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Viadotto San Giuliano

Autostrada A1 (Italia)NazzanoPagine con collegamenti non funzionantiPagine con mappePonti ad arco
Ponti autostradali d'ItaliaPonti della città metropolitana di Roma CapitalePonti di Carlo Cestelli GuidiPonti in calcestruzzoStrada europea E35 in ItaliaStrada europea E45 in Italia
Autostrada A1 viadotto San Giuliano disegno
Autostrada A1 viadotto San Giuliano disegno

Il viadotto San Giuliano è un viadotto autostradale italiano, sito lungo l'autostrada A1 (in questo tratto parte delle strade europee E35 ed E45) nel territorio comunale di Nazzano. Il viadotto valica il Vallone San Giuliano ed è posto nelle immediate vicinanze di un'ansa del fiume Tevere. Il viadotto, commissionato dalla Società Autostrade, fu progettato dall'ingegnere Carlo Cestelli Guidi con la collaborazione degli ingegneri Mario Fernando Guiducci e F. Schiavani, e costruito dall'impresa De Lieto. Venne aperto al traffico il 19 settembre 1963, data dell'apertura della tratta autostradale da Magliano Sabina a Roma nord. Il viadotto varca il Vallone San Giuliano, caratterizzato da fianchi scoscesi e formati da terreni franosi (limo e argilla); vista la difficoltà del terreno, i progettisti prescelsero una soluzione ad arco, con fondazioni poggianti su pali profondi fino a 18 m. Il viadotto ha una lunghezza totale di 376 m, con la parte centrale in rettilineo e le parti laterali che formano due curve in direzioni opposte. L'arcata centrale ha una luce di 100 m, mentre le campate laterali – 3 verso Firenze e 5 verso Roma – di 32 m. Staticamente l'opera si compone di due strutture indipendenti parallele, una per carreggiata. L'autostrada corre ad un'altezza di circa 74 m sopra il suolo. Prof. Dott. Carlo Cestelli Guidi, Il viadotto di San Giuliano, in L'Industria Italiana del Cemento, anno XXXIII, n. 9, settembre 1963, pp. 693-706, ISSN 0019-7637. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su viadotto San Giuliano Immagine del viadotto in costruzione (JPG) , su streampro.autostrade.it.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Viadotto San Giuliano (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Viadotto San Giuliano
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Autostrada A1 viadotto San Giuliano disegno
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Farfa

Il Farfa è un fiume, affluente della riva sinistra del fiume Tevere. Nasce nei Monti Lucretili, originato dalla confluenza del Fosso della Mola (o Rumeano), del Fosso delle Mole e dal contributo delle copiose sorgenti dette "Le Capore", situate nel territorio comunale di Frasso Sabino, in realtà quasi totalmente convogliate dall'ACEA nell'acquedotto del Peschiera-Capore che alimenta Roma. È un affluente del fiume Tevere a regime quasi torrentizio con alveo la cui componente sassi-ciottoli è preponderante. Il Farfa bagna i comuni di Monteleone Sabino, Frasso Sabino, Casaprota, Poggio Nativo, Mompeo, Salisano, Castelnuovo di Farfa, Fara in Sabina e Montopoli di Sabina dove segna il confine tra i due comuni e dove, nel territorio di Montopoli scavò nei secoli un ponte naturale nei depositi fluvio-lacustri quaternari (sabbioso-conglomeratici), ora distrutto (vedi Ponte Sfondato). Il Farfa continua nella Valle del Tevere nei comuni di Torrita Tiberina e Nazzano nella Città Metropolitana di Roma, dove, alla confluenza del Farfa col fiume Tevere, nel 1979 dopo la costruzione della diga di Meana e la formazione del Lago di Nazzano è stata istituita una riserva naturale gestita dalla Regione Lazio: la Riserva naturale di Nazzano, Tevere-Farfa. Le acque del Farfa sono particolarmente fredde. Per via del suo letto, costituito essenzialmente da ciottoli, e per via della notevole impetuosità, le acque del torrente, in particolari circostanze, possono assumere una colorazione quasi bianca, dovuta all'effervescente spumosità che vi si crea, tale da sembrare un vero e proprio fiume di latte. Per la sua frescura, e per la presenza di ampie sponde a ciottoli, in estate il torrente diviene anche un luogo di balneazione. Con la costruzione di una diga a Salisano che ne capta l'acqua quasi alla fonte, la sua portata è di molto inferiore a quella originale. La sua acqua, infatti, viene prelevata e convogliata nell'Acquedotto del Peschiera-Capore (il cui nome deriva da quello della sorgente del Farfa) che rifornisce la Capitale. A maggio del 2008, l'associazione ONLUS Giardino faunistico di Piano dell'Abatino, della provincia di Rieti, ha presentato alla Regione Lazio una proposta per la creazione di un Monumento naturale sul corso inferiore del fiume. È un tratto del fiume che, al di là delle leggi nazionali di tutela, non gode di particolari protezioni ed è sottoposto a gravi rischi di inquinamento causato da impianti di lavorazioni di inerti, di produzioni di materiali bituminosi, e da scarichi fognari non depurati. Nell'insieme, le acque del Farfa sono particolarmente pulite, soprattutto nel tratto iniziale, con presenze faunistiche e floristiche di un certo pregio. Ma più a valle, mano a mano che ci si avvicina alle foci, la qualità decade e le specie faunistiche si impoveriscono anche per la forte pressione antropica dovuta all'esercizio venatorio. Questa proposta di area protetta risponde, quindi, all'esigenza di tutelare un corso d'acqua di pregio costantemente utilizzato, dalle popolazioni locali, per la balneazione e lo svago, durante l'estate, ma anche per attività alieutiche nei laghetti presenti sul territorio di Castelnuovo di Farfa, dove si potrebbero realizzare programmi di ripopolamento di specie autoctone di salmonidi, di altre specie ittiche, e di crostacei. La proposta intende fermare il degrado cui andrebbe incontro l'intero corso del fiume e valorizzarne sia gli aspetti naturalistici sia la pubblica fruizione compatibilmente con un ecosistema fragile e sottoposto a forte pressione antropica. Grazie alla Legge Regionale del 22 ottobre 2018, n.7 (pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio del 23 ottobre 2018, n.86) il tratto finale del fiume che va dalla località Granica (frazione di Montopoli di Sabina) alla confluenza con il fiume Tevere, è stato incluso nella Riserva naturale di Nazzano, Tevere-Farfa. Il Farfa è citato da Ovidio, nelle Metamorfosi, col nome di Farfarus: Le acque limpide del Farfa sono oggetto di una citazione di Sidonio Apollinare, poeta e santo, in viaggio da Ravenna a Roma nel 467: Valle del Tevere Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Farfa Wikivoyage contiene informazioni turistiche su Farfa

Civitella San Paolo
Civitella San Paolo

Civitella San Paolo è un comune italiano di 1 949 abitanti della città metropolitana di Roma Capitale nel Lazio. Il territorio del comune di Civitella San Paolo è situato geograficamente nella valle del Tevere, i terrazzi fluviali raggiungono la massima altitudine con i 288 m s.l.m. del colle del monte Cucolo. Classificazione climatica: zona D, 1811 GR/G. Nei documenti si trova menzionato con il nome di Civitas de Colonis, che divenne poi "Civitella". Il borgo sorge nel territorio un tempo chiamato "Collinense", tra le colline che circondano il Tevere; in origine era probabilmente abitato dai cittadini di Capena fuggiti dalla loro città in seguito alle invasioni barbariche. La prima documentazione che ne attesta l'esistenza risale però alla bolla di papa Gregorio VII del 1081, in cui compare con il nome di Civitas de Colonis. Il nome di Civitella deriva dal vocabolo latino Civitatula, diminutivo di civitas, che significa 'piccola città', e dalla sua trasformazione nel volgare Civitatella, da cui finalmente, per abbreviazione, Civitella. È probabilmente uno dei siti prescelti di emigrazione dalle città capenati, forse dalla stessa Capena dopo l'abbandono tra IV e V secolo d.C.. Nel Medioevo, a questo toponimo si aggiunse anche una specificazione che indicava che il centro abitato fosse una colonia, cioè un centro abitato direttamente fondato da parte dello Stato Pontificio. È menzionata, infatti, in una bolla di papa Gregorio VII del 1081, come Civitas de Colonis, pertinenza del monastero di San Paolo fuori le Mura di Roma, che attraverso il possesso di città, terre, castelli e chiese, Gregorio VII aveva donato un potere enorme all'abbazia: la facoltà d'essere svincolata dall'autorità civile ed ecclesiastica (dioecesis nullius), fatto salva l'autorità indiscussa dello stesso pontefice: aveva offerto ai monaci paolini il controllo e la giurisdizione di un vastissimo territorio compreso per la maggior parte tra la riva destra del Tevere, la via Cassia ed il monte Soratte, un tempo sottoposto alle diocesi di Nepi e di Sutri, la cui signoria si estendeva in uno stato monastico-feudale sino alla Flaminia e la Cassia, comprendente i comuni di Capena, Castelnuovo di Porto, Riano, Morlupo, Magliano, Cesano, Galeria e Campagnano. Nel XII secolo i monaci concessero il borgo in enfiteusi a Tebaldo di Cencio; successivamente fu usurpata dai figli Cencio e Stefano. Nel 1416 Civitella Sancti Pauli figura nell'elenco delle comunità soggette al contributo semestrale dell'imposta sul sale e focatico, con un consumo di 10 rubbi, corrispondente ad una popolazione stimabile in 850 abitanti. Nel 1427 figura come bene personale di Odoardo Colonna alla cui famiglia era stata attribuita da papa Martino V che tuttavia dovettero restituire alla Chiesa con l'elezione di papa Eugenio IV. Nel 1434, papa Eugenio IV la diede in enfiteusi a Giorgio e Battista (Ridolfini?) di Giovanni da Narni, creditori del pontefice di 5000 fiorini per i servigi a lui resi. Tra il 1434 ed il 1435 Civitella San Paolo fu chiamata a contribuire con l'invio di trenta fanti armati a Bracciano, ad ingrossare l'esercito pontificio di Eugenio IV contro Niccolò Fortebraccio. Il 18 marzo 1452 i monaci di San Paolo ricomprarono il feudo civitellese da Battista da Narni e dai figli del quondam Giorgio, Antonio e Giovanni, per un prezzo di 2000 ducati. Civitella San Paolo ebbe un proprio scalo fluviale in età medievale, chiamato "Barcana", termine derivato da una barca tenuta a spese della Comunità della valle del Tevere, presso il moderno passo di Fiano. È probabile che in località Meana, oggi nel comune di Nazzano, esistesse un pontile attrezzato, delle baracche ed una imbarcazione, utilizzati dalla Comunità e dal Monastero di San Paolo sino agli inizi del XVII secolo, dal nome di "Porto Vecchio". Nel 1497 Civitella San Paolo inviò alcuni fanti armati nell'esercito di papa Alessandro VI, nella sfortunata guerra contro Gentil Virginio Orsini a Bracciano. Nel 1616 fu emanato ed approvato lo statuto, da parte dell'abate Alessandro da Brescia. Nel 1703 in tutto lo Stato Pontificio furono avvertite numerose scosse di terremoto, ma Civitella San Paolo non ebbe particolari danni. È attestato come nei documenti ufficiali tra XVII e XIX secolo, questa comunità si servisse di un timbro a secco rotondo con la figura del patrono san Giacomo Maggiore impugnante il bastone ed il cappello da pellegrino, con l'iscrizione: Civitelle S.P. Castrum. Dopo il "decreto di secolarizzazione" del 1789 e durante il periodo della Repubblica Romana (1798-1799) il monastero perse ogni diritto di proprietà sul feudo Collinense. Tra il 1802 ed il 1803 la Comunità che contava 600 abitanti, già afflitta dalla carestia che si era abbattuta su tutto lo Stato della Chiesa, fu crudelmente colpita da un'epidemia di febbre maligna che falcidiò la popolazione, tanto che morirono due medici e centoventi persone. Negli stravolgimenti amministrativi e territoriali della prima Repubblica Romana, Civitella San Paolo fece parte del cantone di Morlupo, dipartimento del Cimino. Tale suddivisione fu pressoché confermata durante l'Impero Francese (1809-1814), ma rientrante nell'arrondissement di Roma, dipartimento del Tevere. Nella restaurazione di Pio VII, dopo la caduta di Napoleone, fu introdotta una nuova suddivisione amministrativa nello Stato Pontificio (6 luglio 1816) e Civitella San Paolo rientrò nella Comarca di Roma come parte del "Governo di Nazzano"; nel 1828 a Nazzano subentrò Castelnuovo di Porto come capoluogo governativo. Nel censimento dello Stato Pontificio del 1853 a Civitella San Paolo, comune della Comarca, veniva registrata una popolazione di 771 abitanti (di cui 768 dimoranti nell'abitato, e 3 in campagna) distribuiti in 167 case ed in 169 famiglie, con la chiesa parrocchiale di Santa Maria. Con la presa di Roma del 1870 e la soppressione degli enti ecclesiastici del 1873, il monastero di San Paolo manifestò un crescente disinteresse per il territorio un tempo soggetto e ora parte integrante del Regno d'Italia. Durante il periodo di governo dell'abate Alfredo Ildefonso Schuster (1918-1929), tuttavia, Civitella San Paolo beneficiò di non poche e particolari attenzioni: fu restaurato il castello (1924-1929) e la chiesa di San Lorenzo (1926), mentre per volere di Schuster fu costruito ex novo il monastero di Santa Scolastica in località Monte Lino (1934). Nel 1996 l'Abbazia di San Paolo ha definitivamente ceduto il castello –dopo un possesso millenario - acconsentendo all'acquisizione da parte del Comune. Castello abbaziale di Civitella San Paolo è uno tra i più interessanti esempi di architettura militare medievale della Valle del Tevere, perfettamente conservato. È probabile che in origine (X - XI secolo) vi fosse soltanto una torre (identificabile nell'attuale mastio), edificata in un luogo strategico per svolgere funzioni di vedetta e di vigilanza sui traffici fluviali, sul transito di eserciti nemici, di merci o di bestiame lungo la via Tiberina. Mura di cinta Civitella San Paolo ha la particolarità di aver avuto un triplice circuito murario concentrico, corrispondente ad altrettante fasi di ampliamento del borgo avvenute nel corso dei secoli. Il tratto più antico (e meglio conservato) di queste civiche mura è riconoscibile sul lato destro del basamento del castello, nei pressi di porta Capena. La seconda fase di costruzione delle mura, databile alla seconda metà del XIII secolo, corrisponde al nucleo più antico del borgo, che ebbe la denominazione di "contrada La Rocca" o "Castello"; aveva un perimetro di circa 235 metri ed una forma simile ad un ovale. Era intervallata da una serie di torri quadrate dalla tipica "gola aperta", oggi quasi del tutte scomparse, ad eccezione di quella presso le "scale nuove" in via Cavour, mirabilmente conservata, seppure oggi divenuta un'abitazione. La muratura di questa cerchia è difficilmente indagabile a causa delle sopraelevazioni e dello sviluppo di edilizia intensiva del XV secolo, che portò alla completa trasformazione e all'utilizzazione delle strutture difensive, per fini civili. L'ultimo ampliamento delle mura, che procede di pari passo con l'espansione edilizia a saturazione delle aree ancora libere, è databile tra la fine del XV e gli inizi del secolo successivo, e raggiunge un perimetro complessivo di circa 600 metri: un'opera davvero ammirabile per l'epoca, se si considerano tutti i necessari lavori preliminari di cava dei materiali, di bonifica, di sterro e di riempimento nella zona particolarmente scoscesa della "Piscericata" e delle "Piaggie". Il recinto murario, intervallato da torri e da bastioni, s'innesta direttamente al castello abbaziale, formando un unico organismo difensivo; oltre alla porta principale, fu aperta porta Capena e la Posterula, piccolo e secondario ingresso di campagna ormai scomparso. Formidabile è il torrione a pianta circolare con troniere interne, che rivestiva una notevole importanza strategica, perché posto sull'angolo più meridionale delle mura, che qui ripiegavano di 90°, a seguire l'andamento orografico del terreno circostante il borgo: era ovviamente destinato a difendere la parte non coperta dal tiro delle artiglierie del castello. Porta Romana L'antica porta civica d'accesso al borgo (un tempo denominata "Porta Romana" o "Porta Castello", nelle forme attuali, risale all'anno giubilare 1800: è quasi del tutto realizzata in stucco applicato a rilievo sulla muratura medievale del castello; oggi è priva del portone in legno a due battenti, andato purtroppo perduto La sua architettura è in stile neoclassico, ma di sapore ancora settecentesco. Alla base sono due semplici paraste doriche che sorreggono una trabeazione modanata, sulla quale a sua volta è impostata la parte superiore movimentata da una coppia di pinnacoli ed una sorta di edicola a timpano triangolare interrotto, che inquadra lo stemma dell'Abbazia di San Paolo, con festoni, soprastante cherubino e corona baronale. Dall'iscrizione dedicatoria si apprende il nome del costruttore, il mastro muratore Giacomo Ricci che dai documenti d'archivio risulta un autentico "factotum" al servizio del Comune in quegli anni, ma non l'ideatore: Porta Capena Porta Romana detenne per secoli il primato di unico ingresso al paese; ma Civitella San Paolo nel corso del XV secolo aveva avuto una discreta espansione edilizia extra moenia, soprattutto nella zona denominata "Pisciricata". Quando tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo fu ampliato il circuito delle mura, fu costruita "Porta nuova" ovvero "Porta Capena" (così denominata perché qui terminava il percorso dell'antica strada proveniente da Leprignano), che costituiva non solo l'accesso alternativo a quello principale, ma era l'unico varco carrabile per questa popolosa contrada di nuova espansione, ad una quota notevolmente inferiore rispetto a quella del castello. La porta ha una semplice veste rinascimentale: un arco di travertino a bugnato, lavorato a "spuntato", con bugne alternate lunghe e brevi, appoggiato direttamente sul toro delle mura. Al disopra dell'arco c'era una torretta che fungeva anche da corpo di guardia, con archibugiere laterali; ne resta solo la stretta facciata principale e traccia del solaio nell'unica trave in legno superstite. Dal corpo di guardia della porta, la guarnigione controllava l'ingresso al borgo e in caso di attacco, poteva rapidamente raggiungere il baluardo ovest e il bastione successivo, attraverso un cammino di ronda a gradini. Non è documentato l'anno di costruzione, ma è presumibile che l'opera sia stata realizzata intorno al 1520. Chiesa di San Giacomo Maggiore: è attestato come la primitiva chiesa di San Giacomo fosse già esistente nel XIII secolo, edificata dirimpetto al castello e nello stesso luogo dell'attuale costruzione. Chiesa cimiteriale di San Lorenzo La chiesa di San Lorenzo (e Santa Maria del Soccorso) è stata edificata in epoca medievale sulle rovine e con i materiali di una villa romana, nei pressi dell'odierno cimitero, a circa 500 metri dal centro storico, lungo il percorso dell'antica via della fontana Vecchia. La villa romana fu scavata ed indagata dalla Soprintendenza all'Etruria Meridionale durante i lavori di ampliamento del cimitero negli anni 1981-1982; si tratta di resti di terrazzamenti ed ambienti voltati in opera reticolata, con fasi edilizie ed abitative comprese tra il I secolo a.C. ed il V secolo d.C., oggi interrati e non più visibili, ad eccezione di alcune murature restaurate nel 2002, all'interno dell'Eremo, annesso alla chiesa. San Lorenzo è l'edificio sacro più antico di Civitella San Paolo, ed è probabile che il nucleo architettonico originario risalga al X - XI secolo, sorto per le esigenze cultuali degli abitanti sparsi nel contado e residenti nei casolari circostanti; fu edificato direttamente sulle rovine ed utilizzando il materiale di recupero proveniente dalla villa stessa, contribuendo così alla sua distruzione. La prima menzione della chiesa risale al 1218, quando figura come appartenente all'Abbazia di San Paolo. L'ampliamento di San Lorenzo sul finire del XVII secolo, è quasi una rifondazione; nel 1693 fu il padre cellerario Francesco Maria Ricci, vicario generale dei castelli dell'Abbazia di San Paolo, a curare la costruzione di una nuova grande cappella, coperta da cupola ellittica, dedicata alla Madonna del Soccorso, sotto gli auspici dell'abate Onorio de Silvestri sotto il pontificato di Innocenzo XII. Attorno alla primitiva chiesetta medievale, che divenne di fatto un transetto, si aprirono dunque tre cappelle dal ricco apparato di stucchi barocchi: san Lorenzo, san Filippo Neri e santa Maria del Soccorso. La venerata immagine mariana è stata purtroppo trafugata, ma i recenti restauri (2002) hanno portato alla luce un sorprendente affresco trompe-l'œil di scuola romana fine XVII - inizi XVIII secolo. Annesso alla chiesa è un piccolo eremo, un tempo utilizzato come abitazione del custode e foresteria per pellegrini. Chiesa di Santa Maria La chiesa di Santa Maria, di antiche origini (XIV secolo), è una costruzione annessa al castello abbaziale, come una appendice che, dall'omonima piazzetta si prolunga su via Piave. Mantenne la sua funzione di parrocchiale intra moenia sino al 1890: fu denominata anche de Castello, ovvero "Santa Maria col titolo della Natività". Oggi è persino difficile individuarla come edificio a sé stante, rispetto al castello (se non fosse per il campanile), tanto ha subito trasformazioni durante i secoli. Nel 1578 la chiesa fu ampliata grazie all'interessamento dell'abate Marco Pedoche da Mirandola e dell'abate cellerario Girolamo da Puppio. Al suo interno, spazio assolutamente anonimo e privo di antichità, si svolgono attività di catechesi della vicina parrocchia di San Giacomo; in passato vi fu adibita una sala cinematografica Monastero di Santa Scolastica Sulla strada che conduce a Nazzano, a pochi chilometri da Civitella San Paolo, in località Monte Lino, sorge il monastero di Santa Scolastica, che prende nome dalla celebre sorella di san Benedetto. Il complesso monastico fu edificato nel 1934 su progetto dell'ingegner Enrico Campa, per volere dell'abate Ildefonso Schuster e del suo successore Ildebrando Vannucci, grazie anche alla generosa elargizione di denaro della sig.na Bonomi di Milano ed alla donazione del necessario appezzamento di terra da parte dell'Abbazia di San Paolo Fuori le Mura. L'edificio, appena terminato, fu occupato da una comunità di monache benedettine, provenienti dal monastero francese di Dourgne (regione del Midi-Pirenei), dirette spiritualmente dalla madre priora donna Andrea Bonnafous, divenuta badessa nel 1947. Al suo interno esiste un chiostro che richiama, in qualche particolare, il portico che esisteva nel palazzetto abbaziale del castello; il monastero fu ampliato nel 1970 con la realizzazione di una foresteria e di spazi per convegni. Al suo interno è anche una biblioteca, ricca di 20.000 volumi a tema teologico. Abitanti censiti A Civitella San Paolo è presente una comunità che fa riferimento alla Comunità monastica di Bose, una comunità religiosa formata da monaci di entrambi i sessi, provenienti da chiese cristiane diverse. La festa tipica del paese è la Festa dei Canestri, che viene festeggiata il 1º maggio. La festa dei Canestri è una festa che si svolge senza interruzioni dall'epoca dell'antica Roma e che nei secoli si è trasformata plasmandosi sulla tradizione cristiana. Ancora oggi le portatrici, indossando i costumi dell'epoca contadina, si fanno carico dei canestri, grandi coni cilindrici rivestiti di fiori e nastri, e sfilano nella tradizionale processione per salutare l'evento della bella stagione in un'esplosione di colori e profumi. Al termine del corteo processionale e della liturgia, vengono distribuite le pagnottine prodotte secondo l'antica ricetta tradizionale della treccia all'anice, riconosciuta come prodotto tipico di Civitella San Paolo. La festa del patrono, san Giacomo Apostolo, cade il 25 luglio. Biblioteca del Monastero di Santa Scolastica Biblioteca dell'Associazione "Il Giullare" Gli esterni di Sorbole... che romagnola, un film del 1976, furono girati a Civitella San Paolo. Tra i dolci tipici di Civitella San Paolo, con ricetta risalente forse al Rinascimento, è il cosiddetto "cacione", una sorta di panzerotto di pasta a forma di mezzaluna, ripieno di polpa di zucca, zucchero, mandorle e nocciole tostate, preparato in occasione delle festività natalizie. La treccia all'olio con semi d'anice è un'altra specialità da forno di Civitella; il medesimo impasto viene utilizzato per confezionare le "pagnottine benedette" del 1º maggio. Il Cacione e la Treccia all'anice di Civitella San Paolo sono inseriti tra i prodotti agroalimentari tradizionali laziali. Il territorio comunale è attraversato dalla SP 19, che collega Fiano Romano - Nazzano. Il centro storico di Civitella San Paolo dista circa quarantacinque chilometri da Roma, dieci da Capena e sette da Fiano Romano. Il paese è servito dalle autolinee COTRAL. Tra il 1816 e il 1870 amministrativamente faceva parte della Comarca di Roma, suddivisione amministrativa dello Stato Pontificio. Elenco dei Sindaci di Civitella San Paolo eletti dal 1999 in poi: Fa parte dell'Unione Valle del Tevere - Soratte. Dal 2013 ha aderito alla Conferenza dei sindaci dell'area Tiberina/Flaminia/Cassia. Dal 2015 fa parte del Consorzio intercomunale dei servizi e interventi sociali Valle del Tevere insieme ad altri 16 comuni ricandenti nel distretto socio-sanitario 4 della ASL Roma 4. Il comune di Civitella San Paolo è parte dell'Itinerario delle forre etrusche e della valle del Tevere, all'interno del progetto del Sistema delle Aree Protette della Regione Lazio, Le Strade dei Parchi, percorre i paesaggi fluviali e i caratteristici borghi del Lazio a nord di Roma che si affacciano sulla valle del Tevere. È composto da 4 tappe: 1 Da Settevene a Calcata 2 Da Calcata a Sant'Oreste 3 Da Sant'Oreste a Torrita Tiberina 4 Da Torrita Tiberina a Civitella San Paolo Francesca Domenici e Stefania Ricci, Il centro storico di Civitella San Paolo : gli abitanti e le case nel catasto gregoriano (1819), Vetralla, Davide Ghaleb, 2005, ISBN 88-88300-24-4. Rodolfo Clementi, Civitella San Paolo : patrimonio architettonico e storico-artistico di un centro medievale della campagna romana, Roma, Kappa, 2008, ISBN 978-88-7890-906-9. Rodolfo Clementi, Civitella San Paolo: storia e cronaca civica attraverso documenti inediti d'Archivio (XIII-XX secolo). Quaderno di ricerca n.1, Comune di Civitella San Paolo, Subiaco, Fabreschiprinting, 2018, SBN IT\ICCU\PBE\0127278. Rodolfo Clementi, Civitella San Paolo: disegni, rilievi, fasi ipotetiche e tecniche costruttive delle antiche architetture esistenti. Quaderno di ricerca n.2, Comune di Civitella San Paolo, Subiaco, Fabreschiprinting, 2021, ISBN 9788894554649. Leone Bracco, La nuova chiesa di Civitella S. Paolo, memorie del P. D. Leone Bracco, Roma Tipografia Vaticana, 1890 Oreste Sagramola, Civitella S. Paolo, un tipico centro medievale, Roma 1977 Valle del Tevere Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Civitella San Paolo Sito ufficiale, su comunecivitellasanpaolo.it.

Castello abbaziale
Castello abbaziale

Il Castello abbaziale è un castello di epoca medievale di Civitella San Paolo nel Lazio. Il castello abbaziale di Civitella San Paolo è uno tra i più interessanti esempi di architettura militare medievale della Valle del Tevere, perfettamente conservato. È probabile che in origine (X - XI secolo) vi fosse soltanto una torre (identificabile nell'attuale mastio), edificata in un luogo strategico per svolgere funzioni di vedetta e di vigilanza sui traffici fluviali, sul transito di eserciti nemici, di merci o di bestiame lungo la via Tiberina. L'incastellamento del territorio "Collinense" da parte dell'Abbazia di San Paolo (fine XI secolo), appoggiato dai papi (quasi a ribadire e confermare lo statuto di abbazia territoriale in funzione anti-imperiale e in contrapposizione con la potenza ecclesiale benedettina, dell'Abbazia di Farfa), produsse l'effetto della costruzione a catena di torrioni e fortilizi all'interno delle mura delle cittadine soggette. Sul finire del XII secolo a Civitella San Paolo, soggetta all'investitura degli eredi di un certo Teobaldo di Cencio, tra la torre e la porta venne edificato un potente cassero (o dongione) di forma quadrata, con una torretta angolare sul lato sud-ovest. La conformazione del castello più o meno nelle forme attuali, si deve però alla ripresa e allo stabile possesso di Civitella da parte del monastero di San Paolo (metà del XIV secolo): un quadrilatero murario coronato da merli guelfi in aggetto su beccatelli, porta levatoia, cortile d'armi, cisterna d'acqua e fossato. Nella metà del XV secolo il castello fu dotato di un baluardo a forma pentagonale, con saliente rivolto verso la piazza e troniere interne per le armi da fuoco, eloquente evoluzione ed ultima dotazione di architettura militare dell'epoca al fortilizio. Nella muratura del castello, posizionata nel lato destro della porta, all'altezza di 15 metri dal piano del fossato, esiste ancora una serie di doppi incassi o buche pontate, interpretabile forse come tracce di un raro "castelletto a sbalzo" (hourd), con la struttura semiprovvisoria di un camminamento esterno, imbastito su mensole e puntoni lignei, oggi scomparsi. Nella seconda metà del Quattrocento, nell'area compresa tra la chiesa di Santa Maria ed il castello, in aderenza con questo, si edificò il palazzetto abbaziale con cortile e doppio loggiato interno su pilastri dorici ottagonali, soffitti a cassettoni dipinti a stemmi e grottesche: si tratta di una pregevole residenza locale con caratteri stilistici squisitamente rinascimentali. L'opera fu successivamente ampliata e completata sino al 1578. Si crearono così due nuclei edilizi ben distinti: l'uno con caratteristiche civili e residenziali, l'altro con funzioni prettamente militari, comunicanti tra loro per mezzo di una porta di soccorso con saracinesca in legno ancora in situ. Dopo l'abbandono del periodo francese e sino alla caduta della Repubblica Romana (15 luglio 1849), il castello rimase disabitato; ma con il ripristino dell'Ancien Régime, tra il 1852 ed il 1857, l'Abbazia di San Paolo approntò dei restauri al complesso, per rendere più vivibile il soggiorno dei monaci e dei novizi. Proprio per questi ultimi ospiti, nella torre erano conservati degli scenari per l'allestimento di un teatrino dei burattini. Con l'occasione fu anche sistemato l'ingresso principale, preceduto da sette gradini provenienti dai marmi scampati all'incendio della basilica di San Paolo, ed apposta l'iscrizione commemorativa (1852). Nel 1924, per interessamento dell'abate Ildefonso Schuster si intrapresero nuovi restauri, in particolare fu eliminata la copertura e ripristinato il calpestio sugli spalti. Nel 1926 il Comune di Civitella San Paolo appose una lapide di bronzo commemorativa dei caduti della Grande Guerra, su un lato del baluardo pentagonale. Nel cortile d'armi è visibile una collezione di sculture ed iscrizioni di epoca romana, rinvenute nel territorio: notevole la statua di marmo raffigurante san Giacomo, dello scultore neoclassico Annibale Malatesta. Il castello, acquisito dal Comune nel 1996, è stato restaurato tra il 1998 ed il 2000 in vista della sua trasformazione in centro polifunzionale, con progetto e direzione dei lavori da parte della Provincia di Roma e il contributo di un finanziamento regionale.

Chiesa di Santo Stefano Protomartire (Fiano Romano)
Chiesa di Santo Stefano Protomartire (Fiano Romano)

La chiesa di Santo Stefano Protomartire è la parrocchiale di Fiano Romano, in città metropolitana di Roma Capitale e diocesi di Civita Castellana; fa parte della vicaria del Soratte. L'originaria chiesa di Santo Stefano, posta fuori dal borgo, sorse nel XII o nel XIII secolo; fu poi abbandonata a causa della sua posizione disagevole. La nuova parrocchiale in paese venne costruita nella seconda metà del XV secolo; l'edificio fu poi interessato da un rifacimento nel 1774. Nel 1960 il tetto della chiesa collassò in maniera improvvisa e il luogo dicdulto dovette essere dichiarato inagibile; l'anno successivo iniziarono i lavori di risistemazione e di ripristini, che furono poi portato a compimento nel 1967 In quel medesimo anno la chiesa venne adeguata alle norme postconciliari mediante l'aggiunta dell'ambone e dell'altare rivolto verso l'assemblea; nel 1998 fu terminato il restauro della facciata e nel 2004 si procedette alla rimozione delle balaustre che delimitavano il presbiterio. Nel 2007 si provvide a rifare l'impianto sonoro della parrocchiale, mentre l'anno successivo venne installato il nuovo apparato per riscaldare l'aula. La facciata a salienti della chiesa, rivolta a sudovest, è suddivisa da una cornice marcapiano in due registri: quello inferiore, scandito da quattro lesene, presenta il portale d'ingresso timpanato, mentre quello superiore è caratterizzato dal rosone e coronato dal frontone di forma triangolare. Annesso alla parrocchiale è il campanile in tufo a base quadrata, suddiviso in registri da cornici; la cella presenta su ogni lato una monofora a tutto sesto affiancata da lesene ed è coperta dalla cupola poggiante sul tamburo. L'interno dell'edificio, la cui pianta è a croce latina con transetto, si compone di tre navate, separate da pilastri sorreggenti degli archi a tutto sesto; al termine dell'aula si sviluppa il presbiterio, rialzato di alcuni gradini e chiuso dall'abside di forma semicircolare. Qui sono conservate diverse opere di pregio, tra le quali il dipinto ritraente la Madonna con i Santi Giovanni Battista, Stefano, Biagio e Pietro, eseguito da Antonio del Massaro detto Il Pastura, il monumento funebre di Niccolò Orsini, la tavola con soggetto il Salvator mundi, due tele di scuola umbra e dei lacerti di affreschi. Fiano Romano Diocesi di Civita Castellana Parrocchie della diocesi di Civita Castellana Regione ecclesiastica Lazio FIANO ROMANO - Parrocchia S. Stefano Protomartire, su diocesicivitacastellana.it. URL consultato l'11 aprile 2024. Chiesa di Santo Stefano Protomartire, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Castello ducale Orsini
Castello ducale Orsini

Il Castello ducale Orsini si trova a Fiano Romano nella città metropolitana di Roma Capitale. Il Castello fu costruito tra il 1489 e il 1493 su commissione di Niccolò III Orsini, conte di Pitigliano, Sovana e Nola. Il Castello ha assunto la denominazione di Castello ducale solo nel Seicento, con il passaggio del feudo di Fiano dalla famiglia Orsini a Caterina de' Nobili, madre del cardinale Francesco Sforza. Quest'ultimo, a cui la madre donò poi il feudo nel 1606, fece erigere Fiano a ducato con una bolla di Papa Paolo V del 18 luglio 1608 per il figlio, legittimo e riconosciuto, Sforzino Sforza. Nel 1489, su committenza di Niccolò III Orsini, vennero avviati i lavori per l'edificazione della Rocca di Fiano Romano su un insediamento già presente e di epoca medievale. I lavori si conclusero probabilmente nel 1493, anno inciso su uno dei camini delle sale del Castello (Sala del Melograno). Ai lavori voluti dal Conte Orsini si deve l'ala prospicente Porta Capena, la porta di ingresso al borgo, dalla tipica struttura Rinascimentale con un arco a tutto sesto a conci bugnati. A causa della scarsità di notizie certe, è estremamente difficile affermare con certezza chi sia stato l'architetto o quali siano state le maestranze che presero parte ai lavori di edificazione. Dalle fonti di Niccolò III Orsini, si apprende però che, nei suoi frequenti contatti e riunioni romane, entrò in contatto con il grande costruttore di fortificazioni medievali Giuliano da Sangallo, al quale commissionò il rifacimento del Palazzo Orsini di Pitigliano, che evidenzia molte analogie con gli elementi architettonici e strutturali di quello di Fiano Romano. Ospiti del Castello furono, tra gli altri, anche Papa Alessandro VI e il suo seguito, durante una visita a Fiano il 19 dicembre del 1493 per omaggiare il conte Orsini dei servigi resigli contro il suo rivale Giuliano della Rovere, avendone il Conte sconfitto i mercenari assoldati da quest'ultimo nelle campagne romane. Della visita del Papa in quell'occasione resta ancora oggi testimonianza nella lapide in travertino posta su una delle pareti della scalinata esterna che conduce al piano nobile del Castello. La lapide non era originariamente collocata all'interno del Castello, ma posta all'ingresso dell'antica chiesa di Santa Maria delle Grazie (o Nostra Signora delle Grazie) e dalla quale venne asportata qualche tempo prima che la stessa chiesa fu distrutta da un incendio. Durante il suo viaggio verso Roma, nell'aprile del 1504, anche Pietro Bembo fu ospite all'interno del Castello. Bembo racconta nei suoi scritti che «il giorno 24 del mese di aprile, dopo aver lasciato Città di Castello, a distanza di sedici miglia da Ocriculo, circa alle ore 23» arriva nella «terra di Fiano», viene ricevuto dal Conte di Pitigliano e ospitato per quattro giorni. Il giorno 28, sempre del mese di aprile, lascia Fiano e si avvia verso Roma, fermandosi a Prima Porta «che dista soltanto sette miglia dalla città». Alla morte di Niccolò III Orsini, il feudo di Fiano e i relativi possedimenti, compreso il Castello, divenne di proprietà del cardinale Francesco Sforza (1606) e dal 1621 di Orazio Ludovisi, generale della Santa Chiesa e fratello di Papa Gregorio XV. Nel 1690 il ducato venne poi assegnato a Marco Ottoboni, generale delle Galee pontificie. La figlia di Marco Ottoboni, Maria Francesca Ottoboni, sposerà poi Pier Gregorio Boncompagni Ludovisi. Quest'ultimo assumerà il cognome della moglie, e il ducato e il Castello resteranno ai suoi discendenti per più di duecento anni, fino al 1897, quando Marco Boncompagni Ludovisi Ottoboni venderà l'intera proprietà al commendatore Carlo Menotti, importante costruttore e latifondista dell'epoca. Passata la proprietà al figlio Mario Menotti, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale le sorelle di Mario Menotti, morto all'estero, ereditarono il Castello che in parte vendettero e in parte donarono alle Suore Domenicane di Santa Caterina da Siena. Queste vi istituirono un collegio riservato alle orfane dei carabinieriche poi, con gli anni, divenne una scuola materna privata. Nel 1993, il Castello è stato acquistato dal Comune di Fiano Romano e da bene ecclesiastico è diventato di proprietà dell'ente locale che vi ha ospitato uffici, la biblioteca, sale conferenze e di rappresentanza, mostre ed eventi di vario genere. La parte principale del castello è a pianta rettangolare. Delle torri sono poste a difesa del castello. La più piccola è quadrangolare con scarpata nella parte più bassa. La più grande, detta mastio, è circolare, è posta nel cassero, è alta 30 metri e consta di mura larghe 2,70 metri. All'interno vi è un cortile; una scalinata porta dal cortile al piano nobile, ove, a mezzogiorno il sole illumina gli interni. La terrazza è adornata da merlatura guelfa ove i signori del castello amavano mirare tutti i loro terre. L'ala quattrocentesca fu realizzata da Niccolò III Orsini, divisa in nove sale, collegate tra loro da porte nei cui stipiti ricorre la scritta "Nicolaus Tirtius Ursinus 1493", ossia la data in cui i lavori furono eseguiti e, verosimilmente, quando gli affreschi furono ultimati. Sala Montefeltro. Questa sala è ornata da fregi intarsiati e scolpiti in legno, vagamente ricorda lo studio di Guido da Montefeltro; Sala Studio Orsini. Questa sala è affrescata con gli stemmi dei Signori e di Niccolò III Orsini. In una teca ove veniva conservato l'olio santo vi sono le immagini di 4 santi: San Girolamo; San Giovanni Battista; San Rocco; e Santa Caterina d'Alessandria. Sul frontone del camino sono scolpite le iniziali della moglie di Niccolò III Orsini ed un'orsa che tiene un compasso. Sala della Guardia. Il 19 dicembre 1493, papa Alessandro VI Borgia concesse le indulgenze. L'evento è commemorato da una lapide su una scalea. Ora questa sala viene utilizzata come sala convegni e per matrimoni. Sala del Coro. Si tratta di una piccola sala affrescata. Il soffitto presenta una decorazione ad architravi. Sala dello Zodiaco. Vi sono 12 affreschi delle 12 costellazioni e degli stemmi di famiglie imparentate con gli Orsini. Sul soffitto, di forma a volta a botte, è posta un'orsa stemma degli Orsini. Sala delle Vergini o sala blu. In alcune lunette sono rappresentate quattro donne che annunciano la nascita di cristo che posano lo sguardo verso un punto misterioso. Sala del Cristo. Sul soffitto è ridondante lo stemma degli Orsini. Al centro spicca il sacro Cuore. Sala degli Ubaldini. In questa sala sono rappresentati gli stemmi delle famiglie imparentate con gli Orsini. Sala del melograno. Alcuni restauri recenti l'hanno irreparabilmente depauperata. Sul soffitto, tuttavia, si riescono a scorgere degli affreschi floreali di puro gusto rinascimentale ed un camino datato 1493. Nell'agosto 2022 il Comune di Fiano Romano bandì un concorso per definire un progetto di recupero che comprendesse anche un visione di un futuro utilizzo dell'immobile. A gennaio 2023 il concorso fu vinto da un gruppo di giovani professionisti (Arch. Giorgia Colombo, Arch. Ing. Michele Grazzini, Arch. Ing. Andrea Tonazzini) che proposero la realizzazione di un centro per le arti e la cultura, con interventi che sapessero armonizzarsi con le diverse stratificazioni storiche del Castello (medievale, rinascimentale e tardo settecentesca). Il costo preventivato del restauro era di circa 1,7 milioni di euro. Giuliana Boenzi, Antonella Ciccarese, Paola Di Giammatteo, Francesca Fei, Gianfranco Gazzetti e Enrico Angelo Stanco, Terra di Fiano : ricerche di storia, arte, archeologia, Quasar, 1997, SBN IT\ICCU\BVE\0150071. Giuseppe Tomassetti, 3. Vie Cassia e Clodia, Flaminia e Tiberina, Labicana e Prenestina, collana La campagna romana antica, medioevale e moderna, vol. 3, Banco di Roma, 1975, SBN IT\ICCU\SBL\0167743. Il Castello, su Sito del Comune di Fiano Romano. URL consultato il 21 dicembre 2021.

Monumento ai caduti delle due guerre mondiali (Fiano Romano)
Monumento ai caduti delle due guerre mondiali (Fiano Romano)

Il Monumento ai caduti delle due guerre mondiali di Fiano Romano è un monumento dedicato ai fianesi, militari e civili, caduti nelle due Guerre Mondiali. Il monumento, collocato nel Parco delle Rimembranze in Via Luigi Giustiniani a Fiano Romano, è un pilastro in travertino che si presenta, nella parte frontale, in forma di ara con alla sommità una corona d'alloro in bronzo, in basso un festone anch'esso in bronzo ed ai suoi lati due protomi leonine e armi, sempre in bronzo. Nella parte retrostante, ad un livello differente, è collocato lo stemma del Comune di Fiano Romano e sotto è addossato il bacino di una piccola fontana. Al centro del pilastro sono incisi i nomi dei Cittadini Fianesi caduti nella Prima Guerra Mondiale mentre sulle due lapidi, aggiunte successivamente, collocate di fronte e ai lati del pilastro quelli dei caduti e dei dispersi, civili e militari, nella Seconda Guerra Mondiale. Nell'incisione centrale, prima dei nomi dei caduti, è riportata la frase:Fiano Romano ai suoi soldati che gettarono come scoria la carne caduca affinché le generazioni future avessero più grande e sicura la PatriaIl monumento, commissionato dal Comune di Fiano Romano, fu progettato e realizzato tra il 1919 e il 1924 dall'architetto Edgardo Negri e dallo scultore Enrico Brai, di cui sono incisi i nomi sull'opera. Originariamente, come mostrano foto dell'epoca, il monumento era collocato in Piazza Matteotti di fronte alla Chiesa Santo Stefano Nuovo e fu successivamente spostato nell'attuale posizione quando fu realizzato il Parco delle Rimembranze negli anni 50 del XX secolo. L'opera è tutelata dalla Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Lazio e censita nel progetto Grande Guerra dei Beni Culturali. Nel marzo 2023 il Comune di Fiano Romano diede incarico ad una azienda specializzata per la riqualificazione ed il restauro del monumento per un importo di circa 20.000 euro. Virginia Properzi, Monumenti ai caduti della provincia di Roma, in Paola Guerrini e Massimo Vittucci (a cura di), Il Lazio e la Grande Guerra, Provincia di Roma, 2010, SBN IT\ICCU\IEI\0325292. Monumento ai caduti di Fiano Romano sul sito del Comune di Fiano Romano Monumento ai caduti di Fiano Romano nel catalogo dei Beni Culturali

Filacciano
Filacciano

Filacciano è un comune italiano di 440 abitanti distribuiti su 5,7 km². della città metropolitana di Roma Capitale nel Lazio. L'area del Comune, scarsamente popolato e pertanto rurale, appartiene alla zona altimetrica denominata collina interna. Il territorio comunale, che si estende per circa 6 km², è in gran parte collinare, con altitudini che si aggirano intorno ai 200 m s.l.m., tranne che nella parte dove si trova l'ansa del Tevere, del tutto pianeggiante (32 metri s.l.m.) e coltivata. Il paese stesso si trova su uno sperone tufaceo che raggiunge nel punto più alto, i 247 metri di altitudine dominando la sottostante Valle del Tevere. Il borgo aderisce all’Associazione Nazionale Piccoli Comuni Italiani. L’economia è prevalentemente agricola. Filacciano confina con Torrita Tiberina, Nazzano Romano e Ponzano Romano della provincia di Roma e con Poggio Mirteto e Forano della provincia di Rieti. Classificazione climatica: zona D, 1814 GR/G Alcune fonti fanno provenire il nome Filacciano da Faliscanum o Faliscianum, mentre altri sostengono che provenga da Flaccianum, nome che designava la proprietà del ricco possidente romano Flacco. Questa tesi, proposta dal celebre archeologo Antonio Nibby, si fonda su un documento di donazione dell'VII secolo, che attribuisce il possesso del fondo Flaccianus all'Abbazia di Farfa, possesso poi confermato da una bolla del papa Stefano IV dell'817. Nel territorio del comune di Filacciano sono stati rinvenuti reperti archeologici che attestano la presenza di una necropoli preromana in località Marisano, di cultura affine a quella Falisca-Capenate nella valle del Tevere. I reperti sono conservati nei magazzini del Museo archeologico di Capena. Dopo la conquista di Veio, Capena, Poggio Sommavilla e Faleri Veteres (Civita Castellana) da parte dei romani in epoca repubblicana guidati dal tribuno militare Marco Furio Camillo, l'area dell'odierno comune di Filacciano fu introdotta probabilmente nell'Ager Faliscum o Capenate, in epoca romana imperiale parte della Regio VII Etruria. Il comune di Filacciano occupa la parte orientale dell’antico “Ager Capenas” e sorge su una collina che domina la valle del Tevere offrendo uno splendido panorama dei monti della Sabina. Sull’origine del nome esistono tesi contrastanti: Filacciano sembrerebbe derivare o da “Felicianus”, imperatore o console romano che ne iniziò la costruzione, o da “Fiscon”, “Faliscanum”, “Faliscianum” che indurrebbe a ritenere i primi insediamenti di origine falisca, o, ipotesi più probabile e condivisa sia dal Nibby che dal Tomassetti, da “Fundus Flaccus” ovvero “Fondo di Flaccus”, antico proprietario romano di un appezzamento terriero situato in questa zona. A conferma di questa tesi molte terre circostanti traggono il loro nome dalle antiche famiglie romane proprietarie: così come dalla “gens Flavia” deriva Fiano e dalla “gens Pontia” deriva Ponzano, da “Fundus Flaccus” per corruzione derivererebbe “Flaccianus” oggi Filacciano. La prima notizia di un “fondus Flacciano” che ci giunge è del 779 e la si trova in una donazione fatta da un certo Zaro all’abbazia di Farfa. Si può ipotizzare che nell’ager Capenas già in questo periodo ci fossero insediamenti e villaggi nati a partire dall’inizio del medioevo, cioè da quando, a causa delle invasioni barbariche, abitanti di antichi siti furono costretti a spostarsi in luoghi più sicuri dando origine a nuovi centri fortificati sorti in posizioni strategiche di difesa. Nell’817 il pontefice Stefano IV riconosce e conferma all’abbazia di Farfa il possesso di un “casalis Flaccianus”. Il casale doveva essere stato costruito tra il 790 e l’817 ad opera di monaci e doveva avere funzione di eremo e dimensioni modeste come si legge nell’inventario dei beni della Confraternita di Sant’Egidio. Successivamente (nel 980 circa) fu edificata la chiesa dedicata a Sant’Egidio Abate, eremita vissuto nell’osservanza degli insegnamenti di san Benedetto e per questo scelto dai monaci benedettini che vivevano a Filacciano. Nel 1300 Filacciano conta circa 400 abitanti, conteggio desunto dal consumo di sale. Nel 1344 Filacciano apparteneva alla nobile famiglia degli Orsini. Se ne trova notizia nel testamento di Bertoldo Orsini del 17 marzo 1344 che lasciò alla figlia Palozza e alla moglie Giacoma delle rendite di Torrita e quattromila fiorini d’oro, di cui parte ipotecati sul castello di Filacciano che apparteneva evidentemente alla famiglia. Sotto gli Orsini Filacciano ed i suoi abitanti conobbero una sanguinosa guerra che distrusse la torre, il castello e devastò i terreni circostanti. Nel 1485 Ferrante d’Aragona, Re di Napoli, cercò di usare il suo potere militare per troncare il vincolo feudale che legava il Regno di Napoli alla Santa Sede. Re Ferrante, alleato di Firenze e di Milano, rispose con l'assunzione al proprio servizio degli Orsini, allora Signori di Filacciano, in qualità di condottieri. Nell'inverno 1485 l'armata napoletana, guidata da Alfonso, figlio di Ferrante, e rafforzata dalle truppe di Virginio Orsini, penetrò nel Lazio da Vicovaro e dai monti Sabini, ma non riuscì a raggiungere l'Urbe a causa della resistenza delle milizie pontificie. Il Sanseverino ordinò il contrattacco il 24 dicembre del 1485 quando giunse a Roma. Nel gennaio del 1486 il contrattacco fu coronato dalla conquista di Filacciano, Torrita, Mentana e ponte Nomentano. Il Cardinale Battista Orsini si distaccò dalla famiglia e consegnò al Papa il feudo di Monterotondo mentre Alfonso Orsini d'Aragona fu costretto a riparare a Pitigliano, una roccaforte degli Orsini nella Toscana meridionale. Lo stallo durò fino ai primi di maggio. Gli aragonesi si riorganizzarono e quindi sconfissero il Sanseverino a Montorio Romano riconquistando Filacciano, Fara Sabina e Torrita, riunendo il "castrum Philassani nunc diritum" a quello di Torrita, ugualmente incamerato. Innocenzo VIII capì che le prospettive di vittoria erano svanite e iniziò a preparare la pace. Finita la guerra gli Orsini tornarono in possesso di Filacciano e il castello e la sua torre furono prontamente riedificati. A quel tempo Filacciano era sotto i possedimenti di Franciotto Orsini, figlio di Orso Orsini e di Costanza Savelli (1473 - 1533), Signore di Monterotondo, San Polo, Stimigliano, Collevecchio e Fianello. Fu in quel periodo che iniziarono i lavori per la costruzione di un palazzo-castello che inglobasse l'antica torre. Nel 1515 Ludovico Orsini, Conte di Pitigliano, promette di osservare la dichiarazione di controversia con il fratello Aldobrandino, relativa ai castelli di Fiano, Filacciano e Morlupo. Nel 1528 Elena Orsini, figlia spuria di Aldobrandino, riceve il possesso del feudo di Filacciano con il titolo di Baronessa dal cugino Arrigo, conte di Nola ed erede di Aldobrandino, morto prima di rispettare un accordo, in sostituzione di una dote in denaro a lei promessa. Gli Orsini furono signori di Filacciano per duecento anni, cioè fino al 1544, anno in cui Giovanni Francesco Orsini vendette il feudo, ormai incastellato, al nobile Antimo Savelli, allora IX signore di Albano. Antimo purtroppo morì nello stesso anno lasciando in eredità torre e castello al figlio Antonello, X signore di Albano e coniugato con Virginia Orsini (figlia del Conte di Pitigliano, Giovanfrancesco Orsini) dalla quale ebbe Cristoforo, XI signore di Albano. Filacciano tornò quindi nelle mani di una Orsini, in questo caso Virginia, madre di Cristoforo. Nel 1593 Cinzia D’Alessandro Crescenzi, rimasta vedova di Fabrizio Orsini che aveva ricevuto quale dono di nozze il feudo dalla nonna Elena Orsini (prima moglie di Niccolò II - VI Conte di Pitigliano), vendette a Filiberto e Filippo Naldi della Bardosiera il feudo di Filacciano per ventotto fiorini d’oro riservandosene però il titolo. I Naldi governarono su Filacciano finché il figlio di Filiberto, Ottavio, lo lasciò in eredità alla moglie Caterina Nunez Sanchez. Ressero il borgo con una certa asprezza che gli valse il l'ostilità della comunità locale. Una lettera della Communitas Feliciani indirizzata alla Congregazione del Buon Governo riferisce della protesta per una tassazione dei beni stabili che Ottaviano Naldi della Bardosiera si rifiutava di corrispondere gravando il popolo del relativo pagamento "senza alcun riguardo per i poveri" imponendo una colletta di 6 giulii a fuoco che eseguì con la forza. Per tali gravi motivi la Congregazione dei Baroni si pronunciò con un comandamento contro la casa della Bardosiera. questo costrinse Caterina Nunez Sanchez a cedere il feudo per non incappare in una liquidazione forzata a basso prezzo per i crediti pendenti. Ottenuto il consenso dei Baroni ed il beneplacito di Papa Clemente X, il 2 settembre 1674, con atto del notaio Malvezzi, i fratelli Giovanni, Pompeo, Scipione e Curzio dell'antica famiglia patrizia dei Muti Papazzurri acquistarono il feudo e tutte le proprietà esistenti. La popolazione, i servitori e gli ufficiali furono espressamente richiamati al loro obbligo di prestare atto di vassallaggio.. In tal modo i Muti Papazzurri entrarono in possesso del feudo e del relativo titolo marchionale di cui si fregiarono da quel momento in poi in tutti gli atti e i documenti da loro emessi. Il simbolo araldico dei Muti Papazzurri, la mezzaluna, campeggia ancora sulla facciata principale del palazzo ed è ancora ben visibile sui cippi di pietra innanzi all’arco d’ingresso della piazza, innanzi all’arco del palazzo Del Drago e innanzi al portone della chiesa parrocchiale. Pompeo Muti Papazzurri assunse quindi il titolo di Marchese di Filacciano. Sotto il governo dei Muti Papazzurri Filacciano conobbe una rinascita. I Muti Papazzurri completarono il restauro del palazzo trasformando il castello esistente "...dando alla facciata l'aspetto di palazzo secondo la moda di quell'epoca...", aggiunsero una piazza ed intervennero pesantemente sullo sviluppo del borgo. Tanto che nel 1704 arrivò a contare circa 600 abitanti. Per sviluppare il paese si servirono delle opere dell'architetto Matthia de' Rossi, allievo prediletto della bottega del Bernini. Matthia de' Rossi progettò la piazza allineando lungo un unico asse l'arco di ingresso del palazzo con l'arco di ingresso alla piazza e con la fontana del Mascherone. Un asse che secondo il De' Rossi avrebbe dovuto guidare il futuro sviluppo del borgo. Il De Rossi contribuì alla costruzione del Palazzo Muti Papazzurri a Roma in piazza della Pilotta. Durante queste modifiche urbane il 13 settembre 1706 morì il monsignore Giovanni Muti Papazzurri, fratello maggiore di Pompeo. Questo lutto innescò una guerra fratricida tra Pompeo e il fratello Scipione, che richiesero la successione legittima per via giudiziaria presso il Tribunale della Curia Capitolina. La famiglia crollò rapidamente in una fase di crisi economica e scarso impegno pubblico Da Girolamo il feudo passò nelle mani del figlio Curzio. La situazione economica molto pesante a causa dei debiti contratti per mantenere il cospicuo patrimonio edilizio spinse Curzio a scelte economiche drastiche, che portarono gran parte del vasto patrimonio artistico ed edilizio posseduto dalla famiglia a un destino precario per l'assenza di manutenzione. Durante il periodo francese Filacciano fece parte del Dipartimento del Tevere. A seguito del cosiddetto Editto di Saint Cloud emanato da Napoleone nel 1804 nacque l'attuale cimitero di Filacciano in prossimità dell'antica chiesa di Sant'Egidio. Nel 1803 Filacciano, che appartiene ancora al Marchese Muti Papazzurri, conta 445 abitanti Nel 1810, sotto il pontificato di Pio VII, Girolamo, figlio di Curzio, pressato dai debiti, arrivò a disfarsi del feudo di Filacciano e, gravemente malato, si ritirò in Marino. Filacciano diviene di proprietà del monsignore Carlo Mauri, originario di Filacciano e sostituto della segreteria di Stato all’epoca del cardinale Consalvi, che provvide al restauro del castello. Carlo Mauri era discendente da una famiglia originaria di Parma da tempo residente a Filacciano. Dalla Collezione di pubbliche disposizioni emanate in seguito al motu proprio di N.S. papa Pio VII in data 6 luglio 1816 sulla organizzazione della amministrazione pubblica relativa al riparto dei governi e delle comunità dello Stato pontificio con i loro rispettivi appodiati risulta che Filacciano faceva parte della Delegazione di Viterbo, che il comune di residenza del governatore era Civita Castellana e che i comuni uniti ai diversi luoghi di residenza erano Castel Sant’Elia, Filacciano con Torrita e Stabbia (antico nome dell'attuale Faleria). Nel 1830 Carlo Mauri passò a miglior vita e quindi, nel 1833, Filacciano passa per enfiteusi ai Franci, parenti della famiglia Mauri. Nel 1843 Francesco Mauri decise di vendere il palazzo al principe Domenico Orsini ed il titolo nobiliare al Cavalier Giuseppe Ferrajoli. Nel 1852 il Pontefice Pio IX conferma il titolo nobiliare di Marchese al Cav.Giuseppe Ferrajoli. Nello stesso anno Domenico Orsini vendette il palazzo al cavaliere Giuseppe Ferrajoli che diviene così Marchese di Filacciano con i relativi diritti e onorificenze compresa la nomina dell'Arciprete. Subito dopo, nel 1853, poiché generavano un modesto guadagno, il Marchese Ferrajoli decide di vendere il feudo ed il palazzo tenendo però per sé il titolo nobiliare di Marchese di Filacciano (titolo ancora in uso a tale Giuseppe Ferrajoli). Con atto di vendita del 1853, Filacciano diviene possedimento del Principe di Mazzano ed Antuni, don Filippo Massimiliano Del Drago. Nel 1870 Filacciano entra a far parte del Regno d’Italia fino al giugno 1946 quando, a seguito delle votazioni referendarie, fu proclamata la Repubblica italiana. Nel 1911 la popolazione di Filacciano raggiunge i 705 abitanti, numero che costituisce il valore massimo raggiunto dall'unità d'Italia in poi. A don Filippo succedette il figlio don Francesco che provvide al restauro del palazzo. Don Francesco non ebbe figli ed i possedimenti di Filacciano passarono al nipote Clemente che sposò Giacinta Ruspoli. Nel 1930 un incendio danneggiò gravemente l’edificio; una lapide posta nel sottopasso del palazzo ricorda il pericolo scampato dai tre figli del principe don Clemente Del Drago, Milagros, Francesco ed Alessandro, salvati dalla popolazione. Alla morte di Clemente, i due figli si dividono i possedimenti di Filacciano. Don Francesco sposa Maria Piacitelli in prime nozze e Anna Maria in seconde mentre don Alessandro sposa Laura Lancellotti. Da quest'ultimi discende l'attuale proprietario del palazzo, don Clemente Del Drago, principe di Mazzano e Antuni, Marchese di Riofreddo, di Ronciglianello, di Castel Diruto e di Sant'Agnese. Le ultime due tappe importanti per la storia di Filacciano sono l’approvazione del regolamento edilizio e del programma di fabbricazione (decreto provveditoriale del 20 gennaio 1971, n. 6360) nel 1971 e l’adozione del piano regolatore generale (delibera del Consiglio comunale del 7 maggio 1988, n. 29 nel 1988. Belvedere panoramico sulla Valle del Tevere, dal centro storico. Chiesa di Sant'Egidio Palazzo Del Drago Oratorio di Sant'Egidio, edificato dai Muti Papazzurri Palazzo Mauri edificato dal Marchese Gianbattista Mauri in via Filocastello nelle adiacenze del palazzo Del Drago Palazzo Arcangeli: l'attuale palazzo risale al 1500 circa ma venne edificato su preesistenti abitazioni. È ubicato in via Filocastello con un edificio ed un mulino (inattivo dal 1876) ad esso collegati tramite un percorso sopralevato in contrada Borgo (via Borgo di Sotto) Palazzo Leoni: posto a cavallo di Via Filocastello e dotato di sottopasso a livello stradale presumibilmente realizzato dalla famiglia Leoni intorno al XVII secolo su strutture preesistenti. Filacciano nonostante le ridotte dimensioni del territorio ha tre chiese, e due cappelle private: CHIESA DI SANT'EGIDIO : è la seconda costruzione del futuro borgo. Sorge su una collina che domina la valle del Tevere. Fu edificata dai monaci di Farfa proprietarí di Filacciano intorno l anno 1.000 d.C. È ricca di preziosi affreschi del XIII secolo che si sono mantenuti e in buono stato di conservazione anche il dopo il crollo del tetto la notte tra il 16 e il 17 del 1968. Gli affreschi sono stati commissionati dai coniugi Marocce nel 1228 e sono stati realizzati dal "maestro di Filacciano". Molti anni dopo viene aggiunta alla struttura di base della chiesa una cappella dedicata a San Filippo Neri, dove viene sepolto Carlo Mauri, nel 1821 cardinale della curia Romana e sostituto segretario di stato. CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA: È ubicata all'interno del borgo e si può accedere da via Filocastello. Non si ha una datazione di quando fu costruita e neanche per volere di chi, ma possiamo ipotizzare che fu costruita nel XV/XVI dopo la ricostruzione del castello da parte della famiglia Orsini. La struttura ricorda molto quella della chiesa di Sant'Egidio. La chiesa è strutturata su una navata e lateralmente due absidi dedicate a santa Maria assunta ed al Salvatore. Sulle pareti laterali all'altare sono state ricavate due nicchie dove sono esposte le statue di san Valentino e sant'egidio abate. La luce entra dalle cinque finestre che ricordano lo stile gotico ed il soffitto è adornato dalle Capriate lignee Parte del comune di Filacciano è compresa nella zona di produzione della denominazione di origine protetta DOP Soratte Olio extravergine di oliva Soratte . Altri prodotti tipici sono il famoso “Pecorino Romano”, il “fico bianco di Filacciano”, le pizze fritte, i “falloni” (rustici nato dalla tradizione contadina, preparato seguendo ancora oggi un'antica ricetta a base di pasta di pane e verdure ripassate) e le classiche “fettuccine” di pasta all’uovo. Il paese è raggiunto dalla Strada Provinciale 20/a che si sovrappone alla 15/A Tiberina il cui percorso coincide con l'antica omonima strada romana, che dalla zona nord di Roma (Prima Porta), risalendo la sponda destra della valle del Tevere, attraversava l'antico agro falisco-capenate per raggiungere la sabina e proseguiva fin verso Otriculum in Umbria. Oggi, nella Città metropolitana di Roma Capitale, il suo percorso attraversa il territorio di Filacciano, si dirige sempre costeggiando il Tevere, verso la zona di Ponzano Romano fino ad oltrepassare il fiume Treja in località Borghetto (Civita Castellana). A circa 3 chilometri, nel territorio comunale di Ponzano Romano, è facilmente accessibile l'Autostrada del Sole, che per un breve tratto attraversa il territorio di Filacciano, con il casello di Ponzano Romano-Soratte. Il territorio di Filacciano è servito dalla ferrovia Roma Firenze linea metropolitana regionale FL1 Orte-Fiumicino aeroporto, dalla stazione di Poggio Mirteto Scalo, a sud e a nord dalla stazione di Stimigliano, più o meno equidistanti da Filacciano. Abitanti censiti Tra il 1816 e il 1870, faceva riferimento al distretto di Castelnuovo di Porto all'interno della Comarca di Roma, entità amministrativa dello Stato Pontificio. Iași, dal 1999 Fa parte dell'unione di comuni Unione Valle del Tevere - Soratte. Dal 2013 ha aderito alla Conferenza dei sindaci dell'area Tiberina/Flaminia/Cassia. Dal 2015 fa parte del Consorzio intercomunale dei servizi e interventi sociali Valle del Tevere insieme ad altri 16 comuni ricandenti nel distretto socio-sanitario 4 della ASL Roma 4. Filacciano e il suo territorio, Elisabetta Calabri, Dedalo, 1995. Valle del Tevere Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Filacciano Filacciano su Tiscali, su web.tiscali.it.

Fiano Romano
Fiano Romano

Fiano Romano è un comune italiano di 16 419 abitanti della città metropolitana di Roma Capitale nel Lazio. Geograficamente il comune di Fiano Romano si trova nella Valle del Tevere, sulla riva destra del fiume Tevere. Il territorio è prettamente collinare ma con ampie aree pianeggianti lungo il fiume. L'altezza media è di circa 86 metri sul livello del mare, con un'altezza minima di 17 metri e una massima di 244 metri. Il clima è temperato con estati lunghe e secche ed inverni generalmente miti ma piovosi, rientrando Fiano Romano nel gruppo Csa secondo la classificazione dei climi di Köppen. Si fa sentire la vicinanza del Tevere che fa aumentare il tasso di umidità, soprattutto nelle zone più basse. La temperatura media su base annua è di 14,9 °C con agosto il mese più caldo dell'anno facendo registrare una temperatura media di 25,2 °C mentre il mese più freddo è gennaio con una temperatura media di 5,6 °C. Durante il periodo estivo, ossia da giugno a fine settembre, le temperature diurne possono raggiungere i 31 °C e quelle notturne si aggirano intorno i 15-18 °C, mentre in occasione di ondate di calore le temperature diurne possono raggiungere anche i 36 °C. La piovosità media annuale è di 1027 mm con luglio il mese più secco, registrando una media di 28 mm di pioggia e 4,73 giorni di pioggia, mentre novembre è quello più piovoso con precipitazioni di 154 mm e 12,57 giorni di pioggia. Dicembre è invece il mese con l'umidità relativa più alta (82,32%) mentre luglio è quello con la più bassa (53,94%). Le ore di sole sono massime a luglio, con una media di 12,6 ore al giorno, e minime a gennaio con 5,71 ore di sole al giorno. Diverse le ipotesi formulate sull'origine del nome Fiano: Il toponimo potrebbe essere derivato, secondo alcuni, sia dalla radice del vocabolo latino flavus, biondo, con evidente riferimento alla produzione di cereali coltivati o visibili nel luogo; sia dal riferimento ai possedimenti che la gens Flavia aveva nella zona (da Flaiano, composto del nome di persona latino Flavius e del suffisso «anus» che indica l'appartenenza). Nell'Eneide (I secolo a. C.) Virgilio, descrivendo le genti che abitavano il territorio falisco capenate in epoca remota, fa riferimento ai campi Flavini (Flavinia arva), mentre nel poema Le guerre Puniche (I secolo d.C.) di Silio Italico viene utilizzata l'espressione Flavina o dei campi Flavini per descrivere l'area dove sorgeva il santuario di Feronia e scorreva il fiume Capenas (odierno Gramiccia). Il termine ritorna anche nel commento di Servio all'Eneide (IV secolo d.C.) dove l'espressione virgiliana Flavinia arva viene spiegata come riferimento alla località di Flavinium. Un'ulteriore ipotesi suppone che il nome Fiano derivi dalla parola latina Fanum (santuario, tempio), in riferimento al tempio di Feronia (Fanum Feroniae). Infine si ipotizza che Fiano, conosciuto nel medioevo come Flavianum o Flaianum, sia il toponimo di un possedimento terriero risalente ai fondi imperiali di età costantiniana: il nomen Flavus era infatti stato assunto dall'imperatore Costantino. La denominazione corrente fu assunta solo a partire dal 1872 quando, dopo un'apposita deliberazione del Consiglio Comunale del 23 luglio, fu ufficialmente cambiato il nome da Fiano a Fiano Romano tramite un Regio Decreto di Vittorio Emanuale II. Il territorio di Fiano Romano, per la sua posizione a ridosso di una via di comunicazione naturale come il fiume Tevere, fu abitato da tempi antichissimi: dell'Età del bronzo finale (XII-XIII secolo a.c.) i reperti di armi, utensili di pietra scheggiata e ossa lavorate che testimoniano la presenza di tribù di cacciatori-raccoglitori, mentre in età arcaica le ceramiche databili intorno all'VIII secolo a.C. confermano la zona come punto di incontro delle culture dei Falisci, dei Sabini, degli Etruschi e dei Latini. Tra il VII e il V secolo a.C. l'area fu sotto il controllo dell'antica città di Capena, alleata dell'etrusca Veio: di questo periodo la fondazione del santuario di Lucus Feroniae. Poi, all'inizio del IV secolo a.C. la zona passò sotto il controllo di Roma, vittoriosa su Veio e i suoi alleati (395 a.C.), con il santuario della Dea Feronia che rimase punto centrale dell'area tant'è che, per la sua ricchezza, nel 211 a.C. fu saccheggiato dai mercenari dell'esercito cartaginese di Annibale. Tra il II e il I secolo a.C. la zona fu completamente romanizzata, con opere di sistemazione viaria e di ricostruzione urbanistica del Lucus Feroniae su stampo di un foro romano, poi, intorno al 70 a.C., Cesare decise di espropriare molte terre intorno al santuario per assegnarle in premio ai propri legionari, opera che fu completata dopo la morte del generale romano dai suoi successori Marco Antonio e Ottaviano (il futuro Augusto), dando origine ad un insediamento noto come Colonia Julia Felix Lucus Feroniae. Nell'età augustea (fine I secolo a.C. fino agli inizi del I secolo d.C.) l'area subì grandi interventi urbanistici di riorganizzazione del territorio gestiti dal filo augusteo Lucio Volusio Saturnino: di questo periodo la grande villa suburbana Villa dei Volusii, la maggiore e più ricca delle tante ville presenti nella zona, veri e propri centri di produzione agricola, in particolare dell'olio d'oliva, che testimoniano come la zona di Fiano, per la sua fertilità, il suo territorio collinare e per la favorevole posizione era un'importante area agricola nonché, per la vicinanza con l'Urbe, fu assai ambita dai ricchi senatori. A partire dall'epoca tardo antica e per tutto il medioevo il controllo di Fiano passò di mano in mano tra i vari centri religiosi della zona: il Monastero di San Paolo fuori le mura a Roma, il polo monastico di San Silvestro sul Monte Soratte e l'Abbazia di Farfa al di là dal Tevere. Di questo periodo anche la costruzione del primo nucleo del castello (in una bolla di Papa Gregorio VII del 1081 si parla di Castellum Flavianum). Infine il feudo di Fiano fu assegnato al Monastero di San Paolo fuori le mura prima da parte dell'Imperatore Enrico VI nel 1186-1189 e, in seguito, dalle bolle di Papa Innocenzo III del 1203 e di Papa Onorio II del 1218. Il periodo del Rinascimento, tra il XV ed il XVI secolo, vide il dominio su Fiano della famiglia Orsini, che ne ottenne metà prima in enfiteusi dal Monastero di San Paolo fuori le mura nel 1354 e poi la acquistò nel 1362, quindi comprò l'altra metà tra il 1404 e il 1406 con Paolo Orsini. Nel 1443 Orso Orsini è citato come Comes Flaiani e nel 1478 la sorella di Orso, Paola Orsini, governò come luogotenente. Con una bolla del 27 settembre 1482 Papa Sisto IV nominò Niccolò III Orsini tutore dei figli di Elisabetta d'Anguillara (moglie di Orso) e signore di Fiano, Morlupo, Filacciano e Monte della Guardia. Nel 1489 Niccolò III diventò conte di Fiano e commissionò la costruzione del Castello terminata nel 1493. Niccolò III Orsini morì il 27 gennaio 1510 nel vicentino quando era generale di Venezia. La Serenissima per onorarlo gli costruì un sontuoso monumento funebre nella Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo. Ma in seguito, per volere testamentario di Niccolò, il cuore fu portato a Pitigliano, sua città natale, e i suoi resti mortali a Fiano Romano nella Chiesa di Santo Stefano Nuovo. Nel 1606 Fiano passò al Cardinale Francesco Sforza il quale lo fece erigere a ducato (bolla di Papa Paolo V del 18 luglio 1608) per suo figlio naturale e legittimo Sforzino Sforza che poi, il 7 giugno 1621, lo vendette per 220.000 scudi, con l'autorizzazione di Papa Gregorio XV, a Orazio Ludovisi, generale della Santa Chiesa e fratello del Papa. Nel 1624 alla morte di Orazio il ducato passò al figlio Niccolò Ludovisi e da questo al figlio Giovan Battista Ludovisi fino al 1690. Nel 1690, per volontà di Papa Alessandro VIII, Fiano passò dalla famiglia Ludovisi a Marco Ottoboni, generale delle Galee pontificie. Il feudo fu ereditato da Maria Francesca Ottoboni, figlia di Marco, la quale sposò Pier Gregorio Boncompagni Ludovisi che diventò duca ex uxore e decise di assumere anche il cognome della moglie. Il ducato di Fiano restò in mano alla famiglia Boncompagni Ludovisi Ottoboni per oltre duecento anni, fino al 1897 quando l'intera proprietà di Fiano, terreni e castello compreso, furono venduti al commendatore Carlo Menotti, costruttore e latifondista. Nel 1904, alla morte di Carlo Menotti, la proprietà di Fiano passò al figlio, Cav. Mario Menotti. Con l'avvento del fascismo il Cav. Mario Menotti, in non buoni rapporti col regime, lascio l'Italia e dopo litigi per l'amministrazione di Fiano questa fu affidata al Conte Valentino Orsolini Cencelli, uomo politico di spicco del Partito Nazionale Fascista. Il Cav. Mario Menotti morì a Shanghai e, in assenza di eredi, l'intero patrimonio fu ereditato dalle sorelle, le quali in parte donarono e in parte vendettero il Castello ducale alle Suore Domenicane di Santa Caterina da Siena. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e fino a tutti gli anni sessanta Fiano fu interessato dalle lotte per la terra che porteranno all'assegnazione a contadini e braccianti della maggioranza dei terreni appartenuti ai Menotti e agli altri grandi proprietari terrieri. A partire dagli anni '60 del XX secolo, con l'apertura del casello autostradale, Fiano fu investito da una grande trasformazione economica e sociale, il settore agricolo cominciò un rapido declino a favore di attività industriali e del terziario, e in particolare iniziò un importante aumento demografico che fece passare i residenti dai circa 3000 di fine anni '60 ai quasi 16000 del 2020. Al contempo, il territorio fu interessato da una larga edificazione che portò il suolo urbanizzato a quadruplicare in pochi anni. Il Comune di Fiano Romano è rappresentato da uno stemma composto da uno scudo in cui è raffigurato un correggiato (due bastoni uniti da una striscia di cuoio) con sullo sfondo un campo di grano maturo e una porzione di cielo; lo scudo è contornato da due spighe di grano e sormontato da una corona. L'uso di questo simbolo è attestato dal 1609. Evidenti i riferimenti in questa rappresentazione al forte legame del territorio in generale con il mondo agricolo e contadino e in particolare con la coltivazione del grano, che per secoli (sicuramente fin dal periodo della Roma Repubblicana) ha rappresentato una delle principale attività economica della zona. A Fiano Romano si trovano le seguenti chiese: La costruzione della chiesa di Santo Stefano Nuovo risale alla seconda metà del XV secolo, forse nel 1480 risultando dai documenti storici che in quell'anno questa chiesa nacque dall'unione tra la chiesa collegiata di Fiano e l'antica Chiesa di San Biagio; poi nel 1774, come riportato negli Archivi di Stato, subì un'importante opera di rifacimento su iniziativa della comunità locale. La chiesa sorge nella piazza centrale del borgo medievale, proprio di fronte all'entrata principale del Castello Ducale. La chiesa è rialzata rispetto al piano della piazza e nella scalinata di accesso sono inseriti, come gradini, due stipiti con scanalature, probabilmente originari di altri edifici. Anche nel sagrato si notano elementi riutilizzati: frammenti di lastre ed epigrafi forse provenienti da un'area cimiteriale o dalla chiesa stessa. La facciata è in stile romanico, con linee architettoniche semplici e pulite, dove si apre il portale in travertino su cui sono scolpiti due stemmi in bassorilievo e affiancata dal campanile, di tipo a torre e a pianta quadrata con copertura a cupola, privo di bifore ma solo con accenni di modanature agli angoli. L'interno della chiesa è a pianta basilicale con terminazione absidale semi-circolare, con tre navate suddivise da archi a tutto sesto sostenuti da colonne in travertino a sezione quadrata. L'altare, rifatto nel 1967 dopo la riforma del Concilio Vaticano II, è in travertino romano bucciardato e si presenta a forma di piccolo tempio, con timpano sostenuto da due colonne con capitelli corinzi, affiancato sulla sinistra da un piccolo ambone. Subito dietro l'altare c'è un dipinto di grande pregio del pittore Antonio del Massaro, detto il Pastura, in cui è raffigurata la Madonna col Bambino attorniata dai Santi Giovanni Battista, Stefano, Biagio e Pietro. Nella navata destra, anticamente riservata alla Famiglia Orsini, sono collocati due affreschi provenienti dalla diruta chiesa di Santa Maria ad Pontem, il monumento sepolcrale di Niccolò III Orsini, e soprattutto, nella capella dell'Annunziata (già Orsini) subito alla destra dell'altare, una pala raffigurante il Salvator Mundi affiancato da due angeli di particolare valore artistico, attribuita alla scuola del Pinturicchio. Nella navata sinistra è collocato il sarcofago di Pietro Gregorio Ottoboni Boncompagni Ludovisi, duca di Fiano, resti di affreschi (probabilmente sempre originari di Santa Maria ad Pontem), piccoli altari sovrastati da tele di scuola umbra e l'altare della Madonna Addolorata. Si accede inoltre alla cappellina absidata dove è presente un crocifisso ligneo artigianale, un altare con basamento in pietra, forse derivato da un'antica colonna e vi è custodita la campana medievale realizzata da Guidotto di Pisa nel 1278 per l'antica Chiesa di San Biagio. La Chiesa di Santo Stefano Vecchio è stata per secoli la chiesa principale della città, nonostante fosse collocata fuori il centro abitato, sul versante occidentale, in una zona collinare. Alla fine del XIX secolo, sia per la sua posizione decentrata sia soprattutto per le restrizioni imposte agli ordini religiosi dal neonato Regno d'Italia, fu prima sconsacrata e poi venduta a privati. L'interno della Chiesa, che fu cenobio benedettino, è a pianta basilicale e presenta uno stile romanico tipico del XII e XIII secolo ma con vari rimaneggiamenti e restauri successivi. Le 3 navate sono separate da 10 colonne in granito per parte, con capitelli tutti diversi e con un pilastro centrale ognuno. Ai lati del portale d'ingresso due candelabri in bronzo, alti 3 metri, a colonne tortili con spirali che richiamano le piante di alloro. Il campanile consta di 3 ordini di finestre, dal basso all'alto: bifore, trifore e monofore. L'altare odierno è in marmo greco e posizionato nella parte absidale al posto del ciborio originale, del 1150 circa, che fu portato prima al Collegio Irlandese di Roma e poi, dopo varie traversie, al Metropolitan Museum of Art di New York dov'è tuttora esposto. Nel 1890, nel corso di scavi archeologici promossi dal Prof. Vincenzo Montenovesi nei terreni intorno alla Chiesa, fu ritrovata una lapida di età romana con iscritta una lista di nomi. Chiesa del XII secolo, oggi sconsacrata, in stile romanico appartenuta all'ordine dei Silvestrini. Della Chiesa della Madonna del Carmine o Chiesa del Carmine si hanno poche informazioni storiche: viene forse descritta in un manoscritto del XVII secolo in cui si parla di una chiesa chiamata della Fraternità eretta nel XVI secolo poco fuori il centro storico di Fiano Romano ed utilizzata come cimitero per i contadini. L'edificio è piuttosto semplice e di modeste dimensioni, senza un particolare criterio estetico o architettonico. La facciata principale presenta un portale con ai lati finestre rettangolari e più in alto aperture ad arco a tutto sesto. In linea con l'ingresso un arco con crocifisso. All'interno non ci sono opere d'arte alle pareti, tranne un affresco che adorna l'abside ed il catino. Il campanile, di tipo a vela, consiste in una semplice struttura muraria posizionata centralmente alla facciata principale. L'ambiente è illuminato da solo quattro finestrelle poste in alto sulle pareti laterali. Dal 17 febbraio 2013 la chiesa, in accordo con la locale parrocchia cattolica, è utilizzata dalla Chiesa Ortodossa Romena che l'ha intitolata a San Gerarca Leone Magno, Vescovo di Roma. Per le funzioni ortodosse vi è stato installato l'iconostasi davanti al presbiterio, posizionate icone sulle pareti laterali ed un grande lampadario a goccia al centro della sala. La chiesa della Beata Vergine della nuova o della ruota (sullo stesso manoscritto non è ben riconoscibile il nome corretto). La chiesa della Madonna delle Grazie sita di fronte all'ospedale per i poveri. Della chiesa di Sancti Georgi in Suburbio Castri Flaiani il Ghibelli cita che era possedimento del monastero di Sant'Andrea e di San Gregorio al Clivo di Scauro a Roma. La chiesa di Val Casale era gestita da un eremita e, nel suo interno, vi era una tela raffigurante San Giovanni di Dio di Francesco Trevisani. La chiesa di San Sebastiano veniva utilizzata nel giorno dell'Ascensione per fare una processione e benedire la campagna ed ottenere così un buon raccolto. Monumento ai caduti delle due Guerre Mondiali realizzato tra il 1919 e il 1924 e oggi collocato nel Parco delle Rimembranze. Castello costruito su commissione di Niccolò III Orsini, allora signore di Fiano, tra il 1489 e il 1493. Villa d'otium e rustica di una famiglia senatoria romana risalente al I secolo a.C. e utilizzata fino al V secolo d.C. , completamente riportata alla luce è ricca di mosaici e ambienti ben conservati. Si tratta di dodici blocchi di marmo finemente decorati a rilievo con scene di combattimenti gladiatori risalenti al I secolo a.C. che originariamente decoravano una tomba di tipo ad edicola. Piccolo bassorilievo in marmo datato tra il II e il III secolo d.C. con entrambi i lati decorati con scene del culto di Mitra, oggi conservato al Museo del Louvre di Parigi. Baldacchino in marmo realizzato nel 1150 circa per la Chiesa di Santo Stefano Vecchio, oggi conservato al Metropolitan Museum of Art di New York. Campana forgiata nel 1278 per la Chiesa di San Biagio e ora conservata nella Chiesa di Santo Stefano Nuovo. La statua bronzea dedicata al politico comunista, improvvisamente scomparso nel 1984 e che aveva più volte visitato Fiano Romano, fu inaugurata il 15 giugno 1985. Realizzata dallo scultore iraniano Reza Olia, la statua è collocata nei pressi di Piazzale Cairoli all'ingresso del borgo medievale. Murale, di 50 metri quadri, realizzato agli inizi degli anni 70 del XX secolo da Ettore de Conciliis e Rocco Falciano ed installato subito fuori il borgo medievale. Imponente arco-scultura in marmo e travertino (7 metri di altezza per 15 metri di lunghezza e 210 tonnellate di peso) realizzata dall'artista Claudio Capotondi e installata nel 2000 nei pressi del casello autostradale di Fiano Romano. Fiano Romano ha registrato un'evoluzione demografica sempre in aumento fin dal primo censimento generale della popolazione del 1871. Tale trend si è notevolmente impennato nella parte finale del XX secolo e in particolare nel primo decennio del XXI secolo dove si è registrato di fatto un raddoppio della popolazione residente in dieci anni, passando dai 7924 residenti del censimento 2001 ai 13059 del censimento 2011. Nel secondo decennio del XXI secolo si è confermato il trend in aumento della popolazione residente ma con una maggiore gradualità (dai 13063 residenti del 1º gennaio 2012 ai 15556 del 1º gennaio 2021). Al 31 dicembre 2021 Fiano Romano risultava il comune più giovane del Lazio con un'età media di 42,1 anni. Abitanti censiti L'importante incremento della popolazione residenti che ha interessato Fiano Romano ha visto anche un importante contributo di cittadini stranieri. Al 31 dicembre 2022 gli stranieri residenti a Fiano Romano con regolare permesso di soggiorno (dati ISTAT) assommavano a 2.641, pari a circa il 16,2% della popolazione, ben superiore alla media dell'area della Città Metropolitana di Roma Capitale (11,5%) e della Regione Lazio (11.2%), dato che posizionava Fiano al 255º posto (su 7903) della classifica dei comuni italiani. Le dieci nazionalità più rappresentate al 31 dicembre 2022 erano (dati ISTAT): Il dialetto fianese, parlato ormai solo da un nucleo di abitanti sempre più vecchio e ristretto vista l'ampia crescita demografica a cavallo tra XX e XXI secolo, è il risultato di una peculiare miscela linguistica e culturale. Da un lato infatti il vernacolo di Fiano risente, come tutti quelli della zona della bassa valle del Tevere, dall'incontro tra quello dell'area romana e quello dell'area sabina, entrambi assai caratteristici. Dall'altro però si somma anche l'importante contributo dato dai tanti immigrati che, nel corso del XIX secolo, si sono trasferiti a Fiano provenienti dalle vicine regioni del Centro Italia, in particolare da Umbria, Marche e Abruzzo. Tutti questi contributi, diversi e assai variegati, si sono ben armonizzati in un dialetto riconoscibile e chiaramente distinto da quelli dei paesi viciniori, un parlato che esprime bene pensieri e sentimenti e che, in tante caratteristiche, è più vicino al latino che all'italiano."Férmite, che la machina lì a 'ssu vicolu nun ce scòte!" (Fermati, che l'automobile dentro a questo vicolo non ci passa!) La presenza di un'ampia comunità Romena, che nel 2022 rappresentava circa il 43% del totale degli stranieri residenti a Fiano Romano, ha portato all'apertura nel 2013 di una parrocchia della Chiesa Ortodossa Romena nella Chiesa della Madonna del Carmine. Dal 28 luglio 2016 è operativo a Fiano Romano il Centro Operativo della Polizia stradale del Lazio (C.O.P.S.) per la gestione di tutta l’attività della Polizia Stradale della Regione sia in ambito autostradale che sulla viabilità ordinaria: quotidianamente dirige l’attività, in media, di 120 pattuglie lungo 430 chilometri di rete autostradale, le principali strade consolari del Lazio e sui 68 chilometri del Grande Raccordo Anulare di Roma. A Fiano Romano ha sede la Direzione del V Tronco della società Autostrade per l'Italia che ha competenza sulla gestione e manutenzione di un tratto dell'Autostrada A1 (dal km 417,6 al km 633,3 per 215,7 chilometri), dell'A1 diramazione Roma Nord (23 chilometri), dell'A1 diramazione Roma Sud (20 chilometri) e del tratto Civitavecchia - Roma dell'Autostrada A12 (65,4 chilometri). Il 23 marzo 2022 è stata inaugurata la casa di comunità della ASL Roma 4, intitolata al Prof. Vincenzo Montenovesi, con i servizi materno-infantile, il TSMREE, la specialistica, il consultorio e il centro vaccinale. Da giugno 2013 ha sede a Fiano Romano la Croce Rossa Italiana - Comitato della Valle del Tevere che opera sul territorio dei comuni di Capena, Civitella San Paolo, Fiano Romano, Filacciano, Nazzano, Ponzano Romano, Sant’Oreste e Torrita Tiberina. Biblioteca comunale, collocata all'interno del Castello Ducale, con disponibili, alla data del 4 marzo 2021, 26.597 volumi moderni e 18.125 volumi nel catalogo online. La biblioteca offre sia il servizio di prestito locale che di prestito interbibliotecario. Attivo un Gruppo di Lettura e, dal 2020, il servizio di bookcrossing. Istituto Comprensivo statale "IC Fiano Romano" con Scuola dell'Infanzia (2 plessi), Scuola Primaria (3 plessi) e Scuola Secondaria di I° (1 plesso); Scuola dell'Infanzia paritaria "San Giuseppe", attiva dal 1971 e gestita dalle Suore Domenicane di Santa Caterina da Siena. Villa dei Volusii. Dalla metà degli anni '80 del XX secolo fino al suo ritorno nella Capitale nel 2019, la storica emittente televisiva locale Teleroma 56 ha avuto sede, con studi e redazione, all'interno della zona industriale di Fiano Romano. Tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '80 del XX secolo a Fiano Romano fu attivo il Centro di Arte Pubblica Popolare (C.A.P.P.), collettivo di artisti che vide tra i fondatori Ettore De Conciliis e Rocco Falciano. Questi si impegnarono principalmente nella realizzazione di opere pittoriche murali di grandi dimensioni e con una spiccata valenza politica-sociale, come il Murale dedicato a Giuseppe Di Vittorio a Cerignola del 1975 o il Murale sulla occupazione delle terre e lotta per lo sviluppo a Fiano Romano del 1972, avvalendosi anche della collaborazione di artisti quali Ernesto Treccani e Carlo Levi. Fiano Romano è stata sovente utilizzata per girare film e serie tv. Molto utilizzate anche, per scene lungo la strada, il tratto dell'Autostrada A1, il casello autostradale e i dintorni industriali. La scena cinematografica più famosa girata a Fiano Romano è sicuramente quella in cui Totò fa il suo discorso alla popolazione della città di Roccasecca nel film Gli onorevoli di Sergio Corbucci del 1963; Il primo film girato a Fiano Romano fu La Corona di Ferro di Alessandro Blasetti del 1940 con Gino Cervi; Il borgo che ospita il collegio del figlio di Peppone (Gino Cervi) del film Il ritorno di Don Camillo di Julien Dovivier del 1953 è quello di Fiano Romano; Nel film Totò e Carolina di Mario Monicelli del 1955 la chiesa del paese di Montefalcone in cui Antonio Caccavallo (Totò) riconduce Carolina (Anna Maria Ferrero) dai suoi parenti è la Chiesa Santo Stefano Protomartire Nuovo di Fiano Romano; Sempre nel 1955 furono girate a Fiano Romano alcune scene dei film Poveri ma belli di Dino Risi e Saranno Uomini con Silvana Pampanini; Nel 1967 per il film I Sovversivi di Paolo e Vittorio Taviani furono girate scene presso Santo Stefano Vecchio; Nel film Detenuto in attesa di Giudizio di Nanni Loy del 1971 la scena della telefonata della moglie di Giuseppe Di Noi (Alberto Sordi) al console si svolge all'autogrill sull'Autostrada A1 a Fiano Romano; Nel film Il trucido e lo sbirro di Umberto Lenzi del 1976 il capannone dove lavora il fratello del Monnezza (Tomas Milian) è a Fiano Romano; Nel film Roma di Federico Fellini del 1977 le riprese nel traffico di Roma iniziano alla barriera autostradale di Roma Nord dell'Autostrada A1 a Fiano Romano; Nel 1979 il regista Franco Giraldi girò alcune scene del suo film La Giacca Verde a Fiano Romano; Il paese marchigiano Brisignano dove è ambientato il film Dio li fa poi li accoppia di Steno del 1982 è in realtà Fiano Romano; Nel 1985 il regista Duccio Tessari gira a Fiano Romano la miniserie TV Baciami strega; Il paese dove vivono i due pensionati Elvio Battistini (Alberto Sordi) e Giuseppe Mondardini (Bernard Blier) del film Una botta di vita di Enrico Oldoini del 1988 è Fiano Romano; Nel 1998 a Fiano Romano è stata girata la serie tv Dio Vede e Provvede con Angela Finocchiaro e Nadia Rinaldi; Nel 2000 a Fiano Romano viene girato il film per la tv Vola Sciusciù con protagonista Lino Banfi nel suo primo ruolo drammatico, andato in onda su Rai 1 il 28 maggio 2000; Nel 2005 viene girato a Fiano Romano il film DeKronos - il demone del tempo (conosciuto anche con il titolo La clessidra del Diavolo); Sempre nel 2005 furono girate a Fiano Romano alcune scene del film E ridendo l'uccise di Florestano Vancini; A Fiano Romano, in Piazza Matteotti, sono stati girati alcuni degli episodi della mini-serie RAI "Enrico Mattei - L'uomo che guardava al futuro", andata in onda in prime time su Rai 1 il 3 e 4 maggio 2009; Nel 2012 è stata girata a Fiano Romano la webserie Orrore a Fiano Romano per FlopTV; Nel 2015 la quinta stagione della serie tv Che Dio Ci Aiuti con Elena Sofia Ricci è stata girata a Fiano Romano; A Fiano Romano è stato girato il film A posto tuo del 2016 con protagonisti Luca Argentero, Stefano Fresi, Ambra Angiolini e Serena Rossi; Nel 2020 a Fiano Romano sono state girate alcune scene del film sull'omicidio di Yara Gambirasio del regista Marco Tullio Giordana; Nel 2021 sono state girate in Piazza Matteotti a Fiano Romano alcune scene della docu-fiction Arnoldo Mondadori - I libri per cambiare il mondo della Rai con Michele Placido andata in onda il 21 dicembre 2022 su Rai 1; A marzo 2022 nel centro storico del paese e nei pressi dell'area industriale si sono svolte alcune riprese per la miniserie televisiva Circeo della Cattleya ispirata al massacro del Circeo. A gennaio e febbraio 2023 Piazza Matteotti e il cortile del Castello Ducale sono stati utilizzati per le riprese del film "Settimo grado" del registra Massimo Cappelli prodotto dalla Lime Film. Il 5 gennaio 1902 il Consiglio Comunale ha riconosciuto la Banda Musicale, di cui si hanno notizie dell'esistenza già negli ultimi anni del 1800, quale Concerto Musicale Municipale: da allora la banda non si è mai sciolta e, tra cambi di nome (durante il fascismo fu rinominata Banda Musicale del Dopo Lavoro e poi nel dopoguerra Banda Comunale) e rinnovando via via i suoi membri, ha continuato la sua attività musicale, interrompendola solo durante i periodi delle due Guerre Mondiali. Nel 1995 la Banda Musicale si è costituita associazione, è stata riconosciuta dal Consiglio Comunale come "Banda di Interesse Comunale" e si è iscritta all'Albo delle Bande Musicali operanti nei Comuni del Lazio. La Banda partecipa alle varie manifestazioni religiose e folcloristiche del paese, tiene concerti e organizza corsi di musica. Dal 2017 ha attivato un laboratorio di musica d'assieme denominato Junior Band, dal 2019 intitolata allo scomparso fondatore e maestro Andrea Maida, riservato ai giovanissimi anche alle prime armi con gli strumenti musicali. La Festa di settembre in onore della Madonna Addolorata è una manifestazione organizzata nella terza domenica di settembre a Fiano Romano in cui si rivivono tradizioni religiose e si svolgono importanti festeggiamenti ed attività folkloristiche. Le radici della festa risalgono al 24 marzo 1842 quando fu collocata nella Chiesa di Santo Stefano Nuovo l'immagine in cera della Maria Santissima Addolorata. La festa era affidata alle donne della Pia Unione della Madonna Addolorata, e solo a partire dal 1933 fu concesso anche agli uomini di prendere parte all'organizzazione della festa. Dopo alcune interruzioni, nel 1889 la festa fu ripresa nuovamente e da allora mai più interrotta. Il programma della festa inizia il giovedì o il venerdì, con le vie del paese adornate da luminarie, si tengono messe e altri eventi, religiosi e non. La festa ha il suo culmine con la Processione di domenica sera. Nel 2021 si è tenuta la 179ª edizione della festa. Festival cinematografico orientato a valorizzare il ruolo delle donne nel cinema, promosso e organizzato dall’Associazione culturale “Città per l’Uomo” con il patrocinio del Ministero della Cultura e del Comune. Il festival si svolge in estate; Nel 2021 si è svolta la 24ª edizione del festival. Manifestazione di spettacoli teatrali itineranti che si svolgono all'interno del Castello ducale Orsini e nelle vie del centro storico; Nel 2019 si è tenuta la 20ª edizione del festival mentre per gli anni 2020 e 2021 il festival non si è tenuto per le limitazioni imposte per contrastare la pandemia di COVID-19. Il forte incremento demografico che ha caratterizzato Fiano Romano a partire dalla fine degli anni '90 del XX secolo è corrisposto ad una vasta urbanizzazione del territorio, in particolare tra il centro abitato consolidato, intorno al borgo medievale, e l'area del casello autostradale e della zona industriale. In quest'ampia zona pianeggiante si è sviluppata così un'area residenziale a prevalenza di villette e piccole palazzine, con una bassa densità abitativa e quindi un grande consumo di suolo che ha portato, di fatto, a quadruplicare il territorio urbanizzato. È stato questo uno sviluppo con caratteri parzialmente abusivi, oggetto negli anni di vicende urbanistiche complesse e che ha richiesto vari interventi amministrativi e poi, a partire dagli anni '10 del XXI secolo, forti investimenti per il potenziamento dei servizi (reti, strade, parchi, scuole, ecc...) al fine di allinearli alla mutata realtà abitativa e sociale. Fiano Romano rappresenta una realtà economica vivace e fortemente attiva, principale polo produttivo della zona. Il tasso di occupazione è molto alto (nel 2019 è stato circa del 50%, posizionando Fiano Romano al terzo posto tra i comuni del Lazio) soddisfatto sia dalla domanda interna che da quella esterna: il pendolarismo, per studio e lavoro, verso l'area metropolitana romana seppur elevato (48%) è infatti bilanciato da quello in ingresso. Al 2020 le attività operanti su Fiano Romano risultano: nella maggior parte (1055 su un totale di 1776 registrate pari al 59.4%) impegnate nel settore dei servizi e nel relativo indotto; seguono le attività industriali (23.8%) tra le quali spiccano quelle operanti nel settore delle costruzioni edili (17.9% del totale); infine l'agricoltura rappresenta invece una quota minima della attività economiche del territorio (4.6% del totale) con solo 82 attività attive. Il settore agricolo è diventato nel corso degli anni sempre meno rilevante nell'economia di Fiano Romano, visto lo sviluppo urbanistico e sociale che ha caratterizzato il territorio agli inizi del XXI secolo, con le aziende agricole attive che sono passate dalle 625 del 2000 alle 251 del 2010 fino alle 82 del 2020. Le principali attività sono quelle connesse con i prodotti seminativi (grano, mais) coltivati in oltre la metà del suolo utilizzato (54%), seguiti da prati e pascolo (17,5%), boschi (10%) e olivi e frutteti (9,7%). La coltivazione della vite, caratteristica della zona per millenni, è ormai praticata solo a livello minimale (0,3%). Dal 2014, con l'intento di promuovere l'uso agricolo del territorio e di salvaguardare le aree rurali in disuso, l'ente locale ha introdotto la possibilità di concedere, a titolo gratuito, degli appezzamenti di terreno comunali a privati cittadini per la realizzazione di Orti Sociali. L'attività industriale preminente è quella connessa con le costruzioni edili e civili (318 imprese attive) con evidente connessione alla larga urbanizzazione del territorio di inizio XXI secolo che ha portato in pochi anni a quadruplicare il suolo utilizzato per edifici e strade. Il settore economico principale delle imprese attive a Fiano Romano è il terziario, che beneficia soprattutto della vicinanza con Roma e per la collocazione sul principale asse viario Nord-Sud rappresentato dall'Autostrada A1. Fiano Romano è un nodo primario a livello nazionale per la logistica e la movimentazione delle merci su gomma con la presenza di molte aziende operanti nella media e grande distribuzione tra le quali spiccano le sedi di Amazon, di BRT, della GLS e del settore carni della Conad. È inoltre sede centrale di Iges S.r.l. (Todis). La breve distanza da Roma e la buona rete viaria di connessione alla Capitale ha inoltre reso il territorio appetibile per tutta una serie di attività connesse con il turismo, soprattutto quelle operanti nel campo della ristorazione e nel settore alberghiero (come Hilton e Best Western). Al contempo sono cresciute le attività di supporto a questi settori economici come autoriparatori, gommisti, servizi assicurativi e finanziari, noleggio. A Fiano Romano c'è il casello di Roma Nord dell'Autostrada A1 Milano-Napoli dal quale parte la diramazione A1 dir Nord che collega l'Autostrada A1 al Grande Raccordo Anulare di Roma; Il territorio comunale è attraversato dalla Strada provinciale 15/A Tiberina che parte da Roma seguendo la sponda destra del Tevere e arrivando poi in Sabina, a Poggio Mirteto, sul tracciato dell'antica Via Tiberina. Subito al di là del Tevere passa la SS 4 Salaria facilmente raggiungibile da Fiano Romano tramite la superstrada SS 4 dir. La stazione ferroviaria più vicina a Fiano Romano è quella di Fara Sabina-Montelibretti della Linea FL1 distante circa 9 chilometri e collegata con dei bus navette. Questa linea ferroviaria permette di raggiungere velocemente sia varie zone di Roma che l'Aeroporto di Fiumicino. I collegamenti extra-urbani sono assicurati dalla COTRAL con corse di autobus da/per il capolinea della Stazione Saxa-Rubra di Roma e quello di Poggio Mirteto nonché da/per la stazione ferroviaria di Fara Sabina-Montelibretti della FL1. Sul territorio comunale sono attive alcune linee gestite da una società privata. Tra il 1816 e il 1870 Fiano Romano ricadeva amministrativamente nella Comarca di Roma, suddivisione dello Stato Pontificio. Durante il periodo fascista l'amministrazione di Fiano fu affidata al Conte Valentino Orsolini Cencelli, molto vicino a Mussolini. Dal dopoguerra in poi, tranne una breve parentesi con un'amministrazione DC-MSI dal 1962 al 1966, Fiano è stato amministrato dal PCI prima e, dagli anni '90 in poi, da coalizioni di sinistra o centro-sinistra: da qui l'appellativo di "Stalingrado della Tiberina". Elenco dei Sindaci di Fiano Romano dal 1948 in poi: Dall'11 settembre 2013 ha aderito alla Conferenza dei sindaci dell'area Tiberina/Flaminia/Cassia di cui ha espresso il presidente dal 2013. Dal 1º giugno 2015 il Comune di Fiano Romano fa parte del Consorzio intercomunale dei servizi e interventi sociali Valle del Tevere insieme ad altri 16 comuni ricandenti nel distretto socio-sanitario 4 della ASL Roma 4. A.S.D. Fiano Romano (colori sociali Rosso Nero) che, nel campionato 2022-23, milita nel Girone B del campionato maschile di Eccellenza; Città di Fiano, (colori sociali Bianco Azzurro) che, nel campionato 2022-23, milita nel Girone D del campionato maschile di Seconda categoria; A.S.D. 2004 Pro Fiano, (colori sociali Amaranto Giallo) che, nel campionato 2022-23, milita nel Girone D del campionato maschile di Seconda categoria; La S.S. Lazio C5 Global (calcio a 5 - settore femminile) e la S.S. Lazio Calcio a 5 (calcio a 5 - settore maschile), che militano nel campionato 2021-22 rispettivamente in Serie A e nel girone C della Serie A2, si allenano e giocano le proprie partire interne al Palazzetto dello Sport di Fiano Romano; Atletica Fiano Romano A.S.D. ASD O.S.M.G. Fiano Romano Basket; ASD Fiano Romano Pallavolo. Stadio vecchio comunale (calcio), in via dello Sport; Stadio nuovo comunale "Sandro Pertini" (calcio, calcio a 5, atletica leggera), in via Tiberina; Palazzetto dello sport (calcio a 5, basket, pallavolo), in via Tiberina; Palazzetto sportivo polifunzionale, in via Maria Montessori (in fase di completamento ad aprile 2022); Ciclodromo comunale "M. Pezzola - M. Gili", in via F. Giustiniani; Campo per il tiro con l'arco, in via della Mola Saracena; Crossodromo "Tiberina", in via di Valle Noria; Guido Vicario, Cronache e testimonianze per un ritratto di Fiano, Roma, G.E.L. Gruppo Editoriale Leader, 1999, SBN IT\ICCU\RML\0053323. Archimede Pezzola, Osservazioni sul dialetto fianese, Associazione Pro Loco di Fiano Romano, 1996, SBN IT\ICCU\RMS\0097864. Luca Lo Bianco, Fiano: la sua identità, le sue radici: le lotte per la terra nel secondo dopoguerra, IRESMO Istituto di studi storico sociologici, 1997, SBN IT\ICCU\RMS\0097661. Giuseppe Ercoli, Fiano Romano nella storia, Associazione Pro Loco di Fiano Romano, 1996, SBN IT\ICCU\RMS\0097662. Giuliana Boenzi, Antonella Ciccarese, Paola Di Giammatteo, Francesca Fei, Gianfranco Gazzetti e Enrico Angelo Stanco, Terra di Fiano: ricerche di storia, arte, archeologia, Roma, Quasar, 1997, SBN IT\ICCU\BVE\0150071. Marco Falciano, Fiano Romano : un centro della valle del Tevere tra storia, cultura e immagini, De Angelis, 2001, SBN IT\ICCU\RMS\0136091. Paola Callegari Cavaliere, Giuliano Ferilli e Edgardo Gianfelice, Fiano Romano. Dalla Preistoria ai Giorni Nostri, De Angelis, 2015. Giuliano Ferilli, Una vita tra passione e coraggio, De Angelis, 2010, SBN IT\ICCU\IEI\0316962. Gianfranco Gazzetti, La villa dei Volusii a Fiano Romano, Quasar, 1997, SBN IT\ICCU\RMS\0095640. Ignazio Giorgi e Ugo Balzani (a cura di), Il regesto di Farfa / compilato da Gregorio di Catino e pubblicato dalla Società romana di storia patria, vol. 3, Roma, 1995, SBN IT\ICCU\CFI\0574325. Maria Gemma Paviolo, I testamenti dei Cardinali: Francesco Sforza (1562-1624), ISBN 978-1326349257. Mario Tosi, La società romana dalla feudalità al patriziato, 1816-1853, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1968, SBN IT\ICCU\SBL\0367599. Giuseppe Tomassetti, La campagna romana: antica, medievale e moderna, a cura di Luisa Chiumenti e Fernando Bilancia, 3. Cassia, Clodia, Flaminia, Tiberina, Labicana, Prenestina, 1980, ISBN 88-222-2884-7, SBN IT\ICCU\RML\0081080. Virginia Properzi, Monumenti ai caduti della provincia di Roma, in Paola Guerrini e Massimo Vittucci (a cura di), Il Lazio e la Grande Guerra, Provincia di Roma, 2010, SBN IT\ICCU\IEI\0325292. Clarissa Belardelli, Micaela Angle, Francesco di Gennaro e Flavia Trucco (a cura di), Repertorio dei siti protostorici del Lazio: province di Roma, Viterbo e Frosinone, All'insegna del Giglio, 2007, SBN IT\ICCU\RMR\0102259. Gli Stemmi / Provincia di Roma, Linea Editrice, SBN IT\ICCU\RLZ\0238077. Dizionario biografico degli italiani, vol. 66, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2006, SBN IT\ICCU\IEI\0248759. URL consultato l'11 aprile 2022. Castello ducale orsini Chiesa di Santa Maria ad Pontem Villa dei Volusii Valle del Tevere Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Fiano Romano Sito ufficiale, su comune.fianoromano.rm.it. Fiano Romano, su sapere.it, De Agostini.

Ponzano Romano
Ponzano Romano

Ponzano Romano è un comune italiano di 1 179 abitanti della città metropolitana di Roma Capitale nel Lazio. Il territorio comunale di Ponzano si trova nella valle del Tevere, dove il fiume forma ampie anse e suggestivi paesaggi tra cui la caratteristica forma di un "fiasco" creato dai meandri del Tevere. Il centro storico è stato edificato su un terrazzo fluviale del Tevere, la restante parte del territorio comunale ha un andamento collinare verso occidente. Una parte del territorio comunale di Ponzano romano, costituisce un'isola amministrativa che si trova in area golenale del Tevere ed è circoscritta tra i comuni di Sant'Oreste, Civita Castellana e Poggio Sommavilla, frazione di Collevecchio. Classificazione climatica: zona D, 1828 GR/G Pare che la sua origine sia proprio collegata al fiume. Il nome del paese deriverebbe secondo alcuni da "pons Jani", ponte di Giano o forse dalla "gens Pontia", famiglia romana proprietaria di una villa e di terreni nella zona. A partire dall'VIII secolo troviamo i Benedettini insediati nell'Abbazia di S. Andrea in flumine, i quali presero possesso nella metà dell'XI secolo, del "fundus" di Ponzano. Se le prime notizie di Ponzano risalgono all'VIII secolo, epoca in cui tale località appartenne all'Abbazia di Farfa, sempre attraverso le fonti storiche, il primitivo nucleo abitativo risulta già costituito prima della fine del XIII secolo. Tuttavia all'interno del borgo le tracce monumentali più antiche non sono anteriori al secolo XIV, mentre alcune di esse lasciano intravedere un sistema difensivo di abitazioni fortificate disposte a chiusura dell'abitato. È possibile infatti individuare l'originario borgo di Ponzano, nel periodo etrusco, come un'area con nuclei abitati posti a controllare, sulla sponda destra, l'attività sul fiume acquisito come linea di confine con i Sabini insediati sulla sponda sinistra. La chiesa sarebbe stata fondata nel VI secolo da Galla figlia di Simmaco, il patrizio ucciso per ordine di Teodorico di cui era stato consigliere. Il monastero sarebbe stato edificato nell'VIII secolo da Carlomanno, fratello di Pipino il Breve e dal 747 monaco del Soratte, ove si era rifugiato dopo aver abbandonato la vita politica. Sicuramente, dall'VIII secolo i benedettini avviarono un’opera di rinnovamento e valorizzazione del territorio agricolo, rendendo il loro insediamento, in posizione strategica, un punto di riferimento produttivo agevolato dalla presenza di uno scalo fluviale - ora totalmente inagibile - che fece del sito un importante snodo per il controllo dei traffici con la città di Roma. Nel IX secolo, Sant'Andrea era una delle abbazie imperiali insieme a Santa Maria di Farfa, San Salvatore Maggiore di Rieti e Montecassino. Nel IX secolo il monastero subì forti danni in seguito alle incursioni saracene e, successivamente, nel 946, fu fortificato con la costruzione delle mura di cinta e di tre torri di difesa, ad opera di Alberico II, una delle quali fu trasformata, all'inizio del XIII secolo, in torre campanaria; il tracciato delle mura è ancora visibile. Nel 1074, il complesso monastico, insieme ad altre chiese, cenobi, castelli e borghi, divenne proprietà dell'Abbazia di San Paolo fuori le Mura di Roma, a cui tornò dopo un periodo di tempo dal 1285 al 1443, durante il quale fu amministrata da abati commendatari. Dal 1546 fu di nuovo sottoposta al regime della commenda dei Farnese, finché, dopo un nuovo periodo di autonomia nel XVII secolo, iniziò una fase irreversibile di profonda crisi economica e spirituale del monastero. Tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo, a seguito della soppressione di alcuni ordini religiosi e monasteri, l'abbazia divenne fattoria: il degrado e l'incuria provocarono il crollo delle volte di vari ambienti del cenobio, in parte adibiti a stalla. Nel 1959 fu sottoposta ad un primo restauro che salvò la chiesa ed in minima parte le antiche strutture in gran parte crollate. L'intero complesso monumentale è stato restaurato in occasione del Giubileo del 2000; i lavori sono terminati nel 2004. L'abbazia attualmente è sede dell’International Institute of Communication Onlus, ente di formazione che promuove le attività culturali del territorio. Monastero benedettino di Sant'Andrea in Flumine, dove avrebbe vissuto Benedetto di Sant'Andrea. Chiesa e convento di San Sebastiano. Chiesa di San Nicola di Bari. Chiesa di Santa Maria ad Nives. Monte Ramiano, sito archeologico. Località S. Lorenzo, muro in opera reticolata. Il "Fiasco", meandro del Fiume Tevere. Sorgente minerale dell'Acqua Forte. Il comune di Ponzano Romano è zona di produzione della denominazione di origine protetta DOP Soratte Olio extravergine di oliva Soratte Abitanti censiti Festa della Zitella. Il territorio comunale è attraversato dall'autostrada A1, la SP 20/a collega Ponzano a Filacciano (via tiberina), mentre la SP 30/b collega Ponzano a Sant'Oreste. Fra il 1906 e il 1932 la località era servita da una fermata, posta in località Cave, della tranvia Roma-Civita Castellana, gestita dalla Società Romana per le Ferrovie del Nord (SRFN). Dopo il 1932 la tramvia divenne ferrovia, mantenendo la fermata di Ponzano che, a causa della notevole distanza, ebbe sempre un traffico scarso, fino alla soppressione avvenuta negli ultimi anni. Dal 1816 al 1870 fece parte della Comarca di Roma, una suddivisione amministrativa dello Stato Pontificio. Nel 1872 Ponzano cambia denominazione in Ponzano Romano. Dal 2013 ha aderito alla Conferenza dei sindaci dell'area Tiberina/Flaminia/Cassia. Dal 2015 fa parte del Consorzio intercomunale dei servizi e interventi sociali Valle del Tevere insieme ad altri 16 comuni ricandenti nel distretto socio-sanitario 4 della ASL Roma 4. Valle del Tevere Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Ponzano Romano Abbazia di Sant'Andrea in Flumine, su abbaziadisantandrea.com.