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Caserma Garibaldi (Milano)

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Caserma Garibaldi, Milano, sede della Polizia di Stato, Milano, veduta laterale
Caserma Garibaldi, Milano, sede della Polizia di Stato, Milano, veduta laterale

Caserma Garibaldi, è uno storico palazzo nel centro della città di Milano in stile neoclassico. Attualmente sede della Polizia di Stato, è di proprietà dell'Università Cattolica del Sacro Cuore che lo ha acquistato nel 2015 per 88 milioni di euro. Sarà destinato all'ampliamento dell'ateneo dell'Università Cattolica.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Caserma Garibaldi (Milano) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Caserma Garibaldi (Milano)
Via Santa Valeria, Milano Municipio 1

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Via Santa Valeria
20123 Milano, Municipio 1
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Delitto della Cattolica
Delitto della Cattolica

Il delitto della Cattolica è un fatto di cronaca nera avvenuto in Italia il 24 luglio 1971. Si riferisce all'omicidio della ventiseienne Simonetta Ferrero perpetrato da ignoti in un bagno femminile dell'edificio dell'Università Cattolica di Milano. Nonostante le varie ipotesi investigative formulate dagli inquirenti (non escluso quelle di un omicida seriale che collegherebbe tale morte ad altre avvenute a Milano), il caso è rimasto insoluto. Simonetta Ferrero, nata il 2 aprile 1945 da famiglia benestante piemontese, era laureata in Scienze politiche alla Cattolica e risiedeva con la famiglia a Milano, dove il padre lavorava presso la Montedison, azienda presso la quale la stessa Simonetta era stata assunta dopo la laurea per essere assegnata alla selezione del personale nella sede di piazzale Cadorna. La mattina in cui fu uccisa, un sabato, Simonetta uscì intorno alle 10:20 dall'abitazione di famiglia in via Osoppo per sbrigare alcune commissioni in quanto la sera stessa sarebbe dovuta partire per la Corsica in vacanza con i genitori; si recò con il tram 15 (il cui biglietto fu ritrovato nella sua borsetta dalla polizia) in una tappezzeria in via Luini e, a seguire, presso una profumeria in corso Vercelli dove acquistò un fermaglio e, infine, una libreria nei pressi dell'università Cattolica, dove acquistò un dizionario italiano-francese; l'ultima persona a vederla in vita fu Pietro Signorini, titolare della libreria dove, poco dopo le 11, Ferrero acquistò il dizionario. Non registrabili le sue ultime mosse: i due bidelli di servizio quel giorno all'ingresso della Cattolica, in largo Agostino Gemelli, non la videro entrare. Ignoti anche i motivi per cui quel giorno sarebbe entrata nei locali dell'ateneo; si suppose all'epoca che la giovane donna avesse intenzione di acquistare alcuni testi universitari ma che avesse trovato chiusa la libreria. Invece di tornare indietro, salì all'ammezzato per recarsi a un bagno femminile dove fu aggredita e uccisa da un ignoto omicida. La mattina di lunedì 26 luglio, alle ore 9 circa, un seminarista ventunenne di Mogliano Veneto, iscritto alla facoltà di filosofia nell'ateneo cattolico, Mario Toso (oggi vescovo e docente universitario), dopo aver partecipato in università alla messa delle 8 stava recandosi alla segreteria degli istituti religiosi tramite le scale del blocco G, il più distante dall'entrata di largo Gemelli. La sua attenzione fu richiamata dallo scrosciare ininterrotto dell'acqua proveniente dal bagno delle donne. Toso riferì agli inquirenti che la circostanza lo aveva contrariato perché, deputato alla gestione dell'ordine dei bagni e delle camerate nel suo seminario, vedeva la cosa come uno spreco e ciò lo indusse quindi a entrare nel bagno per chiudere il rubinetto. Una volta entrato scoprì il corpo pugnalato di Simonetta Ferrero. La salma, il cui riconoscimento fu affidato a due lontani parenti, perché il padre della ragazza fu colpito da due infarti e la madre ebbe un collasso una volta appresa la notizia, presentava 33 ferite di arma da taglio e sette di esse furono ritenute mortali. Il corpo era vestito, steso su un fianco in una pozza di sangue e con la borsa ancora indosso, privo di segni che indicassero violenza sessuale e con ferite sulle mani che suggerivano disperati tentativi di difesa messi in atto dalla vittima. Secondo la prima ipotesi formulata dagli inquirenti, la vittima si sarebbe recata in bagno in un luogo a lei familiare per semplici esigenze fisiologiche, ma stranamente si diresse verso i bagni del blocco G, anziché quello vicino all'ingresso dell'Università: la seconda ipotesi fu che la donna si fosse diretta alla Cattolica per fare un favore a un'amica recuperando degli appunti per un esame. Pochi giorni dopo il ritrovamento, gli appunti furono trovati sulla scrivania della Ferrero. Peraltro, fra i primi sospettati ci fu lo stesso seminarista che aveva trovato il corpo ma la pista venne abbandonata presto. Queste furono le domande verbalizzate dall'avvocato difensore di Mario Toso: Poco prima della scomparsa la commessa di una profumeria, dove si era recata la vittima, ricordò di aver notato una Fiat 500 bianca accostata al marciapiede di fronte al negozio, ma non seppe dire se a bordo vi fosse qualcuno che aspettava Simonetta e se all'uscita la ragazza salì su quella macchina oppure proseguì a piedi. Inoltre nell'Università in quel periodo lavoravano alcuni muratori che utilizzavano dei martelli pneumatici ma che, ascoltati in commissariato, risultarono estranei ai fatti. Di conseguenza l'assassino aveva sfruttato o il rumore provocato dai lavori o la pausa pranzo quando l'Università era deserta. Era da escludere lo scopo di rapina, dato che nella sua borsetta vennero trovate sia lire che franchi francesi e alla vittima non erano stati sottratti neppure alcuni gioielli di valore che indossava, ma rimane in forse il tentativo di violenza sessuale che verrà poi esclusa dall'autopsia. Fu ipotizzato che un possibile movente fosse da ricollegare alla mancata assunzione di qualche laureato alla Montedison, ma la pista fu scartata in seguito alle indagini. Il 28 luglio fu eseguita l'autopsia presso l'Istituto di Medicina Legale e delle Assicurazioni da parte dei professori Guglielmo Falzi e Giuseppe Basile: si constatò che le pugnalate erano state trentatré, tutte inferte con un coltello ben affilato a lama lunga; ventisette su trentatré colpi erano entrati in profondità, colpendo numerose volte il torace e l'addome e con esso gli organi vitali e sette erano risultati mortali, uno dei quali aveva reciso in due la carotide. Inoltre erano presenti altre ferite sulle mani, usate evidentemente per difendersi e alla schiena e fu confermata l'assenza di violenza sessuale. Il 29 luglio, nella chiesa di San Protaso, a piazzale Brescia, si svolsero i funerali della Ferrero celebrati dallo zio monsignore Carlo Ferrero, al quale presenziarono molte crocerossine, studenti della Cattolica e colleghi di lavoro. Le indagini non si fermarono e si allargarono alla provincia seguendo le segnalazioni di alcuni uomini che avevano importunato altre ragazze all'università, ma senza esito. Il 2 agosto gli inquirenti conclusero che l'assassino aveva avuto tutto il tempo necessario per cambiare abito, lavarsi dal sangue della vittima e lasciare l'università deserta. Il 4 agosto furono trovati nella Cattolica un fazzoletto, uno straccio e un indumento blu. L'assassino ha potuto contare su molti elementi a suo favore: l'Università all'ora di pranzo era quasi deserta, si stavano svolgendo rumorosi lavori di ristrutturazione molto vicini ai bagni; forse aveva già incontrato Simonetta di nascosto, la conosceva oppure l'aveva seguita. In Milano criminale di Paolo Roversi la vicenda è descritta in modo particolareggiato, sebbene con nomi diversi dei protagonisti. Carlo Lucarelli si occupò del caso nella terza puntata della seconda serie di Blu notte - Misteri italiani (28 aprile 1999). Il mostro di Milano di Fabrizio Carcano: il delitto della Cattolica viene collegato ai precedenti e successivi dieci omicidi commessi da un assassino seriale mai identificato, che avrebbe colpito a Milano tra il 1969 e il 1975, colpendo soprattutto prostitute. Andrea Camilleri descrisse la storia in maniera romanzata in «Salvo amato…» «Livia mia…», racconto della raccolta Gli arancini di Montalbano. Enzo Magrì, Il misterioso omicidio della Cattolica, in AA.VV., I veri «gialli» della nera, a cura di Daniele Protti, introduzione di Carlo Lucarelli, Milano, RCS Periodici, 2003. Pier Mario Fasanotti, Valeria Gandus, Bang Bang. Gli altri delitti degli anni di piombo, Milano, Tropea, 2004, ISBN 88-438-0422-7. Carlo Lucarelli, Massimo Picozzi, La nera. Storia fotografica di grandi delitti italiani dal 1946 a oggi, Milano, Mondadori, 2008, ISBN 88-04-57540-9. Luca Steffenoni, Manuela Alessandra Filippi, Psyco Mappe. Due viandanti persi tra arte e delitti milanesi, Milano, Adagio, 2014, ISBN 88-96337-14-3. Paolo Roversi, Milano criminale, Venezia, Marsilio Editori, 2015, ISBN 9788831720410. Gianni Marilotti, Delitto alla Cattolica, Genova, Fratelli Frilli Editori, 2017, ISBN 978-88-6943-176-0 Fabrizio Carcano, Il mostro di Milano, Milano, Mursia Editore, 2017 ISBN 978-88-42558-61-3

Tempio della Vittoria (Milano)
Tempio della Vittoria (Milano)

Il Tempio della Vittoria, o anche Sacrario dei Caduti Milanesi o Monumento ai caduti, è un complesso monumentale situato in largo Agostino Gemelli fra la zona absidale della basilica di Sant'Ambrogio e la sede dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, nel centro di Milano. Viene gestito dall'Unità Cimiteri 3, l'ente municipale che gestisce il Cimitero Monumentale. Il monumento, dedicato dalle Associazioni Combattentistiche alla memoria dei milanesi caduti durante la Grande Guerra, fu costruito su progetto dell'architetto Giovanni Muzio con la collaborazione di Alberto Alpago Novello, Tomaso Buzzi, Ottavio Cabiati e Gio Ponti fra il 1927 e il 1930 e venne inaugurato il 4 novembre 1928 con una grande cerimonia in cui il Duca d'Aosta, comandante della 3ª Armata del Regio Esercito durante la prima guerra mondiale, lesse alla enorme folla presente, composta soprattutto da reduci, il testo del Bollettino della Vittoria del 1918. Sul sagrato del Tempio era collocato il gruppo scultoreo in gesso di Libero Andreotti dal titolo Ritorno dopo la vittoria, poi non fuso in bronzo. Gravemente danneggiato durante i pesanti bombardamenti su Milano del 1943, fu ricostruito, e nel 1973 venne ampliato con il grande Sacrario che si sviluppa su tre piani sotterranei su progetto di Mario Baccini e che contiene diecimila nomi di caduti scolpiti in bronzo e dove, in un ossario, sono tumulati i resti dei caduti milanesi della grande guerra, tra i quali Franco Scarioni ed Edoardo Colombo, ma anche personaggi come Vincenzo Basilisco, vice brigadiere della R.S.I. ucciso dai G.A.P., ed Enrico Torchio, partigiano che faceva spionaggio per gli inglesi, ucciso la mattina della Liberazione. Il tempio fu inaugurato il 4 novembre 1928 in occasione del primo decennale della fine della Prima guerra mondiale e della Vittoria contro gli Austriaci -evento da cui deriva il nome del monumento- ottenuta il 4 novembre 1918. Il complesso sorge su impianto ottagonale delimitato da un recinto di pietra nera che ripropone le medesime misure e il medesimo orientamento dell'atrio della Basilica di Sant'Ambrogio ed è concepito in un percorso simbolico e allegorico preciso e onnipresente. È edificato in marmo bianco di Musso, continuazione di una tradizione espressa nelle colonne di San Lorenzo e del Duomo; anche nella scelta del luogo ove il tempio sorge si riconosce la simbologia che accompagna tutta la struttura: il luogo è infatti quello dove anticamente, nei pressi della basilica di Sant'Ambrogio, si trovava il cœmeterium ad martyres - il cimitero dei martiri - dell'epoca paleocristiana a cui si ricollegano idealmente i soldati martiri della Grande Guerra. Una grande statua in bronzo e dorature alta quattro metri e mezzo in cui viene raffiguratoSant'Ambrogio che calpesta i sette vizi capitali, opera bronzea del 1928 di Adolfo Wildt, è posta all'ingresso del mausoleo. Gli otto lati della costruzione sono orientati in direzione delle otto porte di Milano a ricordare le vie attraverso le quali i soldati lasciarono la città per unirsi alle truppe italiane; i quattro lati principali, occupati da quattro grandi archi a tutto sesto, recano simboli in forma di rilievo e di gruppi scultorei dedicati a ciascuno dei quattro anni di durata della guerra, con i nomi delle grandi battaglie sostenute dalle Forze Armate e la cui terra dei campi di battaglia è conservata in urne di pietra nera poste fra una nicchie e l'altra; i quattro lati secondari, invece, simboleggiano i quattro elementi naturali - terra, acqua, fuoco, aria - e sono occupati da nicchie ad arco più piccole sormontate da timpani triangolari di impostazione classica. Per una bibliografia completa sul monumento si veda: Giovanni Muzio, Monumento ai Caduti, su Ordine degli Architetti P.P.C. della Provincia di Milano, http://www.ordinearchitetti.mi.it/. URL consultato il 12 settembre 2014 (archiviato dall'url originale il 12 settembre 2014). Prima guerra mondiale Monumenti di Milano Cimitero di guerra Novecento (movimento artistico) Faro della Vittoria (Torino) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su tempio della Vittoria

Piazza Sant'Ambrogio
Piazza Sant'Ambrogio

Piazza Sant'Ambrogio è una piazza di Milano, sviluppata tra via Giosuè Carducci, via San Vittore, via Lanzone, l'Università Cattolica del Sacro Cuore, via Santa Valeria e le vie Sant'Agnese e di Terraggio. Basilica di Sant'Ambrogio, da cui la piazza tra il suo nome; Sacrario dei Caduti milanesi, costruito su progetto dell'architetto Giovanni Muzio, inaugurato il 4 novembre 1928 in memoria dei caduti per il decennale di Vittorio Veneto. Successivamente ornato con effigie bronzea di Sant'Ambrogio modellata da Adolfo Wildt; la Pusterla di Sant'Ambrogio venne eretta dopo la rovina del Barbarossa. Infilava il rettilineo per la Chiesa di San Vittore al Corpo. Nel 1937 venne restaurata per opera della Sovrintendenza ai monumenti. Nel 1943 fu pesantemente danneggiata dai bombardamenti e per i successivi quattro anni è stata occupata dai barboni. In seguito, l'antiquario Giovanni Giorgetti riuscì nell'intento di allestirvi un museo delle armi, che ebbe però breve durata. Nel 1989 venne aperto un museo delle torture, seguito da una esposizione di ragni e serpenti, per poi spegnersi ogni attività; la colonna del Diavolo, presenta due fori che secondo la tradizione milanese furono il risultato di una lotta tra Sant'Ambrogio e il diavolo; l'Università Cattolica del Sacro Cuore; l'attuale Caserma Garibaldi della Polizia di Stato, fu progetta da Gerolamo Rossi nel 1807 e conclusa da Giovanni Voghera nel 1843, diventando la Caserma dei Veliti Reali. La sua costruzione ha "inghiottito" l'intero convento dei francescani, risalente al XIV secolo e dedicato per l'appunto a San Francesco. Al suo interno, nella chiesa di San Francesco Grande, la Confraternita della concezione finanziò nel 1483 un'ancona d'altare, scolpita e dipinta, con al centro la "Vergine delle rocce" di Leonardo da Vinci. In seguito, il dipinto andò in possesso agli eredi della Confraternita ma venne trascurato, fino ad essere svenduto ad un collezionista inglese. Oggi è pertanto esposto alla National Gallery di Londra; Casa Caccia Dominioni, costruita dal 1947 al 1949 su progetto di Luigi Caccia Dominioni. Nelle vicinanze: il cinema Gnomo (sospeso da dicembre 2012); all'origine aveva una programmazione per un pubblico di ragazzi. il Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci; via Sant'Agnese, così chiamata perché vi sorse, dal 1469 al 1798, un convento di monache. Inserito nel Piano Urbano Parcheggi del 1985, il progetto definitivo è stato approvato nel 2000 e porterà alla realizzazione di un nuovo parcheggio sotterraneo e di un corso pedonale. Da alcuni anni è stato allestito il cantiere e sono cominciati i lavori, sebbene con ripetute sospensioni. Nell'autunno 2009 il cantiere era stato temporaneamente sospeso a causa dei rilievi archeologici rinvenuti nel corso degli scavi. A gennaio 2010, sotto la direzione dell'architetto Alberto Artioli, il progetto viene definitivamente approvato.. Nel 2010 l'allora assessore ai lavori pubblici e alle infrastrutture del Comune di Milano, Bruno Simini, assicura che in tre anni la piazza e il parcheggio saranno completati: una struttura di cinque piani per un totale di 581 nuovi parcheggi, di cui 347 per i residenti (su tre piani) e 234 pubblici (su due piani), oltre a 70 posti per le moto. I lavori, il cui completamento era previsto per novembre 2013, sono terminati nel 2014. Sant'Ambrogio Cadorna FN Basilica di Sant'Ambrogio Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su piazza Sant’Ambrogio Blog sui lavori, su salvalapiazza.wordpress.com.

Basilica di Sant'Ambrogio
Basilica di Sant'Ambrogio

La basilica di Sant'Ambrogio (basilega de Sant Ambroeus in dialetto milanese), il cui nome completo è basilica romana minore collegiata abbaziale prepositurale di Sant'Ambrogio (nome originario paleocristiano basilica martyrum), è una delle più antiche chiese di Milano. Si trova in piazza Sant'Ambrogio e rappresenta non solo un monumento dell'epoca paleocristiana e romanica, ma anche un punto fondamentale della storia milanese e della Chiesa ambrosiana. È tradizionalmente considerata la seconda chiesa per importanza della città dopo il Duomo di Milano. Insieme alla basilica prophetarum, alla basilica apostolorum ed alla basilica virginum, la basilica martyrum è annoverata tra le quattro basiliche ambrosiane, ovvero quelle fatte costruire da sant'Ambrogio. Edificata tra il 379 e il 386 in epoca romana tardoimperiale per volere del vescovo di Milano Ambrogio, nell'epoca in cui la città romana di Mediolanum (la moderna Milano) fu capitale dell'Impero romano d'Occidente (ruolo che ricoprì dal 286 al 402), venne quasi totalmente ricostruita assumendo l'aspetto definitivo tra il 1088 e inizio XII secolo. Della chiesa originale paleocristiana del IV secolo la nuova basilica dell'XI secolo ereditò scrupolosamente la pianta: tre navate absidate senza transetto con quadriportico antistante. Il suo complesso architettonico è composto dal monastero di Sant'Ambrogio, dalla canonica di Sant'Ambrogio, dalla chiesa di San Sigismondo e dalla basilica. È una delle basiliche paleocristiane di Milano. Notevoli, da un punto di vista artistico, sono il portale dell'ingresso principale della basilica, che è caratterizzato da una minuziosa decorazione a rilievo, l'altare di Sant'Ambrogio, realizzato tra l'824 e l'859 da Vuolvino su commissione dell'arcivescovo di Milano Angilberto II e avente un prezioso paliotto aureo in rilievo con pietre incastonate su tutti e quattro i lati, il ciborio di epoca ottoniana, che si poggia su quattro colonne in porfido rosso e che presenta, sulle quattro facce, altorilievi in stucco, nonché il catino absidale, che è decorato da un mosaico che risale all'XI secolo, e il sacello paleocristiano di San Vittore in ciel d'oro, che risale al V secolo e che ha una volta completamente decorata da foglia d'oro. Il sacello di San Vittore in ciel d'oro ha le pareti laterali ricoperte da un mosaico dove sono raffigurati sei santi, tra cui sant'Ambrogio; quest'ultima è la più antica raffigurazione conosciuta del santo milanese.