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Corte Lando

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Corte Lando Padova
Corte Lando Padova

La Corte di Ca' Lando (o Lando-Correr) è un complesso residenziale storico di Padova, formato da 12 unità abitative a schiera che si articolano attorno a una corte centrale su cui si affaccia, opposta all'ingresso, una chiesetta nota come chiesa di San Marco di Ca' Lando, dedicata a san Marco, san Vitale e santa Elisabetta. Il progetto, commissionato dal protonotario apostolico Marco Lando nel 1513 e realizzato dal cugino Pietro Lando nel 1532, era finalizzato ad accogliere le famiglie povere della città nelle abitazioni. Dal 1984 la corte appartiene al Comune di Padova che ha rispettato l'originario fine di accoglienza dell'istituzione, concedendo gli spazi a diverse associazioni di assistenza. Inoltre, a partire dal 2021 la chiesa sconsacrata è stata data in concessione all'Università di Padova come ambiente di ricerca e studio per il dipartimento di Ingegneria Edile, Civile e Ambientale.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Corte Lando (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Corte Lando
Via Aristide Gabelli, Padova Forcellini

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Via Aristide Gabelli 61
35121 Padova, Forcellini
Veneto, Italia
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Corte Lando Padova
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Luoghi vicini

Chiesa di Sant'Eufemia (Padova)

La chiesa di Sant'Eufemia ora Palazzo Mocenigo Querini era un edificio religioso di origine paleocristiana che si affacciava sulla strada (ora via) Sant'Eufemia a Padova. La chiesa rovinò durante il XIV secolo. A ricordo della chiesa rimane l'antico toponimo della strada prospiciente chiamata appunto "di Sant'Eufemia". Sui resti della chiesa nel 1540 Antonio Mocenigo intraprese la costruzione di un grande palazzo, concluso poi dal figlio Lunardo, per il quale è documentata una consulenza tecnica di Andrea Palladio. Della chiesa rimane una parte ipogea ed il campanile, trasformato in torrazzo. Nel palazzo morì Ferdinando, ultimo duca di Mantova e nacque Ippolito Nievo. Oggi il palazzo è occupato dal collegio universitario "Lina Meneghetti" Secondo la tradizione il luogo di culto dedicato ad Eufemia martire di Calcedonia, risaliva all'epoca di Prosdocimo primo vescovo di Padova. I ritrovamenti archeologici confermano che la chiesa si principiò sul luogo di un hospitium del III secolo forse già domus nel I secolo (ipotesi mossa da Cesira Gasparotto). Citata nel 1091 non compare nell'elenco delle chiese parrocchiali del 1308. Nel 1440 la chiesa era probabilmente in stato di rudere tanto che l'Ongarello ne notò solo il campanile. La chiesa aveva l'abside orientato a settentrione che comportò il sinuoso andamento della strada. Carlo Frison (1992) ipotizzò una similanza tra l'antico edificio padovano e la primitiva basilica di Santa Croce in Gerusalemme a Roma. Sopra i resti della chiesa Antonio Mocenigo fece costruire nel 1540 un grande palazzo su progetto di Agostino Righetti: questo edificio rispettò i resti della chiesa che vennero inglobati nei piani interrati poi in parte convertiti a cappella, a riverenza del primitivo sacro luogo di cui si conservarono alcune pareti e colonne, ancora visibili. Nel 1557 il figlio di Antonio, Lunardo Mocenigo, fece subentrare nel cantiere Andrea Palladio che lo portò a compimento. Nel 1619, i Mocenigo cedettero l'intero complesso al veneziano Vincenzo Belloni. Belloni, aggregato al patriziato nel 1647, avviò una nuova fase di lavori nel Palazzo, creando tre ampi appartamenti sovrapposti con numerose stanze, gallerie coperte da travi di legno o volte affrescate e camini in marmo. Al XVI e XVII secolo risalgono anche le decorazioni presenti nel palazzo. A metà cinquecento venne decorata l'ala sud da Giovanni Battista Zelotti, affiancato con probabilità dallo specialista in grottesche Eliodoro Forbicini e da Benedetto Caliari. A metà del seicento, invece, venne decorata l'ala nord dal pittore fiammingo Daniel van den Dyck, con Pietro Ricchi e il poco conosciuto Giovanni Battista Accolla. Dopo l'estinzione della linea maschile dei Belloni nel 1673, il palazzo passò ai Battaglia, un'altra famiglia patrizia veneziana che trasformò ulteriormente il palazzo fra sette e ottocento. In quel periodo il Palazzo si legò anche a due figure note. Il 5 luglio 1708 morì nel palazzo Ferdinando Carlo di Gonzaga-Nevers ultimo duca di Mantova, poi sepolto nella chiesa di San Francesco Grande. Il 30 novembre 1831 nacque nel palazzo lo scrittore Ippolito Nievo. In due acquisti effettuati nel 1955 e 1962 il palazzo è stato acquisito dall'Università di Padova che l'ha trasformato nel collegio universitario femminile "Lina Meneghetti" su progetto di Daniele Calabi e Giulio Brunetta. Più tardi trasferito all'ESU e chiuso a seguito del terremoto del 2012, il collegio è oggi in ristrutturazione. Chiese di Padova Diocesi di Padova Monumenti di Padova Palazzo Mocenigo - Querini, su salvalarte.legambientepadova.it, Legambiente. URL consultato l'11 settembre 2021 (archiviato dall'url originale l'11 settembre 2021).

Loggia e Odeo Cornaro
Loggia e Odeo Cornaro

La Loggia e l'Odeo Cornaro erano parte di un più ampio complesso di edifici e giardini fatto costruire da Alvise Cornaro nella prima metà del XVI secolo, nel vasto parco della sua residenza di via del Bersaglio (oggi via Melchiorre Cesarotti) a Padova, a pochi passi dalla Basilica di Sant'Antonio. Del progetto originario rimane un cortile rettangolare di circa 32 per 18 metri: la Loggia ne occupa l'intero lato corto e l'Odeo si affaccia al centro del lato lungo. In corrispondenza dell'attuale ingresso sorgeva un tempo l'abitazione padronale, poi distrutta e sostituita nel XIX secolo da un altro edificio. Nel seicento, durante e dopo gli studi universitari, abitò in questa casa Elena Lucrezia Corner di cui Alvise Corner era il trisnonno. Il Cornaro volle la Loggia per realizzare la propria idea di teatro umanistico, inteso sia come spazio fisico e architettonico ispirato a modelli classici greco-romani, sia come rappresentazione di pièces letterarie antiche e moderne. La Loggia, progettata dall'architetto e pittore Giovanni Maria Falconetto nel 1524, assolveva alla funzione di frons scenae del teatro. Dal giardino antistante il padrone di casa e i suoi amici umanisti assistevano agli spettacoli degli artisti più in voga al tempo, primo fra tutti Angelo Beolco detto il Ruzante, uno degli amici più fidati del Cornaro. L'Odeo fu costruito a dieci anni di distanza dalla Loggia ed è dotato di un'acustica particolarmente curata: era lo spazio destinato alla musica e alle recitazioni poetiche e, dal 1540, divenne la sede dell'Accademia degli Infiammati.

Chiesa dell'Immacolata (Padova)
Chiesa dell'Immacolata (Padova)

La chiesa della Madonna Immacolata conosciuta anche come chiesa di Santa Maria Iconia, è un edificio religioso che si erge in borgo Portello, ora via Belzoni a Padova. L'attuale costruzione sorse negli anni cinquanta dell'Ottocento su una precedente medievale, dedicata a Santa Maria Iconia che fu prima dei Cavalieri Templari, poi commenda dei Cavalieri di Malta che la ressero, con San Giovanni Battista delle Navi, sino alle soppressioni ecclesiastiche napoleoniche. Al suo interno si conserva il corpo del beato Antonio Manzoni detto "il Pellegrino". La chiesa di Santa Maria Iconia nacque come luogo di culto di una importante precettoria templare che accoglieva i crociati in viaggio, diretti a Venezia e quindi verso la Terra santa. Il primo documento a citarla è datato 1165, mentre il 25 settembre 1174 Gerardino donava alla chiesa 100 soldi, mentre il visdomino Ottaviano il 29 settembre 1182 concedeva a "Santa Maria del Tempio" due mansi. Importante fu l'indulgenza speciale che concesse Nicolò IV il 28 luglio 1290 a quanti avessero visitato il luogo di culto nelle festività mariane e nei conseguenti otto dì. L'ultimo precettore fu fra' Francesco da Piacenza poi, a seguito della soppressione dell'ordine Templare, divenne parrocchiale per un breve periodo sino al 1312 quando divenne, conservando la cura d'anime, commenda dei Cavalieri di Malta che la ressero al 1807, quando fu acquistata da un certo Luigi Gaudio che la convertì ad altri usi. Venne demolita entro il 1834. La chiesa, di modeste dimensioni (metri 16,80 per 9,5) aveva l'abside rivolta verso levante, era praticamente parallela alla vicina strada. Sino alla demolizione conservava ancora aspetto pressoché medievale, senza contare di alcuni interventi che l'alterarono nel 1683. Molto simile alla chiesa di Sant'Agnese, aveva facciata dotata di protiro e forata da un oculo. La fiancata era aperta da piccole finestre alla palladiana e da un portale. Sopra, verso l'abside si ergeva un piccolo campanile romanico. L'interno era dotato di tre altari: sul maggiore vi era l'Assunta con gli Apostoli di Palma il Giovane, su quello di destra Battesimo di Cristo di Paolo Caliari (già a San Giovanni alle Navi) e su quello di sinistra Deposizione di Pietro Damini. La particolare titolazione alla Vergine "Iconia" pare derivare da una deformazione popolare di "cuneus" ovvero appezzamento stretto da due fiumi. L'attuale chiesa fu principiata nel 1854 per volere di don Antonio Troilo su progetto in tardo stile neoclassico dell'architetto Tosini. Si intendeva erigere una nuova sede parrocchiale a sostituzione della chiesa di Ognissanti (che ebbe il titolo di parrocchiale a seguito delle legislazioni napoleoniche) per agevolare quei fedeli che già negli anni '30 dell'Ottocento lamentavano dell'eccessivo decentramento della chiesa di Ognissanti. Si occupò in parte lo spazio della vecchia chiesa di Santa Maria Iconia, a cui i portellati erano molto legati, dando così un senso di continuità alla nuova costruzione che fu inaugurata il 28 novembre 1864. Prima fu titolata ad Ognissanti, ma poi assunse il nome di Immacolata. Nella chiesa confluirono gli arredi e suppellettili delle chiese di Ognissanti e della Beata Elena, tra cui i corpi del Beato Ongarello e del beato Antonio Manzoni detto "il Pellegrino" questo proveniente dalla omonima chiesa di borgo Molino. Oggi la parrocchiale appartenente al vicariato della Cattedrale. È assoggetta alla parrocchia la chiesa della Beata Elena con i titolo di oratorio e la cappella dell'istituto del Sacro Cuore. La chiesa ha la facciata rivolta verso meridione, perpendicolare rispetto alla via. L'imponente costruzione, assai sviluppata in altezza, è stata eretta con particolare opus che alterna l'uso di pietra e cotto. La facciata intonacata è caratterizzata da due coppie di semicolonne di ordine ionico, che reggono un attico decorato da altorilievi raffiguranti vasi sacri, insegne vescovili e papali. Vi si inserisce un'arcata su cui sotto si apre il grande portale e sopra, l'iscrizione che ricorda la titolazione della chiesa. Il severo interno è arricchito da altari e opere provenienti da altre chiese, scomparse e no: oltre all'antica statua quattrocentesca della Madonna dei Barcaroli, due tele di Francesco Maffei (San Giovanni in Patmos e Crocifissione già ad Ognissanti), un'Assunta di Sante Peranda, pala con Madonna con i Santi Mauro e Agnese di Bonifacio de' Pitati, una serie di tele di Gaspare Diziani (Giobbe schernito dalla moglie, Uccisione di Agar, Cacciata di Eliodoro, Miracolo di Gedeone, La veste di San Giuseppe mostrata a Giacobbe, Agar e Samuele). Sopra la grande cantoria, all'interno di una cassa lignea in stile classico, si trova l'organo meccanico opera di Angelo Agostini, databile agli anni intorno al 1865. La facciata è caratterizzata da 27 canne disposte a cuspide centrale con ali laterali, tutte appartenenti al principale 8'. La consolle a finestra è composta da un manuale di 58 tasti in osso ed ebano e da una pedaliera piatta di 24 tasti. Azionamento ad elettroventilatore. Giovambattista Rossetti, Descrizione delle pitture, sculture, ed architetture di Padova, in Padova 1780 Stamperia del Seminario Giannantonio Moschini, Guida per la città di Padova, Atesa editrice AA.VV., Padova Basiliche e chiese, Neri Pozza Editore Giuseppe Toffanin, Le strade di Padova, Newton e Compton Editori Maria Cristina Forato, La chiesa di Ognissanti in Padova AA.VV., Padova, Medoacus Chiese di Padova Diocesi di Padova Monumenti di Padova Cavalieri di Malta Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa della Beata Vergine Immacolata