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Cesena

CesenaCittà etruscheCittà murate dell'Emilia-RomagnaCittà romane dell'Emilia-RomagnaCittà umbre
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Flag of Cesena
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Cesena (AFi: /ʧeˈzεna/, Čiṣéna in romagnolo) è un comune italiano di 96 073 abitanti, capoluogo della provincia di Forlì-Cesena insieme a Forlì, in Emilia-Romagna. È sede vescovile della diocesi di Cesena-Sarsina. Fondata intorno al V secolo a.C. dagli Umbri, fiorì in epoca romana come centro sulla via Emilia, e di quell'epoca oggi conserva quasi intatta una vasta centuriazione nella pianura circostante. Tra gli altri monumenti, ospita la Biblioteca Malatestiana, risalente al XV secolo, prima biblioteca civica europea e unico esempio di biblioteca monastica umanistica perfettamente conservata nell'edificio, negli arredi e nella dotazione libraria, inserita dall'UNESCO nel registro della Memoria del mondo. Centro di attività agricole, commerciali e industriali prevalentemente nei campi ortofrutticolo, alimentare e meccanico, dal 1989 ospita anche una sede distaccata dell'Università di Bologna.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Cesena (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Cesena
Via Savio in San Michele, Unione dei comuni Valle del Savio

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Coordinate geografiche (GPS)

Latitudine Longitudine
N 44.133333 ° E 12.233333 °
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Indirizzo

Molino Maraldi

Via Savio in San Michele 11
47522 Unione dei comuni Valle del Savio, Quartiere Oltre Savio
Emilia-Romagna, Italia
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Luoghi vicini

Ponte Vecchio (Cesena)
Ponte Vecchio (Cesena)

Il Ponte Vecchio, o Ponte Clemente, è il ponte più antico di Cesena. Attraversa il fiume Savio, in uno dei punti più stretti della città. L'originario tracciato romano della Via Emilia attraversava il fiume Savio con un ponte in legno che si trovava nella stessa zona dove poi venne costruito il Ponte Vecchio. Il ponte romano crollò varie volte ma venne sempre ricostruito fino a quando non venne sostituito da un ponte in pietra, edificato un po' più a valle per volontà di Andrea Malatesta e poi completato sotto Novello. Nel corso del Cinquecento e del Seicento il ponte venne più volte danneggiato dal fiume Savio in piena; nel 1684 avvenne il definitivo crollo, cui fece seguito la costruzione di un nuovo ponte in legno, che però crollò irrimediabilmente nel 1727. Nel 1733, dietro interessamento di papa Clemente XII e sotto la direzione di Domenico Cipriani, si dette inizio alla costruzione di un nuovo ponte in pietra che prese il nome del pontefice, Ponte Clemente, e che aveva forme diverse dalle attuali; purtroppo la costruzione del ponte venne presto interrotta fino al 1766 quando ripresero i lavori, su progetto di Pietro Carlo Borboni approvato da Ferdinando Fuga e Luigi Vanvitelli. Nel 1773 il ponte poteva dirsi completato nelle forme definitive ma solo nel 1779 tutti i lavori poterono dirsi conclusi. L'apertura della nuova circonvallazione, nel 1816, deviò il traffico proveniente da Forlì dal Ponte di San Martino, ora via Canonico Lugaresi. Furono la costruzione del Ponte del Risorgimento nel 1914 e l'apertura di via Cesare Battisti, nel 1921, a cambiare la storia del ponte: "Clemente" divenne "Vecchio", per distinguerlo dal nuovo (Ponte del Risorgimento) e il traffico si spostò sempre di più verso quest'ultimo. Durante la seconda guerra mondiale, quando la città venne liberata dai tedeschi (20 ottobre 1944), questi, in fuga, fecero saltare in aria la parte media del ponte, che però venne poi riedificata. Il ponte è introdotto da due pilastri e in pietra d'Istria per ogni senso di marcia, tutti con data 1773 e recati stemmi e lapidi dedicatorie. Quelli occidentali presentano a destra una lapide a ricordo del cardinale Vittorio Borromeo, legato di Romagna in quell'anno; a sinistra due iscrizioni: una per Pio VI, con stemma pontificio, l'altra per i cardinali Neri Corsini e Pallavicini. I pilastri orientali presentano a sinistra una lapide dedicata a Clemente XIV, pontefice nel 1773, con stemma della città; a sinistra una dedica a Clemente XII, cui il ponte è dedicato. Pierluigi Moressa, Guida storico-artistica di Cesena e del suo comprensorio. Il monte, il ponte, il fonte, Forlì, Foschi, 2008, ISBN 978-88-89325-43-8. Denis Capellini, Guida di Cesena, Città Malatestiana, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2001, ISBN 88-8312-175-9. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Ponte Vecchio Ponte Vecchio sul sito del Comune di Cesena, su comune.cesena.fc.it. Ponte Vecchio su homolaicus.it, su homolaicus.com. Ponte Vecchio su queen.it, su queen.it.

Porta Fiume
Porta Fiume

Porta Fiume (o porta Franca o porta del Ponte) è una delle porte cittadine di Cesena. La porta era uno degli accessi occidentali, parte della cinta muraria della città, e risale al XII o al XIII secolo; venne ristrutturata nel 1491 e fungeva anche da torre di controllo, l'unica superstite delle due collocate agli estremi del Ponte di San Martino che, fino al 1393, scavalcava il fiume Savio; in quell'anno una frana deviò il corso del fiume. Durante la seconda guerra mondiale venne danneggiata ma fu poi restaurata nel dopoguerra. Tra il XIX e il XX secolo, al fine di attuare un risanamento delle zone degradate della città, vennero compiuti sventramenti nel centro urbano che interessarono parzialmente le antiche strutture difensive ai lati delle diverse porte. Ha una forma rettangolare; attraverso un'apertura ad arco è presente un passaggio pedonale che permette di accedere al Ponte di San Martino risalente al X o all'XI secolo e che terminava originariamente presso una porta successiva andata poi distrutta. Nei lati a nord-est e a sud-ovest è visibile la merlatura ghibellina e, nella parte interna del barbacane, sono visibili i vani a volta con le feritoie. Roberto Casalini, Storia di Cesena. Dalla preistoria all'anno Duemila, Il Ponte Vecchio, 2013, ISBN 8865413344. Antonio Dal Muto, Cesena sparita. Una passeggiata nella Cesena di inizio '800 da Porta Romana a Porta Fiume, EBS Print, 2019, ISBN 8893497549. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Porta Fiume

Eccidio della Rocca Malatestiana
Eccidio della Rocca Malatestiana

L'eccidio della Rocca Malatestiana è stata una strage fascista compiuta a Cesena il 3 settembre 1944 dalla XXV Brigata Nera "Arturo Capanni" e nella quale furono uccisi otto partigiani. Nell'estate 1944, con il progressivo avanzare degli Alleati verso l'Italia settentrionale, anche nella zona di Cesena si registrò un'intensificazione dell'attività partigiana contro i tedeschi e i loro alleati della Repubblica Sociale Italiana. Alle azioni della Resistenza i fascisti cesenati risposero con una brutale attività repressiva operata principalmente dalla Brigata Nera "Arturo Capanni", guidata dal locale segretario del Partito Fascista Repubblicano Guido Garaffoni. La durezza di tale operato fu riscontrata persino dalle stesse autorità della RSI che ordinarono agli uomini del battaglione M "Venezia Giulia", di stanza a Cesena e che nei mesi precedenti aveva compiuto in zona rappresaglie ed eccidi, di aprire un'indagine sugli uomini di Garaffoni. Per smantellare il movimento partigiano della zona i repubblichini si avvalsero di una estesa rete di delatori e spie che riuscì a far catturare numerosi antifascisti e renitenti alla leva. Il 18 agosto, grazie ad una delazione la Brigata Nera catturò e fucilò otto uomini al ponte di Ruffio. Nei giorni che seguirono questa strage i fascisti continuarono le loro operazioni dirette a colpire il movimento partigiano nella pianura a nord-est di Cesena arrestando e fermando chiunque fosse sospettato. A Villalta di Cesenatico, grazie ad una spiata, vennero catturati i fratelli Dario, Clara, Gino ed Urbano Sintoni. Assieme a loro fu fermata anche la cognata Iris Casadio. Negli stessi giorni, nella vicina frazione di Bagnarola fu arrestato nella sua casa Gino Cecchini. Nella medesimo luogo furono fermati anche Gino Quadrelli, Sebastiano Sacchetti ed Oberdan Trombetti. I quattro uomini erano ricercati perché sospettati di aver compiuto un sabotaggio antitedesco nel porto canale di Cesenatico. Dopo essere stati catturati il gruppo dei prigionieri venne condotto nelle carceri della Rocca Malatestiana e sottoposto ad interrogatori e torture. Tra i fermati di quegli stessi giorni vi fu anche Adamo Arcangeli. Il 22 agosto i repubblichini, grazie all'ennesima spiata, fecero un blitz in una casa della frazione di San Giorgio dove si stava tenendo una riunione della resistenza cesenate. In tale circostanza rimasero uccisi due uomini, uno dei quali era Ernesto Barbieri, presidente del CLN di Cesena. Una terza persona, Urbano Fusconi, riuscì temporaneamente a fuggire salvo poi essere catturato e condotto anch'egli alle carceri della Rocca Malatestiana. La notte tra il 3 ed il 4 settembre Arcangeli, Fusconi, i fratelli Gino ed Urbano Sintoni, Cecchini, Quadrelli, Sacchetti e Trombetti vennero legati ad una corda e condotti allo sferisterio antistante la Rocca Malatestiana. Qui furono fucilati da un plotone d'esecuzione della Brigata Nera. Adamo Arcangeli, classe 1920, di Cesenatico; Gino Cecchini, classe 1911, di Cesenatico; Urbano Fusconi, classe 1923, di Cesena; Gino Quadrelli, classe 1913, di Cesenatico; Sebastiano Sacchetti, classe 1912, di Cesenatico; Gino Sintoni, classe 1912, di Cesena; Urbano Sintoni, classe 1907, di Cesena; Oberdan Trombetti, classe 1909, di Bologna. Nell'ottobre successivo, a fronte dell'avanzata alleata, i nazifascisti abbandonarono in tutta fretta Cesena ritirandosi verso nord. I vertici del fascismo locale e la Brigata Nera "Capanni" si trasferirono così a Thiene, in provincia di Vicenza, dove continuarono la loro opera di repressione anti-partigiana. Pochi giorni dopo la Liberazione giunse a Thiene un gruppo di partigiani romagnoli che, una volta trovati nelle carceri locali alcuni membri della Brigata Nera cesenate, tra cui il capitano Garaffoni, li prelevò e li uccise per vendetta nei boschi circostanti. Il 4 gennaio 1947 la corte d'assise di Forlì, per lo specifico fatto della Rocca Malatestiana, assolse Agostino Belli e Urbano Briganti rispettivamente per non aver commesso il fatto e per insufficienza di prove. Il 10 gennaio 1947 la Corte d'Assise straordinaria di Forlì processò nove tra ex-fascisti e delatori accusati di aver partecipato ad alcuni eccidi avvenuti a Cesena e dintorni. Il tribunale condannò per l'eccidio della Rocca Malatestiana solamente Augusto Battistini, punito con la pena dell'ergastolo. La Cassazione annullò la sentenza e rinviò il dibattimento alla Corte d'assise di Perugia. Il tribunale umbro condannò Battistini a ventiquattro anni di reclusione, sedici dei quali condonati. Presso lo sferisterio di Cesena, teatro dell'eccidio, è stata scoperta una lapide a ricordo delle vittime. Presso il cimitero di Cesenatico un sacrario ricorda i partigiani morti nella guerra di Liberazione tra cui anche i Caduti dell'eccidio della Rocca Malatestiana. A Forlì le vittime, tranne il bolognese Trombetti, sono ricordate nel sacrario dei Caduti per la Libertà. A Cesenatico sono state intitolate strade ai fratelli Sintoni, a Quadrelli e ad Arcangeli. A Cesena una via è stata intitolata ai fratelli Sintoni.