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Torre Rasini

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La Torre Rasini (anche nota come Palazzo e Torre Rasini) è un edificio storico di Milano, adibito ad appartamenti di lusso, realizzato in stile Novecento. Posta all'angolo fra corso Venezia e i bastioni di Porta Venezia, il complesso è composto da due parti, la Torre e il Palazzo, che costituiscono un unico progetto edilizio. In particolare il palazzo è situato in corso Venezia al civico 61, mentre la torre è ubicata lungo i bastioni di Porta Venezia al civico 1.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Torre Rasini (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori).

Torre Rasini
Corso Venezia, Milano Municipio 1

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Corso Venezia
20121 Milano, Municipio 1
Lombardia, Italia
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Albergo diurno Venezia
Albergo diurno Venezia

L'Albergo diurno Venezia è una struttura sotterranea costruita in piazza Oberdan a Milano, sul lato all'angolo con via Tadino. La struttura fu progettata e realizzata tra il 1923 ed il 1925 e inaugurata il 18 gennaio 1926. Il suo nome ufficiale era Albergo Diurno Metropolitano ed era aperto tutti i giorni dalle ore 7 alle ore 23. La convenzione per la concessione trentennale della piazza fu firmata il 24 novembre 1923 dall'assessore all'edilizia del Comune di Milano Cesare Chiodi e dagli ingegneri Troiani, Cavacini e Masini in base al progetto dell'ingegner Troiani. I tre ingegneri costituirono la Società Anonima Imprese Metropolitane (S.A.I.M.) per la gestione dell'albergo diurno. Nel 1985 fu chiusa la parte Terme. Nel 1990 la struttura fu data in concessione al Consorzio Oberdan Servizi, costituito dagli artigiani che vi lavoravano. Gran parte degli artigiani lasciarono il Diurno alla metà degli anni novanta, vendendo una parte degli arredi che consideravano di loro proprietà. L'ultimo barbiere per uomini, Carmine Aiello, fu allontanato dal Comune di Milano il 16 giugno 2006 a causa di un contenzioso legale. Successivamente, in seguito alla rottura di un lucernaio di vetrocemento provocata dalla ruota di un mezzo di spazzatura dell'AMSA, i lucernai vennero coperti di asfalto all'esterno e rinforzati con tubi Innocenti dall'interno. Nel 1994 sei studenti del Centro di Formazione Professionale per la tecnica cinetelevisiva di Milano hanno realizzato un video sul Diurno intervistando due parrucchieri. Nel 1995 la società GTS di Bergamo propose al Comune di trasformarlo in beauty farm. Il progetto fu firmato dall'architetto Italo Rota, che nel 1996 divenne assessore alla qualità urbana nella giunta Formentini e che progettò la sua trasformazione in negozio, pur conservando il salone, all'interno di un progetto di riqualificazione di piazza Oberdan e di modifica del mezzanino della stazione di Porta Venezia della Linea 1 della Metropolitana di Milano. Il 25 ottobre 2005 la struttura fu sottoposta a vincolo monumentale dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia. A partire dagli anni 2000 la provincia di Milano lo richiese al Comune per collegarlo alla Spazio Oberdan e ospitarvi gli uffici e gli archivi della Cineteca Italiana. Il progetto avrebbe dovuto essere finanziato con gli utili della partecipazione nella Autostrada Serenissima, vincolati ad usi culturali. La Giunta comunale approvò il 3 febbraio 2006 il testo di una convenzione della durata di 25 anni con la Provincia, che questa non sottoscrisse in quanto i fondi furono utilizzati per il restauro delle guglie del Duomo. Un tentativo della Provincia di avviare nel 2010 un Programma Integrato di Intervento con la Regione Lombardia, le Ferrovie dello Stato e l'ATM fu abbandonato per mancanza di interesse da parte delle varie istituzioni. Gli uffici della Cineteca Italiana furono poi trasferiti alla ex Manifattura Tabacchi in viale Fulvio Testi. La proprietà della struttura è pertanto rimasta al Comune di Milano, che ha ipotizzato un restauro con fondi propri anche solo per il salone degli artigiani, o in alternativa l'emissione di un bando per l'utilizzo da parte dei privati. In seguito allo studio di Stefano Masi e Pierfrancesco Sacerdoti sull'attribuzione del progetto di arredo a Portaluppi, il Fondo Ambiente Italiano e la Fondazione Portaluppi hanno organizzato un convegno sul Diurno a Villa Necchi il 4 febbraio 2014, quindi il FAI, d'accordo con il Comune, ha gestito l'agibilità e l'apertura del Diurno nell'ambito delle Giornate di Primavera del FAI 2014.. Il 4 dicembre 2015 è stato inaugurato dal Comune la porzione occidentale di piazza Oberdan, sovrastante il Diurno, che è stata oggetto di recupero con parziale pedonalizzazione e restauro delle colonne e della pensilina, sotto la supervisione della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Milano. Il 25 novembre 2016 il FAI ha organizzato un convegno di studi all'Università Statale e al Politecnico, i cui atti sono stati successivamente pubblicati. Rai Scuola ha dedicato un servizio al Diurno l'11 febbraio 2019, intervistando i responsabili del FAI, l'architetto Pierfrancesco Sacerdoti e altri. Il 4 agosto 2021 il ministro della cultura Dario Franceschini durante un convegno annunciò che il Diurno sarebbe divenuto la sede del nuovo Museo nazionale di arte digitale, da realizzarsi entro il 2026 e per il quale sono stati stanziati 6 milioni di euro per i lavori di restauro. Il 26 gennaio 2022 Ilaria Bonacossa è stata selezionata come direttrice del museo, risultando vincitrice del concorso internazionale. In attesa dei restauri, gli uffici del MAD saranno ospitati nel casello occidentale di Porta Venezia. Sopra il Diurno era prevista nella convenzione la erezione di un monumento a Guglielmo Oberdan, mai realizzato. La piazza, precedentemente chiamata Piazzale Venezia, era stata intitolata a Guglielmo Oberdan il 19 luglio 1923. L'aspetto degli apparati decorativi, degli arredi e di una parte della concezione architettonica generale è da attribuire all'architetto Piero Portaluppi. Aveva una lunghezza di 88 metri e una larghezza di 14 metri circa e occupava una superficie di circa 1200 m². Era diviso in due parti, le terme verso via Tadino e il salone degli artigiani verso corso Buenos Aires. Le terme, con accesso dal lato di via Tadino, occupavano due terzi della lunghezza e ospitavano sei bagni di lusso con vasca e i bagni semplici con doccia accessibili da due corridoi paralleli. Dall'ingresso principale verso corso Buenos Aires si accedeva all'atrio, occupato negli ultimi anni da un'agenzia viaggi e da un fotografo e al salone con due navate laterali che ospitavano barbieri per uomo e donna, manicure e pedicure. Dalla porta in fondo al salone si accedeva al reparto terme, il cui corridoio centrale ha come fondale una fontana con statua in bronzo di Igea, dea della salute. La statua è dello scultore Luigi Fabris (Bassano del Grappa 1883-1952), come documentato dalla firma. Il corridoio centrale è collegato ai due corridoi delle terme, al locale delle caldaie e ad una uscita di sicurezza. Nella piazza si conservano due colonne di cemento che contengono i condotti di scarico dei fumi della caldaia e dell'aria viziata. Sopra le scale di accesso vi erano due pensiline, di cui solo quella su via Tadino si è conservata, ma senza vetri di copertura. La pensilina verso corso Buenos Aires è stata rimossa quando è stata costruita la Linea 1 della Metropolitana. L'accesso al Diurno è stato ricavato dalla scala di accesso alla metropolitana. Una parte dell'atrio e i gabinetti sono stati demoliti. Stefano Masi, Pierfrancesco Sacerdoti, Il tempo sepolto. L'Albergo Diurno Metropolitano “Venezia” di Milano tra architettura e arti decorative. Proposte di recupero, in Un primo approccio all'arte e all'architettura liberty. Tra conoscenza e restauro, a cura di Cesare Renzo Romeo, L'Artistica Editrice, Savigliano, 2013 Lucia Borromeo Dina (a cura di) con Stefano della Torre, Roberto Dulio, Emanuela Scarpellini, Albergo Diurno Venezia, storia, architettura e memoria nel sottosuolo di Milano, FAI e Effigi Edizioni, Grosseto, 2017 Albergo diurno Cobianchi Casa del passeggero Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sull'Albergo Diurno Metropolitano Comunicato stampa del Comune di Milano del 6/3/14, su comune.milano.it. Comunicato stampa del Comune di Milano del 21/3/14 con galleria fotografica del diurno, su comune.milano.it. Fotografie su Repubblica Milano del 19/3/14, su milano.repubblica.it. Articolo su Repubblica Milano del 19/3/14 (PDF), su msacerdoti.it. Prenotazioni delle visite al Diurno organizzate dal FAI, su faiprenotazioni.it. Pagina del FAI sul Diurno, su fondoambiente.it (archiviato dall'url originale il 3 novembre 2016). Servizio di Rai Storia sul Diurno Venezia del 11/2/19, su raiplay.it. URL consultato il 12 febbraio 2019 (archiviato dall'url originale il 13 febbraio 2019). Corriere della Sera, A Milano nasce il Mad, su milano.corriere.it. Video sull'Albergo Diurno Metropolitano di Piazza Oberdan a Milano realizzato nel 1994 dagli studenti del secondo anno del Centro di Formazione Professionale per la tecnica cinetelevisiva Maria Arena, Andrea Beltrame, Fabrizio Fanelli, Daniele Lago, Eva Piccoli, Simona Pezzano con la partecipazione di Carmelo Aiello (parrucchiere per uomo) e del sig. Vitale Imbrò (parrucchiere per signora), su archive.org.

Basilica di San Dionigi
Basilica di San Dionigi

La basilica di San Dionigi (nome originario paleocristiano basilica prophetarum) era un luogo di culto di Milano, distrutto nel Settecento per far spazio ai giardini pubblici di Porta Venezia e poi al Museo civico di storia naturale. Insieme alla basilica martyrum, alla basilica apostolorum ed alla basilica virginum, la basilica prophetarum è annoverata tra le quattro basiliche ambrosiane, ovvero quelle che per tradizione furono volute ed erette da sant'Ambrogio (339-397), vescovo di Milano. Venne quindi edificata in epoca romana tardoimperiale nel periodo in cui la città romana di Mediolanum (la moderna Milano) era capitale dell'Impero romano d'Occidente (ruolo che ricoprì dal 286 al 402) in un periodo precedente al 381. Era una delle basiliche paleocristiane di Milano. Con sant'Ambrogio iniziò un programma di costruzione di basiliche dedicate alle varie categorie di santi: una basilica per i profeti (la basilica prophetarum, in seguito ridenominata basilica di San Dionigi), una per gli apostoli (la basilica apostolorum, che poi prese il nome di basilica di San Nazaro in Brolo), una per i martiri (la basilica martyrum, che divenne in seguito la basilica di Sant'Ambrogio), una per le vergini (la basilica virginum, ridenominata poi basilica di San Simpliciano). Erano infatti dedicate ciascuna ad una diversa famiglia di santi, dato che non esisteva ancora l'usanza di intitolare le chiese a un solo santo. Queste quattro basiliche sono conosciute con il nome di "basiliche ambrosiane". Le origini della basilica di San Dionigi, nome originario paleocristiano basilica prophetarum, sono da ascrivere a sant'Ambrogio il quale, vescovo di Milano, diede ordine di recuperare la salma di un suo predecessore, san Dionigi perché potesse essere meglio onorata dai cristiani milanesi. Il vescovo Basilio di Ancira, ci dà a tal proposito un resoconto dell'operazione secondo il quale la salma del santo vescovo sarebbe giunta a Milano per essere deposta in una cappella voluta dallo stesso sant'Ambrogio e definita Sanctorum Veteris Testamenti o Sanctorum Omnium Prophetarum et Confessorum, che risalirebbe almeno al 381, anno di deposizione della salma di san Dionigi nella cappella. Nella stessa cappella, nel 475, venne posta anche la salma del vescovo armeno Aurelio, deceduto mentre era di passaggio a Milano e da quel momento la piccola cappella ebbe il titolo di Santi Dionigi e Aurelio. Secondo l'Itinerario Salisburghese del VI secolo, sappiamo che la cappella era in grande decadenza, così pure il culto dei due santi a tal punto che nell'830 l'arcivescovo di Milano donò al vescovo di Vercelli, Nottingo, parti del corpo di sant'Aurelio, trattenendone a Milano il capo. Nell'882 l'arcivescovo Angilberto I si risolse dunque a costruire una nuova chiesa più grande per degnamente onorare il corpo di san Dionigi. Durante il periodo della Pataria sappiamo che nella chiesa di San Dionigi venne sepolto Erlembaldo Cotta, campione della lotta e nel 1099 il vescovo Anselmo IV da Bovisio, da poco eletto, vi fece traslare la salma di sant'Arialdo martire già sepolta nella chiesa di San Celso. La chiesa continuava in quest'epoca ad essere officiata dai decumani di San Dionigi che facevano parte del clero secolare dell'arcidiocesi di Milano, anche se a partire dal 1066 essi si trasferirono nella chiesa di San Bartolomeo lasciando l'officiatura delle celebrazioni liturgiche ai benedettini che ne ottennero il pieno possesso solo a partire dal 1217, anno nel quale incominciarono i lavori per costruire un monastero annesso alla chiesa. Di fronte alla chiesa di San Dionigi sappiamo inoltre che nel 1266 si tenne un eccidio di ghibellini ordinato da Napo Torriani che fece decapitare 28 esponenti della fazione politica come rappresaglia contro l'uccisione di suo fratello Paganino, nominato da poco podestà di Vercelli. Nel 1410 ai benedettini subentrarono i cassinesi che però abbandonarono il monastero attorno al 1433 e da allora ebbe inizio la decadenza della chiesa e del suo complesso. Venne infatti nominato il 13 ottobre 1478 il primo abate commendatario nella persona di Giovanni Antonio da Busseto. Dagli atti di un processo del 1521 sappiamo che la chiesa di San Dionigi disponeva di una pianta simile a quella dell'antica basilica di Santa Tecla, con cinque navate culminanti in un altare maggiore centrale alla struttura, affiancato da due più piccoli lateralmente. Nel XVI secolo, però, la chiesa era del tutto in decadenza anche se ancora si faceva memoria che proprio di fronte ad essa re Luigi XII di Francia era risalito a cavallo dopo la vittoria di Agnadello. Nel 1528 i lanzichenecchi discesi in Italia al seguito di Carlo V devastano la chiesa ed il monastero, sottraendo anche alcune reliquie per poi richiedere un riscatto ai benedettini i quali, rivoltisi alla curia milanese, dopo aver pagato, decidono di trasferire i preziosi resti nella cattedrale. Nel 1533, su indicazione del nuovo abate commendatario cardinale Salviati, il monastero e la chiesa di San Dionigi vennero affidati ai Serviti i quali inaugurarono un nuovo periodo di fervore architettonico per la chiesa di San Dionigi. Nel 1535 il governatore di Milano dell'epoca, il celebre Antonio de Leyva decise, in accordo con il nuovo ordine regolare giunto a Milano, di abbattere l'antica e ormai cadente chiesa per far spazio alla costruzione dei nuovi bastioni di difesa della città. Il progetto di costruzione della nuova chiesa (dove in seguito trovò sepoltura lo stesso Antonio de Leyva) venne affidato a Pellegrino Tibaldi, architetto di fiducia della curia milanese, il quale si preoccupò di realizzare una nuova chiesa a tre navate con otto cappelle laterali. A partire dal 1549 è sempre il Tibaldi a dare il via all'abbattimento di parte del monastero annesso alla chiesa, lasciandone in piedi il solo campanile salvo poi ricostruire la struttura conventuale più a sud. Della chiesa cinquecentesca ci restano alcuni disegni risalenti al 1573 realizzati da tale Fabriczy. Il governo austriaco, in accordo alle riforme giuseppiniane, dapprima soppresse nel 1782 il monastero per far spazio ai giardini pubblici di Porta Venezia e poi al Museo civico di storia naturale e poi dal 1783 anche la chiesa venne abbattuta, costringendo i serviti a trasferirsi nella chiesa di Santa Maria del Paradiso. La demolizione della chiesa, ad ogni modo, salvò alcune opere d'arte oltre alle reliquie ed al sarcofago del vescovo Ariberto d'Intimiano, il quale il 5 aprile 1783 venne trasferito in Duomo ove ancora oggi si trova abbinato all'originaria croce del Carroccio che in un primo tempo era passata alla chiesa di San Calimero e poi a quella di Santa Maria del Paradiso. Ad ottobre 2017 sono stati ritrovati alcuni resti della Basilica di San Dionigi nei pressi di Porta Venezia. I resti ritrovati possono essere murature del IX secolo, facenti parte di un primo rifacimento della basilica durante il quale vennero reimpiegate anche parti della precedente chiesa. Gli scavi proseguiranno seguendo l’andamento delle mura ritrovate. La parte più antica si può trovare sotto il terrapieno dei bastioni e quindi di difficile indagine. Cattaneo E., La religione a Milano nell'età di S. Ambrogio, Milano 1974 Kinney D., Le chiese paleocristiane di Milano, in Millennio ambrosiano, I, p. 65 Paredi A., L'esilio in Oriente del vescovo milanese Dionisio, in Atti del Congresso La Lombardia e l'Oriente, Milano 1963, 229-244 Gino Traversi, Una nota su San Dionigi, basilica ambrosiana sconosciuta, in Arte Lombarda, anno VIII, Milano, Edizioni La Rete, 1º semestre 1963, pp. 99-102, ISSN 0004-3443. Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Milano, Le Chiese Ambrosiane: la chiesa scomparsa di San Dionigi, Chiese ambrosiane. San Dionigi, riscoperta la chiesa mancante, giugno 2018, http://www.architettonicimilano.lombardia.beniculturali.it Basiliche paleocristiane di Milano Chiese scomparse di Milano Mediolanum Sant'Ambrogio Dionigi di Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su antica basilica di San Dionigi