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Cappella dell'Addolorata (Civezzano)

Cappelle dell'arcidiocesi di TrentoCappelle della provincia di TrentoChiese dedicate a santa Maria AddolorataChiese di CivezzanoChiese neoclassiche del Trentino-Alto Adige
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Civezzano, cappella dell'Addolorata 02
Civezzano, cappella dell'Addolorata 02

La cappella dell'Addolorata, o cappella della Pietà, è una cappella cattolica situata a Civezzano, in provincia di Trento. È sussidiaria della parrocchiale di Santa Maria Assunta di Civezzano e fa parte dell'arcidiocesi di Trento. La cappella venne costruita nel 1855 in località Sfles o Palù, a scioglimento di un voto fatto dalla popolazione di Civezzano durante l'epidemia di colera del 1836, che causò 167 vittime; essa sorse nei pressi di un'edicola votiva, a sua volta eretta nel 1701 per ospitare una statuina della Madonna, su un terreno donato da tal Eufemia Borsieri il 2 giugno di quell'anno. Nel 1887 l'aula venne ingrandita e venne aggiunto il piccolo campanile, e il 22 agosto di quell'anno il sacello venne benedetto. Restaurata nel 1907 e nel 1919, la chiesetta venne dotata di sagrestia nel 1910-11 (per aggiungerla fu necessario chiedere il permesso di erezione, perché il fabbricato andava a ricadere in un terreno fortificatorio militare). Verso la metà del Novecento la cappella venne decorata da Marco Bertoldi. Un altro restauro è avvenuto nel 2002-04. La cappella è legata a una via Crucis, che si snoda da via "alla Madonnina" (che dal rione di Covelo conduce al luogo di culto), passando per il dosso del Calvario di fronte alla chiesetta e concludendosi all'interno della stessa, dove sono collocate le ultime tre stazioni. I capitelli sono stati eretti nel 1946, affrescati da Bruno Colorio e benedetti il 22 agosto dello stesso anno da un frate del convento di San Bernardino di Trento. La cappella, orientata verso sud, si trova in località Palù, lungo la strada provinciale 17 ai margini dell'abitato di Civezzano. La facciata neoclassica richiama un arco trionfale, con portale d'accesso architravato chiuso da una cancellata in ferro battuto; due coppie di semipilastri sostengono un'arcata a pieno centro con lunetta affrescata da Marco Bertoldi (quelli più interni) e un architrave, una fascia e il frontone triangolare (quelli più esterni). Il resto dell'edificio è semplice; il corpo della sagrestia emerge dal fianco sinistro, mentre dal tetto (a due falde, in tegole di laterizio) si eleva il piccolo campanile a base quadrato, con tettuccio a base piramidale. Sono presenti tre finestre a lunetta nell'aula, e due nella sagrestia. L'interno, interamente pavimentato con quadrotte bicolori disposte diagonalmente, consiste di un'aula unica, con presbiterio rialzato di un gradino. Le pareti sono ritmate da semipilastri con cornicione corrente, su cui s'impostano volte a vela (in navata), volta a crociera (nel presbiterio) e catino absidale; gli intradossi delle arcate sono percorsi da un motivo a cassettoni con rosette centrali, mentre sulle pareti sono presenti dipinti murali di Marco Bertoldi. Chiese della Comunità Alta Valsugana e Bersntol Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla cappella dell'Addolorata

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Cappella dell'Addolorata (Civezzano)
Via alla Madonnina, Comunità Alta Valsugana e Bersntol

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Cappella dell'Addolorata

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38045 Comunità Alta Valsugana e Bersntol
Trentino-Alto Adige, Italia
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Civezzano, cappella dell'Addolorata 02
Civezzano, cappella dell'Addolorata 02
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Luoghi vicini

Ecomuseo Argentario
Ecomuseo Argentario

L'Ecomuseo Argentario è un ecomuseo della Provincia autonoma di Trento, diffuso sul territorio intorno al Monte Calisio nei comuni di Trento (circoscrizioni Argentario e Meano), Civezzano, Fornace, Albiano e Lavis. Il territorio dell'ecomuseo è valorizzato fin dal 2001 dall'associazione di promozione sociale "Ecomuseo Argentario", riconosciuta come ecomuseo dalla Provincia autonoma di Trento nel 2005. Esso si occupa di "tutelare, documentare e valorizzare il patrimonio culturale, storico e ambientale di questo territorio, con il supporto delle amministrazioni, delle associazioni e delle comunità locali". Il nome dell'ecomuseo deriva dai giacimenti di argento presenti nel Monte Calisio, estratto fin dal Medioevo da minatori di origine germanica, i canòpi, che estraevano il materiale per conto del Principe vescovo di Trento per coniare le monete utilizzate nel principato. Le rocce maggiormente presenti nel territorio sono il Rosso ammonitico (zone di Civezzano e Trento) e il porfido (zone di Albiano e Fornace). Il territorio dell'ecomuseo è valorizzato in base a quattro filoni tematici: sottosuolo, natura, storia e agricoltura. Nell'ambito di questi filoni sono organizzate attività turistiche e di divulgazione e sono gestiti degli immobili e delle strutture, in convenzione con i comuni, i partner e proprietari privati. Sottosuolo Cave di Pila cave di porfido di Albiano Museo Casa Porfido Parco delle Coste l'argento e i canòpi Natura Lago di Santa Colomba Cascata del Mughetto torrente Avisio Orrido di Ponte Alto Storia Giardino dei Ciucioi Complesso fortificato di Civezzano Castel Vedro Riparo Gaban le opere idrauliche sul torrente Fersina Agricoltura appezzamenti a vigneto Molino Dorigoni l'orto in Villa Salvadori-Zanatta boschi di castagni AAVV, Ecomuseo Argentario - Guida agli itinerari nel territorio dell'ecomuseo, Ecomuseo Argentario, 2017. Fersina Altopiano dell'Argentario Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sull'Ecomuseo Argentario (IT, EN) Sito ufficiale, su ecoargentario.it. Ecomusei del Trentino, su ecomusei.trentino.it. URL consultato il 28 maggio 2022.

Complesso fortificato di Civezzano
Complesso fortificato di Civezzano

Il complesso fortificato di Civezzano è un sistema di fortificazioni austro-ungariche, in località Civezzano, in Alta Valsugana, in provincia di Trento. È parte della fortezza di Trento (Festung Trient) oltre che appartenente al grande sistema di fortificazioni austriache al confine italiano. La Valsugana è già stata usata dal generale Medici, nelle operazioni militari del 1866, come porta di accesso alla città di Trento. Essendo questa via una buona entrata per degli ipotetici invasori, la stretta gola del torrente Fersina in Valsugana fu fatta fortificare dal generale Kuhn. L'area compresa tra il monte Celva, il monte Calisio e il Soprasasso costituiva il IV distretto di Trento. Lo sbarramento previsto era articolato in tre opere permanenti volte ad impedire l'accesso alla città di Trento attraverso le uniche due vie possibili: un forte (Hauptwerk); due tagliate stradali poste a sbarrare il controllo delle due strade dirette a Trento: quella superiore (Obere Strassensperre); quella inferiore (Untere Strassensperre). I lavori di costruzione furono affidati all'impresa trentina di Francesco Ranzi, e durarono dal 1868 e il 1876. Nell'ambito della fortezza di Trento il sistema fortificato di Civezzano offre motivo particolare interesse per lo studio di architettura militare, per la ragione che il progettista, Daniel von Salis da Soglio, lo utilizzò come laboratorio di ricerca di nuove soluzioni per le fortezze di montagna. Tanto nell'opera principale che nella tagliata stradale superiore, Salis stabilì di proteggere il fronte delle cannoniere tramite masse di terra nelle quali si aprivano le feritoie (sistema Haxo). Tale gioiello di architettura dove si erano sperimentate moderne soluzioni militari non entrò mai in guerra. Vari recuperanti riutilizzarono i materiali ancora presenti per la ricostruzione delle proprie abitazioni mentre le diverse gallerie e trincee vennero riutilizzate durante la seconda guerra mondiale. A causa della scarsa superficie disponibile, l'opera principale venne sviluppata in senso verticale, con un duplice ordine dei cannoniere su due livelli diversi: una soluzione questa che il progettista aveva già visto applicare a Peschiera del Garda, nel cantiere del forte Monte Croce. In questo modo era possibile assicurare al forte una notevole potenza di fuoco. Esso era posto sull'appendice del Dos di Castel Vedro, una postazione strategica per osservare e controllare la fine della valle. Questo era inizialmente un antico castelliere romano, divenuto nel Medioevo un vero e proprio castello. Venne distrutto nel 1254 dalla spedizione di Ezzelino III da Romano. Era armato con cinque grossi cannoni da 15 cm modello 61 e, per la difesa ravvicinata contro l'assalto di truppe di fanteria, 2 cannoni da 9 cm modello 75/96 posti a fianco dell'ingresso rivolti verso est. Erano inoltre compresi profondi fossati sia nella parte anteriore che sul lato sinistro, il tutto ben circondato da filo spinato. La guarnigione in tempo di guerra era calcolata in 3 ufficiali e 146 uomini. Purtroppo esso fu totalmente distrutto già nel 1915 e al suo posto venne collocata una batteria in caverna ancora presente sulla cima del Dos di Castel Vedro. Altre artiglierie vennero invece ricollocate in località Le Finestre, Dos Castion e Campell. La tagliata stradale superiore è un'opera in muratura a un solo piano posta sull'odierna strada che collega Civezzano a Cognola. Fu costruita tra il 1869 e il 1872 in pietra calcarea squadrata e rimodernata nel 1914. In seguito divenne polveriera fino ad essere dismessa dal Demanio Militare. Infine ha ospitato una cantina mentre oggi è l'unica parte visitabile, infatti la tagliata è stata restaurata nel 2016. L'opera consisteva di una batteria di casematte attorniate da fossati asciutti e da un tratto difensivo con un grosso portone per tenere sotto sorveglianza il traffico lungo la strada. Mediante le feritoie poste lungo le mura esterne si riusciva a controllare anche l'ingresso al forte principale. Per la tagliata stradale superiore l'armamento era ben più modesto, infatti consisteva in soli due cannoni da 12 cm modello 61 entrambe rivolte verso Pergine, fungevano anche da finestrature. In totale, vi erano 30 feritoie. Questa fortificazione poteva ospitare in tempi di guerra 48 soldati. Quest'opera subì durante il conflitto una chiusura del cortile interno e alla copertura del tetto in calcestruzzo, e sempre ben collegate mediante trincea coperta alla tagliata sottostante. I suoi cannoni furono trasferiti sul Dos Castion. Questa tagliata stradale fu costruita nella parte più stretta della serra di Cantanghel sul torrente Fersina su una posizione quasi invisibile e protetta da solide rocce; questa sbarrava la cosiddetta "strada dei Crozi". Su questa fortificazione vennero adottate le soluzioni più innovative, furono infatti realizzate due casematte per artiglierie scavate interamente nella roccia. Una novità per l'impero austro-ungarico. Una terza cannoniera fu aggiunta nel 1896 con lo scopo di sorvegliare la ferrovia della Valsugana, allora da poco compiuta. In seguito all'apertura della linea ferroviaria, nel 1897 si aggiunse allo sbarramento un fortino per fucilieri alla sbocco del tunnel "Serra". Questo fortino era collegato tramite un passaggio nascosto alla tagliata. L'armamento comprendeva 3 cannoni da 8 cm modello 95 e una guarnigione in tempi di guerra composta da 1 ufficiale e 60 soldati. Questa tagliata fu l'unica a non essere disarmata infatti già nel 1898 era armata con una batteria composta da tre cannoniere posta in caverna e che puntavano verso Civezzano. L'armamento previsto per l'intero complesso fortificato era: per il forte principale: 2 cannoni da 9 cm M75/96 F.K. 5 cannoni da 12 cm M61 K. 3 cannoni da 15 cm M61 K. per la tagliata stradale superiore: 2 cannoni da 12 cm M61 K. per la tagliata stradale inferiore: 3 cannoni da 8 cm M95 K.K. Fortezza di Trento Ecomuseo Argentario Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su complesso fortificato di Civezzano

Chiesa di Santa Maria Assunta (Civezzano)
Chiesa di Santa Maria Assunta (Civezzano)

La chiesa di Santa Maria Assunta (o dell'Assunzione) è una chiesa cattolica situata a Civezzano, in provincia di Trento; antica pieve, è sede parrocchiale nonché chiesa arcipretale e fa parte della zona pastorale della Valsugana e di Primiero dell'arcidiocesi di Trento. Non si sa di preciso quando fu fondata la pieve di Civezzano, ma gli scavi archeologici condotti nel 1990 hanno permesso di ritrovare le fondazioni di una chiesa absidata risalente al V secolo; questo edificio sembrerebbe essere stato ampliato tra l'VIII e il X secolo (con l'aggiunta di una navata e di due absidi laterali), e poi ridotto di una navata nel XII-XII secolo, probabilmente a seguito di un incendio. Nello stesso periodo, in data 19 aprile 1202, si ha la prima citazione documentale dell'edificio. Intorno al 1513 cominciarono a venire attribuiti dei miracoli a un'immagine della Madonna conservata nella chiesa, che divenne quindi una delle principali mete di pellegrinaggio di tutto il principato vescovile di Trento: il principe vescovo Bernardo Clesio decise quindi di far riedificare il tempio medievale che era ormai in precarie condizioni, campanile incluso. L'apertura del cantiere sarebbe collocabile tra il 1531 e il 1533 e i lavori, eseguiti dagli stessi maestri comacini che ricostruirono anche Santa Maria Maggiore a Trento, terminarono nel 1537. Alcuni storici locali hanno proposto la retrodatazione dell'avvio dei lavori al 1522, anno in cui a Civezzano è documentata la presenza dell'architetto e scultore Alessio Longhi: i tempi di costruzione molto più lunghi che ne deriverebbero sarebbero spiegati con vari altri impegni del Longhi e con la guerra rustica del 1525. Chiuso il cantiere, entro il 1560 si effettuarono la decorazione pittorica (in particolare il Fogolino affrescò l'arco santo nel 1538), la tinteggiatura e la posa del pavimento. La chiesa, interamente costruita con denaro derivato dalle elemosine della diocesi, era considerata una delle più belle di tutto il Trentino e venne descritta con ammirazione, tra gli altri, da Lawrence Beyerlinck, Giano Pirro Pincio e Wilhelm Gumppenberg; durante il concilio di Trento venne visitata da numerosi prelati di rilievo, tra cui Marcello Cervini, Stanislao Osio e Angelo Massarelli. Nel 1701 e poi ancora nel 1755 sono documentati lavori al tetto; nel 1771-72 la posa di due nuovi altari realizzati da Paolo Ogna comportò la copertura degli affreschi del Fogolino. Nel corso del Settecento andò anche a calare la devozione verso la Madonna di Civezzano (che "smise di operare miracoli"), sostituita da quella per la Madonna di Piné. Il 18 marzo 1808 le autorità bavaresi fecero prelevare l'immagine pinetana dalla chiesa di Sant'Anna di Montagnaga, portandola in quella di Civezzano e addirittura proibendo la celebrazione di messe a Montagnaga: pochissimi però visitarono l'icona a Civezzano e alla fine veementi proteste popolari ne comportarono la restituzione il 30 aprile dell'anno seguente; la vicenda valse oltretutto il soprannome di robamadone ("rubamadonne") ai civezzanesi i quali, secondo alcune versioni, sarebbero stati i diretti responsabili del furto, essendo penetrati nottetempo nel santuario pinetano portandosi via il quadro arrotolato. Nel 1819 venne acquistato l'altare maggiore della soppressa chiesa del Carmine di Trento, realizzato da Domenico Sartori, che venne posto in navata; le due statue di questo altare, raffiguranti sant'Anna e santa Elisabetta, opera di Giovanni Battista Fattori, vennero collocate invece ai lati dell'altar maggiore. Dalla metà dell'Ottocento partì una campagna di decorazione e restauro: nel 1854 Quirino Ognibene e Antonio Ravagni fecero alcune cornici in stucco e ritinteggiarono la chiesa, oltre forse a restaurare gli affreschi del presbiterio; nel 1863-64 vi fu il restauro di presbiterio e abside, un'altra ritinteggiatura e la riparazione del tetto; nel 1880 venne fatto il sagrato; nel 1894 venne affrescata la navata, probabilmente ad opera di un tal Giorgio Widmann. Con lo scoppio della prima guerra mondiale la chiesa subì la requisizione non solo di due campane, ma anche delle lastre in rame del tetto, sostituite da ferro zincato. Il 1º dicembre 1923 il vescovo di Trento Celestino Endrici elevò la chiesa ad arcipretale, titolo che peraltro veniva usato già da secoli, pur non essendo ufficiale. Nel 1958 vi fu un restauro degli interni con il quale, oltre a ripulire gli affreschi del presbiterio, vennero anche rimossi gli stucchi e gli affreschi che erano stati aggiunti nel secolo precedente. Altri interventi strutturali seguirono nel 1974-77 (qui venne sostituito il castelletto, che essendo pericolante aveva costretto le campane al silenzio per tre anni) e nel 1989: durante quest'ultima campagna di lavori vennero anche rinvenuti gli affreschi del Fogolino sull'arco santo, che vennero dunque staccati e ricollocati in controfacciata nel 1994. Nel 2006 c'è stato infine l'ultimo restauro degli affreschi del presbiterio. La chiesa, orientata regolarmente verso est, sorge nella piazza principale di Civezzano, rialzata su una piattaforma a gradinate; è un imponente edificio in murature di pietrame rivestito di pietra calcarea rossa, con tetto a due falde in lamiera metallica. Si presenta con facciata a capanna, delimitata da due paraste in pietra calcarea bianca con capitelli ornati da teste leonine e coppie di delfini, su cui corre un cornicione modanato; al centro si apre il portale d'accesso architravato rinascimentale: due paia di colonne sostengono un'arcata a tutto sesto con rosette scolpite nell'intradosso e due medaglioni negli angoli, recanti le effigi di Ferdinando I e Carlo V; al di sopra poggia il fastigio, con putti che reggono cornucopie e una ghirlanda, sovrastata da sette verghe e contenente lo stemma cardinalizio del Clesio sormontato dal galero. Ai fianchi del portale, poggianti sullo zoccolo, vi sono due finestrelle rettangolari sdraiate, e sopra ad esso un piccolo rosone a sei petali. La parte sommitale della facciata è costituita da un frontone triangolare con al centro un oculo. Lo zoccolo e le paraste della facciata si ripetono uguali lungo tutte le altre pareti: le fiancate vengono così suddivise in quattro settori, corrispondenti alle campate interne; sul lato destro, tre sono occupati da grandi monofore archiacute gotiche, e una (la terza) da un portale secondario architravato e frontonato; altre monofore si trovano sulla parete sud del presbiterio e sui lati obliqui dell'abside, anch'essi ripartiti in settori. La fiancata sinistra invece è cieca, e interrotta dai volumi della sagrestia e del campanile; questo è un'alta torre a base quadrata, con cella campanaria delimitata in basso da una cornice modanata e forata da strette bifore centinate: sulla cima dei mensoloni reggono un ballatoio sporgente, da cui emerge la cuspide ottagonale in tufo con sfera e croce apicali, che sui quattro lati principali è interrotta da timpani triangolari con grandi monofore archiacute. Sono presenti quattro campane; le prime due furono fuse nel 1577 (una di queste venne rifatta più volte, l'ultima nel 1731), la terza nel 1602, e la quarta nel 1846; quest'ultima venne requisita durante la prima guerra mondiale, e rimpiazzata nel 1925. L'interno della chiesa, pavimentato con quadrotte di pietra calcarea bianche e rosse disposte diagonalmente, consiste di un'unica navata, che è suddivisa da coppie di semipilastri a fascio in quattro campate; degna di nota è la voltatura a lunetta, con una reticolatura che parte dai pilastri. Nella quarta campata, a sinistra vi è l'accesso per il campanile. L'arco santo a sesto acuto (il cui intradosso è ornato da rosette scolpite come quello del portale d'ingresso) introduce al presbiterio, più stretto rispetto all'aula, rialzato su un gradino e terminante con l'abside poligonale. Anche qui dei semipilastri a fascio reggono una volta analoga a quella della navata, ma leggermente più elaborata; l'altare maggiore è opera marmorea del veneziano Giacomo Spiera. In seconda campata, sulla parete sinistra, è sospesa la cantoria con l'organo, probabilmente fatta realizzare da Sigismondo Alfonso Thun, il cui stemma campeggia al centro (la decorazione della cantoria, stemma incluso, è opera di Giovanni Battista Rovedata). La chiesa era dotata di un organo già a inizio Seicento, che venne riformato alla fine del secolo da Carlo Prati; lo strumento attuale, inserito nella cornice lignea del precedente, venne realizzato nel 1708 da Giuseppe Bonatti, restaurato nel 1864 e riformato da Tamburini di Crema nel 1976. Un altro organo, un Mascioni del 1926, è posto dietro l'altar maggiore. Le pareti del presbiterio sono ornate da affreschi di un anonimo maestro veneto cinquecentesco (sono state proposte attribuzioni a Palma il Giovane e al Brusasorzi), raffiguranti episodi della vita di Maria, con i personaggi che si muovono su dettagliati paesaggi rustici, cittadini o anche fantasiosi; le scene includono l'incontro alla Porta d'Oro, la natività di Maria, la presentazione di Maria, la visitazione, la presentazione di Gesù e l'Assunzione di Maria, e nelle lunette composizioni con angeli e i quattro evangelisti. Altri affreschi, attribuiti a Marcello Fogolino o alla sua bottega, sono appesi in controfacciata (dove sono stati collocati dopo essere stati staccati dall'arco santo). Vi sono inoltre le tele della via Crucis, opera di Antonio Longo del 1828, e diverse pale realizzate da Jacopo da Bassano e Francesco Bassano il Vecchio: predicazione e decapitazione di Giovanni Battista, incontro alla Porta d'Oro, sposalizio mistico di santa Caterina, martirio di santa Caterina, sant'Antonio abate, san Girolamo e sant'Agostino. Le vetrate sono tra le più antiche della diocesi, e raffigurano: a sinistra nell'abside: inserto con Maria Regina e il Bambino, e teste d'angelo; a destra nell'abside: sette verghe, leoni clesiani, galero, stemma del principato vescovile e un testo in tedesco che ricorda l'elezione del Clesio a cardinale; nel presbiterio: ancora Maria Regina con il Bambino, il committente, le stilizzazioni dell'Annunciazione e della Natività e lo stemma dei Thun; nelle tre finestre in navata: vari blasoni colorati. In chiesa sono infine murate alcune pietre tombali: in navata, sotto alla cantoria, si trovano i cenotafi di Baldessare Roccabruna con sua moglie Caterina da Caldes (fatto erigere nel 1564 da Gerolamo e Jacopo Roccabruna, gli stessi che ricostruirono castel Roccabruna a Fornace), di Simone Guarienti da Rallo con sua moglie Beatrice da Caldes, e del capitano Gerolamo Guarienti, signore di Seregnano e Malosco. Armando Costa (a cura di), La Chiesa di Dio che vive in Trento, Edizioni diocesane, 1986. Domenico Gobbi, Storia di Civezzano: una comunità-una pieve, 2006. Chiese della Comunità Alta Valsugana e Bersntol Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di Santa Maria Assunta Chiesa di Santa Maria Assunta, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Chiesa dei Santi Rocco e Volfango
Chiesa dei Santi Rocco e Volfango

La chiesa dei Santi Rocco e Volfango è una chiesa sussidiaria a Orzano, frazione di Civezzano, in Trentino. La sua fondazione risale al XV secolo. La chiesa venne eretta con grande probabilità attorno alla fine del XV secolo per dare alla comunità di Orzano un suo edificio di culto. Da subito la dedicazione fu per i Santi Rocco e Volfango. La decorazione ad affresco della facciata è stata eseguita quasi certamente subito dopo la sua erezione. La solenne consacrazione venne celebrata dal vescovo Corrado, suffraganeo del principe vescovo di Trento Udalrico Frundsberg, nel 1491. Durante il XX secolo la volta della sala venne decorata con dipinti murali. Un intervento di restauro conservativo indirizzato al rifacimento degli intonaci, alla ripulitura delle strutture in pietra e in marmo ed al ritocco delle decorazioni è stato attuato negli anni 2005 e 2006. La chiesa è orientata verso nord-est ed è circondata da un muretto che ne delimita il sagrato ed il piccolo piazzale attorno. Si accede all'interno da una piccola scalinata. La facciata è a capanna, con copertura a due spioventi. Si presenta con una certa asimmetria; il portale su un lato e una grande finestra con inferriate sull'altro. In alto, al centro, un piccolo oculo pure quello con inferriate. La torre campanaria non molto elevata sorge sul lato verso l'abitato. L'interno ha una sola navata coperta da una volta, e la stessa volta copre anche la parte presbiteriale. Civezzano Valsugana Regione ecclesiastica Triveneto Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa dei Santi Rocco e Volfango Chiesa dei Santi Rocco e Volfango, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Batteria Roncogno
Batteria Roncogno

La batteria Roncogno (in tedesco Batterie am Sattel von Roncogno) è una delle fortezze austro-ungarici facente parte della Fortezza di Trento (Festung Trient), presso la località di Celva al passo del Cimirlo. Il forte appartiene al grande sistema di fortificazioni austriache al confine italiano. Durante la prima guerra mondiale, questa che sorgeva sulle pendici monte Celva assieme alle opere di Civezzano sul fronte opposto, costituiva uno dei capisaldi del fronte est della fortezza di Trento. La batteria si trova leggermente più in quota rispetto al passo del Cimirlo, presso la base del monte Celva, a 8 chilometri da Trento a 805 metri di altezza, e rientra a far parte della Fortezza di Trento. Assieme alla poco sottostante e collegata batteria Cimirlo e assieme alle di fronte Complesso fortificato di Civezzano, avevano il compito di sbarrare la via al nemico proveniente dalla Valsugana, in particolare nei pressi della chiusa denominata di Cantanghel. I lavori per la sua realizzazione durarono dal 1879 al 1881; nel 1904 venne ammodernato. Le sue pareti furono costruite utilizzando pietrame calcareo squadrato reperito in zona, diversamente dai forti di Lavarone e Folgaria. Ha una struttura a ferro di cavallo, e presenta un muro a est che lo stacca dalla collina. Altre ad una cisterna interna per la riserva d'acqua e magazzini per i viveri, il forte aveva dei fari a acetilene per l'illuminazione notturna per il suo settore di tiro ed il suo perimetro difensivo. Nel marzo 1913 vi erano a presidio della batteria un comandante, 6 Landesschützen, 16 artiglieri da fortezza, 6 di riserva, 4 genieri, per un totale di 32 soldati. Fin da prima dello scoppio del conflitto la batteria era ritenuto già obsoleto dagli austro-ungarici; fu quindi deciso di disarmarlo e spostare i suoi armamenti in apposite caverne, sulla pendice settentrionale del Celva. Questo sistema di trinceramenti e batterie sono ancora oggi visitabili se muniti di apposite torce; in particolare da visitare è il "sentiero dei 100 scalini". Dopo la guerra, divenuto territorio italiano, il Demanio Militare lo ha radiato il 12 agosto 1927 mediante il Regio Decreto n. 1882, e nel 1949 divenne proprietà del comune di Trento. Solo in tempi più recenti, ovvero nel 1989, si cercò di risistemarlo per poterlo preservare. Nel 2009 la Soprintendenza per i beni architettonici della provincia, assieme all'Azienda forestale di Trento - Sopramonte, ha presentato un progetto di restauro della struttura fortificata. Nell'anno seguente si sono realizzati al suo interno i lavori di riammodernamento su progetto degli architetti Port e Gorfer; questi hanno previsto una sala espositiva di 170 m², un magazzino e i servizi igienici, cercando di non modificare troppo la sua originale destinazione. All'inizio l'armamento previsto per questa batteria era di 2 cannoni da 9 cm M75/96 F.K. Venne invece dotato di: 3 cannoni da 9 cm M75 F.K. 2 batterie Seconda una seconda fonte, il forte era armato principalmente con quattro pezzi da 12 cm Mod. 61 posti in casamatta, con un tiro orizzontale pari a 45°. Sul versante sud ed ovest vi sono alternati 8 fuciliere e i 4 finestroni per i cannoni. G.P. Sciocchetti, Manoscritto 1999. A. Gorfer, I castelli del Trentino, Arti grafiche Saturnia, 1990. Giuseppe Gorfer e Matteo Visintainer, Il Monte Celva: l'ambiente e la storia, Azienda forestale Trento – Sopramonte, Trento, 2004. Volker Jeschkeit, Il fronte orientale della fortezza di Trento: la cintura di difesa interna, dal Monte Celva fino alla Vigolana, attraverso Cimirlo, Marzola e Maranza, Curcu&Genovese, Trento, 2011. Fortezza di Trento Celva Passo del Cimirlo Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su batteria Roncogno