarebbe tornato al Sant'Elia entro fine settembre. Nel frattempo l'impianto quartese venne smantellato: l'impalcato delle tribune venne quindi in gran parte riportato al Sant'Elia e successivamente utilizzato per costruire il nuovo stadio temporaneo del Cagliari, la Sardegna Arena. Secondo gli accordi originari, a fine convenzione il Cagliari si sarebbe dovuto fare carico del ripristino dell'impianto (campo e pista di atletica leggera) alle condizioni iniziali, ma i dissidi burocratici generarono un contenzioso legale tra il club e l'amministrazione comunale ancora in corso. La società sportiva chiede indietro al Comune le spese sostenute per trasferirsi in altra struttura mentre l’amministrazione contesta delle cartelle Tari non saldate. In attesa di una conciliazione tra le parti, l'impianto versa in stato di abbandono con il campo da gioco ricoperto di erbacce, qualche pianta d'alto fusto e cespugli. Lo stadio poteva ospitare circa 16 500 posti, ma con l'eventualità di espandere la capienza fino a 18 000 posti. L'impianto, interamente in acciaio e moduli prefabbricati, si articolava in due blocchi. Il blocco Curve-Distinti, costituito da tribune Dalmine ereditate da quelle già montate negli anni 2000 al Sant'Elia di Cagliari, e il blocco chiamato Main Stand formato dai moduli della tribuna centrale dello stadio modulare Karalis Arena in progetto da diversi anni e mai costruito. La Main Stand era dotata di una copertura realizzata con lastre isolanti in acciaio a protezione multistrato, e a differenza del progetto originario che prevedeva gradoni sandwich in acciaio, era costituita da 16 gradoni in legno lamellare, con circa 3 400 posti a sedere. Le 16 file erano dotate di sedili a ribaltina, di colore rosso per il settore “Tribuna Sardegna”, blu per la “Tribuna centrale”. Sopra il tunnel degli spogliatoi, erano presenti i banchi per la radiocronaca e per i giornalisti. La copertura, con pendenza del 3%, aveva un'altezza di 14,25 m all'esterno dello stadio ed ha anche la funzione di supportare l'illuminazione (lungo tutto il bordo). Lunga 120 m e profonda 20 ospitava al piano terra gli spogliatoi delle due squadre, quelli di arbitri ed allenatori, la zona per le interviste, i locali per il controllo antidoping, le infermerie e il pronto soccorso, servizi igienici per il pubblico e la cucina e al primo piano un punto ristoro. Aveva nel punto più basso una distanza dalla linea laterale di appena 7,50 m. L'esterno era dotato di una copertura composta da pannelli isolanti in lamiera e anima isolante in poliuretano espanso e fibra minerale. Infine nella Main Stand, era prevista l'installazione di 11 Sky Box, in grado di ospitare aziende e tifosi VIP. Per curve e Distinti erano state utilizzate le tribune Dalmine di proprietà del Cagliari: esse poggiavano sul terreno dove prima vi era la pista di atletica leggera. Le due curve, quella sud e quella nord, avevano 4.596 posti ciascuna, entrambe con trenta file di sedili drop (i classici seggiolini senza schienale). I Distinti avevano una lunghezza (107 m) e profondità (16 m) inferiore alla Main Stand con 3 922 posti divisi in 20 file con sedili set (uguali ai drop ma con lo schienale). Successivamente, rispetto al progetto iniziale, erano stati aggiunti due raccordi curvi in acciaio tra Curve e Distinti che unificano tutti i settori e avranno un'altezza pari a quella dei Distinti. Il raccordo a sud era riservato alla tifoseria ospite. Appena dietro i Distinti, la tribuna in cemento armato del vecchio impianto fungeva da supporto per un'impalcatura sulla quale poggiano le postazioni radio/TV e un maxischermo a LED di 80 m². Le tribune erano posizionate ad una distanza dal campo di gioco in modo tale da ricavare un'area carrabile larga 4,20 m, da utilizzare in caso di emergenza e per le manutenzioni. Le tribune erano quindi distanti 9,20 m dalla linea di fondo del campo di gioco e 7,70 m dalla linea laterale. La curva Nord nell'agosto 2012 fu oggetto di un curioso caso, unico in Italia: la società Cagliari Calcio nella persona di Massimo Cellino aveva intitolato la curva Nord agli Sconvolts, principale gruppo ultras locale, con tanto di logo del gruppo formato con i seggiolini colorati. In Italia era un caso unico, all'estero era già successo con gli olandesi del Twente e il gruppo Vak-P. Tuttavia dopo soltanto 8 giorni la scritta fu rimossa e modificata in una banda rossa e blu contornata di bianco, su esplicita richiesta della Questura. Per quanto riguarda l'illuminazione dello stadio furono potenziate le 4 torri faro di 30 m d'altezza già esistenti ed era prevista la realizzazione di una nuova torre di 40 m nella zona Distinti per arrivare ad un'intensità luminosa di 1 400 lux (necessari per ottenere l'omologazione UEFA). Altra illuminazione era presente lungo il bordo della copertura della nuova tribuna. Il manto erboso rientrava tra le opere di manutenzione straordinaria di competenza del Cagliari Calcio. Il prato fu completamente rifatto così come l'impianto di irrigazione e il sistema drenante: per quest'ultimo fu fatto uno scavo di oltre 40 cm. Il tipo di erba innestato era composto da macroterme (quali il Cynodon dactylon e il Paspalum vaginatum), ideali a temperature tra i 20 e i 30 °C. Sopra la tribuna centrale del vecchio impianto, appena dietro i Distinti, furono realizzate le postazioni TV: soluzione obbligata in quanto visto l'orientamento dello stadio, in caso di posizionamento delle telecamere nella Main Stand si sarebbero ottenute delle riprese in "controluce", e quindi disturbate dal sole. Inoltre, alle due estremità dei Distinti, furono realizzate due torrette per le telecamere impiegate per le inquadrature e i replay dei fuorigioco. La pista d'atletica originaria non era omologata e venne smantellata per far poggiare le tribune amovibili, ma alla fine della convenzione col Comune avrebbe dovuto essere ricostruita ed omologata IAAF. Sempre al termine della concessione, secondo gli accordi presi, il Cagliari avrebbe dovuto realizzare degli spogliatoi nello spazio sotto l'unica tribuna esistente a Is Arenas, in sostituzione di quelli esistenti in precedenza, demoliti per far posto alla Curva Sud. Sorge nella località di Is Arenas, nel comune di Quartu Sant'Elena (CA), proprietario dell'impianto. Fu inizialmente dato in concessione per tre anni alla Cagliari Calcio s.p.a. per un affitto annuale corrispondente a 30 000 euro. Il campo di gioco misurava 105x68 m ed era in erba naturale. Di seguito vengono riportate le altre caratteristiche salienti dell'impianto: Dati relativi alle sole partite ufficiali, aggiornati al 30 marzo 2013. Prima partita in assoluto: Cagliari-Atalanta 1-1 (2 settembre 2012) Prima vittoria in assoluto: Cagliari-Bologna 1-0 (21 ottobre 2012) Primo pareggio in assoluto: Cagliari-Atalanta 1-1 (2 settembre 2012) Prima sconfitta in assoluto: Cagliari-Pescara 1-2 (30 settembre 2012) Unipol Domus Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sullo stadio Is Arenas Wikinotizie contiene l'articolo Scandalo stadio Is Arenas: arrestati Massimo Cellino e sindaco di Quartu Sito ufficiale, su cagliaricalcio.net (archiviato il 30 gennaio 2013). Sant'Elia addio,'Is Arenas' è realtà, su repubblica.it. Il Cagliari trasloca a Quartu Sant'Elena: i rossoblù giocheranno a 'Is Arenas' le gare casalinghe della prossima stagione, su goal.com. articolo su unionesarda.it, su unionesarda.it. URL consultato il 7 dicembre 2020 (archiviato dall'url originale il 13 aprile 2013). progetto ufficiale Regione Sardegna (PDF), su regione.sardegna.it. URL consultato il 6 giugno 2012 (archiviato dall'url originale il 7 settembre 2012). notizie dal sito del Cagliari Calcio , su cagliaricalcio.net.

Chiesa di San Pietro di Ponte
Chiesa di San Pietro di Ponte

La chiesa di San Pietro di Ponte, situata dal 1876 all'interno dell'area cimiteriale di Quartu Sant'Elena, che sorge a circa 200 metri dall'abitato, era compresa in un antico aggregato rurale di “Quarto Suso”, dove sorgeva anche un ponte romano, ora scomparso, dal quale trae il nome. L'aspetto attuale della chiesa, improntata a moduli stilistici tardo-romanici e in parte gotici, permette di stabilire la data della costruzione fra il 1280 e il 1300. In esso non vi sono segni di un precedente edificio, che tuttavia risulta esistere in alcuni documenti del 1164 e 1168. L'edificio venne donato nel 1119 da Giuliano, arcivescovo di Cagliari, ai monaci di San Vittore di Marsiglia, ma lo stesso tornò nel 1444 in possesso all'arcivescovo stesso. Solo nel 1862 divenne oratorio delle Anime, all'interno del cimitero ancora in costruzione. La facciata, coronata da un piccolo campanile a vela ormai privo di campana, è costituita da una bifora, piccola e sproporzionata, e da conci di calcare ben squadrati, mentre archetti pensili di varie forme adornano i tre prospetti. Il portale, ora ad arco a tutto sesto, anche se prima vi era anche un architrave, è circondato da tanti nidi che un tempo contenevano ceramiche decorate. Nell'edificio si contano ben 64 nicchie per le ceramiche, delle quali resta solo qualche traccia. A destra della facciata, accanto alla cappella della famiglia Capra, vi è un simbolo di probabile origine egizia: si tratta di una croce greca benaugurante, sorretta da una mano. In Sardegna sarebbe arrivata con l'invasione dei punici. L'interno è costituito da una sola navata rettangolare, con una copertura lignea. L'accesso alla piccola abside è ad arco a tutto sesto, impostato su capitelli, mentre sul fondo, per dare luce all'interno della chiesa, vi è un piccolo oculo, cioè una sorta di rosone di dimensioni ridotte. Roberto Coroneo, Architettura Romanica dalla metà del Mille al primo '300, Nuoro, Ilisso, 1993. ISBN 88-85098-24-X Michela Perra, La chiesa di San Pietro di Ponte e il cimitero monumentale di Quartu Sant'Elena, Iskra, 2019 Archivio storico comunale di Quartu Sant'Elena. Quartu Sant'Elena Architettura romanica Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Pietro di Ponte Chiesa di S. Pietro in Ponte, su comune.quartusantelena.ca.it (archiviato dall'url originale il 9 maggio 2006). Sardegnacultura.it.

Chiesa di Sant'Antonio da Padova (Quartu Sant'Elena)
Chiesa di Sant'Antonio da Padova (Quartu Sant'Elena)

La chiesa di Sant'Antonio da Padova è una delle chiese parrocchiali di Quartu Sant'Elena. È ubicata nella via Sant'Antonio ed è retta dai frati minori francescani, dei quali sul lato sinistro della chiesa sorge il convento. Nel sito in cui sorge oggi la chiesa sorgeva un tempo un edificio religioso dedicato a san Gregorio Magno. Il convento fu fondato nel 1897 dal padre Ferdinando Diotallevi. La costruzione della chiesa ebbe inizio nel 1898 e fu promossa dai frati francescani, che nella seconda metà dell'Ottocento, in applicazione delle leggi Siccardi, furono espropriati dei propri averi, tra cui il convento al fianco della chiesa di San Francesco (oggi, come in origine, dedicata a sant'Agata). I lavori procedettero con grandi difficoltà economiche e vennero spesso interrotti. La chiesa venne ultimata nel 1904 con la costruzione del campanile e il 27 dicembre dello stesso anno consacrata da monsignor Balestra e dedicata a sant'Antonio di Padova. Il 19 dicembre 1954 la chiesa fu elevata al rango di parrocchia, la terza della città. La chiesa subì un importante intervento di restauro tra gli anni sessanta e settanta per riadattare l'edificio, e in particolare il presbiterio, alla riforma liturgica successiva al Concilio Vaticano II. Nella chiesa convivono gli stili neoclassico e neogotico. La facciata è alta e stretta si conclude in un timpano triangolare; al centro della facciata si apre il portale, delimitato da una cornice modanata e sovrastato da una lunetta in cui è raffigurato Sant'Antonio col Bambin Gesù. Al di sopra del portale è presente una bifora ad arco a sesto acuto, nella cui vetrata è rappresentata la scena dell'Annunciazione, compresa tra due nicchie anch'esse ad arco a sesto acuto: la nicchia di sinistra contiene una statua di San Francesco, la destra una statua di Santa Chiara. Il campanile, rivestito da una copertura piramidale, è a pianta quadrata; nella cella campanaria si aprono quattro ampie finestre ogivali. La chiesa presenta una pianta a croce greca. L'incrocio dei bracci è sovrastato da una cupola ottagonale, raccordata da pennacchi trigonali ai quattro pilastri che delimitano il quadilatero centrale; su di esso si affacciano due grandi cappelle, che costituiscono il transetto: la cappella di San Francesco (a sinistra) e la cappella del Sacro Cuore di Gesù (a destra). Tra i bracci della croce si aprono invece altri quattro piccoli ambienti, che ospitano altrettante cappelle, collegati con l'unica navata tramite archi a tutto sesto e alle cappelle del transetto tramite archi a sesto acuto; degna di nota è la cappella della Vergine di Lourdes, in cui è presente una ricostruzione della Grotta di Massabielle. La copertura dell'edificio è a botte. Il presbiterio è a forma quadrangolare e si conclude in un'abside semicircolare; frontalmente al presbiterio, al di sopra dell'ingresso, si colloca una tribuna che si adagia su un arco ribassato. Guida alle antiche chiese di Quartu.Cagliari, Ettore Gasperini Editore, 1999. Quartu Sant'Elena Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla Chiesa di Sant'Antonio da Padova