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Casa del Principe di Napoli

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House of the Prince of Naples in Pompeii Plate 142 Triclinium North Wall MH
House of the Prince of Naples in Pompeii Plate 142 Triclinium North Wall MH

La casa del Principe di Napoli è una casa di epoca romana dell'antica Pompei, ubicata nella Regio VI, sepolta dall'eruzione del Vesuvio del 79.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Casa del Principe di Napoli (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Casa del Principe di Napoli
Via del Tempio d'Iside,

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Via del Tempio d'Iside
80045
Campania, Italia
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House of the Prince of Naples in Pompeii Plate 142 Triclinium North Wall MH
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Luoghi vicini

Casa dell'Ara Massima
Casa dell'Ara Massima

La casa dell'Ara Massima è una casa di epoca romana, sepolta durante l'eruzione del Vesuvio del 79 e ritrovata a seguito degli scavi archeologici dell'antica Pompei: viene anche chiamata casa di Narciso o casa di Pinario. Non si conosce con esattezza la data di costruzione della casa dell'Ara Massima, anche se alcune murature sono datate intorno al III secolo a.C.: dalle tracce di restauri in alcune decorazioni degli ambienti si deduce che questa venne ristrutturata a seguito del terremoto di Pompei del 62, anche se dalla realizzazione degli affreschi si denotava la decadenza economica del proprietario, di cui non si conosce il nome né tantomeno il mestiere, nonostante il ritrovamento di numerosi reperti, come oggetti in bronzo, attrezzatura per la pesca, lampade e un tavolo con piedistallo raffigurante una sfinge, conservato al Museo archeologico nazionale di Napoli. Sepolta sotto una coltre di ceneri e lapilli durante l'eruzione del Vesuvio del 79 è stata riportata alla luce tra il 1903 ed il 1904, oltre ad indagini svolte nella strada antistante nel 1905: sebbene il materiale vulcanico nei pressi dell'ingresso fosse stato rimosso, all'interno non sono stati trovati segni di una precedente esplorazione. La casa dell'Ara Massima è situata lungo via del Vesuvio ed ha un'estensione pari a centottantasette metri quadrati: segue uno schema irregolare in quanto tutta la struttura è organizzata intorno all'atrio, manca di peristilio ed è dotata di un piano superiore, dal quale sono stati recuperati numerosi reperti ma di cui è stato impossibile ricostruirne l'esatta planimetria. Superate le fauci d'ingresso, che presentano un'alta zoccolatura in rosso ed un intonaco bianco, oltre a pavimento in cocciopesto, che si ritrova poi in tutto il resto dell'abitazione, si accede direttamente all'atrio, di tipo tuscanico, con impluvium centrale, dotato di due canaletti di scolo che permettevano il deflusso delle acque direttamente in strada: l'ambiente ha la parete sud e quella ovest con zoccolatura in rosso e zona mediana bianca, e la parte nord ed ovest, con zoccolatura in nero; inoltre la parete ovest presenta una grossa nicchia con un pannello centrale giallo arricchito con figure umane ed una nicchia con pannelli bianchi incorniciati in rosso con quadretto centrale raffigurante Narciso che si specchia, caratteristico in quanto viene riprodotta la figura dell'uomo riflessa nell'acqua, adornato da creature fantastiche, mentre nella parete nord, tra due porte, è stata ricavata una piccola nicchia adibita a larario, con sotto una rappresentazione di due serpenti intrecciati; nei pressi della parete ovest è stato rinvenuto un vaso in bronzo, probabilmente utilizzato come base di una statua. Ai lati delle fauci si aprono due stanze: sulla destra una sorta di ripostiglio nel quale sono stati ritrovati numerosi oggetti da cucina, che aveva la funzione sia di secondo ingresso alla casa sia di accesso al piano superiore tramite una scala e la decorazione si riduce ad una zoccolatura in rosa, zona superiore in bianco e pavimento in terra battuta; sulla sinistra invece è un cubicolo con pitture in quarto stile, che si ritrovano anche negli altri ambienti, caratterizzati da pannelli in rosso e gialli separati da strisce nere, stesso colore della zoccolatura, a cui si aggiungono riproduzioni di uccelli. Lungo la parete sud si trova il tablino ed il triclinio: la prima stanza ha perso nella parete sud la decorazione, mentre nel resto nell'ambiente si ritrova una zoccolatura nera ed una zona mediana in rosso, arricchita con pannelli centrali in giallo nei quali sono affrescati Selene e Endimione dormiente, La scoperta di Arianna, Marte e Venere e Ercole all'Ara Massima, affresco da cui la casa prende il nome, il tutto arricchito con medaglioni con ritratto di donna; completano il tablino delle mensole sulle quali erano probabilmente poggiati statue e quadri ed al suo interno, al momento dello scavo, sono state rinvenute centotré perle in vetro ed un orecchino in oro, oltre ad un gran numero di lampade. Il triclinio è affrescato con uno zoccolo nero nel quale sono dipinti flora e fauna tipica delle paludi, mentre la zona mediana è tripartita con ai lati raffigurazioni di elementi architettonici e cibo ed al centro i quadretti di Arianna scoperta da una Menade e Endimione disteso nel sonno sotto lo sguardo di Selene: da questo ambiente doveva partire una scala provvisoria per il piano superiore. Lungo il lato ovest dell'atrio si apre un piccolo peristilio intonacato in grigio, mentre lungo il lato nord si trovano gli ambienti di servizio: seguono infatti nell'ordine una grande sala affrescata in rosso, una cucina con focolare, una latrina ed un negozio che dà accesso anche alla strada. Arnold De Vos e Mariette De Vos, Pompei, Ercolano, Stabia, Roma, Editori Laterza, 1982, ISBN non esistente. Regio VI degli scavi archeologici di Pompei Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla casa dell'Ara Massima (IT, EN) Soprintendenza archeologica di Pompei - Sito ufficiale, su pompeiisites.org.

Casa dei Dioscuri
Casa dei Dioscuri

La casa dei Dioscuri è una casa di epoca romana, sepolta dall'eruzione del Vesuvio del 79 e ritrovata a seguito degli scavi archeologici dell'antica Pompei: si tratta di una delle abitazioni più vaste e meglio decorate della città e deve il suo nome ad una pittura ubicata all'ingresso, raffigurante i Dioscuri Castore e Polluce, oggi conservata al museo archeologico nazionale di Napoli. La casa dei Dioscuri è un insieme di tre abitazioni, unite tra loro durante l'età augustea; sepolta dall'eruzione del 79 del Vesuvio, fu esplorata tra il 1828 ed il 1829. La casa verte sull'atrio, che funge anche da ingresso, di tipo corinzio, uno dei quattro rinvenuti a Pompei, con dodici colonne in tufo che sorreggono il tetto; alla sua destra si apre un peristilio con al centro una vasca per l'acqua e pannelli decorativi, in quarto stile, che raffigurano architetture e nature morte: queste decorazione sono state realizzate dallo stesso artista che ha lavorato anche alla casa dei Vettii. La casa presenta inoltre un tablino con due stanze che si aprono ai suoi lati: in quella a destra sono stati ritrovati gli affreschi raffiguranti la nascita di Adone e Scilla che consegna a Minosse il capello fatato del padre Niso, mentre nella stanza di sinistra si trovano gli affreschi di Apollo e Dafne e Sileno e Ninfa con Bacco infante. Alle spalle del tablino si apre un portico con colonne doriche, sulla cui parete di fondo è posto il larario. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla casa dei Dioscuri (VI.9.6) (IT, EN) Soprintendenza archeologica di Pompei - Sito ufficiale, su pompeiisites.org.

Casa di Orfeo
Casa di Orfeo

La casa di Orfeo è una casa di epoca romana, sepolta durante l'eruzione del Vesuvio del 79 e ritrovata a seguito degli scavi archeologici dell'antica Pompei: è così chiamata perché al suo interno si conserva un affresco raffigurante Orfeo. Così come il resto degli edifici di Pompei, anche la casa di Orfeo fu sepolta sotto una coltre di ceneri e lapilli durante l'eruzione vesuviana del 79; venne riportata alla luce durante gli scavi di epoca borbonica nel 1834 ed esplorata poi nuovamente nel 1874. La casa presentava al momento dello scavo, sulle mura esterne, diverse iscrizioni elettorali, che riportavano il nome del proprietario, Vesonius Primus, a cui apparteneva anche una vicina fullonica; superato l'ingresso si accede all'atrio, con impluvium in marmo e fontana e resti di stucco alle pareti, in larga parte andati perduti a seguito delle vibrazioni causate dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale: in questo ambiente, tra l'apertura del tablino e del corridoio, venne anche ritrovata un'erma in marmo, raffigurante Vesonius Primus, conservata all'antiquarium di Pompei. Nell'atrio fu inoltre realizzato il calco di un cane, conservato anch'esso all'antiquarium, rimasto intrappolato durante l'eruzione poiché legato al guinzaglio e morto soffocato: la colata di gesso, oltre alla drammaticità dell'espressione dell'animale, ha permesso di accertare la presenza di un collare in cuoio con due anelli in bronzo. Intorno all'atrio si aprono diversi cubicoli, dove anche in questo caso si conservano diverse decorazioni parietali in stucco: in particolare in uno è stato rinvenuto, il 23 febbraio 1875, un mosaico pavimentale raffigurante un cane, staccato e conservato al museo archeologico nazionale di Napoli; opera simile fu scoperta in una stanza attigua. Segue quindi il tablino, con tracce di pavimentazione a mosaico a forme geometriche con tessere in bianco e nero e poi il peristilio, formato da otto colonne stuccate e scanalate nella parte alta, disposte su due lati: nel giardino, oltre ad una nicchia, all'interno della quale venne ritrovata una statuetta in bronzo rappresentante Giove con in mano un fulmine, si conserva, ad una parete, l'affresco che dà il nome alla casa, rinvenuto il 20 novembre 1874, l'unico con tale soggetto conservato a Pompei, ossia quello di Orfeo mentre suona la lira circondato da diversi animali come un leone, una pantera, un cinghiale, una lepre, diversi uccelli e anche dei medaglioni con all'interno delle figure umane. Sul giardino affacciano diversi ambienti tra cui due triclini, uno con un affresco di un paesaggio, con intorno figure naturali e animali e l'altro con un affresco di un paesaggio di montagna, ancora visibile al momento dello scavo, ma poi quasi del tutto scomparso a causa del cattivo stato di conservazione ed una stanza, con pavimento a mosaico a motivi geometrici, che su una parete presenta un affresco tripartito con ai lati elementi architettonici ed al centro la raffigurazione di Cupido: nella stessa sala, sull'architrave, si osserva un uccello che mangia frutta. La casa era dotata anche di un piano superiore, crollato a seguito dell'eruzione e di cui resta solo la base della scala d'accesso. Arnold De Vos e Mariette De Vos, Pompei, Ercolano, Stabia, Roma, Editori Laterza, 1982, ISBN non esistente. Regio VI degli scavi archeologici di Pompei Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla casa di Orfeo (IT, EN) Soprintendenza speciale per i Beni archeologici di Napoli e Pompei - Sito ufficiale, su pompeiisites.org.

Casa di Lucio Cecilio Giocondo
Casa di Lucio Cecilio Giocondo

La casa di Lucio Cecilio Giocondo è una casa di epoca romana, sepolta durante l'eruzione del Vesuvio del 79 e ritrovata a seguito degli scavi archeologici dell'antica Pompei. La casa fu costruita tra la fine del III e l'inizio del II secolo a.C. e subì nel corso degli anni piccoli rifacimenti: rimasta danneggiata durante il terremoto di Pompei del 62, fu ristrutturata dall'allora proprietario, il banchiere Lucio Cecilio Giocondo, dal quale prende il nome; seppellita sotto una coltre di ceneri e lapilli a seguito dell'eruzione del Vesuvio nel 79, fu rinvenuta grazie agli scavi borbonici nel 1844 ed esplorata nuovamente nel 1875. Durante il corso della seconda guerra mondiale fu leggermente danneggiata dai bombardamenti americani: al termine del conflitto fu infatti necessario riposizionare le tegole del tetto, riordinare le colonne del peristilio e ripulire la pavimentazione dalla caduta di alcuni calcinacci. La Casa di Lucio Cecilio Giocondo è interamente realizzata in opera a telaio di calcare di Sarno, con l'utilizzo del tufo nelle parti decorative: la grande abilità del proprietario, Lucio Cecilio Giocondo, di saper svolgere il suo lavoro, ossia quello di banchiere, portò ad una grossa quantità di guadagni e ciò si nota nel grande sfarzo della sua casa. L'ingresso si affaccia direttamente su Via del Vesuvio e due grossi pilastri, sui quali al momento dello scavo furono rinvenute diverse iscrizioni elettorali: ai lati dell'entrata si aprono due botteghe. Superato il vestibolo nel quale è conservato un mosaico pavimentale raffigurante un cane, si accede all'atrio, con impluvium centrale contornato da un mosaico a figure geometriche mentre nel resto dell'ambiente la pavimentazione è in cocciopesto con inserti di marmi colorati; nell'angolo nord-ovest si trova un larario decorato in marmo: in particolare la parte superiore della base era caratterizzata da due bassorilievi che rappresentavo i danni provocati dal terremoto del 62, ossia il crollo di Porta Vesuvio, andato rubato, e i danneggiamenti al Tempio di Giove, conservato al museo archeologico nazionale di Napoli; tali opere furono eseguite molto probabilmente in segno di espiazione verso gli dei irati o, ipotesi meno accreditata, questi bassorilievi furono eseguiti in segno di ringraziamento verso gli dei i quali, provocando il terremoto, avevano permesso l'arricchimento di Cecilio Giocondo, che aveva speculato sulle disgrazie altrui. Intorno all'atrio si aprono diversi cubicoli, in alcuni dei quali si è conservata sia la pavimentazione con disegni a mosaico, sia decorazioni parietali, anche se alcune raffigurazioni sono andate in parte andate perdute come il dipinto di Ulisse e Penelope e una scena teatrale. Sull'atrio si apre il tablino, di notevoli dimensioni, forse utilizzato dal proprietario per esercitare la sua professione: ai lati degli stipiti d'ingresso sono presenti due colonnine sulle quali erano poste due erme, in particolare quella a sinistra sosteneva una testa in bronzo raffigurante o lo zio o il padre di Cecilio Giocondo, dono del liberto Felix, così come attestato dall'iscrizione incisa sul pilastro: Su quella destra invece era posizionata una testa in oro, andata distrutta durante le esplorazioni. Il tablino conserva intatta la pavimentazione a mosaico con al centro un disegno geometrico, mentre alle pareti sono affreschi in terzo stile che originariamente erano color cinabro, poggiati su un fondo ocra, di cui oggi rimane solo quest'ultimo colore: su ambo i lati i pannelli decorativi sono divisi in tre scomparti, simili a tappeti, ornati con elementi vegetali; la parete di destra presentava al centro di ogni scomparto quadretti raffiguranti un Satiro che abbraccia una Menade, Ifigenia in Tauride e una Menade con Cupido, tutti staccati e conservati al museo archeologico di Napoli, mentre sul lato sinistro sono ancora in loco l'affresco di un Satiro con Menade, una raffigurazione incerta, probabilmente rappresentate il ritorno di Ettore cadavere ed ancora un Satiro con Menade. Superato il tablino si accede al peristilio, che ha conservato intatto il colonnato, una fontana con vasca in marmo, diversi graffiti ed un affresco erotico ed uno di grande animale: al centro di questo ambiente è il giardino, mentre intorno si aprono diversi ambienti come il triclinio con resti delle decorazioni parietali: in particolar modo sono visibili dei medaglioni con volti di donna, un grande quadretto, rovinato dal tempo, raffigurante Paride fra tre dee, e Teseo che abbandona Arianna, in questo caso staccato dalla sua collocazione originale; anche questi pannelli presentano una parte centrale in giallo ocra e una zoccolatura in rosso. Altri ambienti conservano scarsi resti degli intonaci e degna di note è l'esedra con nicchia utilizzata come larario ed un tavolo in marmo: nei pressi di questa sala, a causa del crollo durante l'eruzione del piano superiore fu ritrovato, tra il 3 ed il 5 luglio 1875, un piccolo forziere contenente centocinquantaquattro tavolette cerate, che riportavano la somma degli affitti riscossi e le quote versate per l'acquisto di proprietà: la datazione di questi documenti va dal 52 al 62, dopodiché si pensa che il banchiere si ritirò a vita privata dedicandosi ad opere religiose. Una scala conduceva ad una cantina sotterranea, nella quale si riconoscono degli affreschi con disegni di elementi naturali. Maria Antonietta Bonaventura e Andrea Tosolini, Pompei ricostruita, Roma, Archeolibri, 2007, ISBN 978-88-95512-22-8. Arnold De Vos e Mariette De Vos, Pompei, Ercolano, Stabia, Roma, Editori Laterza, 1982, ISBN non esistente. Amedeo Maiuri, Pompei ed Ercolano: fra case e abitanti, Milano, Giunti Editore, 1998, ISBN 978-88-09213-95-1. Regio V degli scavi archeologici di Pompei Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla casa di Lucio Cecilio Giocondo (IT, EN) Soprintendenza archeologica di Pompei - Sito ufficiale, su pompeiisites.org.