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Invorio

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Invorio
Invorio

Invorio (Invô in piemontese) è un comune italiano di 4 310 abitanti della provincia di Novara in Piemonte, sorto nel 1928 dall'aggregazione del soppresso comune di Invorio Superiore a quello di Invorio Inferiore, che ha assunto l'attuale denominazione .

Estratto dall'articolo di Wikipedia Invorio (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

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Chiesa dei Santi Pietro e Paolo (Invorio)
Chiesa dei Santi Pietro e Paolo (Invorio)

La chiesa dei Santi Pietro e Paolo è la parrocchiale di Invorio, in provincia e diocesi di Novara; fa parte dell'unità pastorale del Vergante. L'originaria cappella invoriese sorse nel XIII secolo ed aveva l'abside rivolta a levante, come stabilito dalla regola approvata dal concilio di Nicea. Nel Seicento la chiesa venne ricostruita; nel 1675 fu aggiunta la cappella del Crocifisso e nel 1712 quella di Sant'Anna, in cui successivamente venne collocato il fronte battesimale. La parrocchiale fu interessata da un intervento di rifacimento condotto tra il 1870 e il 1872 su progetto di Giovanni Curioni, allorché si provvide a edificare le navate laterali. La facciata a della chiesa, rivolta a sudovest, è suddivisa da una cornice marcapiano in due registri; quello inferiore, caratterizzato da una portico e scandito da quattro paraste doriche, di cui le centrali sorreggenti un arco a tutto sesto, presenta il portale d'ingresso al centro e gli ingressi secondari nelle ali laterali, mentre quello superiore è tripartito da quattro lesene d'ordine ionico e coronato dal timpano triangolare, la cui cornice inferiore è dentellata. Annesso alla parrocchiale è il campanile in pietra a base quadrata, la cui cella presenta una monofora per lato ed è coronata dal tamburo sorreggente la bassa copertura. L'interno dell'edificio è composto da tre navate, separate da pilastri, abbelliti da lesene e sorreggenti archi a tutto sesto, sopra i quali corre la trabeazione su cui si imposta la volta; al termine dell'aula si sviluppa il presbiterio, rialzato di quattro scalini e chiuso dall'abside a tre lati. Qui sono conservate diverse opere di pregio, tra le quali l'altare laterale di San Vincenzo, costruito nel 1806, la raffigurazione del Sacro Cuore di Gesù, risalente al 1893, l'organo, costruito dagli Scolari nel 1875, e le quindici tavole in rame dei Misteri del Rosario. Diocesi di Novara Parrocchie della diocesi di Novara Invorio Regione ecclesiastica Piemonte Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa dei santi Pietro e Paolo Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo, su parrocchiemap.it. URL consultato il 21 ottobre 2021. Chiesa dei SS. Pietro e Paolo, su lagomaggiore.net. URL consultato il 21 ottobre 2021.

Castello di Invorio
Castello di Invorio

Il castello di Invorio domina da un'altura il borgo di Invorio Inferiore, nel comune omonimo della provincia di Novara, in Piemonte. La Torre viscontea è ciò che resta del castello medievale. Il complesso si trova in una proprietà privata recintata immersa in un vasto parco, visitabile solo con autorizzazione. Un tempo il complesso fortificato occupava un'area sopraelevata di circa 460 m2. Era caratterizzato da due torri ed era dotato di una doppia cinta muraria, a cui si addossavano vari corpi di fabbrica. Come riporta Carlo Nigra, che indagò il sito nella prima metà del Novecento, del castello primitivo si conserva la torre quadrata, alta oltre 16 metri e divisa internamente in tre piani oltre a quello della merlatura, quest'ultima più recente del resto della struttura e a merli ghibellini. La porta originale della torre, architravata con arco di scarico cieco, si apre a circa 5 metri d'altezza, e nel timpano presenta una targa di marmo, incastrata nel XIV secolo, sulla quale è scolpito lo stemma dei Visconti con il biscione che ingoia l'infante, contornato dai caratteristici trilobi. Attorno alla torre restano tracce delle mura che probabilmente costituivano il suo recinto primitivo. Intorno al secolo XIV, alle mura fu addossato a levante un fabbricato che fu in seguito coronato di merli (allo stesso modo della torre). Probabilmente intorno allo stesso periodo venne costruita una seconda cinta muraria molto più ampia della prima a protezione di tutta l'altura su cui sorgeva il castello. Di questa cinta esiste ancora un buon tratto di muro verso nord, assieme a qualche resto delle costruzioni che vi erano addossate, una delle quali doveva probabilmente costituire la cisterna del castello. All'angolo di sud ovest di questo secondo recinto si trovava la porta d'ingresso, modificata in tempi più recenti nella sua parte superiore: tale porta dava accesso ad una strada che saliva al castello costeggiando le mura. Parte delle mura di cinta del XIV secolo vennero sostituiti da muri moderni, a sostegno delle terrazze del giardino. Il primo proprietario noto fu Gotefredo di Invorio Inferiore, vassallo del vescovo di Novara Aupaldo alla fine del X secolo, appartenente alla schiera di boni homines (magistrati, amministratori pubblici) che costituivano l'entourage del presule novarese. La proprietà fu in seguito venduta al religioso Giovanni, figlio di Ildeprando, di Invorio Superiore, assieme ad altre possessioni sul monte Barro e nel territorio di Invorio. I possedimenti di Giovanni furono ereditati da sei homines suoi consanguinei e concittadini, i quali il 29 giugno 1039 a loro volta li donarono alla canonica di San Giulio di Orta. La pergamena della donazione è il primo documento in cui viene esplicitamente menzionato il castrum di Invorio. Prima del 1140 la fortificazione passò sotto il controllo dei conti di Biandrate, nello specifico di Guido III di Biandrate, confermato da diplomi imperiali fino al 1209, compresi i suoi eredi. L'11 agosto 1211 i quattro nipoti di Guido (Gozio e Ottone III, figli di Uberto IV, Corrado e Guido V, figli di Ranieri) giurarono reciprocamente che non avrebbero ceduto alcuna loro fortezza, inclusa quella di Invorio Inferiore. Da tale giuramento si deduce l'enorme rilevanza strategica del castello: posto a metà strada tra Arona e Gozzano, sul limite inferiore del Vergante, era un'ottimo baluardo contro la penetrazione dei Novaresi nelle terre del medio lago Maggiore. Entrato poi in possesso del Libero comune novarese, quando la città venne annessa dai Visconti, divenne di loro proprietà. Nel castello nacque Matteo I Visconti. Caduto in rovina, già a inizio Novecento del complesso non rimaneva che la torre in cui, secondo la tradizione, venne imprigionata Margherita Pusterla, e pochi altri resti. Nel 2020 si conserva ancora la torre restaurata. Tra le rovine del castello spiccava la decorazione dell'ampia loggia posta al piano superiore. La decorazione consisteva di un fregio, disposto lungo la parete interna e alto circa un metro, in cui figure di sirene, centauri e mostri favolosi incorniciavano sei ritratti a medaglione dei più noti duchi Visconti e Sforza. I medaglioni, eseguiti con la tecnica dell'affresco, riprendevano lo stile potente della pittura lombarda del Quattrocento. Nei secoli furono eseguite molte modifiche al fabbricato e gli ultimi proprietari lo adibirono ad uso agricolo, con la loggia deputata a fienile. Come conseguenza, parte della decorazione del fregio fu distrutta o guastata, tuttavia i medaglioni non subirono né manomissioni né danni di rilievo. Nel 1909 lo studioso Antonio Massara vi dedicò un articolo sulla rivista Rassegna d'arte. Nel 1914 lo stesso Massara, divenuto nel frattempo direttore del Museo del paesaggio di Pallanza, prese a cuore la sorte degli affreschi e avvertì il Ministero della Pubblica Istruzione della precaria situazione, affinché l'opera fosse salvata dalla sicura rovina. La segnalazione giunse all'orecchio del mecenate locale Marco De Marchi, il quale, col concorso del Ministero, acquistò il fregio e lo donò al museo di Pallanza. Mediante il Soprintendente ai Monumenti del Piemonte giunse l'autorizzazione al trasporto dell'opera, poterono dunque iniziare le difficili operazioni di distacco dalle pareti. Gli affreschi furono trasferiti su tela, sostenuti da appositi telai predisposti dal rinomato restauratore Francesco Annoni, trovando la definitiva collocazione nel salone d'onore del Museo del paesaggio nella primavera del 1919. I medaglioni del fregio Il fregio nella collocazione originale Carlo Nigra, Il castello di Invorio Inferiore (PDF), in Torri, castelli e case forti del Piemonte dal 1000 al secolo XVI, vol. 1: Il Novarese, Novara, E. Cattaneo, 1937, pp. 55-57. Ospitato su Deposito digitale Biblioteche di ateneo Politecnico di Torino. Giancarlo Andenna, Castelli di Invorio Inferiore, di Invorio Superiore, di Oleggio Castello e di Paruzzaro, in Da Novara tutto intorno, Andar per castelli, Novara, Milvia, 1982, pp. 389-391. Ospitato su Calameo. Antonio Massara, Il fregio dei duchi nel castello Visconti d'Invorio Inferiore, in Rassegna d'arte, n. 3, Milano, Alfieri & Lacroix, marzo 1909, pp. 51-54. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Torre viscontea Sito ufficiale, su comune.invorio.no.it.

Chiesa di San Marcello (Paruzzaro)
Chiesa di San Marcello (Paruzzaro)

La chiesa di San Marcello risalente alla fine del X o all'inizio dell'XI secolo, fu parrocchiale di Paruzzaro sino all'edificazione, negli anni 1591-1595 della nuova chiesa intitolata a San Siro divenendo in seguito chiesa cimiteriale. L'interesse artistico dell'edificio è legato al bel campanile romanico e al vasto ciclo di affreschi risalenti al XV e XVI secolo, che ricopre quasi interamente le pareti interne L'edificio presenta una struttura romanica, con la facciata a capanna, una navata unica che termina con l'abside semicircolare, costruita interamente con conci di pietra. Sul fianco nord della chiesa s'innalza un alto ed elegante campanile la cui superficie è suddivisa in specchiature da cornici di archetti pensili, secondo il tipico stile romanico di scuola comasca. Il primo documento attestante l'esistenza della chiesa - reperito nel capitolo di Gozzano - risale al 10 ottobre del 1034: esso notifica una donazione eseguita da due coniugi in favore della chiesa di San Marcello di Paruzzaro Nei secoli la chiesa ha conosciuto numerosi rifacimenti che, tuttavia, non hanno modificato troppo la sua fisionomia. Intatta è rimasta la struttura del campanile costruito verosimilmente tra il 1050 e il 1075, con murature nelle quali non si trovano ciottoli o materiale di recupero, ma solo pietra spaccata, messa in opera secondo corsi orizzontali. L'alta costruzione è suddivisa in più piani dalle arcate cieche e dalle aperture che alleggeriscono l'edificio. Le finestre che si aprono sulle pareti sono di grandezza crescente: si parte dalle feritoie dei piani inferiori, per passare poi alle bifore di diversa grandezza degli ultimi due piani. Anche l'abside semicircolare ha mantenuto intatta l'originale fisionomia romanica, con la sua superficie esterna decorata da archetti pensili e lesene, e con le tre finestre a feritoia dalla strombatura molto profonda. L'apparato di pitture a fresco che ornano, all'interno della chiesa, le pareti della navata e dell'abside fu realizzato nel corso del XV secolo sino ai primi decenni del secolo successivo. Numerose sono le notizie storiche sulla chiesa che derivano dalle visite pastorali del vescovo di Novara. Nella sua visita del 1595 il vescovo Bescapè – sempre attento al decoro delle chiese della sua diocesi - ordinò di sostituire il vecchio soffitto fatto di tegole a vista con una copertura a cassettoni: l'opera, tuttora visibile, fu realizzata nel 1608 ad opera della bottega di "Mastro Marcello Merino" di Paruzzaro. Con la visita di mons. Taverna nel 1618 viene ricordata l'indulgenza concessa dal papa nel 1524, e riportata sopra l'immagine di san Marcello raffigurata su uno dei pilastri dell'arco trionfale. La chiesa ha subito innumerevoli furti nel corso degli anni, con danni agli affreschi e in generale alla struttura dell'edificio. Nel 2021 diversi errori nel rifacimento del tetto della sagrestia hanno causato alcune infiltrazioni d'acqua nella chiesa, con gravi danneggiamenti degli affreschi della parete est. La chiesa contiene al suo interno uno straordinario complesso di affreschi che documentano bene l'operato di botteghe attive nel vercellese e nel novarese tra il XV e il XV secolo. Recenti restauri hanno restituito agli affreschi una sufficiente leggibilità dei soggetti, dei colori e delle tecniche utilizzate. Alcuni frammenti pittorici rinvenuti durante i restauri, posti nella parte bassa della parete sud vicino alla Crocifissione e alle immagini limitrofe di santi, testimoniano l'esistenza di affreschi trecenteschi ricoperti dalle pitture più tarde. Gli affreschi più antichi che si sono conservati sono quelli che ricoprono interamente la parte superiore della parete sud: si tratta di una grande raffigurazione delle Scene della Passione da leggere da sinistra verso destra percorrendo l'intera navata, come un grande libro fatto di immagini che si offre - anche per la grande massa degli illetterati a quel tempo presente tra i fedeli - alla meditazione sul racconto evangelico. L'evidente intenzione pedagogica del ciclo è da riferirsi verosimilmente alla predicazione francescana incentrata sull'"Imitatio Christi". Gli affreschi sono databili tra il 1450 e il 1470, il loro autore è stato identificato con il cosiddetto "Maestro della Passione di Postua", il cui nome convenzionale è legato ai dipinti presenti nella chiesa di San Sebastiano a Postua (provincia di Vercelli), nonché a quelli dell'ex oratorio di San Quirico a Sostegno (ora staccati e ricoverati al Museo Borgogna) Il linguaggio pittorico del "Maestro della Passione di Postua" è caratterizzato da modi gotici, espressi in forma ingenua e popolare. Di grande interesse storico, sulla parete nord della navata, è il dipinto che raffigura una Madonna del latte, seduta in trono con a fianco San Grato e San Rocco: si tratta infatti di un'opera datata (1488) e firmata dal pittore Giovanni Antonio Merli, uno degli esponenti più importanti all'altezza degli ultimi decenni del Quattrocento in terra novarese. Si tratta di un artista nel quale si avverte l'attenzione per le novità artistiche del Rinascimento lombardo. L'affresco costituisce verosimilmente un "ex voto" della gente del paese come ringraziamento per lo scampato pericolo della peste degli anni precedenti (come attesta la presenza della figura di San Rocco). Gli affreschi eseguiti come decorazione dell'arco trionfale e dell'abside, nonché quelli presenti nella fascia inferiore della parete sud sono opera di una delle più impostanti botteghe novaresi attive all'inizio del XVI secolo, quella dei fratelli Cagnola. L'elevata qualità artistica riscontrabile in molte parti di tali dipinti, hanno convinto la critica a ritenerle opera di Sperindio Cagnola, il più dotato dei fratelli, che poté valersi di un importante alunnato presso Gaudenzio Ferrari. Si ritiene che gli affreschi siano stati eseguiti tra il 1514 e il 1524, dunque proprio all'altezza degli anni di apprendistato presso Gaudenzio Ferrari. Di grande effetto visivo, per cogliere subito l'attenzione di chi entrava in chiesa, sono gli affreschi dell'abside, con la figura di Cristo pantocratore posta al centro del catino e circondata dal Tetramorfo, vale a dire dai simboli dei quattro evangelisti. Nella raffigurazione un po' ieratica degli Apostoli, ciascuno recante un cartiglio con un verso del Credo, si avverte un qualche sforzo di connotazione psicologica dei soggetti. Nello zoccolo alla base del tamburo absidale sono raffigurate le Opere di misericordia, in conformità ad un'opzione iconografica molto diffusa nel territorio novarese. In tali scene il pittore riesce a tradurre il precetto morale del soccorso alle persone più umili in scene improntate ad un naturalismo nordicizzante, nel quale si intravede la lezione gaudenziana. Nel ciclo di affreschi qui realizzato, Sperindio esprime la sua migliore qualità artistica nella rappresentazione escatologica del Giudizio Universale, rappresentazione che occupa un ampio spazio della parete sud. Si tratta di una composizione complessa, che dovette essere a lungo discussa con il committente, ricca di insolite suggestioni iconografiche. Vi si osserva la figura Dio Padre che reca in una mano la spada della Giustizia e con l'altra regge una fiaccola accesa che rivolge in basso ad alimentare le fiamme eterne dell'Inferno. Alla sua destra è posta la Madonna (inconsuetamente rappresentata con i seni scoperti) e dietro di lei una fitta schiera di sante e santi (vi si riconoscono Santa Caterina d'Alessandria con la ruota, San Pietro martire, Sant'Orsola, San Francesco d'Assisi, e altri); in fondo alla schiera è posta la figura di San Pietro (simbolo della Chiesa) che aiuta le anime salvate a salire in Paradiso. Alla sinistra del Padre, inginocchiate e rivolte verso di lui, sono raffigurate le figure di Gesù e di San Giovanni Battista contornate da angeli che recano i simboli della Passione. Al di sotto del regno dei beati, sulla destra, si osserva, l'Arcangelo Gabriele che pesa le anime e che ne decreta il destino con l'aiuto di un Angelo accompagnatore. Alla sinistra i dannati che vengono introdotti, da un altro angelo vestito con corazza, nella mostruosa Porta dell'Inferno nella cui raffigurazione si fondano tra loro inquietanti figure di animali. Tra le fiamme eterne, alimentate dalla fiaccola del Padre, si osservano le Anime dannate tormentate dai diavoli. R. Cavallino, D. Godio (a cura di), Quaderni de "i sentieri del passato", Edizioni provincia di Novara, 2003, pp. 43-48 (il testo è disponibile in rete) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Marcello Quaderni dei "i sentieri del passato", pp. 43-48 Pagine sulla chiesa accessibili dal sito ufficiale del Comune di Paruzzaro [3]; [4]; [5]

Paruzzaro
Paruzzaro

Paruzzaro (Parscé in piemontese) è un comune italiano di 2 153 abitanti della provincia di Novara in Piemonte. Paruzzaro è un comune collinare del Piemonte orientale che si trova a circa 334 m s.l.m. al confine con Invorio tra il Lago d’Orta e il Lago Maggiore- comune considerato "Porta" del Vergante - e il vicino basso Novarese. L'etimologia del toponimo è assai discussa. Alcuni studiosi accostano Paruzzaro a “paluciarius”, cioè "palizzata" con riferimento a una probabile origine palafitticola. Altri, invece, rimandano alla voce piemontese “parussina”, nel significato di ‘cinciallegra', dando al toponimo il valore di "luogo ricco di cinciallegre". Dei primi abitanti di quest'area non sono state recuperate tracce certe, anche se alcuni ritrovamenti evidenziano la presenza preromana e romana. Paruzzaro viene citato per la prima volta in un documento del 1034 d.C., dove viene definito "loco Olegio qui dicitur Paruciaro". Invece, in altri documenti, ha più volte assunto l'appellativo di "longobardorum", vista la stretta relazione coi Longobardi. In seguito, una volta passato dai Longobardi ai Franchi, Paruzzaro rientra nel "Comitato di Pombia". È documentata in quel periodo la presenza di un castello. Nel Medioevo passò dalla famiglia Da Castello, prima, e ai Conti di Biandrate, poi. Dalla fine del 1200 fino al 1700, Parruzzaro diventa - insieme a Invorio Maggiore e Superiore, Oleggio Castello, Montrigiasco e Massino Visconti - isola Viscontea e realtà inserita del feudo d'Invorio Maggiore e nella Corte di Massino Visconti. Nel 1928 a Paruzzaro sono stati aggregati, come frazioni, gli abitati di Montrigiasco e Oleggio Castello. Tuttavia, nel 1948, Oleggio Castello torna ad essere comune autonomo mentre Montrigiasco nel 1960 diventa frazione di Arona. A differenza del passato, oggi l'agricoltura è praticata da pochi abitanti. Numerose, invece, sono le aziende operanti nei comparti alimentare, chimico, tessile, delle confezioni, delle calzature, del legno, della carta, della lavorazione di articoli in gomma e in plastica. A Paruzzaro in comune con Oleggio Castello fino al 2007 c'era la sede della Mattel giocattoli, filiale italiana. Chiesa parrocchiale di San Siro Chiesa di San Marcello, chiesa romanica contenente un importante ciclo di affreschi del XV e XVI secolo Le due porte (XIII secolo) di Borgo Agnello, borgo franco che non riuscì ad attrarre abitanti: sorgono a Nord e a Sud della strada Borgomanero-Arona. Parchetto Abitanti censiti Il comune di Paruzzaro comprende le frazioni di Borgo Agnello, già parte del comune di Gattico fino al 1878, San Grato e Sant'Eufemia. Durante il fascismo gli erano stati aggregati due comuni, ovvero Oleggio Castello, che ne fu frazione dal 1928 al 1948, anno in cui riacquistò l'autonomia, e Montrigiasco, dal 1960 frazione di Arona. Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune. Nel territorio comunale è presente l'azienda OMS Group, tra i maggiori produttori al mondo di macchine per l'imballaggio di fine linea. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Paruzzaro Sito ufficiale, su comune.paruzzaro.no.it. Paruzzaro, su sapere.it, De Agostini.

Chiesa di San Martino (Bolzano Novarese)
Chiesa di San Martino (Bolzano Novarese)

L'antica chiesa di San Martino di Engravo (o Engrevo) a Bolzano Novarese risale almeno al XII secolo; essa mantiene oggi funzione di chiesa cimiteriale. L'interesse artistico della chiesa è legato al vasto ciclo di affreschi interni risalenti al XV e XVI secolo. La bellissima chiesina è attualmente raggiungibile solo a piedi o in automobile per via delle strade strette e tortuose vietate a mezzi più grandi. La costruzione della chiesa risale almeno all'XI secolo: la sua presenza risulta infatti già documentata nel 1180. La denominazione fa riferimento all'antico abitato di Engravo (o Engrevo), nome che compare nei documenti che vanno dal X al XII secolo; l'abitato fu abbandonato (forse in seguito ad eventi bellici), quando la popolazione si spostò più in basso, nella località in cui ora si erge il paese di Bolzano Novarese. L'edificio religioso fu un tempo chiesa parrocchiale del paese: ora mantiene solamente la funzione di chiesa cimiteriale. La struttura della chiesa è molto semplice, tipica dell'architettura romanica nei borghi di campagna. Si tratta di un edificio ad aula unica, con facciata a capanna e con un'abside decorata da lesene e da archetti pensili. Il tetto è composto da travi in legno a vista, disposti secondo la pendenza delle falde; la copertura è in piode (lastre sottili di pietra). Il piccolo porticato sulla facciata rappresenta una aggiunta del XVII secolo che, assieme alla scalinata di accesso dal cimitero, ne ha un poco modificato la fisionomia originaria. Sulla facciata, in parte compromessi dall'usura del tempo, troviamo una grande immagine di San Cristoforo, protettore dei viandanti, ed un affresco datato 1507 e firmato da Francesco Cagnola con l'immagine di San Martino, protettore dei poveri, al quale la chiesa è dedicata. Gli affreschi che ornano le pareti della navata e dell'abside, realizzati in un arco temporale compreso tra il 1403 e il 1507, costituiscono una interessante testimonianza delle forme della devozione popolare all'altezza di quegli anni. Oltre a quelle familiari della Madonna col Bambino e del Cristo crocifisso, le immagini che il fedele - anche illetterato - imparava subito a riconoscere erano quelle dei santi localmente più venerati a protezione contro le precarie condizioni che potevano affliggere la propria esistenza. Sulle pareti della navata troviamo, tra le immagini più antiche (1403), un Sant'Orso di Aosta, protettore dalle calamità naturali ed i dolori articolari. Ugualmente antica è una Madonna del latte in trono, ingenuamente raffigurata, secondo un linguaggio che appare pre-gotico. Sulla parete destra gli affreschi datati 1422 offrono ai fedeli, assieme ad una Crocifissione, le immagini, alquanto ieratiche, di tre santi vescovi ai quali rivolgersi nelle per affrontare le disgrazie della vita; ma tra di essi vi è anche un santo bambino, San Quirico, che le agiografie dei santi celebrano, assieme alla madre Giulitta, come martire trucidato durante la persecuzione di Diocleziano. Un'altra immagine che doveva essere molto venerata, a giudicare dalla sua diffusione nel Piemonte orientale, è quella della Santa Liberata, rappresentata con due infanti in braccio ed invocata a protezione dei neonati e delle partorienti. Gli affreschi più tardi della chiesa costituiscono una delle numerose importanti testimonianze della produzione artistica di Tommaso Cagnola e della sua bottega in area novarese. Quelli che denotano una maggior finezza esecutiva sono quelli firmati dallo stesso Tommaso, vale a dire un San Martino ed il Povero che, nella eleganza del santo e nella soavità del suo volto, denotano interamente il gusto per la pittura tardogotica, ed un bellissimo Compianto che echeggia con evidenza le influenze della pittura nordica. Senza escludere anche, per talune parti, interventi diretti di Tommaso, la critica assegna al più fecondo dei suoi figli, Francesco Cagnola altre immagini presenti sulle pareti della navata: una suggestiva Crocifissione con il corpo di Cristo piagato da mille ferite, posta tra le vecchie immagini di Sant'Orso e della Madonna; un Martirio della Beata Panacea; una Santissima Trinità rappresentata secondo l'iconografia del Trono della Grazia; una Madonna col Bambino. Sempre a Francesco è attribuito l'intero apparato decorativo dell'abside, con la Annunciazione sull'arco trionfale, il Cristo Pantocratore e la teoria degli Apostoli. Iconograficamente interessante è la rappresentazione della scena del Martirio della Beata Panacea, una pastorella valsesiana uccisa per mano della matrigna, divenuta presto in queste terre oggetto di grande devozione popolare. Vi si osserva la scena dell'omicidio commesso dalla matrigna con il proprio fuso; c'è un diavoletto nero, in alto nell'angolo destro, che ispira la matrigna. In mezzo alla scena è posto uno degli elementi base del racconto agiografico: la legna che la matrigna obbligava Panacea a raccogliere si incendia miracolosamente, richiamando l'attenzione della intera valle.. Tommaso Cagnola Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Martino Chiesa di San Martino, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Chiesa di San Siro (Paruzzaro)
Chiesa di San Siro (Paruzzaro)

La chiesa di San Siro, detta anche chiesa dei Santi Marcello e Siro, è la parrocchiale di Paruzzaro, in provincia e diocesi di Novara; fa parte dell'unità pastorale di Arona. L'originaria cappella di San Siro, sorta nel XII secolo, era filiale della pieve di San Giuliano di Gozzano. Tra il 1591 e il 1595 la chiesa venne interessata da un intervento di rifacimento, voluto dal vescovo Cesare Speciano; la consacrazione fu poi impartita dal vescovo Carlo Bascapè in quello stesso 1595. Nel 1874 la volta dell'edificio fu rialzata e decorata, mentre poi nel 1934 si provvide ad abbellire la facciata con quattro statue. La facciata a salienti della chiesa, rivolta a nordovest, è suddivisa da una cornice marcapiano in due registri, entrambi scanditi da lesene: in quello inferiore, preceduto dal protiro sorretto da colonnine tuscaniche, si aprono il portale d'ingresso e quattro nicchie ospitanti le statue dei Santi Siro Vescovo, Francesco d'Assisi, Giuseppe e Marcello Papa, mentre quello superiore è coronato dal timpano triangolare. Annesso alla parrocchiale è il campanile in pietra a base quadrata, risalente alla seconda metà del XII secolo; la cella presenta su ogni lato una bifora ed è coronata da una merlatura. L'interno dell'edificio si compone di tre navate, divise da colonne; qui sono conservate diverse opere di pregio, tra le quali l'organo, costruito dalla ditta Franzetti nel 1852, l'altare minore di Sant'Antonio da Padova, costruito nel 1696 ed impreziosito da una statua settecentesca, le due tele ritraenti rispettivamente il Giudizio universale e il Miracolo della mula di Bonvillo, dipinte nel 1648, l'altare maggiore, risalente al 1793, e gli affreschi raffiguranti Cristo Risorto e i Santi Rocco, Antonio Abate, Grato, Marcello Papa, Agata, Giovanni Battista e Lucia. Paruzzaro Diocesi di Novara Parrocchie della diocesi di Novara Regione ecclesiastica Piemonte Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Siro Parrocchia dei SS. MARCELLO E SIRO, su parrocchiemap.it. URL consultato l'8 febbraio 2022.

Montrigiasco
Montrigiasco

Montrigiasco è una frazione di Arona, un tempo comune autonomo. Nel paese si trovano la Chiesa di San Giusto di epoca romanica, ripetutamente rimaneggiata, con un portico risalente al 1770 e l'oratorio di San Rocco, affrescato con dipinti del Cinquecento. Il piccolo centro abitato si trova all’altitudine di 424m s.l.m. a 4,20 km dal nucleo abitato di Arona, a 0,98 km dalla frazione di Mercurago e a 2,30 km dalla frazione di Dagnente. La frazione è servita dalla strada provinciale che la collega con Dagnente e Arona, e da un servizio autobus gestito da Autoguidovie. In passato si chiamava Monte Olegiasco o Monte Oleggiasco. Oleggiasco è un toponimo di origine longobarda, mentre la parola Monte si riferisce al fatto che è situato sopra un monte sovrastante Oleggio Castello, del cui territorio faceva parte durante la dominazione dei Visconti. Fino al 1928 Montrigiasco fu un comune autonomo; in quell'anno fu integrato al comune di Paruzzaro, situazione che rimase immutata fino al 1960, anno in cui divenne frazione di Arona, in provincia di Novara. Il 16 marzo 1945 fu teatro della cosiddetta Strage di Montrigiasco. Nella parte più esterna a nord ovest della frazione sorge una piccola chiesetta costruita nel 1650 e ristrutturata negli anni 1950 a causa dei danneggiamenti riportati dalla seconda guerra mondiale. Gli edifici storici di Montrigiasco sono: La chiesetta in via Madonna delle crocette di epoca secentesca. La chiesa di San Giusto che si sviluppa a sud della città, costruita in epoca romanica; è il principale punto di riferimento dì Montrigiasco. Il cimitero, che si trova in prossimità della chiesa di San Giusto. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Montrigiasco Scheda sul sito ufficiale del comune , su comune.arona.no.it. Informazioni varie , su click-arona.com.

Colazza
Colazza

Colazza (Colassa in piemontese, Colazza in lombardo, pronuncia locale [ku'latsa]) è un comune italiano di 529 abitanti della provincia di Novara in Piemonte. Il territorio di questo piccolo paese piemontese del Vergante a cavallo tra il Lago Maggiore e il Lago D'Orta è situato ad un'altitudine compresa tra i 545 e gli 850 m s.l.m. su un piano circondato a nord da colline ricche di boschi ed affacciato alla vista panoramica di parte del Lago Maggiore, del lago di Varese di quello di Comabbio e di Monate. Lo circondano alcuni piccoli rilievi, il Motto Tessera (758 m s.l.m.), il Cassinario (712 m s.l.m.), il Motto La Guardia (830 m s.l.m.) e il Motto dell'Arbujera (683 m s.l.m.) circondati da declivi ricoperti di boschi e pascoli e traversati dalle acqua del rio Tiaschella che verso il territorio del confinante comune di Invorio si immette nel torrente Terzago. All'interno del nome del paese è presente una radice di tipo romano: "col", infatti, dovrebbe far riferimento alle numerose colline oppure, anche, al "colare" delle molteplici sorgenti d'acqua presenti nell'area. Un'altra interpretazione vuole che il nome origini da collis acquae, sempre con riferimento all'abbondanza di acqua presente nella zona. L'etimo più suggestivo, ritrovabile anche nello stemma comunale, fa risalire il nome a "coll'azza" arma con la quale nel 960 un giovane guerriero difese la sua giovane sposa da un signorotto al soldo di Berengario II che esigeva lo jus primae noctis. La coppia fuggì sull'altopiano di Colazza, ben presto si unirono altre persone dando vita al primo nucleo abitato. Come quella del resto del Vergante la storia di Colazza è strettamente connessa a quella di Arona, situata sulla cosiddetta "Via delle Genti" che collegava il basso Verbano con l'attuale Svizzera. La presenza romana è attestata dal ritrovamento, soprattutto sul territorio della vicina Nebbiuno di numerosi manufatti alcuni dei quali custoditi presso il Museo Archeologico di Arona. Le vicende storiche del territorio iniziano alla fine del primo millennio quando il neo-incoronato Imperatore del Sacro Romano Impero Ottone I decide di porre fine alla tracotanza di Berengario d'Ivrea e dirige le sue truppe verso il Novarese. Nell'estate del 962 transitarono da Colazza le milizie imperiali che si dirigevano ad Orta per assediare il castello di Orta e sconfiggere la regina Willa III d'Arles, moglie di Berengario. Nei secoli seguenti, anche i momenti storici di Colazza, come quelli di tutti i paesi del Vergante, seguirono dapprima le vicende degli arcivescovi di Milano, Conti dell'Impero, ai quali i territori erano stato assoggettati, nei secoli successivi il territorio fu conteso fra vari feudatari fino a quando prevalse la signoria dei Visconti che vi edificò un piccolo castello del quale rimangono tracce in alcuni edifici e nella toponomastica. La signoria dei Visconti durò fino al 1441 quando il territorio venne ceduto a Vitaliano Borromeo. Colazza venne assegnata alla podesteria di Lesa e del Vergante. In questi anni e nei secoli successivi, i colazzesi basarono la loro economia sulla pastorizia e sul commercio di animali e merci con i paesi limitrofi. Fino alla metà del novecento l'attività principale era lo sfruttamento dei boschi per la produzione di carbone di legna. In passato Colazza era nota per la lavorazione del legno ed in particolare per la produzione di ceppi da macellaio prodotti in frassino e robinia destinati anche all'esportazione. Nel 1814, dopo le vicende napoleoniche, Colazza divenne possedimento dei Savoia. Il 7 maggio del 1861 il paese venne devastato da un incendio. Dal 1928 al 1954 fu parte del comune di Pisano. Con lo scoppiare della seconda guerra mondiale anche Colazza, come altre realtà del Vergante, fu teatro di imprese partigiane e venne attraversata da truppe militari. Lo stemma è stato concesso con decreto del presidente della Repubblica del 23 maggio 1956. Questa chiesa si trova in una piazzetta nel centro di Colazza ed è intitolata a San Bernardo d'Aosta, patrono dei montanari e presumibilmente risale al 1314. Il santo è raffigurato in cammino sulle Alpi su una lunetta nel portico esterno ed in quadro all'interno insieme alla Madonna con bambino. Nel corso del XVII secolo subì notevoli cambiamenti e agli inizi del novecento, ormai in stato di abbandono, fu restaurata e riaperta. Attualmente è possibile visitarla anche all'interno. Caratteristico il campanile a guglia ricoperto da "piode" (tegole di pietre). La chiesa parrocchiale venne costruita in due fasi, la prima verso la fine del XVII secolo, la seconda nel XIX secolo, al suo interno è presente un affresco di rilievo storico riconducibile alla scuola di Gaudenzio Ferrari di cui riprende il modello morbido e la preziosità cromatica. Questo affresco fu probabilmente trasferito da un'antica edicola votiva che si trova sul bivio tra Armeno e Ameno. All'interno della chiesa è presente un organo che è stato restaurato per organizzare periodicamente dei concerti. Il territorio di Colazza, come quello degli altri comuni del Vergante è caratterizzato dalla presenza di numerose cappelle devozionali, a Colazza se ne trovano circa una dozzina, alcune restaurate e recuperate. Cappella di San Bernardo: un mosaico sostituisce l'affresco originario rovinato dall'umidità della sottostante fontana, rappresenta San Bernardo ed è situata nella piazza omonima Cappella della Madonna della Guardia, risale alla fine del XVIII secolo, in origine dotata di tetto in beola sostituito durante un risanamento da un tetto in legno Cappella di Via Umberto 1º verso via per Tapigliano: collocabile al XVI secolo è probabilmente la più antica del territorio comunale, dall'architettura semplice sono rappresentati Cristo crocifisso con ai piedi la Madonna e Maria Maddalena Affresco Sacra Famiglia in via per Tapigliano: risalente alla fine del Settecento e in buono stato di conservazione Cappella del Cristo sulla Croce in via Zanetta: risale alla metà dell'Ottocento Cappella della Crocifissione in via Regina Margherita: edificata nella metà del XVII secolo e collocata in un'elegante architettura di granito rosa di Baveno Cappella della Madonna del Carmine in via Umberto 1º: il cornicione del timpano ne attesta la costruzione nel giugno del 1884 Cappella della Madonna: accanto a Casa Mazzola, protetta da una grata e risalente al 1849 Cappella di via del Cimitero: oltre ad una raffigurazione di Cristo da giovane che abbraccia la croce sono raffigurati Santa Lucia e San Rocco. Come per altre paesi del Vergante, i manufatti più antichi di Colazza sono riferibili al periodo romano; tra questi una moneta con il volto di Julia Mammea (235 d.C.). A Colazza è presente un palazzetto dello sport, prima chiamato "Il Palazzetto e Poi..." e ora, con la nuova gestione, "Green Village", dove si può trovare nella stagione invernale il pattinaggio su ghiaccio mentre nelle stagioni più calde il pattinaggio a rotelle, arrampicata indoor, pesca sportiva e beach volley. Abitanti censiti Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune. Il comune faceva parte della Comunità montana Due Laghi, Cusio Mottarone e Val Strona. Gino Rotondi, Ville e paesi tra le terre del Verbano, Cusio e Ossola, Torino, Pietro Gribaudi Editore, 1975. Comuni della provincia di Novara, Consiglio Regionale del Piemonte, p. 71. Lucia Ubertalle e Luisa Marchesi, Colazza perla del Vergante, Torino, 1996. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Colazza Wikivoyage contiene informazioni turistiche su Colazza Sito ufficiale, su comune.colazza.no.it.

Chiesa dell'Immacolata (Colazza)
Chiesa dell'Immacolata (Colazza)

La chiesa parrocchiale dell'Immacolata è il più importante luogo di culto a Colazza. La chiesa sorge in posizione panoramica e sopraelevata rispetto al centro storico. La chiesa venne costruita in due fasi, la prima verso la fine del XVII secolo, la seconda nel XIX secolo. La parrocchia fu dedicata fin dal suo sorgere alla Beata Vergine Immacolata, ma solamente parecchi anni dopo l'inaugurazione, la statua che ora è tanto venerata e festeggiata l'8 dicembre, vi fece la sua solenne entrata. Il contratto per la realizzazione dell'organo risale al 1835, poco dopo la fine dei lavori di ampliamento della chiesa. Il progetto prevedeva un'altezza di otto piedi reali e 58 tasti, 19 pedali. Previsti 12 registri di ripieno, 5 registri di lingua e 10 registri di altre tipologie per un costo totale di L. 3.500. Nel 1974 il sacerdote Don Pier Luigi Ragazzoni incaricò la Ditta Marzi di San Maurizio d'Opaglio di effettuare lavori di rimodernamento. Dal 1833 al 1836 dopo due ampliamenti della chiesa, si costruì un altare centrale in marmo nero e due laterali in marmo intarsiato di diversi colori e solamente nel 1973 furono sistemate tre campane di bronzo all'interno del campanile. La chiesa ha uno stile barocco ed è divisa in tre navate sono presenti dipinti del maestro Gadda. Nel coro un bell'affresco raffigurate la Beata Vergine Maria, San Grato e il Bambino, attribuito alla scuola di Gaudenzio Ferrari, di cui riprende il morbido modellato e le preziostà cromatiche. Il campanile termina con una cupola ricoperta prima di rame, poi di zinco. Nel 1973 vi furono sistemate tre campane di bronzo: il campanone porta la scritta "Regina sine labe originali concepta, ora pro nobis". Sulla campanella: "A fulgure et tempestate, libera nos Domine". Sul campanino: "S. Bernardo, ora pro nobis". Presenta due nicchie con affreschi. Dal sagrato si può godere di una delle viste più ampie di tutto il Vergante sul lago Maggiore e sulla pianura. Sono presenti due ossari con degli affreschi raffiguranti Gesù in croce. Gino Rotondi, Ville e paesi tra le terre del Verbano, Cusio e Ossola, Torino, Pietro Gribaudi Editore, 1975. Comuni della provincia di Novara, Consiglio Regionale del Piemonte, p. 71. Lucia Ubertalle e Luisa Marchesi, Colazza perla del Vergante, Torino, 1996. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa dell'Immacolata Chiesa Parrocchiale della Beata Vergine Immacolata (Sec. XVII), su comune.colazza.no.it.

Oleggio Castello
Oleggio Castello

Oleggio Castello (Olesc Castel [u'lɛʃ] in piemontese) è un comune italiano di 2 201 abitanti della provincia di Novara in Piemonte. Il paese si fonda topograficamente in un incrocio di alcune provinciali provenienti dai paesi vicini con la Strada statale 142 Biellese, del quale risulta diviso in due; per inciso la suddetta Regionale segna l'esatto punto di inizio del Vergante (assimilabile alle prealpi) dalla pianura padana: il paese risulta perciò per metà in pianura e per metà lievemente in collina. Fortunata anche la posizione, poiché dista pochi chilometri da Arona, noto centro turistico del Lago Maggiore; negli ultimi anni ha visto crescere notevolmente la sua popolazione proprio per la felice posizione e per l'accoglienza dei paesani. Venne probabilmente fondato dai Celti, poi conquistato dai Romani e infine popolato dai Longobardi, che ne lasciarono il nome antico Olegio qui dicitur Longobardorum. Un ramo della famosa famiglia milanese dei Visconti fu legato fin dal XIV secolo a questo paese e al suo castello (con l'esponente più famoso Giovanni Visconti da Oleggio, signore di Bologna e marchese di Ancona), ramo tutt'oggi esistente e che ottenne il titolo ereditario di marchese nel maggio 1946 con Aldo Visconti di Oleggio Castello. La dignità di comune affonda nella notte dei tempi, salvo un periodo fra il 1928 e il 1947 nel quale venne fuso coi comuni di Paruzzaro e Montrigiasco, con capoluogo a Paruzzaro. Al momento della scissione nel 1947, Montrigiasco rimase frazione, e rimase sotto Paruzzaro fino al 1960, anno in cui diventò frazione di Arona. Il paese poggia la sua economia locale su alcune piccole fabbriche nei dintorni, in prevalenza nel comune del vicino Paruzzaro. Oggi è sostanzialmente un pacifico centro residenziale. Castello Dal Pozzo, antico castello di origine medievale rimodellato nel XIX secolo in stile neogotico Tudor. Abitanti censiti Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune. Giancarlo Andenna, Castelli di Invorio Inferiore, di Invorio Superiore, di Oleggio Castello e di Paruzzaro, in Da Novara tutto intorno, Andar per castelli, Novara, Milvia, 1982, pp. 392-394. Ospitato su Calameo. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Oleggio Castello Sito ufficiale, su comune.oleggiocastello.no.it.