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Teatro comunale Garibaldi

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Bisceglie teatro Garibaldi 01
Bisceglie teatro Garibaldi 01

Il teatro comunale Garibaldi noto come “Il Garibaldi” è il principale teatro della città di Bisceglie. Il teatro “Garibaldi” fu edificato sul suolo ove già agli inizi del Settecento esisteva uno dei teatri più grandi del regno di Napoli. Qui, nel bastione principale della città detto di porta Zappino o “la polveriera”, fu ricavata una sala ad anfiteatro con due gradinate in muratura, adibita a teatro pubblico dove si davano spettacoli molto seguiti. Nel 1768 il notaio Giuseppe Pasquale, nelle sue memorie sulla città di Bisceglie, riportava l'esistenza di un teatro comodo ed ampio nel quale si tenevano frequenti spettacoli di vario genere. Dopo qualche anno, nel 1774, il teatro di Bisceglie venne definito dallo storico De Luca “...il migliore che sia in Puglia per la grandezza e per la bellezza, essendo comodo per un migliaio di spettatori che intorno tengono i sedili, quando si rappresentano commedie, al che i cittadini sono moltissimo inclinati e adattati”. Nonostante le alterne vicende legate alla trasformazione dei locali, il teatro “della polveriera” funzionò fino al 1861, anno in cui fu distrutto per far posto alla costruzione di un nuovo teatro. Nel 1861 l'Amministrazione comunale decise di ricostruire il teatro sullo stesso suolo della “polveriera”. Il progetto venne affidato all'architetto Giuseppe Albrizio che ne elaborò una prima soluzione con tre ordini di palchi e con un porticato antistante su tutto il lato dell'attuale piazza Margherita per l'ingresso delle carrozze. Per la costruzione del nuovo teatro si rese necessario avviare l'esproprio di alcuni suoli circostanti all'area occupata dalla demolita “polveriera”. I lavori furono avviati nel 1861 e nel luglio dello stesso anno vennero sospesi poiché il nuovo teatro occupava il giardino antistante l'abitazione di un notabile biscegliese. Il 16 ottobre del 1862 Vittorio Emanuele II, con regio decreto, dichiarò di pubblica utilità il completamento del teatro e autorizzò il Comune all'esproprio coatto dei suoli necessari per tale scopo. L'inizio travagliato del cantiere indusse l'Amministrazione a modificarne il progetto iniziale rinunciando alla costruzione del porticato laterale. I lavori ripresero rapidamente e vennero affidati per le opere murarie all'impresa dei fratelli Bruni e per le macchine di scena, il palcoscenico ed una tettoia all'esperto macchinista Eusebio Radicchi. Nel 1863 venne demolito il bastione di porta Zappino per creare uno spazio prospettico antistante al teatro. Nel 1865 il Comune di Bisceglie bandì un concorso per il progetto dell'ornato, della scena e del telo per il nuovo teatro, a cui parteciparono diversi artisti, e nel maggio dell'anno successivo l'Amministrazione scelse i disegni del napoletano Giuseppe Castagna. Nel 1870, finiti i lavori di muratura, vennero appaltate al tranese Anselmo Dionisio le opere di decorazione del soffitto, gli arredi interni, la scenografia ed il sistema dell'illuminazione. Al termine dei lavori il teatro presentava una elegante facciata esterna secondo un linguaggio architettonico neoclassico, mentre lo spazio interno era organizzato con una platea disposta a ferro di cavallo rispetto alla scena contenente 200 posti e tre ordini di palchi, per un totale di 600 posti. Il teatro venne inaugurato il 9 novembre 1872 con la rappresentazione del Rigoletto di Giuseppe Verdi e fu dedicato all'eroe dei due mondi. Giuseppe Garibaldi, invitato dal Comune a presenziare all'inaugurazione, non potendo partecipare, inviò dalla sua dimora presso l'isola di Caprera una lettera di ringraziamento e di scuse. Nel 1875 venne approvato il Regolamento teatrale, secondo cui le prime due file di palchi erano riservate alle famiglie più in vista e destinate alle autorità, mentre la terza fila era destinata agli artigiani. Dopo venti anni di attività dalla inaugurazione la struttura teatrale manifestò alcuni problemi strutturali, che lo resero inagibile per poco più di un decennio. Nel 1892 le capriate lignee del tetto vennero sostituite da incavallature in acciaio progettate dall'ingegnere barese Guglielmo Lindemann. Nel 1910 furono intrapresi una serie di lavori di decorazione della facciata, e nei due anni successivi si procedette alla sostituzione dell'impianto di illuminazione a gas con quello elettrico. Durante il periodo di chiusura forzata del teatro Garibaldi le attività teatrali si svolsero nei seguenti luoghi: nel teatrino ricavato nel 1892 nel trappeto Ventura che riusciva ad ospitare 100 spettatori; nel teatro in legno “Politeama Arena del Popolo” eretto nel 1893 in via San Matteo e che poteva ospitare 370 spettatori, ed infine in un teatro provvisorio in legno costruito in piazza Mercato (nota attuale piazza San Francesco in prossimità del luogo dove attualmente sorge il cinema – teatro Politeama Italia) con una capacità di 400 posti. Durante la prima guerra mondiale il teatro Garibaldi fu utilizzato come deposito di alimenti e come cinematografo. Negli anni successivi riprese regolarmente la sua attività artistica. Nel 1954 il teatro fu trasformato in cinema e vennero abbattute le strutture dei palchi. Nel 1981 la Soprintendenza dei Monumenti dichiarava il teatro un bene storico – artistico tutelandolo con la Legge n. 1089/39. Nel 1984, dopo il tragico rogo del Cinema Statuto di Torino, un'ordinanza comunale stabilì la chiusura del cinema-teatro Garibaldi per il mancato adeguamento della struttura alle vigenti norme sulla sicurezza. Nei primi anni Novanta l'Amministrazione affidò il progetto per il recupero del teatro e per la progettazione degli impianti tecnologici agli architetti Boeri - Mirizzi. Il 7 luglio del 2003 il teatro Garibaldi è stato restituito alla sua Città nella sua antica destinazione d'uso. Nella sua lunga storia il teatro annovera elenchi artistici e repertori molto ricchi Il teatro Garibaldi è stato riaperto il 7 luglio 2003 dopo un lungo periodo di ristrutturazione statica, degli spazi interni e di restauro dei corpi di fabbrica esterni. Attualmente il teatro conserva la cortina muraria esterna originaria, secondo un linguaggio architettonico neoclassico, mentre gli spazi interni, pur conservando in pianta l'impostazione tipologica a ferro di cavallo e la disposizione originaria del foyer, presentano un aspetto contemporaneo caratterizzato da ampi balconi che si affacciano sul palco e si sviluppano su due livelli. L'attuale capacità è di 230 posti in platea e 170 tra le due gallerie per un totale di 400 spettatori. La gestione artistica del teatro è affidata al consorzio Teatro Pubblico Pugliese. G. Di Benedetto e G. La Notte (a cura di), Bisceglie nella documentazione grafica dal '500 al '900, Molfetta, Mezzina editore, 1988 Erminia Cardamone e Matteo de Filippis (a cura di), Strutture teatrali dell'800 in Puglia, Bari, assessorato alla Pubblica Istruzione Regione Puglia - Accademia delle Belle Arti di Bari, 1988 Mario Cosmai, Storia di Bisceglie, Bisceglie, edizioni il Palazzuolo, 1960 Pompeo Sarnelli, Memoria de' vescovi di Bisceglia e della stessa città, Napoli, 1693 Teatro all'italiana Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Teatro Garibaldi

Estratto dall'articolo di Wikipedia Teatro comunale Garibaldi (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Teatro comunale Garibaldi
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Palazzo Tupputi
Palazzo Tupputi

Ubicato in Bisceglie, palazzo Tupputi rappresenta un prestigioso esempio di architettura rinascimentale in Puglia. È stato sede di sala conferenze e mostre. Attualmente è sottoposto a lavori di restauro. Il palazzo, di cui si ignora l'autore, fu fatto edificare nei pressi dell'antica porta di Zappino verso la seconda metà del XVI secolo, con molta probabilità dai conti Frisari originari del salernitano. L'edificio cambiò denominazione verso la metà del XVIII secolo, quando fu venduto ai marchesi Tupputi, originari del piacentino, che lo destinarono a dimora familiare. Con l'insediamento dei nuovi proprietari le grandi finestre del piano nobile vennero trasformate in balconi. Durante il periodo risorgimentale l'edificio fu sede della carboneria. Il 5 luglio del 1820, a seguito dei moti liberali scoppiati nelle guarnigioni militari di Nola e di Avellino e all'insurrezione di Foggia, si svolse nei locali, a pianterreno del palazzo, la Dieta delle Puglie, una storica riunione presieduta dal marchese Domenico Antonio Tupputi. In questa sede i carbonari pugliesi concordarono un'azione congiunta a sostegno della Repubblica Partenopea. Nel dopoguerra, l'edificio venne acquisito dal Comune di Bisceglie che, dopo lunghi anni di abbandono, lo destinò a sede di mostre d'arte ed a sala per conferenze. Attualmente l'intero edificio è sottoposto a restauro, al termine del quale dovrebbero insediarvisi alcuni uffici istituzionali fra i quali l'ufficio di rappresentanza del sindaco. Palazzo Tupputi si sviluppa ad angolo fra via Cardinale dell'Olio e via Ottavio Tupputi (Centro storico). L'ingresso principale a portale rettangolare è disposto nel mezzo della facciata di via Cardinale Dell'Olio n. 34. Le facciate dell'edificio, simmetriche e prive di ordini architettonici, sono caratterizzate solo dalla trattazione differente delle superfici che ne delineano orizzontalmente il piano terra con i due piani successivi. La superficie inferiore, afferente al piano terra, è caratterizzata da un bugnato disposto a filari e realizzato con blocchi di pietra sbozzati grossolanamente. In essa si aprono l'ingresso e le botteghe, anche queste ultime a portale rettangolare. Il piano nobile viene sottolineato da una cornice orizzontale marcapiano interrotta dalle mensole dei piccoli balconi, mentre la caratteristica principale è data dalle circa 2000 bugne di pietra locale tagliate a punta di diamante, che si sviluppano, sui livelli successivi delle due facciate, e si concludono con una trabeazione suggellata da un cornicione aggettante. Gli eleganti balconcini in ferro battuto, disposti al piano nobile, furono aggiunti nel XVIII secolo per ingrandire le finestre rinascimentali. Sia i balconi che le finestre del secondo piano sono inquadrate da raffinate cornici. Tra i rimaneggiamenti attuati sotto la proprietà dei marchesi Tupputi è da ricordare la ristrutturazione del cortile interno, a cui si accede attraverso un androne ed in cui è riconoscibile, sotto una volta a botte lunettata, lo stemma della famiglia proprietaria. Il fronte del cortile si sviluppa su tre piani di arcate, separate da pregiate colonne di granito numidico. Nell'interno vi sono splendide sale finemente decorate. Prima dell'inizio dei lavori di restauro nell'edificio si sono tenute le seguenti attività culturali: Mostre di Architettura Mostre di Pittura Mostre di Fotografia Presentazione di libri nell'ambito della rassegna "I libri nel borgo antico" Mostre di antichi strumenti musicali nell'ambito del festival dedicato a Mauro Giuliani Gianfranco Borraccetti, Guida ai luoghi del centro storico di Bisceglie, Terlizzi, cooperativa culturale RTS, 2003 Mario Cosmai, Storia di Bisceglie, Bisceglie, edizioni il Palazzuolo, 1960 Mario Cosmai, Bisceglie nella storia e nell'arte, Bari, Levante editore, 1968 Bisceglie Palazzo dei Diamanti (Ferrara) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo Tupputi Sito ufficiale Comune di Bisceglie , su comune.bisceglie.bt.it. Associazione Turistica Pro Loco Bisceglie, su prolocobisceglie.it. URL consultato il 14 luglio 2020 (archiviato dall'url originale il 29 settembre 2019).

Museo civico archeologico (Bisceglie)

Il Museo Civico Archeologico "F. Saverio Majellaro" di Bisceglie si trova nell’ex monastero di Santa Croce, nel centro della città. Fondato l'11 ottobre 1973, il museo raccoglie reperti di scavi effettuati nei territori attigui, in particolare nella grotta di Santa Croce e nelle Cave Mastrodonato. L’esposizione si divide in tre parti, coinvolgendo il periodo che va dalla preistoria all'età romanica. Nella raccolta assumono grande rilievo punte, raschiatoi, selci, grattatoi e bulini, risalenti al paleolitico; ceramiche incise e dipinte durante il periodo del neolitico, reperti litici in selce del musteriano e diversi esempi di fauna e malacofauna, frammenti di anfore e colli di anfore di epoca romana, ritrovati nei fondali del Salsello ecc. Non vi sono dati precisi circa il tempo, le condizioni e i modi di rinvenimento dei reperti, ma la storia del museo è strettamente legata ai luoghi in cui essi sono stati ritrovati. In particolare, trentatré frammenti di ceramica neolitica provengono dalla Grotta Santa Croce, mentre la maggior parte di essi proviene dalla località Cave Mastrodonato e alcuni reperti litici, ossa, conchiglie ecc. dal dolmen della Chianca. Le numerose scoperte fatte sono il frutto delle ricerche di Francesco Saverio Majellaro, al quale è stata dedicata la struttura, e della compartecipazione del professore e studioso dell'epoca Luigi Cardini e del direttore del museo Luigi Carbonara.Nel 1938, per la prima volta, furono messi in esposizione i reperti preistorici nei locali della scuola Araldo di Crollalanza, ma nel 1957, alla morte di Majellaro, la raccolta venne completamente disfatta.Negli anni ’70 Luigi Carbonara riprese l’iniziativa con l’apertura del museo nei locali della biblioteca comunale, di cui era il direttore, risvegliando l'interesse verso il patrimonio culturale di Bisceglie, a cui fece seguito la ripresa degli studi sulle Grotte S. Croce. Qualche anno dopo il museo fu portato in una sede del Centro Storico della città con un nuovo e attento allestimento a cura del professor Luigi Todisco.A detta del comune di Bisceglie, “un ampio programma di interventi per la promozione culturale, messo in atto dal Comune di Bisceglie d’intesa con la Soprintendenza Archeologica della Puglia, ha consentito la catalogazione della raccolta museale, curata dal consorzio IDRIA, ex progetto Musei civici e raccolte private in Puglia”. Anche l’Università degli Studi di Siena ha contribuito agli studi presso le grotte, rinvenendo nuovi e importanti reperti.L’organizzazione definitiva dei reperti deve permettere la ricostruzione nel tempo e nello spazio della storia territoriale della città di Bisceglie, attraverso un continuo riferimento alla storia della ricerca paletnologica italiana e a nomi di archeologi e studiosi di grande importanza come Michele Gervasio e Luigi Cardini, i quali sin dal 1900, grazie alla forte sensibilità per la storia delle origini del popolamento del territorio, si interessarono della preistoria. L’esposizione museale è divisa in 6 sezioni allestite con pannelli didattici che ripercorrono nel tempo gli eventi che hanno segnato la storia archeologica locale. Una sezione è dedicata alla conformazione geologica del territorio con supporti adeguati all’elencazione e illustrazione degli elementi che testimoniano la presenza umana nella preistoria. Un’altra sezione segue il periodo dell’età dei metalli con l’esposizione delle tecniche di costruzione dei dolmen di Bisceglie e alcune peculiarità legate alla vita religiosa. La sezione dedicata all’età romana spicca per la presenza di un’urna cineraria, della stessa epoca, in ottimo stato di conservazione. Il Neolitico è il periodo con maggiori testimonianze nel museo con riferimenti anche ai riti religiosi nelle grotte che facevano le comunità neolitiche, probabilmente legate al culto dell'acqua per la presenza di una stuoia in fibre vegetali vicino al luogo in cui si raccoglieva l’acqua di stillicidio dalla volta della grotta. Frammenti di ceramica neolitica impressa, incisa, graffita, dipinta e decorata in tecniche diverse, erano esposti fino all’allestimento del nuovo museo nel 1975, nella sede della biblioteca comunale “Pompeo Sarnelli”. Tali frammenti, scoperti presso le grotte di Santa Croce e nel sito archeologico di Albarosa e portati alla luce da Luigi Cardini e Luigi Carbonara, risalgono al V millennio a.C. Per la ceramica graffita sono 43 i frammenti in argilla esposti. Le argille sono omogenee o eterogenee con scarso utilizzo di degradanti e variano nel colore dal nero-grigiastro al giallastro, al bruno-rossastro. Le forme, più pesanti nella ceramica impressa, presentano spessori soltanto sottili e medi. Le superfici, levigate o lisciate, ospitano, tra i motivi più comuni, serie di zigzag a linea singola o disposta in serie parallele, serie di rombi affiancati, triangoli con tratteggio interno e fasce a doppia linea con tratteggio interno. Piuttosto comune, per quanto riguarda le tecniche di lavorazione, quella del graffito a scalfittura. Per la ceramica dipinta i frammenti sono 31, realizzati con argille depurate ed omogenee tendenti al giallastro e rossastro. Gli spessori sono sottili e medi e le superfici esterne levigate o lisciate. La prevalenza di strette fasce brune e rossastre è utile per la composizione di motivi triangolari a tratteggio interno e triangoli inscritti con base sull’orlo che a volte, affiancandosi, creano un unico schema compositivo. Oltre ai frammenti vi sono resti vascolari in ceramica come fondi, anse, orli e bugne. Il reperto di maggior rilievo trovato nella grotta Santa Croce è un femore umano scoperto nel 1955, che per la sua posizione stratigrafica e una forte curvatura è attribuibile all’Homo neanderthalensis. Il fossile, interpretato come una parte del cibo di un animale predatore, è mutilo di due parti: l’estremità distale e la regione troncaterica. Esso costituisce la prima testimonianza di osso lungo di paleantropo effettuato in Italia. Nel museo vi è un calco dell’originale che si trova attualmente all’Istituto di Paleontologia Umana di Roma. La scoperta fu rilevante e il direttore tecnico dello stesso istituto nel quale è conservato oggi il reperto, professor Alberto Carlo Blanc scrisse all’archeologo Francesco Saverio Majellaro : “Caro Majellaro, il collega Cardini è stato invitato, in data 27 agosto 1956, dal Comitato Internazionale per la celebrazione del centenario della scoperta della calotta di Neanderthal a tenere una comunicazione sul rinvenimento del femore di S. Croce. Così il nome della città di Bisceglie avrà una risonanza internazionale nel convegno scientifico che avrà luogo a Düsseldorf”. Dal 1997 il museo ospita un cesto-stuoia del VI millennio a.C. ritrovato durante gli scavi dello stesso anno presso le grotte di Santa Croce. Esso è considerato il più antico manufatto ad intreccio scoperto fino a quell’anno in Italia. Le fibre si intrecciano seguendo una forma ovale. Il reperto è stato prelevato e trasferito al museo di Bisceglie solo dopo alcune operazioni di prelievo e restauro presso il laboratorio di restauro dell’Ufficio Beni Archeologici della Provincia Autonoma di Trento. Un’urna cineraria del I secolo a.C. in marmo bianco, donata dalla famiglia Dell’Olio e proveniente dalla chiesa di Santa Margherita, conteneva le ceneri di una coppia di liberti legati dal sacramento del matrimonio, ma è stata riutilizzata nella chiesa d’origine come acquasantiera. Una testa virile è stata donata al museo dal proprietario Ingegner Michele Dell’Olio. Il reperto, in marmo bianco a grana fine, è alto 28 cm e largo 20,5 cm ed è stato palesemente staccato dal resto di un corpo con un taglio netto. La testa è caratterizzata da alcune macchie e incrostazioni di varie tonalità di colori scuri. Il naso è spezzato e delle orecchie è rimasta solo una piccola parte; le sopracciglia e parte della bocca sono quasi completamente erose. A causa delle pessime condizioni di conservazione della scultura è quasi impossibile individuarne le particolarità stilistiche e tecniche. Il personaggio ritratto ha un viso molto allungato, gli zigomi appena pronunciati, la bocca breve, i capelli corti e la barba che diventa un tutt’uno con i baffi; lo sguardo è proteso verso lo spettatore. Grazie ai tratti stilistici e iconografici, l’opera è facilmente databile al III secolo d.C., ma è difficile stabilirne l’ambiente e il periodo preciso di realizzazione. Tuttavia, sulla base di numerosi confronti con altri ritratti simili, si è ipotizzato che la testa virile sia di origine greca e collocabile tra il 260 e 275. Il museo dirige anche l’attività didattica delle scuole. Dal 2001 si svolgono visite guidate organizzate sulla base dei programmi “curricolari” e, tra le tematiche trattate emergono la lavorazione della ceramica, delle selci e le tecniche utilizzate nella costruzione dei dolmen. Todisco, Luigi. Ceramica neolitica nel Museo di Bisceglie. Bari, Edizioni Dedalo, 1980. Todisco, Luigi. Scultura antica e reimpiego in Italia meridionale. Edipuglia srl, 1994 Caligiuri, Renata (a cura di), Guida del Museo Civico Archeologico F.S.Majellaro, Arti Grafiche Motta, Avola 2002. Radina, Francesca (a cura di), Paesaggi, uomini e tradizioni di 8000 anni fa: la preistoria della Puglia. Bari, Adda Editore, 2002. Sito ufficiale, su comune.bisceglie.bt.it.

Chiesa di Sant'Adoeno
Chiesa di Sant'Adoeno

La chiesa di Sant'Adoeno, detta anche Abbazia di Sant'Adoeno, è una chiesa romanica di Bisceglie edificata nell'XI secolo all'interno del nucleo urbano più antico e murato, in strada Sant'Adoeno. Nel gennaio 1074 il vescovo di Bisceglie Dumnello concesse la chiesa a numerosi cittadini, già abitanti dei casali di Cirignano, Primignano (Pacciano) e Zappino. L'edificio, consacrato nell'anno di concessione, fu dedicato alla Vergine Maria, a Sant'Adoeno (Sant'Audoeno) ed a San Giovanni Evangelista. Secondo la tradizione, la chiesa venne eretta materialmente dai soldati normanni, che vollero dedicarla a Sant'Adoeno o Sant'Audoeno (Saint Ouen), vescovo di Rouen nel VII secolo e loro protettore. Del santo è custodita una piccola reliquia, proveniente dalla Normandia, all'interno della chiesa. Le vicende storiche ed architettoniche di questo tempio sono rimaste nel tempo poco esplorate. Tuttavia, negli ultimi anni, anche grazie al riordino degli archivi capitolari, è stato possibile ricostruire con rigore storico - filologico la storia della chiesa. Nel 1306 sono attestati i primi provvedimenti relativi alla composizione del Capitolo da parte del vescovo Leone, che ratifica la decisione dei capitolari di fissare a quattordici il numero dei canonicati.Tra il 1316 e il 1317 si verificò una controversia tra il capitolo di Sant'Adoeno, in persona di Simeone abate e rettore, e i diaconi della medesima chiesa, circa il conferimento di due canonicati vacanti. L'arbitrato della controversia spettò al vescovo Nicola. Nel 1367 il vescovo Simone de Rayano riconsacrò la chiesa, con la partecipazione di altri sei vescovi. In questo periodo, come premio per la fedeltà mostrata agli angioini, l'abate di Sant'Adoeno ricevette in dono tre preziosi antifonari miniati, attualmente custoditi presso l'archivio diocesano.Nel 1387 Nicolò Petracino, eletto vescovo scismatico di Bisceglie dall'Antipapa Clemente VII, collocò la sua cattedra vescovile in Sant'Adoeno. Tra il 1408 e il 1413, fu nominato vescovo di Bisceglie l'abate di Sant'Adoeno, Nicolò Falconi. Nel corso del XVII secolo l'edificio subì notevoli trasformazioni, venne ampliato e, successivamente, nel 1769, con decreto della Sacra Congregazione dei Riti, la chiesa fu dichiarata ad instar Ecclesiae Rothmagensis. Nell'agosto 1843 la Santa Sede accolse il ricorso inoltrato dal Capitolo collegiale per ottenere lo status di vera collegiata della chiesa di Sant'Adoeno. Ciò fu sancito dal Real rescritto del gennaio 1844. Tre anni dopo, nel 1847, furono emanati i nuovi statuti del capitolo di Sant'Adoeno, che tuttavia non furono muniti di regio exequatur.Tra il 1861 e il 1867, a seguito all'emanazione delle leggi di esproprio delle proprietà ecclesiastiche da parte dello Stato italiano, tutti i beni dell'abbazia curata di Sant'Adoeno furono acquisiti dallo Stato, e a nulla valse l'opposizione da parte del Capitolo collegiale. Il Fondo per il Culto sosteneva che la natura laicale, patrimoniale e conventuale della chiesa, ricettizia per definizione, autorizzasse lo Stato ad acquisirne i beni. In Italia i Normanni dedicarono altre chiese al loro santo: una venne eretta ad Aversa (Caserta) e l'altra fu costruita a Montaperto nel comune di Montemiletto (Avellino).Il fonte battesimale della chiesa è stato assoggettato a lavori di restauro terminati nel 2010. La chiesa rappresenta uno dei più arcaici e puri esempi di Romanico pugliese. L'edificio, interamente costruito in pietra calcare locale, si eleva su una pianta a tre navate priva di transetto. La navata centrale, organizzata su quattro campate, è segnata da robusti pilastri.Nel corso dei secoli, i lavori di ampliamento e di decorazione, hanno alterato l'organizzazione spaziale della chiesa. Nel XVII secolo l'interno dell'edificio fu trasformato con l'aggiunta di ornati e paramenti decorativi e vennero addossate tre cappelle sul fianco della navata laterale destra.Il pavimento interno, a basole in pietra locale, reca alcune lapidi sepolcrali che ricordano vescovi e famiglie illustri come Soldani, Tafuri, Tupputi e Veneziani.Nell'Ottocento, l'antica copertura a capriate in legno, che correva su tutta la navata centrale, venne sostituita da una volta a botte lunettata.La facciata , a cuspide mozzata, presenta un apparato murario in conci di pietra calcare scura molto curati e disposti a filari di diversa altezza. Essa, coronata da un'aquila sovrastante una fiera, reca nel timpano un piccolo occhio decorato con quattro losanghe intervallate da sette denti di sega, rappresentante il calendario lunare.In mezzeria, sotto la cornice del timpano, vi è un rosone ornato da rilievi e motivi vegetali, circondato ai lati da due coppie di mensole che reggono leoni romanici e, in basso, da una mensola reggente una piccola statua raffigurante presumibilmente il Santo a cui è dedicata la chiesa (mensola centrale).Nella parte inferiore della facciata si aprono il portale principale, centinato e racchiuso da una cornice ornata, e due ingressi laterali. Sul lato destro del portale centrale vi è un'edicola sepolcrale caratterizzata da un timpano e da un'epigrafe in latino che ricorda il defunto Bartolomeo.Nella chiesa è disposto su un piedistallo a base quadrangolare con spigoli smussati, sulla destra del portale principale, un interessante fonte battesimale in pietra, risalente all'XI secolo, decorato con sei altorilievi raffiguranti il battesimo di Cristo ed i simboli degli Evangelisti. Mario Cosmai, Storia di Bisceglie, Molfetta, ed. Il Palazzuolo, 1960 Mario Cosmai, Bisceglie – guida turistica, Bari, Levante, editore, 1980 Pompeo Sarnelli, Memorie de' Vescovi di Biseglia, Napoli, 1693 Alberto Simone, RACCOLTA RASSEGNA STORICA DEI COMUNI VOL. 3 periodico di studi e di ricerche storiche locali, Napoli, ed. Istituto di studi Atellani, 1971 Romanico pugliese Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Sant'Adoeno

Museo diocesano (Bisceglie)

Il Museo diocesano di Bisceglie venne istituito nel 1980 ed è situato nel Palazzo Episcopale. Le sale, che il Vescovo Sarnelli fece realizzare come residenza propria e dei suoi successori, presentano soffitti lignei decorati (1696). Vi è ospitata la pinacoteca con dipinti del XVI - XVII secolo. Si segnalano, in particolare, i Santi Protettori di Bisceglie ed una Sacra famiglia con S. Giovannino di Scuola Veneta (sec. XVI), la Incoronazione della Vergine di Paolo De Matteis (1716), il Mistero dell'Epifania di Giuseppe Castellano (1718), la Madonna degli Angeli. La selezione, dedicata alle donne, offre una ricca panoramica dell'ornamento prezioso e dell'abbigliamento femminile tra la metà del XIX ed i primi decenni del XX secolo. In cinque sale sono esposti, divisi per epoca e per tipo di lavorazione, gioielli di gusto borghese o popolare, gioielli nuziali e sentimentali, gioielli simbolici e scaramantici. Una raccolta di abiti femminili dell'Ottocento funge da seducente cornice all'esposizione di lacci e catene da ventaglio. Da simboli di vanità, da pegni di amore profano, divenuti, mediante il dono votivo, pegni di fede, i gioielli ex voto sono testimonianze mute ma estremamente intriganti di vicende umane nelle quali il quotidiano si è illuminato di soprannaturale. Vicende che vedono spesso la donna protagonista nelle vesti di sposa, di madre, di nume tutelare della famiglia. Non mancano alcuni gioielli ex voto maschili legati soprattutto a vicende di guerra ed ex voto marinareschi. L'esposizione si articola in tre sale. Nella prima è esposto il Tesoro Capitolare, con calici, pissidi, croci ed altri oggetti sacri in oro o argento (XV - XIX sec). Di particolare interesse un Evangelario miniato, in scrittura beneventana, del XII secolo. Altre due sale custodiscono dipinti ed arredi asportati dalla Cattedrale, tra il 1965 e il 1972, quando, per riportare il tempio all'originario stile romanico, vennero eliminate le testimonianze artistiche accumulate nel corso dei secoli precedenti. Sito ufficiale, su ameipuglia.it. Museo diocesano (Bisceglie), su CulturaItalia, Istituto centrale per il catalogo unico. Museo diocesano (Bisceglie), su Anagrafe degli istituti culturali ecclesiastici, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana. Museo diocesano (Bisceglie), su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Concattedrale di San Pietro Apostolo (Bisceglie)
Concattedrale di San Pietro Apostolo (Bisceglie)

La chiesa di San Pietro apostolo è il duomo di Bisceglie e concattedrale dell'arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie. La Cattedrale fu fondata, come ricordava un'iscrizione in grossi caratteri sul fondo dell'arco trionfale della chiesa, nel 1073 dal normanno Pietro II Conte di Trani. La chiesa fu costruita, in stile romanico, ed ultimata nel 1295: il 1º maggio di quell'anno essa fu solennemente consacrata dal vescovo Leone a cui parteciparono ben sette vescovi. Per erigere il tempio non ci vollero più di trent'anni, ma dal 1100 al 1295 l'edificio subì una serie continua di aggiusti, manutenzioni, rimaneggiamenti. L'edificio è in stile romanico pugliese, ma appare assai rovinata o meglio deturpata dai rifacimenti posteriori. Nell'ultimo restauro la chiesa è stata riportata al suo antico splendore, infatti prima dei restauri la chiesa era immersa in un soffocante stile barocco di fine Settecento. La facciata (sec. XIII) possiede un portale assai ornato, a triplice fascia di tralci di fogliame, con protiro sorretto da grifi su colonne di marmo, con capitelli a foglie di acanto mosse dal vento, di stile bizantino. Accanto al portale maggiore si trovano i due portali laterali, con archivolti posate su mensole a protome leonina, in alto coronamenti ad archetti, due bifore e quattro monofore romaniche, due finestre barocche, e una grande finestra barocca che andò a sostituire il rosone originario. Nel fianco destro vi è un grande portale tra due colonne antiche, sormontate da rozze sculture; a sinistra vi è invece un curioso bassorilievo raffigurante una giovenca con delle tavole. Meglio conservata è la parete absidale ad arcate cieche con bella finestra e mensole con animali, tra due campanili quadrati di uguale altezza. L'Interno, basilicale a tre navate, è in perfetto stile romanico pugliese, con matronei posti sulle navate laterali. A partire dalla seconda metà del XV secolo e nel secolo successivo la cattedrale iniziò a subire delle trasformazioni, in particolare nella cripta, con l'apertura di finestre, e nella chiesa con la costruzione di altari laterali, spesso per l'accoglienza di tombe delle ricche famiglie della città. In questo periodo furono completamente cancellati gli affreschi che decoravano le pareti e le colonne, in quanto già molto deturpati ed impossibili da restaurare. Nel Seicento furono edificate le cappelle del Santissimo Sacramento e di San Biagio (oggi nota come cappella di San Cristoforo), si sostituirono il pulpito ed il ciborio, furono rifatti l'altare maggiore ed il battistero. La completa trasformazione dell'interno dell'edificio in stile barocco avvenne tra la seconda metà del Settecento e gli inizi dell'Ottocento. Sono ancora ascrivibili all'epoca romanica gli esterni dell'abside e dei matronei e parte della facciata. Dal 1975 la cattedrale è divenuta santuario mariano per la devozione alla Madonna Addolorata, e successivamente, con decreto del papa Giovanni Paolo II, è stata elevata alla dignità di basilica minore. Anch'essa rimaneggiata, poggia su dieci colonne di breccia corallina, dal colore giallo paonazzo. Vi si conservano le reliquie dei Santi Protettori e il braccio di Santo Stefano. Nel centro è posto l'antico sepolcro dei vescovi. Verso la metà del Settecento e i primi dell'Ottocento iniziarono i lavori di trasformazione dell'agile stile romanico in un pesante barocco, sul modello di San Pietro: davanti al protiro venne costruita una scalea per migliorare l'accesso alla Cripta. Sul muro esterno della cappellina della navata destra è un affresco con San Cristoforo, eseguito da Vito Calò (XIX secolo), copia del Tiziano, oggi restaurato. In chiesa si conservano diverse opere d'arte: un dipinto con L'ultima Cena di Girolamo Palumbo (XIX secolo), ora conservato nella Cappella del Santissimo. Inoltre in controfacciata è collocata una tela con la Madonna del Rosario, San Domenico, Antonio da Padova, Matteo e Nicola di Bari, dipinta dal veneto Giovanni Segàla per la Chiesa di San Matteo e di San Nicolò probabilmente nel 1692 e restaurata nel 2020. La pala mostra uno stile "chiarista" tipico degli sviluppi artistici di quel periodo a Venezia, anticipatori del secolo successivo, da Tiepolo a Guardi. Ai lati del presbiterio vi è un bellissimo Coro in noce massiccio, proveniente dall'Abbazia Benedettina di Santa Maria dei Miracoli in Andria. Esso rappresenta la storia dell'Ordine Benedettino dalle origini alla fine del Medioevo. Le due ali del Coro (lunghe ciascuna m 8, alte m 3,36) sono disposte longitudinalmente a destra e a sinistra dall'altare maggiore, occupando interamente i fianchi dell'abside. 38 sono gli stalli, 24 nel primo ordine, il più alto, e 14 nell'altro. Un terzo ordine (oggi scomparso) era formato da nude panche di nessun pregio. Un fregio cinquecentesco adorna le spalliere dei 14 stalli dell'ordine inferiore, interrotto a intervalli uguali da capitelli benedettini a bassorilievo. Graziose teste di putti sorridono in cima ai braccioli. In ciascuna delle spalliere dell'ordine superiore, sotto archetti binati, sono rappresentati due papi per ognuno dei 12 stalli dell'ala destra, e 2 cavalieri o santi per quelli dell'ala sinistra: ciascuna statua reca ai piedi il nome e lo stemma. Sopra gli archetti binati che riquadrano i papi v'è una targa ov'è scolpito il nome d'una Congregazione dell'Ordine, da quella Cluniacense a quella Sicula, Gallica, Hispana. Sopra gli archetti che inquadrano i santi o cavalieri, le targhe recano nomi di imperatori e imperatrici benemeriti dell'Ordine. Pregevoli sono le colonnine che dividono una spalliera dall'altra, cinte da foglie per un terzo e scannellate nel resto, con in cima un capitello corinzio. Statue e putti sono in stile barocco, l'ornamentazione è rinascimentale. L'opera di un autore ignoto che risale alla metà del Seicento. Inoltre, fra le statue lignee si annoverano alcune sculture settecentesche dell'artista andriese Nicola Antonio Brudaglio, fra cui la statua di Maria Addolorata. In sacrestia si trova un pulpito in noce del 1770, un pannello di noce intagliato, con la figura di San Benedetto (XVII secolo, scuola napoletana), proveniente dal Coro, ed un prezioso calice di piombo. Appartiene alla chiesa anche un evangelario miniato dell'XI secolo, proveniente da un monastero benedettino, dal quale fu ceduto nel 1182 al vescovo Amando in cambio di alcune terre. Esso ha le pagine in pergamena e la copertina in argento: in Puglia ne esiste un solo altro esemplare, Bitonto. Nella chiesa si conservavano anche tre dipinti a olio su tela, opere di Nicola Porta (XVIII secolo), raffiguranti l'Adorazione dei Magi, l'Invenzione della Croce e la Trinità e Santi, ora risiedenti nel Museo Diocesano. Mario Cosmai, Bisceglie nella storia e nell'arte, Bisceglie, Il Palazzuolo, 1980. Cosimo Damiano Fonseca (a cura di), Cattedrali di Puglia. Una storia lunga duemila anni, Bari, Mario Adda Editore, 2001, ISBN 88-8082-433-3. Margherita Pasquale, La Cattedrale di Bisceglie, Bari, Levante Editori, 1979. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla concattedrale di San Pietro Apostolo Sito Web Ufficiale della Cattedrale, su cattedraledibisceglie.it. URL consultato l'11 maggio 2014 (archiviato dall'url originale il 12 maggio 2014). Sito sulla cattedrale, su rilievo.poliba.it. URL consultato il 19 luglio 2010 (archiviato dall'url originale il 1º febbraio 2009). La cattedrale sul sito del Comune di Bisceglie La cattedrale sul sito di Bisceglie Online Chiesa di San Pietro (Bisceglie) su BeWeB - Beni ecclesiastici in web

Chiesa di San Matteo (Bisceglie)
Chiesa di San Matteo (Bisceglie)

La chiesa di San Matteo è una chiesa di Bisceglie edificata nell'XI secolo all'interno della cinta muraria, nell'omonimo largo, e ricostruita nel XVII secolo. La chiesa venne eretta nel 1080 sotto il vescovo Mancusio. Nel 1099, sotto l'episcopato di Stefano, fu concessa in parrocchia e dedicata all'apostolo Matteo alle genti dei casali di Giano e Sagina, che chiedevano di trasferirsi all'interno del primo nucleo urbano fortificato a causa delle incursioni dei predoni. Nel 1608, la chiesa di San Nicolò fu chiusa al culto perché in precarie condizioni statiche e unificata æque principalitèr alla chiesa di San Matteo da Alessandro Cospi, vescovo di Bisceglie.Dopo il 1609, la denominazione del nuovo organismo sorto dalla fusione sarà quello di “chiesa collegiata e parrocchiale dei Santi Matteo e Nicolò unite”.Nei primi anni del Seicento la chiesa di San Matteo venne gravemente danneggiata da un incendio. Recuperata, venne riaperta al culto nel 1628 e il 25 luglio 1692 fu consacrata dal vescovo di Bisceglie Pompeo Sarnelli.Tra il 1883 ed il 1964 l'edificio venne assoggettato ad ulteriori lavori di ampliamento e restauro. Sul finire dell'Ottocento venne addossato alla facciata un nuovo corpo di fabbrica, di modeste dimensioni, destinato a vestibolo d'ingresso. Nel 1964, a causa della fatiscenza muraria, furono avviati lavori straordinari per il consolidamento statico della struttura. In tale circostanza si fece ricorso all'uso di tiranti per la neutralizzazione della spinta operata dalla volta di copertura. La chiesa di San Matteo possiede un impianto longitudinale ad unica navata, orientata sull'asse est – ovest, e con transetto non emergente.Internamente, la pianta è fiancheggiata da un'alternanza di cinque cappelle apparentemente scavate nella struttura muraria e scandite, in elevazione, dall'ordine Toscano, interrotto dall'arco trionfale che preannuncia il transetto e l'altare barocco dedicato alla Madonna di Pompei.La suddivisione interna è comunicata sul fianco esterno della chiesa, posto a mezzogiorno, dalla presenza di cinque finestre rettangolari prossime alla copertura. Queste ultime sono arricchite da semplici modanature disposte intorno alle aperture e da angoli di spalla.La navata della chiesa è coperta da una volta a botte con lunette cilindriche.La facciata presenta un vestibolo di modeste dimensioni ad essa addossato, caratterizzato da un arco a tutto sesto sovrastato da un timpano, in cui è racchiuso il simbolo della confraternita del Sacro Cuore.Per quanto la forma dell'edificio risulti assai semplice e la sua storia piuttosto antica, non è possibile attribuirne uno stile architettonico. Resta comunque il fatto che la chiesa, nonostante la stratificazione di segni derivati dalla ricostruzione e dai successivi restauri, presenta un linguaggio architettonico classico, modesto e moderato.L'apparecchiatura della struttura muraria in pietra calcare locale, disposta a corsi regolari nel basamento e in alcune parti visibili della facciata, testimonia la presenza di antichi elementi originari sopravvissuti al tempo ed all'incendio che devastò la chiesa nei primi anni del Seicento. Su di essa è possibile ritrovare antiche tracce di costruzione.Su di essa si eleva una evidente cortina muraria in tufo che esprime il segno della discontinuità fra ciò che rimane dell'antico edificio e la ricostruzione conclusasi nel 1628. Anche la torre campanaria, che rappresenta la punta più emergente nello skyline del centro storico di Bisceglie, è realizzata in tufo locale.All'interno i partiti decorativi delle cappelle appaiono più elaborati rispetto all'architettura dell'edificio.Fino ai primi anni cinquanta del Novecento, la chiesa possedeva un antico organo a canne disposto sul lato sinistro della sagrestia e suonato dall'organista ed organaro Giovanni Paciullo, originario di Taranto.Nella chiesa sono conservate le seguenti opere: Madonna di Costantinopoli incoronata da angeli. Dipinto su tavola a fondo d'oro (67 x 50 cm) attribuito all'artista cretese Angelo Bizamano. L'opera bizantina fu commissionata nel XVI secolo dal vescovo Sifola. L'influsso cretese-otrantino, evidente nelle sfilacciature luminose delle pieghe e nel colore rosso acceso colato sulle vesti, si mescola a motivi occidentali suggeriti dall'ambiente locale. L'immagine sacra è disposta sull'altare della seconda cappella a sinistra in una cornice barocca in legno intarsiato e dorato. Madonna del Rosario con Bambino e Santi. Il dipinto, a olio su tela, venne realizzato nella prima metà del Settecento dal pittore molfettese Corrado Giaquinto. L'opera rappresenta la Vergine mentre porge il rosario a San Domenico, con San Nicola, in ginocchio a destra, e San Matteo in piedi con manto rosso. San Pietro penitente. Dipinto eseguito dal pittore biscegliese Girolamo Palumbo del XIX secolo. Gesù crocifisso. Dipinto proveniente dalla chiesa del Purgatorio attribuito ad un autore anonimo del XVII secolo. Dipinto di San Nicola e Sant'Ignazio di Loyola di scuola napoletana del XVIII secolo.Attualmente la chiesa è sede della confraternita del Sacro Cuore. Mario Cosmai, Storia di Bisceglie, Molfetta, ed. Il Palazzuolo, 1960 Pompeo Sarnelli, Memorie de' Vescovi di Biseglia, Napoli, 1693 Alberto Simone, RACCOLTA RASSEGNA STORICA DEI COMUNI VOL. 3 periodico di studi e di ricerche storiche locali, Napoli, ed. Istituto di studi Atellani, 1971 Bisceglie Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Matteo [1] il sito ufficiale dell'abbazia Santi Nicolò e Matteo [2] La chiesa di San Matteo sul sito di Bisceglie Online

Castello di Bisceglie
Castello di Bisceglie

Il castello di Bisceglie fu costruito, su iniziativa del conte Pietro I, a Bisceglie a partire dall'XI secolo, durante il periodo normanno. La costruzione rappresenta un complesso edilizio risultato dall'aggregazione di edifici e spazi di epoche diverse. Pertanto, le indagini storico-filologiche svolte fino ad ora portano a considerare le origini della costruzione incerte e controverse. Secondo alcuni studiosi il nucleo più antico risalirebbe all'XI secolo, sotto il dominio normanno, e per volontà del conte Pietro I, che avviò intorno al 1060 i lavori per la costruzione dell'imponente torre detta “maestra”, alta circa 24 m e posta all'estrema destra del complesso militare. Secondo altri studiosi, invece, l'impianto castellare prese corpo e forma nella prima metà del XIII secolo, durante il periodo svevo, in prossimità della già esistente torre normanna. In ogni caso, sicuramente angioini risultano i lavori straordinari di ampliamento del castello che trovano testimonianza nello stemma di Carlo I d'Angiò a coronamento della porta di accesso della torre ad ovest, e un'iscrizione incisa sulla ghiera del portale ad arco acuto del palatium. In età aragonese seguì un ampio restauro o piuttosto un rifacimento del castello che venne sottoposto a modifiche per una nuova fortificazione. Ma, nel corso del tempo, a seguito dell'inadeguatezza a sostenere l'assalto delle moderne armi da fuoco, la struttura perse la sua principale funzione militare e venne destinata ad uso civile. L'Università utilizzò una parte di esso per svolgervi l'attività molitoria del grano. A partire dalla fine del Settecento il castello subì una serie di trasformazioni ed alterazioni, da parte di privati che demolirono i corpi di fabbrica compresi fra la torre maestra e la torre angolare disposta in prossimità del bastione aragonese, per costruire gli attuali edifici posti ad angolo fra corso Umberto I e via porto. Sin dagli inizi del Novecento all'interno della struttura vi allocarono alcune botteghe di artigiani del legno. La torre centrale dei gabellieri ospitò l'ufficio locale del dazio, mentre la torre angolare settentrionale fu adibita a forno per la panificazione a piano terra, mentre il piano superiore venne trasformato in abitazioni. Anche sul fianco settentrionale, fra chiesa del Purgatorio ed il contiguo cimitero, si insediò la bottega di un ebanista, che aggiunse alcune superfetazioni ma senza alterarne la struttura muraria. Quel che resta del castello è stato sottoposto a lavori di restauro a partire dal 1982, interrotti a più riprese, attualmente in corso. Con l'avvio dei lavori di restauro, progettati dalla soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici della Puglia, alcuni studiosi locali hanno posto l'attenzione sul ruolo che il castello e la torre maestra hanno svolto nell'ambito della città e del suo territorio, e sulle potenzialità culturali che tale complesso può offrire in futuro. Il castello era stato edificato su un banco roccioso situato in prossimità di un'antica lama che, scendendo verso l'ansa portuale, lambiva il più antico nucleo urbano della città di Bisceglie. La testimonianza più antica della struttura militare è data dalla torre normanna, detta torre “maestra”, edificata nel predetto sito nell'XI secolo. A partire dal XVIII la struttura difensiva, realizzata in pietra calcare locale, si sviluppava su pianta quadrangolare, a cortile interno, fortificata da quattro torri quadre disposte agli angoli , fra cui vi era la imponente torre maestra, e una torre disposta sulla cortina difensiva di ponente in corrispondenza dell'ingresso, detta torre delle gabelle. Il lato esterno di levante e quello meridionale si affacciavano sulla cinta muraria della città, e nel periodo aragonese furono ulteriormente protetti da un puntone difensivo angolare. Il lato esterno di ponente e quello settentrionale erano circondati da un fossato, che isolava il fortilizio dalla città intra moenia. L'ingresso nel castello era consentito attraverso un ponte levatoio disposto fra la torre delle gabelle e la torre maestra. Le torri ed il muro di cinta esterno in origine erano percorsi da camminamenti, rintracciabili nella presenza di alcune mensole in pietra sopravvissute nel tempo. Nel cortile si sviluppava su due livelli il palatium, l'antica dimora del castellano, di cui sono ancora visibili la porta di accesso ed i resti di una finestra bifora con arco a sesto acuto posta al piano nobile. Il castello ingloba nell'angolo nord-est la piccola chiesa di San Giovanni, caratterizzata da una semplice facciata a capanna, a paramento liscio con un portale lunato, sovrastato da una finestra monofora. Le falde del tetto, incorniciate da archetti rampanti, terminano in un campanile a vela. L'unica navata a botte, terminante con una piccola abside incassata nella cinta muraria, è coperta dalle falde disposte a gradini. G. Di Benedetto e G. La Notte (a cura di), Bisceglie nella documentazione grafica dal '500 al '900, Molfetta, Mezzina editore, 1988 Mario Cosmai, Storia di Bisceglie, Bisceglie, edizioni il Palazzuolo, 1960 Pompeo Sarnelli, Memoria de' vescovi di Bisceglia e della stessa città, Napoli, 1693 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Castello di Bisceglie Sezione dedicata al castello ed alla torre maestra sul sito della ProLoco Bisceglie; Il Castello di Bisceglie Il Castello Normanno Svevo di Bisceglie, dal sito dell'Istituto per le Tecnologie della Costruzione CNR; Scheda pubblicata sul portale del dipartimento di disegno e rilievo fotogrammetrico del Politecnico di Bari; Articolo pubblicato su Bisceglie15giorni (PDF), su bisceglie15giorni.com.

Porto di Bisceglie
Porto di Bisceglie

Il porto di Bisceglie è un porto secondario della Puglia. Il porto di Bisceglie ha origini antiche che coincidono con la storia della stessa città. L'antica morfologia del porto di Bisceglie presentò sin dai tempi più remoti delle buone caratteristiche al rifugio di imbarcazioni. Tale insenatura è sempre stata protetta dalle mareggiate provenienti da nord, anche grazie a grossi scogli naturali che si trovavano in corrispondenza dell'attuale innesto del nuovo molo, ed ha offerto una buona protezione dalle mareggiate che arrivavano da est. Inoltre, la presenza di una spiaggia con la giusta pendenza in località Salnitro, che consentiva di tirare a secco piccole imbarcazioni, agevolò sin dai tempi più remoti la stabilizzazione di una comunità di pescatori intorno all'insenatura marina. Nell'XI secolo, mentre Trani redigeva i suoi famosi Ordinamenta Maris (statuti marittimi), la marineria biscegliese stipulava accordi commerciali con i paesi orientali con cui veniva in contatto. Questo attesta la presenza di una significativa comunità marinara che viveva intorno al porto. In questo quadro storico è da segnalare che fra i marinai dell'impresa nella traslazíone Nicolaiana vi era il biscegliese Stefano da Bisceglia. In un documento del 1211 si richiama un accordo commerciale tra Bisceglie e Ragusa di Dalmazia (l'odierna Dubrovnik) risalente al periodo normanno. Tale accordo garantiva reciprocamente ai marinai dell'una e dell'altra città l'esenzione di alcune tasse sulle merci vendute e l'esenzione di diritti portuali. In questo periodo, probabilmente si assiste ad una divisione in due zone del bacino, almeno come uso e consuetudine di attracchi. La zona compresa fra il vecchio molo e palazzo Ammazzalorsa è la sede preferenziale per il naviglio di maggiore stazza (mercantile e militare), mentre la spiaggia di Salnitro, ovvero l'attuale scalo di alaggio, è destinato a pescatori. Nel XIV secolo un proficuo commercio marittimo si svolgeva con le coste dalmate e albanesi, con le isole dell'Egeo e in particolar modo con l'isola di Cipro. Nel periodo aragonese, a seguito del rifacimento delle mura, anche l'ansa portuale subì qualche opera di allineamento in corrispondenza del bastione di San Martino e del “vecchio molo diruto” che si trovava in proiezione dell'antica porta di mare, attualmente murata. In questa epoca è probabile che la settorializzazione del porto (mercantile-militare a est e peschereccio a ovest) venga ufficializzata, ed è attestato da documenti di archivio che il mastro portulano aveva piena facoltà di creare gli ufficiali del porto. Inoltre, alla città fu concesso il privilegio di armare proprie galee che venivano costruite e preparate a ridosso della muraglia e in corrispondenza di strada Caldaia ove vi erano le botteghe dei calafatari. Successivamente si rivelò positiva l'opera dei Borboni nei riguardi del porto, del traffico marittimo e della salute della popolazione esposta ai contagi provenienti via mare. Nei primi anni del Settecento per evitare che le acque reflue e putride, i rifiuti di ogni genere, finissero nel porto rovinandolo vennero realizzati opportuni scolatoi nella città. Nel 1747, sotto il regno borbonico, iniziarono i lavori del molo vecchio, che furono ben presto abbandonati a seguito di una tempesta che ne danneggiò le opere avviate. Le opere, su progetto dell'ingegnere regio Giovanni Buompiede, ripresero nel 1773 e vennero portate a compimento rapidamente con un costo di circa 100.000 ducati. In questo periodo il porto divenne di I categoria perché fu ritenuto il più sicuro di tutto l'Adriatico, dopo quello di Brindisi. In esso era collocata una modesta flottiglia locale, con navi di piccolo e medio cabotaggio per la navigazione mercantile, che svolgeva una florida attività di commercio marittimo con l'Oriente. Nel 1786 re Ferdinando IV di Borbone commissionò all'artista Jakob Philipp Hackert una serie di dipinti dei porti del regno di Napoli, che l'artista realizzò fra il 1786 ed il 1794 intraprendendo una serie di viaggi che lo condussero anche nel porto di Bisceglie dove dipinse la veduta del bacino portuale prossima al bastione di San Martino dal vero. Nel 1798 venne eseguito il dragaggio e, successivamente, la città venne dotata di un progetto significativo, redatto dall'ingegnere Giuseppe Gimma nel 1809, che inquadrava in generale le problematiche e proponeva la soluzione attraverso la costruzione di due moli. Negli anni successivi furono avviati i lavori per la risistemazione del vecchio molo borbonico, ma la realizzazione di un molo di ponente, così come proposta dal progetto Gimma, venne abbandonata. Nel 1817 il porto decadde nuovamente e fu assegnato alla seconda categoria. Intanto, all'indomani della costruzione della ferrovia (1864), il nuovo mezzo di comunicazione giocò un ruolo assorbente nei confronti dei traffici marittimi, mettendo rapidamente in crisi il sistema portuale biscegliese e l'economia su cui si reggeva la gente di mare biscegliese. Sul finire del XIX secolo, venne presentato un progetto elaborato dall'ing. Valente, che prevedeva il prolungamento del vecchio molo borbonico, sullo stesso modello adottato nei porti di Barletta e di Molfetta. Agli inizi del Novecento seguirono altri lavori di risistemazione delle banchine, ma si presentavano sempre i problemi derivanti dalle mareggiate da nord. All'alba del 2 agosto 1916, durante la prima guerra mondiale, alcune navi da guerra austriache bombardarono per circa 40 minuti da est il porto e le adiacenze, danneggiando alcuni edifici e la cinta muraria in corrispondenza del palazzo Ammazzalorsa e provocando alcuni feriti tra la popolazione. Negli anni che seguirono, durante il fascismo ed il secondo conflitto mondiale, il porto non fu più sede delle storiche attività mercantili, che lasciarono spazio alla pesca svolta con paranze e modesti navigli. Nel dopoguerra, il formarsi di una considerevole flotta peschereccia collocata nel bacino portuale aprì il dibattito sulla necessità di realizzare un nuovo molo a levante. Il primo progetto, redatto dall'ingegner Antonio Bombini nel 1948, prevedeva la riparazione della diga ad occidente. Nel 1966 fu approvato il piano regolatore del porto, elaborato dall'ingegnere comunale Mauro Ventura, che prevedeva la costruzione di un nuovo molo di ponente. A fronte del nuovo piano furono avviati i lavori per la costruzione della nuova opera, che si conclusero nel 1970. Con la costruzione del molo di ponente, danneggiato da violenti mareggiate del giorni 1, 2, e 3 gennaio 1975, si è rinunciato ad avere nel bacino portuale fondali più alti. Per questo l'orientamento delle attività portuali è ormai rivolto al diporto ed alla pesca. Nel 1967 si aprì il dibattito sulla necessità di costruire un nuovo porto turistico (porto canale) in corrispondenza della lama Paterno, sul confine comunale con Trani. Dopo aspre polemiche il progetto venne abbandonato. Il porto di Bisceglie è di tipo peschereccio-turistico. A difesa del bacino che si sviluppa su una superficie di circa 100.000 m² vi sono il molo di ponente (molo nuovo) e la diga di levante (molo borbonico). Il porto è situato in prossimità del nucleo antico della città, che su di esso si affaccia costituendone l'elemento caratterizzante. All'interno del bacino portuale è situato un piccolo isolotto denominato “La Cassa”, che emerge con alcune bitte. Le attività legate alla pesca si svolgono quasi interamente sul molo borbonico dove ormeggia la flotta dei pescherecci. In corrispondenza della parte più esterna del vecchio molo i fondali raggiungono la profondità di 4,5 m. Il porto turistico, invece, è collocato all'interno del bacino portuale storico e lungo l'asse viario che collega i due moli. Esso dispone di circa 500 posti barca, con ormeggi per le imbarcazioni fino a 25 m. I pontili galleggianti della zona a sud-ovest della darsena sono agganciati ad un nuovo molo realizzato a prolungamento della "Cassa". Inoltre, all'innesto della diga di ponente è presente una piccola darsena che può ospitare imbarcazioni da diporto; nella zona più a sud sono sistemati alcuni pontili galleggianti gestiti da privati. Il fondale è fangoso e buon tenitore. La segnalazione del porto è data dalla presenza di un Fanale verde a luce fissa (portata 5 miglia) disposta sull'estremità del molo di ponente, e dal Fanale a lampi rossi (periodo 3 secondi, portata 8 miglia), disposto sulla testata del molo vecchio di levante. Attualmente sono in corso i lavori di consolidamento del molo di levante, la costruzione di una diga foranea ad est, la risistemazione del porto turistico e del "waterfront" dell'intero porto. Negli ultimi anni il porto è stato scelto come tappa del Giro d'Italia a vela. La sede della Capitaneria di porto è ubicata nell'ex palazzo della dogana, sulla muraglia in prossimità della porta di mare. G. Di Benedetto e G. La Notte (a cura di), Bisceglie nella documentazione grafica dal '500 al '900, Molfetta, Mezzina editore, 1988 Mario Cosmai, Storia di Bisceglie, Bisceglie, edizioni il Palazzuolo, 1960 Antonio Ventura, L'Italia di Piri Re'is, Lecce, Capone editore, 2000 Bisceglie Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su porto di Bisceglie Sito ufficiale, su guardiacostiera.it.

Stazione di Bisceglie

La stazione di Bisceglie è una stazione ferroviaria, posta lungo la ferrovia Adriatica, a servizio del comune di Bisceglie. La gestione degli impianti è affidata a Rete Ferroviaria Italiana (RFI). Il fabbricato viaggiatori si compone di tre corpi: il corpo centrale si sviluppa su due livelli ed è composto da tre ampie porte a centina, per quanto riguarda il piano terra, e tre finestre a centina al piano superiore; dal corpo centrale si diramano simmetricamente due corpi minori laterali ad un solo piano composti da tre porte a centina di minori dimensioni rispetto al corpo centrale. Il corpo laterale di sinistra ospita i locali tecnici di RFI, quello di destra il bar della stazione ed il corpo centrale la sala d'attesa e la biglietteria. L'edificio è in muratura e mattoni ed è tinteggiato di beige. La stazione disponeva di uno scalo merci con annesso magazzino: nel 2010 lo scalo è stato smantellato, mentre il magazzino è stato convertito a deposito. L'area dell'ex scalo merci ospita una Base Transceiver Station del servizio Global System for Mobile Communications-Railway di RFI. La stazione dispone inoltre di un deposito locomotive. Il piazzale ferroviario è dotato di due binari, entrambi di corsa, e di un tronchino, situato a lato del piano caricatore del magazzino merci, ora non più utilizzato. I binari di corsa sono dotati entrambi di banchina, riparati da una pensilina e collegati fra loro mediante un sottopassaggio pedonale. Il servizio passeggeri è svolto in esclusiva da parte di Trenitalia (controllata del gruppo Ferrovie dello Stato) per conto della Regione Puglia. I treni che fermano sono regionali, regionali veloci, InterCity, InterCity Notte ed Italo. In totale sono circa centocinque i treni che effettuano servizio in questa stazione e le loro principali destinazioni sono: Bari Centrale, Foggia, Barletta e Fasano. Biglietteria self-service Sala d'attesa Servizi igienici Bar Fermata autolinee Rete Ferroviaria Italiana, Fascicolo Linea 132, RFI - Dipartimento di Bari, prima pubblicazione 2003, ISBN non esistente. URL consultato il 31 agosto 2018 (archiviato dall'url originale l'8 agosto 2014). Bisceglie Ferrovia Adriatica