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Marano Veneziano

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Il centro di Marano
Il centro di Marano

Marano Veneziano (Maràn in veneto) è una frazione del comune italiano di Mira, nella città metropolitana di Venezia. È la frazione più occidentale del comune, nonché la meno popolosa. Il paese si trova lungo la strada provinciale che collega Mira a Mirano (sp 37) e dista circa 3 km da entrambi i capoluoghi. È sede parrocchiale e appartiene al Vicariato di Gambarare e, di conseguenza, al Patriarcato di Venezia. Il patrono è sant'Agostino. Il paese appartenne alla Diocesi di Treviso sino alla fine degli anni venti, come la maggior parte del territorio comunale di Mira. A Marano Veneziano è presente uno dei pochi esempi al mondo di campanile più basso della struttura della chiesa. È inoltre dotata di una importante stazione ferroviaria, Mira-Mirano, lungo la linea Venezia-Padova-Milano. L'abitato sorge presso le rive del Taglio Nuovo, detto anche Canale di Mirano, il canale artificiale che, costeggiando la strada provinciale 37, conduce le acque del Muson Vecchio da Mirano a Mira Taglio. Rispettivamente a nord e a sud del centro scorrono lo scolo Lusore e lo scolo Zezenigo, che passano sotto l'alveo del taglio attraverso dei sifoni. Marano si è sviluppata soprattutto con la costruzione della ferrovia Venezia-Milano del 1846 e della fabbrica chimica Marchi a fine Ottocento. L'8 luglio 2015 il paese è stato sfiorato dal tornado che ha colpito con maggior violenza la zona della Riviera del Brenta. La sagra del paese si svolge nel periodo di fine agosto e viene aperta dalla tradizionale maratona non agonistica per le vie del centro e della campagna. Villa Silva Corò, complesso del XVII secolo costituito dalla villa padronale, da un vasto annesso rustico ad essa perpendicolare e adiacente al lato est e dall'oratorio situato in posizione isolata. La villa è formata da un corpo centrale ai cui lati si estendono due ali di altezza minore. Origini di Marano - Marano veneziano è una comunità parrocchiale giovane. Si staccò infatti da Borbiago, dal quale aveva sempre dipeso, intorno al 1930. Il suo nome peraltro è un po’ vecchietto: è ricordato in un atto di vendita tra Guidotto e Ansedise di Collalto in favore del monastero di Sant’Ilario Abbazia di Sant'Ilario del 1117. Il Ducange [ragionevolmente trattasi di Du Cange ] fa derivare Marano dal latino medioevale “Mara”, che spiega come palude, stagno e lago. Che fosse luogo paludoso questa zona è fuori discussione, lo dimostrano gli acquitrini ancora esistenti. La sua chiesetta eretta in stile romanico pure è stata aperta il 29 settembre 1934. Prima di allora la Messa Domenicale veniva celebrata nella bella cappellina della Villa Silva ove abitarono, sul finire del secolo scorso, [1800] i Padri Fatebenefratelli. Il centro del paese – pressoché tutto nuovo- trovasi sul crocevia della strada provinciale miranese collegante Mirano e Mira e la comunale via Caltana che unisce l’antico Oriago e Caltana. Marano Veneziano è bagnato dalle acque del Naviglio di Mirano Canale di Mirano ed ha il privilegio di essere collegato direttamente a Venezia ed a Padova con la ferrovia Venezia- Bologna- Milano. Ospita uno stabilimento di prodotti chimici dei fratelli Marchi fondato nel 1898. Produce concimi chimici, solfato di rame, acido solforico, fluosilicato di sodio (residuo dei fumi del reparto impasti del concime con altre sostanze). Il laboratorio Husci che produce medicinali. L’ufficio postale di Marano è stato istituito il 1º luglio 1912. Il primo ufficiale postale fu la signorina Vecchietti Albina.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Marano Veneziano (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Marano Veneziano
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Il centro di Marano
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Vetrego
Vetrego

Vetrego è una frazione del comune di Mirano (città metropolitana di Venezia), a circa 5 km a sud del capoluogo. L'omonima parrocchia di San Silvestro dipende dalla diocesi di Treviso, vicariato di Mirano. Oggi, dopo i ritrovamenti di reperti archeologici, si è certi che Vetrego esisteva nel I secolo d.C. Se si accredita la tesi di alcuni studiosi secondo i quali il graticolato romano arrivava fino ai margini della laguna di Venezia, allora il paese esisteva in epoca paleoveneta. Sembra essere valida la tesi che Vetrego derivi da "Vetus Vicus" (Vecchio Villaggio). I secoli successivi alle invasioni barbariche provocarono nella zona l'impaludamento e la formazione di boscaglie, come ricorda la località di "Roncoduro" (attuale svincolo del Passante di Mestre), dal verbo medievale roncare, luogo da dove si è dovuto sterpare e divellerre piante per rimettere a coltura il terreno. Questa operazione di disboscamento e bonifica deve essere stata lunga e faticosa, se ancora nel 1117, il toponimo diventa "Vitrico" o "Vitricum", da Vetere ricuum, cioè antico luogo paludoso. Sembra, secondo il professor Gerhard Rohlfs, che il toponimo Vetrego , come pochi altri con "la strana desinenza in –ego , - ega " presenti nel nord Italia (Levego (frazione di Belluno), il fiume Marzenego, Albignasego, Resinego (località di San Vito di Cadore), il monte Tranego -Belluno) possa essere assegnato come origine a popoli di origine preindoeuropea o paleoveneta. Visto che "è presumibile che accanto ai Liguri, ai Veneti e agli Etruschi, altri popoli [...] abbiano lasciato tracce nella toponomastica locale." Le unità di misura agrarie utilizzate a Vetrego sono il campo: "campo padovano" (3862,57 m2) o il "campo trevigiano" (5204,69 m2). Il territorio della frazione confina con le frazioni di: Marano Veneziano (Comune di Mira (Italia)), Mirano capoluogo, la località Formigo di Scaltenigo, Ballò, la località Roncoduro di Cazzago (Comune di Pianiga), la località Molinella di Mira Taglio, comune di Mira (VE). Il governo delle acque dei fiumi Muson, Brenta e Serraglio e tutti i corsi d'acqua che lo attraversano, realizzati dalle diverse bonifiche che si sono via via succedute (romane, benedettine, veneziane), è sempre stata fondamentale per la sopravvivenza della frazione. I rii Pionca, Volpin e Cognaro nascono come derivazione dal fiume Tergola nella zona tra Codiverno (Vigonza) e Sant' Andrea di Campodarsego. Gli altri (Comuna, Comunetto, Cesenègo) sono dei scoli artificiali presenti già nelle bonifiche veneziane del 1650. Nel corso della storia il territorio vetreghese è stato, letteralmente, tagliato da infrastrutture a servizio del capoluogo regionale: a nord dalla ferrovia Milano-Venezia, a sud dall'autostrada A4, a est dal canale artificiale Taglio Nuovo del fiume Muson Vecchio che ha separato la località Cuccobello, creando una piccolissima enclave, una casa su circa 500 metri quadri, nel comune di Mira. Il territorio di Vetrego subisce in questo periodo, per la ennesima volta nella sua millenaria storia, uno stravolgimento. Il percorso del Passante di Mestre (PDM) e le strade accessorie lo hanno reso irriconoscibile. Il PDM inizia a Roncoduro, tra Cazzago di Pianiga e la località “le basse”, passa sotto la ferrovia Venezia – Padova all'altezza del capitello della Madonna del Rosario con l'opera di ingegneria più importante e difficile, per via di una problematica falda d'acqua sotterranea, di tutto il percorso. Un gigantesco monolite di cemento armato (60 x 20 x 9 metri e con 2 metri di spessore) spinto sotto la ferrovia. Il tracciato prosegue a nord nella località “le alte” per entrare, dopo il Cecenègo, nella frazione di Scaltenigo nella località Formigo. Circa 3 km sui 32,5 del totale PDM interessano Vetrego sui 6 km realizzati sul territorio del comune di Mirano. Come opera accessoria è stato aperto inoltre un casello autostradale della Autostrada A57 nella località tra via Ca' Rezzonico e la frazione di Marano di Mira in prossimità dell'area dove nell'anno 1008 c'era la prima chiesa dei frati dell'Abbazia Sant'Ilario. La strada di collegamento si immette, dopo aver sottopassato la ferrovia in una grande rotonda nella via Vetrego, in prossimità della villa dove ha vissuto il poeta e giornalista Gino Piva. Questa rotonda stradale raccorda anche la nuova strada costruita a nord della ferrovia che defluisce, dopo un percorso tortuoso e un grande sottopasso della ferrovia in prossimità del tunnel del PDM ad un'altra rotatoria che collega la via San Silvestro e i due tronconi della via Vetrego: quello verso la piazza e quello verso la via Ballò. 1119 50 abitanti adulti e una decina di abitazioni; 1371 160 abitanti; 1417 100 abitanti; 1689 300 abitanti adulti; 1789 300 abitanti illetterati; 1855 500 abitanti di cui ben 223 sono iscritti all'elenco dei poveri; 1895 500 abitanti adulti; 1912 865 abitanti; 1951 1 027 abitanti; 1971 1 119 abitanti con 276 famiglie; 1981 1 193 abitanti con 312 famiglie; 1998 1 148 abitanti; 2000 1 216 abitanti con 382 famiglie; La cronologia demografica è una sintesi di diverse fonti.. La storia della frazione è legata, come la maggior parte delle piccole comunità italiane, alla storia della comunità religiosa e tutti gli avvenimenti vetreghesi ruotano attorno alla Chiesa e la sua organizzazione (monaci, curati, parroci, missionari, suore) che ne ha garantito la sopravvivenza e la conservazione della memoria storica. L'organizzazione cristiana a Vetrego inizierebbe, secondo alcune deduzioni e ritrovamenti, nel 1008, con una "cappella" (ovvero una chiesa priva della fonte battesimale, di norma una succursale di una Chiesa madre dalla quale dipendono i Vicari officianti) localizzata nell'attuale località Ca' Rezzonico, che sarebbe stata costruita dai Monaci di San Benedetto dell'Abbazia Sant'Ilario di Venezia a Malcontenta. Una sintetica descrizione del territorio di Vetrego si rintraccia per la prima volta nell'atto di vendita del 15 giugno 1117 con cui Ansedisio e Widoto di Collalto, conti della Marca trevigiana cedevano al monastero di Sant'Ilario diverse proprietà. Successivamente esiste un lascito testamentario del 1192 della contessa. Speronella Dalesmanni, prima moglie di Jacopino da Carrara, feudataria del Vescovo di Padova, a favore della cappella di San Silvestro di Vetrego e di San Bartolomeo di Ballò. Nel 1260 i frati di Sant'Ilario cedettero l'organizzazione della cappella di Vetrego, assieme con le cappelle di Ballò e Scaltenigo, ai sacerdoti della "pieve" (ovvero la chiesa dell'Alto Medioevo quale chiesa battesimale, matrice di tutte le chiese minori e delle assoggettate cappelle) di Santa Maria di Borbiago, frazione di Mira (Italia), al Vescovo della Diocesi di Treviso. Successivamente le cappelle di Ballò e di Vetrego si distaccaro nel 1305 dalla pieve di Borbiago creando una nuova parrocchia, quella di Ballò, alle dipendenze del Vescovo di Treviso. Ci sono documenti che segnalano nel 1388 Bartolomeo Novello, signore di Padova donò ai signori di Peraga, tra altri beni della zona di Mirano, anche il territorio di Vetrego. Negli anni successivi Vetrego seguì le vicissitudini dei territori di Mirano e delle comunità contermini nella sottomissione alla Repubblica di San Marco. Per quanto riguarda Vetrego è certificata nel 1520 la prima visita del vescovo di Treviso che autorizzò la costituzione della prima Confraternita del Santissimo Sacramento. A seguito della volontà della piccola comunità nel 1573 venne costruita, nel sito dell'attuale chiesa, la prima Canonica di una "curazia" (ovvero per un curato stabile). Nel 1597 fu inaugurata la seconda chiesa. Nel 1612 terminò l'escavazione del Taglio Nuovo o Canale di Mirano, iniziati nel 1604 con la completa diversione delle acque del fiume Muson (attuale Muson Vecchio). Vetrego venne eretta nel 1647 a curazia stabile, sottoposta alla parrocchia di Ballò, prevedendo così la residenza di un prete a servizio della comunità. Nel 1719 sono ricordate delle presunte apparizioni della Madonna presso l'omonimo capitello votivo, rurale con tema sacro, posto a capo di una strada o incrocio. Se nel 1725 ci fu un'alluvione talmente disastrosa che portò il livello dell'acqua fin quasi arrivare al soffitto del primo piano della canonica con la conseguente distruzione di tutti i documenti dell'archivio, nel 1790 è documentata una drammatica siccità. Le alluvioni si ripeterono con la periodica rottura degli argini del Brenta e del Taglio Nuovo. Così nel 1825 ci fu un'alluvione che coinvolse anche i comuni di Stra, Vigonovo, Campolongo, Fossò e la frazione di Sanbruson di Dolo, e nel 1827 il fiume Brenta straripò nuovamente inondando circa 60.000 campi padovani. L'Impero d'Austria decise di collegare Venezia con la terraferma e così nel 1842 venne costruita la ferrovia Padova – Venezia tagliando il territorio vetreghese a nord del centro della borgata. Sempre sotto l'amministrazione austriaca si deve, nel 1854, la costruzione della prima strada di collegamento con il centro della frazione Mirano capoluogo, che fino ad allora era solo un viottolo privato di campagna. Uno dei primi problemi che gli amministratori del Comune di Mirano affrontarono dopo l'annessione del Veneto (1866) al Regno d'Italia fu l'igiene cimiteriale e così nel 1867 Vetrego ebbe un primo cimitero provvisorio, nell'attuale sito, lontano dalla seconda chiesa. Per le mura di cinta e la cappella si dovette aspettare il 1904. Dopo due anni di lavoro, nel 1894, s'inaugurò un campanile alto 28 metri, proporzionato con la seconda chiesa. Nel 1903 lo Stato italiano istituì la prima e la seconda classe della scuola elementare. Tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento la situazione socio-economica cambiò e lo spirito rivendicativo arrivò a far rompere il cerchio di sottomissione e paura dei contadini. Uno dei fatti più significativi, che si inserisce nel contesto nazionale di rivolte contadine, avvenne il 15 novembre 1907: i vetreghesi assaltarono la villa di uno dei grandi proprietari. I tumulti finirono con l'arresto di decine di persone e i processi andarono particolarmente per le lunghe tanto che nel giugno del 1908 c'erano ancora otto contadini in carcere e solo l'aiuto (legale ed economico) di Monsignor Angelo Brugnoli riuscì a farli uscire dalla prigione. Dopo anni di malumori, grazie anche alla dignità demografica, la Diocesi di Treviso promosse nel 1912 Vetrego a parrocchia autonoma. Nel 1932 il paese fu tagliato un'altra volta con la costruzione (nelle località Ca' Rezzonico e le Basse) dell'attuale autostrada A4 (Tratto Padova - Mestre Venezia). Nel 1936 conobbe un momento di popolarità con la visita di un gran numero di autorità per l'assegnazione della Medaglia d'Argento al Valor Militare al carabiniere Giuseppe Comin, caduto nella guerra d'Etiopia. A Vetrego soggiornò dal 1935 al 1946 Gino Piva. Nel 1938, in otto mesi, fu costruita una nuova chiesa, pagata dai cittadini. Durante gli anni della seconda guerra mondiale Vetrego subì bombardamenti aerei e fu attraversato da varie formazioni militari in virtù della sua ubicazione sita tra l'asse ferroviario e quello autostradale Padova - Venezia. Nel dopoguerra ci fu l'insediamento nel 1946 delle Suore Francescane di Cristo Re. Tale presenza rimarrà per 50 anni (fino al 1996) educando intere generazioni. La prima sede dell'Asilo (ora scuola materna) era il riadattamento dell'ex-chiesa, ora oratorio. Nel 1957, venne inaugurata la nuova scuola materna parrocchiale (progetto dell'architetto Antonio Venezian) e la creazione dell'attuale piazza. Il 22 dicembre dello stesso anno morirono due amministratori comunali e l'autista in un incidente ferroviario ad un passaggio a livello, incidente dovuto alla fitta nebbia. Nel (1962) ci fu il raddoppio (e successivamente la terza corsia nel 1993) dell'autostrada A4, opere che coincisero con l'ennesima inondazione della località le Basse. La riduzione della natalità e la razionalizzazione del sistema scolastico provocano nel 1997 la chiusura delle scuole statali. Le scuole più vicine sono, come prima del 1903, nelle frazioni di Ballò e Scaltenigo. Progettata dall'architetto Luigi Candiani nel 1937 ed inaugurata nel 1938. È alta 15 m, larga 13 m, profonda 24 m. Nel 1951 viene affrescata dal pittore Gino Borsato. La chiesa contiene un frammento, recuperato dalla prima chiesetta, di una scultura quattrocentesca con raffigurazione a bassorilievo della Madonna col Bambino e San Giovannino, probabile opera dello scultore padovano Nicolò Pizzolo (Padova 1420-1453.) Il campanile è alto 28 metri ed è stato realizzato, dopo due anni di lavoro, nel 1894 per la vecchia chiesa, ora oratorio. Possiede 4 campane in scala di Lab3, fuse dalla fonderia Colbachini di Padova, datate 1959. Il monumento è stato inaugurato il 6 aprile 1922 per onorare i 17 caduti nella prima guerra mondiale e successivamente venne usato per i 10 caduti della seconda guerra mondiale. L'opera è dello scultore Giovanni Manfren di Venezia. Nel catasto napoleonico esistevano a Vetrego quattro case patrizie e padronali, due di queste sono state demolite tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. Tra parentesi il numero del catasto. Ca' Rezzonico (n°494), demolita all'inizio del Novecento, era collocata alla fine dell'attuale via Ca' Rezzonico. Questa villa fu frequentata d'estate (dal 1712 al 1714) dallo studente di diritto dell'Università di Padova, Carlo Rezzonico di Venezia, futuro papa Clemente XIII. Ca' Costa (N° 432), demolita nell'Ottocento, in prossimità del canale Cognaro. Ca' Bellani, in via Basse. Fu costruita nel 1620. Ca' Monferini (N°113), in via Vetrego, verso Mirano. In questa casa abitò Gino Piva dal 1935 al 1946. La squadra di calcio A.C.D. Vetrego, nasce nel 1971 con i colori sociali giallo-blu. Nel 1985 viene promossa in 2ª categoria dilettanti, serie in cui milita tuttora nel campionato provinciale di Venezia 2016/17. All'inizio dell'Ottocento il censimento napoleonico c'erano solo 5 famiglie che possedevano il terreno che lavoravano; la stragrande maggioranza dei campi erano in mano ai latifondisti. Oltre ai nobili veneziani Costantino Morosini, Giovanni Grimani, Abbondio Rezzonico, Giovanni Venuti e ai Conti Costa, erano padroni di Vetrego anche Andrea Bellini, Bernardo Monferdini ed Alessandro Bonvecchiato, il quale da solo ne possedeva ben il 41% del totale. Con il passar degli anni e la sostituzione della borghesia ai nobili fra i proprietari dei campi vetreghesi si ritrovano i Dalla Pozza di Marano Veneziano, i Beati da Spinea e i Cantelàn da Santa Maria di Sala. Oltre che i campi possedevano anche una buona parte delle abitazioni. Ad esempio i Bonvecchiato possedevano una trentina di case e una delle due osterie; i Rezzonico ne avevano una quindicina compresa la seconda osteria. Alla visita pastorale del vescovo di Treviso del 1883, fu verbalizzato che vi erano "abitanti 500, inconfessi 5: tutti contadini. Un terzo di parrocchia è in posizione che, specialmente d'inverno, è assolutamente impraticabile [...] Quei di Vetrego sono poverissimi ed emigrano" . Tra il 1895 e il 1912 ci fu un notevole incremento di abitanti, merito sia del miglioramento igienico - sanitario che della riduzione del tasso di mortalità e dell'importante fenomeno di migrazione di nuovi nuclei famigliari che acquistarono piccoli appezzamenti di terreno. Tra di loro ci furono diverse famiglie che ritornavano da un periodo emigrazione oltreoceano (Brasile, USA), altre arrivano dai paesi vicini. Se per secoli e millenni i vetreghesi hanno vissuto e sopravvissuto di agricoltura ora vivono seguendo le dinamiche socio-demografiche dell'area metropolitana compresa tra le città di Venezia, Padova, Treviso. La stragrande maggioranza degli abitanti lavora nelle industrie e nel terziario. Solo poche famiglie si dedicano ancora esclusivamente all'agricoltura. Il resto della campagna vetreghese, formata da piccolissime proprietà, è abitata ed utilizzata dai figli e dai nipoti di quella che era stata definita, negli anni del boom economico del Nord-Est, la cosiddetta classe degli operai-contadini', ovvero operai di giorno nelle grandi fabbriche del ex polo industriale di Porto Marghera e contadini alla sera, a fine turno e nei fine settimana. L'essere la più piccola tra le frazioni del Comune di Mirano ha prodotto nei vetreghesi alcuni detti popolari.(in lingua veneta parlata). "Porco Miràn … can no magna can!" (Maledetto Mirano … cane non mangia cane!): imprecazione nei riguardi dei Signori di Mirano, tutti solidali contro la gente delle frazioni. "Quei de Miràn, i passa ancuò e i sajùda domàn!" (Quelli di Mirano, passano oggi e salutano domani!). "Vetrego, o che me bruso o che me nego" (Vetrego, o mi brucio o mi annego). Sicuramente il detto va fatto risalire alla realizzazione delle opere idrauliche relative all'esecuzione del canale artificiale "Taglio Nuovo" del fiume Muson Vecchio. Questo canale è ancora oggi l'origine del dissesto idrogeologico che ha prodotto a Vetrego numerose inondazioni (la più infausta fu quella del 1725) o, considerata la natura argillosa del terreno e quindi scarsamente permeabile, di siccità (drammatica quella del 1790). AA. VV. - Piero don Mozzato (a cura di) -Vetrego - Storia e Vita - Mirano – 2000 AA. VV. – Vetrego – domenica 4 ottobre 1987 – 50º della Chiesa, 75º della Parrocchia AA. VV. – Suore Francescane di Cristo Re – 50 anni di apostolato a Vetrego – 23 giugno 1996 Emilio Bonamico, Mirano - Monografia - Mirano 1874 Emilio Perizzolo, Ad immagine della nostra terra – Vetrego, i vetreghesi e la loro storia – Mirano 1986 Giorgio Orfeo Vecchiato - C'era una volta Vetrego -Storia e cultura popolare - seconda edizione Roma 2016 (*) Corriere del Veneto – Venezia e Mestre – 31 agosto 2008 – pag.8 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Vetrego

Duomo di Mirano
Duomo di Mirano

Il Duomo di san Michele Arcangelo è il principale luogo di culto cattolico della città di Mirano, in città metropolitana di Venezia e diocesi di Treviso; è sede del vicariato di Mirano. La pieve di Mirano ha avuto un'origine di tipo conventuale. Nel XV secolo fu priorato dell'Ordine degli Agostiniani. Nel 1477 il priorato fu incorporato al convento della antica Congregazione di San Giorgio in Alga di Venezia. Nel 1668 i beni della pieve furono venduti dalla Repubblica di Venezia al priore del Convento della Lattuga, sempre in Venezia. Il duomo di San Michele Arcangelo, patrono della parrocchia, è il rifacimento avvenuto nel XVII secolo di una precedente chiesetta rinascimentale, annessa ad un convento. I lavori iniziarono il 6 luglio 1680 e terminarono con la consacrazione del vescovo della Diocesi di Treviso, Giovanni Battista Sanudo, il 3 giugno 1696. Dal 1768 è gestito dal clero della Diocesi; dal 1771 è chiesa arcipretale. A fianco del duomo sorge una cappella di stile rinascimentale, nota come "Scoletta" per essere stata la sede della confraternita del SS. Sacramento. Attualmente è sede della parrocchia ortodossa romena. L'esterno della chiesa si presenta estremamente spoglio. Nessuna decorazione, infatti, è presente nella facciata con timpano triangolare. Anche l'interno è, dal punto di vista architettonico, essenziale: la navata è unica, l'ordine corinzio e le decorazioni a finto marmo sono di colore grigio. Il soffitto, piatto, è maestosamente affrescato con il Giudizio Universale, opera più significativa del pittore di Belluno Giovanni De Min. Le altre principali opere sono: le statue degli angeli e del San Michele Arcangelo sono dello scultore di Asolo Giuseppe Torretto maestro di Antonio Canova inserite nel grandioso Altar Maggiore, dello stesso autore. Una pala d'altare Miracolo di Sant'Antonio è opera di Giambattista Tiepolo, eseguita nel 1760. Il pittore villeggiava in zona, in un suo palazzo di Zianigo. Un'altra pala importante del 1583 è quella del pittore Paolo Fiammingo per l'altare di San Girolamo. Nel Duomo di Mirano, sopra la cantoria, si trova l'organo Mascioni opus 442, costruito nell'anno 1931. A trasmissione elettrica, conta 28 registri suddivisi fra le due tastiere e la pedaliera. Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla duomo di Mirano L'organo a canne , su marzorg.org. URL consultato il 2 agosto 2011.

Villa Morosini (Mirano)

Villa Morosini, Monico detta "XXV Aprile" è una villa veneta di Mirano, in provincia di Venezia. Di proprietà comunale, i suoi edifici sono oggi adibiti a spazi per attività culturali (la casa padronale ha ospitato la biblioteca civica sino al 2003). Il parco costituisce il giardino pubblico "XXV Aprile" ed è in continuità con quello della limitrofa villa Belvedere. Il complesso fu fatto erigere attorno alla metà del Seicento (risulta terminato nel 1661) dalla famiglia Giustinian, già proprietaria della vicina villa Piarotto sin dal Cinquecento. Dopo aver attraversato un periodo di lento degrado dovuto alla decadenza della casata, nel 1792 fu ereditato dai Morosini "dalla Sbarra" che provvedettero a un radicale restauro. Nella seconda metà dell'Ottocento divenne del marchese Paulucci delle Roncole e, all'inizio del secolo successivo, di Jacopo Monico. Villa Morosini è costituita dalla casa padronale e, poco più a nordovest, da una barchessa. Come dimostrato dalle carte dei catasti napoleonico e austriaco, in passato esisteva anche una seconda barchessa identica, che sorgeva a sudovest simmetricamente rispetto alla villa. La casa padronale, il cui fronte principale è rivolto a est, verso la strada, ha linee neopalladiane. Il primo livello è rialzato da un basamento e il portale d'accesso è quindi accessibile tramite una grande scalinata che introduce direttamente al salone centrale. Il corpo centrale dell'edificio è più alto rispetto al resto del volume e si caratterizza per una loggia di colonne ioniche di ordine gigante che diventano pilastri alle estremità. La sopraelevazione è coronata da un grande timpano triangolare sormontato da statue secentesche attribuite ad Angelo Marinali. Gli interni sono organizzati secondo il consueto schema veneziano, con il salone centrale affiancato da quattro locali più piccoli disposti simmetricamente. I soffitti erano un tempo ornati da affreschi. Lo stile architettonico della barchessa si discosta da quello della casa padronale, risultando comunque in armonia con il contesto. Ha uno sviluppo orizzontale e simmetrico rispetto all'asse centrale, in corrispondenza del quale si trova un corpo sormontato da un timpano triangolare. Le aperture sono pure timpanate, alternativamente triangolari e curvilinei, così come la testata dell'edificio, coronata da un timpano sorretto da paraste pseudo-ioniche. Il parco si estende su oltre tre ettari in cui sono disposte numerose statue a tema aulico risalenti all'Ottocento. Nello stesso si trova una vera da pozzo recante le iniziali dell'antico proprietario Francesco Morosini. Villa Morosini, Monico, detta "XXV Aprile" (PDF), su irvv.regione.veneto.it, IRVV. URL consultato il 12 marzo 2014. Mario Esposito, Luca Luise, Giorgio Meneghetti, Giovanni Muneratti (a cura di), Ville venete nel territorio di Mirano, Venezia, Marsilio, 2001, ISBN 8831778161.

Riviera del Brenta
Riviera del Brenta

La Riviera del Brenta è un'area urbana della città metropolitana di Venezia che si estende lungo le rive del Naviglio del Brenta. È l'antico alveo naturale del fiume Brenta: si dirama da quest'ultimo all'altezza di Stra e, scorrendo sostanzialmente da ovest a est, sfocia nella laguna di Venezia presso Fusina. Si tratta di una zona di elevato valore storico-paesaggistico per la presenza di numerose ville venete. Vi sono compresi i centri abitati di Stra, Fiesso d'Artico, Dolo, Mira, Oriago e Malcontenta. In senso più ampio, per Riviera del Brenta si intende tutto l'ex mandamento di Dolo, comprendente i comuni di Campagna Lupia, Campolongo Maggiore, Camponogara, Dolo, Fiesso d'Artico, Fossò, Mira, Pianiga, Stra e Vigonovo. Rappresenta, insieme al Miranese, uno dei due comprensori dell'area centrale della città metropolitana. Quattro dei dieci comuni sono oggi uniti nell'Unione dei Comuni della Città della Riviera del Brenta. Il centro della Riviera, sia dal punto di vista geografico che per i servizi offerti, è la cittadina di Dolo, dove hanno sede l'ospedale, le scuole secondarie di secondo grado, nonché il giudice di pace; fino al 2013 vi è stata anche una sezione distaccata del Tribunale di Venezia, ora soppressa insieme a tutti i piccoli tribunali. Il comune più popoloso è invece, di gran lunga, quello di Mira (nacque nel 1867 dalla fusione dei tre comuni di Gambarare, Mira e Oriago): con i suoi quasi 40 000 abitanti, ospita il 30% della popolazione complessiva del mandamento. Il corso d'acqua del Naviglio rivestì un importante ruolo come via di comunicazione tra la laguna di Venezia e il padovano. L'area è caratterizzata dalla presenza di moltissime ville, costruite nel periodo della Serenissima Repubblica tra il XVI e il XVIII secolo dalle famiglie patrizie veneziane, che testimoniano la potenza aristocratica dell'epoca. A quell'epoca la Riviera veniva raggiunta solo spostandosi in barca, mentre le strade attuali sono state costruite successivamente. I nobili veneti venivano trasportati sul fiume da un battello chiamato burchiello trainato dalle rive da uomini, buoi o cavalli, mentre le merci erano trasportate da barche chiamate Burci. Ancora oggi la crociera lungo la Riviera del Brenta costituisce un'attrattiva turistica. Accanto alla tradizionale navigazione fluviale, fra il 1885 e il 1954 la riviera del Brenta fu fortemente caratterizzata dalla presenza del binario e dei convogli della tranvia Padova-Malcontenta-Fusina, gestita dalla Società delle Guidovie Centrali Venete (gruppo Società Veneta); giunti a Malcontenta i treni potevano proseguire per la stazione ferroviaria di Mestre o per Fusina, dove trovavano coincidenza con i battelli per Venezia gestiti dalla Società Veneta Lagunare, anch'essa controllata dalla Società Veneta, dando vita ad un sistema di trasporti integrato che proprio nella riviera vedeva la sua struttura principale. Tutt'oggi il Naviglio Brenta, che iniziando da Padova arriva fino a Fusina (VE), attraversa la Riviera del Brenta. Cinque conche di navigazione, dieci ponti mobili e oltre 30 km di navigazione rendono questo percorso fluviale il più interessante d'Europa. Decine di migliaia di passeggeri ogni anno navigano queste meravigliose acque. Per ogni informazione sulla navigazione turistica si può contattare l'ufficio informazioni di Mira, presso Villa Widmann / San Servolo Servizi Metropolitani di Venezia, aperto da martedì a domenica, 10.00–13.00 e 13.30–16.30, in Via Nazionale 420, Mira (VE), Tel. +39 041 424973, Fax. +39 041 4266560. Punto focale dell'economia della zona della Riviera del Brenta è l'industria calzaturiera (nata come conseguenza della crisi agraria del fine ottocento). Lo sviluppo di quest'industria si ha con la passione di Giovanni Luigi Voltan (1873-1941) che sfocia in un grande disegno imprenditoriale. Prima del figlio Giovanni, già il padre Carlo aveva intrapreso l'attività con l'apertura di diverse botteghe nella zona di Padova e Venezia. Giovanni Luigi viene a conoscenza delle moderne tecniche di lavorazione durante la sua permanenza a Boston, negli Stati Uniti. Al ritorno dal viaggio porta con sé nuovi macchinari, introducendo un sistema produttivo meccanizzato che permette di abbattere i costi e aumentare i volumi di produzione, ottenendo un vantaggio competitivo rispetto agli altri calzaturifici italiani. Il salto dimensionale per l'azienda Voltan si ha nel 1904: essa assume un profilo industriale (stabilimento di 8000 m², 400-500 operai occupati e produzione di 1000 paia di scarpe al giorno), diventando un punto di riferimento a livello nazionale. Negli anni, accanto ad una meccanizzazione dei processi produttivi, si sviluppa anche una rete distributiva diretta, eliminando i passaggi intermedi, con una riduzione dei prezzi fino al quaranta per cento. Un'altra personalità importante nel distretto della calzatura della riviera del Brenta è Narciso Rossi, il quale uscì dal calzaturificio Voltan per fondare insieme ad altri colleghi un'azienda propria. Negli anni, grazie soprattutto al contributo di Luigi, figlio di Narciso, l'impresa si sviluppa divenendo uno dei maggiori attori nel settore della calzatura di lusso da donna. Di seguito vengono indicate alcune delle principali ville venete della Riviera, suddivise per comune di appartenenza. Villa Foscari detta "la Malcontenta", Malcontenta Villa Allegri von Ghega (XVI secolo), Oriago Villa Corner Brusoni Scalella, Oriago Villa Gradenigo Fossati, Oriago Palazzo Moro (XV secolo), Oriago Villa Mocenigo, Oriago Villa Priuli, Oriago Villa Querini Stampalia, Mira Porte Barchesse di villa Valmarana, Mira Porte Villa Widmann Seriman Foscari, Mira Villa Venier, Mira Villa Levi Morenos, già Varisco, Mira Villa Alessandri, Mira Villa Bon, Mira Villa Badoer Fattoretto Villa Ferretti Angeli Villa Gasparini (XVIII secolo) Villa Recanati-Zuccon (costruita nella prima metà del Settecento) Villa Soranzo (costruita nel '500) Villa Barbarigo-Fontana (rielaborazione del '700 di una precedente abitazione cinquecentesca) Villa Corner-Vendramin ('700) Villa Contarini di San Basegio (costruita a cavallo fra il '600 e il '700) Villa Marchese De Seynos o degli Armeni ('600) Casa Venier-Tiepolo ('700) Villa Foscarini Rossi Villa Pisani detta "La Barbariga" Villa Pisani detta "La Nazionale" o Palazzo Reale Villa Sagredo Villa Dragonetti-Giantin, Campoverardo Villa Parolini Con la denominazione Città della Riviera del Brenta si intende l'unione dei comuni di Campagna Lupia, Dolo, Fiesso d'Artico e Fossò. L'unione ha sede a Dolo; fu costituita nel 2002 dai comuni di Dolo e Fiesso d'Artico. Sono affidate all'unione dei comuni tutte le competenze amministrative concernenti la gestione unitaria delle funzioni e dei servizi sottoelencati: polizia locale; attività produttive (commercio, agricoltura, artigianato, industria, turismo); retribuzione, formazione ed aggiornamento del personale; comunicazione e sportello integrato; notificazione atti; sportello unico. Il trasferimento all'unione di ulteriori funzioni e servizi avverrà a seguito di apposita delibera dei rispettivi consigli comunali. Sono organi dell'Unione: il Consiglio dell'Unione; il Presidente; la Giunta. Il Consiglio dell'Unione è composto dai sindaci e da un massimo di 3 consiglieri per ciascuno dei comuni partecipanti all'unione, eletti dai rispettivi consigli al proprio interno. La presidenza dell'Unione, per una durata pari ad un esercizio finanziario, compete a turno a ciascuno dei sindaci dei comuni associati. In caso di assenza o impedimento del Presidente, le funzioni sono esercitate dal Vice Presidente, che è il sindaco che secondo turnazione prenderà l'incarico l'anno successivo. La Giunta dell'Unione è composta dai sindaci dei comuni associati. Wikivoyage contiene informazioni turistiche su Riviera del Brenta Sito dell'Unione dei comuni, su cittadellariviera.it. Il Burchiello - Servizio di linea lungo la Riviera del Brenta tra Padova e Venezia.

Villa Piarotto

Villa Bon, Giustinian, Giustinian-Recanati, Piarotto è una villa veneta di Mirano in provincia di Venezia. Sorge poco più a nord del centro, di fronte a villa Morosini "XXV Aprile". Il complesso ha origini cinquecentesche, ma ha subito rimaneggiamenti e ampliamenti nel Seicento e nel Settecento. È raffigurato in un affresco di Giuseppe Borsato del 1803 conservato a palazzo Giustinian Recanati, il che ha permesso di ricostruire le modifiche che ha subito nel corso degli ultimi due secoli. I primi proprietari di cui si ha notizia, nel 1619, sono i Bon i quali, forse, ne furono i costruttori; più tardi passo ai Giustinian, detti in seguito Giustinian Recanati. Dal secondo dopoguerra appartiene ai Piarotto. Grazie agli accurati e costanti interventi condotti dagli attuali proprietari, sia gli edifici che il parco si presentano in ottimo stato di conservazione. La casa padronale è un edificio a pianta quadrata affiancato da due piccole ali, adiacenti ma leggermente in modo da dare maggior risalto al corpo centrale. Il fronte principale si rivolge, come di consueto, a sud e si organizza in tre partiti. Quelli laterali sono più semplici, ma non per questo poveri, e si caratterizzano per la presenza di finestre assai elaborate, coronate da trabeazione al piano terra e da timpani triangolari al piano nobile; queste ultime sono ulteriormente arricchite con cornici a bugnato e corrispondono, nella fascia sottogronda, a finestrelle sviluppate in larghezza. Fulcro della facciata è però la fascia centrale. Quattro lesene bugnate delimitano il portale d'ingresso, accessibile mediante una breve scalinata di andamento curvilineo. Ad esse corrispondono i pilastri e le colonne ioniche del primo piano che formano una loggia con balaustrata di ispirazione palladiana. Il partito è coronato da un timpano pseudo-trabeato; in origine, esso era racchiuso da un ulteriore frontone più ampio recante lo stemma dei Giustinian; attualmente risulta sormontato da un corpo con funzioni di abbaino, sormontato da elementi curvilinei terminanti al centro con un vaso acroteriale; ai lati si innesta alla facciata mediante volute. Gli interni sono organizzati secondo uno schema a T con due stanze perpendicolari fra loro. Il salone del piano nobile è ornato sul soffitto da un ciclo di affreschi che in origine proseguiva anche sulle pareti; i dipinti sono a tema mitologico e sono incorniciati da finte architetture; si aggiungono poi dei finti loggiati da cui figure femminili osservano i visitatori dall'alto, chiaro rimando alla loggia della facciata. Dei rustici va citata la barchessa, saldata sul lato est della casa padronale. Pur essendo più tarda, si inserisce perfettamente nel complesso grazie alla ripresa di alcuni elementi, in particolare quelli della fascia di sottogronda. Sul lato opposto, invece, si colloca l'oratorio di San Giovanni Battista. Presenta la facciata incorniciata da paraste coronata da un timpano triangolare dentellato. All'interno è esposto il Battesimo di Cristo, pala di un anonimo cinquecentesco di scuola veneta. Villa Bon, Giustinian, Giustinian-Recanati, Piarotto (PDF), su irvv.regione.veneto.it, IRVV. URL consultato il 7 agosto 2014. Mario Esposito, Luca Luise, Giorgio Meneghetti, Giovanni Muneratti (a cura di), Ville venete nel territorio di Mirano, Venezia, Marsilio, 2001, ISBN 8831778161.

Villa Barbarigo (Mirano)

Villa Barbarigo, Astori, Carraro è una villa veneta di Mirano, in provincia di Venezia. Sorge poco più a ovest del centro storico, circondata da una recente zona residenziale. Documentata a partire dal 1661, quando i Barbarigo la acquistarono dai Michiel, venne poi ereditata dagli Albrizzi i quali, nel 1807, la vendettero ad Antonio Astori. È divenuta di Gianni Carraro nel 1962 il quale, con la collaborazione dell'Ente per le ville venete, si è occupato del restauro dell'intero complesso. I lavori hanno permesso di ripristinare le antiche condizioni dell'edificio, eliminando le alterazioni degli interni e recuperando gli elementi originali. La casa padronale mostra le linee tipiche del Seicento veneziano, ma il suo aspetto massiccio e squadrato risente forse degli influssi del secolo precedente. Il fronte principale è rivolto a sud, verso un piccolo giardino, e presenta grandi aperture arcuate, disposte con ritmo "incalzante", ovvero più ravvicinate al centro (in corrispondenza del salone centrale) e diradate alle estremità (per poter meglio collocare il camino e la mobilia). Le linee sono però ingentilite da alcuni elementi architettonici e artistici come le lunette cieche in corrispondenza delle finestre, la balconata centrale, le cornici a dentelli sotto la copertura e attorno alle aperture. Per quanto riguarda gli altri prospetti, è degno di nota quello a est su cui è addossata una torretta che racchiude una scala a chiocciola. Gli interni sono organizzati secondo il tipico schema veneziano, con il salone passante orientato in direzione nord-sud. In seguito ai recenti restauri, sono stati recuperati numerosi componenti architettonici e decorativi di pregio, come la travatura alla Sansovino del piano terra, i pavimenti in terrazzo veneziano, le volte a vela di alcune stanze. Fra tutti, spiccano cinque resti di affreschi, individuati sotto uno spesso strato di intonaco, che decoravano lo spazio sotto le finestre del piano nobile; oggi si possono ammirare nel salone del piano terra e in una camera adiacente e raffigurano, su fondi ocra e azzurri, degli zeffiretti tra festoni e le allegorie della Fede e della Fortezza. Accanto al palazzo, sul lato ovest, si allunga una barchessa di un solo piano, con mattoni a vista e quattro archi. Degni di nota anche il parco, dove è stata collocata un'interessante vera da pozzo (che, tuttavia, non fa parte della dotazione originaria), e la cancellata d'ingresso. Villa Barbarigo, Astori, Carraro (PDF), su irvv.regione.veneto.it, IRVV. URL consultato l'11 luglio 2018. Mario Esposito, Luca Luise, Giorgio Meneghetti, Giovanni Muneratti (a cura di), Ville venete nel territorio di Mirano, Venezia, Marsilio, 2001, p. 64, ISBN 8831778161.