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Calenzano

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Panorama calenzano alto da san donato
Panorama calenzano alto da san donato

Calenzano (pronuncia: /kalenˈʣano/) è un comune italiano di 18 109 abitanti della città metropolitana di Firenze in Toscana. Il Comune di Calenzano è situato nella piana di Firenze-Prato-Pistoia e si estende su una superficie di 76,87 km². Il suo territorio, per i due terzi montuoso, è compreso tra i Monti della Calvana a ovest, che raggiungono la massima altitudine con i 916 metri di Monte Maggiore e il Monte Morello ad est con i 934 metri di Poggio dell'Aia. La parte viabile più elevata è il Passo delle Croci a 427 metri. Lo attraversano in senso longitudinale numerosi corsi d'acqua che, scendendo dai rilievi circostanti, scorrono in direzione nord-sud. Da ovest verso est troviamo il torrente Marinella di Travalle, affluente del fiume Bisenzio, il torrente Marina (principale corso d'acqua del territorio e anch'esso affluente del Bisenzio) da cui prende nome l'omonima Valle, la Marinella di Legri, che sfocia nella Marina e il torrente Chiosina. Quest'ultimo nei pressi dell'abitato si immette nel canale Nuovo Garille e sfocia nella suddetta Marina. Il centro storico di Calenzano ("il Donnini") dista circa 14 km da Firenze e 6 km da Prato. Intorno all'area densamente urbanizzata e popolata, sorta soprattutto a partire dalla seconda metà del secolo scorso ai piedi del colle su cui sorgono il Castello e il borgo di Calenzano Alto, il paesaggio muta radicalmente, lasciando posto a rilievi coperte di boschi e uliveti tipici dei dintorni di Firenze e di Prato. Il territorio comunale confina in senso orario con i Comuni di Barberino di Mugello, San Piero a Sieve, Vaglia, Sesto Fiorentino, Campi Bisenzio, Prato e Vaiano. A Calenzano si trovano anche due stazioni ferroviarie (Calenzano e Pratignone) dove fermano treni interregionali (linea Firenze-Prato-Bologna) e regionali (linea Firenze-Prato-Pistoia-Lucca-Viareggio). Classificazione sismica: zona 3s Classificazione climatica: zona D, 1 740 GG Diffusività atmosferica: bassa, Ibimet CNR 2002 Le prime tracce di antropizzazione di questo territorio datano a circa 40.000 anni fa, in pieno Paleolitico e sono costituite da numerosi strumenti litici, specie in diaspro rosso, ritrovati in particolare nella zona di Travalle. All'Età del Bronzo risalgono i primi insediamenti umani, dei villaggi di capanne dislocati nella fascia pedemontana. Il popolo più antico che abitò questo territorio pare sia stato quello dei Liguri. Erano queste genti pastori nomadi, provenienti dalla Liguria e dal Piemonte che si stanziarono nell'area tra il Bisenzio e l'Arno verso il 2000 a.C. È una teoria ormai consolidata quella secondo cui i Liguri furono ricacciati verso nord-ovest dall'avanzata degli Etruschi. Numerosi sono stati nel corso degli anni i ritrovamenti archeologici che testimoniano la massiccia presenza del popolo tirrenico a Calenzano. Uno su tutti, anche se situato in territorio pratese alla confluenza tra il fiume Bisenzio e il torrente Marinella di Travalle, quello della città di Gonfienti, edificata alla fine del VII secolo a.C. ed estesa su una superficie di ben 17 ettari. Nel 1735 fu rinvenuta sulle pendici di Poggio Castiglioni, un colle posto sempre ai confini tra Calenzano e Prato, la statuetta bronzea detta “l'offerente”, oggi conservata al British Museum di Londra. Infine, il reperto forse più importante: il famoso Cippo di Settimello. Si tratta di un monumentale cippo scolpito in pietra che doveva esser posto sopra un tumulo funerario, da prima conservato al Museo Archeologico di Firenze è oggi collocato nella villa Corsini di Castello. Arriviamo dunque al periodo della dominazione romana. Le tracce più evidenti lasciate dai latini sono di tre tipi: assetto del territorio, ritrovamenti archeologici e toponomastica. Dalla fondazione della colonia di Florentia tra il 30 e il 15 a.C. derivò una generale opera di riorganizzazione della piana circostante. Le zone paludose furono in gran parte bonificate e le terre a nord e a sud dell'Arno fino al pistoiese vennero sottoposte alla centuriazione. Partendo da un centro, come accadeva per disegnare la pianta viaria di città e accampamenti, si tracciavano un cardo e un decumano sui quali si intersecavano in modo ortogonale altre linee che formavano quadrati con lati di circa 700 metri. Questi quadrati costituivano singole unità agricole che spesso venivano redistribuite tra i legionari veterani di guerra. Osservando dall'alto la piana a ovest di Firenze, tale suddivisione è ancora ben visibile. Strade vicinali, fossi e confini di campi seguono le direttrici tracciate dagli antichi agrimensori. Tutta la piana era in quel tempo attraversata dalla via Cassia che collegava Florentia con Pistoia, Lucca e il porto di Luni. La presenza di questo percorso è testimoniata dai nomi dei luoghi. Terzolle, Quarto, Quinto, Sesto e Settimello non indicano altro che la distanza in miglia da Firenze. La Tabula Peutingeriana pone in corrispondenza del nono miglio la mansio (stazione di posta e cambio dei cavalli) denominata Ad Solaria. Durante i lavori per la realizzazione di una rotonda nella zona detta “il Rosi”, sono venuti alla luce i resti di un grande complesso dotato di magazzini, cortile interno e un pozzo, databile al I-II secolo d.C. e identificato dagli studiosi proprio con la sopracitata mansio Ad Solaria. Non è un caso che questa stazione di posta si trovasse in corrispondenza dell'incrocio tra la Cassia e una delle direttrici che andavano verso Nord (è il percorso dell'attuale SP8) e valicato il Passo delle Croci, raggiungevano il Mugello ricollegandosi alla via Flaminia Militare. Di notevole interesse è stato inoltre il ritrovamento nel 2003 dei resti di una villa-fattoria di età augustea poco oltre la località detta “La Chiusa”, tra la collina di Montedomini e il torrente Marina. Dagli scavi, condotti dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, si è potuto evidenziare che l'edificio fu occupato per tutta l'età imperiale e abbandonato nel periodo tardo antico a seguito di un incendio. Vista la sua posizione geografica è evidente che Calenzano, o meglio il primo nucleo che sarebbe diventato il paese attuale, aveva in quel periodo un'importanza strategica notevole, non solo per quanto riguarda la viabilità. Pochi sanno infatti che proprio dalla frazione della Chiusa partiva l'acquedotto che riforniva d'acqua Florentia. Sarà facile notare come “Chiusa” sia un toponimo parlante, dal momento che ricorda la presenza dell'imboccatura dell'acquedotto che captava le acque del torrente Marinella di Legri, scelto dagli ingegneri romani per la sua portata costante durante tutte le stagioni. Si trattava di un'opera di alto livello tecnico realizzata nei primi anni del II secolo d.C., costituita in gran parte da un cunicolo interrato, a tratti ancora esistente, che usciva all'aperto nella zona di Rifredi e proseguiva fino alla città su arcate. Calenzano ha già nel nome un ricordo della presenza latina: il suffisso -ano è indice certo di fondazione romana. Un'ipotesi non accertata faceva derivare il nome del paese da quello di un'antichissima famiglia fiorentina, i Calenzia, che avrebbe posseduto terre in questa zona. Sembra però più probabile che il toponimo tragga origine dal nome proprio di persona latino Calentius. Nell'età tardoantica e nell'alto medioevo si verifica anche a Calenzano quel fenomeno di “vuoto documentario” comune a tante parti d'Europa. Di nuovo può esserci d'aiuto la toponomastica: “castellare”, “castiglione”, “castellaccio” indicano con molta probabilità la presenza di insediamenti militari bizantini e longobardi. “Salenzano” un piccolo abitato posto in posizione elevata a nord di Legri, trarrebbe origine da sala, termine longobardo che indicava prima una casa da signore e conseguentemente una proprietà terriera. A seguito del crollo del sistema statale romano, vengono meno le condizioni che rendevano possibile un'adeguata manutenzione delle vie consolari. Le zone pianeggianti sono soggette all'azione di bande di briganti e ai periodici straripamenti del torrente Marina. Pertanto si inizia a usare maggiormente una viabilità di crinale, che corre e valica le creste montuose. Nei primi secoli dell'alto medioevo al sistema insediativo e produttivo della villae, sorto in età imperiale, si sostituisce gradualmente quello che fa capo alle pievi. I tre plebati più antichi del territorio di Calenzano sono quello di San Donato, di Santa Maria a Carraia e di San Severo a Legri, tutti fondati tra il X e l'XI secolo. La chiesa di San Niccolò, all'interno del borgo fortificato del castello, diverrà pieve solo nel 1799, distaccandosi dal plebato di San Donato. La testimonianza architettonica più rilevante per l'alto medioevo è costituita senz'altro dalla pieve romanica di San Severo a Legri. Citata per la prima volta in documenti del X sec. ma probabilmente di fondazione più antica, forse addirittura risalente al V-VI secolo. La chiesa, così come il vicino castello, possesso dei conti Guidi, sorgeva sull'antica via (uno dei percorsi “di crinale” di cui parlavamo prima) che dalla valle del torrente Marinella, risalendo i contrafforti montuosi arrivava nella località detta “Il Carlone”, nei pressi di Vaglia e quindi in Mugello. Valicato il grande spartiacque cronologico dell'anno Mille, incontriamo il primo documento in cui è citato il nome “Calenzano”. Si tratta di una bolla di papa Innocenzo II del 1134 in cui si nomina la "curtem de Calenzano". La seconda attestazione è costituita da un editto dell'imperatore Enrico VI del 1191 in cui il figlio di Federico Barbarossa conferma ai conti Guidi da Modigliana i loro possessi in Toscana, tra i quali compaiono: "Kalenzanum cum tota curte sua; quidquid habet in monte Morello, quartam partem Castri de Ligari". Proprio alla potente famiglia comitale dei Guidi si deve con ogni probabilità il primo incastellamento della collina di Calenzano. Questo nucleo originario del castello assunse nel XII secolo una notevole importanza strategica, situato com'era al confine tra due diocesi, quella di Firenze e Pistoia (Prato lo diventerà solo nel 1653) e i domini feudali dei già citati Guidi, dei conti Alberti, che controllavano la Val di Bisenzio, e degli Ubaldini, signori ghibellini del Mugello. Risalgono al XIII secolo le prime menzioni di Calenzano inteso come “castello”. Ne troviamo traccia nel Libro di Montaperti del 1260 e nel Libro degli Estimi del 1269. In questa seconda fonte in particolare si descrivono i danni subiti dai guelfi di Firenze dopo la sconfitta nella battaglia di Montaperti ad opera dei ghibellini, i quali provocarono ingenti distruzioni anche al castello di Calenzano. Dai Guidi il castello passò sotto la giurisdizione del vescovo di Firenze e infine agli inizi del '300 divenne possesso della Repubblica di Firenze. È interessante notare che altri tre castelli erano dislocati lungo la Val di Marina: Quello di Combiate, presso il Passo delle Croci, di cui non resta traccia, difendeva l'accesso alla piana da nord; quello di Legri, già possesso dei conti Guidi poi dei Figiovanni e dei Cattani-Cavalcanti, restaurato in anni recenti in stile neogotico è oggi residenza privata; e il castello di Travalle, anch'esso antico feudo dei Guidi. La proprietà di quest'ultimo, divisa tra i Tosinghi e i Lamberti, fu acquistata dal Comune di Firenze nel 1225. Passato quindi all'antica famiglia dei Corbinelli, a loro rimase per tutto il '600. Da allora il “castellaccio” di Travalle, come viene chiamato, costituisce uno dei poderi della grande villa fattoria prima degli Strozzi Alamanni, poi dei Ganucci Cancellieri. Ai castelli si affiancavano nel controllo del territorio numerose torri d'avvistamento, come la torre di Collina, la “Torraccia” o la torre di Baroncoli. Il fatto storico più rilevante che riguarda il castello avvenne la notte tra il 4 e il 5 ottobre 1325. Le milizie ghibelline del condottiero lucchese Castruccio Castracani, reduci dalla vittoriosa battaglia di Altopascio, attaccarono e incendiarono le fortificazioni senza incontrare resistenza durante la loro avanzata su Firenze. In quel secolo di guerre continue che fu il '300, Calenzano subì nuovamente gravi devastazioni. Nel 1351 fu assediato e danneggiato dalle truppe dei Visconti di Milano guidate da Giovanni di Oleggio. A quel punto la Repubblica fiorentina, consapevole di non poter rinunciare a una roccaforte che era la vera porta d'accesso alla piana fiorentina da ovest, decise di prendere provvedimenti. Le strutture difensive furono consolidate e ampliate, facendo assumere alla cerchia muraria la conformazione che conserverà per i secoli a venire. Questi dispendiosi lavori si dimostrarono efficaci quando nel 1363 i pisani, fiancheggiati dai mercenari inglesi di Giovanni Acuto, imperversarono per il contado di Firenze, depredando e saccheggiando. Le mura del castello resistettero e fornirono riparo anche agli abitanti della vicina Sesto. In quello stesso anno il Comune di Firenze deliberò un ulteriore rafforzamento delle opere di difesa e decretò il divieto assoluto per gli abitanti, pena una multa di 1 000 libbre di fiorini piccoli, di costruire o abitare case o capanne addossate alle mura del castello o in un perimetro di 200 braccia intorno ad esse. Tra gli ultimi decenni del '300 e i primi del '400 il castello di Calenzano raggiunse l'apice del suo splendore, sia a livello economico che militare. Ma come spesso accade, dopo il massimo momento di gloria arriva, seppur lentamente, il declino. Dopo che la Repubblica fiorentina ebbe esteso e consolidato i suoi domini in Toscana, il castello di Calenzano perse l'importanza strategica che aveva acquisito nei secoli precedenti e da avamposto militare si trasformò progressivamente in centro abitativo a carattere agricolo. Già nel 1452 la magistratura dei Dieci di Balia dovette prendere provvedimenti per far riparare nuovamente le strutture difensive. "Rimaste così ferme per i secoli a venire, nella loro configurazione tipicamente medievale, le mura di Calenzano ebbero da respingere solo gli assalti del tempo, che portava la rovina delle pietre, e quelli abbastanza modesti per la verità, degli uomini che costruivano sopra le mura". Al 1411 risalgono i primi statuti della Lega e Comune di Calenzano, conservati nell'Archivio di Stato di Firenze. Vi sono contenute le norme, aggiornate a più riprese nel 1516, 1594 e 1635, riguardanti i vari aspetti della vita pubblica: l'elezione dei rettori a capo di ogni “popolo”, degli otto consiglieri che reggevano la comunità, la riscossione delle tasse, dei dazi e l'amministrazione della giustizia. Firenze esercitava il suo controllo amministrativo e militare sul territorio tramite un Capitano, affiancato da un Podestà. Nel 1512 Calenzano non fu toccato per sua fortuna dalle truppe papaline e dai mercenari spagnoli autori del famoso Sacco di Prato, che misero a ferro e fuoco anche Campi Bisenzio. In quel tragico frangente che fu l'assedio di Firenze del 1529-1530, sappiamo che il castello venne usato come piazzaforte militare nel contado, senza tuttavia subire danni: "si tenne per fortezza et ne fu commissario Agnolo Anselmi, cittadino fiorentino". Se, come abbiamo visto, l'importanza militare del borgo fortificato era già diminuita nel secolo precedente, Calenzano dopo la proclamazione del Granducato sotto Cosimo I, perse definitivamente ogni rilevanza strategica. Le torri vennero affittate a privati che ne fecero abitazioni, mentre i terreni furono usati a scopi agricoli. Giunti a questo punto della nostra breve narrazione vediamo come nel corso del '400 si verifica un altro fondamentale cambiamento nel sistema di controllo e gestione del territorio. Venuta meno, lo si è già sottolineato, l'esigenza di mantenere piazzeforti militari nel contado, l'organizzazione socio-economica e degli insediamenti non ha più al centro i castelli, ma bensì le ville-fattoria appartenenti a potenti famiglie fiorentine o originarie della campagna stessa. Sia che fossero nobili di antica data o borghesi arricchiti con la mercatura e le operazioni finanziarie, a partire dal XV secolo, gli esponenti dei ceti elevati iniziarono a reinvestire i loro ingenti capitali acquistando o ampliando “case da signore” e poderi, spesso di grandi dimensioni, lavorati dai contadini con le loro famiglie. È l'inizio della mezzadria, quel regime di conduzione delle terre coltivabili che caratterizzerà la Toscana e non solo fino a tutta la prima metà del Novecento e che tanta parte ebbe nelle formazione nell'identità socio-culturale delle nostre campagne. All'interno di questo nuovo contesto prese avvio, tra XV e XVI secolo, quella che potremo definire come fase preindustriale. Gli impianti messi in opera a quel tempo erano soprattutto mulini ad acqua e fornaci, la cui attività si legava al lavoro agricolo e all'economia della villa-fattoria. Dai documenti del tempo risulta che a Calenzano erano attivi ben 23 mulini, dei quali 18 funzionavano ancora ai primi del Novecento. Le fornaci, che tanta parte avranno nello sviluppo industriale del territorio nel XX secolo, erano 20 e almeno 10 di queste sorsero per le esigenze delle ville padronali. Vi si producevano infatti oltre ai laterizi anche orci e altri recipienti in terracotta. Da una di queste, ubicata nella zona di Settimello e di proprietà dei Ginori, nel 1573 arrivò a Firenze la calcina necessaria alla ricostruzione del ponte di Santa Trinita. Verso il 1575 Giovanni Battista Cavalcanti impiantò un opificio per la fabbricazione della carta in un luogo che da quel momento prese il nome di “Fogliaia”. L'impresa però non ebbe fortuna a causa del regime incostante del torrente Marina, le cui acque erano state incanalate per azionare i magli. La coltivazione del gelso e la lavorazione della seta presero avvio nello stesso periodo, ma si diffusero maggiormente in Toscana a partire dalla seconda metà del XIX secolo. Possiamo far rientrare in questa fase di pre-industrializzazione anche l'allevamento del bestiame, lo sfruttamento razionale dei boschi e la produzione di vino e olio d'oliva. Molte furono le famiglie illustri che ebbero tra i loro possessi case e terreni nel castello di Calenzano e nel territorio circostante. Una su tutte i Ginori, la cui storia è legata a doppio filo con quella di questo spicchio di Toscana. Gino di Benvenuto, originario del popolo di San Niccolò (la chiesa castellana), ne fu il capostipite agli inizi del XIV secolo. Proprietari di molte case dentro le mura del castello e terreni nella pianura circostante, secondo il catasto fiorentino del 1427 i Ginori risultarono la famiglia più ricca di Firenze. Agli inizi del '500 costruirono lungo il perimetro delle vecchie mura orientali, inglobate nei nuovi edifici, la villa conosciuta ancora col loro nome. Interessante esempio di architettura rinascimentale, si contraddistingue per la semplicità e l'eleganza delle linee, inconfondibile col biancore dei suoi intonaci che spicca nel verde intenso degli ulivi e dei cipressi circostanti. Oltre ai Ginori molte altre famiglie di alto lignaggio ebbero la loro origine a Calenzano. Tra quelle più antiche troviamo gli Scali, i Tosinghi (o Della Tosa), i Bonaccorsi e i Cavalcanti. Appartenevano invece al ceto mercantile gli Arrighetti, i Benvenuti, gli Onorati, i Marucelli e gli stessi Ginori. Una delle caratteristiche che contraddistinguono il territorio di Calenzano è quella di aver conservato molto del suo passato contadino, sia a livello paesaggistico che architettonico, nonostante l'espansione urbanistica e demografica che ha interessato l'area soprattutto a partire dagli anni settanta. Adagiate su colline sapientemente modellate dal lavoro dell'uomo, o su terreni fertili e ricchi, fanno bella mostra di sé tante di quelle ville a cui accennavamo poc'anzi. Alcune svolgono ancora oggi la funzione di azienda agricola per cui erano state costruite e in molte si produce l'olio extravergine d'oliva vanto dell'enogastronomia locale. Troppo lungo e dispersivo sarebbe in questa sede ricordare tutte le grandi tenute signorili che abbelliscono la campagna di Calenzano. Ci limiteremo pertanto a ricordare solo le più notevoli dal punto di vista storico e architettonico. La villa Ginori a Collina, perfetto esempio di villa-fattoria cinquecentesca, situata su un colle in posizione panoramica domina il lato sinistro della val di Marina. Costruita nel '500 dalla ricca famiglia fiorentina dei Salviati — pare che vi abbia lavorato anche Baccio Bandinelli — su una preesistente torre medievale degli Aliotti, passò per un brave periodo ai principi Borghese di Roma, dal 1794 al 1843. A quel tempo fu acquistata da Marianna, figlia del marchese Lorenzo Ginori Lisci, che pensò di utilizzare i fitti boschi che tuttora la circondano come riserva di legname per alimentare i forni della prestigiosa Manifattura di porcellane di Doccia. La fattoria appartiene oggi ai parenti dell'ultimo marchese Paolo Venturi Ginori Lisci, scomparso nel 2000. Vi si producono olio extravergine d'oliva, vino e legname. Nei pressi della villa, collegato al giardino da un insolito cavalcavia, è posto l'oratorio della Visitazione, costruito nel '500 e interamente affrescato da Bernardino Poccetti. La villa fattoria di Volmiano è incastonata tra le pendici occidentali di Monte Morello, a poca distanza dall'abitato di Legri. Se il nome tradisce un'origine romana, il nucleo della fattoria si sviluppò, così come accadde per Collina, intorno a una torre medievale. Di proprietà dell'importante famiglia fiorentina dei Cerretani fin dal '400, passò poi ai Gondi Cerratani e fu acquistata infine nel 1929 da Luisa Citernesi, Nei pressi della villa si conservano un piccolo oratorio gentilizio dedicato a San Giovanni Decollato con affreschi della scuola di Filippo Lippi e una fontana costruita nel Settecento. Infine la principesca villa fattoria di Travalle, frazione di Calenzano racchiusa in una valletta ai piedi dei monti della Calvana. Proprio da questi monti scendono numerosi rivi che la rendono fertile e ricca d'acqua. Qui gli Strozzi, che da secoli vi possedevano case coloniche e poderi, costruirono la sfarzosa villa fattoria, abbellita da un giardino all'italiana con statue barocche, una fontana, un ninfeo e dotata di tutti gli annessi che la rendevano un'azienda funzionale, quali le stalle, i fienili, il frantoio, la cantina, le serre e le limonaie, oltre alla cappella privata. Alla fine del '600 la villa e le proprietà che le facevano capo passarono ai Rucellai, poi agli Incontri, ai Pandolfini, di nuovo agli Strozzi, in particolare al ramo degli Strozzi Alamanni e infine ai Ganucci Cancellieri di Pistoia. Intorno alle ville fattoria dei ricchi signori locali o fiorentini si aggregarono i tanti poderi in cui si era frammentato il territorio a partire dal '400. Queste proprietà di famiglie nobili o che comunque vantavano potenza e prestigio, erano di sovente esentate dal pagamento delle tasse. Il fisco era invece molto gravoso per i piccoli possidenti che a stento riuscivano a ricavare dalla terra quel tanto che bastava per sopravvivere. Lo si evince dalla generale indigenza delle parrocchie rurali, intorno alle quali era radunata la popolazione. Durante il '600 non si registrano eventi di particolare rilievo che riguardano il nostro territorio. La vita dovette scorrere relativamente sonnacchiosa e tranquilla in questo secolo che fu contraddistinto per la Toscana, così come per il resto d'Europa, da una generale crisi economica e demografica. Il secolo dei lumi — il Settecento — si apre invece con un avvenimento degno di nota. Seppur non vi siano prove certissime, pare che il marchese Carlo Ginori, fondatore della Manifattura di porcellane di Doccia nel 1735, avesse condotto i primi esperimenti di cottura con l'aiuto di maestranze fatte venire espressamente da Vienna, nella fornace che la sua famiglia possedeva ai piedi del castello di Calenzano. Il paese e il suo contado godettero certamente dei benefici delle numerose riforme portate avanti da Pietro Leopoldo, secondo granduca della dinastia lorenese. Tra tutte ricordiamo l'abolizione dei dazi interni sul commercio del grano e dei limiti alla produzione di pane, la soppressione delle corporazioni medievali, ostacolo allo sviluppo di un libero mercato e dei conventi, oltre che di molti enti e compagnie religiose ritenute improduttive, la fine degli antichi privilegi e vincoli feudali e la redazione di un nuovo catasto. Un'opera questa che proseguirà sotto la dominazione francese e sarà ultimata dal granduca Leopoldo II negli anni venti dell'Ottocento. Sullo scorcio finale del Settecento il vento della Rivoluzione Francese attraversa le Alpi e soffia impetuoso anche sulla Toscana. Il 25 marzo 1799 le truppe francesi di Napoleone occupano Firenze e il granduca Ferdinando III parte per l'esilio a Vienna. Dopo una brevissima restaurazione, dal marzo del 1800 i francesi controlleranno stabilmente la Toscana, trasformata prima in Regno d'Etruria e governata dai Borbone-Parma dal 1801 al 1807 e successivamente inglobata nell'Impero come Provincia. Il territorio venne diviso in tre Dipartimenti: Arno, Mediterraneo e Ombrone. Il nostro Comune rientrò nel Dipartimento dell'Arno e fino al 1814, anno della caduta di Bonaparte dopo la sconfitta subita nella battaglia di Lipsia, fu amministrato da un maire — un sindaco — come veniva chiamato con termine francese. Bisogna, giunti a questo punto, fare una piccola digressione tornando indietro nel tempo fino alla metà del '500, per vedere quali furono i maggiori cambiamenti che riguardarono l'amministrazione di Calenzano. Dall'epoca di Cosimo, primo granduca di Toscana, la comunità di Calenzano aveva perso la sua autonomia ed era passata sotto la giurisdizione del podestà di Campi. Un suo notaio veniva una o due volte la settimana "a rendere ragione", cioè a sbrigare le questioni di pubblica amministrazione che gli competevano. Il Comune riacquisterà la sua autonomia solo nel 1809, all'inizio del mandato del primo maire, il farmacista Giuseppe Cecchi. In questo periodo il centro della vita sociale ed economica di Calenzano si sposta progressivamente dal vecchio e cadente castello alla pianura. Si tratta però, come vedremo, di uno spostamento lento e non definitivo, che riguarda in primis la sede del municipio che nel giro di circa quarant'anni cambia tre volte ubicazione. Proprio seguendo questi spostamenti, si può ricostruire la storia dello sviluppo sociale ed economico di Calenzano nel XIX secolo. Il sindaco farmacista Cecchi aveva delle proprietà nella frazione di Chiosina e perciò la sede del maire venne stabilita in un edificio situato vicino al ponte sul torrente che dava il nome al luogo stesso. Quando invece divenne maire il signor Giuseppe Frittelli, esponente di una famiglia arricchita di recente, la sede del potere politico e amministrativo tornò sul colle del castello, in quella stessa villa Arrighetti che aveva ospitato la podesteria cinquecentesca. L'edificio fu scelto perché i Frittelli in quegli anni erano divenuti proprietari di terre e case situate a Calenzano Alto. A loro si deve la costruzione del primo nucleo di quello straordinario complesso architettonico in stile eclettico che diventerà a cavallo tra Ottocento e Novecento la villa Vespasiana, conosciuta oggi col nome di villa Peragallo. Furono anni quelli della prima metà del XIX secolo di forte espansione per la Manifattura di Porcellane Ginori a Doccia. Basti pensare che nel 1873 gli addetti erano 500, diventati 1500 nel 1896 all'atto della fusione con la Richard di Milano. Si ritenne allora che Settimello, la frazione più popolosa di Calenzano, potesse espandersi e beneficiare dei vantaggi portati dalla crescita dell'industria sestese. Per ciò nel 1854 venne decisa la costruzione di una nuova sede comunale, in località Carpugnane, a poca distanza dalla vecchia sede del maire napoleonico. Le cose però non andarono nel modo sperato. Settimello non si ingrandì tanto quanto era previsto e il benessere derivante dalla floridezza della Manifattura di Doccia, andò soprattutto a vantaggio della vicina Sesto. A questo si aggiunse un calo demografico dovuto in parte anche a un'epidemia di colera. Nel 1850 gli abitanti erano 6 047, mentre dieci anni dopo erano scesi a 5 903. A partire dal 1865 la popolazione di Calenzano tornò a crescere, ma in modo lento e graduale. Una crescita a cui contribuì il basso numero di calenzanesi che emigrarono all'estero. Dai 6 475 abitanti del 1865, si passò ai 7 979 del 1924. La principale attività economica di Calenzano restò per tutta la seconda metà dell'Ottocento e per buona parte del Novecento l'agricoltura. Essa era per molti abitanti la più importante, se non l'unica fonte si reddito. Accanto al lavoro dei campi acquisì un certo rilievo l'industria, o per meglio dire la protoindustria, della lavorazione della paglia. Tra gli addetti nell'industria della paglia nacquero le prime cooperative operaie che tra Sesto, Settimello e Calenzano riunivano complessivamente oltre 500 soci. Da una relazione del 1892 redatta dal Ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio veniamo a sapere che a Calenzano esistevano all'epoca 19 opifici in cui lavoravano 81 operai. Si trattava di industrie di piccole dimensioni in cui era ancora forte e marcata la presenza artigianale. Stando a un'altra relazione stilata nel 1906 dalla Camera di Commercio di Firenze, Calenzano era da considerarsi: "quasi totalmente agricolo" e la sua popolazione: "è per due terzi composta di coloni". Veniva coltivato soprattutto frumento, in particolare il grano detto "gentile" e si ricavavano vino e olio dalle viti e dagli olivi impiantati sulle colline. Parlando del mondo rurale non si può non fare un accenno al ruolo fondamentale svolto nell'organizzazione socio-economica del territorio dalla mezzadria. Il contratto mezzadrile, abolito nel 1964, legava i coloni alla terra che lavoravano. Questo spiega in parte la scarsa emigrazione dalle campagne Toscane. Gli investimenti da parte dei proprietari terrieri erano bassi e la produzione volta in gran parte all'autoconsumo. Secondo una tesi consolidata la mezzadria impediva indirettamente la nascita di un moderno tessuto industriale, proprio a causa della cristallizzazione della società che si generava in questo regime di dipendenza tra colono e padrone. Tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo iniziarono a sorgere le attività che più di tutte caratterizzeranno il panorama paesaggistico e industriale di Calenzano fino agli anni settanta: l'estrazione di minerali non ferrosi e la conseguente produzione in fornaci di calce e cemento. Sul territorio comunale sono state attive fino a dieci cave e due grandi impianti industriali per la lavorazione dei materiali lapidei. Il primo fu il cementificio C.I.M.A. impiantato nella frazione di Settimello, sfruttando la vicinanza delle cave poste nelle colline retrostanti. È ancora oggi in attività e fa parte del gruppo Buzzi Unicem. Il secondo, collocato nei pressi della stazione ferroviaria, per beneficiare del trasporto via treno, fu il cementifico Valmarina, realizzato su iniziativa dell'ing. Stefanutti nel 1914. Grazie all'impiego di un nuovo tipo di forni vi si arrivarono a produrre fino a 250 000 quintali di cemento l'anno. Questo stabilimento è stato invece smantellato all'inizio degli anni settanta. Era l'evoluzione su larga scala e con l'uso di moderne tecnologie di un tipo di lavorazione già presente da secoli a Calenzano. Ricordiamo le numerose piccole formaci adibite alla produzione di laterizi, orci e conche delle quali abbiamo già detto. Negli ultimi anni dell'800 iniziò a costituirsi una nuova frazione, incastonata tra i colli del Castello e di San Donato. L'abitato venne chiamato "il Donnini" dal cognome del proprietario della prima casa che vi si edificò. Era costui un certo Torello Donnini, arricchitosi proprio grazie alla lavorazione della paglia. Questa frazione sarà destinata a diventare quello che è ancora oggi il centro di Calenzano. La sede comunale, a metà strada tra il nuovo nucleo e la frazione di Settimello, rimase quindi isolata e decentrata, iniziando a mostrare l'inadeguatezza a svolgere al meglio le sue funzioni. In epoca fascista, dopo un lungo dibattito e ben otto progetti presi in visione, fu scelto di costruire il nuovo palazzo comunale al Donnini. Il municipio venne ultimato nel 1936 e svolge ancora oggi le sue funzioni, affiancato dal moderno polo istituzionale, inaugurato nel luglio del 2011. Durante la Grande Guerra partirono da Calenzano ben 850 giovani diretti al fronte. Un numero molto alto se pensiamo che gli abitanti erano meno di 8 000. 681 fecero ritorno, 169 "mancarono ai vivi", come si usava scrivere allora per comunicare ai familiari la perdita di un parente, evitando di pronunciare il termine "morte" per alleviare la pena. In epoca fascista, oltre alla costruzione del nuovo municipio, furono intraprese altre opere di pubblica utilità: il rifacimento generale delle strade, una nuova illuminazione, il primo collegamento via autobus con Firenze, i ben noti incentivi alla produzione agricola e alla vita rurale. Grazie alla generosità dei coniugi Dandolo e Giulia Mattòli, nobili proprietari della villa Ginori al Castello, venne costruito il primo acquedotto, inaugurato addirittura alla presenza dell'arcivescovo di Napoli. I vantaggi materiali di cui poté godere la popolazione — in larghissima parte ancora tutta legata al lavoro dei campi —ebbero come contropartita le costrizioni, i soprusi e il controllo di ogni aspetto dell'esistenza che comporta il vivere sotto un regime totalitario. Quegli tra le due Guerre furono anche gli anni di massimo splendore per Villa Peragallo, lo straordinario complesso di edifici in stile eclettico con parco monumentale, già di proprietà dei Targioni, esempio unico in provincia di Firenze, che occupa tutta la parte meridionale della collina del Castello. In questo suggestivo scenario si svolgevano feste paesane e processioni religiose, come quella delle Quarantore. Oggi purtroppo, dopo un trentennio di colpevole abbandono, gli edifici versano in un grave stato di decadenza. Le sofferenze e le privazioni degli anni della Seconda Guerra Mondiale hanno lasciato un ricordo indelebile nella popolazione, rimasto ancora vivo grazie alla memoria degli anziani sopravvissuti. A partire dal novembre del 1943 Calenzano fu occupata dalle truppe germaniche che stabilirono il loro comando proprio a Villa Peragallo. Subito dopo l'8 settembre iniziarono a organizzarsi vari gruppi di resistenza, composti principalmente da giovani renitenti alla leva, ex prigionieri di guerra stranieri e dissidenti politici. Il loro principale teatro d'azione divennero Monte Morello e la catena della Calvana. Qui nell'isolato borgo di Valibona ebbe luogo il 3 gennaio 1944 la prima battaglia per la Resistenza in Toscana. Una piccola formazione partigiana di 17 uomini, guidata da Lanciotto Ballerini, riuscì a fronteggiare oltre 150 militi fascisti. Nello scontro perì assieme a due compagni lo stesso Ballerini, poi decorato con la Medaglia d'Oro al Valor Militare. Il loro sacrificio permise la fuga degli altri membri del gruppo d'azione. La presenza della linea ferroviaria e dei due grandi cementifici di cui abbiamo parlato, rendevano Calenzano una zona rilevante dal punto di vista strategico. A più riprese gli aerei alleati, in particolare tra luglio e settembre '44, sganciarono le loro bombe, nel tentativo di interrompere le comunicazioni del nemico e provocando allo stesso tempo distruzioni e morti tra i civili. La popolazione trovava rifugio nei boschi, nelle grotte carsiche della Calvana, o nelle gallerie scavate nelle cave retrostanti al cementificio Marchino di Settimello. Non mancarono le ruberie, i rastrellamenti e le esecuzioni sommarie da parte dei nazifascisti. La Liberazione arrivò finalmente il 6 settembre. Il periodo della ricostruzione fu duro e pieno di difficoltà, così come per il resto del Paese. Strade e ponti erano gravemente danneggiati e oltre 500 persone non avevano più una casa in cui abitare. Malgrado le distruzioni materiali e morali, si ebbe una ripresa della vita politica democratica incentrata intorno ai partiti che avevano contribuito alla Lotta di Liberazione. In un contesto così problematico, sia a livello economico che sociale, nel 1947 arrivò a Calenzano un giovane sacerdote fresco di seminario, il cui nome sarebbe rimasto indissolubilmente legato a quello della comunità: Don Lorenzo Milani. Nel 1957 Calenzano venne classificato "zona depressa", un importante incentivo per l'insediamento di nuove imprese che godevano dell'esenzione totale delle imposte dirette per i primi dieci anni di attività e la possibilità di accedere a finanziamenti agevolati. Oltre a ciò la vicinanza con Prato e Firenze, la storica presenza della linea ferroviaria, e soprattutto a partire dal 1961, i vantaggi derivanti dal passaggio dell'Autostrada del Sole, contribuirono in modo determinante a un rapido sviluppo dell'economia del territorio. Caratteristica peculiare di Calenzano era quella di aver il maggior numero di addetti impiegati in industrie medio-grandi rispetto agli altri comuni dell'area fiorentina. I settori più rilevanti erano quello laniero — non serve ricordare ulteriormente il forte legame con Prato — la carpenteria metallica, la lavorazione dei minerali non ferrosi per produrre calce e cemento e la costruzione di mezzi di trasporto, soprattutto camper e piccoli veicoli industriali. A partire dagli anni cinquanta l'industria calenzanese comincia a diversificarsi: le cementizie perdono la loro preminenza e si affacciano sulla scena nuove manifatture legate al tessile e alla meccanica — come abbiamo già visto — ma anche alla confezione di capi d'abbigliamento. Questo slancio proseguirà forte e continuo almeno fino all'inizio degli anni settanta, quando il numero delle imprese presenti sul territorio ha cominciato a decrescere. La fase post industriale, iniziata alla fine degli anni ottanta, è ancora in corso. Se da una parte si è ridotto il numero delle ditte che "producono", dall'altra molte sono le nuove imprese, anche di rilevanza nazionale, che offrono servizi -in primis la spedizione di merci- che hanno scelto Calenzano per la presenza del casello autostradale situato a poca distanza da Firenze. Ancora nel 2007 il numero di lavoratori per azienda era in media il più alto dell'area fiorentina. Voltandoci indietro possiamo vedere come negli ultimi sessant'anni il volto di Calenzano sia radicalmente mutato. Con la fine della mezzadria e l'inizio di una vera fase di moderna industrializzazione l'agricoltura ha ceduto per sempre il passo e, pur non scomparendo, la sua importanza si è ridotta drasticamente. Un mondo fatto di tradizioni, usi, costumi, legami interpersonali e valori antichi è scomparso irrimediabilmente. A questo fanno da contraltare i vantaggi materiali, sociali e il maggiore benessere di cui tutti abbiamo potuto godere. Per fortuna: "la gran parte del territorio di Calenzano è rimasta pressoché congelata a un livello di sviluppo antecedente le ultime drastiche trasformazioni portate nella piana dall'insediamento industriale". Si verifica quindi un particolare dualismo tra la montagna, i boschi, le colline ricoperte di viti e ulivi, i campi coltivati e la pianura industrializzata, che rende ancora oggi Calenzano "kalòn ánthos", un bel fiore. Lo stemma e il gonfalone del comune di Calenzano sono stati concessi con D.P.R. del 3 febbraio 1998 e sostituiscono una precedente versione, riconosciuta con decreto del capo del governo del 9 luglio 1931, che si presentava priva della banda. Il gonfalone è un drappo di azzurro. Particolarmente interessante è Calenzano Alto, il borgo medievale col suo castello. In località Settimello si estende il Parco del Neto, nell'800 già parco della villa dei conti Gamba. Il paesaggio stesso è una risorsa turistica importante. La frazione di Travalle con il suo parco agricolo, quella di Sommaia con i terrazzamenti ricoperti da ulivi, i casolari e le ville fattoria che punteggiano il territorio, costituiscono un perfetto esempio di ambiente rurale toscano. Chiesa di San Niccolò Chiesa di Maria Ss. Madre di Dio Pieve di San Donato Pieve di Santa Maria Chiesa di San Pietro Chiesa di Santa Lucia Chiesa di Santa Maria delle Grazie Oratorio della Compagnia del Santissimo Sacramento Oratorio della Visitazione (Villa di Collina) Oratorio di San Pietro (Castello di Legri) Pieve di San Severo Chiesa di Santa Maria alla Querciola Eremo di Sant'Anna Vecchia Chiesa di Santo Stefano a Secciano Chiesa di Santa Lucia a Settimello Chiesa di San Rufignano a Sommaia Chiesa di Santo Stefano a Sommaia Chiesa di Santa Maria a Travalle Villa Barbensi in via Pratese Villa Carmignani in località Settimello Villa Carmine o Villa medicea di San Donato Villa Il Castellaccio in via di Baroncoli Villa Cintolesi in via Baldanzese Villa Gamba in località il Neto Villa Ginori del Castello di Calenzano in via del Castello Villa Ginori a Collina in via di Collina Villa Fossi in località il Neto Villa di Macìa in località Macìa Villa Martini Bernardi in località Sommaia Villa Massedonica in località Sommaia Villa Peragallo in via del Castello Villa Montedomini in località Chiusa Villa Morrocchi in via Vicinale del Chiuso Villa Le Prata in località La Colonia Villa Il Pratello in località Travalle Villa di San Donato in località San Donato Villa di Spugnoli in località Spugnoli Villa del Tabernacolo in via Vittorio Emanuele Villa La Torricella in via del Buon Riposo Villa di Travalle in località Travalle Villa di Volmiano in località Legri Teatro Manzoni (Calenzano) Castello di Calenzano Castello di Legri Rocca degli Strozzi in via di Baroncoli Torre di Baroncoli in via di Baroncoli Abitanti censiti Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2015 la popolazione straniera residente era di 1 233 persone. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano: Romania 310 1,77% Albania 307 1,76% A Calenzano sono presenti alcuni corsi di laurea della Scuola di Architettura dell'Università degli Studi di Firenze. Dall'ottobre del 2012 le lezioni si svolgono in una moderna struttura denominata Design Campus. Il 9 maggio 2015 è stata inaugurata la nuova biblioteca comunale, denominata CiviCa. La struttura sorge nei pressi del campus universitario e della nuova casa dello studente, intitolata a Margherita Hack. Dotata di una sala polivalente, di un anfiteatro all'aperto usato per convegni, spettacoli, proiezioni e concerti, e di moderni strumenti informatici multimediali, sta diventando di fatto, insieme al Teatro Manzoni, uno dei più rilevanti centri di diffusione culturale della zona. Museo del Figurino Storico Fondato nel 1981, dalla metà degli anni novanta propone un percorso museale rivolto in particolare alla didattica. I pezzi esposti non sono semplici soldatini, ma prendono forma grazie ad un sapiente lavoro artigiano e traggono ispirazione da fonti iconografiche e documentarie del passato. Attraverso la visione di modellini e diorami, nonché di uniformi, equipaggiamenti militari, mappe e bandiere, si cerca di promuovere la conoscenza della storia europea e del territorio. Il museo è diviso in sezioni: gli etruschi e la civiltà romana, il medioevo dei castelli e dei comuni fino alla caduta della Repubblica Fiorentina, l'Età Napoleonica, il Risorgimento, la Grande Guerra e la Seconda Guerra Mondiale, con particolare attenzione alle vicende della Linea Gotica e della Resistenza. Museo del Design Industriale Costituita nel 2005, la Fondazione Anna Querci possiede circa cento opere notevoli per il loro design, dagli anni sessanta ad oggi. Tra queste spiccano la poltrona Sanluca (1960) di Pier Giacomo Castiglioni e Achille Castiglioni, la celebre poltrona Sacco (1968) di Piero Gatti, Cesare Paolini, e Franco Teodoro, nonché la sedia Vertebra (1979) di Emilio Ambasz e Giancarlo Piretti. Altri pezzi sono il casco Fighter Bluetooth di Momo Design (2003), la lampada innovativa Anellum (2005) di Massimiliano Zoggia per Muvis, la macchina per scrivere Valentine (1969) di Ettore Sottsass, la bicicletta Graziella (1964) di Rinaldo Donzelli. Sono esposti inoltre, prodotti storici delle ditte Brionvega, Danese, Flos, Olivetti e così via, fino a pezzi progettati da Renzo Piano e da Enzo Mari. Il museo è ospitato all'interno della struttura universitaria del Design Campus. Il Teatro Manzoni, in origine Teatro "Principe di Napoli", venne costruito nel 1894 dalla Società Civile Filarmonica con il contributo di famiglie illustri della nobiltà e della borghesia fiorentina. La prima opera a esservi rappresentata, il 21 aprile 1895, fu La favorita di Gaetano Donizetti. L'edificio è un piccolo gioiello in stile eclettico e conserva al suo interno pregevoli affreschi del pittore Annibale Brugnoli. Trasformato in cinema divenne di proprietà comunale nel 1937. Nel 1941 passò all'Opera Nazionale del Dopolavoro e prese il nome attuale nel 1945. Dopo alterne vicende di degrado e abbandono, dal 1990 al 1993 il teatro ha subito un primo restauro strutturale e dopo una seconda fase di lavori è stato riaperto al pubblico nel 2002, divenendo un importante luogo di cultura per il territorio. Attualmente è gestito dall'Associazione "Il Teatro delle Donne" Centro Nazionale di Drammaturgia. Vi hanno sede la Scuola Nazionale di Scrittura Teatrale, fondata nel 2004 da Dacia Maraini e la Calenzano Teatro Formazione, fondata da Stefano Massini. L'olio è il prodotto principe dell'enogastronomia locale. Viene ricavato dalla frangitura delle olive raccolte sulle colline calenzanesi, da cui si ottiene un olio di elevata qualità. Oltre alla fertilità del terreno, anche la posizione geografica e il clima favoriscono la coltivazione dell'olivo. All'olio di Calenzano è stata accordata la DOP (denominazione di origine protetta) come "Olio Extravergine di Oliva delle Colline Fiorentine". Ogni anno questo prodotto simbolo della Toscana nel mondo viene celebrato nella Fiera dell'Olio di metà novembre. Festa di Primavera, in località Nome di Gesù (in aprile) Fiera dei Cavalli, in località Carraia (in settembre) Fresco d'Estate, in località Carraia (da fine agosto ad inizio settembre) Mostra Mercato dell'Olio Nuovo (in novembre) Festa dell'Ambiente (ultima settimana di settembre) Carnevale Medievale (fine febbraio) Festa della Misericordia di Calenzano (seconda metà di giugno) Lunaria (festival delle arti di strada), nel borgo di Calenzano Alto (in giugno) Carraia - Via Bellini - Lunedì Centrale - Via Don Minzoni - Mercoledì Settimello - Via Cioni - Venerdì Donnini - Piazza del Ghirlandaio - Sabato Giardini pubblici: 15,22 ettari Parchi: 20,59 ettari Verde di pertinenza di edifici pubblici: 0,62 ettari Verde sportivo: 6,25 ettari Verde scolastico: 2,54 ettari Verde stradale: 5,31 ettari Verde stradale di pregio: 1,93 ettari Orti sociali: 2,01 ettari Incolti e altro: 3,96 ettari Aree gioco: 25 ettari Aree per cani: 6 ettari Piccola località il cui nome nasce da un grande stemma votivo di ispirazione cristiana, posto nella parete più a ovest dell'ex stazione ferroviaria (da decenni abitazione privata) alla base del quale si legge la frase votiva: Nel Nome di Gesù e di Maria. Situata a 428 metri d'altitudine, è la frazione più elevata del comune. Geograficamente il passo delle Croci di Calenzano segna la linea di demarcazione tra la dorsale appenninica tosco-emiliana e la pianura fiorentina, anche se il percorso si inerpica gradualmente, fin da quando ci si lascia alle spalle il centro di Calenzano. Negli ultimi anni, numerosi insediamenti abitativi hanno visto la frazione divenire una zona residenziale di pregio. La frazione sorge presso l'antico guado che permetteva, a chi arrivava dalla piana pratese, dopo aver valicato i monti della Calvana, di attraversare la Marina per raggiungere la via "maestra" che saliva al passo delle Croci e arrivava in Mugello. La pieve di santa Maria, fulcro dell'abitato, aveva in origine la facciata rivolta verso il monte. Tra il 1940 e il 42 per ragioni di praticità ne fu capovolto l'impianto, ricavando l'entrata attuale in quella che un tempo era l'abside. Il centro abitato di Legri si raccoglie intorno all'antica pieve romanica di san Severo, la cui esistenza è documentata fin dal X secolo, ma molto probabilmente risalente al V-VI secolo. Da qui passavano le antiche vie di crinale che costeggiando il torrente Marinella e risalendo i contrafforti occidentali di Monte Morello, portavano in Mugello. Il castello, un tempo feudo dei conti Guidi, dopo aver perso la sua funzione militare fu trasformato in fattoria. La vocazione agricola della frazione è testimoniata dalla celebrazione il 17 gennaio della festa di sant'Antonio Abate, protettore degli animali, durante la quale il sacerdote benedice gli animali da cortile. Presso l'abitato è presente un lago artificiale per la pesca sportiva alla trota. Questa piccola frazione è incastonata tra le pendici orientali della Calvana e il colle detto "Uccellaia", dove di recente sono stati individuati i resti di una torre d'avvistamento medievale. Gli etruschi e i romani vi hanno lasciato varie testimonianze del loro passaggio. La terra fertile e la ricchezza di acque favoriscono lo sviluppo agricolo. L'abitato, rimasto sostanzialmente invariato nel suo aspetto rurale negli ultimi cento anni, è stato costruito intorno alla grande villa fattoria degli Strozzi. Su una collinetta che sovrasta la villa sono situati la chiesa di santa Maria e il piccolo cimitero. Molti casolari, in gran parte facenti capo alla fattoria, punteggiano con le loro belle forme i colli circostanti e accrescono la bellezza naturale del luogo. Per l'alto valore naturalistico oltre 120 ettari di terreno nella frazione sono stati inseriti nel Parco Agricolo di Travalle. Come è facile intuire il nome della frazione, la più popolosa del Comune, deriva dall'esser posta in corrispondenza del settimo miglio della strada romana che da Firenze conduceva a Pistoia. Vi passarono in precedenza anche gli etruschi, come testimonia il cippo votivo conservato oggi a Villa Corsini. Nel medioevo Settimello si sviluppa intorno alla chiesa di santa Lucia, sorta probabilmente su un'antica villa romana. Nel '500 l'abitato assume le caratteristiche che conserva ancora oggi e si espande verso le pendici di Monte Morello. All'inizio del Novecento viene costruita la grande cementizia C.I.M.A. poi Marchino, e oggi Buzzi Unicem, che nel secolo scorso ha dato lavoro a tanti settimellesi. A Calenzano operano circa 2 843 imprese e 635 ditte artigiane. Le attività più diffuse sono: il commercio all'ingrosso (314 soggetti), i lavori edili specializzati (193), il commercio al dettaglio (170), la fabbricazione di prodotti metallici (120), la lavorazione di prodotti agricoli e animali (76) e la fabbricazione di prodotti in pelle (75). Attiva e diffusa è anche l'arte della ceramica, rinomata per la particolare personalizzazione della produzione. In località La Chiusa, ha sede il centro mobile del Gruppo operativo di protezione civile della città metropolitana di Firenze. Ha una superficie di 14000 m² ed è situato in prossimità dell'autostrada A1 e della strada provinciale 8. Per il suo rilievo strategico è stato individuato dalla Regione Toscana come magazzino regionale d'area. In via Giusti, presso il Centro operativo comunale di protezione civile hanno sede il distaccamento dei vigili del fuoco volontari, aperto nel 2006, e la VAB (vigilanza antincendi boschivi). Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune. La principale squadra di calcio della città è l'Athletic Calenzano Calcio, mai spintasi oltre le divisioni dilettantistiche; essa è nata nell'estate del 2018 dalla fusione fra l'A.C. Calenzano (che aveva al suo attivo alcune partecipazioni alla Serie D) e l'Athletic Sesto, basata nel comune limitrofo di Sesto Fiorentino. I colori sociali sono il rosso e il blu, le gare interne si giocano al campo sportivo Paolo Magnolfi, intitolato allo storico amministratore cittadino. L'Athletic Calenzano ha altresì due società satelliti di settore giovanile, la Folgor Calenzano e la Scuola Calcio Lorenzo Donati. Altre squadre presenti nel comune sono l'A.C. Settimello 1984 (nata nel 1984 e che nella stagione 2023-2024 si è fusa con la società pratese Prato 2000), l'A.S.D. Albacarraia Calcio 1997, la Polisportiva Carraia e il Calenzano Calcio CDR; anch'esse hanno una storia puramente dilettantistica. L'Atletica Calenzano, iscritta alla FIDAL ed alla UISP, partecipa a gare su pista e su strada. È stata fondata nel 1974 grazie all'impegno di un gruppo di podisti. In origine, l'attività principale era costituita esclusivamente da corse su strada. Dal 1983, la società si è aperta anche all'atletica su pista. La società è affiliata alla Toscana Atletica Futura (per il settore maschile) e alla Toscana Atletica Empoli (per il settore femminile), tramite le quali gli atleti proseguono l'attività federale dalla categoria allievi in poi. M. Rosaria Bassi (a cura di), I nonni raccontano, Giunti Editore, 1996, ISBN 978-88-09-20918-3. Daniela Lamberini, Calenzano e la Val di Marina. Storia di un territorio fiorentino, Prato, Comune di Calenzano, 1987. Garibaldo Panerai, Calenzano, Firenze, Scuola tipografica Salesiana, 1933. Alessandro Sirigu (a cura di), Calenzano. Storia, arte, tradizioni, ambiente, alle porte di Firenze, Calenzano, Associazione Turistica Calenzano, 1999, ISBN 88-900410-0-5. Ivan Tognarini (a cura di), Calenzano nel ventesimo secolo, Firenze, Edizioni Polistampa, 2007, ISBN 978-88-596-0217-0. Candia Biancalani, Calenzano 1944-1948. Resistenza, Liberazione e Ricostruzione, Firenze, Florence Art Edizioni, 2021. Costanza Gori, Calenzano 1951-1971. Le trasformazioni economiche e sociali di un territorio, Firenze, Florence Art Edizioni, 2022. Stazione di Calenzano Stazione di Pratignone Castello di Calenzano Villa Peragallo Settimello Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Calenzano Wikivoyage contiene informazioni turistiche su Calenzano Sito ufficiale, su comune.calenzano.fi.it.

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Teatro Manzoni (Calenzano)
Teatro Manzoni (Calenzano)

Il Teatro Manzoni è un teatro di Calenzano. Per iniziativa della locale Società Civile Filarmonica, nel 1895, con La favorita di Donizetti, venne inaugurato il teatro intitolato al Principe di Napoli. L'edificio è un piccolo gioiello in stile eclettico e conserva al suo interno pregevoli affreschi del pittore Annibale Brugnoli. Dopo alcuni decenni di attività incentrata soprattutto su spettacoli di prosa allestiti da compagnie operanti nell'area pratese, la struttura nel primo dopoguerra si aprì anche alle prime proiezioni cinematografiche. Verso la fine degli anni trenta il teatro iniziò un progressivo processo di decadenza causato anche dai numerosi e gravi problemi di ammodernamento e messa in sicurezza delle sue strutture. Nel secondo dopoguerra, dopo essere stato sede di partiti politici e dopo aver assunto la nuova denominazione di Teatro Manzoni, non riuscì a risollevarsi da un lento ma progressivo degrado e negli anni sessanta cessò la sua attività e venne adibito a vari usi. Solo di recente e grazie a un coraggioso intervento dell'Amministrazione Comunale il teatro è stato oggetto di un progetto di recupero (architetto David Palterer) che ha riportato alla sua riapertura nel novembre del 2002. Oltre al recupero della sala con le sue decorazioni pittoriche e degli ambienti antistanti, l'intervento ha riprogettato su basi moderne la torre scenica del teatro che nel corso degli anni era andata completamente distrutta e ha ricavato dei nuovi camerini nelle zone di risulta poste dietro e ai lati del palcoscenico, senza togliere spazio utile a quest'ultimo. Grazie a questo accorto recupero, che dimostra come si possa intervenire su strutture preesistenti e adattarle alle esigenze attuali senza stravolgerle nella loro consistenza originaria, il Teatro Manzoni è ritornato all'attività con strutture sceniche e di servizio estremamente funzionali e aggiornate. La sua ripresa di attività è stata affidata alla gestione del Teatro delle Donne con una rassegna interamente dedicata a tematiche e novità interessanti il mondo femminile. Fino al 2021 è stato gestito dall'Associazione "Il Teatro delle Donne" Centro Nazionale di Drammaturgia. Vi hanno sede la Scuola Nazionale di Scrittura Teatrale, fondata nel 2004 da Dacia Maraini e la CalenzanoTeatroFormazione, fondata da Stefano Massini. Dal 2021 è gestito dall'Associazione la Macchina del Suono, che si occupa di produzioni teatrali e musicali, organizzazione di eventi culturali e didattica teatrale e musicale dal 2012. Nel 2021, nonostante le difficoltà dovute alla pandemia di Covid 19 che hanno influenzato tutte le attività culturali, il Teatro Manzoni ha ospitato più di 40 eventi teatrali e musicali, con particolare attenzione alla nuova drammaturgia. Accanto alla prosa figurano in cartellone anche interessanti serate jazz realizzate con la collaborazione di Toscana Music Pool. http://www.teatromanzonicalenzano.it Calenzano Teatri della Toscana Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Teatro Manzoni Scheda della Regione Toscana, su cultura.toscana.it. URL consultato l'8 ottobre 2008 (archiviato dall'url originale il 9 settembre 2010).

Castello di Calenzano
Castello di Calenzano

Il castello di Calenzano è un'antica struttura fortificata nonché nucleo originario dell'insediamento di Calenzano, posto sulla via che, da Firenze, porta ad uno dei passi appenninici per l'Emilia-Romagna. Il borgo conserva ancora oggi l'aspetto caratteristico del villaggio fortificato, con schema a pianta ovale, tipico dei centri di collina. Posto su una collinetta isolata, situata nel punto dove la valle del torrente Marina si apre verso la piana fiorentina, è visibile dai quattro punti cardinali e sorvegliava in passato le vie di comunicazione che portavano in Mugello. Il primo incastellamento della collina di Calenzano si deve molto probabilmente alla potente famiglia comitale dei Guidi. Il nucleo originario del castello assunse nel XII secolo una notevole importanza strategica, situato com'era al confine tra due diocesi, quella di Firenze e Pistoia (Prato lo diventerà solo nel 1653) e i domini feudali dei già citati Guidi, dei conti Alberti, che controllavano la Val di Bisenzio, e degli Ubaldini, signori ghibellini del Mugello. Risalgono al XIII secolo le prime menzioni di Calenzano inteso come “castello”. Ne troviamo traccia nel Libro di Montaperti del 1260 e nel Libro degli Estimi del 1269. In questa seconda fonte in particolare si descrivono i danni subiti dai guelfi di Firenze dopo la sconfitta nella battaglia di Montaperti ad opera dei ghibellini, i quali provocarono ingenti distruzioni anche al castello di Calenzano. Dai Guidi il castello passò sotto la giurisdizione del vescovo di Firenze e infine agli inizi del '300 divenne possesso della Repubblica di Firenze. È interessante notare che altri tre castelli erano dislocati lungo la Val di Marina: quello di Combiate, presso il Passo delle Croci, di cui non resta traccia, difendeva l'accesso alla piana da nord; quello di Legri, già possesso dei conti Guidi poi dei Figiovanni e dei Cattani-Cavalcanti, restaurato in anni recenti in stile neogotico è oggi residenza privata; e il castello di Travalle, anch'esso antico feudo dei Guidi. La proprietà di quest'ultimo, divisa tra i Tosinghi e i Lamberti, fu acquistata dal Comune di Firenze nel 1225. Passato quindi all'antica famiglia dei Corbinelli, a loro rimase per tutto il '600. Da allora il “castellaccio” di Travalle, come viene chiamato, costituisce uno dei poderi della grande villa fattoria prima degli Strozzi Alamanni, poi dei Ganucci Cancellieri. Ai castelli si affiancavano nel controllo del territorio numerose torri d'avvistamento, come la torre di Collina e la “Torraccia” o la torre di Baroncoli. Il fatto storico più rilevante che riguarda il castello avvenne la notte tra il 4 e il 5 ottobre 1325, quando le milizie ghibelline del condottiero lucchese Castruccio Castracani, reduci dalla vittoriosa battaglia di Altopascio, attaccarono e incendiarono le fortificazioni senza incontrare resistenza durante la loro avanzata su Firenze. In quel secolo di guerre continue che fu il '300, Calenzano subì nuovamente gravi devastazioni. Nel 1351 fu assediato e danneggiato dalle truppe dei Visconti di Milano guidate da Giovanni di Oleggio. A quel punto la Repubblica fiorentina, consapevole di non poter rinunciare a una roccaforte che era la vera porta d'accesso alla piana fiorentina da ovest, decise di prendere provvedimenti. Le strutture difensive furono consolidate e ampliate, facendo assumere alla cerchia muraria la conformazione che conserverà per i secoli a venire. Questi dispendiosi lavori si dimostrarono efficaci quando nel 1363 i pisani, fiancheggiati dai mercenari inglesi di Giovanni Acuto, imperversarono per il contado di Firenze, depredando e saccheggiando. Le mura del castello resistettero e fornirono riparo anche agli abitanti della vicina Sesto. In quello stesso anno il Comune di Firenze deliberò un ulteriore rafforzamento delle opere di difesa e decretò il divieto assoluto per gli abitanti, pena una multa di 1000 libbre di fiorini piccoli, di costruire o abitare case o capanne addossate alle mura del castello o in un perimetro di 200 braccia intorno ad esse. Tra gli ultimi decenni del '300 e i primi del'400 il castello di Calenzano raggiunse l'apice del suo splendore, sia a livello economico che militare. Ma come spesso accade, dopo il massimo momento di gloria arriva, seppur lentamente, il declino. Dopo che la Repubblica fiorentina ebbe esteso e consolidato i suoi domini in Toscana il castello di Calenzano perse l'importanza strategica che aveva acquisito nei secoli precedenti e da avamposto militare si trasformò progressivamente in centro abitativo a carattere agricolo. Già nel 1452 la magistratura dei Dieci di Balia dovette prendere provvedimenti per far riparare nuovamente le strutture difensive. "Rimaste così ferme per i secoli a venire, nella loro configurazione tipicamente medievale, le mura di Calenzano ebbero da respingere solo gli assalti del tempo, che portava la rovina delle pietre, e quelli abbastanza modesti per la verità, degli uomini che costruivano sopra le mura". Nel 1512 Calenzano non fu toccato per sua fortuna dalle truppe papaline e dai mercenari spagnoli autori del famoso Sacco di Prato, che misero a ferro e fuoco anche Campi Bisenzio. In quel tragico frangente che fu l'assedio di Firenze del 1529-1530 sappiamo che il castello venne usato come piazzaforte militare nel contado senza tuttavia subire danni: "si tenne per fortezza et ne fu commissario Agnolo Anselmi, cittadino fiorentino". Se, come abbiamo visto, l'importanza militare del borgo fortificato era già diminuita nel secolo precedente, il castello di Calenzano dopo la proclamazione del Granducato sotto Cosimo I, perse definitivamente ogni rilevanza strategica. Le torri vennero affittate a privati che ne fecero abitazioni, mentre i terreni furono usati a scopi agricoli. L'Amministrazione Comunale di Calenzano ha recentemente acquisito e ristrutturato una parte dell'edificio usato fino a pochi anni fa come fattoria e costruito intorno alla porta di accesso da nord, detta "porta al Serraglio". Si è provveduto a recuperare anche un giardino interno racchiuso nel circuito murario di un bastione trecentesco. Oggigiorno il borgo medievale è frequentato dalla popolazione in occasione di feste paesane, rievocazioni, per il tradizionale Carnevale Medievale e per il festival delle arti di strada "Maraviglia". In corrispondenza della torre posta al di sopra della porta al Serraglio (sulla quale si può salire e godere di un panorama) è stata recuperata la cosiddetta "altana", un suggestivo locale usato per convegni e cerimonie. In questi locali ha sede il Museo Comunale del Figurino Storico. Si tratta di un museo molto particolare, dove attraverso soldatini, diorami e modellini si promuove la conoscenza della storia europea e del territorio.

Villa Peragallo
Villa Peragallo

Villa Peragallo, è una dimora signorile situata in via del Castello 48 a Calenzano. Nei primissimi anni del Novecento, Giuseppe Targioni incarica il giovane architetto fiorentino Enrico Dante Fantappiè della costruzione della nuova grande villa, contornata da un consistente e pregiato parco, ma la cui realizzazione, che si svolge tra il 1905 e il 1907, resta però interrotta, tanto che il complesso si presenta a tutt'oggi incompleto. Già all'inizio dell'800 al posto dell'edificio attuale sorgeva la residenza chiamata "villa Matilde", di proprietà dei Frittelli, una famiglia che all'epoca possedeva diverse case e terreni nella zona. Da loro la comprarono i Targioni alla fine del secolo. All'intervento prendono parte, in stretta collaborazione con l'architetto, anche gli artisti Annibale Brugnoli, Giulio Bargellini e Ezio Giovannozzi, tra i migliori che operano a Firenze in quegli anni. Si provvide anche a installare un impianto autonomo per la produzione di elettricità che serviva a illuminare la villa e il parco, almeno dieci anni prima che a Calenzano arrivasse la luce elettrica. Verso il 1915, quando le fortune economiche dei Targioni declinarono, il complesso di edifici fu venduto al Commendatore e Grande Ufficiale del Regno Cornelio Peragallo. Di origine genovese, da anni risiedeva a Roma, per curare i suoi interessi come azionista della Banca d'Italia in via Nazionale, strada dove viveva accanto ai parenti conti Ginanni Fantuzzi, e già Presidente dell'Istituto Nazionale di Credito Edilizio (rif. Annuario banche e banchieri: https://www.google.it/books/edition/Annuario_delle_banche_e_banchieri_d_Ital/WNNdDElGgDUC?hl=it&gbpv=1&dq=cornelio+peragallo+banca+nazionale+del+lavoro&pg=PA906&printsec=frontcover Negli anni tra le due guerre Villa Peragallo visse il suo periodo di massimo splendore. Con il suo parco scenografico faceva da cornice a feste paesane in costume, come la Festa dell'Uva o a processioni religiose come quella delle Quarantore. Nei mesi del passaggio del fronte venne occupata dalle truppe tedesche che la usarono come comando militare. Passata al figlio di Cornelio, il musicista Mario Peragallo e alla moglie contessa Fiora Ginanni Fantuzzi prematuramente scomparsa nel 1979 e da allora nessun familiare ha avuto più piacere di soggiornarvi. A partire dalla metà del secolo scorso iniziò per la villa un lento ma inesorabile declino. Abitata sporadicamente, solo in estate, è disabitata dagli anni '80, periodo in cui si verificarono alcuni furti nelle stanze interne. Questi fatti indussero i proprietari a trasferire in altre residenze le argenterie e parte del mobilio, soprattutto nella villa di famiglia a Roma, in via Vipiteno traversa di Via Cortina D'Ampezzo accanto al conduttore Rai Piero Angela. Dalla morte di Mario Peragallo, nel 1996, la mancanza di manutenzione fa sentire tutto il suo peso e i segni del passaggio del tempo sono evidenti, in particolare nel teatrino privato e sui muri perimetrali esterni. Tanto che si è dovuto provvedere a puntellarne dei tratti che erano a rischio di crollo. La natura sta lentamente prendendo il sopravvento sulle strutture del parco, conferendo a tutto l'insieme un particolare ma triste fascino di decadenza. Attualmente tutto il complesso architettonico è in vendita per una cifra che si aggira intorno ai dieci milioni di Euro. La villa nell'Aprile 2020 è stata venduta ad un medico statunitense per la cifra indicata (fonte: https://primafirenze.it/cronaca/dopo-anni-di-abbandono-e-stata-acquistata-villa-peragallo/ Situato in posizione panoramica, nella zona più alta del centro storico di Calenzano, l'edificio è corredato da una serie di annessi, una grotta artificiale, casini, scuderie, e torrini, che si dispongono su terrazzamenti a verde lungo i pendii del vastissimo parco, con arredi in stile manierista. In stile decisamente floreale invece sono gli elementi più minuti come le ringhiere o i grandi cancelli in ferro. L'elemento più caratteristico sotto l'aspetto ambientale è costituito senz'altro dalla galleria che passa sotto a via del Castello. Collocata nel punto più alto, la villa -affiancata dalla cappella, da un lato, e, dall'altro, dal teatrino- si affaccia sul piazzale con la grande vasca e sulla piana in direzione della città. Il complesso è costituito da un insieme di edifici caratterizzati da diversi stili architettonici: dalla villa padronale - che denuncia in facciata richiami manieristici non disgiunti da contenuti influssi liberty - alla cappella - che si riallaccia ai partiti architettonici della vicina villa. Il teatro si ispira invece alla tradizione classicista nell'impianto planimetrico e di facciata, che mostra diversi dettagli ornamentali di gusto floreale.Infine le serre, costituite da due corpi di fabbrica distinti ma collegati da un imponente arco trionfale, e i due villini, situati rispettivamente in corrispondenza dell'ingresso da sud (via del Castello) e dell'uscita del sottopasso che collega le due parti del parco (via Mascagni). Il primo dei due rappresenta un interessante esempio di architettura neo-medievalista, con torretta non priva di dettagli ornamentali di gusto liberty; il secondo è caratterizzato dallo stesso stile medievalista, con un vasto repertorio trecentista (bifore, trifore, colonnine, merlature). La villa padronale presenta un impianto planimetrico a blocco compatto e simmetrico, con ingresso e scalone centrale e, ai due lati, gli ambienti disposti in serie. Sulla scenografica facciata principale, la zona centrale, a tre assi, è avanzata e coronata da una torre orologio, mentre le membrature architettoniche si richiamano al lessico manierista. La sistemazione architettonica degli interni è prevalentemente improntata al gusto floreale e liberty ed è caratterizzata dalla perfetta integrazione tra arredo fisso e decorazione pittorica e a stucco che copre pareti e soffitti. Ogni stanza costituisce un organico ambiente in cui l'arredo fisso, l'apparato decorativo e il mobilio sono progettati ad hoc secondo un tema diverso, un episodio del racconto mitologico o un'allegoria, che fa da filo conduttore unificante l'intero allestimento. Così in ogni stanza si svolge un completo ciclo tematico attraverso un apparato costituito dal soffitto decorato da affreschi o da soffitti, zoccolature, pannellature e pavimentazioni in legno, fino ai lampadari, tutti coordinati figurativamente, cromaticamente e matericamente. Al piano terreno si trovano le sale di soggiorno e rappresentanza: la sala da pranzo - con soffitto ligneo dipinto da Annibale Brugnoli - la biblioteca, la sala da musica - con soffitto dipinto da Giulio Bargellini - la sala da fumo - di gusto orientaleggiante - il biliardo e i locali accessori - office, cucina, dispense. In cima alle scale, dal ballatoio si dipartono due corridoi, che corrono parallelamente alla facciata, di distribuzione alle camere da letto, per la maggior parte singole, tranne un paio più grandi. Tra questi ambienti si segnala la sala da bagno con raffinatissimi affreschi floreali dipinti da Ezio Giovannozzi, del 1906. Oggi, dopo ripetuti episodi di furti verificatisi negli ultimi anni, parecchi degli arredi sono stati dai proprietari spostati altrove e non sono pertanto più visibili nella loro originaria collocazione. La cappella, con pianta a croce greca è coperta da una cupola a otto spicchi con intradosso affrescato. La facciata è preceduta da un piccolo pronao coronato da un timpano, con una lunetta soprastante l'ingresso decorata da un bassorilievo. Un restauro avvenuto nella prima metà degli anni '80 ne ha recuperato le pavimentazioni e le finiture parietali originali. Il teatrino si presenta, invece, oggi in completo in degrado a causa dei danni di guerra e del prolungato disuso. Pesanti sono soprattutto i danni alle strutture di copertura che hanno provocato danneggiamenti alle murature. Il volume complessivo è piuttosto regolare e qualificato soprattutto dal trattamento decorativo. Il fronte principale è scandito da quattro colonne binate con statue di figure femminili, attribuite al Burchi, mentre l'interno presenta pregevoli motivi ornamentali in stucco, con ghirlande, tralci e palmette. A Giulio Bargellini risultano attribuiti i cartoni per le vetrate. Del soffitto ligneo che originariamente copriva la sala resta la parte inferiore con tracce di affreschi. Il complesso si segnala come uno tra i più consistenti esempi, in Toscana, di architettura eclettica e, limitatamente agli interni, più propriamente liberty. La recente revisione critica, effettuata con sistematicità di scala e di metodo, ne riconosce il ruolo non secondario all'interno della discontinua produzione liberty toscana. Carlo Cresti, Firenze 1896-1915. La stagione del Liberty, Firenze 1978; Carlo Cresti, 1987, Toscana R. Bossaglia (a cura di), Archivi del Liberty italiano, Milano 1987, pp. 287–314; Cozzi, M., Carapelli, G., 1993, Edilizia in Toscana nel primo Novecento, Firenze. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Peragallo Architetture del '900 in Toscana, su web.rete.toscana.it.

Pieve di San Donato di Calenzano
Pieve di San Donato di Calenzano

La pieve di San Donato sorge su una collina che domina la Val di Marina lungo l'antica strada romana che collegava Firenze con Pistoia, nel comune di Calenzano. Le prime notizie della chiesa si ritrovano tra il IX e il X secolo. Forse eretta su un edificio preesistente con funzioni di tipo militare, ancora nel XIV secolo la chiesa offrì riparo agli abitanti del territorio circostante in fuga dalle incursioni ghibelline. Nel 1450 la chiesa entrò a fare parte delle proprietà medicee e nel 1460 Carlo, figlio naturale di Cosimo il Vecchio, modificò la struttura dotandola di un elegante chiostro. Trasformata in residenza di villeggiatura, dal 1502 San Donato viene utilizzata dai canonici della propositura di Prato: in questo periodo, tra i suoi pievani illustri si ricordano Giovanni de' Medici (divenuto Papa con il nome di Leone X nel 1516) e Alessandro Ottaviano de' Medici (Leone XI, 1605). Nel 1799 il titolo di pieve fu trasferito alla chiesa di San Niccolò situata all'interno del castello di Calenzano. chiesa di San Niccolò a Calenzano; chiesa di San Lorenzo a Pizzidimonte; chiesa dei Santi Michele e Ruffiano a Sommaja; chiesa di Santo Stefano a Sommaja; chiesa di Santa Maria a Travalle. Cristina Acidini (a cura di), I dintorni di Firenze, collana "I Luoghi della Fede", Milano, Mondadori, 2000, pp. 93 - 94. ISBN 88-04-46793-2 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla pieve di San Donato Video della cattedrale https://www.youtube.com/watch?v=-1Y_V0U3rFQ

Chiesa di Santa Maria delle Grazie (Calenzano)
Chiesa di Santa Maria delle Grazie (Calenzano)

La chiesa di Santa Maria delle Grazie è un luogo di culto cattolico di Calenzano, situato nella frazione Nome di Gesù. Il particolare "incarico" di costruire una chiesa nella frazione Nome di Gesù di Calenzano fu dato nel 1953 da San Pio da Pietrelcina a Giovanni Bardazzi (Prato, 25 ottobre 1908 – Prato, 7 dicembre 1997), militante del PCI convertitosi nel 1949. Nel 1957 fu edificata una cappella che poteva contenere circa cinquanta persone, dal costo di circa venti milioni di lire; essendo la struttura insufficiente in quanto a capienza – e sempre dietro suggerimento del santo – a partire dall'11 luglio 1960 iniziarono i lavori di ampliamento, che diedero vita a un'ampia chiesa a navata unica, in stile neorazionalista, consacrata dall'arcivescovo di Firenze Ermenegildo Florit il pomeriggio del 7 dicembre dello stesso anno. Nel 1968 la parete posteriore all'altare è stata abbellita da un mosaico che riproduce, seppur in dimensioni minori, quello presente nella chiesa omonima di San Giovanni Rotondo. Divenuta sede parrocchiale nel 1986, negli anni seguenti la struttura ha ricevuto ulteriori ampliamenti; tra i principali: il rifacimento dell'area antistante la chiesa – con l'aggiunta di una statua dedicata a Padre Pio – nel 1989; la creazione di un nuovo sagrato in stile neorinascimentale, in occasione del Giubileo del 2000; il rosone, aperto sulla fronte della chiesa, realizzato nel 2000 su disegno di Ermella Cintelli Molteni, la stessa artista che ha scolpito le quattordici formelle della Via Crucis (inaugurata il 7 dicembre 2005); l'inaugurazione, nel 2010, di un'ampia cappella dedicata a San Pio, posta a destra dell'altare. La cappella contiene alcune reliquie del santo, tra cui un quadro raffigurante la Vergine da lui benedetto appositamente per la chiesa, e una preziosa icona di provenienza russa. Alla parrocchia è annessa anche la gestione della chiesa di Santa Maria a Travalle. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Santa Maria delle Grazie Sito ufficiale della parrocchia, su santamariacalenzano.it. URL consultato l'8 giugno 2022. Scheda della parrocchia, su diocesifirenze.it. URL consultato l'8 giugno 2022.

I gigli

Il centro commerciale "I Gigli" è un complesso architettonico ad uso commerciale situato nella zona industriale di Capalle, nel comune di Campi Bisenzio, in provincia di Firenze. La realizzazione del centro commerciale "I Gigli" è il risultato di una serie di atti riguardanti l'area metropolitana Firenze-Prato-Pistoia, che vanno dallo Schema strutturale e Piano regionale integrato dei trasporti, all'accordo di programma tra Regione Toscana, Provincia di Firenze, Comune di Sesto per la via Mezzana Perfetti Ricasoli; dal PRG 1985 (variante generale al PRG 1971) del Comune di Campi Bisenzio, alla Variante nord produttiva; all'accordo di programma tra Regione Toscana, Comune di Campi Bisenzio, Comune di Firenze e Provincia di Firenze per il nuovo insediamento produttivo FIAT a Campi ed infine al Progetto d'insieme ed ai diversi piani particolareggiati. La proposta nasce infatti nel 1991 all'interno dell'accordo di programma tra la Regione Toscana e i comuni di Firenze e di Campi Bisenzio per il trasferimento del vecchio stabilimento FIAT di Novoli, ma già nel PRG del Comune di Campi del 1985, approvato nel 1988, veniva individuata nell'area agricola posta presso Capalle, non più coltivata e circondata dall'hinterland industriale tra Firenze e Sesto Fiorentino, la zona da destinare a grandi funzioni industriali, commerciali e direzionali. Tale ipotesi localizzativa aveva acquistato una maggiore concretezza nell'ambito dello Schema strutturale elaborato dalla Regione Toscana nel 1990, in cui l'area veniva classificata come Caposaldo 7 all'interno del Piano regionale, dando così il via al dibattito sulle funzioni e sulle architetture da realizzarvi. Insieme al confronto con la FIAT per lo spostamento dell'impianto di Novoli, vengono discussi nel 1991 la proposta del Centro P per la localizzazione di alcune attività produttive pregiate e la realizzazione di un centro commerciale integrato da costruirsi su terreni già di proprietà della famiglia Pecci di Prato la quale, affiancata dal gruppo PAM - insieme soci nella società Sileasud - si fa promotrice dell'iniziativa. Oltre alle molte problematiche che la proposta evidenziava, il progetto del centro commerciale incontrò notevoli resistenze, ragione per cui dal comune di Campi venne richiesto, come condizione imprescindibile, un intervento di alta qualità architettonica. Siglati gli accordi preliminari nel 1991, attivate tra il 1992 e il 1993 la procedure di variante al PRG, adottati nel 1994 i piani particolareggiati, finalmente nel 1995 venne rilasciata la concessione edilizia per la costruzione del centro. Il progetto architettonico è stato redatto tra il 1993 e il 1995 dallo studio Natalini Architetti di Firenze, scelti dalla committenza in una rosa di diversi noti professionisti toscani e non. L'intervento di Adolfo e Fabrizio Natalini si collocava tuttavia all'interno di un Progetto d'insieme, esteso a livello paesistico, definito dall'architetto Francesco Ventura - teso a coordinare i tre piani particolareggiati del complesso industriale, del centro commerciale e dello stabilimento FIAT - e doveva adattarsi ad un pre-progetto del centro commerciale preparato dagli studi tecnici interni alla società Sileasud e dai loro consulenti. Inizialmente il lavoro degli architetti fiorentini doveva quindi limitarsi ad una "super-consulenza" artistica per la sistemazione degli interni, degli spazi pubblici e della galleria del centro stesso. L'intervento Natalini ha invece lentamente modificato il pre-progetto iniziale e si è allargato a scala territoriale, ridisegnando l'intera area ed organizzando il centro come una serie di luoghi connotati, riconoscibili e inseriti in una sequenza il più possibile lineare. La costruzione è stata suddivisa in trenta differenti appalti coordinati dalla Direzione dei Lavori assunta dalla direzione tecnica gruppo PAM e dalla Engineering Serete Italia di Cologno Monzese (MI) con l'ingegnere Tullio Francescatti; il progetto degli impianti meccanico ed elettrico si deve rispettivamente alla Serete Italia ed allo Studio Fellini di Padova. Hanno partecipato alla realizzazione, fra le altre, le seguenti imprese: Polistrade di Campi Bisenzio (FI) per le opere di urbanizzazione; Gepco di Genova per le opere edili; Icels di Roma per i pali di fondazione; Ged di Pievesestina (FC) per le strutture prefabbricate, i prefabbricati e la carpenteria metallica; Holzbau di Bressanone (BZ) per le strutture in legno lamellare; Isocaf di Vigonza (PD) per le impermeabilizzazioni; Tecnocop di Villafranca di Verona (VR) per le coperture; Tosoni di Villafranca di Verona (VR) per i serramenti; Sadi di Altavilla Vicentina (VI) per i controsoffitti; Cis di Massa (MS) per le pavimentazioni in marmo; Tecnointerni di Quarto Inferiore (BO) per i rivestimenti in legno; Ceramica Ligure di Ponzano Magra (SP) per i pavimenti; Galli Elettromeccanica di Erba (CO) e Sice di Padova per l'impianto elettrico; Satrel di Prato, Berica di Arzignano (VI) e Cefla di Imola (BO) per l'impianto termotecnico; Schindler di Concorezzo (MI) per i nastri trasportatori ascensori; Studio Giardino di Tessera (VE) e Conti di Agliana (PT) come vivaisti. Il centro commerciale "I Gigli", fin dalla sua inaugurazione, è in gestione alla società di consulenza Larry Smith. Attualmente il direttore del centro commerciale è Antonino D’Agostino, che dal maggio 2018 ha sostituito Yashar Deljoye Sabeti, in carica dal gennaio 2012, il cui predecessore era stato Alessandro Tani. Posto a nord dell'abitato di Capalle nei pressi di Campi Bisenzio, in posizione baricentrica all'interno dell'area metropolitana Firenze - Prato - Pistoia, il complesso de "I Gigli" segna fortemente lo scenario paesistico soprattutto con le emergenze dei totem, i tralicci metallici, cioè, - di forma circolare quelli sopra le torri di ingresso, e triangolari quelli posti nell'area di parcheggio - che raccolgono la segnaletica luminosa e che costituiscono ormai nuovi segni di identificazione nel territorio. Lo circonda una complessa viabilità: in primo luogo, la vicinanza dei due percorsi autostradali dell'autostrada del Sole e della Firenze - Mare, dai quali il centro è accessibile mediante i caselli rispettivamente di Calenzano - Sesto F.no e di Prato Est. A scala più ravvicinata, l'area è delimitata dalle vie Mezzana Perfetti Ricasoli a nord e f.lli Cervi a sud, dalla strada provinciale Barberinese ad est e ad ovest dal torrente Marinella il quale, secondo le previsioni del progetto d'insieme elaborato per conto del comune di Campi dall'architetto Francesco Ventura, dovrà essere "rinaturalizzato" mediante una serie di opere di restauro ecologico. È inoltre prevista, ai fini del rafforzamento della viabilità dell'intero comprensorio industriale, una nuova superstrada tra Prato e Firenze che sarà dotata di un grande svincolo in corrispondenza del centro stesso. Da Firenze, si arriva ad "I Gigli" dopo l'attraversamento dell'estrema periferia cittadina disposta lungo la via Pistoiese e percorrendo poi la via Barberinese fino al centro della "piana" di Sesto, caratterizzata da pesanti insediamenti industriali; tuttavia, come nota Richard Ingersoll, "l'unico riferimento logico per l'orientamento, a cui un luogo come questo possa affidarsi, sono le uscite dell'autostrada", dato che "il mall non ha alcun tipo di connessione con il suo intorno, ma solo con le grandi arterie commerciali", vista anche l'attuale insufficienza dei percorsi viari, spesso congestionati dal traffico diretto al Centro stesso. Il centro commerciale è circondato da un megaparcheggio pubblico previsto per 6.000 posti auto ed ancora in fase di espansione, segnato dalla presenza dei totem di metallo; per tentare di ridurre il forte impatto ambientale è stata sistemata su tutta la superficie del parcheggio un'alberatura di pioppi cipressini intervallati da aceri e da gelsi. Secondo le parole dell'architetto Natalini, il centro commerciale è stato inserito nel territorio "come qualcosa in grado di riannodare una maglia ormai prossima alla disgregazione dotandola di un nuovo senso", raccordandosi al terreno mediante grandi scarpate erbose elevate fino a 5 metri e cercando la continuità con l'argine del fiume "sempre attraverso la modellazione del terreno". In seguito alla realizzazione del centro è stato infatti avviato un complessivo riassetto viario della zona ed il risanamento idrico e geologico dell'intera area: la prevista creazione del parco del Marinella, con l'uso di piantumazioni autoctone ed il tracciato di percorsi pedonali e ciclabili, farà dell'area de "I Gigli", secondo Adriano Chini, sindaco di Campi Bisenzio, "una zona godibile per tutta la collettività campigiana e non solo per i fruitori del centro" Di impianto longitudinale, a forma di un ideale rettangolo le cui dimensioni massime di 390 × 180 m sono state visivamente ridotte attraverso una serie di scalettature di lunghezza variabile sui fianchi, l'edificio del centro commerciale si dispone sull'asse nord-sud con il lato lungo adiacente alla via provinciale Barberinese, che corre sul lato est. Esteso su una superficie totale di 282 000 m², di cui 120 000 m² previsti a parco attrezzato e 68 000 m² di superficie utile comprendente un ipermercato di 23 000 m², 10 medie superfici per 25 000 m², 140 negozi per 18 500 m², un "mercatino di piazza" (interno) di 1 500 m², il centro commerciale è stato inaugurato il 29 maggio 1997, dopo due anni di lavoro (1995-1997) con il cantiere organizzato "a pelle di leopardo", avanzando cioè non linearmente ma a macchie anche distanti fra loro. Un basilare aspetto della progettazione è stato quello inerente al fattore tecnologico e costruttivo, per il notevole grado di complessità del sistema tecnico-impiantistico che presiede alla vita del centro: per alimentare il comparto è stato necessario realizzare una nuova centrale ENEL che fornisce energia in media tensione, integrata ad un sistema di cogenerazione con centrale alimentata a gas metano. A livello costruttivo, poderoso è il sistema di fondazione, distribuito su circa 2.000 pali di lunghezza tra i 18 e i 26 m gettati in opera, per uno sviluppo totale di 55.000 m, su cui poggiano i plinti in cemento armato che accolgono le risultanti statiche derivanti dalle luci delle campate interne, dei carichi dei solai e del sistema misto delle coperture. La concezione del centro come "sequenza" di luoghi connotati e differenziati fra loro ha portato inoltre all'uso di tecniche costruttive miste con parti realizzate in opera ed altre fuori opera: il sistema di prefabbricazione ha consentito di studiare circa 40 diverse tipologie di pannelli di rivestimento in laterizio e cls bianco per la definizione degli esterni; le due torri di ingresso sono costituite da un sistema di costoloni centinati e forati disposti a stella, realizzati in opera e poi finiti con rivestimenti lapidei naturali e artificiali; le due corti sono state realizzate con la prevalenza di strutture in acciaio, mentre la galleria centrale si avvale di una struttura mista di pilastri in calcestruzzo e travi in legno lamellare che coprono in un'unica campata una luce di 32 m. Le coperture delle corti e della galleria sono state realizzate con un manto antimeteorico costituito da un primo soffitto in acciaio verniciato sul quale è realizzata una barriera al vapore ed un isolamento termico in polistirene estruso, una camera di ventilazione con impalcato continuo in legno trattato, con infine un manto di rame installato con il sistema dell'aggraffatura in loco dei canaloni di rame con fissaggi a scomparsa. L'uso di materiali differenti pur assemblati con tecnologie d'avanguardia è pensato, secondo i progettisti, "per dare un aspetto organico e in qualche modo tradizionale al fabbricato secondo un richiamo a tecniche costruttive vernacolari e tipiche del territorio nel quale il fabbricato si colloca". Sul lato ovest si aprono gli ingressi, simmetrici rispetto al fronte, identificabili dalle due torri cilindriche che, dopo una base in laterizio, si innalzano con strutture metalliche sulle quali dovevano originariamente essere raccolta la segnaletica pubblicitaria, poi riunita invece sui tralicci triangolari del parcheggio per lasciare le torri cilindriche alle sole insegne dell'ipermercato Panorama ed al simbolo luminoso del centro. Le torri recano inoltre le scritte con l'identificazione delle due entrate: corte Tonda, ubicata verso il lato sud, e corte Lunga, verso il lato nord. Le basi cilindriche su cui si impostano i tralicci metallici sono scandite da quattro file verticali di aperture rettangolari intervallate da un rivestimento in fasce di laterizio e quadroni di pietra artificiale bianca disposti a scacchiera. Il medesimo rivestimento si ritrova sui volumi posti sugli angoli nord-ovest e sud-ovest, il cui movimentato accostamento "riporta le dimensioni ad una scala più minuta": meno elevati rispetto alle torri, che ne risolvono l'aggancio con il lungo volume centrale della galleria, i corpi d'angolo sono chiusi con pannellature in laterizio disposte secondo un disegno a griglia regolare di lesene e marcapiani, intervallati da quadroni bianchi in pietra artificiale e conclusi da un cornicione in aggetto sostenuto da beccatelli ancora in pietra artificiale bianca, usata anche per il rivestimento dell'alta zoccolatura dei corpi adiacenti agli ingressi, e come rinforzo degli spigoli dei singoli volumi che si innalzano frammentati al di sopra delle scarpate erbose di raccordo con il terreno. Il tema dei terrapieni erbosi si ripete nel volume della lunga galleria centrale, disposta longitudinalmente tra le due torri che ne permettono l'accesso. A copertura arcuata in rame preossidato verde, il corpo della galleria si allarga infatti verso il suolo con grandi scarpate in parte ricoperte da un manto di verde - in diversi punti interrotte da ingressi di servizio e di sicurezza - che assolvono anche il compito di nascondere i volumi tecnici ubicati alle due estremità della galleria. Oltre i terrapieni si disegnano gli sheds della copertura che permettono l'illuminazione da nord dell'interno della galleria, coerentemente pensato, secondo l'interpretazione di Ingersoll, "formalmente allusivo ad un ambiente racchiuso, quasi una grotta, che accolga il visitatore strappandolo al mondo per trasportarlo nel reame del consumismo". Alla galleria si collega, estesa verso la via Barberinese, una piastra più bassa, nuovamente definita all'esterno da pannellature in laterizio e calcestruzzo bianco cornate dal cornicione in aggetto e disposte secondo un disegno a fasce e sfondati modulari che riporta sulla lunga facciata una sorta di "ordine architettonico" funzionando anche da scansione per l'inserimento delle aperture necessarie (porte di sicurezza, finestre, vani di scarico merci). La piastra accoglie sulla copertura un'ulteriore parcheggio accessibile tramite due rampe, con la capacità di circa 600 auto ordinate dai lucernari per l'illuminazione degli spazi sottostanti. Al piano della copertura si aprono inoltre sui lati nord e sud altri due ingressi che permettono l'accesso diretto ai piani alti del centro e di qui la discesa alle corti del pianterreno. All'interno, l'edificio si configura come una sequenza di luoghi fortemente e peculiarmente connotati, che rifuggono totalmente dal concetto di qasba per disporsi invece in una logica successione lineare: gli ingressi - orientati in modo baricentrico rispetto al parcheggio in modo da condurre il consumatore agli estremi della galleria commerciale rendendo inevitabile la visita alla totalità dei negozi; le corti o piazze - luoghi di orientamento, di smistamento e di sosta; la galleria centrale - percorso longitudinale caratterizzato a piano terra dalla fitta sequenza delle attività commerciali e al primo piano dai servizi di altro tipo (ristorazione, attività paracommerciali ecc.). Malgrado l'alto grado di complessità degli aspetti tecnico-impiantistici e funzionali che presiedono alla vita del complesso, l'architettura evita anche all'interno l'esibizione tecnologica, cercando invece di configurare l'enorme spazio come possibile luogo di incontro e di aggregazione mediante soprattutto la cura delle finiture: i materiali pregiati ed il disegno della pavimentazione, l'arredo, le opere sospese, l'illuminazione artificiale affidata a grandi lampadari in ferro e a lampioni a globo, la presenza del verde. Non sfugge inoltre la zonizzazione per aree tematiche degli spazi commerciali (zona arredo sulla corte Lunga, zona ristorazione al primo piano sulla corte Lunga, zona abbigliamento sulla corte Tonda, zona alimentari, attività specializzate e servizi nella galleria) che vuole rendere facilmente fruibile il centro. Le torri d'ingresso appaiono all'interno come spazi a sé stanti illuminati dalle alte aperture rettangolari, con una struttura ad archi radiali i cui piedritti sono interrotti all'altezza del primo piano da un ballatoio che consente l'affaccio sullo spazio sottostante e la lettura d'insieme del disegno della pavimentazione, in marmo bianco lago e rosso dei Carpazi a cerchi concentrici e fasce radiali. La connotazione raffinata degli spazi pubblici, abbastanza inusuale nei modelli consolidati di centro commerciale, è stata possibile attraverso un attento lavoro di risparmio sul progetto: di qui l'uso del rivestimento esterno in cotto intervallato dalla pietra artificiale, l'adozione di marmi pregiati per le pavimentazioni degli ingressi, delle corti e della galleria, la scelta del legno per la copertura e le pareti interne della galleria stessa. Dagli ingressi ci si immette nelle corti, disposte alle due estremità della galleria centrale e ad essa collegate mediante imbocchi di dimensione più ridotta. La corte Tonda, a sud, è di forma circolare con un diametro di 32 m, la struttura perimetrale a pilastri interrotti dal ballatoio all'altezza del primo piano e la copertura a sheds al di sopra di un tamburo circolare, schermata da una griglia di sottili travature. La funzione parallela di luogo di sosta è evidenziata dalla presenza di un enorme vaso centrale circondato da panche in legno, elemento di arredo dove i consumatori possono sedere accanto al Ficus Beniamina formato ad alberello, mentre altri apporti di verde si affacciano dal ballatoio. La corte Lunga, a nord, è invece un rettangolo di 50 × 25 m (50 × 32 m al primo piano), dove si ripete la struttura a pilastri con ballatoio a metà altezza e la copertura a sheds impostata su un tronco di piramide a cassettoni. I grandi vasi-sedili sono posti in questo caso alle quattro estremità della corte, attraversata al centro da tappeti mobili inclinati che permettono la salita e la discesa al/dal primo piano. Il collegamento con il piano superiore è assicurato anche da due scale mobili adiacenti alla corte Tonda, dagli ascensori e da diverse scalinate poste nei pressi degli ingressi e alle estremità della galleria. Quest'ultima, lunga 170 m, larga circa 30 m ed alta 15 m, si caratterizza per la struttura in pilasti in cemento armato faccia a vista e la suggestiva copertura in archi di legno lamellare, che schermano la luce proveniente dagli shed esterni oltre a contribuire al controllo climatico ed acustico dell'enorme ambiente. Le pareti laterali sono occupate fino all'altezza di 4 m dalle vetrine dei negozi e dal fronte dell'ipermercato, mentre superiormente sono chiuse da pannelli verticali in legno inclinati, che nascondono le gallerie degli impianti. La parte centrale della galleria è occupata da tre isole di negozi che frammentano l'enorme spazio riducendolo ad una scala più accessibile e disegnano due lunghi corridoi laterali della sezione di circa 6 m, collegati da ampi passaggi trasversali. Nel 2021 è stato aggiunto anche un percorso sopraelevato (il "Cammin dei Gigli") che valorizza l'area sopra ai negozi della galleria, congiungendo anche i piani superiori delle due "corti" alle estremità. La galleria del centro "I Gigli" è di proprietà del gruppo olandese Eurocommercial Properties nv, con i suoi 17,5 milioni di visitatori annui è il secondo centro commerciale più visitato in Italia. Al 26 luglio 2011 sono 134 i punti vendita disponibili per la clientela di cui 14 ricavati da una recente riduzione della superficie di vendita occupata dall'Ipermercato Panorama. Importanti marchi internazionali (Apple, H&M, PRIMARK, Geox, Benetton, Zara, Mondadori, Coin, OVS, Media World e Hollister) sono presenti nella galleria commerciale. Più che per il valore della sua architettura, valore peraltro unanimemente riconosciuto per la felice combinazione di moderne tecnologie e di materiali naturali propri del territorio (cotto, rame, legno), secondo una scelta tesa, con le parole dello stesso Natalini "a radicare l'edificio nel luogo e nella storia", il centro de "I Gigli" viene soprattutto ed insistentemente considerato per le sue "valenze sociali", rappresentando un "esempio possibile di collaborazione fra pubblico e privato" che dovrebbe consentire la valorizzazione dell'area metropolitana Firenze - Prato - Pistoia.. A queste considerazioni si oppongono diverse voci di dissenso: in primo luogo il gruppo politico dei Verdi, per i quali "gli ipermercati sono frutti avvelenati dell'ideologia della metropoli" ed "I Gigli" rappresentano un "errore clamoroso in termini sociali ed ambientali". Secondo Richard Ingerson, che pure avverte nell'architettura del centro "i segni della presenza di un architetto sensibile" ed "una sorta di riscatto formale nel solido terrapieno che riveste gran parte delle pareti esterne del mall", il grande contenitore di commercio può costituire una valida e soddisfacente alternativa alla città soltanto se la funzione commerciale si presta "ad essere permeata da altre dimensioni dello spazio e del tempo urbano - come la residenza, le scuole, i servizi sanitari, le attrezzature per il tempo libero". Contrario ai centri commerciali, soprattutto nelle aree interne alla città, si dichiara anche Roberto Nesti, per gli effetti di "stravolgimento" che essi apportano sul tessuto cittadino, per la cancellazione della piccola distribuzione - "elemento strutturale di grande importanza che copre non solo l'aspetto commerciale ma che assume su di sé una serie di elementi essenziali per l'equilibrio della città" -, per l'impatto veicolare che essi producono. Savi V., 1996, Adolfo Natalini. Natalini Architetti, nuove architetture raccontate, pp. 194 – 199, 246 Ingersoll R., 1997, I Gigli, Campi Bisenzio: Viaggio a Nowhere, in La città delle merci, numero unico di "Professione Architetto", n. 2, aprile - giugno Nesti R., 1997, Progettare l'ipermercato, in La città delle merci, numero unico di "Professione Architetto", n. 2, aprile - giugno Milano 1997, L'architettura dello spazio pubblico. Catalogo della Mostra a cura di P. Caputo, Triennale di Milano AA.VV., 1997, Il Centro Commerciale di Campi Bisenzio. Progetti e realizzazione, Ed.fuori commercio stampata in occ. dell'inaugurazione del Centro, Milano 1997, Centro Commerciale di Campi Bisenzio. Un Centro per la Toscana, in "Presenza Tecnica nell'Architettura", ottobre Pellegrinotti D., 1997, Nasce la città del commercio, "Mattina", 29 maggio Natalini Architetti a Campi Bisenzio. Centro Commerciale I Gigli, "Abitare", n. 373, maggio 1998 https://www.igigli.it/negozi/ Pratilia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Centro commerciale I Gigli Architetture del Novecento in Toscana, su web.rete.toscana.it.